Incontro con Francesco MarraÂ
15/12/2023 -🏫 Liceo Guacci, BeneventoÂ
15/12/2023 -🏫 Liceo Guacci, BeneventoÂ
Il giorno 15 Dicembre 2023, ci siamo recati in Aula Magna alle ore 10:00, per ascoltare Francesco Marra , nipote di Don Carlo LombardiÂ
Biografia di Don Carlo LombardiÂ
Don Carlo Lombardi nacque a Morcone (BN) il 7 novembre 1919 da Doro e Raffaela Casaccia. Quinto di otto figli, Carlino , come fu sempre chiamato dai congiunti, crebbe in una famiglia semplice, ma profondamente segnata dai valori dell’onestĂ e della fede. I genitori e, in particolare, i fratelli e la sorella minore Elisa - con cui visse un legame strettissimo ed indissolubile - sostennero la sua vocazione e lo accompagnarono nella scelta di vestire l’abito talare. Dopo aver compiuto studi classici presso il seminario arcivescovile di Benevento, fu ordinato sacerdote il 9 luglio 1944.Â
Ebbe una breve esperienza come vice Parroco a Cercemaggiore (CB) e, poi, nel 1947, gli fu assegnata la Parrocchia di San Bartolomeo Apostolo di Montecalvo Irpino (AV). Quando vi giunse, egli si trovò di fronte ad una situazione di grande degrado morale e materiale: “[..] scarsissima frequenza alla messa, abbondanza di unioni illegittime…una massa di ragazzi abbandonati, campagne non assistite […] della Chiesa esistevano le quattro mura perimetrali, un altare e un po’ di pavimento sul presbiterio.. molti vetri erano rotti, non c’era pavimento, non i banchi, non l’armonio, nemmeno le ampolline e le funi per suonare le campane..”.
 Il Sacerdote, però, non si perse d’animo ed avviò un'azione di rinascita religiosa, morale e materiale della Parrocchia e di tutta la comunitĂ cittadina. Cominciò occupandosi dei bambini e dei ragazzi del paese e continuò con l’opera di coinvolgimento dei giovani, delle famiglie, delle persone sole o abbandonate nelle campagne. Ebbe particolarmente a cuore gli anziani e gli ammalati. Profuse la sua opera non solo per lenire le sofferenze spirituali dei suoi “compaesani”, ma anche per alleviare le pene materiali dei piĂą poveri e bisognosi. Costruì il complesso parrocchiale (che presto divenne una sorta di centro sociale e di ascolto ante litteram): sistemò il pavimento, l’impianto elettrico, la canonica; acquistò i banchi, l’armonio, i paramenti sacri. E per realizzare tale opera, ebbe il coraggio di chiedere a tutti, sulla base del principio che ognuno dĂ quello che ha: un piccolo o grande contributo economico, un lavoretto in muratura o di tinteggiatura, una mano per trasportare materiale o pulire.Â
Ma il terremoto del 21 agosto 1962 distrusse la nuova chiesa e la canonica e anche 15 anni di sacrifici di Don Carlo. Egli, però, non si perse d’animo: si trasferì per 7 anni in una baracca5, e, da lì iniziò una nuova azione di ricostruzione della chiesa e di sostegno alla comunità ferita. In quegli anni approfondì lo studio della vita e delle opere di San Pompilio Maria Pirrotti e si adoperò per diffonderne il culto. A Don Carlo, infatti, si deve l’organizzazione, nel 1966, delle celebrazioni per il bicentenario della morte del Santo di Montecalvo, che il Sacerdote amò intensamente e come il quale fu chiamato sovente a predicare anche al di fuori dell’ambito locale.
