CRESPI AROUND THE WORLD

Interviste ai nostri exchange student

Gaia ci racconta la sua avventura in America

di Valeria Bertino - 14 giugno 2020

In questa situazione di emergenza sanitaria ci siamo chiesti come se la passino gli studenti che si trovano attualmente all'estero e come hanno vissuto l'arrivo del Covid-19 lontani dall'Italia. Per questo abbiamo contattato Gaia, che frequenta la 4DL e sta facendo esperienza dell'anno all'estero. Con l'occasione le abbiamo posto anche qualche domanda sulla sua vita da exchange student. Ecco quello che ci ha raccontato:

Ciao Gaia! Ci dici esattamente dove stai facendo l'anno all'estero e da quanto sei lì?

Sto vivendo l'esperienza dell'anno all'estero a Backus, una piccola città in Minnesota (USA). Sono qui dall'inizio di agosto 2019 e in realtà a causa del Corona Virus non ho una data precisa per il ritorno, penso comunque verso la metà di giugno.

Più tardi ci racconterai di come stai vivendo questa situazione di pandemia, ma prima vogliamo sapere un po' come te la passi lì in America. Come va con la tua famiglia ospitante? La vita familiare è molto diversa da come la viviamo in Italia?

Con la mia famiglia mi trovo molto bene. All'inizio eravamo tutte donne, la mia madre ospitante, due sorelle e una cugina dall'Honduras; poi si sono trasferiti con noi anche il fratello più grande e un altro cugino che, quando sono arrivata, vivevano da soli in un'altra casa. I primi tempi è stato difficile chiaramente perché non li conoscevo, ma poi la situazione è andata migliorando ed è nato un bel legame soprattutto con una delle due sorelle e il fratello più grande. Mi piace il fatto che in famiglia siamo in tanti, io ho un solo fratello di sangue quindi trovarmi in una famiglia ospitante così numerosa è stata un'esperienza nuova ma ne sono contenta: anche perché questo è un paese piccolo e quindi essere tanti in casa è un vantaggio, più si è, pìù bello è. Una cosa che ho notato essere molto diversa rispetto alla vita famigliare italiana è l'usanza di mangiare insieme: nella mia famiglia non si mangia spesso insieme...ognuno mangia un po' quando vuole e nelle occasioni in cui qualcuno cucina per tutti e si "pranza" insieme, si fa ad orari che per noi italiani sono un po' assurdi, tipo le 17 di pomeriggio, e la maggior parte delle volte capita che mangino sul divano e non a tavola.

Hai fatto delle gite con loro?

Con la mia famiglia ospitante in realtà no, ma ho comunque fatto delle gite molto belle. Mio fratello e mio padre (italiani) sono venuti a trovarmi in America e siamo andati a Las Vegas e in California, poi mi è venuta a trovare anche una mia amica dall'Italia e siamo andate insieme a Miami. Come gita scolastica sono andata alle Bahamas e ad Orlando, mentre con un'amica che ho conosciuto a scuola sono stata in Nord Dakota.

Che gite originali quelle fatte con la scuola! A livello scolastico come ti trovi?

A scuola mi trovo molto bene e fra Crespi e scuola estera sceglierei di sicuro la seconda. Qui non c'è la stessa tensione che viviamo in Italia. Una cosa che mi piace tanto, tipica della scuola americana, è il rapporto coi professori. E' molto diverso da quello che abbiamo in mente noi italiani, qui i prof sono quasi considerati come amici e molto spesso si scherza insieme. C'è un codice di comportamento anche per gli insegnanti: se un prof alzasse lo troppo la voce con un alunno, verrebbe licenziato subito. Purtroppo l'unica lingua che ho portato avanti qui in America è il francese, unica lingua disponibile nella mia scuola, mentre al Crespi studio inglese, spagnolo e tedesco. Anche se facoltativo, qui è molto importante lo sport, che è stagionale: ovvero vengono proposte discipline diverse a seconda della stagione (ad esempio in autunno pallavolo, inverno basket, primavera baseball...). Inizio scuola alle 8:30 e finisco alle 15:15, nel periodo in cui facevo pallavolo mi fermavo a scuola fino alle 17:30. La scuola comunque ha degli spazi molto grandi, ci sono campi da football, golf, quattro palestre... nonostante rispetto alle scuole americane è relativamente piccola, saranno mille studenti. Sicuramente quando tornerò in Italia sarà un po' difficile, ma mi sono stati inviati i programmi di quarta con le cose più importanti e non sono tantissime, quindi penso di potercela fare.

Con la lingua ti sei trovata in difficoltà?

L'inglese è stato probabilmente l'ultimo dei miei problemi. Ho fatto un po' fatica a scuola nelle materie di business e accounting, perché bisogna conoscere un linguaggio specifico, e in letteratura perché si lavora con un linguaggio arcaico. Nelle altre materie e a casa invece non ho avuto problemi. Fra l'altro parlo quotidianamente anche lo spagnolo perché mia cugina dall'Honduras non conosce l'inglese.

I coetanei americani ti hanno accolta bene?

