Messaggio di Mons. Giuseppe Agostino

Processo di Canonizzazione del Servo di Dio

Don Gaetano Mauro


Giuseppe Agostino

Per Grazia di Dio e della Sede Apostolica

Arcivescovo Metropolita di Cosenza-Bisignano

Messaggio alla famiglia ardorina, ai presbiteri diocesani ed ai diaconi, ai religiosi ed alle religiose, ai laici della Chiesa di Cosenza-Bisignano

1. Carissimi, con profonda gioia vi dono una bella notizia.

Vi annunzio un avvenimento di grazia che ci apre a tanta speranza nel Signore: Giovedì 9 maggio 2002, in Cattedrale, introdurremo la causa di beatificazione di un prete straordinario della nostra Chiesa Cosentina, don Gaetano Mauro, fondatore dei Catechisti Rurali (Missionari Ardorini).

Con commozione contemplo quello che sento di chiamare “il nostro cantiere del riconoscimento della santità”: in questa fase della mia esperienza episcopale, in mezzo a voi, mi è stata concessa la grazia dell’avvio di tre processi di beatificazione: quello del grande abate florense, Gioacchino da Fiore; quello di Elisa Miceli di Longobardi, fondatrice delle Catechiste Rurali; e questa dell’esemplare presbitero, don Gaetano Mauro, del quale vi illustro, con molto pudore e commozione, la figura, la spiritualità, le opere.

2. La Chiesa è madre dei santi. Lo proclamiamo, spesso senza pensarci, nella professione di fede, il Credo.

Diciamo, infatti: “Credo la Chiesa Santa”.

La Chiesa è santa nel suo fondatore, il Solo veramente santo, il Signore Gesù; è santa nel suo mistero e nel suo deposito di verità e di grazia; ed è santa in tanti suoi figli che ne connotano il suo volto genuino.

E’ sorprendente in un tempo come il nostro, complesso ed inquieto, il fiorire della santità. E’ come la risposta di Dio a tanta sfasatura storica.

Giovanni Paolo II nella Lettera Apostolica al termine del Grande Giubileo dell’anno 2000 dice: “Le vie della santità sono molteplici e adatte alla vocazione di ciascuno.

Ringrazio il Signore che mi ha concesso di beatificare e canonizzare, in questi anni, tanti cristiani, e tra loro molti laici che si sono santificati nelle condizioni più ordinarie della vita. E’ ora di riproporre a tutti con convinzione questa “misura alta” della vita cristiana ordinaria: tutta la vita della comunità ecclesiale e delle famiglie cristiane deve portare in questa direzione” (Novo Millennio Ineunte, n. 31).

3. Don Mauro è in questa luce.

La trama della sua vita, crocifissa ed entusiasta, fu quella di un prete operante nella nostra terra che è capace di molte emozioni ma di poca organizzazione.

In questa terra egli fiorì con l’irrompenza dello Spirito, e fu “Virgulto in terra arida” perché in non poche solitudini; fu forte nelle tempeste; capace, perché intensamente credente, di generare speranza.

Fu uomo che ebbe non poche incomprensioni; ma silenziosamente ed intensamente ancorato al Signore Gesù, aprì varchi di vita ed impiantò opere “intuitivamente nuove” e radicalmente “forti e serie”.

4. Vi racconto ora, brevemente, la sua storia, e mostrandovi i frutti della sua fecondità cercherò di penetrare la sua spiritualità.

Lo guardo con voi e per voi, come benedizione di Dio, e lo contemplo come “calabrese” che superò tutte le costrizioni nella tenacia della fede, come uomo dalla continua ricerca nelle tante difficoltà, come prete sempre desto e vigile sulle frontiere dell’evangelizzazione; desto e vigile soprattutto alla sorpresa di Dio nella sua vita ed attraverso la sua vita.

La sua storia è varia ma essenziale.

Nacque a Rogliano (Cosenza) il 13 aprile 1888 da Salvatore Mauro e Virginia Salvino.

La sua famiglia era profondamente religiosa. I suoi genitori vivevano esemplarmente la vita cristiana.

