Tradizioni orali fanno risalire la presenza ebraica a Imola al VII secolo, ma è molto probabile che si inizi a parlare della presenza di una vera e propria comunità nella seconda metà del XIV sec. e di sicuro svolgevano in città attività feneratizie attestate già nel 1372.
Provenienti dall’Italia centrale vivevano nel cuore della città di Imola, dove si dedicavano ad attività commerciali oltre che ad una fiorente attività di produzione e copiatura di libri ebraici.
Dalla documentazione relativa agli ebrei entrati a Bologna nel primo ventennio del Quattrocento si apprende che una cinquantina di essi provenivano da Imola, ma il primo documento datato, a nostra disposizione, è più specificatamente il lasciapassare valido un anno rilasciato nel 1436 a Vitale di Magister Alegro di Imola, per viaggiare a Bologna e nei territori papali.
XV secolo
Nel corso del XV secolo sono un importante punto di riferimento creditizio locale e stringono rapporti con le autorità comunali, integrandosi nel tessuto imolese con gli Alidosi (1347-1439), i Manfredi (1439-1473) e i Riario Sforza (1473-1500).
In questo periodo venne fondata una sinagoga e allestito un cimitero.
XVI secolo
Nel Cinquecento è attestata la presenza di alcuni esponenti della famiglia Iachia, una delle più importanti in Portogallo fin dal XII secolo: molti suoi membri furono consiglieri politici e militari, medici e letterati alla corte reale portoghese. La famiglia Iachia giunse in Italia dopo il 1496, stabilendosi prima a Firenze, Ferrara, Ravenna, infine a Imola. Qui, tra il 1538 e il 1569, Abigail, moglie di Ioseph Iachia, sostituisce e prosegue in molti documenti, l’attività feneratizia del marito, assumendo una posizione di rilievo all’interno della comunità ebraica cittadina.
Il cardinale di Romagna Girolamo Capodiferro pubblicò una bolla papale il 18 febbraio 1548, con la quale il vescovo di Imola veniva invitato ad intervenire sulla questione ebraica, ma la città non prese seriamente la bolla di Paolo III. La bolla specificava l’invito a non servirsi del prestito ebraico e che era fatto divieto a chiunque di “prestare o mutuare a usura” nella città. Inoltre si voleva che il numero degli ebrei nella città di Imola venisse ridotto e chi sarebbe rimasto in città doveva risiedere obbligatoriamente in case a loro assegnate. I cristiani non dovevano né trattare nè fraternizzare con gli ebrei, obbligati a portare segni rossi sui copricapi o vestiti. Ai ribelli si applicava una sanzione, ma la comunità ebraica cercò comunque di far fronte a queste imposizioni.
Nel luglio del 1555 Papa Paolo IV emana la bolla Cum nimis absurdum, con la quale gli uomini ebrei sono costretti a mostrare un copricapo di colore azzurro e le donne con qualche altro segno ben visibile. Non possono avere in casa balie, domestiche o servitù di religione cristiana né avere rapporti con i cristiani. Ma sicuramente la parte più gravosa della bolla è rappresentata dall’obbligo della vendita di tutti i loro beni immobili, comprese le loro abitazioni.
Nel 1566 gli ebrei di Imola dovettero cedere il loro cimitero a dei religiosi e ricevettero un altro luogo da adibire a sepoltura.
Alla fine del Cinquecento quando aumentarono le tensioni tra cristiani ed ebrei, questi ultimi furono espulsi da tutte le città dello Stato pontificio e dunque anche da Imola.
Dal XVII al XX secolo
Le fonti archivistiche locali nei secoli successivi, fatta eccezione per alcuni atti notarili riguardanti i primi anni del Seicento, riportano solo notizie relative ad ebrei della comunità di Lugo, che ricadeva nel territorio diocesano di Imola. Solo nel 1828 risultano di nuovo presenti a Imola alcuni ebrei, che svolgono attività commerciali in casa. Dopo l’unificazione italiana molti ebrei risultano soggiornare a Imola: si tratta di funzionari civili e militari dello stato, insegnanti, commercianti e possidenti.
Nel 1877 da Livorno si trasferirono a Imola alcuni esponenti della famiglia Fiorentino, ai quali si aggiunsero, col passare del tempo, altri membri.