Benissimo. Mi hanno accolto tutti molto bene e all'inizio mi tempestano sempre di domande sull'Italia, a volte anche assurde e sembra non la conoscano molto, non hanno pregiudizi comunque, più stereotipi. A me hanno inclusa subito, ma dipende molto da come uno si pone, è l'exchange student che deve impegnarsi di più nell'integrazione, io sono una ragazza estroversa e parlo con tutti quindi sotto questo punto di vista non ho avuto problemi, nonostante la comunità fosse già formata: nel mio caso tutti si conoscevano già da quando erano piccoli perché la scuola comprende asilo, elementari, medie e liceo e frequentando la stessa scuola da così tanto tempo è normale che i rapporti fra di loro siano molto stretti. Come ho già detto ho stretto amicizia un po' con tutti, e questa cosa mi ha anche avvantaggiato agli Snow Days (una sorta di ballo invernale) quando sono stata eletta reginetta! I ragazzi americani quando escono di solito si trovano a casa, organizzano spesso dei falò, vanno al bowling oppure a mangiare fuori. "Il centro della città" è molto lontano da qui. Qui fra l'altro hanno tutti la patente: una volta ho raccontato che in Italia noi la possiamo prendere solo dai diciotto anni e mi hanno risposto "that's dumb!"

Ti sei trovata bene con la tua agenzia? Con quale sei partita?

La mia agenzia è WEP. Sono soddisfatta riguardo a questo e non ho avuto problemi di nessun tipo. Se potessi dare un consiglio che riguarda la scelta dell'agenzia, sarebbe quello dis sceglierne una che non paga le famiglie per ospitarti. Il motivo è che molto spesso queste famiglie ospitano esclusivamente per un ritorno economico e magari non sono veramente interessati ad accoglierti e conoscere la tua cultura, mentre se chi ti ospita lo fa liberamente è più probabile che sia perché ci tiene ad averti con loro e a vivere questa esperienza di scambio. Comunque, nel mio caso ho un coordinatore locale che mensilmente mi fa delle domande per preoccuparsi che sia tutto a posto.

Ti piace il posto in cui ti trovi?

Molto. E' un posto un po' sperduto, i nostri vicini sono a quattro chilometri, ma è immerso nella natura, ci sono tanti boschi e si possono fare delle belle passeggiate. Qui fa un po' più freddo rispetto all'Italia e in inverno siamo arrivati a meno quaranta gradi, ma devo dire di essermi abituata subito.

Durante la tua esperienza di anno all'estero, purtroppo, è sorto un imprevisto che ha in realtà riguardato un po' tutto il mondo: la comparsa del Corona Virus. Come hai vissuto questa inaspettata pandemia che ha portato la quarantena anche in America? Cosa ha cambiato? E come ti sei sentita all'inizio, quando è emersa la notizia per la quale il tuo paese, l'Italia, era fra i più colpiti?

Nel mio paesino le persone non erano per niente spaventate all'inizio: come ho già detto è un posto piccolo ed effettivamente non abbiamo avuto casi di Corona Virus. All'inizio certo, mi dispiaceva per l'Italia. Quando poi ho saputo che anche qui in America ci sarebbe stato il lockdown ero molto giù: è successo tutto alla fine dell'anno e c'erano in programma alcune fra le esperienze più belle che avrei potuto vivere qui in America: anche se alla fine l'ho accettato, mi dispiaceva l'idea di perdere momenti come prom, senior night, graduation... In realtà quest'ultima la faremo comunque: la scuola finisce domani (23 maggio) e la prossima settimana ci sarà una graduation un po' particolare, andremo a scuola in macchina e ad uno alla volta consegnano i diplomi. Non abbiamo fatto videolezioni e i professori si sono limitati a lasciarci dei compiti a casa. La quarantena non è stata molto rispettata in realtà, perché questa zona non è molto controllata, e i ragazzi uscivano ugualmente. C'è anche da dire che qui le misure prese sono state dall'inizio meno rigide.

Ti manca l'Italia?

In questo momento in particolare mi manca tanto, anche se chiaramente mi sarebbe piaciuto rimanere di più e vivere questi ultimi mesi in modo diverso. Sicuramente una delle cose per cui provo più nostalgia è il cibo italiano e anche il sushi (qui non lo mangiano)... Un po' di Busto Arsizio e in generale dell'Italia mi manca anche avere tutto a portata di mano, qui non c'è moltissimo da fare per passare il tempo. So che comunque quando tornerò a casa mi mancherà tutto di qui.

Ora che sei ormai alla fine del tuo anno in America, credi di essere cambiata rispetto a quando sei partita? Consiglieresti questa esperienza?

Rispetto a quando sono partita mi sembra di dare le cose meno per scontate e di avere la"corazza più dura"e penso che questa crescita mi aiuterà anche quando tornerò in Italia. Consiglio al 100% questa esperienza, credo che in generale ti renda una persona migliore, per me è stata un'occasione per diventare più forte, maturare e testare i miei limiti.

Interviste ai nostri exchange student

L'esperienza di Sara a Worms

di Sofia Testa - 7 giugno 2020

"Lì tutti i pensieri svanivano e il cielo sembrava più vicino..."

Un progetto assai particolare tra quelli svolti qui a scuola è lo scambio che avviene circa ogni due anni con un coro di Worms (Germania) a cui possono partecipare i membri del coro della scuola, e non solo. Per addentrarci in questa esperienza ho intervistato Sara, una studentessa che fa parte del coro della scuola e che l’anno scorso ha sperimentato questo progetto vivendolo in prima persona.

Ciao Sara, ci diresti in che cosa consiste questa esperienza e quanto dura?

Questa esperienza consiste nel trascorrere quattro giorni a Worms, in Germania e ospitare per lo stesso periodo di tempo una ragazza tedesca da noi. Siamo andati lì a maggio, e loro sono venuti qui a febbraio, in occasione del concerto di San Valentino.

Come hai scelto chi ospitare e la famiglia dove stare?