La famiglia è un valore universale ma lo è, significativamente, nella nostra terra di Calabria. La famiglia ha un influsso determinante nella vita di un uomo. Il primo timbro di una vita cristiana è quello familiare. Sento di affermare che, ordinariamente, la santità ha una sua prima genetica nel latte della madre e nel sudore del padre.

Altro dono alla sua vita furono Don Vincenzo Florio, fratello della Nonna e Parroco a Paterno Calabro, ed il suo parroco Don Michele Caruso.

Ho sempre ritenuto che, ordinariamente, un sacerdote è “procreato” da un altro sacerdote e che “un Santo” è collegabile, quasi sempre, ad un santo prete oltre che ad una esemplare famiglia.

Difatti la vita cristiana è come un fiore. Il seme è di Dio, il terreno sono i contesti della nostra vita che ordinariamente sono la famiglia e la parrocchia.

Ora nella vicenda umana e cristiana di don Gaetano Mauro troviamo confermata, ancora una volta, questa verità.

Fu prima don Vincenzo Florio ad avviare il giovanetto appena decenne alla preghiera ed alla meditazione.

Poi, Don Michele Caruso uomo di Dio e prete veramente tale, dimostrando di avere un carisma particolare nell’intuire e quindi, suscitare vocazioni sacerdotali, seppe accompagnare al cuore sacerdotale di Cristo quel giovanetto che si era innamorato della multicolore divisa seminaristica. L’avviò agli studi e gli dischiuse le porte del nostro Seminario Arcivescovile di Cosenza, dove il giovane seminarista fu esempio e guida per i compagni e valido aiuto ai superiori.

Il 14 luglio 1912, con altri undici, fu ordinato sacerdote a Cosenza, nella Chiesa di Portapiana, da Mons. Scanu, che era vescovo di S. Marco e Bisignano.

Nella freschezza dell’ordinazione ebbe due incontri che non dimenticò mai: il saluto a Bartolo Longo nel Santuario di Pompei e l’udienza del Papa Pio X, che poi fu San Pio X.

Questo Papa, che amava definirsi “un povero parroco di campagna”, fu eccezionalmente fecondo per l’organizzazione interna della vita della Chiesa, ed il suo pontificato si manifestò subito ricco di fermenti fin dalla scelta del motto ispiratore del suo programma pastorale: “instaurare omnia in Christo”.

Promosse infatti il rinnovamento liturgico, aprì la Curia romana alla pastorale, codificò il diritto canonico, favorì l’istruzione catechistica dei bambini con il catechismo, ma fu, soprattutto, il Papa dell’eucarestia. Don Mauro fu interiormente impregnato della ricchezza di quel Pontificato, specie di quanto San Pio X dispose sulla comunione quotidiana. In alcuni appunti su un omelia per la Pasqua (1922) Don Mauro scrive: “... le cose del cielo sono i sacramenti e soprattutto l’Eucarestia, che è il paradiso sulla terra”.

5. Il 28 giugno 1914 venne nominato parroco a Montalto Uffugo in una situazione religiosa molto tesa ed in difficoltà. Vi giungeva forestiero, in mezzo ad un popolo mal disposto ad accogliere un nuovo parroco, perché avvenimenti speciali avevano sconvolto i sentimenti religiosi dei Montaltesi; ma era armato di propositi forti di carità e di zelo.

Si rivelò subito buon Pastore tutto cuore, tutto vita, tutto ardore per le sue pecorelle, e queste compresero ben presto di avere in lui il vero padre delle loro anime. Lo sperimentarono soprattutto i giovani.

Presto venne nominato “Decano” della Collegiata di S. Maria della Serra e questo titolo

fu come un nome nuovo che lo connotò quando si parlava di lui o con lui.

Il 23 maggio 1915 dovette partire per il fronte prestando servizio nella Sanità come altri numerosi sacerdoti. In questa fase, diciamo “militare”, ebbe assegnata la reggenza della Parrocchia di Viscone sul Torre, in provincia di Gorizia.

Lì lavorò tra i fedeli e tra i soldati.

