Il Museo Etrnografico di Casteltermini

Un tuffo nel passato attraverso l’intervista all’Esperto d’Arte e Responsabile del Museo Etnografico cioè il Professore Salvatore Rizza.

A Casteltermini esiste un posto meraviglioso che è fatto di antichi strumenti di lavoro e di testimonianze che ancora oggi ci ricordano come erano belli i tempi lontani e gli oggetti del passato pure senza tecnologia. Il museo etnografico nasce nel 2011, per fare questo museo c’è voluta molta fatica ma sono riusciti a raccogliere molti oggetti del passato, grazie anche a molte donazioni. Nell’intervista al Responsabile del Museo che insieme ad altre persone si occupa del posto, quando gli viene chiesto come nasce l’iniziativa di creare questo tipo di museo a Casteltermini, risponde che l’obiettivo era di recuperare tutti i beni del passato anche per dare ai giovani una traccia di come si viveva una volta e di quali erano gli attrezzi e gli strumenti di quel periodo, fatti di materiali umili e semplici. Ci sono diversi settori che sono catalogati per lettere e in alcuni ci sono vari giochi antichi come: bambole di stoffa cucite a mano, marionette, corde per saltare, telefoni costruiti con due lattine e un filo di spago, dei sassolini di marmo che servivano al gioco dei pizzicotti. Oppure c’è il settore che ricorda la vecchia miniera di zolfo che veniva chiamata “l’inferno” e ci lavoravano pure i bambini all’età di 9/10 anni. In altri settori ci sono gli attrezzi della vita contadina che servivano per lavorare la terra e guadagnare soldi per vivere, come ad esempio la zappa, il setaccio, le falci che per usarle i contadini dovevano indossare ditali fatti di canna per non avere il rischio di tagliarsi un dito. Il reparto degli attrezzi agricolo è il più importante per il Museo perché fa capire come nel passato grazie a queste attrezzature si ricavava il pane quotidiano per vivere. Ma ci sono pure gli attrezzi usati dal calzolaio, dal fabbro, dal falegname, dal barbiere e dal parrucchiere. C’è pure una stanza con un vecchio letto, un tavolo mezzotondo, una cucina e un forno per mostrare dove viveva l’intera famiglia. C’è un gruppo di vecchie valigie che servivano agli emigranti per andare via dal paese e cercare una vita migliore e quindi rappresentano l’emigrazione. E anche vecchie fotografie di Salvatore Quasimodo che era un grande poeta e di suo padre che è stato capostazione della ferrovia Acquaviva-Casteltermini e dei primi treni a vapore. Infine alla domanda su quale oggetto attrae di più l’attenzione dei visitatori, viene mostrata una pala in legno fatta a mano che ha delle cuciture, perché a quei tempi non si potevano comprare sempre nuovi attrezzi e quindi venivano riparati con graffe metalliche e rappresenta l’indice di povertà del passato. Nell’antichità quando si rompeva qualcosa non si buttava come si fa oggi, ma si cuciva o si riparava. Il Professore specifica che chi entra nel Museo Etnografico già all’entrata è come se fà un tuffo nel passato e infatti viene visitato da molte persone e da molti studenti delle scuole perché sono tutti incuriositi dagli oggetti e dalla storia di come era il passato senza tecnologia.

 

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