EU Latest / 9

29/9/2018

Una visita ad alta tensione, quella del presidente turco Erdogan in Germania.

"Ci sono state e ci sono ancora profonde differenze", constata la cancelliera tedesca Merkel in conferenza stampa proprio con Erdogan, dopo aver riavviato un sottile filo di dialogo tra Berlino e Ankara, chiudendo mesi di tensione e accuse diplomatiche. Un dialogo basato soprattutto sulla cooperazione economica, anche se giustizia, libertà di stampa e diritti umani continuano ad essere motivo di profonde spaccature: prima la minaccia di Erdogan di disdire la conferenza congiunta, qualora vi avesse preso parte l'ex-direttore di Cumhurryet Can Dundar, in esilio da due anni in Germania, poi la richiesta -da parte dello stesso Erdogan- di estradare 69 turchi residenti su territorio tedesco e accusati di terrorismo nella Penisola anatolica. Berlino non la pensa così. Ieri sera migliaia di persone hanno manifestato contro Erdogan di fronte alla residenza del presidente tedesco, dove il presidente turco si trovava a cena. La presenza del leader turco continuerà ad essere estremamente scomoda anche oggi: Erdogan presenzierà all'apertura di una moschea a Colonia, ma per ragioni di sicurezza l'evento sarà chiuso al pubblico e vedrà la presenza solo di invitati selezionati. Se ne dovranno fare una ragione i 25mila turchi residenti in Germania, attesi per festeggiarlo. Oltre 3000 poliziotti schierati, con il compito di evitare scontri tra i sostenitori del presidente turco e i manifestanti venuti a contestarlo.

29/9/2018

L'Europa sceglie la linea del basso profilo, il giorno dopo la nota di aggiornamento del Def. La reazione ufficiale è affidata ad una scarna dichiarazione di un portavoce della Commissione.

"Aspettiamo la presentazione della manovra entro il 15 ottobre, la analizzeremo". Bruxelles evita dunque lo scontro frontale, di fronte a delle dichiarazioni di intenti - meglio attendere la sostanza, e analizzare le voci di spesa. Il terreno è minato, comunque la si voglia guardare: una reazione scomposta da parte dell'Europa scatenerebbe l'attacco congiunto di Lega e 5 Stelle contro i cosiddetti eurocrati di Bruxelles. Allo stesso tempo, l'Italia -vista dal Belgio- è una polveriera, con gli speculatori che fiutano il sangue, il debito a rischio esplosione, e -manco a farlo apposta- l'imminente fine del Quatitative Easing Bce. Tra neppure un mese, stando così le cose, la Commissione potrebbe richiedere una poderosa correzione della manovra - o persino bocciarla. "E' importante che l'Italia si attenga a politiche di bilancio responsabili per tenere i tassi bassi", avverte il vicepresidente della Commissione Dombrovskis. Il collega Moscovici predica calma: "nessun interesse ad una crisi tra Bruxelles e Roma". Ma non può fare a meno di notare che un Paese che continua a indebitarsi si impoverisce. La delusione più forte è sul Ministro dell'Economia Tria: aveva garantito il rispetto di determinati paletti, le promesse non sono state mantenute. Un pesante colpo alla sua credibilità, che spiana la strada ad un Eurogruppo -lunedì- per lui rovente.

28/9/2018

La reazione è secca: "aspettiamo la presentazione della manovra entro il 15 ottobre, la analizzeremo". Bruxelles non entra nel merito di quella che è già stata definita la dichiarazione di guerra del Governo gialloverde alla Commissione Europea, ben sapendo che il terreno è minato.

Ogni reazione scomposta scatenerebbe l'attacco di Lega e 5 Stelle contro gli eurocrati di Bruxelles, con gli ormai ampiamente utilizzati slogan euroscettici. Meglio guadagnare tempo, aspettando la scadenza naturale di metà ottobre per analizzare il documento nei dettagli. Al momento una bocciatura o richiesta di pesante correzione appaiono quasi certe: si proverà a trattare. Ovvia però la delusione peravercreduto in un interlocutore come il Ministro dell'Economia Tria, che per tutto il mese ha rassicurato l'Europa sul rispetto di alcuni paletti minimi - rassicurazioni rivelatesi inattendibili. Il Commissario agli Affari Economici Moscovici è l'unico a metterci la faccia, impostando la linea del "restiamo calmi". "E' verosimile che il deficit strutturale dell'Italia aumentera', ma non abbiamo interesse a una crisi tra la Commissione e l'Italia", ha deffo Moscovici a Bfm. Moscovici dice di voler continuare il dialogo con Roma, ma constata come "un Paese che si indebita, si impoverisce". Infine tende il ramoscello d'ulivo: "le sanzioni sono teoricamente possibili, ma io non sono nello spirito da sanzioni" - ma ricorda anche: "pacta sunt servanda". Lunedì primo showdown all'Eurogruppo: per Tria un avvio di settimana tutto da vivere pericolosamente.

28/9/2018

"Aspettiamo la presentazione della manovra entro il 15 ottobre, la analizzeremo". Bruxelles non entra nel merito di quella che è già stata definita la dichiarazione di guerra del Governo gialloverde alla Commissione Europea.

Meglio guadagnare tempo, aspettando la scadenza naturale di metà ottobre per analizzare il documento nei dettagli - e solo dopo pronunciarsi. Al momento una bocciatura appare però praticamente certa: ogni rassicurazione data nel corso delle ultime settimane dal Ministro dell'Economia Tria è stata palesemente stracciata. Il Commissario agli Affari Economici Moscovici è l'unico a metterci la faccia: "è verosimile che il deficit strutturale dell'Italia aumentera'", e dopo aver valutato la manovra abbiamo "diverse risposte", ha detto alla televisione Bfm. "La mia riflessione e' semplice: non abbiamo interesse a una crisi tra la Commissione e l'Italia". Moscovici dice di voler continuare il dialogo con Roma, ma constata che un Paese che si indebita, si impoverisce". Infine tende il ramoscello d'ulivo: "delle sanzioni sono teoricamente possibili, e' previsto dai Trattati, ma io non sono nello spirito da sanzioni, non lo sono mai stato" - ma ricorda anche: "pacta sunt servanda". L'Italia sarà al centro dell'Ecofin della prossima settimana.

26/9/2018

Il probabile ultimo viaggio dell'Aquarius, privata ormai anche della bandiera panamense, scatena l'ennesimo caso diplomatico - con soluzione intergovernativa d'urgenza nel vuoto di solidarietà dell'Europa.

Dopo un'intera giornata di rimpalli incrociati, con la Francia che scoraggiava SOS Mediterranee a far proseguire l'Aquarius fino a Marsiglia, privilegiando la più vicina Malta, un gruppo di Paesi ha trovato la quadra per dividersi i 58 migranti presenti a bordo dell'imbarcazione. Dopo il loro sbarco in acque internazionali al largo di Malta e il loro temporaneo trasbordo a La Valletta, saranno distribuiti fra quattro Paesi: 18 in Francia, 15 in Germania, altrettanti in Spagna, e 10 in Portogallo. Ad annunciarlo il premier maltese Muscat, che ha così implicitamente riaffermato l'idea di Malta come porto di solo transito, mentre il premier transalpino Philippe -da parte sua- poteva constatare il rispetto del principio di sbarco nel porto più vicino e una ripartizione solidale delle persone a bordo. Tutti soddisfatti, dunque, per una forma salvata anche stavolta - per la sostanza resta invece ancora molto lavoro da fare. Il vuoto pneumatico europeo è stato evidente anche stavolta, con la Commissione che ieri si è sfilata dal ruolo di gestione, e imbarazzanti ore di attesa e trattative per un numero assolutamente esiguo di migranti da accogliere. La politica europea sull'immigrazione semplicemente non esiste: l'ultima speranza di cambiamento è affidata al progetto di un gruppo di Paesi membri, che sarebbero disposti a tentare una riforma del regolamento di Dublino prima delle prossime elezioni europee.

25/9/2018

Sbarcati in acque internazionali al largo di Malta e ripartiti fra almeno quattro Paesi europei. E' tardo pomeriggio quando il premier maltese Muscat twitta la soluzione finale per l'ennesimo caso Aquarius, con la nave dell'Ong SOS Mediterranee in mare col suo carico di 58 vite umane salvate nelle acque libiche, alla ricerca di un porto europeo di approdo.

Muscat scrive dopo ore convulse, con la Francia che spinge perchè la nave attracchi nel piccolo arcipelago Mediterraneo, anzichè proseguire fino a Marsiglia, e l'Europa che si sfila. Con le ore si forma un minigruppo di Paesi pronti ad accogliere i rifugiati: tra loro il Portogallo, con Lisbona che rende noto che potrebbe prenderne in carico dieci. A sera il gruppo salirà a quattro Paesi, tra cui la stessa Francia e la Spagna. A quel punto Muscat annuncia ufficialmente la soluzione: uno sbarco dei migranti in acque internazionali, il loro immediato trasbordo a Malta, dove saranno trattenuti solo temporaneamente, in attesa di essere definitivamente ripartiti. Il destino dell'Aquariusappare invece segnato: da ieri senza bandiera, dopo che Panama ha annunciato la volontà di revocarle la sua, per la nave si prospetta un probabile fermo nel porto de La Valletta. Sul tappeto resta ancora una volta l'incapacità europea di fornire risposte comuni alla questione migranti: sia il Portogallo sia la Francia hanno parlato per ore -inutilmente- della necessità di una soluzione continentale. L'ultima speranza è affidata al progetto di un gruppo di Paesi membri, che sarebbe disposto a tentare la riforma del regolamento di Dublino prima delle prossime elezioni europee.

25/9/2018

Tagli di tasse per rilanciare crescita e occupazione. Il Governo francese alza il velo sulla manovra 2019, che sarà a forte impronta liberale, coerentemente con la lineamacroniana, ma che porterà inevitabilmente ad un innalzamento del deficit: il prossimo anno il deficit transalpino navigherà infatti ad un passo dalla soglia del 3%, fermandosi solo due decimali sotto, in aumento dello 0,2% rispetto al 2018.

Questo a fronte di una crescita ancora abbastanza debole, stimata anche per il prossimo anno a +1,7%.Emmanuel Macron ha deciso di puntare tutto su tre assi: la remunerazione del lavoro, il sostegno agli investimenti e le misure ambientali. Spulciando nei capitoli di spesa, emerge come siano difesa e immigrazione a vedere aumentati i capitoli di spesa, mentre -a sorpresa- il Ministero del Lavoro si vede decurtare due miliardi di budget. A fare soprattutto notizia però è la forte riduzione promessa sulle imposte: un megasconto fiscale sia per le famiglie, che vedranno le tasse ridotte per sei miliardi, sia per le aziende, che beneficeranno di quasi 19 miliardi di tagli. Questo con l'obiettivo di rilanciare l'economia, aumentare il potere di acquisto della classe media e -in definitiva- creare occupazione, caricandone però gli inevitabili costi sul deficit. Parallelamente, si punterà a colpire l'inquinamento, con rincari sulle accise dei carburanti, in particolare il diesel.Macron, in difficoltà nei consensi, punta a riconquistare popolarità: la sua si annuncia una scommessa importante, nell'anno delle elezioni europee.

24/9/2018

Dopo il voto dell'Europarlamento per far scattare le sanzioni contro l'Ungheria a causa delle violazioni dello stato di diritto, arriva un'altra bordata da Bruxelles contro i Paesi euroscettici del gruppo Visegrad - la Commissione Europea ha deciso di deferire la Polonia alla Corte di Giustizia comunitaria.

Per Bruxelles la legge polacca sulla Corte Suprema e' incompatibile con la legge europea, in quanto mina il principio dell'indipendenza della magistratura. E' stato quindi chiesto alla Corte di giustizia di ordinare misure provvisorie e di seguire una procedura d'urgenza. Un'eventuale condanna dei giudici di Lussemburgo potrebbe portare Varsavia a dover pagare pesanti sanzioni. Quest'ultima procedura segue due anni di serrato confronto tra Bruxelles e il Governo polacco: la goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la nuova legge sulla Corte Suprema, che ha abbassato di cinque anni l'età pensionabile dei giudici, provocando il pensionamento d'ufficio di ben 27 magistrati su 72 - compreso il primo presidente. Un vero e proprio azzeramento della classe togata, che fa temere una progressiva accelerazione nel controllo del partito al potere, il Pis, sulla magistratura nazionale. Già a dicembre Bruxelles aveva avviato una procedura per articolo 7, simile a quella ungherese, in merito alle controverse modifiche al sistema giudiziario. Il tutto mentre a Budapest l'organizzazione Open Society di Soros ha presentato istanza davanti per contestare le recenti leggi del Paese, che prendono di mira le Ong che lavorano con i rifugiati e i richiedenti asilo.

21/9/2018

Esige rispetto dall'Europa, la premier britannica Theresa May, il giorno dopo un summit che ha fatto volare gli stracci fra le due sponde della Manica.

Incassata la critica tagliente del presidente europeo Tusk, pronto a dirle in faccia che il piano britannico non funziona, e con il francese Macron capofila dei leader intenzionati a non fare sconti a Londra, la traballante May esce allo scoperto, nel momento più difficile della sua premership. "I negoziati tra Gran Bretagna ed Europa sono ad un'empasse, per noi nessun accordo è meglio di un cattivo accordo", minaccia la May, prima di attaccare i leader europei: il Governo britannico ha sempre trattato l'Unione con rispetto e il Regno Unito si attende lo stesso rispetto da Bruxelles". Il volto tirato, la rabbia trattenuta a stento in una uscita pubblica poco diplomatica nei toni, la May ha escluso di essere pronta a pagare il prezzo più alto: "non romperò il mio Paese", ha dichiarato, "nè ribalterò i risultati del referendum". Una allusione al rischio di staccare -per quanto riguarda la libera circolazione di merci e persone- l'Irlanda del Nord dal resto del Regno, o all'idea di lanciare una seconda consultazione. Al di là del clima teso con Bruxelles, che le ha imposto la scadenza massima di novembre per chiudere l'accordo, la May è in trincea anche a casa, nel mirino sia dell'ala più euroscettica del suo partito, con un gruppo di falchi pronto a rovesciarla, sia dell'opposizione laburista: il discorso della premier dimostra che "e' incapace di portare a casa un buon accordo sulla Brexit, la sua strategia è un disastro", ha sentenziato il leader laburista Corbyn.

21/9/2018

Il vertice del dialogo si chiude con un'Europa ancora più divisa sui due temi caldi del summit: migranti e Brexit. L'Unione appare un club incapace di trovare il minimo comune denominatore sui dossier critici.

Sui migranti il presidente Tusk si limita ad una sintesi basata sull'ovvio: "l'obiettivo è chiudere le rotte di immigrazione illegale", dice. Una strategia da perseguire rafforzando le frontiere e la collaborazione con i Paesi terzi, a partire dall'Egitto. Il premier Conte ribadisce la posizione italiana e contesta il rafforzamento dell'agenzia Frontex, allineandosi così al blocco di Visegrad, mentre Parigi e Berkino sono di opinione opposta, al punto che il francese Macron sbotta: "chi non vuole Frontex e più solidarietà esca da Schengen". L'inviato speciale Onu per il Mediterraneo Cochetellancia intanto l'allarme: "la situazione nei centri migranti in Libia è tragica". Sulla Brexit va anche peggio: il presidente europeo Tusk si dice ottimista sull'intesa con Londra, mette in calendario un probabile summit straordinario a metà novembre, ma spara a zero contro il piano di uscita proposto dalla Gran Bretagna: "non può funzionare". La premier May non la prende bene: "siamo pronti anche ad una non intesa", dice. Poi promette una nuova proposta sul confine nordirlandese e chiude la porta ad ogni ipotesi di secondo referendum.

20/9/2018

Sempre più divisi sui migranti, e in rotta di collisione pure sulla Brexit. Il vertice europeo informale di Salisburgo fallisce, senza trovare un minimo comune denominatore di rilievo sulle questioni più calde.

Il presidente europeo Tusk trova una sintesi nell'ovvio, chiudendo il summit: "l'obiettivo è chiudere le rotte di immigrazione illegale", dice. Una strategia da perseguire rafforzando le frontiere e la collaborazione con i Paesi terzi, a partire dall'Egitto. Sul resto, nulla di fatto. Il premier Conte ribadisce la posizione italiana e contesta il rafforzamento dell'agenzia Frontex, allineandosi così col blocco di Visegrad, mentre il presidente francese Macronrisponde che -considerato il calo nei flussi- sul dossier immigrazione c'e' una questione "politica". L'inviato speciale Onu per il Mediterraneo Cochetel allarga le braccia: "non credo che i Paesi europei debbano aspettarsi di piu' da quelli del Nord Africa, se essi stessi non sono capaci di trovare un accordo sugli sbarchi dei migranti salvati". Altro fronte divisivo la Brexit: il presidente europeo Tusk si dice ottimista sull'intesa con Londra, ma spara a zero contro il piano di uscita proposto dalla Gran Bretagna: "non può funzionare". La premier May non la prende bene: "siamo pronti anche ad una non intesa", dice. Poi promette una nuova proposta sul confine nordirlandese e chiude la porta ad ogni ipotesi di secondo referendum.

