P O D C A S T

La scuola del futuro

di Alice Vigorito 2 giugno 2023

Pochi giorni fa si sono celebrati 100 anni dalla fondazione del Liceo Crespi. L'evento ci ha offerto un'importante occasione per riflettere su quanto e su come la nostra scuola sia cambiata, ma sorge spontanea una domanda: come sarà il Liceo Crespi tra 100 anni? Come sarà la scuola del futuro? E le nostre ragazze del podcast hanno deciso di provare a dare una risposta.


Insieme alla Professoressa De Napoli, docente di italiano, latino e geostoria del Liceo Crespi, abbiamo, appunto, ragionato su quella che potrebbe essere la scuola dei nostri figli o nipoti. 


Quando abbiamo pensato di aprire il podcast de La Voce del Crespi, non sapevamo davvero a che cosa stessimo andando incontro perché nessuna di noi tre si era mai cimentata con questa attività. Grazie al supporto e all’aiuto della Prof. De Napoli, che è stata al nostro fianco dal primo momento e ci ha seguito in tutto il nostro percorso, siamo riuscite a trarre molte soddisfazioni dal lavoro fatto, che è stato molto impegnativo ma anche molto divertente.

Ma partiamo dal principio: poter festeggiare un centenario significa avere delle radici profonde e questo è il primo elemento da cui partire per immaginare la scuola del futuro: deve essere una scuola radicata, con una tradizione di cui essere orgogliosi, ma allo stesso tempo capace di stare al passo con i tempi in modo adeguato. Bisogna pensare come se si stesse costruendo un palazzo: non si possono aggiungere piani, senza un solido basamento che tenga in piedi il tutto. 

Con “al passo con i tempi” si intende una scuola in cui la tecnologia e gli strumenti digitali possano avere un ruolo chiaro e specifico per tutti e che, soprattutto, non spaventino, perché la tecnologia, ormai, fa parte della nostra vita. È necessario che nel contesto scolastico divenga chiaro il fatto che essa è uno strumento, e non il fine, che può aiutare l'apprendimento e contribuire a rendere più efficaci i processi educativi e formativi. 

Il podcasting è un esempio concreto degli scenari resi possibili dall'utilizzo della tecnologia a scuola. Ma perché questa attività, pur non nascendo con finalità prettamente didattiche, può rivelarsi utile nel contesto scolastico?


La nostra esperienza diretta di ideatrici e creatrici di un podcast, quello de La Voce del Crespi ovviamente, ci ha consentito di comprendere in prima persona quanto un uso consapevole della tecnologia, finalizzato al raggiungimento di un obiettivo creativo e alla produzione di contenuti adeguati a uno specifico contesto comunicativo, possa ritornare utile nel proprio percorso scolastico.

In primo luogo, sicuramente, progettare e scrivere gli episodi del nostro podcast ci hanno consentito di informarci sempre di più sul mondo a noi circostante. Se prima non leggevamo spesso i giornali, ora questa abitudine è divenuta una parte importantissima delle nostre giornate proprio perché per riuscire a condurre una puntata bisogna avere delle conoscenze sugli argomenti che si vogliono affrontare. Inoltre parlando ad un pubblico virtuale, ma anche intervistando personalmente i nostri ospiti, abbiamo imparato a controllare le nostre emozioni nelle occasioni in cui dobbiamo parlare in pubblico e questo è tornato molto utile anche durante le interrogazioni, al punto che possiamo dire che dedicarci al podcasting abbia migliorato il nostro rendimento scolastico. 

Anche la nostra capacità organizzativa si è affinata: infatti, avendo una scadenza settimanale per le pubblicazioni degli episodi, siamo “obbligate” ad organizzarci nel miglior modo possibile per riuscire a pubblicare ogni venerdì la nostra puntata. E questa capacità di organizzarsi ci ha aiutato anche nell'ambiente scolastico, soprattutto nei mesi più impegnativi nei quali è necessario sapersi organizzare al meglio.

Oltre alla capacità organizzativa, in parte già sviluppata anche prima, abbiamo scoperto delle capacità e degli interessi che non avremmo mai pensato fossero affini ai nostri mondi: per esempio la gestione del social, la realizzazione tecnica del podcasting e la scrittura giornalistica.

Importante è capire cosa pensano i professori del podcasting, perché, magari, per la GenZ è ormai un’abitudine ascoltare podcast, ma sarà così anche per loro? Ed è proprio questa la domanda che abbiamo rivolto alla Prof. De Napoli. 

“Ovviamente ci sono visioni differenti, io oggi sono portavoce di me stessa, quindi non posso parlare per i miei colleghi, anche se so per certo che qualcuno apprezza molto questo tipo di canale di informazione e comunicazione. Ascolto abitualmente podcast, di diverso tipo e per svariati motivi e trovo il podcasting un’attività che può essere utile nella didattica e concordo con le  vostre argomentazioni. Ma voglio mettere in evidenza anche un aspetto che spero possa far riflettere voi studenti sul valore dell'errore. Un insegnante che propone ai propri studenti la progettazione e la realizzazione di un podcast sa che non potrebbe in breve tempo sperare di ottenere dei risultati vicini a quelli di chi svolge un lavoro del genere per professione, ma sa anche che nel tempo, grazie a un impegno serio e costante, puntata dopo puntata, si migliorerà. Si sbaglierà, a volte si pubblicheranno lavori imprecisi o addirittura imperfetti, ma proprio quegli episodi saranno il punto di partenza per fare di più e meglio. Credo che sia un buon modo per imparare a non aver paura di commettere degli errori. E quando un errore diventa l'occasione per migliorarsi si può addirittura essere fieri di se stessi, poiché vuol dire che si ha la capacità di mettersi in gioco, insomma che ci si sta provando.

Inoltre il podcasting è una sfida interessante anche sul piano della scrittura, infatti è necessario “scrivere per le orecchie e non per gli occhi” e per farlo dobbiamo diventare molto abili a usare il linguaggio. 

Vorrei che pensassimo anche a questo aspetto: il podcast è solitudine, perché spesso quando si ascolta un podcast si è da soli e chi parla entra, con la propria voce, nella solitudine degli altri, e secondo me bisogna sempre farlo con garbo. Voi certamente portate alla solitudine di chi vi ascolta un pò di gioia e di allegria.  

Infine, spero che con il vostro e con altri podcast si possa contribuire a rafforzare quel senso di comunità che dovrebbe esserci nella scuola del futuro.”

Infatti, la Prof. De Napoli, dice che la scuola del futuro si augura sarà un luogo colorato, accogliente dove tutti si possano sentire compresi e ascoltati e dove domini un senso di unione, un luogo in cui ogni studente e ogni docente abbia sempre voglia di ritornare.

Anche noi ci auguriamo tutto questo per la scuola del futuro, e voi? 


Ascolta l'episodio del podcast qui 

"Con gli occhi di Caravaggio"

di Carolina Chionna 29 maggio 2023

L’11 gennaio 2023 il Liceo Daniele Crespi ha indetto un concorso fotografico dal titolo “Con gli occhi di Caravaggio”: un nome, mille agganci con l’attualità.

Gli studenti hanno dovuto inviare le foto da loro scattate entro il 19 febbraio, in seguito valutate e premiate dal Professor Sesia il 27 aprile.

Le ragazze del Podcast hanno deciso di intervistare le due studentesse del Liceo, Giulia T. e Laura F., vincitrici del concorso.


Ciao ragazze! Parlateci un po’ di questo concorso a cui avete partecipato: com’era strutturato?

L: “Come suggerisce anche il titolo, “Con gli occhi di Caravaggio”, l'obiettivo era quello di scattare una fotografia che riprendesse lo stile di Caravaggio, soprattutto puntando sulla luce che è, di fatto, l’elemento predominante nelle opere di Caravaggio.”

G: “Era presente una circolare sul sito della scuola, dove venivano elencati i vari criteri da rispettare e le modalità di adesione.”

A voi è stato proposto da qualcuno in particolare?

L: “A me dal Professor Falciola, uno dei docenti di storia dell’arte del Liceo.”

G: “A me, in realtà, da mia madre: ha visto la circolare e, conoscendo la mia passione per Caravaggio e la fotografia, mi ha avvisata e convinta a partecipare!”

Come mai avete deciso di partecipare?

L: “Essendo stata consigliata dal mio Prof., ho pensato di coinvolgere tutta la mia classe, tant’è vero che i modelli sono dei miei compagni di classe; devo dire che mi piaceva l’idea di unire in una sola fotografia il lavoro di molte persone.”

G: “In generale mi piace partecipare ai concorsi e mettermi in gioco; poi, come ho detto, sono appassionata di Caravaggio e della fotografia, che ormai fa parte della mia quotidianità. Quindi, mi sono detta «Perché non mischiare le due cose e vedere cosa succede?»”.

Soffermiamoci, invece, sulle vostre fotografie: in che modo avete deciso proprio quei soggetti, quelle luci e quelle prospettive?

L: “Io mi sono ispirata ad un quadro di Caravaggio che ha al suo interno un numero elevato di soggetti e tramite il quale, soprattutto, ho avuto un vero e proprio imprinting. Ho cercato di essere il più possibile fedele all’originale per quanto riguarda luce e prospettiva, però modernizzando i personaggi e il messaggio da trasmettere.”

G: “Io, innanzitutto, ho eseguito un po’ di ricerche e osservato i quadri di Caravaggio per capire come orientarmi. Inizialmente ero indecisa sul soggetto da rappresentare, che mi sarebbe piaciuto fosse una natura morta, dato che è anche il soggetto principale delle mie fotografie; alla fine ho visto un quadro di un suonatore di chitarra e ho deciso di riprodurlo.”

Qual è il significato che si cela dietro ai vostri scatti?

L: “La mia fotografia si intitola “Con gli occhi della società”: dietro ad una delle due protagoniste si possono notare delle mani che le stanno ritoccando il volto con dei pennelli, e di fronte l’altra ragazza, che rappresenta la società, che sta tenendo in mano uno specchio ricoperto da un telo che vorrebbe togliere. Lo scopo è quello di mostrare alla protagonista com’è realmente e che, soprattutto, non deve cambiare per rispettare gli standard imposti dalla società.” 

G: “La mia foto, invece, si intitola “Invisible string” (tratto da una canzone di Taylor Swift) e rappresenta un ragazzo da solo, seduto nella sua stanza, con la chitarra. Ho voluto portare questo soggetto perché le corde della chitarra si collegano ad un altro tipo di corda, cioè l’invisible string, che è quella del destino, che collega tutti gli eventi della vita e, alla fine, crea un disegno ben preciso che all’inizio può sembrare insensato, ma che visto da un’altra prospettiva acquista il suo senso.”

Parlando di modelli, com’è stato il vostro rapporto con loro?

L: “E’ piuttosto difficile da spiegare: io e una mia compagna entriamo un po’ in conflitto in queste situazioni perché abbiamo idee diametralmente opposte, quindi i modelli si sono trovati a dover prestare ascolto prima a lei e poi a me. Però è stata anche questa la parte divertente e, nel complesso, è stato un rapporto pacifico.”

G: “Nel mio caso è stata una corsa contro il tempo: il giorno dopo sarei dovuta partire per Malaga con la scuola e non avevo ancora scattato la foto; allora ho chiamato il modello, che quel giorno sarebbe comunque dovuto venire a casa mia, ho appeso una tovaglia alla porta e gli ho dato tutte le direttive del caso. Devo ammettere che è stato molto obbediente.” (Ride)

Più in generale, che cos’è per voi la fotografia?

L: “Per me la fotografia è come se fosse una via di fuga: mi ci sono appassionata durante la quarantena, quando ho passato un periodo un po’ buio e cercavo qualcosa a cui aggrapparmi; così, dato che mio padre mi ha trasmesso questa passione, ho cominciato a scattare qualche foto partendo dai ritratti e usando come modelle le mie compagne, per poi passare a fotografie più generali.”

G: “A me è sempre piaciuta la fotografia, ma la mia è una visione più artistica, diciamo: quando vedo qualcosa che mi piace, amo fermare l’istante e tenerlo per sempre con me.”

Avete intenzione di fare della fotografia il vostro lavoro? Oppure rimarrà un hobby?

L: “Devo dire la verità, ci ho pensato spesso, ma ho il timore che, se diventasse il mio lavoro, inizierei ad odiarla, quindi sinceramente non ne ho idea.”

G: “Allora, se ci fosse la possibilità di farne un lavoro magari coglierei l’occasione, ma non ne sono così sicura. Sicuramente la fotografia rimarrà nella mia quotidianità perché penso sia una mia propensione naturale e non riuscirei ad immaginare una vita senza.”


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L’uomo e l’animale: un’amicizia senza eguali 

di Alice Vigorito 12 maggio 2023

Una notizia che è sicuramente entrata nella maggior parte delle nostre case e che ha acceso un dibattito intenso è quella che riguarda l’uccisione di Andrea Papi, runner che è stato aggredito nei boschi del monte Peller da un’orsa. Non ci siamo soffermate, in realtà, sulla vicenda spiacevole, ma proprio partendo da questa notizia, nella puntata di oggi, che trovate sulla nostra pagina Spotify, abbiamo ragionato circa il rapporto uomo e animale. 

Per sentire più vicino a noi la questione, non parleremo di orsi, ma di animali che troviamo nelle nostre abitazioni o in quelle di nostri amici e parenti. Infatti ognuno di noi conosce almeno una famiglia nella quale ci sono uno o più animali, anche perché secondo i dati le famiglie italiane in cui vi è la presenza di un cane sono circa 5,9 milioni, pari al 27,1% delle famiglie, mentre quelle che hanno gatti sono il 18,3% (pari a circa 4 milioni) e poi ci sono tutte quelle famiglie in cui ci sono animali quali pesci, tartarughe, pappagalli, conigli e criceti. Nella nostra piccola comunità LVDC abbiamo scoperto, tramite un sondaggio caricato qualche settimana fa sulle storie, che il 73% dei votanti al sondaggio ha nelle loro famiglie un animale. Su internet, però, purtroppo non si trova solamente il numero delle famiglie che in Italia ha accolto un cagnolino e un gattino, ma si trovano anche statistiche molto più toccanti e preoccupanti: l’abbandono degli animali. In particolare, come dice Abbandono di animali - LAV, si stima che ogni anno in Italia siano abbandonati una media di 80.000 gatti e 50.000 cani, più dell’80% dei quali rischia di morire in incidenti o per maltrattamento. Bisogna, poi, considerare anche tutti gli altri tipi di animali che vengono abbandonati con estrema facilità come i pesci, i rettili e i pappagalli dei quali, però, non si riesce a fare una stima precisa. La causa principale degli abbandoni è la consapevolezza di un’azione presa di coscienza avvenuta a “scoppio ritardato”: una volta che abbiamo adottato il nostro animale, ci rendiamo conto che, effettivamente, questo ha bisogno di molto tempo, di molte attenzioni e di molti soldi. Su internet è una delle prime informazioni che esce se ci si informa un po’: gli animali sono esseri viventi, proprio come noi e come noi hanno bisogno delle loro attenzioni, quindi se non siamo in grado di ricavare un po’ di tempo da dedicargli o non possiamo sostenere una spesa così importante, pensiamoci due volte prima di adottare un animale. L’uomo sbaglia, è lecito sbagliare, ma ricordiamoci sempre che davanti a noi c’è la vita e la salute di un essere vivente, quindi se ci accorgiamo di aver fatto un errore scegliamo un modo responsabile per correre ai ripari, per esempio, scegliamo di darlo ad un canile dove siamo sicuri che potrà ricevere le cure e il cibo necessario. 

