Incontro con Riccardo Cristian Falcone
6/12/2023 -🏫 Liceo Guacci, Benevento
6/12/2023 -🏫 Liceo Guacci, Benevento
Nella giornata del 6 dicembre 2023 abbiamo partecipato ad un incontro con Riccardo Christian Falcone, giornalista e referente nazionale dell’associazione “Libera”, fondata nel ‘95 da Don Luigi Ciotti e tutt’ora impegnata nella lotta alla mafia. L’incontro è iniziato con una presentazione dei temi che sarebbero stati trattati durante la riunione, in particolar modo i beni confiscati in Italia e più specificatamente in Campania. Ha sottolineato che il sequestro dei beni è uno dei mezzi più importanti per sconfiggere le mafie, e l’Italia l’ha dimostrato; rispetto agli “anni di piombo”, infatti, gli omicidi “eccellenti” sono diminuiti, ma non sono scomparsi.
Per spiegare meglio la realizzazione delle leggi per fronteggiare la mafia e del riutilizzo sociale dei beni confiscati ci ha presentato un Power Point riguardante gli avvenimenti storici che hanno caratterizzato non solo la storia della mafia, ma la storia del nostro paese.
La prima slide importante era sulla linea del tempo che mostrava questi avvenimenti e traguardi ottenuti nel corso degli anni spiegando, ironicamente, l’abitudine (in questo caso) italiana di intervenire e realizzare leggi solo dopo che accade qualcosa che fa scalpore. Un esempio sono gli “omicidi eccellenti”, citati prima, che hanno segnato la recente storia italiana.
Il primo evento storico fu la strage di Ciaculli, a Palermo, avvenuta il 30 giugno 1963. Durante l’attentato persero la vita quattro uomini dell’Arma dei Carabinieri, due dell'Esercito Italiano, e un sottufficiale della Polizia di Stato.
Il 31 maggio 1965 venne approvata la legge 575, che per la prima volta in Italia definiva il reato di associazione mafiosa, e che permetteva quindi di applicare misure di prevenzione agli indiziati.
Altri eventi altisonanti furono l’omicidio di Pio La Torre del 30 aprile 1982 e quello di Carlo Alberto dalla Chiesa del 3 settembre dello stesso anno, che portarono all’approvazione della legge 646, detta Rognoni-La Torre, che introdusse la possibilità di sequestrare e confiscare i beni di illegittima provenienza.
Queste morti però non furono vane, hanno contribuito, con l’approvazione degli articoli contro le associazioni criminali e con l’interesse da parte delle autorità e dei cittadini sulla mafia, al maxiprocesso a Cosa Nostra, il più grande processo penale della storia, con più di 460 imputati e 200 avvocati difensori.
Importante fautore di questo processo fu il noto pool antimafia formato da importanti esponenti magistrati che lottarono per la realizzazione di questo processo, tra cui Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Gioacchino Natoli, Giuseppe Di Lello e Leonardo Guarnotta ed, in un secondo momento, Giacomo Conte e Alberto Di Pisa. Chiaramente, come detto da Riccardo Falcone, non esistono vittime di serie A e di serie B perché tutte le vite hanno lo stesso valore e lo stesso peso, ma alcune sono più conosciute per il modo in cui furono uccise e la risonanza mediatica che comportò ciò, per esempio la morte di Falcone e di Borsellino con le stragi di Capaci e via d’Amelio le cui immagini sono stampate nella mente degli italiani vissuti in quegli anni. Proprio questa risonanza ha fortunatamente comportato un maggior interesse su queste tematiche ancora poco di ordine pubblico.
Durante la seconda parte dell’incontro Falcone ha risposto ad alcune delle nostre domande, approfondendo alcuni argomenti. Ha spiegato per esempio come capiti spesso che le mafie provino a rioccupare i beni sequestrati attraverso l’intimidazione o le minacce, ma ciò rende solo i cittadini più determinati a lottare contro la violenza imposta dalla mafia.
Il messaggio che Riccardo Falcone ci ha voluto trasmettere è che fare antimafia non vuol dire compiere azioni spettacolari ed eroiche, ma semplicemente vivere la quotidianità in modo onesto e civile, facendo ognuno il proprio dovere nella società. Occorre quindi incidere sui più giovani per diffondere i valori della cittadinanza, del rispetto dell’ambiente e della cura delle relazioni sociali, tutti elementi fondamentali per costruire una cultura alternativa a quella mafiosa, una cultura dell’antimafia.
Un’altra riflessione che porge a noi è che sui beni confiscati vige una sorta di legge del contrappasso, cioè si trasforma la ricchezza “esclusiva” dei mafiosi in una ricchezza “pubblica” da riservare alla società e di cui se ne occupano i comuni. Dai beni confiscati è quindi possibile creare modelli di civiltà, lavoro e inclusione.
In conclusione, cita Don Tonino Bello riguardo la bellezza del passaggio dai “segni del potere” al “potere dei segni”. Ciò che prima erano i segni del potere dei mafiosi, i beni illeciti, quando vengono confiscati e utilizzati diventano luoghi che esprimono il potere dei segni del cambiamento che testimonia un altro destino, un altro racconto, un'altra possibilità; ci sprona anche ad andare fisicamente sui beni confiscati per osservare e toccare con mano il potere e il cambiamento di questi segni. Molte volte le organizzazioni sorte su beni confiscati vengono dedicate alle vittime innocenti della mafia, i cui nomi vengono da anni letti nelle piazze da Libera, in modo da farle rivivere attraverso quello che nasce e che viene prodotto dal riutilizzo dei beni. Così facendo i parenti delle vittime possono “rivedere” e “ritornare” dai loro cari portati via dalla mafia.