Le Virtù Cardinali del Ven. Carlo Carafa

La Prudenza.

«Primieramente fu egli prudentissimo, e dimostrò questa prudenza nel governo della sua Congregazione, e in tutte le altre cose che gli accaddero.

Viveva nella casa di Montedecoro in Maddaloni un laico di buona vita, il quale essendo stato prattico di medicina nel secolo, componea rimedi per aiuto de' poveri; onde in quelle parti era ispesso chiamato particolarmente dalle donne. Il servo di Dio, accortosi di ciò, vietogli quest'esercizio e per togliere ogni speranza a chi lo chiedea e con istanti preghiere lo cercava, all'improvviso lo tolse da quella casa e non mai ce lo fece ritornare.

Quando dovea correggere i difetti usava grande zelo, ma maneggiato dalla prudenza; perché alle volte riprendea e gastigava, alle volte lasciava l'uno e l'altro quando veda che non se ne cavava profitto, e poi a suo tempo facea la riprensione, accomodandosi di tal maniera al tempo e facendo queste cose con tanta carità che i difettosi corretti e gastigati si emendavano e restavano contenti.

Una volta un padre della Congregazione, avendo predicato in chiesa con gran fervore delle pene dell'inferno, subito calato si pose a ragionare co' secolari. Egli, subito che lo vidde, se lo chiamò e dissegli non convenire si subito fare passaggio dalle parole di Dio a quelle degli uomini, e dal carcere dell'ínferno alle libertà del mondo, perché in quella mani . era veni . va a derogare alla gravità e modestia religiosa disfacendo subito l'edificio di compunzione che predicato con tanto fervore e fatiga fabbricato avea.

Si portò in rara prudenza in tutti gli anni che fu superiore o delle case o generale della Comunità.

Il primo Superiore della Congregazione fu egli, eletto da' suoi per espresso consenso della ~ felice memoria del Cardinal Gesualdo, e moltissime volte fu a quella carica rieletto.

Si portò anche assai prudentemente esercitando in grado eroico questa virtù in tanti uffici che gli addossarono i miei predecessori e gli diedi ancor io.

Visitando il Cardinal Gesualdo la chiesa di Resina, occorse un gran disturbo, non volendo i ministri della chiesa dar conto dell'amministrazione e delle limosine abbondanti che venivano; onde doppo le citazioni per queste e altre disubbidienze gravissime, così loro come gli eletti a sindaci con buona parte della terra furono scomunicati; ma non facendo conto delle censure, il Cardinale vi mandò il servo di Dio padre Don Carlo che, ricevuto da essi come santo, tanto fece colle sue belle maniere, che umiliatisi li portò all'arcivescovo offrendosi pronti a ogni castigo.

Questa sua gran prudenza era accompagnata da un dono mirabilissimo della discrezione degli spiriti e in questo si portava con una prudenza mirabile, tanto che quando egli decideva qualche cosa, tutti stavano al suo parere».

La Giustizia.

«Eroica fu anche la giustizia del servo di Dio padre Don Carlo. Avea egli giurato fedeltà al suo Re essendo soldato; e divulgatasi la fama del suo valore fra' luterani, fu invitato a seguirli con l'offerta di posti vantagiosissimi. Ma il servo di Dio mantenne questa virtù della giustizia prima a Dio e poi al suo Re, scagliandosi con tante bravate contro chi venne a parlargli e sfidando a duello l'infame Monsù Aldighiero, generale de' luterani, che l'avvilì e disfatto colui non comparve.

Tornato la seconda volta dalle guerre e fatto sergente maggiore, carica a suo tempo delle prime fra la milizia, essendosi sparsa per tutto la fama del suo valore e della sua santa vita, fu egli chiamato per generalissimo della serenissima repubblica di Venezia; ma egli con umili ringraziamenti rispose non voler sotto altri auspicij militare che sotto quelli della Corona di Spagna , e che piuttosto avrebbe preferito con una pacca sulle spalle servire da fante il suo Re che da generalissimo col bastone in mano a qualsivoglia Potentato del mondo.

