INCLUSIONE

L’I.I.S. “Martinetti” si propone come una scuola moderna, accogliente e inclusiva, in cui gli studenti sono protagonisti del proprio percorso di crescita, strutturato nel rispetto delle capacità individuali, dei tempi e degli stili di apprendimento di ciascuno. 

👉 DOCUMENTI: IL PAI 

Il PAI, o Piano Annuale per l'inclusione, è il documento con cui ogni istituto scolastico valuta e definisce i Bisogni Educativi Speciali e/o formativi degli studenti, organizza e predispone gli interventi necessari su tale fronte e ne monitora gli esiti. 

PAI_Martinetti.pdf

UN PENSIERO PER IL NUOVO ANNO SCOLASTICO 

Inclusione a scuola: Disabilità, metacognizione e autoconsapevolezza.


Prof, ma che cosa ho?”

Chi non è stato almeno una volta destinatario di domande così pure e dritte, a bruciapelo? Credo di essere una tra i tanti. Domande che, a differenza di quesiti che fan capolino con ragionevole prevedibilità, esplodono all’improvviso, nel qui e ora e nel bel mezzo di un’attività. Magari a coronamento di un faticoso percorso di costruzione di fiducia reciproca. Fiducia per cui l’altro si attende legittimamente – pena la compromissione del rapporto stesso- una risposta adeguata a uno scambio autentico e sincero. 

La metacognizione rappresenta un prezioso campo di lavoro per tutti gli studenti, nessuno escluso; competenza chiave, gioca un ruolo principe nel facilitare avanzamenti negli apprendimenti e veri e propri salti qualitativi di cui, a cascata, beneficiano anche le competenze trasversali e sociali. Questo, per fortuna, è ormai un pensiero consolidato nella scuola italiana. Accade poi, specie in adolescenti con certificazione di disabilità ai fini dell’inclusione scolastica per lievi fragilità cognitive, che la ricerca rivolta alla propria persona inneschi curiosità, dubbi, riflessioni su di sé, sulle proprie debolezze e, in ultimo, “sospetti” sulla propria specificità. Un’ autoconsapevolezza che possiede tratti di illuminazione e che, in un preciso momento, trova la strada per rivelarsi all’esterno.

Ed ecco qui l’interrogativo: Prof, ma perché lei c’è? Ma cosa ho che non va? Mi dica la verità! Interrogativi forse mal posti, ma ci sta; è più urgente che ad essere mal posta non sia la risposta...

Che fare? Deflagrare, implodere oppure...

La prima volta, probabilmente, è come sentirsi investiti da un pacco pesante su cui campeggia la scritta maneggiare con cura senza sapere bene dove mettere le mani. Si è tentati di cercare una via d’uscita piuttosto che un punto di incontro. Ci sono mille ragioni e giustificazioni per questa sorta di inadeguatezza del momento... Poi c’è chi è particolarmente sfortunato e si ritrova in solitudine a gestire la contingenza di una vera e propria rivelazione, con tutto l’universo semantico che l’accompagna fatto di clamore, segreto, sospetto. E allora capita di dissimulare la sorpresa o di fornire risposte piene di subordinate e giri di parole, tese a imbastire una forma di rassicurazione e/o a contenere un disagio che- ahimè- non appartiene allo studente. Invalidando le nostre stesse comunicazioni di docenti, fingendo di non avere compreso o addirittura sentito, chiudendo la questione con un compito da eseguire, posticipando la risposta a un tempo indefinito, quasi infinito. Una specie di Aspettando Godot. Insomma, questo è lo spauracchio delle squalifiche. Un gran pericolo, diciamolo, poiché il potere della squalifica è enorme: può non solo ferire e distruggere un rapporto, ma, se reiterata, letteralmente annientare una persona. Non è terreno fertile, ma implacabili sabbie mobili. E questo al di là delle intenzioni che si presumono ottime; ma, come ben si sa, anche la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni...

...Accogliere e proteggere la relazione...