Un altro motivo per il quale gli animali vengono abbandonati sono le vacanze estive, infatti nel periodo estivo si verifica circa il 25-30% degli abbandoni. Anche in questo caso ci sono delle alternative molto più umane, responsabili e soprattutto legali perché ricordiamoci che l’abbandono è un reato punibile con un anno di galera o fino a 10.000 euro di sanzione. Queste alternative sono, per esempio, affidare il nostro animaletto a un amico o a un parente di cui ci fidiamo e che, magari, ha già avuto modo di conoscere l’animale, così nè l’uno nè l’altro saranno in difficoltà al momento “dell'affidamento temporaneo”, oppure ci sono le pensioni, una specie di campus estivo per gli animali, anche in questo caso informiamoci bene sull’affidabilità della pensione nella quale lasciamo il nostro amico; inoltre possiamo portare anche il nostro animale con noi durante la vacanza cercando hotel o case "pet friendly". Una domanda che ci è venuta in mente nel momento in cui abbiamo visto i dati inerenti all’abbandono è stata “ma come si fa?”. E in effetti, parlando per esperienza personale, l’animale diventa, quasi in tutti i casi, parte della famiglia, una parte non indifferente che può darti tanto affetto e tante attenzioni e così è anche per i nostri follower: infatti in un altro sondaggio, inerente proprio al legame molto stretto di amicizia che può nascere tra uomo e animale, è emerso che l’81% dei votanti ha un rapporto molto bello con il proprio cucciolo. 

Se si pensa al legame di amicizia tra uomo e animale viene in mente un film uscito nelle sale italiane nel 2014, che narra proprio dell’amicizia tra un cane e un bambino orfano: Belle e Sebastien. Su instagram vi abbiamo anche chiesto quali altri film richiamassero a quest’argomento e avete individuato: “Io e Marley”, “Il piccolo principe” e “L’isola dei cani”, tutti film che vi consigliamo di vedere, se già non lo avete fatto, perché meritano davvero tanto. Ma questo legame speciale si è visto non solo in film e libri recenti, ma anche nel corso della storia: già nel ‘700 con Parini e la sua “Vergine cuccia” che sottolinea il legame, che in quest’opera diventa, se possiamo dire, morboso, tra una nobile donna e la sua cagnolina. Si vede raffigurato in opere d’arte, per esempio con l’arte fiamminga ne “I coniugi Arnolfini”: al centro del dipinto è raffigurato proprio un cagnolino che è simbolo di fedeltà. e si può lasciare Infatti gli animali, soprattutto i cani, sono per eccellenza gli esseri viventi più fedeli, che sanno avvertire la tua presenza solo annusando l’aria, che capiscono quando stai male e cercano di starti vicino sollevandoti il morale. Tra l’altro è proprio questa la base della “pet therapy”, il contatto diretto tra uomo e animale che stimola emozioni e sentimenti e aiuta a sollevare bambini e anziani in momenti di difficoltà, aiuta a farli sentire meno soli. 

Concludiamo tornando al discorso dell’abbandono: nonostante tutta la felicità e l’aiuto che un animale possa dare ad un uomo, i numeri e le statistiche sull’abbandono sono quelli citati prima. Oltre a dirvi di considerare altre opzioni, come detto prima, più umane e responsabili, ci teniamo anche a dirvi di recarvi immediatamente dalle autorità e denunciare l’abbandono se mai un giorno vi dovesse capitare di vederlo davanti ai vostri occhi (non dimenticatevi di raccogliere dati per riuscire ad individuare il colpevole, come per esempio la targa della macchina). Se, invece, non vi dovesse mai capitare, potete comunque dare una mano: la maggior parte dei comuni hanno un canile e di conseguenza un sito internet in cui sono indicati tutti i modi in cui potete effettivamente e concretamente aiutare. Per esempio, nel comune di Busto Arsizio c’è il canile comunale e sul sito Come Aiutarci | Apar Onlus potete sapere come essere utili! Molto brevemente, potete adottare, anche a distanza se non avete a disposizioni gli spazi necessari e adeguati, potete donare e portare cibo o coperte. 

Ricordiamoci che sono esseri viventi tanto quanto noi, non costa niente se si ha il tempo e la possibilità dare una mano a chi ne ha bisogno!


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Ma non é una figuraccia!

di Angelica Faustini 7 maggio 2023

Figuracce, voi ne avete mai fatte? Le ragazze del podcast hanno deciso di parlarne in una puntata, grazie al contributo che hanno dato gli studenti della nostra scuola, rispondendo ad un questionario riguardante proprio le cosiddette "figuracce". 

Nell'episodio vengono raccontati una serie di eventi considerati imbarazzanti, che mettono a disagio le persone, facendoci riflettere sul fatto che spesso ci sentiamo imbarazzati perché crediamo che chi assiste a questi eventi ci giudichi e rida di noi, senza accorgerci che spesso queste persone non ridono di noi, ma con noi. La prima cosa a cui si pensa dopo aver fatto una brutta figura, infatti, è proprio "cosa penseranno le altre persone adesso?" perché dal nostro punto di vista è accaduto un evento catastrofico e pensiamo che anche per gli altri abbia la stessa importanza. In realtà sono solo delle paure momentanee, che scompaiono non appena ci rendiamo conto di quanto ciò che abbiamo fatto o ci è accaduto sia divertente. Quindi, quando facciamo delle figuracce dovremmo cercare di pensare che alla fine sono cose che potrebbero accadere a tutti e che sicuramente noi non verremo ricordati per un certo evento imbarazzante. 


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Social: PRO e CONTRO

di Alice Vigorito 28 aprile 2023

Spesso viene detto a noi giovani che non ci rendiamo conto dei risvolti negativi che possono avere i social media: noi abbiamo voluto provare il contrario! Proprio sulla nostra pagina Instagram, che vi invitiamo a seguire per non perdere nessuna novità, abbiamo chiesto quali fossero i PRO e i CONTRO dei social e le risposte sono state date tutte da persone in età adolescenziale.

Precisazione sicuramente da fare: abbiamo chiesto sia i PRO che i CONTRO dei social anche perché non ci sembra giusto andare né a demonizzare uno strumento che ci è stato utile in molte occasioni e continuerà ad esserlo né a presentare come “perfetto” il mondo social in quanto non è così e come ogni cosa ha i suoi aspetti positivi e negativi. 

Il primo aspetto positivo che è venuto in mente a due nostre follower, Gaia e Letizia, è il fatto di poter parlare e poter raggiungere, anche se non fisicamente, moltissime persone in pochissimo tempo, quindi anche conoscere sempre più persone. D’altra parte, fin da quando i nostri genitori ci hanno regalato il primo telefono, penso che la raccomandazione fondamentale che ci hanno rivolto sia stata quella di prestare sempre molto attenzione quando parliamo con persone che non conosciamo, perché non sappiamo mai chi si può nascondere dietro ad un profilo e ad un nome che a prima vista potrebbe sembrare quello di un nostro coetaneo che abbia voglia di scambiare due chiacchiere e questo ce lo ha detto anche Letizia, una delle ragazze che ha risposto ai nostri sondaggi. Per questo motivo dobbiamo sempre pensarci due volte prima di rispondere ad un utente sconosciuto o anche, banalmente, accettare la richiesta di poterci seguire, visionando quindi il nostro profilo. Tutto ciò perché di base il mondo social può davvero essere molto utile se parliamo di ampliare il nostro giro di amicizie, ma purtroppo ci sono persone che sfruttano questa grandissima occasione per fare del male.

Chiara e Giulia, invece, ci hanno detto che i social sono una fonte dalla quale ricavare moltissime informazioni con estrema facilità e con informazioni si intendono anche idee per viaggi o ricette e tantissimo altro. Il problema, anche in questo caso, sta nelle persone che girano la questione a loro favore: non sempre ogni informazione che troviamo navigando su internet rispecchia la realtà. Bisogna, quindi, imparare a distinguere quello che potrebbe rappresentare la realtà da una notizia falsa e ci sono davvero molti trucchi a riguardo che vi abbiamo già svelato in una puntata di qualche mese fa “È una fake news?!” e che vi invitiamo ad ascoltare, se già non l’avete fatto, perché per far sì che i social media siano sicuri e utili dobbiamo prima di tutto imparare come vivere all’interno di essi. Inoltre, questa continua informazione potrebbe essere vista da qualcuno come un aspetto negativo: per esempio nel periodo Covid, appena si apriva Internet, la prima notizia che spuntava era, appunto, quella inerente all’andamento della pandemia: alcuni potrebbero essere rasserenati sapendo di essere sempre aggiornati sulla situazione che li circonda, altri potrebbero, invece, andare in ansia.

“Si può condividere la propria felicità” ci scrive, invece, un’altra ragazza ed è proprio questo un altro aspetto da prendere in considerazione: sui social noi possiamo condividere la nostra vita, le nostre esperienze e le nostre gioie; potremmo certo anche condividere momenti un po’ meno felici, momenti di sconforto, momenti bui, ma molto raramente questo aspetto della nostra vita viene rappresentato sui social. E, infatti, Gaia ci scrive che la realtà che mostriamo sui social non è del tutto veritiera, in quanto la vita è fatta di alti e bassi e questo è uno degli aspetti negativi dei social i quali ci inducono, non solo a paragonare continuamente la nostra vita a quella degli altri, ma anche a sentirci costantemente inferiori, come ci ha scritto Giulia. 

Un’altra questione che è stata sollevata, in particolare da Francesca, è quella del giudizio in considerazione del fatto che sui social ognuno è “libero” di esprimere la propria personalità. Personalità che, però, se non è del tutto conforme al prototipo “imposto” dalla società, viene criticata e giudicata e questo giudizio porta a evitare di esporsi troppo per quello che si è realmente. Questo continuo giudizio, inoltre, ha portato alla crescita di un fenomeno nato proprio con i social: il Cyberbullismo. Almeno il 60% dei genitori con figli dai 14 ai 18 anni hanno dichiarato che il proprio figlio o la propria figlia ha subito episodi di bullismo e un quinto di questi episodi si sono verificati proprio sui social.

Questi dati non vengono menzionati per spaventare, ma per rendere consapevoli le persone, per sensibilizzare la popolazione circa questo argomento che riguarda ognuno di noi, anche tu che stai leggendo questo articolo, perché in questo momento stai utilizzando un social ed è giusto che tu sia consapevole di quanto male potresti fare con un solo piccolo commento che si nasconde dietro altri mille. Sempre Francesca ci ha scritto che con i social perdiamo molto tempo che potrebbe essere usato per fare altro e con altro non si intende necessariamente studiare, ma potrebbe anche essere uscire e fare una passeggiata all'aria aperta, passare del tempo con i nostri genitori, nonni, parenti, dedicarsi ai propri hobby e alle proprie passioni, praticare dello sport e tantissime altre cose. Infatti, una ricerca condotta nel 2022 dice che il tempo medio trascorso sui social è di 147 minuti al giorno, ovvero due ore e mezza: se ci pensiamo, sono tantissime e non ci rendiamo davvero conto di quanto tempo perdiamo scrollando tra i post di Instagram e Facebook, finchè non andiamo a controllare il “tempo di utilizzo” del nostro cellulare. 

Quest’ultimo passaggio è molto semplice, quasi tutti i cellulari hanno nelle impostazioni generali la voce “Tempo di utilizzo” che ci dice esattamente quanto tempo abbiamo passato su ogni social o applicazione in generale. D’altra parte, un aspetto positivo che va sicuramente citato è che il mondo social sta offrendo possibilità lavorative a moltissime persone: stanno nascendo, infatti, nuovi lavori, basti pensare ai Fashion Blogger o ai Social Media Manager, e anche le stesse Università e Scuole offrono la possibilità di entrare e comprendere un po’ meglio la vita nel mondo dei social, infatti Gaia ci scrive che i social possono essere molto utili nelle questioni lavorative. 

Per concludere, sempre sulla pagina Instagram abbiamo posto un’ultima domanda “Sai cos’è il Neoluddismo?”: il 15% di voi ci ha risposto di sì, mentre il restante 85% di no. Il termine “Neoluddismo” deriva da un fenomeno nato durante la Rivoluzione Industriale, la prima fase che vide delle innovazioni nel campo manifatturiero con l’invenzione della macchina a vapore. Il “luddismo”, molto brevemente, fu una protesta innalzata dagli operai che lavoravano nelle prime nuove realtà industriali per le condizioni di lavoro pesantissime e per niente sicure. Da qui poi il termine è arrivato fino ad oggi e si è trasformato in, appunto, “Neoluddismo” che rappresenterebbe la totale avversione contro la tecnologia e la sua invasività nella vita quotidiana. Bisogna, però, tenere in conto che il mondo si è sviluppato, si è evoluto, sta andando avanti e, anche se a volte sembra difficile riuscire a stare al passo con questo nuovo mondo molto frenetico, dobbiamo almeno provarci. Ciò non vuol dire accettare ogni novità, si può esprimere la propria opinione, se si è contrari fare qualcosa per cambiare la situazione, ma ricordiamoci di non demonizzare completamente uno strumento, Questo atteggiamento vale per qualsiasi situazione, perché dobbiamo sempre ricordarci di guardare entrambe le facce della medaglia.


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I Ciceroni FAI del Liceo Crespi

di Carolina Chionna 22 aprile 2023

Essere italiani significa preservare il nostro territorio e andare ad indagare anche i suoi angoli più nascosti e le Giornate FAI di Primavera, tenutesi il 25 e il 26 marzo, sono state un’ottima occasione per farlo. Perciò, le ragazze del podcast di LVDC hanno deciso di intervistare due studentesse del Liceo Daniele Crespi, Gaia Sartorelli e Elena Fraschini, che sia quest’anno che l’anno scorso hanno aderito al progetto come Ciceroni.


Allora ragazze questo è già il secondo anno che partecipate alle Giornate FAI come Ciceroni, come avete iniziato?

E.: “In quarta superiore la nostra professoressa di italiano ci ha proposto di aderire per la prima volta a queste Giornate FAI e, dato che il progetto ci è piaciuto molto, abbiamo deciso di continuare anche in quinta.”

G.: “Comunque per tutte le informazioni si può guardare il sito della scuola, perché, quando si avvicinano le Giornate FAI, escono delle circolari e chi vuole può aderire in quanto progetto PCTO.”


In quali luoghi FAI avete fatto da Ciceroni?
E.: “L’anno scorso siamo andate all’oratorio di S. Pietro di Lonate Pozzolo, un luogo che presenta numerosi affreschi molto interessanti dal punto di vista artistico; quest’anno, invece, siamo state al cimitero di Castellanza dove abbiamo approfondito l’edicola funeraria Cerini.”

G.: “Di solito le Giornate FAI di primavera si tengono l’ultimo weekend di marzo: vengono aperti luoghi che normalmente non sono visitabili, tant’è vero che quelli in cui siamo state di solito sono chiusi al pubblico e difficilmente si ha l’occasione di scoprirli.”


Qual era il vostro compito?