Dimostrò questa rara giustizia nell'osservanza puntuale delle sue regole. In questo credo che diranno cose mirabili i padri della sua Congregazione, perché tutti mi han detto ch'era lo specchio dell'osservanza, e quantunque vecchio e infermo precedea tutti ed era il primo a tutte le osservanze, tanto che essi per quanto avessero fatto non poterono mai prevenirlo e questo suo fervore era a tutti una tacita riprensione e mi hanno asserito di più che se talvolta essi inavvedutamente operavano contro le regole, in udirlo e vederlo da lontano, subito si emendavano, servendo loro di correzione e di avviso la sua sola presenza; e pure le regole de' Pij Operarij non arrivano nemmeno a peccato veniale. Onde credo che nel processo, il quale spero si farà fra breve delle sue virtù e miracoli, diranno essi cose assai singolari.

Comandò egli ai suoi che andassero per la città sempre accompagnati con quel compagno che loro dava il superiore, e raccomandava a tutti la modestia religiosa, e che andassero con passi gravi se non erano mossi da negozi gravi, con gli occhi bassi, composti di corpo e senza che facessero moto con le mani.

Or egli camminava con tanta modestia che i secolari al vederlo restavano compunti.

Ed io, che l'ho veduto più volte, mi recava devozione il vederlo.

Comanda egli in altra Regola o Costituzione che non si stia mai in ozio. Io in tant'anni che l'ho conosciuto posso attestare che sempre ha fatigato indefessamente.

... A queste ed altre fatighe si aggiunsero quelle che facea continuamente, attendendo al santo esercizio dell'oratione, all'osservanza di tutte le regole, al coro di giorno e di notte, penitenze eccetera.

Cose tutte che fanno credere che il servo di Dio osservasse le sue Regole con puntualità, nel che si conosce la virtù eroica della sua giustizia».

La Fortezza.

«Pratticò il servo di Dio una fortezza eroica e in cento e mille volte ne diede assai eroici esempi.

Dimostrò primieramente questa fortezza di non vendicarsi de' suoi nemici, e nel rendere sempre ad essi bene per male, dimostrandosi con coraggio e rara fortezza esecutore del detto di Cristo: "Ego autem dico vobis, diligite inimicos vestros et benedicite iis qui oderunt vos".

Prima che egli ascendesse al sacerdozio, alcuni malevoli senza mirare né alla santità sua né alla sua nobiltà, gli toccarono al vivo la reputazione e l'onore, e il servo di Dio non solo non procurò il meritato castigo agli impostori, ma li amò con affetto sviscerato, e li aiutò sempre e li sovvenne nei loro bisogni, e pratticò loro questi atti di singolar virtù non già solo una volta o poche volte, ma per tutto il tempo ch'essi vissero, e quasi che da loro ricevuto avesse non già quel terribile affronto, ma un beneficio assai raro e segnalato.

Possedea il servo di Dio nel territorio di Somma una masseria nella quale venne certo commissario spagnolo a sequestrare contro il dovere il frutto e sotto il pretesto delle buone tenenze, senza aver mira al servo di Dio, uomo di tanto merito e per di più ecclesiastico, dall'esiggerne la porzione imperiosamente, la quale per nessuna legge gli si dovea. Il servo di Dio non si oppose, né lo chiamò in giudizio Per farlo castigare o per farsi restituire il tolto malamente, ma con gran fortezza tollerò questo torto.

Il detto commissario spagnuolo commise dopo qualche tempo un infame omicidio per lo quale nella chiesa di S. Orsola nella porta di Chiaia si rifugiò con pericolo che la corte ne lo estraesse perché i parenti dell'ucciso provarono essere stato proditorio l'omicidio.

Vedendosi questi in pericolo della vita, e pensando che col mezzo del servo di Dio avrebbe potuto ottenere la remissione dalla madre dell'ucciso, tuttoché prima l'avesse offeso, con tutto ciò stimandolo per uomo santo, pensò ricorrere a lui... Né s'ingannò, perché avendolo mandato a chiamare con una lettera, il servo di Dio tutto che fosse lungo il cammino, vi accorse subito e udito il bisogno lo consolò e gli promise ogni aiuto, e tanto fece che la madre del defunto gli fe' la remissione, e così egli si poté aggiustare.