20/9/2018

Migranti e conti pubblici al centro della conferenza stampa del premier Conte dopo il vertice informale di Salisburgo.

Conte è tornato a parlare del caso della nave Diciotti: ha ribadito che "la posizione dell'Italia sul progetto Frontex e' che sicuramente puo' avere un ruolo, ma potenziare Frontex fino a diecimila uomini fa sorgere problemi circa l'utilita' di un tale investimento". Sul fronte economico il premier ha contestato le stime Ocse: "queste valutazioni non mi sembrano possano essere supportate da fatti", ma non ha voluto fornire cifre sulla prossima manovra - limitandosi a dire che dovrà tenere i conti in ordine. Soprattutto, Conte ha affermato che un aumento dell'Iva -anche selettivo- non è contemplato. Altro tema del summit la Brexit: la premier britannica May ha annunciato che arriveranno "presto nuova proposte" sul futuro dei confini fra Irlanda e Irlanda del Nord. Dalla May ancora un secco no all'ipotesi di un secondo referendum sulla Brexit.

19/9/2018

Si apre questa sera a Salisburgo un vertice europeo dagli esiti assolutamente incerti sul fronte immigrazione - summit informale, e per sua stessa natura avaro per principio di decisioni concrete, ma mai come ad oggi l'empasse sul dossier appare totale.

L'Olanda ha cercato di rompere questo blocco: in una lettera al Commissario EuropeoAvramopoulos il Ministro degli Interni dei Paesi Bassi Harbers si è detto pronto a collaborare "per rendere operativo il concetto dei centri controllati, sia offrendo assistenza tecnica, sia con un progetto pilota". L'Aja sarebbe disponibile sulla base di un progetto che coinvolga almeno un altro Stato membro: i Paesi Bassi ospitano gia' due centri di questo genere. Difficili clamorose svolte sulla riforma di Dublino o su modifiche alle missioni navali e alla conseguente ripartizione dei migranti: più probabile che si riparta con una discussione, probabilmente molto animata, sugli hotspots europei, finanziati da Bruxelles, nei Paesi di primo approdo - a giugno si parlò di aprire anche piattaforme di sbarco in Paesi terzi, ma senza dare seguito all'idea. Altro tema forte del summit sarà la Brexit, che sarà affrontata domani a pranzo: "nessuna delle due parti puo' fare richieste inaccettabili all'altra" sul futuro post Brexit del confine fra Irlanda e Irlanda del Nord". Questo l'avvertimento lanciato oggi dalla traballante premier britannica May alcaponegoziatore comunitario Barnier. Sullo sfondo si staglia sempre di più l'ombra di un vertice straordinario a novembre, per salvare la Brexit.

19/9/2018

Una cena che potrebbe risultare indigesta, quella che avrà luogo stasera a Salisburgo: tre mesi dopo le soffertissime conclusioni dell'ultimo vertice europeo, i 28 tornano a riunirsi per certificare l'ovvio.

Sui migranti non c'è accordo, in Europa. E il piatto più indigesto del menù salisburghese potrebbe toccare al premier italiano Conte, a forte rischio di incassare ben due no: no alla riforma del contestato Regolamento di Dublino, e no alla problematica questione dei porti di sbarco delle missioni navali comunitarie. A riferirlo fonti europee, che lasciano presagire come -al massimo- ci si potrà accontentare di una relazione del presidente di turno, il cancelliere austriaco Kurz, sugli scarsi progressi del dossier migratorio, rinviando ad occasioni più propizie. Ieri il presidente europeo Tusk ha avvertito: c'è chi vuole risolvere la crisi e chi la vuole usare. Roma, snobbata dagli alleati tradizionali, fatica maledettamente a passare all'incasso con la destra europea, che sui migranti fa orecchie da mercante. Il premier Conte, incontrando proprio Kurz, invoca uno spirito unitario: Kurz si limita a concordare sulla necessità di rafforzare la missione comunitaria Frontex, peraltro avversata nel gruppo esteuropeo di Visegrad, ma non va oltre. Piove sul bagnato, perchè pure la Tunisia chiude la porta ai rimpatri veloci sbandierati da Salvini. Il vicepremier andrà a Tunisi ad ottobre per provare a smuovere le acque. Altro piatto potenzialmente indigesto del vertice europeo -domani a pranzo- sarà la Brexit: si va verso un summit straordinario a novembre.

19/9/2018

Destinato ad altro incarico: esce di scena il capo dei Servizi tedeschi di sicurezza interna Hans-Georg Maassen, che sarà nominato segretario di Stato al Ministero dell'Interno.

A rimuoverlo un lungo e complicato vertice di coalizione tra Cdu, Csu e Spd, durato ben due ore. Proprio i socialdemocratici, junior partner della Grosse Koalition, avevano chiesto la testa del capo dei servizi, dopo le sue controverse dichiarazioni al quotidiano Bild Zeitung sui fatti di Chemnitz, con le manifestazioni di protesta della destra radicale contro l'uccisione di un cittadino tedesco dopo una rissa con un gruppo di migranti. In quell'intervista Maassen aveva negato che ci fosse stata una caccia allo straniero durante le proteste, mettendo in dubbio persino l'autenticita' di alcuni video. Maassen avrebbe avuto anche rapporti poco chiari con il partito di estrema destra Alternative fuer Deutschland, al quale avrebbe passato informazioni confidenziali. A difenderlo nel Governo era rimasto il Ministro dell'Interno Seehofer, non nuovo a prese di posizioni indipendenti dalla cancelliera Merkel. La Bundeskanzlerin, da parte sua, aveva già fatto ampiamente intendere che non avrebbe mai accettato una caduta dell'esecutivo per difendere Maassen. Vicenda quindi chiusa, ma -politicamente- un'altra crepa nel contrastato rapporto tra Merkel e Seehofer.

18/9/2018

L'Italia verso l'isolamento sui migranti al vertice comunitario che si apre domani sera a Salisburgo: fonti europee segnalano che -al di là di un'informativa del cancelliere austriaco -nonchè presidente di turno Kurz- non sono attesi passi avanti sulla cruciale riforma del regolamento di Dublino.

Le stesse fonti escludono progressi anche sulle proposte italiane relative agli sbarchi e alla ripartizione dei migranti, nell'ambito della missione Sophia. A mettere il dito nella piaga è il presidente europeo Tusk, che -nella lettera d'invito al vertice- fa risaltare le fratture tra Paesi membri, dividendo i Paesi tra quelli che vogliono risolvere la crisi migratoria, e quelli che vogliono invece usarla. Il riferimento a Roma -e in particolare- alla Lega appare evidente. Il dossier immigrazione è stato anche al centro dell'incontro tra il premier Conte e l'austriaco Kurz. Conte insiste nella necessità di rivedere "quanto prima i protocolli operativi" di alcune missioni europee, "quali Sophia e Frontex, che vanno aggiornate alle luce delle conclusioni del summit dello scorso giugno". Da parte sua il cancelliere austriaco ha sottolineato la necessità di rafforzare l'agenzia Frontex. Vienna e Roma sono allineate sulla necessità di limitare l'immigrazione, ma la differenza resta evidente sul destino dei migranti che approdano sulle nostre coste. L'Italia preme per una redistribuzione automatica, Kurz si limita a prendere atto che su questo punto non c'è alcun consenso a livello continentale. E quindi tutto verrebbe nei fatti rinviato a data da destinarsi.

14/9/2018

Rispetto delle regole. Al Governo gialloverde il presidente Bce Draghi manda un messaggio semplice, accompagnato da un avvertimento, in vista di un autunno che si annuncia caldo, sul fronte dei conti pubblici.

"L'Italia ha promesso il rispetto delle regole: a questo ci atteniamo", dice Draghi, nel giorno in cui Francoforte lascia i tassi invariati allo 0%, conferma la fine del Quantitative Easing e fa intravedere un potenziale rialzo dei tassi nell'autunno 2019. Il presidente Bce indica come suoi referenti istituzionali Conte, Tria e Moavero, traslasciando i vicepremier Di Maio e Salvini, autori di dichiarazioni estive che -per dirla con il presidente della Bce- non hanno esattamente giovato ai nostri titoli di Stato. "Negli ultimi mesi le parole sono cambiate molte volte: quello che ora aspettiamo sono i fatti, principalmente la legge di bilancio e la successiva discussione parlamentare. Purtroppo abbiamo visto che le parole hanno fatto alcuni danni, i tassi sono saliti, per le famiglie e le imprese", analizza Draghi, che però circoscrive il potenziale impatto incendiario: "tutto cio' non ha contagiato granche' altri paesi dell'Eurozona, rimane un episodio principalmente italiano". Il presidente della Bce, a domanda, risponde sui timori che la fine del Quantitative Easing, fondamentale nello stabilizzare lo spread, possa mandare l'Italia alla deriva: "nel merito, il mandato della Bce non e' assicurare che i deficit dei governi siano finanziati in qualsiasi condizione", dice. Insomma, il messaggio al tandem 5 Stelle e Lega è chiaro: stavolta non aspettatevi salvagenti da Francoforte.

13/9/2018

"L'Italia ha promesso il rispetto delle regole: a questo ci atteniamo". Il presidente della Bce Mario Draghi osserva con preoccupato distacco le vicende della Penisola, nel giorno in cui Francoforte lascia i tassi invariati allo 0%, conferma la fine del Quantitative Easing e fa intravedere un potenziale rialzo dei tassi nell'autunno 2019. Non a caso Draghi indica come suoi referenti istituzionali Conte, Tria e Moavero, traslasciando i vicepremier Di Maio e Salvini, autori di dichiarazioni estive che -per dirla con il presidente della Bce- non hanno esattamente giovato ai nostri titoli di Stato.

"Negli ultimi mesi le parole sono cambiate molte volte: quello che ora aspettiamo sono i fatti, principalmente la legge di bilancio e la successiva discussione parlamentare. Purtroppo abbiamo visto che le parole hanno fatto alcuni danni, i tassi sono saliti, per le famiglie e le imprese - anche se "tutto cio' non ha contagiato granche' altri paesi dell'Eurozona, rimane un episodio principalmente italiano". Così Draghi: il presidente della Bce, a domanda, risponde anche sui timori che la fine del Quantitative Easing, fondamentale nello stabilizzare lo spread, possa mandare l'Italia alla deriva: "nel merito, il mandato della Bce non e' assicurare che i deficit dei governi siano finanziati in qualsiasi condizione", dice. Francoforte ha limato le stime del pil dell'area Euro per il 2018 e il 2019: le proiezioni Bce stimano una crescita rispettivamente del 2% e dell'1,8%. Questo anche in ragione del fatto che viene confermato l'incremento della crescita, ma crescono anche le incertezze - in primis il protezionismo.

12/9/2018

Attesa a Strasburgo per la cruciale votazione sulla richiesta di sanzioni contro l'Ungheria - un voto che ha spaccato il Partito Popolare Europeo, la famiglia politica del partito Fidesz di Viktor Orban.

Il capogruppo popolare Weber ha ribadito che voterà a favore delle sanzioni contro Budapest - "non ho visto alcuna mossa di Orban per venire incontro alle nostre preoccupazioni". Weber ha aggiunto che i valori europei non sono negoziabili, ma ha aperto al dialogo con Orban nei prossimi mesi. Che la procedura sanzionatoria arrivi fino alle estreme conseguenze, la sospensione del diritto di voto ungherese al Consiglio Europeo, è impossibile. Ungheria e Polonia hanno stretto un reciproco patto di autodifesa, che impedirà qualsiasi decisione all'unanimità: tuttavia, l'atto di accusa di Strasburgo lancerebbe un segnale politico forte. Al voto arrivano spaccati Lega e Cinque Stelle: i primi difendono Orban, gli altri voteranno contro. In mattinata intanto è stato il turno del presidente della Commissione Juncker, al suo ultimo discorso sullo Stato dell'Unione. "L'articolo 7, l'attivazione delle sanzioni contro uno Stato membro, va applicato laddove lo stato di diritto e' in pericolo", ha detto, riferendosi al voto sull'Ungheria. "L'Europa deve restare un continente di apertura e tolleranza, non sara' mai una fortezza in un mondo che soffre, non sara' mai un'isola, restera'multilaterale, il pianeta non appartiene a pochi", ha aggiunto Juncker, lasciando come testamento politico la sua visione per l'Europa futura. Dal presidente della Commissione l'appello affinchè l'Europa parli con una voce sola e l'invito a difendere l'immagine continentale: "si' al patriottismo, no al nazionalismo esagerato che detesta gli altri e cerca di distruggerli". Infine l'atteso annuncio: "propongo un rafforzamento della guardia costiera e di frontiera europea fino a 10mila unita' da qui al 2020, ed un'agenzia europea per l'asilo".

12/9/2018

In primo piano il voto del Parlamento Europeo sul Governo ungherese, che potrebbe innescare l'avvio di una procedura sullo stato di diritto a Budapest. Emiciclo spaccato a Strasburgo, con i popolari di centrodestra a pagare il maggior dazio. La Commissione attacca il premier Orban, che ha parlato ieri: "da lui un atteggiamento codardo", attacca il vicepresidente Timmermans.

La resa dei conti è fissata per oggi ad ora di pranzo, in un emiciclo europarlamentare che si preannuncia infuocato: subito dopo il dibattito sullo Stato dell'Unione con il presidente della Commissione Juncker, gli eurodeputati dovranno decidere se votare l'avvio della procedura contro Budapest per violazione dello stato di diritto e delle libertà fondamentali. Un passo simbolico, scevro per ora di conseguenze pratiche, ma dal forte impatto politico su un'Unione che si prepara ad una lunga campagna elettorale, che vedrà contrapposti europeisti e populisti. Ieri l'uomo sul banco degli imputati, il premier ungherese Viktor Orban, non è arretrato di un millimetro, anzi: ha apertamente sfidato l'Europa. "Non condannerete un Governo, ma l'Ungheria, che da mille anni e' membro della famiglia europea. Sono qui per difendere la mia Patria", ha esordito, aggiungendo: "ci condannate, poichè abbiamo deciso che non saremo patria di immigrazione. Difenderemo le nostre frontiere, fermeremo l'immigrazione clandestina". Orban ha anche ringraziato l'Italia per il coraggio dimostrato. Il maggior teorico della democrazia illiberale, manovratore della svolta autoritaria a Budapest, difficilmente vedrà applicata la sanzione massima, la sospensione cioè del diritto di voto al Consiglio Europeo sulla base dell'articolo 7. Per quella serve l'unanimità. E gli amici polacchi non ci staranno. Soffre però l'unità interna del centrodestra europeo, famiglia politica di Orban: il capogruppo Weber alza le mani, "se l'Ungheria non cede, la richiesta di sanzioni passa". Il gruppo si spaccherà: Forza Italia sostiene Orban. Come si è già spaccato il Governo gialloverde: la Lega vede in Orban l'eroe anti-Europa sovietica, i Cinque Stelle timidamente annunciano il voto contro Budapest, e attaccano l'Europa ipocrita.

12/9/2018

Di nuovo in piazza, al grido di indipendenza. Una marea umana di quasi un milione di persone è tornata a riempire ieri le strade della capitale catalana Barcellona, per chiedere la separazione dalla Spagna e la liberazione dei politici e degli attivisti tuttora detenuti nelle carceri iberiche con l'accusa di ribellione.

Un anno dopo il drammatico settembre del 2017, segnato da manifestazioni quotidiane e arresti preventivi, e conclusosi in un primo ottobre di violenze, commesse dalla polizia spagnola contro i votanti al referendum sull'indipendenza, il tema catalano torna di prepotenza nell'agenda politica iberica. Molto è cambiato: il leader deposto Puigdemont si è autoesiliato in Belgio, dopo aver vinto ben due battaglie sull'estradizione. A Barcellona governa Quim Torra, che di Puigdemont è stretto collaboratore. E a Madrid governano i Socialisti, anche se in modo precario: gli spiragli di dialogo ci sono, a differenza dell'era Rajoy. Il premier Sanchez ha aperto ad una maggiore autonomia per la Catalunya, ipotesi però poco gradita a Barcellona, disposta al massimo a rifare il referendum indipendentista - stavolta d'intesa con Madrid. A fare da spartiacque sarà l'avvio dei processi contro i leader separatisti detenuti, in programma in autunno: una loro eventuale condanna potrebbe reinnescare fortissime tensioni tra Governo centrale ed esecutivo della comunità autonoma, in una partita politica la cui soluzione sembra ancora molto lontana.