Perfettamente integrati nel tessuto socio-economico-culturale imolese, la loro tranquillità fu turbata nel 1937, quando apparvero sulla stampa nazionale e locale aspri articoli antisemiti.
La promulgazione delle prime leggi antisemite colpì direttamente anche i Fiorentino imolesi.
Tra il 1938 e il 1942 anche gli ebrei imolesi vennero espulsi dall’esercito, dalle libere professioni, dalle attività commerciali, dagli impieghi presso ditte private, dalle iscrizioni nelle liste di collocamento al lavoro. Inoltre venne vietata la pubblicazione e rappresentazione di libri, testi, musiche di ebrei e venne abolita l’adozione di testi scolastici scritti o pubblicati da ebrei, mappe o atlanti realizzati da ebrei e cosa ancora più grave, se possibile, fu impedito agli ebrei di apprendere e di insegnare.
Dall’analisi dei documenti dell’archivio storico comunale di Imola emerge chiaramente che anche la famiglia Fiorentino fu colpita dall’applicazione delle leggi razziali.
I documenti d’archivio consultati testimoniano alcuni episodi di persecuzione dei diritti dei cittadini ebrei imolesi: l’espulsione di Armando Fiorentino dal Consiglio d’Amministrazione della scuola secondaria “Regina Elena”, l’espulsione di Matilde Gallicchi dal Consiglio Amministrativo della Biblioteca Ponti di Imola, l’espulsione della piccola Grazia Fiorentino dalle scuole elementari “Carducci” ed infine il cambiamento del nome dell’attuale Vicolo de’ Giudei, nel centro di Imola, in Via Alfeo Albertazzi, volontario caduto in Spagna.
La famiglia Fiorentino dalla primavera del 1943 si trasferì prima a Casalfiumanese, poi sino al Monte Battaglia, tra la valle del Santerno e quella del Senio, dove si era nascosta precedentemente anche la famiglia Mortara, infine, a dicembre del 1943, dopo la proclamazione della repubblica sociale italiana, a Buda di Medicina.
La famiglia Fiorentino fu raggiunta a Buda il 15 dicembre del 1943 dal giovane imolese Amedeo Ruggi, allora militare di leva, poco più che ventenne, il quale si offrì di scortare tutta la famiglia fino al confine svizzero, via Como-Chiasso. Da Chiasso i Fiorentino si trasferirono a Lugano e rimasero in Svizzera fino al luglio del 1945. Altri ebrei imolesi si rifugiarono a Borgo Tossignano, Fontanelice, Castelbolognese, Casola Valsenio.
Emblema significativo della storia plurisecolare degli antichi ebrei imolesi, dei loro correligionari che vissero ad Imola in età contemporanea è la targa fatta apporre dall’amministrazione comunale di Imola nella via dei Giudei.
Bibliografia e sitografia:
Giulio Cesare Cerchiari, Ristretto storico della città d'Imola, Tipografia Galeati, Imola, 1969
Roth, C., The History of the Jews of Italy, p. 70; anche il Cassuto, U., E.J. , alla voce "Imola" riporta questa ipotesi di un insediamento ebraico nel VII secolo.
Luzzati, M., La casa dell'Ebreo, p. 239; p. 242. La presenza ebraica a I., a partire almeno dall'ultimo quarto del secolo XIV, viene menzionata dal Luzzati anche in Banchi e insediamenti ebraici nell'Italia centro-settentrionale, p. 201.
Andrea Ferri, Dal Regno al regime. Ebrei imolesi dall’Unità d’Italia alle leggi razziali
Andrea Ferri Mario Giberti, La comunità ebraica di Imola dal XIV al XVI secolo, Copisti, mercanti e banchieri, Leo S. Olschki Editore, Firenze, 2006.
https://www7.tau.ac.il/omeka/italjuda/items/show/511
Archivio storico IC N.2 di Imola
Archivio storico comunale di Imola
Desideriamo ringraziare le persone che hanno reso possibile la realizzazione di questo sito:
Prof. Mauro Perani, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna
Prof.ssa Katharina Koch, esperta di ebraico dell'Associazione BookWithinBooks
Dott. Andrea Ferri, Archivio diocesano di Imola
Archivio storico comunale di Imola