La scelta della famiglia dipende dalla preferenza che hai rispetto al sesso e all’età del ragazzo/a da ospitare, e da cui essere di conseguenza ospitato.

Come ti sei trovata nella famiglia? Hai avuto problemi per la lingua?

Sono stata una delle poche ad avere sin da subito un buon rapporto con la famiglia, anche se l'inglese non era perfetto ci si capiva, a volte anche con i gesti. Abbiamo parlato anche di cose molto personali, come in una vera famiglia e questo mi ha spiazzato. Anche la mia host sister si è trovata bene con la mia, ci si dava consigli a vicenda e tutti eravamo molto aperti.

Per quanto riguarda il cibo?

Il cibo sfortunatamente è esattamente ciò che vi aspettate, abbastanza differente rispetto a ciò a cui siamo abituati. Esplorare un posto nuovo significa anche adattarsi alla cultura e a piatti che ci possono sembrare inusuali, per esempio nella mia esperienza il succo di mela frizzante era assai particolare, ma è stato anche molto divertente, in fondo credo che chiunque catapultato in un altro Stato rimarrebbe sconvolto dal cibo.

Capisco. Avete anche visitato la loro scuola, che impressione ti ha dato?

Diciamo che l’ospitalità era assai differente, quando sono venuti a Febbraio avevamo preparato un buffet e hanno visitato le classi, da loro abbiamo avuto del succo e un pretzel, e abbiamo visto solo una piccola parte della scuola, ma non per questo si sono dimostrati meno aperti.

So che quando si tratta di scambi, si coinvolge l’host nella propria vita, negli sport, attività extracurriculari ecc, com’è stato per te?

Io ho cercato di farla immergere a pieno nel mio mondo, l’ho introdotta ai miei compagni di classe, appena arrivata anche se c’era stato un misunderstanding sull’orario ho cercato di farla sentire a suo agio, l’ho portata ad assaggiare la pizza e abbiamo anche organizzato una serata con tutti gli altri. Le belle esperienze non sono mancate neanche mentre ero in Germania. Un episodio particolare è stata la sua “comunione ortodossa” - non ricordo come si definisca esattamente: ero arrivata proprio nel periodo in cui lei doveva affrontare questa grande cerimonia tanto che di colpo mi sono sentita parte della sua vita, ho persino cantato canzoni tedesche in chiesa vicino ai suoi parenti. Anche le serate lì sono state memorabili: dividendoci in gruppetti eravamo finite su una sorta di spiaggia con regole rigidissime, non mi hanno fatto portare un estathe, per farvi capire. Ci stavamo anche perdendo fuori da un supermercato, esperienze stravaganti forse, ma niente di preoccupante, alla fine è andato tutto per il verso giusto.

C'è qualche stereotipo che hai avvertito o qualche differenza tra adolescenti italiani e tedeschi?

Da parte loro si aspettavano tanta pasta e pizza e buon cibo, ed è stato così, io invece ho scoperto che i ragazzi lì sono veramente “incasinati”, ti sembrano timidi ma sanno esser euforici e hanno tanto da dire, anche situazioni problematiche da affrontare.

So che avete fatto uno spettacolo, com'è stato cantare con loro?

Abbiamo organizzato uno spettacolo sia in Italia sia in Germania, inizialmente eravamo preoccupati all’idea di cantare davanti a un pubblico sconosciuto, ma siamo stati subito apprezzati e si è verificato una cosa stupenda: molti studenti talentuosissimi tra i nostri hanno avuto il coraggio e l’audacia di cantare lì e noi li abbiamo supportati tanto che anche il pubblico tedesco è diventato rumoroso quanto noi nel “fare il tifo” per loro.

C'è qualcosa della Germania che vorresti anche qui (paesaggi,abitudini,cibo..)?

Sicuramente da loro c’è un gran rispetto per la natura che qui manca del tutto, in Germania c’erano paesaggi straordinari ed era tutto molto naturale ovunque; mi sono immersa nella natura tra baite, ruscelli, boschi..Niente di ciò che potremmo vedere da noi è lontanamente paragonabile.

Avevi già avuto esperienze di questo genere? Avevi dei timori?

In terza media sono andata sull'isola di Wight ma non ero in una famiglia e non ero totalmente immersa in una cultura, quindi la paura c’era, non ero mai stata “l’estranea” in un luogo sconosciuto.

Come ti sei sentita al ritorno?

Sul pullman c’era un’atmosfera magica e solo scesa da lì è tornato tutto come prima; ero ricatapultata nel mio mondo a pensare alle verifiche, una mia prof mi ha scritto che mi avrebbe interrogato l'indomani. Mi mancava il mio mondo ma anche la leggerezza che sentivo in Germania, sebbene mi siano sembrati più rigidi e più propensi a giudicare di noi.

Cosa ti ricorderai di questa esperienza?

Penso che mi ricorderò la sensazione dell'evadere da ciò a cui si è abituati, è il motivo per cui consiglio questa esperienza a tutti. Sono sempre stata solita a circondarmi di persone e di situazioni in cui ero a mio agio, e ho sempre avuto bisogno di tempo per stringere rapporti solidi mentre lì immersa in una situazione nuova con persone nuove ero diversa, riuscivo a creare legami forti in pochissimo tempo sia con i miei compagni al coro sia con la mia host sister con cui parlo tutt’ora. Ero trasportata da emozioni forti e ridevo con ragazze che avevo conosciuto da pochissimo, sentendomi perfettamente a mio agio. Inoltre la natura faceva la sua parte con dei paesaggi straordinari che contribuivano a farmi assaggiare la libertà. Lì tutti i pensieri svanivano e il cielo sembrava più vicino, so che è assurdo spiegato così ma ero me stessa al cento per cento e mi lasciavo andare senza preoccupazioni,era quasi come se il cielo si avvicinasse.