Ardente di zelo per la gloria di Dio, egli seppe essere un sagace ministro di Dio in un ambiente e in momenti difficili, travagliati dalle angustie della guerra: la sua canonica divenne casa di tutti, autorità, Ufficiali, Cappellani militari, soldati, gente del popolo.

Fu anche prigioniero, internato civile nel campo di concentramento di Katzenau in Austria, ove per poco non lasciò la vita per gli stenti e le malattie.

La sua salute, da allora, fu sempre minata.

Malattie si susseguirono a malattie e Don Mauro fu veramente conformato a Cristo Crocifisso senza per altro mai interrompere la sua attività e senza mai lasciar affievolire lo zelo; anzi da quel suo soffrire trasse la lezione più alta della fecondità del dolore offerto con amore.

Non ci meraviglia pertanto che rientrando dalla guerra, dopo un periodo di inattività per un inizio di tbc avviò una attività pastorale intensa, molteplice, intelligente.

I fanciulli e i giovani formarono la porzione preferita e più coltivata del suo gregge: catechismi, conferenze, scuole diurne e serali, scuola agraria, Congregazione Mariana, scoutismo, teatrino, cinematografo, i colloqui a tu per tu cuore a cuore, la direzione spirituale: tutto fu messo in opera perché i piccoli e gli adolescenti avessero i mezzi per educarsi sanamente e santamente.

Questo fervore di opere ebbe un nome: il Ricreatorio, che fu scuola e palestra di formazione, di spiritualità, deserto dove il Signore addestrava gli animi per le cose future che stavano per rivelarsi: il carisma dell’evangelizzazione rurale.

Ne fu sedotto, ma non si inoltrò mai su quel terreno né mai vi avanzò di un passo se

non dopo che la voce della Chiesa gliene confermò via via l’autenticità.

Sorse così nell’agosto 1925 l’ARDOR (Associazione Religiosa degli Oratori Rurali), e la sua strada incrociò quella delle sorelle Miceli che dell’ARDOR si nutrirono per le loro sante intenzioni.

La vitalità del Ricreatorio e l’entusiasmo dell’ARDOR furono poi la via lungo la quale don Mauro sentì sempre più fortemente l’ispirazione di dar vita ai Catechisti Rurali, nuovo giovane pollone che, nato nel seno della diocesi cosentina (27 Giugno 1930), fu riconosciuto come proprio dalla Chiesa Universale nel 1943.

Tutto questo, gettato nella terra come un piccolo seme, maturò tra nuove malattie e nuove sofferenze: nel maggio 1934, fu colpito da paresi. Ma la vita vinse.

Ma Egli ricordava ciò come un segno di benevolenza della Madonna della Serra e come l'inizio di una seconda vita; nonostante tante difficoltà, la sua opera s'incrementò sempre, in un mistero di grazia, tanto che la Congregazione dei Catechisti Rurali nel 1943 fu unita a quella dei Pii Operai, fondata a Napoli nel ‘600 dal venerabile P. Carlo Carafa.

In forza dell’unione, la Congregazione divenuta di Diritto Pontificio e con personalità giuridica davanti allo Stato, assunse il nome nuovo di Pii Operai Catechisti Rurali (Missionari Ardorini) e Don Mauro fu sempre eletto Superiore Generale dai Capitoli.

Morì piamente il 31 dicembre 1969 nella Casa Madre di Montalto Uffugo.

La salma è tumulata in Montalto Uffugo nella Chiesa di S. Francesco di Paola, nella casa madre della Congregazione, ed è meta di tanti fedeli che vanno a pregare.

Si può dire, quindi, che c’è una fama di santità.

6. Non è facile penetrare la spiritualità di don Gaetano Mauro.

Ma non perché egli sia una figura complessa. Tutt’altro. E’ anzi un prete essenziale.

Le prove della vita, l’eruttività missionaria lo mostrano poliedrico, e a guardare bene, intensamente umano, radicalmente pudico e vibrante di forti sentimenti.

Don Gaetano Mauro è una quercia, ma è uno spirito tenero, dolce.

Tento di riassumere i tratti della sua spiritualità, il volto della sua santità anche perché ogni uomo di Dio mentre è lode e riflesso del suo mistero deve essere provocazione per tutti.