E.: “Il nostro compito era quello di fare da guida ai visitatori che, in occasione delle giornate, si presentavano nei luoghi scelti dall’associazione FAI.”


C’è stata una preparazione dietro e, se sì, ha richiesto molto tempo?

G.: “Sia l’anno scorso sia quest’anno ci siamo preparate insieme alle nostre proff e ai volontari FAI che in alcuni incontri ci hanno fornito dei materiali per prepararci sulle opere che dovevamo presentare; il resto degli approfondimenti li abbiamo svolti a casa. Il tempo richiesto non è tantissimo: dipende chiaramente dall’opera, ma in generale ci si divide i compiti e il lavoro non risulta impegnativo, anzi, è molto divertente.”


Cosa vi è piaciuto di più di questa esperienza?
E.: “Sicuramente è stato molto interessante relazionarsi con un vasto pubblico ed è stato anche piacevole esporre le nostre conoscenze riguardo ai luoghi scelti.”

G.: “La cosa che mi è piaciuta di più, come ho detto, è stato il fatto di poter visitare luoghi che normalmente non sono visibili e risultano pressochè sconosciuti.”


Avete riscontrato delle difficoltà, soprattutto all’inizio?

E.: “Sicuramente la prima volta non è stato molto semplice aprirsi ad un così alto numero di persone, però poi con l’esperienza la parlantina si è sciolta un po’ di più.”

G.: “Una delle cose più difficili, se non si è abituati a parlare in pubblico, è riuscire ad elaborare un discorso che sia interessante e coerente allo stesso tempo, perché non basta avere tutte le conoscenze necessarie, ma bisogna anche saperle trasmettere .”


Consigliereste di partecipare a questo progetto?

E.: “Consiglierei assolutamente di partecipare perché è un progetto che, oltre ad arricchire il proprio bagaglio culturale, aiuta soprattutto a sviluppare il discorso e la parola.”

G.: “Sì, è un’esperienza che aiuta a mettersi in gioco e che permette di divertirsi imparando qualcosa.”


Dato che siete in quinta, se l’anno prossimo voleste partecipare nuovamente a questo progetto, come potreste fare?

E.: “E’ possibile diventare soci FAI iscrivendosi tramite il sito; così si ha anche la possibilità di accedere a tutti i luoghi FAI. Mentre, se non si è iscritti all'associazione, alcuni luoghi non sono visitabili.”

G.: “Tra l’altro, oltre alle Giornate di Primavera, ci sono anche quelle di Autunno, in cui vengono aperti i luoghi FAI; anche durante queste giornate è possibile iscriversi andando in qualsiasi luogo aperto. Con l’iscrizione si hanno molti vantaggi, tra cui il salta coda.”


Perché, secondo voi, è importante promuovere questo tipo di attività?

E.: “A mio parere l’arte è una forma di linguaggio ed è in grado di trasmettere molto a chi la osserva e percepisce. Inoltre, in questo modo si possono conoscere la storia, le tradizioni e le curiosità del nostro Paese.”

G.: “Queste iniziative sono anche un modo per promuovere le opere d’arte più vicine a noi che spesso rimangono sconosciute ed è un peccato, anche perché tantissime volte ci si ritrova a fare viaggi all’estero, ignari delle bellezze che si hanno fuori dalla porta di casa.”

Ascolta l'episodio del podcast qui

Amarsi con Hequilibrium

di Alice Vigorito 14 aprile 2023

Qualche mese fa abbiamo messo una storia sulla nostra pagina Instagram (pagina che vi suggeriamo di seguire per non perdervi nessuna novità) proponendo un sondaggio: “Cosa ti piacerebbe sentire nelle prossime puntate del Podcast?” Una delle risposte è stata “Self love”. Se sei del Crespi da almeno due anni, probabilmente stai pensando alla stessa persona a cui sto pensando io. Non ti dico subito di chi si tratta, lascerò a lei presentarsi…ecco ti ho già dato un piccolo indizio. 

“Ciao a tutti sono Sara Colombo e sono prima di tutto una ex studentessa del Liceo Crespi, ora studentessa di Scienze dell’Alimentazione e Nutrizione Umana al Campus Bio-medico di Roma, ma soprattutto sono una body positive blogger.”


Ciao Sara siamo molto liete di averti qui con noi. Sappiamo, appunto, che hai un blog, “Hequilibrium”, puoi spiegarci meglio di cosa si tratta?

“Il mio blog parla di diversi temi, specialmente su Instagram; parlo di Body Positive, crescita personale e accettazione di noi stessi, ma porto anche dei contenuti di lifestyle su Youtube o altri social.”

Come mai hai deciso di aprire questo blog, cosa ti ha spinto a farlo?

“Ho aperto questo blog in seguito ad un evento successo a scuola. Durante il 2019-2020 sono stata rappresentante di Istituto e avevo organizzato un’assemblea con una modella curvy e il suo compagno, che avevano dato inizio alla “Body Positive catwalk” che promuove l’accettazione personale. Durante l’assemblea ho visto che c’era un buonissimo riscontro, molte persone avevano partecipato sentendosi coinvolte nell’argomento. Poi, in realtà il blog è nato durante la prima quarantena, marzo 2020, quando mi sono accorta di avere bisogno di un aiuto sia per la relazione che avevo con il cibo, sia per la relazione che avevo con il mio fisico. Dato che avevo visto che durante l’assemblea di settembre di cui parlavo prima, la mia esperienza aveva ispirato altre persone e aveva fatto sentire capite e ascoltate tante altre ho detto “perché non aprire un blog in cui parlo di questo mio problema per renderlo anche più normale?”; quindi, ho iniziato a parlare della relazione che avevo con il cibo e con il mio corpo. Inizialmente ho avuto tanto successo, anche perché ho cavalcato l’onda della mia popolarità dovuta alla mia esperienza di rappresentante; inoltre portavo anche contenuti di video ricette: mi ricordo che ne facevo davvero tanti, anche perché mi è sempre piaciuto tutto ciò che riguarda il video making. Questo blog ha dato anche una grandissima mano a me a crescere come persona, anche a livello di confidence.”

Perché è importante parlare dell’accettazione di se stessi, self love e body positive?

“Penso che sia molto importante parlare dell’accettazione personale e dell’amore verso noi stessi e verso il nostro corpo, perché ritengo che sia la base dello sviluppo personale e del nostro comportamento nella società e all’interno di un gruppo di persone: avere una buona relazione con noi stessi può effettivamente cambiare come noi ci comportiamo. Inoltre, è molto importante avere, specialmente sui social, un esempio di bellezza che non sia univoco e con il Body Positive si è arrivati a normalizzare i propri corpi. Questo perché sui social specialmente, ma anche nella quotidianità, noi associamo la bellezza ad solo un tipo di corpo quando in realtà non è così:  ci sono moltissime sfaccettature della bellezza. Inoltre,  siamo abituati a vedere dei canoni di bellezza non reali, siamo abituati a vedere persone, considerate belle, utilizzare dei filtri o subire operazioni chirurgiche o in generale modificare loro stesse, perdendo così la loro realtà. Penso invece sia importante far vedere che tutti abbiamo la cellulite, che tutti abbiamo le smagliature, che possiamo avere un tipo di pelle non levigato, dei brufoli, dei punti neri, che possiamo avere dei tipi di corpo diversi, che possiamo essere alti e bassi, più o meno grossi, che possiamo avere anche un braccio in meno o essere senza gambe, ma che ugualmente possiamo essere belli. Infatti il Body Positive non è solo parlare di estetica, ma è anche parlare di qualcosa di più grande come, appunto, non avere arti o avere patologie che portano, per esempio, a non avere capelli. In questo modo, il Body Positive contribuisce a dare sui social una rappresentazione di quello che è il mondo, di quello che è reale.”

Hai parlato dei social, secondo te hanno incrementato il fatto di sentirsi sempre inferiori agli altri, sbagliati e diversi?

“Assolutamente sì! Vi dico che i social hanno incrementato l’idea di sentirsi sempre inferiori agli altri, non solo per quanto concerne l’aspetto fisico, ma anche in qualsiasi altro ambito, per esempio nell’ambito scolastico o dal punto di vista del successo personale. Con i social abbiamo raggiunto tanti obiettivi, abbiamo avuto la possibilità di conoscere il mondo nei suoi mille aspetti, ma dall’altra parte ci siamo ritrovati dei prototipi irraggiungibili e irreali. Noi mettiamo sui social solo cose belle, quasi mai mettiamo contenuti dove siamo tristi o comunque dove stiamo facendo qualcosa di brutto. Così, sui social vediamo sempre la parte migliore di noi stessi, vediamo la rappresentazione della versione migliore di noi stessi che in realtà non è vera, o meglio dire non è completa. La vita sui social non è vera perché rappresenta, appunto, solo gli aspetti belli e un tipo di bellezza; infatti, per esempio, i creator più virali su Tik Tok rispondono a un unico ideale di bellezza. Inoltre è aumentato esponenzialmente il nostro senso di inferiorità anche perché tramite i social siamo indotti a confrontarci con molte più persone di ogni parte del mondo. E questo confronto spesso evidenzia la nostra piccolezza. Infine, secondo me, con l’avvento dei social la bellezza è diventata un fattore sempre più  importante: se magari prima non si faceva tanto caso al proprio aspetto fisico o alla moda in generale, adesso necessariamente bisogna apparire belli.”

Cosa significa accettarsi per quello che si è?

Innanzitutto posso dire che è molto difficile accettarsi, perché, come dicevo prima, siamo portati dagli stimoli esterni a sentirci inferiori agli altri. Accettarsi è anche un concetto molto difficile da definire, ma ritengo che voglia dire amarsi in qualsiasi circostanza, in qualsiasi forma e momento della vita, avere la consapevolezza che in qualsiasi istante si è meritevoli di amore, felicità, successo e di tutte le cose più belle che la vita può dare; vuol dire  anche mettere in pratica alcuni comportamenti o avere delle buone abitudini per migliorarsi a livello personale. A questo proposito, vorrei rispondere a una critica che viene spesso fatta al mondo del Body Positive: molte volte coloro che non supportano tutto questo mondo, gli haters in generale, dicono che in realtà il Body Positive è il pretesto per non preoccuparsi della salute; molte volte sotto i video di creator Body Positive si legge “tu promuovi l’obesità”, “tu promuovi uno stile di vita non sano”,  “ tu promuovi un corpo sbagliato”, quando in realtà non è così. L’obiettivo del Body Positive è anzi quello di portare a un miglioramento, a un’accettazione del  proprio corpo per quello che è, con la propria forma, alla presa di coscienza che il proprio corpo non è sbagliato, non è meno meritevole di amore. Se, poi, non ci sentiamo bene con noi stessi, è giusto fare qualcosa per migliorarsi, ma non per essere più belli, ma più in salute. Io studio proprio come gli alimenti si comportano nel nostro corpo, studio la fisiologia del nostro corpo, cosa succede all’interno di noi e ho capito anche che la chiave per vivere bene, per vivere a lungo e in salute è proprio l’alimentazione; quindi, come potrei mai io essere contro i principi della dietetica e dire “no è giusto che tu possa avere dei comportamenti alimentari scorretti”, quando so che è giusto avere delle buone abitudine alimentari, ma non per essere belli, ma per essere in salute? Spesso, invece,  quando si promuovono degli stili di vita non lo si fa mai per la salute, ma per promuovere la bellezza. Con il Body positive, invece, ci si concentra sulla persona e non sull'aspetto fisico della persona. Ci sono alcuni corpi che sono più o meno grandi perché hanno delle patologie ed è giusto che anche quelle persone si sentano amate, giuste e soprattutto legittimate ad essere felici; questo è il Body Positive.”

Per concludere qual è il messaggio che ti senti di mandare?

“Il messaggio che mi viene da mandare è che investire su noi stessi è uno dei più grandi investimenti che possiamo fare in tutta la nostra vita. Quindi è giusto occuparsi di noi stessi, capire che valiamo e che siamo meritevoli di tante belle cose, ma per fare ciò è necessario un cambio di mindset. Lo posso dire io, per la mia esperienza, dal momento che mi sono sentita sempre inferiore a qualsiasi altra persona; ma poi ho capito tramite la rappresentazione sui social di persone come me, con i miei stessi problemi e anche con un percorso personale psicologico, che valevo e valgo tanto. Sono riuscita a cambiare completamente il mio mindset e adesso mi sento sicura di me stessa, so di essere meritevole di tante belle cose, quindi penso che sia giusto investire su noi stessi, anche da giovane età. E aggiungo che è giusto investire su di noi così da sviluppare la nostra personalità senza  paura di farlo, anche se siamo cresciuti in un mondo in cui ci è sempre stato detto “omologati”: in realtà la diversità è una cosa bellissima. Come dicevo prima, la bellezza ha tantissime sfaccettature, noi possiamo trovare tante cose belle proprio perchè sono diverse, quindi secondo me capire che noi tutti siamo meritevoli di successo, amore e di raggiungere cose buone è proprio un bel cambiamento di mentalità. Mi viene anche da dire che bisogna in qualche modo occuparsi della nostra mente, quindi anche capire che non possiamo essere la nostra versione migliore se abbiamo tante cose del nostro passato che ci tirano sempre indietro, capire se è necessario iniziare un percorso psicologico o comunque curare la propria mente.”


Noi ringraziamo moltissimo Sara per le sue belle parole, per il suo tempo e per la sua disponibilità. Sul suo profilo Instagram, Tik Tok e Youtube, “Hequilibrium”, trovate moltissimi altri spunti molto utili! Per concludere ci tengo a riprendere l’ultimo concetto emerso durante la nostra chiacchierata: il percorso psicologico. Non abbiate paura di chiedere aiuto, è difficile accettare il fatto che da soli non si è in grado di superare una difficoltà, ma è molto importante imparare a chiedere aiuto se si ha bisogno. La nostra scuola offre un servizio Psicologico con la Dott.ssa Generani, che tra l’altro è stata intervistata proprio da noi qualche settimana fa, che può aiutare a superare difficoltà che nella vita si possono incontrare!

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L'amicizia

di Pietro Silvestrini 6 aprile 2023

Foto di Pixabay 

Tra i temi più discussi in ambito filosofico, c’è anche quello dell’amicizia. 

In latino amicus significa letteralmente “colui che si ama”. Tuttavia, Socrate ritiene che l’amicizia sia uno dei beni più preziosi che si possa desiderare, ma non si riduce a essere unicamente una forma d’affetto: il termine indica la conoscenza di ciò che davvero costituisce il bene per noi e le persone che amiamo. Ciò è testimoniato anche dalle opere di Platone, discepolo di Socrate, attraverso le quali il filosofo ci racconta delle accuse rivolte al suo maestro, come quella della corruzione dei giovani, indotti a non credere negli dei tradizionali. Nel processo e nella condanna che ne seguì, egli non chiese ai giudici di risparmiargli la vita né di essere esiliato, ma scelse di restare ad Atene e morire. Questo causò un’immensa sofferenza a coloro che, negli ultimi istanti dell'amico, versarono abbondanti lacrime. 

Secondo il parere del filosofo, il pianto dei compagni dimostrava sì il loro affetto, ma anche la loro inadeguatezza nei confronti della vera amicizia.