Interviste ai nostri exchange student

Luca, ex studente del Crespi, ci racconta il suo anno all'estero negli USA

di Valeria Bertino - 1 giugno 2020

"mi sono accorto che il mondo non era solo quello che vedevo dalla mia finestra"

Molti ragazzi interessati a partire per l'anno all'estero hanno il terrore di trovarsi in difficoltà al rientro. Abbiamo quindi fatto quattro chiacchiere con Luca, che in quarta liceo ha vissuto l'esperienza di exchange student per un anno e che attualmente frequenta la facoltà di Biotecnologie all'Università di Novara, dopo essersi diplomato l'anno scorso al Crespi con maturità classica.

Ciao Luca! Tu hai fatto l'anno all'estero, precisamente dove e quanto sei stato lì?

Io sono stato a Edina, in Minnesota (USA). Sono arrivato ad agosto e sono tornato in Italia 11 mesi dopo, a luglio. Sono partito con WEP e ho vissuto l'esperienza del Mini Stay: prima di dirigerci ciascuno verso la propria località (non ci sono aerei diretti), ci siamo fermati tre giorni a New York. E' stato molto utile per conoscere gli altri ragazzi che avrebbero vissuto la mia stessa esperienza, con cui fra l'altro sono ancora in contatto.

La tua famiglia com'era?

Mi sono trovato molto bene e non l'ho mai cambiata: sono stato fortunato. I miei host parents non avevano figli, ma sono stato ospitato insieme ad un ragazzo francese che per me è diventato come un fratello. I nostri genitori erano accoglienti, gentili e mi hanno fatto subito sentire a mio agio. Avevano già esperienza, infatti era il settimo anno che ospitavano un exchange student: mi hanno messo in contatto con dei ragazzi brasiliani che avevano vissuto l'anno all'estero con loro e successivamente avevano continuato gli studi negli Stati Uniti. Al college chiaramente avevano il loro dormitorio ma nei periodi di vacanza tornavano dai loro host parents a trovarli e passare del tempo insieme, avevano persino le loro camere personali. Li ho conosciuti e la loro presenza era frequente: per me erano come fratelli maggiori e mi confidavo con loro... i miei host parents hanno mantenuto i contatti con tutti i ragazzi ospitati negli anni precedenti e mi hanno fatto sentire parte di una "grande famiglia internazionale". L'ambiente famigliare gioca un ruolo importantissimo, e può capitare che uno non si trovi bene e cambi: per questo ognuno ha un coordinatore americano che ogni mese fa una visita a casa e controlla che tutto vada bene.

Quindi con l'agenzia ti sei trovato bene?

Si molto. Oltre al mini stay, è molto utile anche l'orientation a Caorle che organizzano prima di partire: consiste in attività per introdurti al viaggio e c'è la possibilità di parlare con chi ha già vissuto l'esperienza all'estero. Sono ancora in contatto con molte persone che ho conosciuto in quei giorni.

Come probabilmente sai, frequentare per un anno una scuola americana desta sempre molti dubbi ai nostri studenti. A te com'è andata?

Sinceramente non mi pento di aver passato quell'anno in America. Al rientro non è stato una passeggiata, ma ce l'ho fatta: chiaramente è molto soggettivo. Penso che l'anno perfetto per farlo sia la quarta, la terza è un anno di transizione e non penso che sia possibile, comunque, farlo prima. Nel periodo dedicato al saldo dei debiti, una volta tornato, sono stato sottoposto a una specie di colloquio in cui i miei professori mi hanno fatto delle domande su un programma "condensato" che mi avevano lasciato, di greco latino e italiano; ma non era un colloquio decisivo per la promozione, cioè non rischiavo di essere bocciato. In quinta per le persone che vogliono una media più alta, sicuramente è più faticoso rientrare, io ho sempre avuto una media discreta anche prima di partire e quindi i miei voti mi andavano bene. Durante l'anno scolastico sentivo che alcune lacune c'erano, ma non le ho trovate così irreparabili e non ho lavorato più di tanto a a casa: di certe materie non ho recuperato gli argomenti persi, perché non erano necessari allo studio di quelli della quinta (ad esempio italiano). In greco e latino ero un po' arrugginito e ho fatto molta fatica in matematica, perché in quarta si fanno degli argomenti importanti. Comunque ho superato la maturità senza grossi problemi.

E in inglese?

In inglese sono migliorato tanto...non solo in grammatica ma anche in letteratura in realtà, perché sapendo bene la lingua mi riusciva più facile: sono diventato più sicuro, durante le interrogazioni non avevo più "ansia" di esprimermi. Prima di partire avevo una media discreta ma in America quando sono arrivato ho fatto un po' fatica inizialmente, perché in Italia studiamo molto la grammatica e ci esercitiamo poco su listening e speaking, che sono invece fondamentali: comunque è un problema che si può superare e nel corso del periodo all'estero migliori velocemente.

Ci hai parlato di come hai vissuto il rientro a scuola in Italia, ma non di com'era frequentare una scuola americana. E' come la vediamo nei film?