Riporto un’esperienza personale e gli spunti di riflessione emersi. Abbandonato il terreno delle buone intenzioni, ho dunque deciso di virare bruscamente verso quello pragmatico degli effetti: ciò che si vede, ciò che conta, ciò su cui si può lavorare. Ritenendo prioritario co-costruire un contenitore relazionale saldo, sicuro e duraturo prima ancora di riempirlo di contenuti educativi e didattici, ci si è focalizzati sulle transazioni, sulla danza tra le persone, sui comportamenti osservabili, sugli scambi e soprattutto sui loro effetti, tralasciando consapevolmente ciò che non è dato di conoscere, che resta nelle rispettive teste, nelle nostre scatole nere, come le cause e le intenzioni appunto. Premeva presidiare le reazioni e proteggere il rapporto dal sentore di “tradimento”. La base di partenza è stato un pensiero: si aspetta che io lo riconosca per quello che dice di essere: uno studente. Punto. Bene - mi son detta- diamo priorità alla relazione. Mi ha dato fiducia in tutto questo tempo e questo momento non deve fare eccezione. Così, ho accolto la domanda e non ho sviato, sono restata. Di più, ho accolto lui stesso. Non come una mamma benevola accoglie un bambino dipendente, quanto piuttosto credo possa fare un educatore che accompagna in parte del proprio percorso di vita e nella scoperta di sé. L’intesa è così proseguita: Vuoi scoprire chi sei? Bravo! Ci sono delle debolezze e spesso sono le prime ad essere conosciute. Le mie erano di calcolo e matematica. Le tue sono simili, ma anche in altre materie. Ok, questo in fondo lo sapevi già. Ti va invece di conoscere ciò in cui sei forte? Se c’è qualcosa che non va, usando le tue parole, ci deve essere anche qualcosa che va. Altrimenti saresti sbilanciato, non riusciresti a stare in piedi. Penderesti da una parte. Invece siamo tutti dritti, vedi? Io sono qui per aiutarti a scoprirlo. Mi sembri pronto! La risposta è stata un annuire incuriosito. Francamente credo che la capacità di avvertire (se non comprendere appieno) la metafora sia più diffusa del previsto. Ho conosciuto ragazzi con medie compromissioni a cui non manca proprio il senso dell’umorismo. Oh lo humor! Un fortissimo alleato di complicità ... Ma questo è un’altra storia. Credo che ciò che ha funzionato da input generativo sia stato riconoscere lo studente come interlocutore degno e alla pari. E questo, come docenti, non ce lo si può prescrivere né si può simulare. Un po' come la spontaneità. Come dire: o il docente ci crede o lo studente, essere relazionale per eccellenza, lo coglie immediatamente in fallo.

E per ridefinire e valorizzare Sé con gli Altri.

Dal germe della curiosità e della complicità si è poi sviluppato con naturalezza un percorso di scoperta di sé. Sé nell’interazione con gli altri, impiegando giochi ed esercizi di potenziamento del lavoro di squadra e del senso di autoefficacia selezionati in base a passioni, abilità e idiosincrasie di ciascuno studente. La dimensione collettiva è stata preservata sempre e comunque, per trasformare i pensieri di differenziazione in confronti positivi e in reale comunione: siamo diversi, sì, nel senso di ricchi e complementari. Ma siamo anche simili in questa o quella abilità o passione.  Al di là dei singoli esercizi e strumenti (ve ne sono moltissimi in letteratura) è emersa una trama di connessioni per differenza e per uguaglianza tra gli studenti, come nodi pensanti e pulsanti con le proprie specificità e analogie. Nel lavoro, sono altresì emersi degli aspetti fondamentali generalizzabili nella prassi quotidiana. L’importanza, ad esempio, di lavorare ridefinendo in positivo, per il riconoscimento dei punti di forza e delle aree di miglioramento con un approccio multidimensionale, partecipato e soprattutto divertente. I ragazzi sono forse più allenati a riconoscersi e a raccontare agli altri i propri difetti piuttosto che le qualità. E se le intuiscono, mostrano una forma di pudore nell’esporle. Specie a scuola. Oggi per fortuna si può uscire da questa prassi, oserei dire, paradossale e stimolare a lavorare osando di più e sorridendo con maggiore frequenza. Una strada per condurre a vivere con sempre più straordinaria ordinarietà le proprie capacità, così come le proprie difficoltà. Un altro aspetto con ottime ricadute pratiche è la consapevolezza che le profezie che si autoavverano valgono anche in positivo e non solo in negativo: se pensi di valere e di saper fare, metterai in atto comportamenti coerenti a cui gli altri risponderanno in modo congruo, confermando il tuo pensiero e coadiuvando un dialogo interno funzionale. Trovo questo un potente strumento di lavoro per noi docenti e una preziosa eredità da lasciare ai nostri studenti nel dopo di noi.

In conclusione 

Come docenti dell’inclusione siamo propensi all’accoglienza, all’ascolto attivo, alla formulazione delle domande, alla ridefinizione. Mi piace pensarci come competenti storytellers, capaci di introdurre nelle narrazioni dei nostri studenti -e delle loro famiglie- una qualche forma di differenza che mira a cambiare, se non oggettivamente gli eventi e le difficoltà, la loro tonalità emotiva portando in evidenza e valorizzando nuove possibilità. Anche in momenti cruciali, critici, di snodo, metacognitivi come quello qui esposto. Mi piace pensarci come docenti di Sistema, carichi nell’animo, coraggiosi, scevri dai tabù e pronti per la prossima (anche scomoda) domanda...