Approfondendo il tema dell’amicizia nelle situazioni difficili, possono essere citati anche opere cinematografiche dei giorni nostri, come “Il bambino con il pigiama a righe” e la saga di “Harry Potter”.

Il primo è ambientato durante l’olocausto e racconta la storia di Bruno, figlio di un comandante tedesco, e di Shmuel, un bambino ebreo deportato con la sua famiglia. Bruno, spinto dalla curiosità propria dei bambini, troverà Shmuel al di là del recinto spinato, il cui ostacolo non impedisce ai due di stringere una forte amicizia. Alla fine del film, Bruno entra di nascosto nel campo per aiutare l’amico a trovare il padre, ma entrambi si trovano tristemente nella fila diretta alle camere a gas.


In Harry Potter, il protagonista ha perso i genitori, assassinati da un mago oscuro: qui il tema dell’amicizia è importante perché la solidarietà degli amici, che incontrerà nel mondo magico, gli regalerà una famiglia, donandogli quell’affetto dimenticato da tempo.


Ancora, l’amicizia può essere sia un danno che un’opportunità, come afferma Seneca:

il rapporto con l’altro infatti porta al miglioramento di se stessi, ma solo se ognuno rispetta l’altro come suo pari. Il rispetto è dunque alla base dell’uguaglianza, concetto sottolineato anche da Pitagora nella frase: “Amicizia è uguaglianza”. 


Un’altra opera che offre spunti di riflessione è “Laelius de amicitia” scritta dall’oratore romano Marco Tullio Cicerone .

Cicerone ritiene l’amicizia una grande armonia di tutte le cose umane e divine, legate da benevolenza e affetto: è un dono offerto dalla natura per accrescere la virtù, cercandola in un altro. 

Alla base dell’amicizia non ci sono solo comuni interessi; Cicerone afferma: “Se l’interesse cementasse le amicizie, questi cambiando le distruggerebbe.”

Quando qualcuno sminuisce la relazione con l’altro a un tornaconto personale, crederà di avere amici finché non sarà stato soddisfatto il bisogno, dimenticando che l’amicizia non è dare per ricevere. 


Soprattutto oggi tendiamo a sminuire il concetto di amicizia: nella banalità dell’uso quotidiano, abusiamo di un termine dal significato profondo per definire i rapporti che si instaurano sui social tra le persone.


Nella nostra quotidianità, per esempio a scuola, è molto importante coltivare amicizie e avere qualcuno con cui condividere paure e spensieratezza. La scuola spesso è vissuta come un ambiente ricco di sfide, ma l’amicizia può aiutarci a crescere, ricordandoci che possiamo affrontare le difficoltà da una prospettiva diversa. Qualche volta abbiamo paura se gli amici non ci cercano, ma ricordiamoci di non farci sempre e solo cercare dagli altri e al tempo stesso di non cercare sempre noi le persone.


In conclusione, da questo articolo vari sono gli spunti di riflessione sul valore dell’amicizia: in primo luogo la necessità di coltivare le amicizie, perché farlo ci permette di condividere emozioni con altre persone e di avere un confronto; in secondo luogo, bisogna fare attenzione a non usare impropriamente la parola amicizia svuotandola del suo significato, stando con persone di cui non condividiamo il comportamento solo per essere accettati da un gruppo oppure solo per ottenere un tornaconto personale. 

Infine, riprendendo il pensiero di Cicerone, bisogna ricordare sempre che l’incontro con l’altro è una grande opportunità di crescita per tutti noi.

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Lavoriamo in sicurezza!

di Carolina Chionna 31 marzo 2023

Presso la Stabilplastic Spa di Lonate Pozzolo, abbiamo intervistato Giorgio Papi, responsabile commerciale e socio dell’azienda, e Davide Bolini, responsabile del servizio di prevenzione e protezione sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, sul tema della sicurezza sul lavoro.


Quando e come è nata Stabilplastic e di che cosa si occupa?

G.: "Stabilplastic è un'azienda un po’ vecchiotta, nata nel 1958 per volere di mia nonna, quindi siamo già alla terza generazione. Ci occupiamo di tubazioni per l’edilizia, fognature, acquedotti, cavidotti, insomma di tutto ciò che riguarda le infrastrutture e il passaggio di fluidi.”


Come sono organizzati i turni di lavoro e di che cosa si occupano i dipendenti?

G.: “Bisogna, innanzitutto, precisare che Stabilplastic ha due unità produttive: una a Lonate Pozzolo e un’altra a Moncalvo d’Asti, ciascuna specializzata nella produzione di determinate tubazioni. Presso entrambe le strutture per gli addetti vigono tre turni: il primo va dalle 6 alle 14, il secondo dalle 14 alle 22 e, infine, il terzo, cioè quello della notte, dalle 22 alle 6. Per gli addetti al carico e allo scarico delle merci, invece, i turni sono esclusivamente giornalieri, dalle 8 alle 12 e dalle 13:30 alle 17:30.”


In base alla vostra esperienza, qual è l’approccio dei giovani al mondo del lavoro?

D.: “Durante i colloqui ci siamo accorti che i giovani hanno un approccio piuttosto utilitaristico del mondo del lavoro: le domande che rivolgono riguardano principalmente il monte ore lavorativo della settimana, il tempo che rimarrà loro a disposizione per i loro interessi e, aspetto a cui danno particolare rilevanza, lo stipendio che percepiranno a fine mese.”

G.: “Abbiamo notato che, ultimamente, i giovani che si interfacciano con noi mancano di un po’ di grinta; nel caso dei colloqui, ad esempio, arrivano piuttosto demotivati e non manifestano una particolare voglia di dimostrare il loro valore in ambito lavorativo.”


Quali sono le norme emanate dal governo a cui ogni azienda deve attenersi?

D.: “La normativa principale è il Testo Unico numero 81 del 2008 e, chiaramente, le successive integrazioni e modificazioni. Il Testo Unico citato, emanato dal governo, prende in considerazione la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro (la salute per il lavoratore e la sicurezza per il lavoratore, anche nei confronti dei colleghi). Nello specifico, ogni azienda deve attuare le misure di sicurezza per i propri lavoratori mediante la normativa base, cioè il Testo Unico, e le singole procedure (sempre in base a quanto si dice nel Testo Unico) da adottare all’interno dell’azienda: la formazione, l’informazione e l’addestramento rivolto ai lavoratori.”


Che cosa fa la vostra azienda, nello specifico, nell’ambito della formazione?

D.: “Secondo un programma vengono stabiliti i corsi di formazione, ad esempio l’abilitazione alla conduzione dei carrelli elevatori, la manipolazione di prodotti e sostanze chimiche, la mobilitazione manuale dei carichi. Quindi, secondo l’accordo Stato - Regioni, viene stabilito il programma di formazione specifico per il lavoratore per i reparti produttivi, in modo che sia a conoscenza dei propri obblighi in fatto di sicurezza lavorativa”. 


Quali sono i tipi di infortuni sul lavoro più comuni e in che momento della giornata si verificano principalmente?

D.: “La tipologia degli infortuni è prevalentemente di tipo traumatico, si possono verificare ad esempio quando, nella discesa da un muretto, l’operatore appoggia male il piede piegando la caviglia o, durante l’utilizzo di un attrezzo come la chiave inglese, che può provocare ferite alla mano. Statisticamente, gli infortuni avvengono dopo la pausa pranzo o nel turno di notte.”


Cosa succede in caso di infortunio?

D.: “Gli addetti al Primo Soccorso devono valutare il tipo di approccio con cui soccorrere l’infortunato. La prima cosa da fare dunque è capire che cosa sia successo e come intervenire: se poter, quindi, gestire l'infortunio all’interno come ad esempio nel caso di un taglierino che procura una ferita leggera alla mano, o se procedere diversamente come deve avvenire nel caso di un trauma dovuto allo schiacciamento della mano. Nei casi più gravi il sistema di Primo Soccorso deve gestire il lavoratore infortunato e attivare il sistema di Soccorso Sanitario tramite il 112 che, a sua volta, allerta le autorità competenti che effettuano il sopralluogo all’interno dell’azienda per la valutazione dell’infortunio avvenuto.” 


A questo punto i nostri intervistati si sono improvvisati intervistatori ponendoci la seguente domanda:

D.: “Vi abbiamo raccontato cosa succede nella nostra azienda per quanto riguarda il tema di salute e sicurezza sul lavoro. Nel nostro piccolo è fondamentale che il lavoratore sappia cosa deve fare e quale deve essere il suo approccio all’attività lavorativa perché la svolga in modo sicuro. Voi siete consapevoli della vostra sicurezza come studenti e semplici cittadini?”

1^ Podcaster: “In termini di sicurezza abbiamo seguito durante il secondo anno del percorso scolastico un corso teorico di 10 ore, al termine del quale abbiamo eseguito un test online per verificare le nostre conoscenze ricevendo, infine, un attestato di frequenza. Inoltre, a scuola, ogni anno, effettuiamo anche delle prove di evacuazione; ci sono addetti al Primo Soccorso e all’uso di defibrillatore (nell’ambito della sicurezza per gli altri).” 

2^ Podcaster: “Tuttavia, diciamo che soltanto muovendoci all’esterno, nella vita di tutti i giorni, ci siamo rese conto di quanto sia importante unire le conoscenze teoriche con la pratica; in particolare, venendo qui in azienda abbiamo compreso la necessità di promuovere attività che prevedano questa combinazione.”


A tal proposito, quale potrebbe essere nella nostra quotidianità un modo per mettere in pratica la teoria?

D.: “Parliamo di antincendio, vi faccio una domanda: voi avete mai provato a prendere un estintore da 6 kg in polvere e correre per 30 metri, raggiungere il luogo in cui avete visto una fiamma, e spegnerla?”

Podcasters: “No, mai”

D.: “Ecco, vedete, l’importanza dei corsi sulla sicurezza come l’antincendio o il Primo Soccorso diventa molto utile anche nella quotidianità: sapere cosa e come fare rende consapevoli di essere in grado di affrontare una situazione di emergenza, che sia a casa, a scuola o sul luogo di lavoro.”

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Aria di primavera

di Alice Vigorito 24 marzo 2023

La primavera si avvicina e con essa anche la 31esima edizione delle Giornate di Primavera del FAI. Il Fondo per l’Ambiente Italiano (FAI) è una fondazione senza scopo di lucro nata nel 1975, sul modello del National Trust, con il fine di tutelare e valorizzare il patrimonio storico, artistico e paesaggistico italiano. 

Le Giornate FAI di Primavera sono il più importante evento di piazza dedicato al patrimonio culturale e paesaggistico del nostro Paese. 

Si terranno il 25 e il 26 marzo e durante questa manifestazione potrete scoprire e riscoprire beni culturali e le bellezze italiane sparse per tutto il Paese. Saranno visitabili ville, chiese, palazzi storici, castelli, musei e aree archeologiche, e ancora esempi di archeologia industriale, collezioni d’arte, biblioteche, edifici civili e militari, luoghi di lavoro e laboratori artigiani.

 Non mancheranno poi itinerari nei borghi e visite in aree naturalistiche, parchi urbani, orti botanici e giardini storici. Saranno aperti oltre 750 luoghi in 400 città e vi consiglio di consultare l'elenco dei luoghi visitabili sul sito (fondoambiente.it) per trovare quello più vicino a voi, magari scoprite che ci sono dei patrimoni FAI proprio dietro casa vostra! E inoltre sul sito troverete anche tutte le altre attività che propone il FAI.

Sicuramente si tratta di una bellissima esperienza che non solo ci aiuta a passare un pomeriggio diverso dal solito, magari anche in compagnia di amici e parenti, ma è anche molto utile: utile per noi stessi e per il nostro bagaglio culturale, ma anche per l’associazione stessa e, soprattutto, per i beni dell’Italia. 

Le visite dei beni FAI aperti richiedono un contributo libero che può andare dai 3 ai 5 euro, anche in base a quanti luoghi vengono visitati: consideriamo il fatto che sono visite guidate condotte da volontari che ogni giorno lavorano per aiutare a preservare le bellezze del nostro Paese. 

Non bisogna scordarsi che l’aiuto è sempre ben accetto, quindi si può anche considerare l’idea di diventare un volontario o un membro FAI, anche in questo caso ci sono tutte le informazioni sul sito (fondoambiente.it). E soprattutto non dimentichiamoci cosa dice l’articolo nove della Costituzione Italiana "La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione".

Se pensate di essere troppo piccoli per diventare un volontario vi sbagliate: ci sono ragazze e ragazze di terza, quarta e quinta Liceo Classico e Linguistico che parteciperanno a questo grande evento proprio come volontari, o meglio Ciceroni. Sofia, Matilde, Aurora, Caterina, Chiara, George, Cassandra, Amira, Aurora, Anna, Rossana, le due Margherite, Benedetta, Elena, Gaia e Rachele sabato e domenica faranno da guida alla Villa Brambilla, la bella dimora ottocentesca oggi sede del Comune della città di Castellanza,  e la Cappella Funeraria Cerini, sempre a Castellanza, un monumento che di solito non è aperto al pubblico. 

Approfittate dell’occasione non solo per visitare luoghi che in qualsiasi altro giorno non è consentito fare, ma anche per sostenere la Fondazione e, non meno importante, i nostri studenti e le nostre studentesse. 

Concludiamo dicendo che la bellezza italiana è data anche da tutto il patrimonio che possediamo, impariamo ad apprezzarlo, ma soprattutto a preservarlo!

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Malattie sessualmente trasmissibili: ne sai abbastanza?

Intervista al dott. Fabio Franzetti

di Alice Vigorito 17 marzo 2023

Chi non ha mai sentito parlare, almeno una volta e anche solo vagamente, delle malattie sessualmente trasmissibili? Sicuramente la maggior parte di voi le ha sentite nominare, ma vi siete chiesti come mai sia così importante non considerarle un tabù? È importante avere le conoscenze e le informazioni necessarie, ma soprattutto corrette, per cercare di prevenire tali malattie. Abbiamo deciso di intervistare, trovate la puntata con l’intervista sul Podcast “La Voce del Crespi”, il Primario di Malattie Infettive dell’Ospedale di Busto Arsizio, il Dottor Fabio Franzetti. 


Partiamo con la prima domanda, cosa sono le malattie sessualmente trasmissibili?

“Come si può ben capire dalla definizione dell’argomento, sono tutte quelle malattie e infezioni che vengono trasmesse durante i rapporti sessuali. Vuol dire che lo sperma o le secrezioni vaginali si pongono da potenziali trasmettitori di un virus, di un batterio o di un parassita che poi può indurre un’infezione, quindi la malattia o dei disturbi che hanno la possibilità di mostrarsi in tempi brevi o anche in lungo periodo.”


Quali sono le malattie sessualmente trasmissibili più comuni o che comunque si vedono più spesso?