 In Irpinia Don Carlo visse 27 lunghi anni, che segnarono in modo profondo il suo cammino. Anche Montecalvo lo amò; e “..per l’impegno profuso, per la sua sensibilitĂ umana e per il suo carisma… non potrĂ mai dimenticarlo”.Â
 Nel 1973 venne trasferito a Benevento dove gli fu affidata la Parrocchia di Santa Maria della VeritĂ , nello storico rione Triggio, nel cuore antico della cittĂ . In principio la nuova “avventura” non fu facile: problemi di salute, difficoltĂ logistiche (nel 1973 la canonica della “Parrocchia nuova” mancava persino dei servizi igienici e la stessa chiesa si trovava in condizioni precarie) e desiderio di concludere la poderosa opera di ricostruzione intrapresa a Montecalvo lo spinsero, inizialmente, a chiedere all’Arcivescovo di Benevento di poter restare in Irpinia. Ma poi ci ripensò; e ricominciò con slancio “una terza volta una vita” perchĂ© “sempre convinto che il Sacerdote deve ubbidire ai suoi superiori con prontezza e generosità ”.Â
Così, Don Carlo riordinò la chiesa, ricostruì la canonica, visitò e frequentò le case dei suoi parrocchiani, ascoltò i poveri e i deboli, accudì gli ammalati, avvicinò i giovani vittime dalla droga o avviati alla piccola delinquenza. Soprattutto, divenne un maestro ed un punto di riferimento per i più piccoli e gli adolescenti che non avevano un posto dove andare: per loro la canonica di Don Carlo fu snodo di vita. Nel rione si muoveva sempre seguito da uno sciame di ragazzini”, spesso raccolti dalla strada, che oggi raccontano di come per loro Don Carlo sia stato un padre e di come egli si sia prodigato per insegnare loro non solo i valori cristiani , ma anche il rispetto delle regole e l’amore per la giustizia. Per quei piccoli - per i quali era una festa l’apertura delle enormi buste di caramelle da 10 kg che il parroco acquistava per loro o il giro che tutte le sere, a turno, facevano nella sua “600” bianca nel breve tragitto che separava il piazzale della Chiesa dal parcheggio di Via Torre della Catena – Don Carlo fu anche istruttore ginnico e “mister”: pensò bene di acquistare maglie da calcio e di creare due squadre (la “rossa” e la “blu”) che si sfidarono per anni in interminabili tornei.
 Ma anche i giovani erano affascinati da quel prete alto e un po’ smilzo che con l’aiuto delle Suore Battistine e di S.E. Don Francesco Zerrillo (all’epoca Direttore spirituale del Seminario Pontificio) si adoperò per la crescita delle adesioni all’Azione cattolica e creò un nucleo, in ambito parrocchiale, capace di divenire scuola di formazione cristiana e di vita. Un fervore vero permeò il Triggio in quegli anni, anni in cui il rione divenne “laboratorio di nuove energie” ed in cui sembrò che “..dalle rovine del Teatro romano stesse sorgendo una nuova Benevento, fermento di una vita cristiana più intensamente compresa e vissuta”: la parrocchia, infatti, organizzò non solo attività parascolastiche e ricreative ma anche pellegrinaggi, campi spirituali e di studio ed avvicinò i suoi giovani ai nuovi movimenti che crescevano nella chiesa. Furono ripristinate in quel periodo feste popolari dimenticate (significativa fu l’”invenzione” della “Festa della nonna” nel giorno di Sant’Anna “nonna ideale perché nonna di Gesù, Figlio di Dio”) e fu solennizzato il culto di Santi legati alla Parrocchia . Don Carlo, insomma, creò un coagulo di umanità in cui ognuno dava quel che poteva, una famiglia “..fatta di solidarietà e testimonianza..”; e questo, in un quartiere attraversato da enormi contraddizioni culturali e sociali che, purtuttavia, ritrovò nella Parrocchia e nel suo parroco un punto di riferimento e, in non pochi casi, di redenzione.
 Anche a Benevento egli visse l’esperienza del terremoto del 23 novembre 1980 e anche stavolta la “Sua” chiesa e la annessa canonica subirono lesioni severe, tanto che furono dichiarate inagibili e Don Carlo fu costretto a spostare le funzioni liturgiche nella vicina Cappella delle Suore Battistine. Nonostante ciò, continuò a dormire vicino alla canonica perchĂ© pensava che “..vivere in una casa lontana dalla Chiesa” fosse per lui come “…voler far vivere un pesce fuori dall’acqua” . E proprio lì, nella notte del 4 marzo 1982, fu sorpreso da tre individui che si erano introdotti nella canonica probabilmente – come riportò la stampa dell’epoca - per intimidire quel prete di strada che sapeva troppo e che lottò pervicacemente per indicare ai suoi ragazzi la via della conoscenza e dell’onestĂ .Â
Don Carlo fu brutalmente immobilizzato, legato e imbavagliato: i piedi avvolti da un filo di ferro, le mani e la testa strette da pezzi di stoffa dei paramenti sacri che lo soffocarono. La mattina dopo l’allarme scattò presto perchĂ© non si era recato dagli anziani ammalati del quartiere, ai quali, alla primissima ora, era solito fare visita. E poi, era il primo venerdì del mese e non si era presentato alla celebrazione della messa.Â
Partì un tam tam e accorsero in tanti: i familiari, le Suore Battistine, i ragazzi dell’Azione cattolica, gli abitanti del quartiere, i Professori e gli studenti del Liceo Scientifico dove insegnava. Tra i primi a giungere sul posto, Don Francesco Zerrillo l’amico e confidente di una vita, che ancora oggi ricorda “lo smarrimento e il dolore che attraversavano i volti dei suoi parrocchiani”.