La mia scuola era molto grande, gli studenti erano 3000 ma in generale gli spazi erano molto ampi. C'erano due campi da calcio, palestre, armadietti, e degli strani banchi su cui si poteva scrivere con dei pennarelli appositi per fare magari dei calcoli. Il sistema scolastico funziona con dei crediti che servono per la promozione e ci sono delle materie obbligatorie, di cui ci sono diversi corsi a seconda di ciò si vuole fare. Per le materie più semplici invece ognuno può scegliere. Si, è come si vede nei film, si cambiano aula e compagni a seconda della materia. E' difficile comparare il programma, io nelle lezioni di matematica ho studiato cose che avevo già fatto e comunque abbastanza semplici. Una grande differenza che ho trovato con la scuola italiana è che in America c'è sicuramente meno rigidità: è vero che i ragazzi vengono a scuola in pigiama, col cappello, in ciabatte... c'è più libertà, meno regole, anche sull'utilizzo del cellulare ad esempio. Il rapporto fra studenti e professori è sicuramente meno rigido.

E' vero che lo sport è molto importante per gli studenti americani?

E' importantissimo. Le tipologie di sport che si possono scegliere sono divise in tre stagioni: autunnale, invernale e primaverile: c'è più varietà, rispetto alla scuola italiana. Oltre a calcio ci sono hockey, baseball, basket... fra l'altro la mia famiglia era appassionata di sport e quindi mi portavano spesso alle partite. Per le persone a cui piace lo sport può essere molto bello. Sfatiamo comunque il mito dei giocatori di football e le cheerleader che si siedono da soli ai tavoli: sono visti come persone normali e acquistano popolarità semplicemente perché ai tornei sono molto tifati.

Ti sei inserito facilmente nell'ambiente scolastico?

Non mi sono inserito subito, chiaramente, ci sono state volte in cui ho mangiato da solo in mensa e c'è voluto un po' di tempo prima che mi invitassero alle feste (che non fanno in discoteca ma quasi sempre a casa). E' stata forse la difficoltà più grande per me, ma prima o poi credo che sia necessario imparare anche a stare da soli e accettare di essere esclusi qualche volta. Essere italiano regala sempre uno spunto per iniziare le conversazioni, infatti gli americani hanno una bella idea dell'Italia. Chiaramente una persona deve essere disposta ad aprirsi e parlare, non è solo una responsabilità dei compagni di classe ma anche dell'exchange student che deve cercare di integrarsi.

Ci racconti concretamente della tua vita di tutti i giorni?

La scuola iniziava alle otto e mezza, avevo la possibilità di andare con il bus ma la maggior parte delle volte andavo insieme al mio vicino di casa, mio coetaneo ma frequentante l’anno avanti a me (era un senior, io junior, che corrisponde alla terza). L'ho conosciuto grazie alla mia famiglia, che me lo ha presentato. I ragazzi americani spesso vanno a scuola organizzando delle "macchinate", per loro è più facile perché possono fare la patente a sedici anni. Stavo a scuola fino alle due/tre del pomeriggio. Lì le città sono organizzate in modo diverso, non c'è l'idea nostra del "centro", perciò quando uscivo coi miei amici facevamo dei giri in macchina con la musica ed era molto bello perché in Minnesota ci sono molti laghi e quindi un bel paesaggio con tanto verde. Come alternativa andavamo a Minneapolis, città importante e abbastanza vicina. Il cibo è esattamente come ve lo immaginate, per fortuna la mia famiglia era benestante e mi offriva cibo buono, inoltre ci sono molti più catene di fast food rispetto a qui, anche buoni! Il McDonald's è forse quello meno considerato. Il tempo era un po' diverso da qui, alcuni giorni la temperatura arrivava a -26 gradi, la neve c'è stata fino a marzo e mi sono abituato anche se non è il mio clima ideale... comunque ci sono anche persone che capitano in California, dove fa sicuramente più caldo.

Come eri partito all'inizio? Ritieni di essere cambiato?

Sono sicuramente cresciuto. La mia mentalità si è aperta molto si più, mi sono confrontato con persone di culture diverse, mi sono accorto che il mondo non era solo quello che vedevo dalla mia finestra. Prima o poi ci sono cose che devi affrontare nel bene o nel male. Sono maturato, diventato più indipendente e responsabile. Ho scoperto lati del mio carattere che non pensavo di avere. E' stata una bella esperienza e la rifarei di sicuro, anche se all'inizio, prima di partire, ero un po' indeciso. Nonostante questo, alla fine non mi sono disperato: c'è chi piange e non vuole tornare, io avevo nostalgia dell'Italia, mi mancava il mio ambiente... ho imparato ad apprezzare le cose che non avevo lì in America (prima di tutto il cibo italia

Temevi di trovare la tua vita molto cambiata, quando sei tornato in Italia?

Prima di partire ero abbastanza preoccupato per le amicizie che stavo lasciando per un anno, ma quando sono tornato non era cambiata una virgola. Era come se il rapporto si fosse solo messo in pausa. Ovviamente avevo continuato a sentirli mentre ero all'estero. Ci sono anche casi in cui perdi i rapporti ma gli amici stretti rimangono. Forse ero dispiaciuto di essermi perso alcune esperienze con loro, qualche diciottesimo, ma in cambio avevo vissuto un anno intenso e che non dimenticherò mai. Loro mi hanno trovato cambiato, soprattutto fisicamente ma non troppo a livello di personalità.

C'è qualcosa che diresti a chi è indeciso sul vivere l'esperienza da exchange student?