“Dire quali siano quelle più comuni e dire quali siano quelle che si vedono più spesso sono due facce diverse dello stesso problema. Ovvero, non è facile avere una misura reale di quanti casi di queste infezioni si registrino nel nostro territorio o nel nostro Paese. Innanzitutto consideriamo il fatto che non esiste solo una malattia sessualmente trasmissibile, ma moltissime. Inoltre, sicuramente questa mancanza di dati certi è dettata dalla privacy e dalla sensibilità personale, ma anche e soprattutto dal fatto che alcune infezioni si possono esaurire rapidamente e non avere ricadute, altre possono trascinarsi nel tempo. Ma non solo, alcune presentano manifestazioni chiare, come per esempio l’infezione erpetica a livello genitale, un arrossamento con delle vescicole e del liquido, e quindi sono molti facili da individuare; al contrario ci sono altre malattie sessualmente trasmissibili che hanno bisogno di accertamenti, vuol dire che si ha la sensazione di un fastidio, ma è difficle ricondurre questo fastidio ad una possibilite infenzione e quindi sono necessari degli accertamenti, come il tampone o la visita ginecologica; altre patologie, addirittura, non danno segno di sé nel momento in cui l'infezione si verifica, ma si rivelano a scoppio ritardato con manifestazioni fisiche anche non a livello genitale, come per esempio l’infezione da HIV.”


Quali sono i sintomi che si presentano più frequentemente?

I sintomi più comuni, oltre a quelli che ho accennato prima, sono la comparsa di lesioni che possono avvenire nella componente mucosa, quindi più profonda, e che provocano di solito un’infiammazione, oppure nella zona della cute. Un esempio è il papilloma virus che provoca i “condilomi”: piccole escrescenze che possono manifestarsi a livello anale o nelle zone genitale maschili e femminile. Il papilloma virus è un virus che desta preoccupazione perché alcune sue varianti predispongono lo sviluppo di un tumore dell’utero della donna. Le varianti di questo virus, a volte, non sono le medesime che poi daranno il tumore, ma si tratta della stessa famiglia. In altri casi il disturbo che uno avverte e può in maniera semplice verificare, è la comparsa di secrezioni: per quanto riguarda la donna sono secrezioni che hanno un colore o un odore diverso da quello solito, per quanto riguarda l’uomo, invece, le secrezioni si trovano a livello dell’uretra. Esempio più classico è la gonorrea, molto facile da diagnosticare e altrettanto facile da trasmettere.”


Quali sono i campanelli d’allarme che dovrebbero portarci a fare una visita o un esame?

Potremmo distinguere due macro ambiti diversi: uno è quello che abbiamo accennato fino ad adesso, cioè quando compare qualcosa di strano o un malessere che ci porta a pensare ad una malattia sessualmente trasmissibile e che ci induce a rivolgerci a un medico e a fare degli accertamenti; ma c’è anche una situazione, come accennato prima, in cui non ci sono manifestazioni e rimane un dubbio su un comportamento che può aver facilitato la trasmissione, come un rapporto non protetto o un rapporto protetto in cui, però, si è rotto il preservativo e quindi la protezione viene a mancare, oppure la promiscuità di partner. Le persone, inoltre, vengono coinvolte in maniera diversa durante i rapporti: in un rapporto maschio-femmina, solitamente la femmina rischia di più a livello vaginale; come in un rapporto anale, rischia di più la persona passiva, piuttosto che quella attiva. La possibilità di rischio, quindi, cambia da circostanza a circostanza. Ognuno di noi deve chiedersi “quello che ho fatto ha rappresentato un rischio?”. Spesso non si ha la risposta quindi conviene recarsi in un centro o in un ambulatorio che ci aiuta a trovarla.”


Qual è la gravità che possono assumere queste malattie?

Il comportamento dei microorganismi è molto diverso tra di loro. Per esempio le infezioni da clamidia si esauriscono molto velocemente con il trattamento, non si hanno ricadute o problemi nel lungo periodo se il trattamento viene eseguito nel modo corretto; al contrario ci sono altri microorganismi che hanno comportamenti più complessi: alcuni, come l’epatite B e C, provocano delle epatiti virali acute, che possono diventare croniche, ma entrambe nella fase di infezione possono anche non dare nessun segnale. Ancora più conosciuto è il virus HIV: dà pochissimi sintomi, inizialmente potrebbe sembrare un influenza, ma il virus a distanza di tempo provoca molti danni. Altro esempio è la sifilide, si tratta di un batterio quindi viene curato con antibiotici, che, invece, non funzionano con i virus e per questo sono più complessi da curare: questa da segno di sé, ma se trascurata il virus rimane all’interno dell’organismo e si risveglia, a volte, nel tempo dando manifestazioni sulla pelle, come il morbillo, oppure causando meningiti, encefaliti o danni a livello del cuore.


Per concludere, ci può parlare degli aiuti che offre l’ospedale e lo Stato in generale? 

Essendo un problema che il nostro sistema sanitario affronta da sempre, quest'ultimo è in grado di offrirci tutte le possibilità e opportunità, partendo dal fatto che lo Stato assolve tutti gli impegni di spesa, cioè il cittadino non paga niente. Dal punto di vista diagnostico, vi sono degli ambulatori specializzati nelle malattie a trasmissione sessuale nei quali, anche in questo caso, è garantita la copertura della spesa della prescrizione diagnostica, per cui non si pagano neanche le visite o gli esami. Quindi una cosa che non deve fermare il cittadino è la preoccupazione economica in quanto è tutto garantito dallo Stato. In termini di prevenzione, per alcune di queste patologie, come il papilloma virus o epatite B, esistono dei vaccini che sono destinati a delle categorie specifiche destinati a categorie specifiche a costo zero (ma a pagamento per altre). Chiaramente bisogna rivolgersi ad un centro specializzato che può anche non trovarsi in tutte le città, soprattutto in quelle più piccole, ma cercando si trova quello più vicino a noi”


Ringraziamo per la disponibilità e per il tempo il Dottor Fabio Franzetti.

Ci teniamo a specificare che l’ambulatorio malattie sessualmente trasmissibili di Busto Arsizio offre visite ed esami gratuiti e in modo anonimo, sul sito ASST Valle Olona trovate tutti gli esami che potete fare e altre informazioni circa la prenotazione e le visite.

(https://www.asst-valleolona.it/servizi-al-cittadino-3/ambulatorio-malattie-sessualmente-trasmissibili-presidio-di-busto-arsizio/) In sintesi, è possibile prenotare dal numero telefonico 0331 699829 attivo il lunedì pomeriggio dalle 14.00 alle 15.00 e, inoltre, sottolineiamo che non è necessaria nessuna prescrizione medica del medico di base. Esiste anche una mail attraverso la quale si può prenotare prenotazione.mts@asst-valleolona.it

Le visite vengono effettuate tutti i giovedì pomeriggio dalle 14.00 alle 15.40: durante la prima visita il medico esegue la visita e prescrive le sierologie, mentre l’infermiere esegue il prelievo e programma la visita di controllo per il giovedì successivo durante la quale il medico restituisce l’esito degli esami e l’infermiere programma eventuali trattamenti. 


Incute paura e timore leggere le gravi conseguenze di queste malattie, perciò è giusto specificare che tutto ciò non viene detto per mettere, appunto, paura e quindi allontare le persone dal mondo del sesso, ma, anzi, viene detto perché conoscendo le conseguenze si è più consapevoli di ciò che si sta facendo e quindi si è più spinti a proteggersi, o almeno questo è l’obiettivo. L’informazione è la chiave necessaria per prevenire malattie come queste!

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Le 5 W dell'educazione sessuale

di Angelica Faustini 10 marzo 2023

Gli adolescenti devono affrontare molti cambiamenti e con il passare del tempo iniziano a farsi delle domande e come per qualsiasi cosa cercano le risposte nel dialogo con genitori e amici, ma non sempre queste risposte bastano e soprattutto sono corrette; per questo bisogna anche chiedere aiuto a chi può veramente chiarire i loro dubbi. Potrà essere utile a molti l’intervista alla dottoressa ginecologa Ambra Garretto, che lavora a Milano e sui social, dove, durante la pandemia, ha iniziato a produrre video per dare una spiegazione alle tante domande che i giovani le ponevano.


Per quale motivo è importante parlare di educazione sessuale e che cosa insegna?

“Allora mi fa un po' impressione questa domanda fatta da voi che siete quasi diciottenni, perché penso che siamo in una società che dovrebbe insegnare l'educazione sessuale non a chi la sta già sperimentando. Credo infatti che tanti di voi abbiano già avuto degli approcci sessuali magari con qualche difficoltà, per cui sarebbe stato preferibile affrontare questo argomento anche prima. Comunque, visto che non è mai troppo tardi, arriviamo fino a qui, a voi ragazzi delle superiori, parlando proprio dell'importanza dell'educazione sessuale come educazione che non deve essere solo al rapporto sessuale, che comunque è una cosa sana, normale nella nostra vita se fatto in modo giusto, con la testa sulle spalle, perché alcune cose che facciamo durante l'adolescenza, nella convinzione che tutto si possa sistemare, ci portano più avanti a conseguenze anche serie. Quindi, educazione sessuale intesa come sesso sano, ma non solo; l'educazione sessuale ci porterà a preservare la nostra fertilità, proteggerà il nostro corpo da patologie a volte silenti, ma che poi possono diventare importanti, come il papilloma virus, e quindi educare i ragazzi sulle vaccinazioni, ai metodi contraccettivi e di prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse e in più la prevenzione del tabagismo; lo dico perché so che spesso nelle scuole superiori alcuni ragazzi iniziano a fumare e questo ce lo si porta dietro per tutta la vita. Non fumare può prevenire quello che si vede sui pacchetti delle sigarette, ovvero il tumore al polmone,  ma anche aiutare tutta la vostra sfera sessuale, la vostra fertilità e la vostra regolarità del ciclo. Quindi si può prevenire a moltissimi livelli ed educare verso una sessualità consapevole.”


Parliamo di prevenzione: sappiamo da ciò che abbiamo visto sulla sua pagina che esistono due tipi di prevenzione, può dirci di più?

“Tengo molto all'aspetto della prevenzione, proprio per il fatto di non arrivare alla patologia. Ci sono tanti tipi di prevenzione, a voi giovani vorrei far passare il concetto della doppia prevenzione: una dal punto di vista delle gravidanze indesiderate e l'altra dal punto di vista delle malattie sessualmente trasmesse, anche perché c'è un metodo che va a unire questi due tipi di prevenzione che è un metodo barriera, ovvero il preservativo, tutti gli altri metodi vanno o solo in una direzione o solo nell'altra. Nel momento in cui io sto molto attento a prevenire una gravidanza indesiderata, prendo la pillola, ho la spirale, ho il bastoncino o comunque uso dei metodi anticoncezionali anche con grande attenzione, ma non uso il preservativo, sono molto bravo in un tipo di prevenzione, ma non sto attento alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmesse, che si trasmettono tramite il rapporto sessuale. Utilizzo invece il preservativo quando voglio fare davvero prevenzione su questo tipo di malattie, come la clamidia, i micoplasmi e l'ureaplasma, che sono decisamente più diffuse di quello che voi possiate immaginare e molto spesso non si sa se la persona con cui abbiamo un rapporto abbia effettivamente queste malattie. Dunque l'unico metodo di prevenzione per queste patologie è l'uso del preservativo, quindi una prevenzione barriera con un uso corretto dall'inizio alla fine del rapporto. Come dico sempre, questo servirà a proteggere voi stessi e a spezzare delle catene, perché se una persona ha un patogeno, ma io userò sempre il preservativo, non potrò mai prenderlo e diffonderlo ad altri. Esistono anche dei tamponi cervicali, sono dei tamponi che vengono fatti sul collo dell'utero per vedere se si hanno delle malattie che nel caso potrebbero essere curate subito."


Sappiamo anche che ha scritto il libro "Chiamala con il suo nome" e, dato che uno degli argomenti trattati sono i primi controlli, volevamo chiederle a quale età lei consiglia di fare una prima visita.

"Esatto ragazze, nel mio libro c'è un capitolo che parla proprio della prima visita ginecologica, di quello che potrebbe succedere durante la vostra prima visita e, tra le varie cose, anche le indicazioni su quando fare i primi controlli. Le linee guida internazionali ci dicono di fare questi controlli tra i 13 e i 15 anni. Ma per chi non l'avesse fatta, vale sempre la regola del prima la faccio meglio è. Andare dal ginecologo, anche se non si hanno mai avuto esperienze sessuali, ha una valenza fondamentale, perché permette di andare a individuare una persona di riferimento a cui chiedere e affidarsi nel momento del bisogno, perché spesso si è portati ad andare da un ginecologo solo quando si ha un problema, invece dovrebbe essere un'abitudine, come andare a fare la mappatura dei nei o andare a fare un altro controllo quotidiano. Durante una visita il ginecologo visiterà i genitali, ma per noi ginecologi è come vedere qualsiasi altra parte del corpo, è semplicemente una parte che noi andiamo a studiare, non dovrete vergognarvi e ci sarà sempre spazio per le vostre domande. Una cosa che per me è molto importante di una visita è anche l'ecografia: le pazienti hanno la possibilità di seguirla da uno schermo ed è molto bello perché spesso, guardando dentro al proprio corpo, si capisce ancora di più cosa avviene al suo interno. Fino 18 anni è obbligatoria la presenza di un genitore che spesso viene fatto accomodare fuori in modo tale che sia presente, ma vi permetta di sentirvi più a vostro agio. È sempre bene confrontarsi con le proprie madri e amiche quando succede qualcosa o si hanno dei dubbi, ma è anche importante affidarsi anche a chi ne sa di più e quelle cose le ha studiate."


Sappiamo che lei fa visite private, ma esiste solo una sanità privata o è presente anche una pubblica? E soprattutto come funziona?

"Sì, io ho un ambulatorio privato, ma ho lavorato per molti anni all'ospedale e alla vostra età può sicuramente valer la pena avvalersi della sanità pubblica, che funziona anche molto bene. Ci sono dei consultori; cercate online: ne esistono molti, soprattutto nelle grandi città. I consultori hanno il vantaggio di essere gratuiti, anche se ci sono diversi medici e non sempre troverete la stessa persona e quindi non ci sarà la possibilità di instaurare un vero e proprio rapporto di fiducia, ma sono molto utili nel momento in cui non si possiedono molti soldi o si ha un'emergenza. Vale sempre la pena provare. Se poi non ci si trova bene c'è sempre il piano B, anche perché la sanità privata affianca molto quella pubblica."


Per concludere volevamo chiederle, anche in base alla sua esperienza, cosa può causare la scarsa informazione sugli argomenti che abbiamo trattato oggi.

"È una domanda molto interessante, soprattutto perché mi porta a descrivere la mia esperienza: mi è capitato tante volte di vedere delle ragazze che si sono trovate immerse in tanti tabù, potendo chiedere solamente agli amici che ne sapevano quanto loro e di vedere nel mio ambulatorio ragazze con gravidanze indesiderate, malattie sessualmente trasmesse o anche trentenni che non sapevano di aver avuto dei problemi da giovani e li hanno scoperti nel momento in cui hanno cercato una gravidanza e non sono riuscite ad averla, perché ad esempio avevano le tube chiuse come esito di malattie sessualmente trasmesse, che sono state silenti negli anni e hanno comunque lavorato anche se silenziosamente. Quindi tutto quello che vi ho raccontato, secondo me, può aiutarvi a prevenire, a farvi stare bene nel vostro immediato, a vivere una vita serena dal punto di vista mestruale e una vita sessuale bella, sicura, piacevole e non dolorosa e a ritrovarvi tra anni, quando vorrete una gravidanza o farete degli altri passi nella vostra vita, sani e consapevoli del percorso che avete fatto."

