Incontro con la professoressa Mariarosaria Ricci
21/02/2024 -🏫 Liceo Guacci, Benevento
21/02/2024 -🏫 Liceo Guacci, Benevento
Il giorno 21 Febbraio 2024 ci siamo recati in Aula Magna alle ore 10:00 per partecipare ad un incontro incentrato sulla storia di alcune vittime innocenti uccise dalle mafie, organizzato dalla professoressa Mariarosaria Ricci, ex vicepreside dell'Istituto Guacci Benevento e referente per la scuola del coordinamento provinciale di Libera Benevento. La professoressa Ricci si è occupata principalmente della presentazione di due fra le molteplici vittime morte a causa di organizzazioni di stampo criminale, la giornalista Ilaria Alpi e il suo cineoperatore Miran Hrovatin. I due giovani furono ingiustamente uccisi da un commando di sette persone ma fu solo uno il colpevole riconosciuto ufficialmente, Ashi Omar Hassan, recluso al carcere di Rebibbia con l'accusa di concorso in duplice omicidio.
Ilaria Alpi è stata una delle più conosciute giornaliste del TG3, grazie alla sua ottima conoscenza delle lingue (arabo, francese, inglese), ottenne le prime collaborazioni giornalistiche dal Cairo per conto di Paese Sera e de L'Unità. Successivamente vinse una borsa di studio per essere assunta alla Rai. Ilaria Alpi fu uccisa il 20 marzo del 1994, insieme al suo cineoperatore Miran Hrovatin. Si trovava a Mogadiscio come inviata del TG3 per seguire la guerra civile somala e per indagare su un traffico d'armi e di rifiuti tossici illegali, in cui probabilmente la stessa Alpi aveva scoperto che erano coinvolti anche l'esercito e altre istituzioni italiane.
Ilaria Alpi giunse per la prima volta in Somalia nel dicembre 1992 per seguire, come inviata del TG3, la missione di pace Restore Hope, coordinata e promossa dalle Nazioni Unite per porre fine alla guerra civile scoppiata nel 1991, dopo la caduta di Siad Barre.
Le inchieste della giornalista si sarebbero poi soffermate su un possibile traffico di armi e di rifiuti tossici che avrebbero visto, tra l'altro, la complicità dei servizi segreti italiani e di alte istituzioni italiane: Alpi avrebbe infatti scoperto un traffico internazionale di rifiuti tossici prodotti nei paesi industrializzati e dislocati in alcuni paesi africani in cambio di tangenti e di armi scambiate con i gruppi politici locali. Nel novembre precedente all'assassinio della giornalista, era stato ucciso, sempre in Somalia e in circostanze misteriose, il sottufficiale del SISMI Vincenzo Li Causi, informatore della stessa Alpi sul traffico illecito di scorie tossiche nel paese africano.
Alpi e Hrovatin furono uccisi in prossimità dell'ambasciata italiana a Mogadiscio, a pochi metri dall'hotel Hamana. La giornalista e il suo operatore erano di ritorno da Bosaso, città del nord della Somalia: qui Ilaria Alpi aveva avuto modo di intervistare il cosiddetto sultano di Bosaso, Abdullahi Moussa Bogor, che riferì di stretti rapporti intrattenuti da alcuni funzionari italiani con il governo di Siad Barre, verso la fine degli anni ottanta e successivamente, negli ultimi cinque minuti finali del colloquio, su domanda esplicita della Alpi, parlò della società di pesca italosomala Shifco, azienda della quale lo stato italiano aveva donato dei pescherecci che furono usati molto probabilmente anche per il trasporto dei rifiuti.
L'intervista durò probabilmente 2 ore ma arrivarono in redazione RAI poco meno di 15 minuti. La giornalista salì poi a bordo di alcuni pescherecci, ormeggiati presso la banchina del porto di Bosaso, sospettati di essere al centro di traffici illeciti di rifiuti e di armi: si trattava di navi che inizialmente facevano capo ad una società di diritto pubblico somalo e che, dopo la caduta di Barre, erano illegittimamente divenute di proprietà personale di un imprenditore italo-somalo.
Tornati a Mogadiscio, Alpi e Hrovatin non trovarono il loro autista personale, mentre si presentò Ali Abdi, che li accompagnò all'hotel Sahafi, vicino all'aeroporto, e poi all'hotel Hamana, nelle vicinanze del quale avvenne il duplice delitto. A bordo del mezzo si trovava altresì Nur Aden, con funzioni di scorta armata.
Sulla scena del crimine arrivarono subito l'imprenditore italiano Giancarlo Marocchino e gli unici giornalisti italiani presenti a Mogadiscio: Giovanni Porzio e Gabriella Simoni. Una troupe americana (un libero professionista che lavorava per un network americano) arrivò mentre i colleghi italiani spostavano i corpi dall'auto in cui erano stati uccisi, successivamente portati al Porto vecchio. Una troupe della Televisione svizzera di lingua italiana si trovava invece all'Hotel Sahafi (dall'altra parte della linea verde) e filmò su richiesta di Gabriella Simoni - perché ci fosse un documento video - le stanze di Miran e Ilaria e gli oggetti che vennero raccolti.
Tra gli oggetti che prelevarono e riposero nei bagagli, c'erano quattro o cinque bloc-notes (sulla nave Garibaldi ne arriveranno poi 5, uno dei quali è quello con la copertina rossa recuperato da Marocchino sul luogo del delitto), la macchina fotografica di Ilaria e circa una ventina di videocassette girate da Miran.
Il viaggio in aereo per trasferire le salme e i bagagli dei due giornalisti prevedeva più tappe durante le quali avvennero i primi depistaggi perché alla fine del trasporto né la borsa di Ilaria né la sua valigia avevano più i sigilli: mancavano inoltre i documenti medici e l’elenco degli oggetti personali che era stato stilato sulla nave Garibaldi.
Quanto ai mezzi che produssero il decesso, si identificano, in un colpo d’arma da fuoco a proiettile unico esploso a contatto con il capo. Il magistrato De Gasperis, primo a seguire l’inchiesta, ritenute esaurienti le risposte fornite dal medico, non dispose l’autopsia. Seguiranno un balletto di perizie contrastanti, che se una avvalora la tesi dell’esecuzione, l’altra la esclude. Sarà anche necessario riesumare il corpo per effettuare l’autopsia.
In tutti gli anni seguenti si cercò di depistare le indagini, a cominciare da chi era presente sul luogo dell’agguato che cambierà continuamente versione, si faranno scomparire documenti importanti e tutto per chiudere il caso. Un caso quello di Ilaria Alpi che ha visto succedersi quattro magistrati, sino ad arrivare alla conclusione del giudice del tribunale di Roma, che contrastava con quella fatta dalla Commissione parlamentare d’inchiesta di febbraio del 2006 secondo la quale si è trattato di “un sequestro finito male”, che aveva per anni ristretto il campo d’azione sulla probabile pista da seguire, ovvero quella dell’omicidio su commissione.
L'unica sicurezza che abbiamo ad oggi è che:
Ilaria Alpi è stata uccisa per impedire di diffondere le notizie da lei raccolte in ordine ai rifiuti tossici e ai traffici d’armi avvenuti tra Italia e Somalia.
Era un fotografo e cineoperatore. Hrovatin faceva parte della comunità italiana di lingua slovena. Lavorava per l'agenzia Videoest di Trieste. Venne ucciso in un agguato assieme a Ilaria Alpi, il 20 marzo 1994, mentre si trovava a Mogadiscio per conto del Tg 3.
«È la storia della mia vita, devo concludere, devo fare, voglio mettere la parola fine»