Io consiglierei questa esperienza. E' molto soggettivo, c'è chi è molto convinto, io non lo ero e all'inizio mi facevo molti problemi. Ho seguito l'esempio di mio fratello maggiore, anche lui exchange student, e i consigli dei miei genitori che erano favorevoli a questa esperienza. Sono contento di aver preso la decisione di partire, perché sì, può andare storto qualcosa e avere un'esperienza "meno bella", ma nessuno vive una brutta esperienza, perché ti capitano un sacco di esperienze che ricorderai per sempre.

Interviste ai nostri exchange student

L'esperienza di Desirée in Australia

di Valeria Bertino - 27 maggio 2020

Quando sono tornata guardavo tutto con occhi diversi. E' difficile da spiegare, ma ho capito quanto qui, nella nostra vita di tutti i giorni, siamo "oppressi"... oppressi dal giudizio degli altri, da una costante ansia di non accettarci, di non apprezzare noi stessi.

Queste sono le parole di Desirée, ragazza di 4ªEL che la scorsa estate ha vissuto un'esperienza di tre mesi in Australia. Come ci si sente ad essere "exchange student"? Per saperne di più sulla sua avventura, abbiamo deciso di intervistarla. Ecco qui cosa ci ha raccontato:

Ciao Desi! Innanzitutto, dove sei andata e quanto tempo sei rimasta lì esattamente?

Ho vissuto la mia esperienza di exchange student nel piccolo paesino di Mirador, in New South Wales in Australia. Ho scelto il programma di tre mesi, ma in sostanza sono stata lì due mesi e mezzo, ovvero la durata di un trimestre scolastico australiano. Sono arrivata il 18 luglio e sono ripartita il 4 ottobre. In realtà io ho aderito al programma Singapore, aperto a chi viaggia verso Australia e Nuova Zelanda. Sono partita tre giorni prima e ho fatto tappa, appunto, a Singapore. Lo consiglio perché è molto interessante per visitare una nuova città e conoscere persone che stanno per vivere la tua stessa esperienza.

Siamo curiosi di sapere com'è vivere lì. Com'era la tua giornata tipo?

Parto col raccontare la mia giornata tipo. La sveglia era alle sette e per andare a scuola, che era distante una mezz'oretta da casa mia, prendevo il bus. Le lezioni iniziavano alle nove, anche se i primi quindici minuti erano dedicati a una sorta di appello generale, appunto il "roll call", ciascuno poi veniva diviso nelle proprie classi. La mattinata era composta da quattro ore con un intervallo in mezzo, di circa venti minuti. Pranzavo a scuola: tutti i giorni a parte il mercoledì mi fermavo per altre due ore. Siccome la scuola finiva alle tre e mezza arrivavo abbastanza tardi a casa, ma i compiti erano veramente pochi e per i lavori importanti c'era un ampio preavviso. Il sistema scolastico è come quello che ci si immagina pensando al sistema americano: le materie obbligatorie sono inglese e matematica e ognuno sceglie se iscriversi per un livello più avanzato o più semplice, a seconda delle proprie capacità, le altre materie sono invece a libera scelta. I prof sono disponibili, gentili e amichevoli... inoltre lì c'è un tipo di rapporto diverso rispetto a quello che abbiamo qui in Italia fra studente e insegnante. La scuola dove sono stata è grande e aveva più edifici. E' situata a due passi dall'oceano, e c'era persino una fattoria!

Cosa ci risponderesti se ti chiedessimo cosa preferisci fra il Crespi o la scuola estera?

Sinceramente credo sia difficile scegliere. Bisogna infatti tenere conto di due aspetti: a livello di preparazione è sicuramente meglio meglio il Crespi; per quanto riguarda lo "stress scolastico" invece, preferirei di certo la scuola australiana: non ho mai provato né ansia né nessun tipo di pressione. Pensando al mio futuro scelgo il Crespi, ma se devo pensare a una scuola in cui ho "particolarmente voglia di andare " sicuramente penso a quella australiana.

A casa invece come ti trovavi? Parlaci della tua famiglia...

Per quanto riguarda la famiglia sono stata fortunata: sono rimasta sempre con la stessa perché mi sono trovata molto bene... molte persone che conosco infatti l'hanno cambiata ed è una cosa che succede abbastanza frequentemente. Sono stata accolta da due genitori molto giovani e con bambini piccoli; uno di nove e l'altra di cinque anni. I momenti difficili ci sono stati, ma li ho superati. Ad esempio, la figlia più piccola mi chiedeva sempre molte attenzioni ed era spesso gelosa quando trascorrevo del tempo con il fratello più grande... successivamente, soprattutto grazie all'aiuto della madre, questo problema si è risolto. Ho apprezzato molto il fatto che mi lasciassero libera di uscire, hanno capito che si trattava di un'esperienza importante per me e che dovevo viverla al massimo. Erano comunque preoccupati della mia sicurezza e quindi dovevo rispettare delle regole, date non solo da loro ma anche dall'agenzia. Ciò che mi porto dentro è che sono stata considerata come parte della famiglia e non come una semplice ospite: con tutti i lati belli ma anche le responsabilità che questo comporta. Ho viaggiato con loro, mi hanno portata a fare delle gite e passavamo insieme le feste.

Molto spesso, per chi è interessato a partire, è ardua la scelta dell'agenzia. Consiglieresti la tua? E come funziona?