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Mare Fuori nella realtà

di Beatrice Ferretti  3 marzo 2023

Tutti abbiamo sentito parlare almeno una volta da amici o compagni di scuola della serie tv “Mare Fuori”, il teen-drama della Rai che ha raggiunto oltre 8 milioni di visualizzazioni conquistando l’interesse di ragazzi e adulti. 

Perfino al festival di Sanremo se ne è parlato alla fine della quarta serata, occasione durante la quale il cast ha cantato la conosciutissima sigla.

La serie napoletana ideata da Cristiana Farina, è incentrata sulle vicende di un immaginario IPM di Napoli e racconta le complesse vicende dei detenuti, approfondendo i motivi che li hanno condotti in prigione e mostrandoci come sia  spesso difficile differenziarsi e avere delle idee proprie rispetto al contesto in cui si è nati e, soprattutto, come si può sempre cercare di migliorare e riparare ai propri errori se lo si vuole.

Molti dei protagonisti sono coinvolti in attività illegali e associazioni a delinquere che, purtroppo,  privano troppo spesso dell’ identità senza lasciare il diritto di scegliere chi essere. 

L’esempio perfetto a tal proposito è, senza dubbio, il personaggio di Carmine Di Salvo, figlio di una delle più importanti gang criminali. Il ragazzo però non ha mai appoggiato gli ideali e i modi di fare della madre o del fratello, tant'è che ha sempre cercato di allontanarsi il più possibile da quella vita soprattutto per sua figlia Futura.

Pure l’amatissimo personaggio di Rosa Ricci è sicuramente un esempio interessante, anche se ben diverso da Carmine. Rosa è da sempre cresciuta fedele alla sua famiglia e al loro cordice criminale, ma una volta entrata all’IPM, si nota come la sua sicurezza al riguardo inizi a cedere.  Quindi, si può dedurre che il suo personaggio è diviso a metá tra l’amore per la sua famiglia e il desiderio di renderli orgogliosi, facendo quello per cui è sempre stata preparata, ed il desiderio di poter seguire il suo cuore. 

Inoltre è bello come la serie faccia riflettere  sulla possibiltá di pentirsi per gli errori commessi: gli istituti penali per minorenni non servono ad umiliare ed etichettare i ragazzi che si trovano al loro interno come cattivi o irrecuperabili, ma a fornirgli delle possibilitá di futuro migliori! 

A tal proposito possiamo prendere come esempio il personaggio di Gaetano, conosciuto come “Pirucchio”, un ragazzo all’inizio pieno di rabbia e violento che infatti finisce nell’IPM per aver ferito gravemente un uomo alla gamba con una pistola. Egli, nel corso della serie, cresce e decide di lasciarsi tutto alle spalle per i suoi genitori che si rende conto essere la sua vera famiglia a differenza di Ciro o Edoardo, capi delle gang.

Parlando invece del cast, è interessante conoscere alcune curiositá riferite dagli attori: ad esempio, l’attrice Serena de Ferrari, che ha dato vita all’odiato ma complicato personaggio di Viola, ha rivelato in un’intervista per ScuolaZoo che i registi per farle studiare meglio il suo personaggio le hanno raccontato di una ragazza a cui si erano ispirati, carcerata a Nisida, con evidenti problemi mentali che si divertiva a spaventare la gente leccandosi i capelli o ingrandendo e rimpicciolendo le pupille quando le persone passavano, responsabile dell’omicidio di sette persone. 

Anche la storia dell’attore del personaggio di Pino, Artem Tkachuk, è piuttosto interessante e sicuramente d’ispirazione per molti ragazzi che si trovano nella sua stessa situazione: il giovane, infatti, essendosi trasferito dall’Ucraina a Napoli da piccolo, all’inizio aveva incontrato diverse difficoltà, alcuni bambini addirittura a stento lo salutavano, motivo per cui si sentiva continuamente come se dovesse dimostrare qualcosa in più rispetto agli altri. Artem però non si è mai demoralizzato trovando soprattutto conforto nella fede cattolica a cui è molto devoto. 

Per quanto riguarda invece alla sigla “ O’ MAR FOR”, non tutti sanno che a cantare la canzone prodotta dal noto compositore italiano Stefano Lentini, è proprio Matteo Paolillo, attore di Edoardo Conte! 

In conclusione, è importante ricordare che Mare Fuori è nata con l’obiettivo di far aprire gli occhi sulla realtà che molti ragazzi della nostra generazione vivono e per sensibilizzare su argomenti ostici di cui non si parla abbastanza.

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Festival di Sanremo

di Pietro Silvestrini  25 febbraio 2023

Immagine di LVDC

Anche quest’anno, come dal 1951, si è svolto a Sanremo il Festival della canzone italiana.

Le cinque serate, che ci hanno accompagnati dal 7 all’11 febbraio, hanno permesso ai 28 artisti in gara di esibirsi sul palco del Teatro Ariston.

Il Festival ha però generato alcune polemiche: la prima serata ha riportato all’Ariston Blanco, vincitore dell’edizione 2022, che si è esibito nel suo nuovo singolo “ l’Isola delle Rose”. Per problemi tecnici, l’artista non riusciva a sentirsi in cuffia durante la performance e, a causa di ciò, in un impeto di rabbia, ha distrutto la scenografia di rose rosse.

La finale, che ha visto vincitore Marco Mengoni con il brano “ Due Vite”, ha reso protagonista dei social Manuel Franco Rocati, in arte Rosa Chemical, per un bacio con il collega e amico Fedez: l’atto è stato etichettato da molti come “osceno” e, vista la presenza di bambini che a quell’ora guardavano il programma, una violazione delle norme sulla tutela dei minori, che ha portato il Consiglio per l’Agcom (l’Autorità per le Comunicazioni) a valutare provvedimenti. 

Sul web l’altra questione più dibattuta riguarda uno dei vestiti della co-conduttrice Chiara Ferragni che ha indossato un abito Dior con seno e ombelico in vista: l’influencer ha subito spiegato che l’abito era stato realizzato grazie ad un disegno del suo corpo.

Inoltre, in quanto moglie di Fedez, è soggetta alla voce che parla di una possibile separazione tra i due dopo l’episodio del bacio. 

Il nostro giornale ha scelto di intervistare l’autore e avvocato Davide Steccanella per la sua presenza a Rai 3 dove ha parlato del Festival, al fine di comprendere come il festival sia cambiato in questi anni e discutere riguardo alle polemiche da cui è stato travolto quest’anno. 

La sua passione per Sanremo risale alla prima edizione e, secondo lui, il programma è cambiato negli anni: in origine era il Festival della canzone, mentre ora è diventato il Festival dei cantanti che presenta ogni volta nuovi artisti; ciò che è identico è il fatto che raccoglie gli italiani davanti alla tv, che per cinque giorni parlano solo di quello. 

Un tema molto importante trattato nel confronto con Steccanella è stato il cambiamento dei rapporti tra gli adolescenti che si sono trasferiti sul digitale, fatta eccezione per la musica che ha il potere di attirare migliaia di persone ad un concerto. 

Alla domanda su Blanco, ha risposto di non aver compreso la reazione del cantante e si è anche espresso sul bacio tra Fedez e Rosa Chemical: ha apprezzato il momento e ritiene che finché un gesto simile genererà scalpore è giusto continuare a farlo a livello dimostrativo. 

L’ultima domanda che gli abbiamo rivolto è stata: “Perché dovremmo guardare Sanremo?”

La sua risposta è il messaggio di fondo di questo articolo: è importante la distrazione dalle brutture della vita e ascoltare musica non fa mai male a nessuno.

Ringraziamo Davide Steccanella per la sua disponibilità e opinione sul Festival…

Voi cosa ne pensate di Sanremo? 

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Amore, dolce e amara invincibile belva

di Isacco Speroni 17 febbraio 2023

Martedì è stato il giorno di San Valentino, e tutti, penso, avremo dato uno sguardo a cosa c'è nel profondo del nostro cuore: che dorma, che stia bruciando o che semplicemente si faccia sentire con discrezione tutti proviamo qualcosa e non necessariamente il sentimento che si prova per il fidanzato o la fidanzata. Come dicono anche le nostre podcasters nell'episodio di questa settimana, infatti, amore è anche quello dei genitori per i figli, quello che sostiene un'amicizia, quello che lega due fratelli.

Non a caso l'amore è una dimensione dell’essere umano che è sempre stata motivo di ispirazione; per noi forse può esser utile sapere cosa ne pensavano i Greci. Ho quindi deciso di prendere in esame la concezione dell'amore di alcuni autori, soprattutto poeti, ma anche prosatori, tra i più emblematici in questo senso, le cui riflessioni sono state particolarmente profonde o originali su questo argomento.

Non posso non partire da Saffo, la prima poetessa di cui abbiamo notizia. La sua riflessione parte dal contesto in cui vive e lavora:  una sorta di collegio femminile, dove le giovani sono preparate alla vita matrimoniale. È in fondo naturale quindi che Saffo si affezioni alle sue allieve, nei confronti delle quali prova un sentimento profondo. La poetessa ci lascia quindi alcuni passi assolutamente iconici non solo per la dolcezza che trasmettono, ma anche, in alcuni casi, per lo struggimento in occasione dell'addio al tiaso da parte di una delle ragazze, ormai pronta a sposarsi:


Vorrei davvero essere morta.

Lei mi lasciava piangendo,

e molte cose mi disse e poi questo:

“Ah, come terribilmente soffriamo,

Saffo, io contro mia voglia ti lascio!”

E io le risposi:

“Addio, e serba memoria di me,

tu sai quanto ti amavo.”

[…]

(fr. 94 Voigt, trad. Guidorizzi)


Sono versi che, secondo me, non hanno bisogno di un vero commento, ma bastano da sé a far percepire ciò che Saffo veramente pensava e provava scrivendo. 

La poetessa, in questo paio di frammenti, ci lascia anche alcune descrizioni senza tempo dell'amore:


Eros mi sconvolge l'animo,

come il vento sui monti che si abbatte sulle querce

(fr. 47 Voigt, trad. Guidorizzi)


Eros che scioglie le membra mi scuote,

dolceamara invincibile belva

(fr. 130 Voigt, trad. Guidorizzi)


Ecco che qui Saffo ci testimonia l'aspetto anche doloroso dell'amore: un amore violento che scuote, che è una belva invincibile, a cui non si sfugge.

Il secondo autore di cui desidero trattare parla dell'amore in modo totalmente opposto a Saffo: il suo nome è Archiloco, il poeta-soldato. La sua poesia è rivoluzionaria: senza timore, i suoi versi vanno contro i valori tradizionali del valore e della vergogna, oppure si scagliano con dissacrante veemenza contro i suoi avversari personali, il preferito dei quali è tale Licambe, il padre della promessa sposa di Archiloco, promessa che però non mantiene, ed è per questo che diventa il primo bersaglio dei giambi di Archiloco. Qui però ci dobbiamo scontrare con la concezione forse problematica che Archiloco ha dell’amore, una concezione molto fisica, forse troppo. Infatti oltre ai giambi archiloco, per ripicca, non esita a sedurre la sorella di Neobule, o almeno così lui scrive. Di certo le sue reazioni al mancato mantenimento della promessa mostrano come il poeta mirasse soltanto all’ottenimento di un amore meramente fisico, senza nessuna affezione o unione intellettuale. Diciamo quindi che tra i vari esempi che propongo Archiloco è quello più lontano dalla concezione moderna di amore romantico.

Il terzo autore che propongo è Platone, riguardo al quale siamo abituati a parlare di “amore platonico”, ossia di un tipo di amore puramente mentale e spirituale. Tuttavia scopriamo che in realtà siamo piuttosto lontani dall'effettiva concezione che il filosofo aveva dell'amore.

Per Platone, infatti, l'amore può anche essere un amore carnale, purché sia sempre presente la componente spirituale, che il filosofo giudica imprescindibile, a meno che non si voglia scadere in un amore di grado assolutamente inferiore, cioè un amore che conduce alla dannazione dell'anima. Una visione quindi del tutto coerente con il resto della filosofia platonica, che vuole da parte dell’uomo una tensione verso una realtà superiore, ma non rigetta in toto gli aspetti fisici.

L'ultimo autore, che bisogna sempre prendere in considerazione quando si parla di letteratura greca, è chiaramente Omero, che, secondo il mio parere,  rappresenta il punto di incontro tra tutte queste visioni dello stesso soggetto: ci sono l'amore pieno di emozione e dolcezza di Saffo, quello soltanto carnale di Archiloco, e, perché no, anche quello su base intellettuale di Platone.

Un amore pieno di dolcezza è quello che Achille prova nei confronti di Briseide, la concubina, o Patroclo, l’amico fraterno. Scopriamo in questo modo un Achille molto diverso da quello che normalmente ci viene presentato: non è solo l'eroe invincibile, ma anche una persona con delle emozioni, che sarebbero forse rimaste insospettate se non fosse avvenuta la lite con Agamennone e, quindi, la morte di Patroclo. Anche Patroclo prova un'amicizia piena di dolcezza nei confronti di Briseide: quando quest’ultimo muore, anche lei corre a piangere sul suo cadavere.

Un amore meramente fisico è quello che invece prova Paride per Elena: certo, non è paragonabile a quanto viene descritto nell'Epodo di Colonia, ma in Paride comunque non c'è nessuna traccia di affezione o di legame intellettuale, risultando così un sentimento povero e marginale, che è ancora più vergognoso se pensiamo a quanti mali sono stati causati da esso.

Un amore con una base intellettuale è quello che scorre tra Odisseo e Penelope. Lei è l’esempio migliore di fedeltà incondizionata: è legata ad Odisseo non solo da un sincero affetto, ma anche da una profonda intesa.

Tuttavia l'amore che ritengo assolutamente esemplare tra quelli presenti nei poemi omerici è quello tra Ettore e Andromaca, sul quale ci si sofferma sempre troppo poco. Le podcasters nell'episodio di questa settimana hanno parlato, tra le altre cose, anche del fatto che in una relazione non ci si può sempre impegnare entrambi alla stessa maniera: a volte si può dare di più, altre volte di meno. È questo che succede tra Ettore e Andromaca. Andromaca è rimasta senza madre, padre, fratelli: ha soltanto lo sposo Ettore e il figlio Astianatte. Spesso tra i due è il marito che deve dare molto più di quanto possa dare la moglie, ma non significa che questo possa mettere in crisi il loro matrimonio. Ettore sa che Andromaca sta dando alla famiglia tutto quello che può e non importa che sia poco rispetto a quanto dà lui (e poco comunque non è). Anche quando Ettore è costretto ad andare in battaglia per l'ultima volta, sta dando comunque il massimo che in quel momento può dare alla famiglia, nonostante la sua presenza sia irrimediabilmente richiesta anche altrove. E Andromaca accetta il suo destino e piange solo perché sa che, dopo il loro ultimo confronto sulle mura vicino alle porte Scee, non rivedrà più il marito, il quale, a sua volta, sa che non riabbraccerà mai più sua moglie né il piccolo Astianatte.

La loro relazione quindi è completa, non manca di nulla, ha anzi qualcosa di cui forse alcune altre sono tristemente prive: la capacità di capire appieno i bisogni dell’altra metà.