11/9/2018

Approda a Strasburgo e lancia la sua sfida all'Europa Viktor Orban, capofila di quella destra ed estrema destra sovranista che punta a distruggere l'Unione Europea così come la conosciamo oggi.

Si cala nella parte della vittima, Orban, ancora prima di mettere piede nella capitale alsaziana: "il giudizio contro di noi e' gia' scritto", denuncia su Facebook, sostenendo che i parlamentari schierati contro di lui sono la maggioranza. Il nodo della contesa è la risoluzione che l'emiciclo voterà domani, per l'avvio della procedura contro Budapest per violazione dello stato di diritto e delle libertà fondamentali. Capi d'accusa le modifiche alla Costituzione, le norme contro i migranti, o contro le università libere. Provvedimenti che avrebbero fatto superare -in Ungheria- la linea rossa tra democrazia e regime: Strasburgo punta ad innescare l'articolo 7, passo necessario per condurre alla sospensione del diritto di voto di Budapest in seno al Consiglio Europeo. Orban va allo scontro: "non condannerete un Governo, ma l'Ungheria, che da mille anni e' membro della famiglia europea. Sono qui per difendere la mia Patria", esordisce, e non arretra: "ci condannate, poichè abbiamo deciso che non saremo patria di immigrazione. Difenderemo le nostre frontiere, fermeremo l'immigrazione clandestina". E ringrazia l'Italia per il coraggio dimostrato. La partita è tutta interna ai Popolari, famiglia politica di Orban. Il candidato alla presidenza della prossima Commissione, Weber, alza le braccia: se l'Ungheria non cede, la richiesta di sanzioni passerà. Forza Italia difende Orban, mentre il Governo gialloverde si spacca: La Lega dipinge Orban come un eroe contro l'Europa sovietica, i 5 Stelle voteranno contro l'Ungheria.

11/9/2018

Vigilia di trattative febbrili a Strasburgo, per varare l'attesa riforma del copyright, che potrebbe segnare una svolta nella tutela del diritto d'autore in Europa - in piena era internet.

"Ora o mai più": così la Commissione Europea, a poche ore dalla discussione e dal cruciale voto dell'Europarlamento. Bruxelles avverte che -considerata la fine imminente della legislatura- un nulla di fatto significherebbe mantenere lo status quo, a tutto vantaggio dei giganti del web, quali Facebook, Google e You Tube. Gli eurodeputati sono sotto una pressione immensa da parte di lobby contrapposte, con le multinazionali della Silicon Valley impegnate in un pressing a tutto campo: i nodi restano sempre gli articoli 11 e 13 - rispettivamente l'obbligo di riconoscimento economico dei contenuti diffusi sulle piattaforme, e l'installazione di un filtro per impedire il caricamento online di materiale protetto da copyright. Sottotraccia, divampa la battaglia tra i produttori di contenuti, gli editori, contro chi -in nome della libertà di internet- lucra su quegli stessi contenuti, diffondendoli in rete e ricavandone introiti pubblicitari, senza aver partecipato alle spese di produzione. La presenza di oltre 250 emendamenti al testo rischia di creare un caos approvativo, che potrebbe rimandare per la seconda volta l'approvazione della riforma, insabbiandola. A complicare il quadro ci sono le divisioni in seno agli stessi partiti, spaccati sul dossier. Chi non ha dubbi è invece l'emanazione politica a Strasburgo del Governo gialloverde: 5 Stelle e Lega sono contro la riforma del copyright.

10/9/2018

"Ora o mai più": il monito della Commissione Europea a poche ore dal cruciale voto dell'Europarlamento sul copyright apre la corsa ad una delle votazioni più controverse e più soggette a pressioni nella recente storia comunitaria.

"Se il Parlamento non riuscira' a concordare una posizione, la riforma non potra' essere conclusa entro il 2019", avverte Bruxelles, aggiungendo: qualora il dossier venisse respinto, si manterrà lo status quo, da cui "solo le grandi piattaforme quali Facebook trarranno beneficio". Conscia della fortissima azione di lobby esercitata dalle multinazionali digitali della Silicon Valley, quali Google, You Tube e Facebook, da mesi in pressing sugli eurodeputati, la Commissione punta tutto sulla protezione del diritto d'autore: le nuove regole sul copyright "sono necessarie per consentire ai creatori e alla stampa di ottenere accordi migliori quando i loro lavori sono resi disponibili online", sottolinea. Strasburgo ha già glissato sul difficile dossier lo scorso luglio, rimandando tutto a dopo l'estate. Un ulteriore rinvio della riforma del copyright significherebbe il suo affossamento, considerata l'imminenza delle elezioni europee e la chiusura della legislatura. I 751 eurodeputati -presi nel fuoco contrapposto di due diverse campagne di lobby, centinaia di emendamenti sul tavolo e spaccature trasversali interne agli stessi gruppi politici- rischiano ora di far precipitare la votazione in una resa dei conti all'ultimo voto.

8/9/2018

Il Ministro dell'Economia Tria rassicura l'Europa, ricevendo all'Eurogruppo informale di Vienna un'apertura di credito da parte dei vertici economici comunitari.

Dopo un'estate infuocata, con i vicepremier Salvini e Di Maio all'attacco sullo sforamento dei conti pubblici, le recenti retromarce della diarchia gialloverde aiutano un Tria impegnato -in Austria- in una fitta serie di bilaterali. Il risultato arriva a sera, quando il vicepresidente della Commissione Dombrovskis dichiara: Tria "mi ha assicurato che il bilancio prevede un miglioramento del saldo strutturale e mette il debito su una traiettoria discendente, impegni che vanno nella giusta direzione". Ma avverte, conscio del tira e molla estivo: "e' importante continuare con politiche economiche responsabili". In precedenza il presidente dell'Eurogruppo Centeno aveva concesso: "siamo fiduciosi che il Ministro dell'Economia fara' esattamente quello che ha promesso pubblicamente". In serata via XX Settembre certifica -con un tweet- il buon andamento della discussione: "clima cordiale, colloqui costruttivi. Linea condivisa: misure per crescita economica nel rispetto regole e miglioramento finanza pubblica". Resta alla finestra il Commissario agli Affari Economici Moscovici: "voglio credere che realismo e pragmatismo si affermeranno nel bilancio italiano, l'Italia deve avere un budget che consenta di ridurre il suo debito pubblico", dice, rimarcando la necessità -per Roma- di ridurre il deficit strutturale.

7/9/2018

Soffia un'aria più distesa nei rapporti tra Italia e Unione Europea, dopo le pubbliche retromarce dei vicepremier Salvini e Di Maio, molto più istituzionali, con l'autunno alle porte, nell'approccio sul rispetto dei parametri comunitari sui conti - dopo un'estate passata a lanciare dichiarazioni minacciose.

A certificarlo lo stesso presidente dell'Eurogruppo Centeno, chiudendo il meeting informale di Vienna: "è di dominio pubblico che diversi membri del Governo italiano si sono impegnati a rispettare le regole europee, siamo fiduciosi che il Ministro dell'Economia Tria fara' esattamente quello che ha promesso pubblicamente". Per Centeno -insomma- è praticamente fatta: "l'Italia rispettera' le regole nel prossimo bilancio", dice. Fiducioso pure il vicepresidente della Commissione Dombrovskis, che ha definito l'incontro con Tria molto buono: "abbiamo una visione condivisa della situazione economica e degli obiettivi del prossimo bilancio - calo del debito e miglioramento del deficit strutturale", annota. Convitato di pietra è proprio Tria, che preferisce tenere un profilo basso e non rilascia dichiarazioni. Chi preferisce aspettare i fatti è il commissario agli Affari Economici Moscovici: "voglio credere che realismo e pragmatismo si affermeranno" nel bilancio italiano, l'Italia deve avere "un budget che consenta di ridurre il suo debito pubblico", ha detto Moscovici, che rimarca la necessità -per Roma- di ridurre il deficit strutturale.

6/9/2018

Ancora Oettinger. Il Commissario Europeo al Bilancio si conferma il membro con meno peli sulla lingua dell’intero esecutivo comunitario. O il suo maggiore gaffeur. Questione di punti di vista.

Oettinger, tedesco del partito della cancelliera Merkel, non ha mai lesinato uscite al limite del politicamente corretto. Se non addirittura oltre. L’ultima a maggio, quando sostanzialmente disse che i mercati avrebbero insegnato agli italiani a votare. Dichiarazione poi rivista e corretta, ma il senso era quello. Martedì sera Oettinger ha detto una grande verità: il progetto europeo è in pericolo di vita. A Bruxelles lo sanno tutti, con gli occhi puntati alle elezioni del prossimo maggio. Tra i cospiratori dell’annientamento dell’Unione Europea Oettinger annovera Polonia, Ungheria, Romania e -badate bene- “il Governo italiano”. Non l’Italia in sé. Ma il suo esecutivo. Differenza non da poco. A onor del vero, Oettinger ha duramente criticato pure il Governo Merkel, per il suo totale immobilismo sulle riforme europee. L’uscita di Oettinger gli ha attirato ieri la reprimenda della collega Jurova, Commissaria ceca alla Giustizia. “Un’immagine troppo buia, Guenther deve aver avuto una giornata difficile martedì”, ha minimizzato lei, aggiungendosi all’elenco dei colleghi intervenuti -negli anni- a spegnere le fiamme appiccate dal tedesco. Ironicamente, le dichiarazioni di Oettinger sono giunte alla vigilia degli improvvisi dietrofront dei vicepremier Di Maio e Salvini, inaspettatamente ligi nel rispetto delle regole di bilancio comunitarie, dopo un’estate passata a minacciare di infrangerle. Ligi al punto da pagare persino in anticipo il contributo mensile italiano al budget europeo. Una cosa è certa: i prossimi otto mesi saranno cruciali nel disegnare la nuova Europa e i suoi rapporti con i Paesi membri. La Commissione Juncker è ai saluti, ma a novembre giudicherà i nostri conti, mentre si delimita il campo di battaglia tra europeisti e populisti. Ieri il conservatore Weber, bavarese della Csu, ha avanzato la sua candidatura come capofila del centrodestra. E’ stato -in sordina- il fischio di inizio di una lunghissima stagione elettorale.

5/9/2018

Lascia in lacrime l'ormai ex-Ministro della Transizione Ecologica Nicolas Hulot, nel passaggio di consegne con il suo successore Francois de Rugy. "Le mie dimissioni non sono un gesto di rinuncia, di rassegnazione", ha detto Hulot, che ha ribadito come sia necessario cambiare paradigma sull'ambiente.

"Restiamo capaci di inventare, creare, restiamo uniti", ha concluso Hulot tra gli applausi dei funzionari ministeriali. Emmanuel Macron chiude così la minicrisi apertasi in seno al suo esecutivo con l'abbandono a sorpresa dello stesso Hulot, troppo solo nel portare avanti la battaglia ambientale di fronte alla pressione delle lobby che spingono contro politiche troppo "verdi". Dopo aver corteggiato il simbolo sessantottino Cohn-Bendit, Macron ha scelto per l'incarico ministeriale De Rugy, già presidente dell'Assemblea Nazionale, un passato nei Verdi, poi abbandonati per la loro deriva -a suo dire- troppo a sinistra. Tra le prime sfide che lo attendono, la decisione sulla riduzione della componente nucleare nel mix energetico transalpino: la promessa di ridurne il peso al 50%, dall'attuale 75, non ha ancora avuto seguito. Nel minirimpasto di Governo è stata sostituita pure la Ministra per lo Sport Flessel: al suo posto l'ex-campionessa di nuoto Maracineanu. Indiscrezioni di stampa indicano che in questo caso le dimissioni sarebbero state motivate da accertamenti fiscali in corso sulla Flessel, potenzialmente insidiosi per l'immagine del Governo a guida Philippe.

14/8/2018

Settimana di Ferragosto inquieta sui mercati finanziari, con la lira turca che torna ad agitare le giornate di scambi. Il segno "meno" è tornato a fare capolino un po' ovunque ieri in Europa, ma a pagare dazio è stata soprattutto Piazza Affari, appesantita dai bancari. Unicredit -particolarmente esposta nella Penisola anatolica- ha perso quasi il 3%, dopo essere stata sospesa per eccesso di ribasso.

Segnali inquietanti pure sullo spread Btp-Bund, che che ha chiuso la giornata in netto rialzo - 278 punti base. Ai massimi da fine maggio. "Siamo consapevoli di un possibile impatto sulle banche europee per gli sviluppi sulla lira turca. Stiamo seguendo da vicino gli sviluppi", ha dichiarato da Bruxelles un portavoce della Commissione Europea, mentre lacancelliera tedesca Merkel -poco incline a simpatie verso il presidente turco Erdogan- gettava acqua sul fuoco della crisi: "nessuno ha interesse a una destabilizzazione economica di Ankara", diceva.Erdogan intanto non trovava di meglio da fare che accusare nuovamente gli Stati Uniti, allargando ulteriormente il fossato che lo divide dall'amministrazione Trump: "siamo nella Nato insieme, ma cercate di pugnalare alla schiena un vostro partner strategico", ha tuonato in conferenza stampa. Dopodomani cruciale incontro tra il ministro delle Finanze turco Albayrak, genero di Erdogan, e gli investitori.

13/8/2018

La Turchia agita le giornate ferragostane, riportando gli indici europei in rosso, dopo il venerdì nero segnato dal crollo della lira. Il segno "meno" è tornato a fare capolino un po' ovunque, con lo spread dei Btp italiani che ha chiuso la giornata in netto rialzo sul Bund tedesco - 278 punti base, per l'esattezza.

Siamo ai massimi da fine maggio. Le banche sono state nuovamente protagoniste in negativo, con Unicredit -particolarmente esposta nella Penisola anatolica- che ha perso quasi il 3%, dopo essere stata sospesa per eccesso di ribasso. "Siamo consapevoli di un possibile impatto sulle banche europee per gli sviluppi sulla lira turca. Non commentiamo i movimenti del mercato. Stiamo seguendo da vicino gli sviluppi", ha dichiarato da Bruxelles un portavoce della Commissione Europea, mentre la cancelliera tedescaMerkel -poco incline peraltro a simpatie verso il presidente turcoErdogan- cercava di gettare acqua sul fuoco della crisi turca: "nessuno ha interesse a una destabilizzazione economica di Ankara", diceva in conferenza stampa. Proprio Erdogan non trovava di meglio da fare che accusare nuovamente gli Stati Uniti, allargando ulteriormente il fossato che lo divide dall'amministrazione Trump: "siamo nella Nato insieme, ma cercate di pugnalare alla schiena un vostro partner strategico", ha tuonato in conferenza stampa. Poi ha garantito: "i fondamentali della nostra economia sono molto forti, ci saranno altri piani per sostenere la moneta". I mercati aspettano.

13/8/2018

Nuovo appello all'Europa, da parte delle Ong SOS Mediterranee e Medici Senza Frontiere. La nave Aquarius, che gestiscono congiuntamente, è sempre più sola, denunciano, mentre l'imbarcazione muove verso le coste del Vecchio Continente con 141 migranti a bordo - tutti tratti in salvo al largo della Libia.

Ai Governi comunitari viene chiesto di "assegnare un luogo sicuro di sbarco il piu' vicino possibile". Le Ong denunciano anche il clima di sostanziale ignavia verso i migranti in fuga dall'Africa, da parte delle navi che incrociano nel tratto di mare antistante i porti libici. Navi che stanno -nei fatti- ignorando qualsiasi richiesta di aiuto da parte di chi si trova in mare, per l'elevato rischio di restare bloccate e vedersi negare esse stesse un luogo sicuro di sbarco. A denunciarlo gli stessi migranti ora a bordo della Aquarius, che sostengono di aver chiesto aiuto -senza ottenere alcuna risposta- a ben cinque imbarcazioni, prima di venire soccorsi dalla nave delle Ong. L'Italia come approdo finale è esclusa: sabato il Ministro dell'Interno Salvini ha detto che "la Aquarius non vedra' mai un porto italiano". Dopo il 'no' della Libia, la Aquarius si sta attualmente dirigendo verso nord, per richiedere il luogo di sbarco piu' vicino a un altro Centro di Coordinamento. A bordo dell'imbarcazione ci sono anche 67 minori non accompagnati. Due terzi dei migranti a bordo provengono da Eritrea e Somalia.