Don Mauro è attualissimo per la pastorale di oggi, per la vita di un prete del dopo Concilio. Lui, lucidissimo, fu precone di un presbiterato vissuto con radicazione al perenne e con apertura alle nuove attese.

7. La sua fu una spiritualità cristocentrica, nutrita da una vitale partecipazione

eucaristica, illuminata da una devozione tenerissima e forte verso Maria, la Madre del Signore e della Chiesa.

Dalla cristocentricità emerge la “conformazione al mysterium crucis”. La vita di Don Mauro fu come cucita dalla croce, e da tutte le croci: malattie nel corpo, disagi di situazioni, incomprensioni anche dentro la Chiesa, inadeguatezza di mezzi per le sue grandi e straordinarie intuizioni, ma fu espressa nel vestito della serenità e del sorriso.

E’ il segreto dei santi. Non c’è nulla per la morte ma tutto è per la vita.

Don Mauro fu uomo tenace, fu come una quercia ben radicata nella fede per cui si può dire che il miracolo della sua vita fu questa capacità di andare avanti, oltre, nella potenza della fede per cui: tutto è possibile per chi crede.

Questo è un timbro, ritengo, anche calabrese. Il calabrese è un uomo vaccinato dalle prove e forte di fronte alle intemperie. In Don Mauro questo pathos, tipico della nostra terra, si vivifica e si esalta per la sua fede sofferta e profonda.

8. La sintesi della sua vita può essere riassunta in questa scelta esistenziale, dinamica: vita intessuta di dolori ma trasfigurata dall’Amore. Il dolore senza l’amore è disperazione, l’amore senza il dolore è presunzione.

Questo prete ha saldato la vita conformandola a Cristo, il Crocifisso per amore e perché trionfi l’Amore. A diciannove anni, nel ricevere l’accolitato, aveva fatto questa preghiera: “O Gesù, che questo primo mio passo verso il tuo santo monte sia diretto sulle tue orme, che la mia vita possa compendiarsi in queste due parole: Amore e Dolore”.

Fu in questa linea che dopo diede vita alla istituzione femminile delle Suore Catechiste Ausiliatrici dei sofferenti.

9. Come dicevo, i suoi punti di riferimento ascetico-mistici sono stati l’Eucarestia e Maria, la Vergine Madre.

Sull’Eucarestia, don Gaetano, ha questa lettura esistenziale: “Se l’uomo fosse destinato ad un fine naturale, troverebbe in questo doppio alimento (il fisico ed il razionale) la sazietà e la soddisfazione dei suoi desideri; ma il bisogno dell’infinito, che lo tormenta, prova ad evidenza che egli è chiamato ad un fine soprannaturale ed è in lui una vita superiore, che deve cercare il suo alimento fuori del mondo, dei sensi e della stessa ragione. L’uomo è creato per Iddio, e, solo comunicando con Dio, con la Divina Eucarestia, può trovare quiete, perfezione ed il compimento del proprio essere”.

Altro suo grande amore è stato la Madonna.

Scrisse: “per due volte mi sono visto ridonata la vita per l’intercessione della Beata Vergine Maria”, e per questa sua esperienza e per quella di tanti altri fedeli volle che la Vergine della Serra, che venerava filialmente, fosse venerata soprattutto come Salus Infirmorum.

E continuava: “Apriamo dunque il cuore alla fiducia; se è vero che siamo sulla terra gli esuli figli di Eva, è ancor vero che l’affetto di un’altra Madre ci accompagna, ci sostiene, ci rialza fin tanto che la nostra povera anima abbattuta dai venti e dalle tempeste della vita non arriverà al suo amplesso materno che darà all’anima l’oblio di ogni dolore passato, la certezza della felicità eterna …”.

10. Con questi grandi poli della sua vita spirituale Don Gaetano fu prete di speranza,mostrandosi capace di una attuazione vitale di questa virtù teologale espressa nel proseguire, nell’incominciare da capo non per spinta psico-emotiva ma perché Dio viene sempre. E’ vero, infatti, che in tutto ciò che avviene, Dio viene. Dio è la perenne novità della vita e della storia. Don Gaetano Mauro mostra questa verità nella sua vita.