Buon anno scolastico a tutti!

Prof.ssa Alessandra Bonora

I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) sono disturbi del neurosviluppo che riguardano la capacità di leggere, scrivere e calcolare in modo corretto e fluente che si manifestano con l'inizio della scolarizzazione. 

I DSA sono classificati in base alla difficoltà specifica che comportano. Si dividono in: 

Questi disturbi dipendono dalle diverse modalità di funzionamento delle reti neuronali coinvolte nei processi di lettura, scrittura e calcolo. Non sono causati da un deficit di intelligenza, da problemi ambientali o psicologici e nemmeno da deficit sensoriali. I DSA non sono una malattia in quanto non sono dovuti ad un danno organico, ma un diverso neuro funzionamento del cervello, che non impedisce la realizzazione della specifica abilità (lettura, scrittura, numerazione o altro) ma necessita di tempi più lunghi e carichi maggiori di attenzione. Questo diverso neuro funzionamento è innato e non è transitorio: accompagna l’individuo per tutta la vita. Quindi non si "guarisce" dai Disturbi Specifici dell’Apprendimento ma le difficoltà che li accompagnano possono essere compensate con il tempo e con una buona attività di potenziamento/riabilitativa.

Il video su YouTube dà un esempio di come i DSA vedono e leggono: 

Per conoscere di più visita il sito e il canale YouTube di AID (Associazione Italiana Dislessia): si potranno trovare modi diversi per apprendere, fare schemi, audio letture e formazione specifica. 

Nell’ottica dell’inclusione è possibile anche usare “open dyslexic”, un carattere open source ad alta leggibilità per persone dislessiche. 

Il nostro Istituto, attento a tutti gli studenti, attua buone pratiche nel percorso didattico. 


I genitori degli alunni BES, DSA consegnano la certificazione in segreteria didattica e gli insegnanti della classe, con l’ausilio del referente DSA redigeranno il PDP (Piano Didattico Personalizzato) come da norma, e poi firmato dagli insegnanti e dai genitori. La scelta degli strumenti compensativi e misure dispensative avviene in due fasi. La prima selezione è già scritta sulla certificazione, ma la seconda è scelta da ogni singolo docente del consiglio di classe. L’uso delle mappe, schemi e tabelle è a cura degli studenti della secondaria di secondo grado. In prima gli alunni vengono aiutati ad imparare le strategie migliori per uno studio efficace. Sul sito AID è possibile trovare gli ausili necessari per imparare ad imparare.


Qui di seguito riportiamo il modello di PDP (quello del MIUR) che il nostro istituto predispone per gli studenti BES, DSA.

Modellopdp.doc

LIBRI CONSIGLIATI

Due persone che si conoscono e si innamorano, i sacrifici per costruire qualcosa insieme come tutti i giovani sognano di fare. Poi la notizia tanto attesa: l’arrivo di un figlio. No, anzi due! Alessio e Matteo si rivelano delle vere e proprie montagne russe nelle vite di Laura e Marco che, oltre all'inesperienza di neo genitori, devono fare presto i conti anche con piccoli e grandi problemi di salute dei loro fagottini. Prima l’epilessia di Matteo e poi una diagnosi di ADHD in Alessio che tarda ad arrivare e che costringerà la famiglia a “correre” per avere tutti gli aiuti e i supporti necessari per far fronte alla sindrome e garantire ai propri figli una vita serena e radiosa.

Lorenzini Laura, Tempeste a colori, Ed. Bertoni, 2023

Marguerite ha 27 anni e, apparentemente, non ha nulla che non va. È carina, vivace e intelligente, lavora in una grande azienda e convive con il suo compagno. Eppure si sente spesso fuori luogo e lotta giorno dopo giorno per salvare le apparenze. Estenuata da questa condizione, inizia un viaggio alla ricerca di se stessa e fa una scoperta che cambierà profondamente la sua vita... 

C. Mademoiselle, J. Dachez, La differenza invisibile, Ed. LSWR, 2018

BRADIPI IN ANTARTIDE

Il blog, scritto e curato da Tiziana, ragazza autistica che ama definirsi "bradipa", è ricco di spunti per comprendere la sindrome di Asperger e i casi HC cognitivo ad alto funzionamento.