4/8/2018

L'imponente struttura del Fort de Bregançon, nei pressi di Tolone, ha fatto da sfondo ieri sera al faccia a faccia tra il presidente francese Macron, ufficialmente in vacanza, e la premier britannica May.

Per Londra una tappa ulteriore nel giro delle capitali intrapreso in queste settimane, che dovrebbe portare -nelle intenzioni della stessa May- ad una qualche forma di sblocco nei difficilissimi negoziati per l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea. Pochi i segnali che il lavoro ai fianchi intrapreso da Londra stia portando risultati concreti alla causa britannica: la linea europea resta quella dell'unità attorno al caponegoziatore Barnier, francese, che ha recentemente messo il dito nella piaga del confine nordirlandese, e sulla necessità di non rompere le quattro libertà fondamentali in Europa. Da lì non ci si muove. Ottobre, mese obbligato per un'intesa sul divorzio, si avvicina, senza sostanziali segnali di novità. Un'incertezza che inquieta la Banca d'Inghilterra, che ieri -con il governatore Mark Carney- ha lanciato l'avvertimento dai microfoni della Bbc. "C'e' uno sgradevole alto rischio di un 'no deal' sulla Brexit, un rischio "altamente non desiderabile", ha detto Carney. Una Brexit "senza accordo" sarebbe "un erroregeostrategico", ha fatto eco il neoministro degli Esteri britannico, Jeremy Hunt, spingendo per un "partenariato stretto e speciale con l'Europa". E Theresa May sa che si sta giocando la sua stessa sopravvivenza politica, in questa partita a poker con l'Europa.

3/8/2018

Tutto sospeso, almeno per ora, sulla revisione del mandato dell'operazione Sophia. Nessuna proposta in merito ai porti di sbarco per i migranti salvanti in mare, come chiede a gran voce da settimane l'Italia, ufficialmente sorpresa dallo spazio vuoto lasciato nella bozza del documento redatto a Bruxelles.

Il caso è esploso durante la riunione del Comitato di Politica e Sicurezza: nel documento si fa solo menzione della necessità di trovare prima un'intesa tra i Paesi membri, in linea con le conclusioni dell'ultimo summit europeo. Roma ha ribadito che, con la fine della missione di Frontex-Triton, il piano operativo -che prevede che i migranti soccorsi vengano sbarcati nei porti italiani- non puo'piu' essere considerato vigente. L'Italia mantiene ferma la scadenza di cinque settimane, prima di riservarsi iniziative unilaterali, mentre un numero importante di Paesi preferirebbe mantenere le bocce ferme fino a dicembre. Solo in serata il Servizio Europeo per l'Azione Esterna, che fa capo a Federica Mogherini, ha provato a calmare le acque, parlando della costruzione di un percorso condiviso sul punto sollevato da Roma. Intanto la Spagna ha annunciato l'istituzione di una centrale operativa di comando per gestire l'emergenza estiva sbarchi. L'unita' coordinera' la risposta iberica alle migliaia di migranti che ogni mese si riversano sul suo territorio.

1/8/2018

"Aspettiamo la posizione ufficiale del Governo italiano sulla Tav Torino-Lione, siamo pazienti". Il Ministro dell'Economia francese Bruno Le Maire non tradisce fretta, nella sua missione a Roma per incontrare il vicepremier Di Maio e il Ministro dell'Economia Tria.

"Gli interrogativi italiani sulla Tav non mi choccano, sono legittimi e li rispetto. E' un progetto che costa diversi miliardi di euro, di cui bisogna garantire la redditivita' davanti ai contribuenti", aggiunge Le Maire, che sul dossier Stx-Fincantieri parla di "una strada giusta imboccata, progetti comuni per l'industria e l'innovazione, una volonta' europea comune". Di Maio parla invece di accordo italofrancese sulla necessita' di sviluppare ed attuare una piu' ambiziosa politica industriale europea, che permetta alle industrie continentali di generare maggiori posti di lavoro e di rendere le aziende ancora piu' competitive. In via XX Settembre, incontrando Tria, Le Maire sposta il focus sull'agenda di riforma dell'Eurozona: intesa sul dare priorita' al lavoro per il completamento di tutti gli aspetti dell'Unione Bancaria e per la creazione di un bilancio dell'area euro, fanno sapere, dopo che il cantiere ha subito -a giugno- un ulteriore rinvio a livello di leader europei. Tria e Le Maire hanno parlato anche di un "impegno per l'adozione in tempi brevi della proposta della Commissione Europea sulla tassazione dei servizi digitali a partire dalla fine del 2018".

1/8/2018

Il caso del rimorchiatore Asso Ventotto riporta l'Italia al centro della crisi migranti, con il rischio di un deferimento del nostro Paese a Strasburgo.

Tutto nasce con il salvataggio e il riaccompagnamento in Libia -lunedì- di 101 persone, tra cui donne e bambini, a bordo di un gommone in difficoltà al largo delle coste di Tripoli. Secondo quanto riferito dall'Armatore, l'Augusta Offshore, che supporta le attività Eni nella zona, il rimorchiatore avrebbe ricevuto la richiesta -da parte delle autorità di Tripoli- di procedere verso un gommone in difficoltà. Una volta arrivato in zona, il rimorchiatore ha messo in salvo il centinaio di migranti, ricevendo poi istruzioni -da parte della Guardia Costiera locale- di fare rotta verso la capitale libica. L'arrivo è avvenuto in serata. Fin qui i fatti. Il problema resta un altro: la Libia non è considerata un porto sicuro. E, secondo l'ordinaria di diritto internazionale Marina Castellaneta, Roma rischia una condanna da parte della Corte Europea dei Diritti Umani, per respingimento collettvo. "La nave e' italiana, quindi lo Stato ne e' responsabile", afferma. "Il diritto internazionale non e' stato violato", assicura il Ministro dei Trasporti Toninelli. L'Eni smentisce un coinvolgimento nel caso, mentre la Commissione Europea si limita ad affermare di essere in contatto con Roma per saperne di più. L'imbarazzo di Bruxelles è però palpabile, quando la portavoce comunitaria è costretta a ribadire che la Libia non è affatto un porto sicuro per i migranti.

31/7/2018

Diviene un caso internazionale il rimorchiatore Asso Ventotto, coinvolto nell'operazione di salvataggio e riaccompagnamento in Libia di 101 migranti, che si trovavano su un gommone in difficoltà al largo delle coste di Tripoli.

Secondo quanto riferito dall'Armatore, Augusta Offshore, al lavoro al largo della Libia a supporto delle attività Eni, nel pomeriggio di ieri il rimorchiatore avrebbe ricevuto la richiesta -da parte delle autorità di Tripoli- di procedere verso un gommone in difficoltà. Una volta arrivato in zona, il rimorchiatore ha messo in salvo il centinaio di migranti, ricevendo poi istruzioni -da parte della Guardia Costiera locale- di fare rotta verso la capitale libica. L'arrivo è avvenuto in serata. Fin qui i fatti. Il problema però è un altro: la Libia è un porto sicuro? Secondo l'ordinaria di diritto internazionale Marina Castellaneta, Roma rischia una condanna da parte della Corte Europea dei Diritti Umani. Il Paese nordafricano non è affatto un porto sicuro. E "la nave e' italiana, quindi lo Stato ne e' responsabile". Il ministro dell'Interno Salvini smentisce il sostegno della nostra Guardia Costiera. L'Eni smentisce un suo coinvolgimento nel caso, mentre la Commissione Europea si limita ad affermare di essere in contatto con Roma per saperne di più. L'imbarazzo di Bruxelles è però palpabile, quando la portavoce comunitaria è costretta a ribadire che la Libia non è affatto un porto sicuro per i migranti.

30/7/2018

L'appuntamento è previsto a mezzogiorno ora locale di Washington, le 18 in Italia, per un faccia a faccia impensabile solo due anni fa: da una parte il padrone di casa, Donald Trump, dall'altra il premier italiano Conte - che nel corso delle ultime settimane ha fatto filtrare spesso il proprio apprezzamento per l'attuale inquilino della Casa Bianca.

I due sono accomunati dalla consapevolezza di rappresentare movimenti antisistema: non è un mistero che Trump, impegnato in un corpo a corpo con la tedesca Merkel e in rapporto conflittuale col francese Macron, abbia tenuto un atteggiamento di forte apertura verso il Governo Conte. L'agenda ufficiale filtrata da Roma mette in primo piano la sicurezza e stabilità internazionale, nel Mediterraneo, in Iraq e in Afghanistan. Area, quest'ultima, dove la presenza italiana è cruciale per gli americani. La Nato e il contributo italiano all'Alleanza, dopo i continui richiami di Trump agli alleati, affinchè incrementino gli investimenti in difesa, figurerà tra i temi-cardine del meeting. Senza dimenticare la Libia, quadrante geopolitico fondamentale sia per Roma sia per Washington. E, sul fronte delle relazioni internazionali, l'Italia -tradizionalmente più morbida sulla linea delle sanzioni contro la Russia- troverà a Washington un Trump amichevolmente proteso verso il Cremlino. Da tenere sotto osservazione infine, se sarà menzionato pubblicamente, lo scambio di vedute sul gasdotto TAP. Gli Stati Uniti hanno apertamente incoraggiato Roma a completare l'opera: su questo punto Conte dovrà improvvisarsi equilibrista, per sintetizzare i diversi punti di vista di 5 Stelle e Lega.

29/7/2018

Il tema migranti agita anche le acque della politica spagnola, dopo che il nuovo segretario del Partido Popular, Pablo Casado, eletto questo mese con una agenda politica tarata decisamente più a destra rispetto al suo predecessore Rajoy, ha affermato: "anche se può sembrare poco politically correct, dobbiamo cominciare a dirlo. Non c'è spazio per tutti".

Casado lancia nel dibattito pubblico cifre apocalittiche: un milione di africani in attesa di emigrare in Spagna dalla Libia, e 50 milioni che stanno risparmiando denaro per iniziare il viaggio della speranza. Cifre ricavate da un tweet del sindacato di polizia iberico, che non trovano però conferme statistiche nei dati ufficiali. Tanto basta però per aprire la discussione, con un'urgenza condivisa anche dal Governo socialista, anche se da un altro punto di vista: il Ministro dell'Interno Grande-Marlaska ribadisce la necessità di una soluzione europea alla crisi, così come chiesto un mese fa dall'Italia. Sul fronte della cronaca invece, saranno assistiti nel punto di accoglienza di Medenine, la principale citta' della Tunisia sudorientale, i 40 migranti della nave Sarost 5, autorizzati ad attraccare dopo un'odissea in mare durata due settimane. Malta aveva rifiutato lo sbarco. Tornando in Spagna, invece, i servizi di soccorso marittimo hanno soccorso in mattinata 123 migranti su 12 differenti barconi nello Stretto di Gibilterra. Tra venerdi' e sabato erano state salvate oltre 1000 persone.

28/7/2018

Il caso Benalla non smette di turbare le notti dell'Eliseo, mentre l'ormai ex-bodyguard di Emmanuel Macron è passato alla controffensiva mediatica, parlando pure al telegiornale della principale emittente privata Tf1.

All'inizio della prossima settimana approderanno in Parlamento ben due mozioni di sfiducia contro il Governo Philippe - la prima da parte della destra de Les Republicains, la seconda avanzata dalla sinistra. Ma Benalla, con Macron in visita di Stato nella Penisola iberica, ora si difende: elegante e sbarbato, in un cambio di look a sorpresa, è andata in televisione per negare le violenze contro i manifestanti, a margine del Primo Maggio - "ci sono stati gesti vigorosi, ma nessun colpo inferto. Non penso di aver commesso atti riprovevoli", ha detto. Ha però ammesso che quanto accaduto può essere considerato una forma di tradimento verso il presidente, con cui non avrebbe più contatti dal giorno della festa per i Mondiali. Per lui però i guai non sembrano finiti: il giornale Liberation ha pubblicato un video, nel quale si vede Benalla, sempre il Primo Maggio, in compagnia di un altro dipendente del movimento En Marche, mentre interpellano un manifestante, fermandolo per strada. Anche in questo caso, non si comprende bene a che titolo. Il ministro dell'Interno Ge'rard Collomb ha annunciato che in futuro l'insieme degli "osservatori" invitati alle operazioni di polizia o gendarmeria -come è stato il caso di Benalla- dovra' indossare un "segno distintivo", e la loro presenza dovra' essere oggetto di uno specifico regolamento.

25/7/2018

Il benvenuto non è certamente dei migliori, soprattutto quando arriva da colui che si può considerare un quasi ex-alleato: "Ho detto all'Europa di cambiare, ma non vogliono cambiare. Allora OK, metteremo i dazi sulle vostre auto".

Cosi' Donald Trump, su Twitter, ha deciso di accogliere il presidente della Commissione Europea Juncker, oggi nella capitale americana per provare a rasserenare il clima, dopo l'esplosione della guerra sui dazi, iniziata con quelli imposti dagli Stati Uniti su acciaio e alluminio europei. Fonti di Bruxelles hanno anticipato che Juncker intende portare a Trump un paio di idee su cui lavorare, al fine di rimettere in carreggiata i rapporti. La prima riguarda l'avvio di negoziati plurilaterali, per ridurre i dazi sulle automobili e sulla componentistica auto fino a zero - in queste trattative dovrebbero essere coinvolte Europa, Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud. La seconda idea riguarderebbe invece un accordo commerciale limitato solamente ad Europa e Stati Uniti, e focalizzato sui dazi industriali. In questo caso l'eliminazione dei dazi automobilistici riguarderebbe unicamente i due blocchi. Bruxelles intende soprattutto evitare l'espandersi del conflitto commerciale al settore auto, come Trump apertamente minaccia. Sa però anche bene, Juncker, che da Washington potrebbe tornare a mani vuote.

25/7/2018

Il benvenuto non è certamente dei migliori, soprattutto quando arriva da colui che si può considerare un quasi ex-alleato: "i Paesi che ci hanno trattato in modo scorretto sul fronte commerciale e per anni stanno venendo tutti a Washington a negoziare.

Questo sarebbe dovuto avvenire anni fa, ma meglio tardi che mai": così Donald Trump, suTwitter, ha deciso di accogliere il presidente della Commissione Europea Juncker, oggi nella capitale americana per provare a rasserenare il clima, dopo l'esplosione della guerra sui dazi, iniziata con quelli imposti dagli Stati Uniti su acciaio e alluminio europei. Fonti di Bruxelles hanno anticipato che Juncker intende portare a Trump un paio di idee su cui lavorare, al fine di rimettere in carreggiata i rapporti. La prima riguarda l'avvio di negoziati plurilaterali, per ridurre i dazi sulle automobili e sulla componentistica auto fino a zero - in queste trattative dovrebbero essere coinvolte Europa, Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud. La seconda idea riguarderebbe invece un accordo commerciale limitato solamente ad Europa e Stati Uniti, e focalizzato sui dazi industriali. In questo caso l'eliminazione dei dazi automobilistici riguarderebbe solo i due blocchi. Bruxelles intende soprattutto evitare l'espandersi del conflitto commerciale al settore auto, come ha chiesto anche nelle ultime ore la Confindustria tedesca, che ha ricordato come i produttori teutonici di vetture impieghino oltre 118mila lavoratori americani. Sa però anche bene, Juncker, che da Washington potrebbe tornare a mani vuote.

24/7/2018

Il caso Benalla continua ad agitare le acque della politica francese, portando persino alla proposta di una mozione di sfiducia contro il Governo di Edouard Philippe, da parte del gruppo politico dei Les Republicains.

"Il Governo ha fallito", ha dichiarato Christian Jacob, capogruppo dei Republicains all'Assemblea Nazionale, aggiungendo che è inammissibile che l'esecutivo abbia potuto consentire che uno stretto collaboratore del presidente partecipasse ad un pestaggio contro dei manifestanti a margine delle manifestazioni per il Primo Maggio. La mozione dovrebbe essere dibattuta la prossima settimana, e rappresenta un significativo innalzamento del livello di tensione, in un Governo scosso dal suo primo grande scandalo, a poco più di un anno dal successo elettorale. Il premier Philippe, nel corso del question time in Parlamento, si è messo sulla difensiva: "una deriva individuale non può trasformarsi in un affare di Stato, non abbiamo omesso nè coperto alcunchè", ha insistito, mentre l'opposizione protestava. L'inchiesta parlamentare è arrivata al cuore dell'Eliseo, con la deposizione del direttore di Gabinetto del presidente Macron, Patrick Strzoda, il quale ha ricostruito gli avvenimenti successivi al Primo Maggio, affermando di aver convocato Benalla dopo la visione del video, e di avergli detto che attaccare dei manifestanti non faceva parte della sua missione di osservazione. Di fronte a giustificazioni poco credibili, la decisione di sospendere Benalla per due settimane, insieme a un demansionamento. La vicenda promette nuove evoluzioni.