Nella sua esistenza appare che in momenti di apparente sfascio il Signore gli ha aperto il

“mare” della disperazione e gli è apparso, com’è, Signore della vita e della storia.

Nella esperienza cristiana di Don Mauro possiamo apprendere vitalmente come il Signore prova quelli che ama e che, se prova, lo fa ed è per un maggior bene.

Il vero credente, come fu Don Mauro, sa ed esperimenta che Dio è più grande del nostro cuore.

Il nostro servo di Dio fu così sempre aperto al nuovo, e fu umile e forte.

Grembo della sua esperienza pastorale e missionaria fu la Chiesa. Pur se ha avuto la esperienza amara di cogliere in essa l’umano e talvolta in modo inquietante, tuttavia l’ha sempre guardata oltre l’umano nel suo mistero trascendente.

L’ ha amata, l’ ha servita, l’ ha mostrata nel suo stile di vita.

Don Mauro fu costruttore di Chiesa.

11. La sua carismaticità, nutrita da quanto suddetto, fu la missionarietà nel mondo rurale e la passione per i giovani.

Non operò, quindi, nel genericismo, spesso inconcludente, ma colse uno spazio, certamente ispirato, e lo servì con passione ed intelligenza.

Il suo amore ai giovani gli fa riproporre una gamma varia e seria di esperienze, che attuò, soprattutto con il contatto personale o “colloquio”. Seppe accogliere, ascoltare, orientare.

In quanto al mondo rurale, si parla di una sua conferenza rimasta celebre, nel 1938, a Petilia Policastro nella quale confidò “un bel sogno d’amore per la nostra regione” che gli derivava “da un tormento”.

Il tormento nasceva dalla esperienza quotidiana delle difficili condizioni della gente dei campi.

Per questo dice: “la Congregazione, composta da sacerdoti e fratelli coadiutori, ha per fine specifico l’assistenza religiosa e sociale dei figli dei campi in modo che questi si educhino ad amare e rendere sempre più bella la vita rurale”.

12. In questa sua opera di Fondatore e, poi, di Superiore, pur mantenendo sempre un umile sentire di sé, manifestò una sapienza santa avuta in dono dall’alto dimostrandosi esperto delle vie di Dio, conoscitore profondo delle esigenze della vita religiosa e comunitaria.

Padre dal cuore tenerissimo maturato sulla croce, fu maestro e guida spirituale dei suoi figli ai quali inculcò l’unità, l’umiltà, l’obbedienza e quelli che chiamò i “due grandi beni: l’amore alla solitudine e al raccoglimento della più fervida preghiera e l’aspirazione al più ardente apostolato”.

E fiorirono tante iniziative ed opere.

Don Mauro fu un prete molto fecondo. Le sue opere sono tante. La sua congregazione ha varcato l’oceano dischiudendosi a nuove realtà ed a nuovi mondi.

Lo Spirito sta guidando la Congregazione aperta, ora, al Movimento Collaboratori, e all’istituto Secolare Ardorino.

13. Possa la conoscenza e la sintonia con questo meraviglioso prete della nostra Diocesi essere uno stimolo per i sacerdoti onde siano più veri, più uniti, più creativamente impegnati.

Fioriscano tutte le opere ardorine per il bene della Chiesa e per la promozione umano-sociale dell’uomo calabrese e, secondo la illuminata vocazione di Don Mauro, dell’uomo rurale.

Questo processo, per cui preghiamo, portandoci, come speriamo, alla beatificazione sarà una scoperta della ricchezza di grazia apparsa in questo prete cosentino ed un richiamo a seguirne le sue orme perché la sua passione missionaria accenda altre vocazioni ardorine e sia di stimolo alla “nuova evangelizzazione”.

Il mondo attende i santi. Sono segnali e provocatori di grazia per tutti.

Cosenza, 13 aprile 2002 - 114° anniversario della nascita del Servo di Dio Francesco Gaetano Mauro, sacerdote, fondatore dei “Pii Operai Catechisti Rurali” Missionari Ardorini.

† Giuseppe Agostino

Padre Arcivescovo

Metropolita di Cosenza- Bisignano