Ed ecco la grande lezione dell'epica: fornire un modello eterno. Quella infatti è la relazione a cui, sono certo, ciascuno di noi dovrebbe tendere nella sua vita, quella che veramente consente di trovare quanto di più vicino alla felicità e che sopravvive anche alla morte.

Ascolta l'episodio del podcast qui 

Passione, motore della nostra vita

di Lisa Ghellero 12 febbraio 2023

Sin da bambini abbiamo sentito parlare di passioni. Sono molti i personaggi famosi divenuti tali grazie alle proprie passioni: dai cantanti agli sportivi, dagli artisti ai giornalisti. Ma che cos’è una passione? La passione inizialmente può nascondersi dietro a un interesse o alla semplice curiosità per un'attività o un argomento, successivamente può diventare un hobby, cioè un semplice passatempo, per poi manifestarsi per quello che è veramente: un’intensa e travolgente dedizione.  

Avere una passione può rappresentare anche una valvola di sfogo, un modo per staccare la mente dalle fatiche e dalle tensioni accumulate durante la giornata. Di sicuro avere una passione rende le nostre giornate meno noiose ed è un modo per viverle a pieno, senza lasciarsi appiattire dalla routine.

Le passioni sono anche un mezzo con cui entrare in contatto con persone che hanno i nostri stessi interessi. Questo ci garantisce non solo di socializzare, ma anche di confrontarci riguardo agli argomenti che più ci interessano e ci piacciono. 

Le passioni permettono di coltivare la propria curiosità, di stabilire degli obiettivi e, quindi, di focalizzarsi sul loro raggiungimento. Bisogna però credere fortemente nelle proprie capacità, affinché la mente sia maggiormente concentrata sul conseguimento di un risultato. 

La passione è qualcosa che parte dal cuore, che coinvolge sia corpo che anima. Chi ha una vera passione è disposto a fare sacrifici e a scontrarsi con coloro che cercano di ostacolarlo, cerca di superare i propri limiti e affronta con caparbietà le difficoltà pur di poter fare ciò che gli piace. Superare i propri limiti significa essere consapevoli di ciò che si può e non si può fare e impegnarsi fino in fondo per ottenere il risultato che ci si è prefissati di raggiungere. Per esempio, gli sportivi utilizzano sia corpo che mente per superare una prova, o vincere una gara. Infatti la mente è un elemento fondamentale che aiuta a compensare i cali fisici.

Raggiungere dei traguardi aiuta a farci sentire realizzati, a crescere. Possiamo parlare quindi non solo di un progresso nell'ambito in cui siamo messi alla prova, ma anche di uno sviluppo della nostra persona e di una conoscenza più approfondita verso noi stessi. Migliorando e ottenendo ciò che vogliamo, diventiamo sempre più sicuri di noi stessi e consapevoli del nostro potenziale. Per giunta, ci sentiamo sempre più spronati a dare del nostro meglio in ciò che facciamo.  

Uno dei film che ci trasmette l’importanza di avere una passione e di conseguire i propri obiettivi è “Billy Elliot”. Uscito nel 2000, la trama è incentrata sulla storia di un ragazzino di undici anni il cui nome è proprio Billy Elliot. Il protagonista ha sempre avuto una passione per la danza, ma suo padre, amante del pugilato, lo costringe a praticare il suo stesso sport. Billy, per puro caso, inizia a frequentare delle lezioni di danza nella palestra di fianco a quella in cui era solito allenarsi. In questo modo ignora il volere del genitore, trascurando il pugilato. Quando il padre lo scopre, proibisce al ragazzo di partecipare al corso di danza. L’insegnante di ballo del giovane cerca di convincere il genitore ad iscrivere Billy ad un’audizione per entrare in una prestigiosa scuola di ballo. Il tutore accetta e, dopo aver svolto l’audizione, il protagonista viene ammesso alla Royal Ballet School.

Questo film è interessante poiché basato su una storia vera, quella di Philip Mosley, un ragazzo che aveva nel sangue la passione per la danza classica e che ha cercato in tutti i modi di perseguirla. È la prova che, nonostante le difficoltà e gli ostacoli che si possono incontrare durante il cammino verso un traguardo ben preciso, grazie alla determinazione riusciremo ad ottenere ciò che vogliamo. 

E voi avete una passione? 

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Giovani nella società

di Alice Vigorito -  3 febbraio 2023

A volte mi capita di chiedermi “come posso essere utile alla società?” e magari è proprio la stessa domanda che vaga nella tua testolina. Sicuramente, il primo modo per offrire il proprio aiuto alla società è il volontariato ed esistono moltissime associazioni che ci permettono di farlo, sul sito del Comune di ogni città, teoricamente, dovrebbero esserci tutte. Avendo nella nostra scuola alcune persone che fanno volontariato, abbiamo deciso di scambiare due parole per capire bene di cosa si tratti questa realtà, perché prima di intraprendere un percorso è bene sapere a cosa si sta andando incontro. 

In particolare, abbiamo parlato con Lucia R., Aurora R. e Sara Z.: le prime due ragazze sono tirocinanti in Croce Rossa, mentre la terza è già volontario ufficiale. Proprio grazie alla nostra chiacchierata, che tra l’altro trovate sul nostro canale Spotify “La Voce del Crespi”, ho capito quanto impegno richieda intraprendere, appunto, questa strada. Il volontariato non è un gioco, è una cosa seria perché, oltre a richiedere impegno e sicuramente tempo, richiede anche molti sacrifici che, però se si è disposti a farli, alla fine, portano ad una grande soddisfazione personale, oltre che ad un immenso aiuto alla società. 

Non è da sottovalutare neanche la questione della passione: bisogna credere in ciò che si sta facendo per poterlo fare al meglio delle proprie capacità, un po’ come per ogni avventura in cui scegliamo di lanciarci nel corso della nostra vita. La Croce Rossa, in particolare, è  un ambiente serio e che, a volte, richiede anche una certa sangue freddo, per non farsi trasportare dalle emozioni davanti a determinate scene e riuscire ad aiutare la persona in difficoltà; ma la Croce Rossa è anche un luogo dove si possono creare legami di amicizia, dove ci si può confrontare con persone più grandi e/o più piccole, dove si può crescere moltissimo; infatti, ci hanno spiegato, tutti i tirocinanti sono sullo stesso piano, a prescindere da sesso, età, religione: tutti hanno ansia prima di dare l’esame, tutti studiano le stesse cose, tutti lavorano per aiutare il prossimo. 

Come ogni esperienza della vita che ti fa crescere, sia a livello culturale sia personale , richiede fatica e sudore, ma ciò non vuol dire che sia impossibile e, soprattutto, ciò non vuol dire che alla fine della strada non ci sarà il nostro ristorante preferito… 

Lucia R. ha specificato, però, e ci tenevo a sottolinearlo anche io, che prima di prendersi cura degli altri è importante imparare a prendersi cura di noi stessi, sia riguardo alla salute fisica sia riguardo a quella mentale; questo non significa essere egoisti, significa amare se stessi e anche, in definitiva, gli altri, perché solo dopo aver tirato fuori noi stessi dal buco nero in cui siamo caduti, con l’aiuto di altre persone se necessario (mi raccomando non abbiate mai paura di chiedere aiuto!), potremo porgere la nostra mano per tirare su gli altri.

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L'annientamento di un uomo

di Serena La Vecchia - 27 gennaio 2023

“Shemà” ci dice Primo Levi nella poesia posta in apertura di uno dei suoi libri più importanti, Se questo è un uomo. L’autore vuole dirci: “Ascolta”; vuole apostrofare noi lettori affinché ciò che lui, insieme ad altri milioni di persone, ha dovuto subire non si ripeta mai più. È quindi un compito importante quello che ci affida: ci viene chiesto di ricordare, ricordare per sempre le atrocità che l’uomo è stato capace di compiere, per darci la possibilità di imparare dai nostri errori e diventare migliori.

Le atrocità di cui i tedeschi si macchiarono furono enormi e, presumo, ormai note a tutti. È lo stesso Levi, infatti, a intimare il lettore affinché tramandi il ricordo di ciò che è accaduto, perché non si dimentichi mai: la memoria, seppur difficile, è fondamentale. 

È, però, purtroppo risaputo che la storia si ripete, quasi circolarmente: le guerre, gli odi, le ostilità, la sete di potere; tutto si replica e da tale circolo vizioso non è esclusa neppure una simile piaga, quella dei campi di concentramento, quella in cui un uomo tenta di annientare un altro suo simile - e purtroppo riesce nel suo obiettivo -. 

Come dice M. Bettini in un suo saggio - Homo sum, essere “umani” nel mondo antico -, infatti, “la storia a volte cammina nelle tenebre e ascolta”. Egli vuole dire che, pur non essendoci più l’Erinni pronta a punirci per le nostre indifferenze, tuttavia c’è la storia, che, ripetendosi, di fatto punisce in qualche modo le nostre azioni malvagie.

Per questo si può dire, sfortunatamente, che il caso della Shoah non sia stato il primo né sarà l’ultimo. Quello raccontato da Levi è solo un esempio di ciò che l’uomo può provocare a causa del suo odio e delle sue credenze totalmente infondate. 

I tedeschi volevano annientare gli ebrei, abbrutirli fino a non far ricordare loro che cosa fosse l’umanità, che cosa significasse la libertà, che cosa un uomo. 

È questo ciò che l’autore ci racconta nel suo romanzo creato, come lui stesso ci ricorda, con l’intento di liberarsi da quel peso che poi finì probabilmente per portarlo al suicidio: pur essendo usciti dai campi di concentramento “vivi”, tuttavia gli ex prigionieri ne sono stati così annientati da non riuscire più a vivere nel mondo esterno, tanto da doversi ricostruire una nuova vita, partendo da zero, ma con una costante ombra buia a seguirli, quella della vergogna. 

Siamo, dunque, nel 1945. È l’anno della liberazione. Che la storia non conosca più episodi così turpi: è questo ciò che si crede e ciò che ci si augura vivamente.

È questa promessa che gli uomini non riusciranno a mantenere: gli uomini continueranno a ricadere negli stessi errori. 

Si pensi ai desaparecidos: 1976-1983, sono gli anni della dittatura argentina, un regime, quello di Jorge Rafael Videla, che non sarà poi così diverso da quello tedesco quanto a colpe atroci. 

Il governo istituirà ben 350 campi di concentramento, apparentemente segreti: nessuno inizialmente saprà nulla o, forse, la maggior parte fingerà di non vedere, scegliendo la via più facile. 

In questa realtà il confine tra vita e morte era davvero labile, i prigionieri non potevano sapere che cosa sarebbe spettato loro il giorno seguente: sarebbero riusciti a sopravvivere o li avrebbero attesi atroci torture? 

Per ricordare la crudeltà dei crimini, per esempio, si può pensare ad un metodo di tortura riservato alle donne incinte: venivano sottoposte alla cosiddetta picana, ovvero all’elettroshock, tramite un cucchiaio di rame posto di forza nel loro corpo.

I prigionieri, per lo più personalità che si pensava potessero andare contro al regime, dovevano dunque convivere con situazioni terribili, erano privati di tutto e l’unico mezzo, perciò, che restava loro era rifugiarsi nella solidarietà.

Se Levi ci racconta di una realtà in cui l’abbrutimento giunse ad un livello tale da portare gli uomini ad una lotta disperata, l’uno contro l’altro, a favore della propria sopravvivenza, le testimonianze di donne sopravvissute ai campi argentini, invece, parlano di realtà altrettanto difficili, caratterizzate tuttavia da un tentativo di aiuto reciproco. La solidarietà, in questo caso, era l’unica risposta adeguata che riuscivano a dare alla violenza subita. Ogni donna partecipava con ciò che poteva: c’era chi insegnava, chi cantava, chi danzava… Ognuno dava il proprio contributo e questo le aiutava a vivere. 

Ancora una volta, l’incubo, però, non era finito. Anzi, non è finito.

Siamo ormai nel 2023, eppure esistono ancora realtà in cui gli uomini sono costretti a vivere in tali condizioni, di cui si tende a parlare troppo poco.

Si pensi al caso della Corea del Nord, dove ancora esistono diversi campi di concentramento, dove le torture sono all’ordine del giorno. Per lo più gli internati non hanno commesso crimini - come sempre avviene in queste situazioni - la loro colpa è appartenere ad una famiglia che un tempo rappresentava dissidenti politici. 

Di questi campi, fondamentalmente, abbiamo solo immagini satellitari. Tuttavia, sono giunte anche alcune preziose testimonianze di prigionieri che sono riusciti a fuggire da questa buia realtà e hanno scoperto un mondo totalmente nuovo, privo di paura continua e pieno, invece, di vita.

Come racconta Shin Dong-hyuk in un reportage al Corriere della Sera, le condizioni di vita erano, usando un eufemismo, davvero poco invidiabili. Il suo corpo, infatti, nonostante al momento del racconto fossero passati dieci anni dalla fuga dal campo, mostra ancora segni evidenti di torture terribili, che forse non siamo neppure in grado di immaginare. Si pensi al suo primo ricordo: un’esecuzione di uno dei condannati internati.

Inoltre, fin da subito deve confrontarsi con una costante fame, una fame diversa da quella consueta, una fame che mette gli uomini l’uno contro l’altro in una lotta alla sopravvivenza, una fame di cui anche Primo Levi aveva parlato in relazione ai campi di concentramento tedeschi. Una realtà totalmente priva di umanità.

Dunque, parlando di progresso, di evoluzione rispetto al passato, quanta verità è davvero tale e quanta, invece, nasconde dietro realtà taciute per tanto, troppo tempo?

E questi, purtroppo, sono solo alcuni esempi di ciò che l’uomo è capace di fare…

Quando si arriverà ad un mondo in cui la violenza non sarà all’ordine del giorno? Quando ad un mondo in cui gli uomini potranno vivere liberi dalla paura dell’altro? 

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Fonti

P. Levi, Se questo è un uomo, 1947 

Intervento della professoressa Perassi tenuto il 25 novembre 2022 durante la conferenza di letteratura presso il teatro delle arti di Gallarate, “Le parole delle emozioni, percorso letterario”

“Io, ex detenuto, vi racconto com’è vivere in un lager della Corea del Nord”, reportage di Federica Seneghini per il Corriere della Sera. Leggi l'articolo qui 

Alla ricerca della perfezione

di Nicolò Elia - 20 gennaio 2023

Foto di Mamme Magazine 

Da sempre siamo alla ricerca costante della perfezione fisica e mentale. Volenti o nolenti, siamo stati catturati e intrappolati dalla necessità di apparire splendidi e alla moda: fin dalla tenera età cresciamo inconsapevolmente con dei criteri di bellezza che assorbiamo tramite gli insegnamenti miopi dei nostri genitori e, soprattutto, l’immaginario comune del “bel ragazzo” o della “bella ragazza”  creato e miseramente venduto dalla televisione e dai social media. 

Di conseguenza, la continua esposizione a tali canoni ci conduce verso lo snaturamento della nostra essenza fisica e mentale, in favore dell'adeguamento indiscriminato alla moda che spesso causa dei complessi di inferiorità negli adolescenti e nelle persone più fragili, che non si sentono accettate dalla società, proprio perché non rispecchiano i classici canoni di bellezza: inoltre, da una parte, ciò produce un sentimento di insoddisfazione incessante a causa dell’incapacità di raggiungere la bellezza tanto sponsorizzata, mentre, dall’altra, limita l’originalità e la bizzarria che vengono tristemente etichettate come “fuori moda” senza dar loro il giusto valore. 