 L’uomo della primavera del Triggio, fu sepolto nel suo paese natale, a Morcone, ma alcuni anni dopo, i “triggiaioli” ed il loro nuovo Parroco, Don Tommaso Molinaro, avviarono una petizione affinché le spoglie dell’amato Sacerdote ucciso fossero traslate nella loro Chiesa. Furono ascoltati.
 Dal 4 marzo 2001 Don Carlo Lombardi riposa a Benevento, in Santa Maria della Verità , ai piedi della statua di Sant’Alfonso Maria dè Liguori.
 * *
 Per l’uccisione di Don Carlo furono identificati tre individui; di essi, due furono condannati in via definitiva. La sorella Elisa Lombardi Marra non si costituì parte civile nel processo e perdonò gli autori del delitto: “[..] non sono animata da spirito di vendetta” scrisse “e come potrei esserlo, avendo vissuto tanti anni così vicino a mio fratello?”. I bambini ed i ragazzi di Don Carlo sono diventati donne e uomini consapevoli del loro ruolo nella comunitĂ e realizzati nel proprio lavoro. Il chicco di grano ha prodotto molto frutto.Â
Durante l'incontro, sono state poste delle domande al nipote di Don Carlo Lombardi. Di seguito ,ne riportiamo alcune:
CLASSE 2 A scienze applicate
COSTANTINO NUZZOLO:   Qual era un tratto del carattere di Don Carlo che ricorda in modo particolare? C’era un modo di fare o di dire che lo caratterizzava?
FRANCESCA FORGIONE: Sapete se aveva subito minacce o intimidazioni per la sua azione pastorale? Le aveva condivise con la sua famiglia? Aveva comunicato a qualcuno i suoi timori?
ALESSIO LEPORE: Avete avuto modo di conoscere personalmente qualcuno dei ragazzi che Don Carlo ha aiutato? Che storia aveva, come è cambiata la sua vita?
PIETRO FLORIO: La volontĂ e la determinazione che Don Carlo ha mostrato nel seguire i suoi ideali e nel mantenere integri i suoi valori trovano sicuramente la loro radice nella fede; ma è possibile, che lei sappia, risalire a qualche esperienza di vita che ha rafforzato questo suo convincimento?Â
CLASSE 1 C linguistico
GRETA POSSUMATO: Se don Carlo fosse ancora con noi, quale messaggio darebbe ai giovani di oggi?
GAIA CECERE: Qual è il ricordo più bello che ha di suo zio?
STEFANIA DE PALMA: Condivide la scelta del perdono compiuta dalla sorella Elisa?
CHIARA MOSTACCIUOLO: Secondo lei che cosa è rimasto nel quartiere in cui è stato parroco o, più in generale, nella città dell’attività di don Carlo?
AURORA IANNELLA: Volevo chiedere se, dopo quarant’anni, è stata fatta piena luce sulla morte di suo zio.
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CLASSE 2 B economico sociale
 Perché Don Carlo non ha ricevuto appoggio dalle istituzioni nella sua opera di risanamento del quartiere?
Oggi, sull’esempio delle attività che Don Carlo aveva avviato, le istituzioni cittadine si sono impegnate a proseguire tale percorso attraverso lo stanziamento di fondi per aiutare l’attuale gestione parrocchiale?
Cosa spingeva Don Carlo ad avere così tanta fiducia nei giovani?
Come si spiega che la memoria di un personaggio tanto importante per la comunità , sia rimasta nell’ombra per tanti anni dopo la sua morte?
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CLASSE 1 B economico sociale
ADUA VISCIONE: Perché Don Carlo fu soprannominato “Primavera del Triggio”?
ALESSIA DI PIETRO: Sicuramente Don Carlo, oltre a stare vicino ai giovani, aiutava e sosteneva le famiglie in difficoltà per superare i disagi quotidiani. Cosa ci può dire a riguardo?
VALENTINA FELEPPA: Ancora oggi in tanti quartieri dilaga la criminalità , la droga, l’alcool, la corruzione; come possiamo noi, giovani studenti, migliorare la nostra società sull’esempio di Don Carlo?
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