24/7/2018

Monta il nervosismo del Governo italiano contro il progetto di legge austriaco, per concedere la doppia cittadinanza ai sudtirolesi di lingua tedesca e ladina.

"Prima di essere un atto ostile è un atto francamente curioso, sull'opportunità del quale ci interroghiamo", ha dichiarato il Ministro degli Esteri Moavero Milanesi, dopo aver incontrato l'ambasciatore di Vienna. Moavero ha polemicamente osservato che -con tutti i problemi che ha l'Europa ora- la questione della doppia cittadinanza era l'ultimo da sollevare. L'Austria prende tempo, parla di un orizzonte di implementazione di uno o due anni per la normativa, ma intanto si starebbe lavorando alla sua stesura, che dovrebbe venire completata entro il 7 settembre, in tempo per la terza riunione del gruppo di lavoro sul Sudtirolo. Sempre Moavero ieri ha affrontato la questione migranti. Roma non si tira indietro sulla prima accoglienza dei profughi, dichiara da Berlino, in attesa di una revisione strategica della missione navale europea Sophia, nata per contrastare le attività dei trafficanti di esseri umani e soccorrere i migranti in mare. Roma non vuole una nuova missione, ma chiede un cambio di regole per quella attuale,affinchè gli unici porti di sbarco non siano italiani. Oggi la Commissione Europea presenterà la propria proposta per la creazione di centri controllati dall'Unione, nei Paesi comunitari, dove smistare le richieste di asilo. E chiederà di poter assumere un ruolo operativo per la redistribuzione dei profughi, per alleggerire la pressione sui Paesi di primo approdo.

23/7/2018

Il caso Benalla mette in crisi il Governo francese, provocando il primo vero terremoto istituzionale dell'era Macron.

Non è un caso se il presidente ha annullato la sua presenza alla tappa del Tour de France di metà settimana, e -fatto ben più significativo- è addirittura saltato il calendario della riforma costituzionale. Il progetto di riforma della Carta fondamentale e' stato rinviato. "Ne riparliamo dopo l'estate", ha detto il ministro per i rapporti col Parlamento Castaner. Il prefetto di Parigi, Michel Delpuech, nel corso dell'audizione all'Assemblea Nazionale, ha scaricato sull'Eliseo ogni responsabilita', dichiarando di non essere "mai stato sollecitato" per autorizzare Benalla a partecipare alle operazioni di mantenimento dell'ordine durante le manifestazioni del primo maggio a Parigi. Manifestazioni durante le quali lo stesso stretto collaboratore di Macron, licenziato nei giorni scorsi, ha picchiato -coperto da un casco della polizia- due giovani dimostranti. Dinanzi ai deputati,Delpuech ha anche denunciato "derive individuali inaccettabili, condannabili, in un retroterra di favoritismi malsani". "Condanno gli atti del signor Benalla". ha dichiaratio il Ministro dell'Interno francese Collomb, intervenendo anche lui in audizione, dove ha spiegato di aver saputo solo il 2 maggio della partecipazione di Benalla ai pestaggi. Quest'ultimo è passato al contrattacco, denunciando l'utilizzo mediatico e politico delle sue azioni. Giovedì sarà ascoltato il segretario generale dell'Eliseo: il caso si avvicina sempre di più al cuore pulsante della galassia Macron.

18/7/2018

Una multa da 4,34 miliardi di euro per aver imposto -a partire dal 2011- "restrizioni illecite" ai produttori di apparecchi Android e operatori di telefonia mobile, al fine di consolidare la propria posizione dominante nel campo della ricerca web. E 90 giorni di tempo per mettere fine alle pratiche anticoncorrenziali: questa la stangata della Commissione Europea contro Google.

Con un'ulteriore condizione: se non si adeguera', l'azienda rischia di pagare una penale del 5% del fatturato di Alphabet, la casa madre. tro caso si basa su tre tipi di restrizioni che Google ha imposto sui tablet e smarphone Android e sugli operatori di rete, per assicurarsi che il traffico di Android venga indirizzato al proprio motore di ricerca", ha dichiarato la Commissaria Europea alla Concorrenza Margrethe Vestager, che ha aggiunto: "Google ha usato Android come un veicolo per cementare la propria posizione dominante tra i motori di ricerca. Queste pratiche hanno impedito ai rivali di poter innovare e competere nel merito. Hanno impedito ai consumatori europei i benefici di una concorrenza reale - ciò è illegale, in base alle regole antitrust comunitarie". Il gigante americano ha già annunciato appello contro la decisione della Commissione, motivandolo così: "Android ha creato piu' scelta per tutti, non meno: un ecosistema fiorente, innovazione rapida e prezzi piu' bassi sono le caratteristiche classiche di una forte concorrenza".

17/7/2018

"Un forte segnale contro il protezionismo": Europa e Giappone siglano a Tokyo l'accordo di libero scambio tra l'Unione Europea e il Paese nipponico, il maggiore mai negoziato tra le due aree economiche.

Un chiaro messaggio a Washington, in netta controtendenza rispetto alle politiche sovraniste ed isolazioniste di Donald Trump. L'intesa crea una gigantesca area commerciale, pari a quasi un terzo del Pil mondiale. In base all'accordo il Giappone eliminera' i dazi sul 94% di tutte le importazioni provenienti dall'Unione Europea, incluso l'80% di tutti i prodotti ittici e agricoli - prezzi piu' economici quindi per vino, formaggi e carne di maiale. L'Europa, da parte sua, cancellera' le imposte sul 99% delle merci giapponesi, garantendo, tra l'altro, una maggiore apertura distribuita su un periodo di otto anni per il mercato automobilistico, e nell'arco di sei sugli apparecchi televisivi. Le due parti perfezioneranno successivamente l'intesa attraverso negoziati ad alto livello, da finalizzare entro fine anno. "Con il piu' grande accordo di commercio bilaterale di sempre, cementiamo l'amicizia giapponese-europea", ha commentato il presidente europeo Tusk, mentre quello della Commissione Juncker la butta in politica, in chiave anti-Trump: "stiamo facendo una dichiarazione sul futuro del commercio libero ed equo. Non c'e' protezione nel protezionismo e non c'e' unita' dove c'e' l'unilateralismo".

16/7/2018

Oltre due ore di faccia a faccia in una Helsinki torrida, col termometro bloccato a 30 gradi. Trump e Putin ne emergono mostrando unità di intenti, pur nelle reciproche differenze. Il vero fronte comune è contro la minaccia posta dal Russiagate.

"Un dialogo molto produttivo" - così Trump riassume il meeting. Il presidente americano approfitta dello storico incontro per dipingersi come il leader del cambiamento: "le nostre relazioni non erano mai state peggiori. Tuttavia sono cambiate, perche' quattro ore fa ci siamo incontrati". Su Iran ed energia i due sembrano tenere le distanze, pur senza pestarsi i piedi, maggiori le convergenze su terrorismo, disarmo nucleare, Siria ed Israele. Anche Putin intravede una crescente sintonia tra le due amministrazioni, dopo anni di gelo. Il Russiagate finisce però per prendere rapidamente la scena. Incalzato da un giornalista, che gli chiede a chi creda, se all'intelligence americana o a Putin, in merito alle interferenze russe nelle ultime presidenziali, Trump azzarda: "Putin mi ha detto che la Russia non ha interferito. Non vedo ragioni perchè debba averlo fatto", afferma, prima di partire con una raffica di accuse contro l'ex-rivale Clinton. Putin liquida tutto come accuse false e speculazioni, anche se ammette che era proprio Trump il suo candidato preferito. Poi apre alla collaborazione col procuratore speciale Mueller: "può chiedere l'estradizione dei 12 cittadini russi incriminati per il Russiagate. Oppure può venire a interrogarli in Russia, ma a quel punto chiederemmo reciprocità con gli agenti americani coinvolti in attività illegali sul nostro territorio". Infine, la domanda più imbarazzante: Putin possiede materiale imbarazzante su Trump? La smentita è ovvia.

16/7/2018

Parla di solidarietà e responsabilità europea il premier Conte, dopo la disponibilità fornita da diversi Paesi ad accogliere parte dei migranti dell'ultimo barcone.

Conte intravede finalmente la svolta, dopo l'ultimo vertice comunitario. Ma se da occidente arriva una mano, da est, dai presunti alleati politici del Ministro dell'Interno Salvini, arriva l'ennesima doccia fredda: "ho ricevuto la lettera del premier italiano in cui chiede all'Unione di occuparsi di una parte delle 450 persone in mare. Un tale approccio e' la strada per l'inferno", scrive su Twitter Andrej Babis, premier della Repubblica Ceca, uno dei Paesi del gruppo di Visegrad. "Praga -precisa Babis- non ricevera' alcun migrante. L'unica soluzione alla crisi migratoria e' il modello australiano, cioe' non fare sbarcare migranti in Europa". Stesso spartito da Budapest: "l'Ungheria non accoglie nessuno. Gli elettori ungheresi si sono espressi chiaramente: non vogliono vivere in un Paese di immigrati", tuona Istvan Hollik, portavoce del gruppo parlamentare di Fidesz, il partito del premier Orban. Insomma, porta chiusa. Non che a ovest i rapporti siano meno tesi: il premier maltese Muscat attacca il Governo italiano: "l'affermazione secondo cui La Valletta non avrebbe rispettato i suoi obblighi" nella vicenda del barcone "e' del tutto inaccettabile", scrive in una lettera Muscat. Mentre Roma sottolinea le distanze che la separano ancora da Berlino: nessuno scambio tra il sì all'accoglienza dei 50 migranti e il via libera ai secondary movements, precisano fonti di Governo. A questo punto occorre comprendere se la generosità europea sia da considerarsi potenzialmente strutturale, una svolta per dirla con Conte, o un altro caso isolato.

15/7/2018

Parla di solidarietà e responsabilità europea il premier Conte, dopo la disponibilità fornita da Francia, Malta e Germania ad accogliere parte dei migranti dell'ultimo barcone.

Conte intravede la svolta, dopo l'ultimo vertice europeo. Ma se da occidente arriva una mano, da est, dai presunti alleati politici del Ministro dell'Interno Salvini, arriva l'ennesima doccia fredda: "ho ricevuto la lettera del premier italiano in cui chiede all'Unione di occuparsi di una parte delle 450 persone in mare. Un tale approccio e' la strada per l'inferno", scrive su Twitter Andrej Babis, premier della Repubblica Ceca, uno dei Paesi del gruppo di Visegrad. "Praga -precisa Babis- non ricevera' alcun migrante. L'unica soluzione alla crisi migratoria e' il modello australiano, cioe' non fare sbarcare migranti in Europa". Stesso spartito da Budapest: "l'Ungheria non accoglie nessuno. Gli elettori ungheresi si sono espressi chiaramente: non vogliono vivere in un Paese di immigrati", tuona Istvan Hollik, portavoce del gruppo parlamentare di Fidesz, il partito del premier Orban. Insomma, porta chiusa. Non che a ovest i rapporti siano meno tesi: il premier maltese Muscat attacca il Governo italiano: "l'affermazione secondo cui La Valletta non avrebbe rispettato i suoi obblighi" nella vicenda del barcone "e' del tutto inaccettabile", scrive in una lettera Muscat. Mentre Roma sottolinea le distanze che la separano ancora da Berlino: nessuno scambio tra il sì all'accoglienza dei 50 migranti e il via libera ai secondary movements, precisano fonti di Governo. A questo punto occorre comprendere se la generosità europea sia da considerarsi potenzialmente strutturale, una svolta per dirla con Conte, o un altro caso isolato.

15/7/2018

E' insieme una richiesta di aiuto e un piano programmatico, quello che il premier Conte invia ai leader e colleghi europei, nella lettera in cui sollecita i partner comunitari a farsi carico dei migranti che continuano ad attraversare il Mediterraneo. In particolare degli ultimi 450.

"Gli eventi confermano che e' della massima urgenza dare seguito, attuandole senza esitazioni, alle conclusioni del Consiglio Europeo di fine giugno", scrive Conte, chiedendo agli altri Paesi un segnale inequivocabile di condivisione dellaresponsabilita'. A seguire, il premier dettaglia le azioni da intraprendere, iniziando proprio da uno dei punti individuati al summit: l'Italia chiede all'Europa di "definire con urgenza, insieme all'Onu, le modalita' di concreto funzionamento delle cosiddette piattaforme regionali di sbarco. E' necessario individuare i Paesi terzi idonei ad ospitarle, ed impostare un negoziato con loro", scrive, esortando anche ad implementare l'altra faccia dell'intesa, con la definizione delle modalita' per l'allestimento dei 'Centri controllati' nei Paesi europei, finanziati da risorse comunitarie. Il premier annuncia anche che Roma chiederà l'adeguamento immediato del Piano operativo dell'Operazione Eunavfor Medin relazione al porto di sbarco, che "non puo' continuare" -scrive- "ad essere identificato solo in Italia". E rende noto che L'Italia intende organizzare "una conferenza internazionale sulla gestione della migrazione, verso fine ottobre", per dare ulteriore impulso ad una "gestione organizzata e condivisa dei flussi migratori".

14/7/2018

Una lettera ai presidenti di Commissione e Consiglio Europei, per sollecitare l'applicazione immediata dei principi comunitari affermati nel corso dell'ultimo vertice a Bruxelles.

Il premier Conte passa all'offensiva, annunciando una missiva ai vertici dell'Unione e agli altri leader, gli stessi con cui ha prodotto -a fine giugno- un'intesa ancora estremamente nebulosa nei dettagli, sulla quale non sono stati fatti sostanziali passi in avanti, soprattutto su uno dei punti più innovativi, quello dei centri di controllo dei migranti su suolo europeo. Da Bruxelles arrivano segnali di attesa e di apertura rispetto alla richiesta di Conte, ma nulla di più, se non il ribadire che -secondo le regole attuali d'ingaggio delle navi sotto missioni comunitarie, quali quelle di Frontex- non e' possibile lo sbarco dei migranti in Paesi terzi, come la Libia. I centri regionali di sbarco nei Paesi terzi sono invece un'altra delle opzioni allo studio della Commissione Europea. Ma al momento non vi è nulla di operativo. Mentre, ricorda infine Bruxelles, deve sempre essere rispettato il principio di non respingimento. Dalle altre capitali europee per ora solo silenzio: il possibile remake del caso Aquarius potrebbe non risultare gradito, stavolta. L'Italia, sui cosiddetti movimenti primari dei migranti, appare ancora sola.

13/7/2018

"Uno sforzo strutturale di almeno lo 0,3% del Pil nel 2018, senza alcun margine aggiuntivo di deviazione sull'anno": l'Ecofin approva le raccomandazioni della Commissione Europea sui conti italiani, certificando che esiste il rischio di una "deviazione significativa" dal percorso verso l'obiettivo di medio termine, il pareggio strutturale di bilancio.

Nel 2019 invece, considerato il debito sopra il 60%, l'aggiustamento richiesto e' pari allo 0,6%. A preoccupare Bruxelles è il rischio di una deviazione significativa dai requisiti a politiche invariate, e il fatto che Roma non rispetterà la regola del debito nel biennio. Fin qui i dettagli tecnici: a margine dell'Ecofin la discussione si è fatta anche politica. "Il profilo di discesa debito non sara' in discussione, il centro della manovra e' ribaltare la tendenza ad aumentare sempre la quota di spesa corrente a scapito della spesa per investimenti", ha aggiunto Tria. Il vicepresidente della Commissione Dombrovskis nicchia: "con il Governo italiano 'e' necessario ulteriore lavoro, sia per quest'anno, sia per la preparazione del bilancio 2019. L'appuntamento in calendario è per l'autunno, quando le promesse elettorali dell'esecutivo gialloverde e i paletti stretti posti da Bruxelles arriveranno all'inevitabile momento di confronto.

11/7/2018

Al via a Bruxelles l'attesissimo vertice Nato, scaldato alla vigilia dal botta e risposta incrociato tra il presidente americano Trump e quello europeo Tusk. Trump non si è tirato indietro neppure in mattinata, quando ha preso di mira la Germania, con un'accusa diretta.