Io sono partita con WEP. Ero un po' indecisa anche io sull'agenzia e ho cercato di parlare con quante più persone per capire quale scegliere. Consiglierei di fare così, anche se in ogni caso come ci si trova è molto soggettivo e ogni esperienza è diversa. Ricordo che una volta iscritta mi avevano fatto compilare il "WEP Book", in cui dovevo inserire le informazioni sulla mia salute ma anche sul mio andamento scolastico e infine avevo scritto una lettera alla famiglia ospitante. WEP come agenzia organizza anche un "orientation" che nel mio caso era a maggio, a Caorle. L'ho trovata molto utile per prepararsi alla partenza, infatti organizzano attività che aiuteranno poi chi deve partire a superare lo shock iniziale; i ragazzi sono divisi in gruppi con un "WEP buddy" ciascuno, ovvero una persona che è già stata nel Paese dove andranno e che può essere un punto di riferimento per domande, dubbi o spiegazioni.

Molti ragazzi si chiedono se si può partire prima del quarto anno. E' possibile?

Teoricamente si; è però ampiamente sconsigliato non solo dai prof, ma anche dai rappresentanti stessi delle agenzie, soprattutto quando si tratta di programmi di un anno. Per quelli estivi è più facile che si possa partire prima e nel mio gruppo c'erano anche persone più piccole, generalmente di un anno.

Ci hai parlato dei ragazzi che hai conosciuto perché sono partiti con te ma non ancora dei tuoi coetanei australiani. Ti sei integrata bene?

Assolutamente sì, e sono stata fortunata: c'è da considerare che mi trovavo in una città piccola. Con me c'era una ragazza italiana (oltre che un francese e un norvegese) e insieme abbiamo stretto le prime amicizie con gli australiani: erano tutti disponibilissimi e aperti, pronti ad accoglierci. Ci vedevano quasi come "esotiche" e come noi abbiamo un'idea lontana e tutta affascinante dell'Australia, loro vedevano allo stesso modo l'Italia e l'Europa. Si scandalizzavano spesso quando raccontavo della quantità di pizza e pasta che mangiamo noi italiani e mi chiedevano se sapevo cucinare bene... in ogni caso associavano l'Italia all'idea di un Paese bellissimo. In Australia non vanno in discoteca spesso quanto lo facciamo noi: festeggiano a casa o all'aperto, nei boschi. Noi italiane avevamo questa idea dei ragazzi australiani come di persone sottoposte a tante regole, e pensavamo che le seguissero molto di più, ma ci siamo ricredute: non sono così rigidi... come tutti gli adolescenti del mondo, del resto.

Quanto conta la preparazione linguistica iniziale?

Non così tanto come si potrebbe pensare. Mi spiego meglio: una mia compagna di viaggio non aveva un livello molto alto all'inizio, ma continuando a sentirla nel corso dell'esperienza ho effettivamente notato un netto miglioramento. Passando molto tempo con persone madrelingua raggiungi un buon livello a prescindere da come sei partito. In ogni caso non c'è da preoccuparsi: un modo per comunicare lo si trova sempre...e se ti impegni, parli, e ti spingi un po' oltre i tuoi limiti magari dovuti alla timidezza, migliori di sicuro.

Linguisticamente parlando, quindi, ti è stata utile questa esperienza? Ti ha aiutato ad affrontare l'esame di certificazione che hai poi sostenuto a dicembre, uscendone brillantemente con un livello C2?

Sicuramente sì, ti aiuta a migliorare pronuncia, fluidità, arricchisci il tuo vocabolario. Quando sono tornata non mi sembrava di essere migliorata più di tanto, me ne sono accorta solo parlando in classe e perché me lo dicevano le mie amiche, soprattutto a livello di pronuncia, avevo preso un po' l'accento. Insomma, gli altri mi vedevano cambiata, in realtà sotto tutti i punti di vista e non solo a parlare inglese, ma più di quanto lo avessi notato io.

Quindi hai realizzato di essere cambiata dall'inizio del viaggio. Come? E come hai vissuto il rientro in Italia?

Il rientro è stato duro, e le lacrime non sono mancate. I giorni precedenti cercavo di non pensare al fatto che sarei dovuta partire, ma poi il momento è arrivato. Certamente, avrei voluto rimanere di più, ma sono andata via con la consapevolezza che se non avessi scelto quel programma non avrei magari conosciuto le persone che ho effettivamente incontrato e non sarei capitata nella stessa famiglia...quindi sono contenta. Sicuramente la scelta è stata vantaggiosa anche perché non ho avuto particolari difficoltà a rientrare a scuola, ho saltato solo un mese (anche se già a settembre al Crespi si lavora tanto!) e le mie amiche mi hanno aiutato passandomi gli appunti e ciò di cui avevo bisogno.

Quando sono tornata guardavo tutto con occhi diversi. E' difficile da spiegare, ma ho capito quanto qui, nella nostra vita di tutti i giorni, siamo "oppressi"... oppressi dal giudizio degli altri, da una costante ansia di non accettarci, di non apprezzare noi stessi. Insomma, ho imparato a dar più valore a tutto, soprattutto a me stessa. Sono diventata più "menefreghista", nel senso che ho iniziato a non badare più al modo in cui mi vedevano gli altri. Sono diventata più forte e indipendente, perché durante un'esperienza simile sicuramente impari a capire dove puoi farcela da solo e dove invece hai bisogno di una guida.

Per concludere, vorrei rivolgermi a chi sta per intraprendere un viaggio come il mio: godetevi tutto dell'esperienza di exchange student. Non rinunciate ad incontrarvi con gli amici perché siete stanchi o insicuri. Siate intraprendenti e cogliete l'attimo, altrimenti, al momento del ritorno ve ne pentirete. Va vissuta al massimo!