3 DICEMBRE: GIORNATA INTERNAZIONALE DELLE PERSONE CON DISABILITA'

In un momento in cui il valore della giustizia sembra essere messo a dura prova su scala mondiale, la data del 3 dicembre giunge come una vigorosa e salutare ventata di speranza. Ricorre infatti la Giornata internazionale delle persone con disabilità e quest’anno l’Onu, che ha promosso tale riconoscimento, ha selezionato come specifico tema di interesse 2022: “Trasformazione verso una società sostenibile e coinvolgente per tutti”

Un’occasione in più di sostanziale riflessione e di partecipazione per tutti, nessuno escluso, nella direzione di una presa di consapevolezza e di impegno. “L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile impegna a non lasciare nessuno indietro – spiega infatti l’Onu nel messaggio che introduce la ricorrenza e la sua tematica – Le persone con disabilità, tanto come beneficiari quanto come agenti del cambiamento, possono tracciare velocemente il processo verso uno sviluppo inclusivo e sostenibile e promuovere una società più giusta per tutti.” 

Ma più giusta in che senso? L’art.1 della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle persone con disabilità ci ricorda ogni giorno la missione, ossia promuovere «il pieno e uguale godimento di tutti i diritti umani e di tutte le libertà fondamentali da parte delle persone con disabilità». Ma non parla affatto di una società in cui siamo trattati tutti nello stesso modo. La quotidianità ci insegna invece una banale quanto sconvolgente verità: se si trattano davvero allo stesso le persone, non le si tratta con giustizia. 

Giustizia fa piuttosto rima con Equità.

A scuola si è attivi ogni giorno nel “portare a terra” lo spirito che anima la Convenzione affinché la giustizia non resti un’accattivante dichiarazione d’intenti. Interventi di “accomodamento ragionevole”, attività di orientamento dedicato, partecipazione a PCTO personalizzati sono solo alcuni esempi attraverso cui si agisce con equità, dando a ciascuno non la stessa cosa, ma ciò che serve per garantire il pieno e uguale diritto di successo formativo. 

Qui, nella nostra scuola, ogni studente con la propria particolarità è soprattutto “PROGETTO”.

L’augurio è che ogni giorno il calendario di tutte le scuole segni la data del 3 dicembre e guidi nell’ occuparsi dei ragazzi prendendo in carico con equità non solo i loro bisogni, ma anche i loro desideri e la loro TENSIONE VERSO IL FUTURO.

Prof.ssa Alessandra Bonora

🎄A NATALE PUOI 

"A Natale puoi 

Fare quello che non puoi fare mai”. 

 

Così recita un noto spot natalizio; una sorta di canzoncina leggera e piena di bontà.  

Ho pensato, sulla scia del jingle tormentone, “cosa non riesco a fare mai? E che a Natale invece  teoricamente posso fare?” 

Nel tran tran quotidiano a tutti noi manca il tempo da dedicare a riflessioni e a passioni. E dire che io sono tra coloro particolarmente fortunati: il dovere e il piacere sono spesso la medesima cosa. Comunque, è incontrovertibile, durante l’anno non c’è tutto lo spazio che vorremmo occupato dalle nostre passioni. 

 

Ma a Natale, lo dice la canzone, puoi. E mi sono ricordata di un discorso lasciato in sospeso nel precedente post di inizio anno scolastico. Una messa tra parentesi importante. La frase diceva più o meno così “Oh lo humor! Un fortissimo alleato di complicità...Ma questa è un’altra storia”. Bene, questa storia non raccontata, questo incipit abbandonato sul nascere, vestito di allegria intelligente e di seria leggerezza può ora essere ripreso. Anzi, direi che è proprio il momento giusto dell’anno per parlare di serietà e, insieme, di giovialità, sense of humor e ”spirito giocoso”. 

 

Perché sì, questi tratti fondamentali del mestiere di educatore e di docente vanno a braccetto. È auspicabile che si intreccino in modo indissolubile, si armonizzino e non si lascino mai. Come dei buoni amici. 

Umorismo e serietà: cosa sarebbero l’uno senza l’altro?  

Sarebbero persi. L’uno, un pagliaccio dal cuor contento e l’altro, un integerrimo stoccafisso. Insomma, un disastro per chi insegna e per chi apprende.  E non sono da confondere con la seriosità e la frivolezza, che dei primi non sono nemmeno lontanamente cugini! 

Insomma, l’ironia, l’auto-ironia, il ridere con (e non ridere di) sono grandissimi alleati nei processi di insegnamento-apprendimento. E, si è capito, con l’umorismo non si scherza.  

È strumento tanto potente, quanto pulito e cristallino da dosare certamente con misura, ma da non dimenticare o addirittura demonizzare.

 

L’umorismo: 

 

Ah, tra parentesi, la canzoncina termina con: 

“A Natale puoi 

Puoi fidarti di più” 

 

Bene, fidatevi: Il sorriso avvicina e l’umorismo apre le porte dell’imparare insieme... 

Che aggiungere...Auguri a tutt* e che l’anno a venire sia ricco di sense of humor e di conquiste prodigiose!


Prof.ssa Alessandra Bonora

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