"Berlino e' prigioniera della Russia sull'energia... e poi noi dovremmo proteggerla da Mosca, questo ce lo spieghi". Cosi' Trump, nel corso del bilaterale con il segretario generale Nato Stoltenberg, prima di rincarare la dose: "ci sono Paesi come la Polonia che invece non accetterebbero il gas russo perche' sarebbero prigionieri della Russia". Insomma, se queste sono le premesse, la possibilità che questo vertice Nato si trasformi in una replica al quadrato dell'ultimo G7, con scontri e ritrattazioni successive sul comunicato finale, è concreta. Tantopiù che Trump ha già detto che lo rilassa molto di più il prossimo bilaterale con Putin, che non sedersi al tavolo con le controparti europee. Il segretario Nato Stoltenberg prova a fare da pompiere, prima che divampi l'incendio, trascinandosi dietro l'intera Alleanza Atlantica: "il presidente Trump ha usato un linguaggio diretto sulle spese della difesa, ma tutti gli alleati sono d'accordo", ha detto Stoltenberg, che ha assicurato: "gli alleati si sono impegnati nell'aumentare le spese della difesa" al 2% entro il 2024 "e ci stiamo muovendo sulla giusta direzione". Stoltenberg ha precisato che questo summit "e' molto importante" e si discuteranno diversi temi, tra cui le "strutture di comando negli Stati Uniti e in Germania, insieme agli sforzi per combattere il terrorismo". Infine, ha ringraziato il nostro Paese: "sono grato all'Italia non solo perche' ospita il comando della Nato" a Napoli, "ma anche per il ruolo che svolge" a sud.

10/7/2018

Il vertice Nato riapre le ferite transatlantiche, con scambi di avvertimenti incrociati che non lasciano ben sperare in vista dell'esito finale.

Alla vigilia, è il presidente europeo Tusk a mettere l'amministrazione di Washington nel mirino: "gli Stati Uniti non hanno nessun miglior alleato dell'Europa, questo il presidente Trump -che da un po' di tempo critica l'Unione quasi quotidianamente- se lo deve ricordare al summit, soprattutto quando incontrera' il presidente russo Putin a Helsinki". Cosi' Tusk, che calca la mano: "è sempre importante ricordare chi e' il tuo partner strategico e chi e' il tuo problema strategico". A stretto giro di posta la replica di Trump, che ironizza: "tra vertice Nato e faccia a faccia con la premier britannica May, il bilaterale con Putin potrebbe rivelarsi la cosa più facile". Un chiaro segnale che l'atteggiamento verso gli alleati europei resta di aperta diffidenza, se non addirittura di ostilità, da parte dell'imprevedibile inquilino della Casa Bianca. Il segretario generale Nato Stoltenberg prova così a fare da paciere, senza nascondere le difficoltà: "ci sono disaccordi e mi aspetto discussioni franche al summit, ma la Nato resta la pietra angolare della sicurezza transatlantica". Proprio Stoltenberg ha lanciato un messaggio positivo a Washington sul fronte della spesa in armamenti, dopo le reiterate critiche da parte di Trump contro gli scarsi investimenti europei: "le nuove stime di spesa 2018 sono incoraggianti, tutti gli alleati Nato hanno smesso di tagliare e hanno aumentato la spesa, con il piu' grande aumento in una generazione. Stiamo andando nella direzione giusta", ha detto Stoltenberg.

5/7/2018

Intesa sull'unico punto possibile - la chiusura della rotta del Mediterraneo. Rinvio su tutto il resto. L'atteso incontro a Vienna tra il Ministro dell'Interno tedesco Seehofer e il cancelliere austriaco Kurz calma le tensioni dei giorni scorsi, rimandando però alla prossima settimana ogni decisione reale. E salvando così -per ora- Schengen.

L'unico obiettivo comune sarà affrontato nei prossimi giorni dai Ministri dell'Interno di Germania, Austria e Italia, che si incontreranno per stabilire misure in grado di chiudere le rotte dei migranti nel Mare Nostrum: il resto per ora è un esercizio di puro equilibrismo politico, nel tentativo di non calpestarsi reciprocamente i piedi. Il bavarese Seehofer evita di irritare il padrone di casa Kurz sui confini comuni, spiegando che Berlino negozierà il respingimento dei richiedenti asilo direttamente nei Paesi di primo approdo, vale a dire Italia e Grecia, per non scaricarne il peso su Vienna. Se Roma e Atene dicessero "no", tutto sarà demandato a non meglio precisate "misure alternative". Vienna lancia segnali distensivi all'Italia, sostenendo che non c'è un'immediata esigenza di chiudere il Brennero. Poche ore prima la cancelliera tedesca Merkel e il premier ungherese Orbanavevano esternato plasticamente le loro enormi differenze in tema migranti: "io e la cancelliera vediamo il mondo in modo diverso. Ma aspiriamo ad una stretta collaborazione", aveva detto Orban, in visita a Berlino. Prima di dirsi "ferito" dalle critiche tedesche, e suggerire bonariamente il respingimento dei migranti verso la Grecia, non verso l'Ungheria.

4/7/2018

"L'Austria condivide con la Germania l'obiettivo" di respingere i migranti verso il Paese di primo ingresso dove sono stati registrati.

"Ora vediamo cosa intende fare Berlino. In ogni caso non chiuderemo alcun accordo che dovesse appesantire la pressione sull'Austria". Il cancelliere austriaco Kurz ribadisce così, in un'intervista alla radio Oesterreich1 che i controlli al confine sud, quello con l'Italia, restano un'opzione sul tavolo. Il tutto mentre suo Ministro dei Trasporti, Hofer, ammette che -in termini economici- ripristinare i controlli al Brennero "sarebbe un disastro". A Berlino la cancelliera Merkel, parlando al Bundestag, ha difeso l'intesa raggiunta con gli alleati bavaresi della Csu: "è necessario piu' ordine in tutti gli aspetti che riguardano la migrazione, le persone devono avere l'impressione che il diritto e l'ordine sono applicati", ha detto. "All'ultimo vertice europeo si e' concordato che la gestione dei migranti e' un compito che coinvolge tutti", ha aggiunto la Merkel, che ha garantito il contributo tedesco al potenziamento di Frontex, e ha ribadito che questa crisi è un test per la tenuta stessa di Schengen e dell'Europa. La Spd, che non ha ancora dato il via libera al piano congiunto Cdu-Csu, avverte con la capogruppo Nahles che "non ci sara' alcun centro di transito migranti chiuso". Il Ministro dell'Interno Seehofer replica che la permanenza massima dei richiedenti asilo respinti sarà di due giorni. Il tutto mentre l'intera opposizione, dalla sinistra della Linke all'estrema destra Afd, si scagliava in Parlamento contro la politica migratoria targata Cdu-Csu.

4/7/2018

"L'Austria condivide con la Germania l'obiettivo" di respingere i migranti verso il Paese di primo ingresso dove sono stati registrati.

"Ora vediamo cosa intende fare Berlino. In ogni caso non chiuderemo alcun accordo che dovesse appesantire la pressione sull'Austria". Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ribadisce così, in un'intervista alla radio Oesterreich 1 che i controlli al confine sud, quello con l'Italia, restano un'opzione sul tavolo, alla quale Vienna è pronta. A Berlino la cancelliera Merkel, parlando al Bundestag, ha difeso l'intesa raggiunta lunedì con gli alleati bavaresi della Csu: "è necessario piu' ordine in tutti gli aspetti che riguardano la migrazione, le persone devono avere l'impressione che il diritto e l'ordine sono applicati", ha detto. "All'ultimo vertice europeo si e' concordato che la gestione dei migranti e' un compito che coinvolge tutti", ha detto la Merkel, che ha garantito il contributo tedesco al potenziamento di Frontex, e ha ribadito che questa crisi è un test per la tenuta stessa di Schengen e dell'Europa. La Spd, che non ha ancora dato il via libera al piano congiunto Cdu-Csu, avverte con la capogruppo Nahles che "non ci sara'alcun centro di transito migranti chiuso". Il Ministro dell'Interno Seehofer replica che la permanenza massima dei richiedenti asilo respinti sarà di due giorni. Infine, la nave Open Arms con a bordo 60 migranti e' giunta al porto di Barcellona, dove è stato allestito un dispositivo di accoglienza simile a quello previsto per l'arrivo dell'Aquarius a Valencia.

4/7/2018

Neppure una settimana per passare da un accordo di facciata al vertice europeo ad un rischio effetto domino sui migranti, potenzialmente in grado di annichilire Schengen.

Mentre venerdì l'attenzione italiana si concentrava tutta su ipotetici centri di accoglienza e controllo comunitari, che nessuno ad oggi sembra disposto a costruire, sottotraccia il focus si spostava già su un altro fronte. Mentre Roma continuava a parlare di "movimenti primari" dei migranti, dall'Africa verso il Continente, in Germania si stava già consumando uno scontro politico interno su quelli secondari - da un Paese membro all'altro. L'azzardo della Csu tedesca, un partito che vede all'orizzonte lo spettro della perdita della propria monarchia assoluta in Baviera, ha destabilizzato prima la Germania, e rischia ora di allungare i suoi effetti venefici sul resto d'Europa. Le ferite che il weekend di follia politica tedesca ha lasciato alle proprie spalle a Berlino si rimargineranno con difficoltà: il dualismo Merkel-Seehofer è esploso, mentre la Spd non ha risparmiato critiche all'intesa raggiunta nel centrodestra. Il problema maggiore è come sarà percepito l'accordo tedesco in Europa: l'Austria intravede un effetto domino e pensa a sigillare le frontiere con l'Italia. Anche la Repubblica Ceca si dice pronta a reintrodurre i controlli ai confini, scaricando ogni responsabilità su Italia e Grecia. Mala tempora currunt. Roma è a rischio isolamento. Anche per questo Salvini corre ai ripari, lanciando segnali all'omologo tedesco. Berlino chiederà un accordo con l'Italia sui respingimenti. In cambio cosa otterrà il Governo gialloverde?

3/7/2018

Cinque giorni. Cinque giorni per passare da un accordo di facciata ad un rischio effetto domino sui migranti, potenzialmente in grado di annichilire Schengen.

Mentre venerdì mattina l'attenzione italiana si concentrava tutta su degli ipotetici centri di accoglienza e controllo europei, che nessuno ad oggi sembra disposto a costruire - nè in Europa né fuori dall'Europa, sottotraccia il focus si spostava già su un altro fronte. Usando la terminologia di moda negli ultimi giorni, mentre Roma continuava a parlare di "movimenti primari" dei migranti, dall'Africa verso il Continente, in Germania si stava già consumando uno scontro politico tutto interno su quelli secondari - da un Paese membro all'altro. L'azzardo politico della Csu tedesca, un partito che vede all'orizzonte lo spettro della perdita della propria monarchia assoluta in Baviera, ha destabilizzato prima la Germania, e rischia ora di allungare i suoi effetti venefici sul resto d'Europa. Le ferite che il weekend di follia politica tedesca ha lasciato alle proprie spalle a Berlino si rimargineranno tra molto tempo - se mai si rimargineranno: il dualismo Merkel-Seehofer è esploso, mentre ora è la Spd a criticare e a chiedere chiarimenti sull'intesa raggiunta nel centrodestra. I socialdemocratici hanno forti dubbi sui centri di transito, per i rifugiati da respingere. Il problema maggiore è come sarà percepito l'accordo tedesco in Europa: l'Austria intravede un effetto domino e pensa a sigillare le frontiere con l'Italia. La Repubblica Ceca si dice pronta a reintrodurre i controlli ai confini e scarica ogni responsabilità su Italia e Grecia. Mala tempora currunt. Soprattutto per Roma, a rischio isolamento.

2/7/2018

Una domenica ad altissima tensione per la politica tedesca, con il dramma nel dramma di una Csu bavarese che si spacca, a soli quattro mesi dal voto. Ma la vera notizia è lo scontro fratricida che si consuma tra la Cdu di Angela Merkel e il partito gemello di Monaco di Baviera, divisi come non mai sulla politica di immigrazione.

La miccia la innesca nel pomeriggio proprio il Ministro dell'Interno e leader Csu Seehofer: dopo l'incontro di sabato a Berlino con la Merkel, Seehofer spara a zero contro la cancelliera: un faccia a faccia "senza senso e inefficace", lo definisce, definendo gli accordi presi a Bruxelles un'alternativa inefficace ai respingimenti dei rifugiati alla frontiera, e descrivendo unaMerkel incapace di muoversi di un solo millimetro. La prima reazione dei compagni di partito è di pieno appoggio, ma con le ore si levano anche voci critiche. Parallelamente, la riunione dell'ufficio di presidenza della Cdu, il partito della cancelliera, si conclude con una dichiarazione di pieno appoggio della politica sui migranti annunciata dalla Merkel. "Respingimenti unilaterali di profughi sarebbero un segnale sbagliato ai partner europei", afferma la segretaria generale Kramp-Karrenbauer. Posizioni inconciliabili tra partiti gemelli, che affrontano la più grave crisi nella loro storica partnership. Nelle drammatiche ore serali, a Seehofer non resta così che offrire tre opzioni: cedere alla Merkel, perdendo così credibilità; rimanere fermi sui respingimenti, rischiando però la crisi di Governo; oppure le proprie dimissioni da presidente Csu e Ministro dell'Interno. Opterà per queste ultime, quando cala la notte su Monaco.

1/7/2018

Governo tedesco sull'orlo della crisi, nonostante i segnali concilianti della vigilia: la riunione odierna dell'ufficio di presidenza dei bavaresi della Csu si è trasformata in un atto d'accusa contro i risultati ottenuti dalla cancelliera al vertice europeo.

Il suo più convinto oppositore si è rivelato proprio il Ministro dell'Interno Seehofer, che ieri sera ha incontrato la cancelliera a Berlino. Un incontro andato male, se Seehofer si è presentato di fronte ai vertici del suo partito definendo il faccia a faccia con la Merkel "senza senso e inefficace". In sintesi, Seehofer non vede negli accordi presi a Bruxelles un'efficace alternativa alle politiche dei respingimenti proposte dal suo MasterplanImmigrazione, congelato in attesa del summit europeo. La linea di Seehofer è stata però contestata da altri compagni di partito, come il capogruppo popolare all'Europarlamento Weber. Il clima si sarebbe surriscaldato, posticipando l'attesa conferenza stampa di ben tre ore, alle 21. La domenica tedesca è ad altissima tensione, perchè -contemporaneamente- si è riunito a Berlino l'ufficio di presidenza della Cdu, il partito della cancelliera, che si è schierato a sua difesa. Lei, in un'intervista alla televisione Zdf aveva lasciato intravedere le nubi che si addensavano all'orizzonte: "c'e' molto in gioco, che la situazione sia seria lo sa chiunque". Il rischio che la Grosse Koalition crolli a soli cento giorni dall'insediamento, facendo implodere persino il centrodestra tedesco, è reale. La Spd, terza gamba della coalizione, si starebbe già preparando a possibili nuove elezioni, secondo la Bild Zeitung.

1/7/2018

Governo tedesco sull'orlo della crisi, nonostante i segnali concilianti della vigilia: la riunione odierna dell'ufficio di presidenza dei bavaresi della Csu si è trasformatain un atto d'accusa contro i risultati ottenuti dalla cancelliera al vertice europeo.

Il suo più convinto oppositore si è rivelato proprio il Ministro dell'Interno Seehofer, che ha incontrato ieri sera la cancelliera a Berlino. Un incontro a quanto pare andato malissimo, se Seehofer si è presentato di fronte ai vertici del suo partito definendo il faccia a faccia con laMerkel "senza senso e inefficace". "Sono andato fino a Berlino, per vedere la cancelliera muoversi dello zero virgola zero". In sintesi, Seehofer non vede negli accordi presi a Bruxelles un'efficace alternativa alle politiche dei respingimenti proposte dal suo Masterplan Immigrazione, congelato in attesa del summit europeo. Sulla linea di Seehofer si è espresso anche il capogruppo Csu al Parlamento bavarese, Dobrindt, che vede come necessaria l'implementazione di misure nazionali, accanto a quelle europee. La domenica tedesca è ad altissima tensione, perchè -contemporaneamente- si è riunito a Berlino l'ufficio di presidenza della Cdu, il partito della cancelliera, che ha si è schierato a sua difesa. Lei, in un'intervista alla televisione Zdf, aveva lasciato intravedere le nubi che si addensavano all'orizzonte: "c'e' molto in gioco, che la situazione sia seria lo sa chiunque", aveva detto. Il rischio che la Grosse Koalition crolli a soli cento giorni dall'insediamento, e nel modo più inatteso, è ora reale.

1/7/2018

La Germania accelera sul dossier migranti, nell'incertezza di un accordo varato solo l'altroieri al vertice europeo e già profondamente divisivo.