Sognando l’estero...

di Sofia Testa - 21 maggio 2020

I viaggi studio e le correlate problematiche con il covid

Credo che tutti noi sappiamo cosa siano gli exchange programs, gli exchange years, i viaggi istituzionali all’estero ecc. Ma pochi di noi conoscono veramente a fondo questa esperienza e/o hanno avuto la possibilità di prenderne parte. Per rispondere a tutti i dubbi possibili ho intervistato la professoressa Macchi e la professoressa Tumminello, e ho parlato con una studentessa tutt’ora all’estero.

Il viaggio studio all’estero (o progetto di mobilità individuale) è un’esperienza a pagamento in cui si ha l’occasione di studiare per un determinato periodo di tempo in un altro Paese per imparare la lingua.

Come funzionano nel dettaglio?

Nella nostra scuola, ci racconta la professoressa Macchi, partecipano ogni anno una decina di persone ma la quantità è molto altalenante, e le mete predilette dagli studenti sono i Paesi Anglofoni e gli Stati Uniti. “Le professoresse aiutano e accompagnano gli allievi in questo progetto, innanzitutto per aiutarli nella scelta a inizio anno si tiene una riunione in aula magna con una decina di agenzie tra cui scegliere; il loro compito è di trovare una sistemazione per il/la ragazzo/a (spesso in host family) e la scelta dell’agenzia dipende anche dalla meta.” Ci viene spiegato infatti che ci sono moltissime destinazioni differenti e, a seconda di esse, anche agenzie diverse (alcune specializzate sul Canada, altre sul Regno Unito, Francia, Germania, Cina..) La scelta è libera anche per quanto riguarda la durata. Dare un consiglio, dal punto di vista della professoressa Macchi, è piuttosto difficile poiché più si rimane più ci si integra, ma allo stesso tempo si rischia di avere più difficoltà quando si ritorna al Crespi.

L'integrazione? I voti?

La professoressa Tumminello ci tranquillizza, spiegandoci che non si è soli durante questo percorso. Lei stessa accompagna gli studenti all’aeroporto e si mantiene in contatto con loro durante tutto il viaggio studio: controlla come stanno e soprattutto dà loro dei programmi decisi dal Consiglio di Classe, così da potersi rendere conto del lavoro da svolgere e di cosa si riesca a portare avanti anche se si è in un altro Paese. Inoltre, i voti scolastici del Paese scelto sono convertibili con delle tabelle di conversione in quelli italiani.

La prof.ssa Macchi ci spiega che riuscire a portare avanti entrambi i programmi dipende dal singolo, ma entrambe le prof precisano che (nel caso di un anno all’estero) è previsto un riallineamento, un recupero da settembre in poi sulle materie che non si ha avuto la possibilità di studiare nel Paese scelto. Al ritorno lo studente si riunisce con il Consiglio di Classe per parlare delle materie più svantaggiate; infatti, nonostante si cerchi di trovare una scuola simile all’indirizzo frequentato in Italia, qualche materia rimane scoperta e spesso risultano essere: tedesco e altre seconde lingue, parte del programma scientifico, storia (ad esempio in America si studia storia americana). Se invece si decide di rimanere all’estero pochi mesi lavorando duramente si riesce a riallinearsi senza problemi.

Se ci dovesse consigliare un anno, la professoressa Tumminello ci consiglierebbe la quarta “prima si rischia di essere troppo piccoli, di non essere pronti”. Invece per quanto riguarda l’integrazione nel Paese specifica che dipende dallo studente e dal luogo in cui si trova, e non c’è un tempo prestabilito, ma solitamente si ritorna fortificati caratterialmente, anche se è capitato un episodio in cui è stata presa la decisione di tornare in Italia anzitempo.

E il Coronavirus?

A livello mondiale il Coronavirus ha sconvolto anche i viaggi studio, alcuni studenti sono tornati anticipatamente nel loro Paese, altri sono rimasti all’estero in una situazione così delicata e altri ancora sono stati costretti a spostare o annullare il proprio viaggio. La prof Tumminello ci parla dei dati nella nostra scuola “Nessuno è tornato o è dovuto tornare. Ci sono 4 studenti all’estero in questo momento, 2 in America (Canada e California) e 2 in Francia.” Per quanto riguarda i prossimi anni sono già stati presi accordi dalla Prof.ssa Tumminello ma non possiamo avere la certezza di come evolverà la situazione e di cosa deciderà il nostro Governo, e il Governo degli altri Paesi.

Ho infine deciso di cedere la parola a una studentessa che si trova tutt’ora nel suo viaggio studio, per far sì che ci raccontasse l’esperienza in prima persona.

“Mi chiamo Julia e ho passato 10 mesi in Francia, precisamente à Chatuzange-le-Goubet che si trova a circa un'ora e mezza sud di Lyon. Quando sono partita il 31 agosto 2019, non sapevo bene cosa aspettarmi, speravo solo nel meglio e di ricavarne il più possibile da questa esperienza. Molti pensano che un anno all'estero serva solo ad imparare una lingua e anche se posso affermare che il mio livello di francese sia sicuramente migliorato, è stata soprattutto un'esperienza di crescita, senza dubbio impegnativa, che ti mette alla prova in tutti i sensi, ed è proprio per questo motivo che la consiglio: se ne esce una persona più forte, matura, indipendente, con un bagaglio culturale che non avresti potuto ottenere in nessun altro modo e una consapevolezza delle proprie capacità che ti permetterà di affrontare la vita in modo sicuro.”