In realtà, dovremmo concentrarci sul piacere a noi stessi, esautorando il potere illimitato del giudizio altrui e della moda, dato che è impossibile e svilente tentare di raggiungere la perfezione della Venere di Botticelli o de “Il principe azzurro”. 

Spesso si crede, erroneamente, che l’esigenza di soddisfare dei canoni di bellezza e perfezione sia un’invenzione moderna, tuttavia possiede radici ben più radicate nella Storia. 

L'Occidente ha scelto come modello di riferimento l’arte greca antica che affascina e ispira senza sosta i prototipi moderni da migliaia di anni: gli artisti greci hanno sempre mirato alla ricerca razionale degli ideali assoluti di bellezza, equilibrio e passione, legando il concetto di bellezza all’armonia e alla proporzione. 

Il soggetto per antonomasia è l’atleta, simile ad una figura divina, di cui si riconoscono le virtù morali, fisiche, la sinuosità dei movimenti, la solennità delle pose e la perfezione del corpo; al giorno d’oggi questa tendenza verso la perfezione si è tradotta, talvolta, in una misera competizione per il migliore addome scolpito, finalizzata esclusivamente all’approvazione dell’occhio altrui, senza un reale interesse per il miglioramento personale.

Foto di Wikipedia 

Nel corso della Storia questo ideale è mutato e variato in base ai differenti contesti: nell’epoca contemporanea i cartoni animati trasmettono delle immagini e dei pensieri di bellezza mitizzata alle fragili menti dei bambini, i quali, in futuro, faticheranno notevolmente ad estirpare l’erbaccia della derisione e del pregiudizio: durante l’infanzia si verificano spiacevoli episodi di scherno nei confronti dei bambini che non seguono pedissequamente il codice di comportamento e abbigliamento prestabilito, dato che nella maggior parte dei casi i genitori tendono a screditare e a dare poca importanza alle parole e ai pensieri dei piccoli che, d’altronde, tentano spesso di emulare gli adulti. 

Durante la crescita, questo vizio crudele svanisce faticosamente oppure non si vanifica mai, creando dei veri e propri  “reietti” della società.                                                                                                                                                                                                 

In conclusione, l’essere umano deve propendere verso la migliore versione di se stesso in qualsiasi momento da un punto di vista fisico e mentale al fine di vivere il reale spirito della vita, malgrado sia complicato mostrare alla luce del sole le proprie fragilità; in fin dei conti, questa ricerca non deve scadere in una cieca rincorsa verso una perfezione che, alla fine, non esiste…

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Il rapporto tra i giovani e la politica

di Ruben Gianzini - 13 gennaio 2023

Quest'oggi abbiamo deciso di trattare un argomento proposto da una ragazza nel nostro box domande, che ha espresso un suo disagio: sua madre, accendendo il televisore, le ha causato un'angoscia.

Molte persone non tendono ad interessarsi ai telegiornali, dove vengono trattati argomenti angoscianti: vengono menzionate notizie sulla crisi economica, guerre, pandemia e via dicendo, ma parlano soprattutto di politica; è questo il punto di oggi.

Noi giovani spesso vediamo la politica come qualcosa che riguarda solo i più grandi come i nostri genitori, principalmente perché il modo in cui interagiamo con la politica un po' ci frena, ma anche a causa della disinformazione: a scuola dovrebbe essere trattata di più l'educazione in maniera più inerente alla politica a scuola, fornendo una cultura al riguardo agli studenti. È importante guardare alla storia del passato ma è importante anche rapportarci con il presente parlando di attualità. 

Molti giovani fra poco avranno la possibilità di cominciare a votare visto l'avvicinarsi dei 18 anni, però non si hanno le basi per farlo, e ciò scoraggia molti di loro a votare. In generale le statistiche dimostrano che tra i 18 e i 35 anni solamente diecimila giovani hanno votato nelle ultime elezioni in Italia.

Sicuramente alcuni non si saranno mai interessati alla politica nella loro vita per loro spontaneità, altri invece non sono attirati dal mondo della politica per le poche informazioni al riguardo.

Essendo 25 anni l'età minima per essere eletti deputati, c'è comunque spazio per i giovani nella politica, ma manca l'interesse e l'attenzione per quest'ultima.

Alcuni giovani si interessano però alla politica e decidono di trasmettere questa loro passione tramite i social, anche se a volte, esponendo troppo le proprie idee, si potrebbe finire a parlare del proprio partito politico. Ciò non vuol dire che non deve esserci un confronto con altre persone con diverse idee; dal confronto possono nascere diversi punti non presi in considerazione prima. 

C'è questo video su Instagram di un politico che si fa propaganda, e a un certo punto interviene una ragazza con un cartello che manifestava opposizione al suo pensiero. Allora il politico la fa salire sul palco chiedendole cos'ha contro di lui, e la ragazza risponde superficialmente e in maniera incoerente, ma senza andare al punto; questo dimostra l'influenza che l'opinione pubblica ha su di noi, portandoci ad agire anche non secondo il nostro pensiero e a scagliarci offensivamente, ma senza creare punti di incontro.

Il confronto è più efficace quando coinvolge due pensieri opposti, perché tutti e due scoprono qualcosa di nuovo, e lo scopo del confronto è quello di prendere in considerazione punti e idee che non erano state considerate prima.

Tra i politici italiani under-30 più influenti del 2016, secondo Forbes, ci sono stati Anna Ascani, Luigi Di Maio, Brando Benifei, Jacopo Mele, Giulia Pastorella e Leonardo Quattrucci; tutti noi possiamo trovare una strada attraverso la politica e lo spazio per i giovani c'è. 

È sempre bene interessarsi anche delle cose che magari non ci piacciono, perché potrebbero in seguito rivelarsi passioni nascoste.

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È una fake news?!

di Angelica Faustini - 6 gennaio 2023

Con un po’ di malinconia salutiamo il 2022, ma non troppa, perché si entra nel 2023 diversi, cambiati e consapevoli del fatto che ci aspettano tantissime novità.

Anche se non tutti ne sono così felici, infatti i più scaramantici non vanno particolarmente d’accordo con i numeri dispari per via dei famosi "venerdì 13 e 17".

Molti altri invece si chiedono quali sorprese porterà l'anno nuovo, se sarà "il loro anno" e fanno buoni propositi, come cercare di non farsi più ingannare dalle fake news.

Come tutti sappiamo, infatti, per noi della generazione Z i social sono come una seconda casa, passiamo moltissimo tempo online, cosa che senza dubbio è utile e rappresenta un ottimo mezzo per comunicare, ma ha anche dei "contro", come la presenza di moltissime notizie false.

Soprattutto chi ama leggere notizie più "leggere", come quelle di gossip, è particolarmente esposto a questo pericolo: quante volte si sentono notizie di coppie che si sono lasciate o di possibili relazioni tra due persone, che poi si rivelano essere inventate?

Quando si vedono dei titoli che attirano moltissimo l'attenzione, fatti appositamente per coinvolgere la nostra sfera emotiva, che ci spingono ad aprire l’articolo, è facile che la notizia che stiamo leggendo sia una fake news.

Non è così difficile però riconoscere una notizia falsa: basta usare qualche piccola accortezza per evitare di cadere nella trappola di chi, per avere più visualizzazioni e seguito, non si fa scrupoli ad ingannare i suoi lettori.

Proprio in questo periodo ha riscosso grande successo un trend dove venivano ripresi i genitori dopo che era stato loro annunciato, per scherzo, che un personaggio molto conosciuto e a loro caro era morto, per vedere quale reazione avrebbero avuto.

Questo è la prova di come le fake news attirino l'attenzione e si diffondano velocemente. 

Mettiamo caso che il ragazzo che ha registrato il video abbia letto veramente la notizia, riferendo poi il suo contenuto ai genitori come nel trend e che nessuno abbia cercato ulteriori informazioni: la notizia si sarebbe diffusa, non portando sicuramente a nulla di positivo.

Per evitare di cadere in una fake news, infatti, è importante non affidarsi esclusivamente ad una notizia letta chissà dove, come ha fatto la famiglia presa a esempio, ma accertarsi che sia vera controllando che venga riportata anche dai giornali più veritieri e affidabili.

Quindi va bene leggere notizie sui social e usarli per rimanere informati, ma facendo sempre attenzione a cosa si legge e dove.

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Film mentali

di Pietro Silvestrini - 30 dicembre 2022

Foto di iStock 

Noi adolescenti della generazione Z ci creiamo delle aspettative che definiamo “film mentali”: spesso tendiamo ad esagerare e rimaniamo delusi, poiché ci poniamo aspettative troppo alte.

Il “film mentale” non è sempre qualcosa di positivo, basti pensare all’espressione "nutrire aspettative troppo alte”. Infatti, pur non dovendo mai aver timore di sognare in grande, non è detto che le cose vadano sempre come immaginiamo.

A volte sono gli altri che limitano le nostre grandi aspettative, ma, in altre circostanze, siamo proprio noi che ci poniamo dei limiti, perché, avendo paura di non raggiungere i nostri obiettivi, smettiamo di sperare.

Il problema è che, in questo modo, perdiamo di vista la ragione per la quale abbiamo speso così tanto tempo in un progetto.

Nonostante non osiamo per paura di sbagliare, va considerato che la vita è estremamente imprevedibile e mutevole: possiamo sognare, ma dobbiamo anche accettare la realtà così com’è e se in questa non ci sentiamo a nostro agio, nulla ci vieta di stravolgerla. Bisogna ricordare che il pennello sta nelle nostre mani e spetta a noi disegnare la realtà come era stata solo abbozzata precedentemente.

Se vogliamo concretizzare i nostri sogni dobbiamo impegnarci e non perdere tempo solamente a immaginare, perché mentre ci riposiamo sui nostri comodi divani c’è una vita che passa, durante la quale dovremmo spendere le nostre energie per raggiungere gli obiettivi sperati.

Il consiglio che vi diamo, nel caso in cui vi sentiate giù di morale a causa di risultati ottenuti che non corrispondono alle aspettative, è quello di domandarvi: vale davvero la pena non apprezzare fino in fondo alcuni momenti perché non sono come ce li aspettavamo? Vale la pena fermarsi alla prima nota che stona, senza sapere se darà vita ad una meravigliosa sinfonia? 

Riteniamo che le aspettative di cui ci nutriamo siano il mezzo per volare alto nella vita, ma, al contempo, se pretendiamo troppo da noi stessi, alla fine ci sentiremo costantemente tristi e inappagati.

Infine, alcune delle persone che abbiamo intorno proveranno sempre a ridurre le speranze che riponiamo nei nostri sogni: il loro parere non deve demotivarci nel perseguimento dei nostri obiettivi, ma deve servirci da stimolo per spronarci a trasformare i nostri sogni in realtà. 

Voi cosa ne pensate?

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E il fidanzatino? E la fidanzatina?

di Carolina Chionna - 24 dicembre 2022

Natale si avvicina e il pensiero si indirizza inevitabilmente, oltre che alla magia dei regali, anche al piacere di stare in famiglia, magari gustando qualche delizia.


Ma soffermiamoci sull’ultimo punto: famiglia. Cosa significa per noi giovani stare in famiglia?

Gli anni passano e, di pari passo con lo sviluppo tecnologico, i rapporti sembrano via via sfaldarsi divenendo inconsistenti. Così, il pranzo di Natale non è più un momento di confronto, di unione e di condivisione, ma uno scambio di vuoti baci e abbracci. 


Questo potrebbe sembrare un giudizio un po’ critico, ma di fatto corrisponde alla realtà: molti giovani hanno perso il gusto di socializzare nel mondo reale, di credere nel cosiddetto “spirito del Natale”; addirittura, molti bambini sui 9/10 anni (che sarebbe da definirsi “età del Natale”) preferiscono, durante il pranzo o la cena di Natale, volgere lo sguardo verso lo schermo di uno smartphone piuttosto che verso gli occhi dei propri nonni. Non è estremamente triste?


D’altro canto, però, come si comportano questi nonni? Probabilmente, anche questi ultimi costituiscono un freno per lo sviluppo dei rapporti. Infatti, quanti di voi in contesti come la cena di Natale si sentono spesso a disagio o sottoposti all’occhio critico degli adulti, quasi sotto esame?

Pensiamo anche banalmente alla fatidica domanda “E il fidanzatino? E la fidanzatina?”. A molti potrebbe strappare una risata, ad altri, però, suscitare un forte imbarazzo. Per non parlare delle difficoltà che molti adolescenti riscontrano trovandosi a dover convivere con i cosiddetti genitori “all’antica”: il veto ad andare ad una festa di compleanno, a mangiare un gelato con un amico, a vestire un capo che non rientra dentro determinati canoni, solo perché i voti ottenuti a scuola non corrispondono alle richieste, è a dir poco avvilente. 


Ben vengano i genitori al passo con i tempi che, però, mantengono una certa autorevolezza e, soprattutto, il distacco che deve esserci tra un genitore e un figlio; infatti, c’è sempre un limite all’essere “giovanili”. Nel film italiano ‘Sotto il sole di Riccione’ diretto da ‘YouNuts!’ del 2020, le storie d’amore adolescenziali si alternano a quelle degli adulti che riscoprono l’amore estivo; questo vuol dire stare al passo con i tempi: non pensare di essere troppo âgé per vivere un certo tipo di amore, né troppo giovane per goderselo come la classica cotta estiva.


Resta il fatto che non si intende assolutamente generalizzare e, anzi, tanto di cappello alle famiglie che hanno ancora il piacere di passare un pranzo o una cena di Natale in completa serenità, senza che scaturiscano divari tra le diverse generazioni.

Però, è giusto sottolineare a cosa il confronto intergenerazionale possa portare: pregi e difetti, comprensioni e incomprensioni, vantaggi e svantaggi.


Quindi, in sostanza, cosa si può fare per migliorare la situazione?

Comunicare, esternare le proprie preoccupazioni senza farsi troppi scrupoli: se vi sentite esclusi dal celebre pranzo di Natale, perché gli adulti seduti a tavola sono troppo impegnati a portare avanti i cosiddetti “discorsi da grandi”, ditelo! Ricordatevi che porterà sempre i propri frutti il confronto con qualcuno che di vita ne sa più di voi.


Si è parlato di come si sentono i giovani con gli adulti e viceversa, ma come si sente chi è da solo, chi non sa minimamente cosa sia il confronto intergenerazionale?

Infatti, non per tutti è tradizione trascorrere il pranzo di Natale in famiglia: c’è chi mangia sveltamente un panino in una baita in montagna, chi lo considera un pranzo di tutti i giorni e ripiega su un semplice piatto di pasta in un tavolo per due, ma con nessuno di fronte, chi rinuncia addirittura al pranzo svegliandosi alle 14 e iniziando la giornata con una buona dose di sonno… Insomma, chi più ne ha più ne metta.


Molti potrebbero credere si tratti di persone che si “salvano” vedendo il Natale come una festività quasi angosciante, appunto perché ti pone davanti agli occhi la realtà dei fatti: la tua famiglia così com’è, e tu non puoi fare altro che accettarla.

E voi, come passate il Natale? Cosa pensate del pranzo o della cena di Natale?

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