La cancelliera Merkel, pressata dalla destra bavarese, attua subito il punto 11 dell'intesa, annunciando di aver raggiunto accordi con ben 14 Paesi, oltre a Spagna e Grecia, per rendere più rapidi i respingimenti dei migranti già registrati in altri Paesi comunitari, e poi transitati verso il suolo tedesco. Ungheria e Repubblica Ceca reagiscono però nel giro di poche ore, negando di aver sottoscritto alcun accordo, e mettendo a rischio la credibilità interna della Merkel . Nella lettera inviata ai partner di coalizione, la cancelliera ha menzionato l'idea di inviare i migranti respinti negli Ankerzentren, "centri ancora". L'estrema destra tedesca Afd cerca alleati in Europa: il cancelliere austriaco Kurz, che ha inaugurato ieri il semestre di presidenza europeo col motto "L'Europa che protegge", ha rispedito l'invito al mittente. Non così ha fatto Salvini, menzionato tra i possibili partner, mentre l'altro vicepremier -Di Maio- rilancia la linea italiana sui migranti, minacciando direttamente l'Europa.

30/6/2018

A neppure 24 ore dalla conclusione di un sofferto vertice sui migranti, l'Europa si risveglia ancora divisa sul dossier, nonostante l'unità di facciata del documento finale.

La cancelliera tedesca Merkel procede spedita come un treno sul punto 11 delle conclusioni del summit, quello relativo ai movimenti secondari, per sedare la rivolta interna dei bavaresi della Csu ed evitare definitivamente la crisi di Governo. Dopo l'intesa con Spagna e Grecia, la Merkel annuncia accordi con altri 14 Paesi, affinchè rendano più rapidi i respingimenti dei migranti già registrati in altri Stati membri. A sorpresa, la Merkel inserisce nel gruppo il nucleo duro delle nazioni di Visegrad, quali Ungheria, Repubblica Ceca e Polonia. E ancora più a sorpresa, poche ore dopo Praga e Budapest smentiscono la notizia, con il premier ceco Babis che la definisce "una notizia allarmante, una sciocchezza" - giusto per calcare un po' la mano. La Merkel precisa di voler inviare i richiedenti asilo registrati in altri Paesi in cosiddetti "centri ancora", mentre frena l'euforia dei fratelli-coltelli bavaresi, che già parlavano di respingimenti immediati e unilaterali alla frontiera. E mentre l'estrema destra euroscettica tedesca dell'Afd cita espressamente l'italiano Salvini tra gli alleati europei, l'altro vicepremier -Di Maio- rilancia la linea italiana sui migranti, minacciando direttamente l'Europa. L'Austria intanto festeggia l'avvio del suo semestre di presidenza comunitaria con il motto "L'Europa che protegge", e mette in agenda un vertice Europa-Africa per i prossimi mesi.

30/6/2018

Le buone intenzioni europee sui migranti passano da oggi alla prova dei fatti: l’intesa -raggiunta ieri dopo ore di estenuanti negoziati- apre le porte ad una presa in carico condivisa degli immigrati, in Europa, su base volontaria, anche mediante l’istituzione di centri comunitari nei Paesi di primo approdo.

Fondamenta di un nuovo approccio che soddisfano il premier Conte all’80%, ma che sono al momento solo una scatola vuota, anche per colpa della durissima opposizione -vincente- dei Paesi dell’Est. Scatola su cui dovrò lavorare la prossima presidenza austriaca. Il problema è che questo embrione di solidarietà appare fragile: a summit concluso, esplodono le fratture. La prima con la Germania: Roma, dopo aver negato che aprirà centri europei nella Penisola, si oppone ad accettare rifugiati di ritorno da Berlino. In risposta, la cancelliera tedesca Merkel mette nero su bianco che a sua volta non accetterà rifugiati sbarcati in Italia, e sbandiera un accordo sui respingimenti con Spagna e Grecia, salvando il proprio Governo – ora la Csu bavarese è soddisfatta. E c’è di più. Lo scontro si fa plateale con Parigi. Ad accendere la miccia il presidente francese Macron, che affonda le speranze di Roma: "il concetto di Paese di primo arrivo non si puo' cancellare", dice in conferenza stampa, ribadendo quanto già affermato in mattinata, quando aveva sostenuto che Dublino resta valida e che la Francia non aprirà centri di controllo europei Oltralpe. La smentita di Conte non fa che evidenziare la frattura.

29/6/2018

L’Italia porta a casa -dopo una notte di negoziati estenuanti- un accordo sui migranti, del quale si dice soddisfatta all’80%, ma apre una frattura con l’asse franco-tedesco.

Il premier Conte, dopo aver raffreddato gli entusiasmi dell’alba, sostiene di essere comunque riuscito a rivoluzionare il tavolo. Tuttavia, mentre Roma incassa un testo pieno di buoni principi sugli sforzi condivisi in materia di migrazione, ma vuoto di passi concreti, in primis sui centri europei di accoglienza e smistamento – restano volontari e non c’è una lista di chi li aprirà, Germania e Francia muovono le loro fiches. Roma, dopo aver negato che aprirà centri europei nella Penisola, si oppone ad accettare rifugiati di ritorno dalla Germania. In risposta, la cancelliera tedesca Merkel mette nero su bianco che a sua volta non accetterà rifugiati sbarcati nella Penisola, e sbandiera un accordo sui respingimenti con Spagna e Grecia, salvando il proprio Governo – ora la Csu bavarese è soddisfatta. E c’è di più. Lo scontro si fa plateale con Parigi. Ad accendere la miccia il presidente francese Macron, che affonda le speranze di Roma: "il concetto di Paese di primo arrivo non si puo' cancellare", dice in conferenza stampa, ribadendo quanto già affermato in mattinata, quando aveva sostenuto che Dublino resta valida e che la Francia non aprirà centri di controllo europei Oltralpe. La smentita di Conte non fa che evidenziare la frattura. Da lunedì la patata bollente sul dossier migranti passa all’Austria.

29/6/2018

L'Italia si dice -con il premier Conte- soddisfatta all’80% dell’intesa raggiunta sui migranti, e sostiene di aver rivoluzionato il tavolo in Europa.

Si chiude così il primo vertice europeo dell’esecutivo gialloverde. Le conclusioni del summit sono però vaghe, e al di là di un approccio condiviso sulla presa in carico dei migranti e sull’ipotesi di apertura di futuri centri europei di accoglienza e verifica delle domande di asilo, in Europa e nel Nordafrica, Roma non porta molto a casa. Conte esclude che questi centri possano sorgere in Italia, e rifiuta l’idea che a Penisola possa riprendere rifugiati finiti in Germania dopo essere stati registrati nel nostro Paese. La distanza con Berlino e Parigi è palpabile. La cancelliera tedesca Merkel fa poco per nasconderla, annunciando, come state ascoltando, un accordo con Spagna e Grecia, in base al quale questi Paesi riprenderanno rifugiati attualmente di stanza in Germania. In cambio Berlino faciliterà i ricongiungimenti famigliari nella direzione inversa. La Merkel minaccia: se Roma non faciliterà un accordo simile, smetteremo di accettare rifugiati sbarcati in Italia. Ciliegina sulla torta, la Csu bavarese sgonfia la potenziale crisi di Governo, dicendosi soddisfatta degli esiti del summit. Altro punto di frizione è tra Italia e Francia: il presidente Macron ribadisce che Parigi non aprirà centri europei sul proprio territorio, e sottolinea che la responsabilità dei migranti resta in carico ai Paesi di primo approdo. Conte lo smentisce platealmente in conferenza stampa. L’Italia appare politicamente isolata.

29/6/2018

L’Italia rivendica di aver rivoluzionato il tavolo sui migranti, ma nel frattempo si apre un fronte con Germania e Francia.

Il premier Conte arriva in conferenza stampa e rivendica di aver raggiunto l’80% degli obiettivi prefissati, promuovendo la nuova strategia multilivello sulle migrazioni, ma fornendo pochi dettagli su chi e quando aprirà i centri europei su base volontaria nei Paesi di primo approdo. Rende anzi chiaro che Roma non aprirà questi centri su territorio italiano, e che non intende accettare migranti di ritorno dalla Germania, in quanto già registrati nel nostro Paese. A pochi metri di distanza però, la cancelliera tedesca Merkel rendeva plastica la distanza con Roma, sottoscrivendo un’intesa con Spagna e Grecia, sulla base della quale Madrid e Atene riprenderanno i migranti approdati in Germania provenienti dal sud Europa. I numeri non sono enormi, fonti iberiche parlano di meno di un centinaio, ma tanto basta per salvare il Governo tedesco – con la Csu bavarese che legge nelle conclusioni del vertice un risultato concreto sui respingimenti. La frattura più evidente si registra tra Italia e Francia, con Macron -il regista dell’intesa notturna- che non lascia margini di trattativa. "Il concetto di Paese di primo arrivo non si puo' cancellare", dice Macron in conferenza stampa, ribadendo quanto già affermato in mattinata, quando aveva sostenuto che Dublino resta valida e che la Francia non aprirà centri di controllo europei Oltralpe. Conte lo smentisce platealmente nella sua conferenza stampa, Macron poi calma la situazione, dicendosi disponibile a continuare a lavorare con l’Italia. Ma intanto la frattura tra l’asse franco-tedesco e Roma appare evidente, anche in conseguenza della notte dei lunghi coltelli di ieri.

29/6/2018

Il day-after dell’accordo notturno sui migranti mostra già le prime preoccupanti carenze strutturali dell’intesa, almeno per quanto riguarda l’Italia.

Il più esplicito è stato il presidente francese Macron, affermatosi come il grande regista negoziale, che ha già messo nero su bianco come "i centri sorvegliati di accoglienza in Europa su base volontaria vanno fatti nei Paesi di primo ingresso, quindi sta a loro dire se sono candidati ad aprire questi centri", e ha precisato: "la Francia non e' un Paese di primo arrivo". Soprattutto, Macron ha messo in chiaro che continua a spettare a Italia, Spagna e Grecia occuparsi in primis dei migranti. "Le regole del diritto internazionale sono chiare: è il Paese più vicino a dover aprire i porti. Le regole europee pure: è il Paese di primo arrivo a dover esaminare le domande dei migranti e farsene carico. Nessuno dei due principi viene modificato dall'accordo di stanotte. Ciò che ora diciamo è che l'Europa deve essere più solidale con i Paesi di primo approdo, assicurando una presa in carico comunitaria fin dal primo giorno ". Così Macron, imitato dal belga Michel, che aggiunge che quanto avvenuto con la nave Lifeline qualche giorno fa non deve essere preso a modello, almeno fino alla futura riforma di Dublino. Di altro avviso il premier Conte, stanotte all’uscita dal summit. In mattinata Conte ha ricalibrato il tiro, ribadendo di essere sì soddisfatto, anche se -ha precisato- qualche passaggio delle conclusioni lo avrebbe scritto diversamente. Sulla cronaca di giornata, già approvate le conclusioni sulla Brexit, con la preoccupazione europea sui ritardi in merito a confine nordirlandese, Gibilterra, e -più in generale- su un accordo di partnership futura che stenta ancora a materializzarsi. L’invito è prepararsi a tutti gli scenari possibili di divorzio. In corso la discussione sull’Eurozona, nel pomeriggio la chiusura dei lavori.

29/6/2018

E’ arrivato nel cuore della notte l’atteso accordo sui migranti che fino a poche ore fa ha tenuto in scacco l’Unione Europea, per il rifiuto dell’Italia di approvare le conclusioni del vertice senza sottoscrivere anche la parte relativa alle migrazioni.

Il punto-chiave dell’intesa è il numero 6, laddove si dice che i migranti salvati su territorio europeo devono essere presi in carico, sulla base di uno sforzo condiviso, e trasferiti in centri controllati istituiti dai Paesi membri su base volontaria, affinchè si proceda al vaglio delle loro domande di asilo. Il premier Conte ha detto che Roma valuterà se aprire questi centri sul proprio territorio, ma non è assolutamente invitata a farlo. Il problema resta però quello della volontarietà: quanti Paesi europei istituiranno questi centri? L’Europa apre anche alle piattaforme di sbarco nei Paesi di transito, per esempio in Nordafrica, in collaborazione con l’Onu, mentre sarà rifinanziato il fondo per l’Africa. Previste pure linee guida per le Ong nel Mediterraneo e una riforma di Dublino - da sviluppare però nei prossimi mesi. A ottobre una prima verifica. La cancelliera tedesca Merkel ha sottolineato l’importanza della solidarietà con i Paesi di arrivo, ma ha ribadito -per sedare la rivolta bavarese- che nel testo delle conclusioni i movimenti secondari dei migranti in Europa sono vietati, e che i Paesi possono legiferare per fermarli. Il francese Macron, regista dell’intesa, saluta la “soluzione europea” al problema, mentre l’Austria ribadisce che non ci saranno quote obbligatorie di ricollocazione dei migranti, come chiesto dall’Est Europa. Insomma, per il momento, tutti i principali leader soddisfatti dell’intesa raggiunta e dei risultati conseguiti.

29/6/2018

E' arrivato nel cuore della notte, quasi all’alba, l’accordo sui migranti che fino a poche ore fa ha tenuto in scacco l’Unione Europea, per il rifiuto dell’Italia di approvare le conclusioni del vertice senza la parte relativa alle migrazioni.

Il punto-chiave dell’intesa è il numero 6, laddove si dice che i migranti salvati su territorio europeo devono essere presi in carico, sulla base di uno sforzo condiviso, e trasferiti in centri controllati istituiti dai Paesi membri su base volontaria, affinchè si proceda al vaglio delle loro domande di asilo. Il premier Conte ha detto che l’Italia valuterà se aprire questi centri sul proprio territorio, ma non è assolutamente invitata a farlo. Il problema resta però quello della volontarietà: quanti Paesi europei istituiranno questi centri? L’Europa apre anche alle piattaforme di sbarco nei Paesi di transito, per esempio in Nordafrica, in collaborazione con l’Onu, mentre sarà rifinanziato il fondo per l’Africa. La cancelliera tedesca Merkel ha sottolineato l’importanza della solidarietà con i Paesi di arrivo, ma ha ribadito -per sedare la rivolta bavarese- che nel testo delle conclusioni i movimenti secondari dei migranti in Europa sono vietati. Il francese Macron, grande regista dell’intesa, saluta la “soluzione europea” al problema, mentre l’Austria ribadisce che non ci saranno quote obbligatorie di ricollocazione dei migranti, come chiesto dall’Est Europa. Insomma, alla fine tutti si dichiarano, al momento, felici di aver ottenuto quanto chiedevano.

29/6/2018

L’Italia congela il Consiglio Europeo, bloccando il testo di conclusioni parziale del summit, in attesa che si risolva il nodo migranti.

Il premier Conte opta per sfoderare l’arma nucleare, aprendo una lunga notte di estenuanti trattative a 28, ma continuando -sottotraccia- a lavorare per arrivare ad un accordo che consenta di tornare a Roma con un successo tangibile. Da un lato il Governo italiano riafferma alcune linee rosse della sua proposta: chi arriva in Italia arriva in Europa; sbarchi e operazioni di salvataggio devono essere coordinati con azioni e responsabilità congiunte; il fondo per l’Africa va rifinanziato; infine, Dublino va riformato. Dall’altro, però, Conte approfitta della cena per suggellare un’intesa a due con Macron, lavorando ad un piano che preveda -tra le altre cose- la creazione, su suolo europeo, di centri di accoglienza e smistamento delle domande dei richiedenti asilo. Centri di controllo chiusi, finanziati da Bruxelles, da aggiungere a quelli che Roma vorrebbe aprire fuori dal suolo comunitario, per esempio in Nordafrica: centri che dovrebbero venire approvati su base volontaria – senza un numero congruo di Paesi, insomma, non si partirebbe. Malta e Spagna sarebbero già della partita. E qui si potrebbe trovare un punto di incontro con la proposta fatta ieri mattina dalla cancelliera tedesca Merkel, che ha chiesto una cooperazione rafforzata in Europa sui migranti, pena l’esclusione da Schengen per chi non dovesse partecipare. Occorrerà però superare un clima di diffidenza verso l’Italia, nato proprio sull’onda della decisione di ricorrere al veto.

28/6/2018

A breve entrerà nel vivo la discussione tra i 28 leader sul dossier migranti.