Mi sovviene anche, a proposito di questa sua fortezza un bel fatto.

Fra' Padri di S. Giorgio Pii Operari e la Confraternita del Santissimo Sagramento in detta chiesa eretta sorse una lite, per cui i fratelli ricorsero al Regio Collateral Consiglio pretendendo una banca dentro la chiesa per sedervi ne' dì di festa.

... Venne perciò un togato.... proruppe in parole poco decevoli, e fra le cose che disse ad alta voce al servo di Dio ivi presente, che era ribelle di Sua Maestà, giacché sprezzava gli ordini del suo tribunale supremo.

Quest'ingiuria era la maggiore che potea ricevere sì un soldato valoroso com'egli era stato, come un Cavaliere Napolitano, e della prima nobiltà; ma il servo di Dio non si risentì e con molta quiete disse che quel sagro luogo non era tenuto ad obbedire con tanto pregiudizio agli ordini dei secolari, e che quanto all'esser ribelle rispondendo in sua difesa le cicatrici della sua carne, avendo ricevuto nelle guerre molte ferite per servizio del suo Re. Partito il ministro regio pensando alle parole proferite contro il santo uomo, entrò in timore di riceverne qualche affronto da Sua Eccellenza il Signor Vice Re, che tanto stimava il servo di Dio, e di più incorrere l'odio de' Signori Carafa, onde subito tornò a chiedere perdono al servo di Dio; ma questi, che amava tutti, e specialmente chi lo maltrattava, nemmeno aspettò che colui finisse la discolpa, ma teneramente abbracciatolo, dichiarò che in niun conto era rimasto offeso, perché egli non era più del mondo».

La Temperanza.

«Sono effetti di questa virtù della temperanza sì la castità eroica come l'eroica povertà delle quali ne parlerò appresso.

Primieramente fu incredibile la sua astinenza. Quando, lasciata la milizia, si dia a vita mortificata,~ il suo continuo cibo era il digiuno, onde si vedea così sparuto nel volto e talmente estenuato nel rimanente del corpo che molti i quali lo conobbero mi hanno attestato che rappresentava un vivo ritratto di morte.

Una volta stette in Roma'sei mesi, e in tutti questi digiunò sempre in pane e acqua, solo aggiungendovi un picciolo pesce salato, e questo fu quando per ordine di Papa Clemente Ottavo dovè stendere le regole della sua Congregazione.

Digiunò sempre in pane e acqua le vigilie della B.ma Vergine come anche nelle vigilie delle feste principali fra l'anno e di alcuni Santi de' quali era divoto e ordinariamente ogni venerdì. Nelle solennità di S. Maria Annunziata digiunava in pane e acqua anche quel giorno, oltre la vigilia, per la grandezza del mistero dell'Incarnazione, e per l'allegrezza che provava in pensando che Maria era stata sollevata alla dignità sublimissirna di Madre di Dio.

Volle che i suoi oltre la quaresima comune osservassero le quaresime dell'Avvento, dello Spirito Santo dalla vigilia della Ascensione fino a Pentecoste, ed in ogni settimana volle che si astenessero il mercoledì della carne, e nel venerdì in memoria della Passione di G.C. ed il sabato in onore della B.ma Vergine si digiunasse.

Egli però avanzava di gran lunga tutti gli altri in queste osservanze; al pane aggiungeva nel pasto un pesce secco de' più vili e dozzinali, e così si cibava le intiere quaresime.

Quando poi non digiunava, mangiava così poco che parea non mangiasse.

Aborrì ogni delicatezza di cibi, e quando gli era posta innanzi qualche vivanda delicata che veniva da fuori regalata, la donava a chi gli stava appresso; mangiava poi sì poco de' cibi anche vili che tutti stupivano come potesse mantenersi e, perché non se ne accorgessero, si trattenea tramezzando e prendendo pian piano qualche boccone finché finissero gli altri».