Le premesse non lasciano ben sperare, nonostante l’assist lanciato questa mattina dalla cancelliera tedesca Merkel, che proponeva una cooperazione rafforzata tra Paesi, per lavorare ad un approccio comune sui flussi migratori, verso l’Europa e all’interno dell’Europa. Conte ha incontrato la Merkel in un bilaterale, dal quale è filtrato ben poco, se non che Roma non intende fare passi indietro in cambio di concessioni su altri capitoli, come ad esempio la flessibilità sui conti. La minaccia del veto, lo avete ascoltato, è esplicita e sul tavolo: l’Italia vuole che si superi Dublino, e che la questione migranti diventi una questione pienamente europea, non appena queste persone mettono piede sul Continente. Roma chiede solidarietà vera e lo sblocco dei fondi per l’Africa. E pretende un segnale chiaro. Due gli scogli principali: il blocco dei Paesi dell’Est, che non vogliono sentire parlare di quote o riallocazioni, e l’asse franco-spagnolo, restio a creare centri di accoglienza e smistamento in Nordafrica, insieme all’Onu. Parigi e Madrid preferiscono aprirli su territorio europeo. Sul maggiore controllo dei confini perlomeno sono tutti d’accordo. Il rischio che stanotte, a causa di un mancato accordo, possa saltare Schengen, non è da escludere. Anche se l’Italia sostiene che la fine di Schengen non sia tra le opzioni sul tavolo.

28/6/2018

Sta prendendo il via in questi minuti un cruciale vertice europeo, che dovrà necessariamente trovare soluzioni condivise sui migranti, per evitare che possa saltare Schengen.

Il premier Conte all’arrivo non ha escluso un veto italiano sulle conclusioni del summit. In un tweet Conte, che in questi minuti sta avendo un bilaterale con la cancelliera tedesca Merkel, ha chiesto ai partner europei solidarietà nei fatti, non a parole. Di migranti non si parlerà subito, ma a cena – si attende una lunga notte. Intanto fonti comunitarie fanno trapelare che si cerchera' un'intesa a 28 sul principio di responsabilita' condivisa per lo sbarco dei migranti, come richiesto dall'Italia, e un accordo sui movimenti secondari, come chiede la Germania. Senza unita', il piano B e' andare avanti con una coalizione di volonterosi: il prezzo da pagare per chi non volesse partecipare allo schema -presumibilmente i Paesi dell’Est- potrebbe essere l’estromissione dall’area di libera circolazione, con la chiusura delle frontiere interne. La Merkel ha posto l’accento sulla necessità di soluzioni per i movimenti secondari dei migranti, care all’alleato bavarese Seehofer, mentre il presidente francese Macron, che ha incontrato i leader del gruppo di Visegrad, spinge per soluzioni europee.

28/6/2018

Tra due ore prenderà il via un cruciale summit europeo – al primo posto nell’agenda il tema migranti, che sarà discusso in una notte che si annuncia lunga: sara' un vertice "difficile", ha anticipato su Twitter il presidente del Consiglio europeo Tusk.

Tusk ha elencato temi e speranze: "i 28 cercheranno unita' su migrazione, commercio, difesa e futuro dell'Eurozona”. Unità che appare al momento più un miraggio che una possibilità. Intervistato dal quotidiano francese Le Monde il premier spagnolo Sanchez ha attaccato Roma: l'Italia "deve chiedersi se le decisioni unilaterali possono essere una risposta efficace dinanzi a un problema globale. I discorsi incendiari possono essere efficaci in termini elettorali, ma non lo sono come risposta a questi drammi". Sanchez ha formato -proprio sul dossier immigrazione- un asse con il francese Macron. Ma la notizia più importante della mattinata è rappresentata dall’apertura della cancelliera tedesca Merkel ad una cooperazione rafforzata sulla crisi migranti: "non possiamo lasciare soli i Paesi in cui si verifica la maggior parte degli arrivi. Chi chiede asilo non puo' scegliersi il Paese in cui chiederlo: fino a quando su tutto questo non ci sara' un consenso a 28 andremo avanti con una coalizione dei volonterosi", ha detto. Per lei cattive notizie dalla vicina Austria: il Ministro dell’Interno di Vienna Kickl ha anticipato che non intende prendere in carico i profughi che la Baviera potrebbe respingere dalla prossima settimana, sulla base del Masterplan messo a punto dall’omologo tedesco Seehofer. Infine l’Ungheria, che apre a hotspots per i migranti in Nordafrica, a patto che Budapest possa decidere su eventuali arrivi nel Paese. Il presidente del Consiglio Conte è atteso qui tra un’ora circa, per quello che sarà il suo primo -complicatissimo- summit europeo.

22/6/2018

Rassicurare: il Ministro dell'Economia Tria fa il suo ingresso ufficiale all'Eurogruppo con questa parola d'ordine, dispensando ai giornalisti risposte flash e un messaggio rivolto -in primis- a Bruxelles e ai mercati.

Sullo sfondo le guerre per i dazi, le borse in picchiata e i timori per lo spread, legati anche alle nomine di leghisti no-euro alle presidenze delle Commissioni parlamentari - fatti, davanti ai quali le parole del Ministro faticano a fare da argine. Timori ribaditi pure dalla direttrice dell'Fmi Lagarde, presente al summit in Lussemburgo: "non sappiamo ancora quale sia il set di misure economiche che l'Italia applichera', sentiamo dichiarazioni rassicuranti sulla disciplina di bilancio, e possiamo osservare che i mercati sono piuttosto nervosi, ansiosi di avere una buona comprensione di quello che sara' il mix delle politiche italiane", dice. L'Eurogruppo segna il fischio d'inizio dell'attesa riforma dell'Eurozona, cui Merkel e Macron hanno dato il via libera: secondo il direttore esecutivo del fondo salva-Stati Regling, l'ESM e' "pronto" ad assumere un ruolo maggiore per rafforzare l'area euro e a contribuire a rendere l'Unione economica e monetaria piu' forte". Intanto scattano da oggi le contromisure europee, in risposta ai dazi imposti dal presidente americano Trump su acciaio e alluminio. Nel mirino di Bruxelles jeans, whisky, scarpe da ginnastica, cereali, burro d'arachidi e moto. Un lungo elenco che andra' a colpire marchi-simbolo dell'industria a stelle e strisce, per un giro d'affari da quasi tre miliardi.

21/6/2018

Fa il suo esordio in Europa il neoministro dell'Economia Tria, nell'Eurogruppo che segna il fischio d'inizio della partita sulla riforma dell'Eurozona, che vedrà uno snodo cruciale nel vertice europeo della prossima settimana.

Misurando le parole e limitandosi a poche -secche- battute, Tria cerca di scrollarsi di dosso l'immagine di potenziale euroscettico. Di più il Ministro non dice, mentre sul cambio di ragione societaria del fondo salvastati Esm, il direttore esecutivo Regling afferma che e' "pronto" ad assumere un ruolo maggiore per rafforzare l'Eurozona e "contribuire a rendere l'Unione economica e monetaria piu' forte". A facilitare le cose, per ammissione dello stesso Regling, la fine delle crisi finanziarie - dopo l'uscita della Grecia dal piano di assistenza comunitario. Per il presidente dell'Eurogruppo Centeno, il Fondo salvastati "sembra essere pronto ad assumersi un ruolo piu' grande". Intanto scatteranno da domani le contromisure europee, in risposta ai dazi imposti dal presidente americano Trump su acciaio e alluminio. Nel mirino di Bruxelles jeans, bourbon whisky, scarpe da ginnastica, cereali, burro d'arachidi e moto. Un lungo elenco che andra' a colpire marchi-simbolo dell'industria stelle e strisce, per un giro d'affari da quasi tre miliardi di euro. E potrebbe essere solo l'inizio della guerra commerciale sulle due sponde dell'Atlantico.

20/6/2018

Divieto di accogliere i migranti economici: l'Ungheria vira sempre più a destra, sul tema immigrazione, rafforzando l'asse nazionalpopulista che si sta coagulando intorno a Italia, Baviera, Austria e i Paesi dell'Est del gruppo di Visegrad.

Orban, che della tolleranza zero antimigranti è stato precursore, ha progettato la modifica della Legge fondamentale del 2011 - "collocare cittadini stranieri sul territorio del Paese e' vietato, salva l'autorizzazione del Parlamento", ha fatto scrivere. Questo, a dispetto del fatto che numerosi giuristi costituzionalisti lo abbiano avvertito che il diritto internazionale prevale su quello nazionale. A gennaio sempre Orban aveva fatto introdurre dal Parlamento una legge che criminalizza chi aiuta gli immigrati irregolari. Pena per i trasgressori: un anno di carcere. Intanto la propaganda governativa a Budapest picchia sempre sullo stesso tasto: con il meccanismo delle quote obbligatorie l'Unione Europea sta cercando di far arrivare migranti in massa, mettendo a rischio l'identita' e la cultura cristiana. Nell'ultimo pacchetto Orban c'è persino un passaggio sull'obbligo "di difendere la cultura cristiana" del Paese. La riforma costituzionale riflette la volontà autocratica dell'uomo forte ungherese, puntando pure a riorganizzare il sistema della giustizia con l'istituzione di tribunali speciali per giudicare gli atti amministrativi dello Stato - i giudici saranno ovviamente nominati direttamente dal Governo. Alla faccia dell'indipendenza.

20/6/2018

Sintonia sulla sfida migratoria e apertura alle istanze dell'Italia, nel vertice tra Angela Merkel ed Emmanuel Macron oggi in Germania. In vista di fine giugno l'Europa punta a far partire centri di esame delle domande di asilo, gestiti dall'Unione, nei Paesi terzi.

Le crisi che minacciano l'Europa ricompattano l'asse franco-tedesco, che avanza su migranti e riforma dell'Eurozona. Angela Merkel ed Emmanuel Macron accantonano per un giorno le differenze e marciano compatti: "la migrazione è una sfida comune, il nostro obiettivo resta una risposta europea. Sosteniamo le proposte della Commissione", ha detto la cancelliera, che ha lanciato segnali distensivi a Roma: "accoglieremo le valutazioni dell'Italia sulla migrazione". Macron ha insistito sulla risposta comune alla sfida migratoria: "reagiremo in modo coordinato, nel segno di una cooperazione", ha spiegato, prima di lanciare un importante salvagente politico alla cancelliera, nella battaglia che la vede opposta al suo Ministro dell'Interno Seehofer: "concordiamo sul fatto che i migranti che vengono registrati in un Paese e vanno in un altro devono essere rimandati indietro alpiu' presto", ha detto. Cooperazione coi Paesi di transito, rafforzamento di Frontex e riforma del sistema di asilo i pilastri su cui avanzare insieme. A Bruxelles si lavora -in vista del vertice di fine mese- al progetto di piattaforme regionali di sbarco nel Nordafrica per i migranti, in collaborazione con l'Onu: in sostanza, hotspots dove vagliare le richieste di asilo. Più sostanziose le novità in materia di riforma dell'Eurozona: Merkel e Macron hanno annunciato per il 2021 il varo di un budget per l'Eurozona, con la trasformazione dell'attuale Esm in Fondo Monetario Europeo. Qualche passo avanti anche sull'unione bancaria.

19/6/2018

Angela Merkel ed Emmanuel Macron fanno fronte comune su migranti e riforma dell'Eurozona, accantonando dissidi anche recenti sui due dossier: "la migrazione è una sfida comune, il nostro obiettivo resta una risposta europea. Sosteniamo le proposte della Commissione e il rafforzamento di Frontex", ha detto la cancelliera, incontrando aMeseberg il presidente francese. La Merkel ha lanciato segnali distensivi a Roma: "accoglieremo le valutazioni dell'Italia sulla migrazione".

La Merkel ha risposto all'attacco di Donald Trump mina vagante: dopo le accuse del presidente americano sul presunto aumento della criminalità in Germania a causa degli immigrati, la cancelliera è stata secca: "il Ministero dell'Interno ha pubblicato le statistiche federali sul crimine, e che queste parlano per se'. Vediamo sviluppi positivi". Macron ha insistito sulla risposta comune alla sfida migratoria: "reagiremo in modo coordinato, nel segno di una cooperazione", ha spiegato, rispondendo a una domanda sul caso Aquarius. Macron ha assicurato il sostegno di Parigisultema del respingimento dei migranti: "concordiamo sul fatto che quei migranti che vengono registrati in un Paese e vanno in un altro devono essere rimandati indietro al piu'presto", ha detto, lanciando un salvagente politico alla cancelliera, nella contesa che la vede opposta al suo Ministro dell'Interno. A Bruxelles si lavora all'idea di piattaforme regionali di sbarco per i migranti, in vista del vertice di fine giugno: in sostanza, i famosi hotspots in territorio extra-europeo, dove vagliare le richieste di asilo. Sulla riforma dell'Eurozona, Berlino e Parigi puntano ad un budget comune dal 2021, con la trasformazione dell'Esm in Fondo Monetario Europeo.

18/6/2018

La crisi migranti approda oggi a Berlino, epicentro europeo della contesa: questo sia per la visita del premier Conte alla cancelliera Merkel, tre giorni dopo la tregua siglata a Parigi con il francese Macron.

Sia, soprattutto, per lo psicodramma che si sta consumando all'interno del centrodestra tedesco - sul Masterplan dell'Immigrazione la Merkel e il suo Ministro dell'Interno Seehofer, della destra bavarese Csu, sono ad un passo dalla crisi di Governo. Oggi scade l'ultimatum dello stesso Seehofer alla cancelliera, sull'accettazione del cruciale piano di respingimento dei richiedenti asilo alle frontiere. Smentito ieri un secondo ultimatum: le indiscrezioni lasciano pensare che Seehoferpossa approvare oggi il Masterplan, ma sospenderne l'attuazione, in attesa del cruciale vertice europeo di fine giugno, chiamato da impostare una nuova strategia sull'immigrazione. Ieri sera riunione d'emergenza dello stato maggiore della Cdu, alla presenza della Merkel: oggi si spera che l'incontro con Conte possa calmare gli irrequieti bavaresi, che vedono in Italia e Austria gli alleati del nuovo asse anti-migranti. Intanto è arrivata all'alba, dopo nove giorni di odissea nel Mar Mediterraneo, la nave Aquarius, preceduta dalla nave Dattilo della Guardia Costiera, e seguita dalla nave Orione della Marina Militare. I 629 migranti erano stati ripartiti in precedenza fra le tre imbarcazioni. L'esecutivo iberico ha organizzato una procedura speciale di ingresso nel Paese, che prevede un mese di residenza legale in Spagna, utile ad avviare le pratiche di richiesta di asilo. 144 migranti sono stati trasferiti in ospedale.

17/6/2018

E' arrivata all'alba, dopo nove giorni di odissea nel Mar Mediterraneo, la nave Aquarius, preceduta dalla nave Dattilo della Guardia Costiera, e seguita dalla nave Orione della Marina Militare.

I 629 migranti erano stati ripartiti in precedenza fra le tre imbarcazioni. I primi sbarchi al porto di Valencia sono iniziati poco prima delle sette del mattino: l'esecutivo iberico ha organizzato una procedura speciale di ingresso nel Paese, che prevede un mese di residenza legale in Spagna, utile ad avviare le pratiche di richiesta di asilo. Uomini e donne sono già stati indirizzati a centri di accoglienza dedicati, dove trascorreranno questi primi giorni. Tra i documenti, ciascun migrante ne ha ricevuto uno, con il quale può manifestare il proprio desiderio di chiedere asilo in Francia, così come concordato tra Sanchez e Macron. "L'odissea dei migranti a bordo dell'Aquarius deve portare l'Unione Europea a rivedere le sue politiche sull'immigrazione", ha affermato la Ministra dell'Immigrazione spagnola Valerio, mentre il vescovo di Valencia ha celebrato una messa speciale nella Cattedrale, affermando nell'omelia: "l'Aquarius bussa alle coscienze". L'attenzione si sposta verso Bruxelles, quando manca una decina di giorni ad un cruciale vertice europeo: l'azionista di riferimento dell'Unione, la Germania, naviga a vista - con una certa confusione. Smentita l'ipotesi -circolata nelle ultime ore- di un summit straordinario sull'immigrazione, che sarebbe stato chiesto da Angela Merkel, così come è stato smentito un secondo ultimatum dei bavaresi della Csu per trovare un compromesso sull'idea di respingere i migranti ai confini tra Austria e Germania.

17/6/2018

Meno di 24 ore dopo l'incontro Macron-Conte, che aveva aperto una tregua sul fronte migranti, il Ministro dell'Interno Salvini si riprende la scena mediatica, sferrando l'attacco su Facebook contro due navi di Ong, al largo delle coste libiche: "altre due imbarcazioni con bandiera olandese sono arrivate al largo, in attesa del loro carico di esseri umani abbandonati dagli scafisti. Sappiano questi signori che l'Italia non vuole piu' essere complice del business dell'immigrazione clandestina, e quindi dovranno cercarsi altri porti (non italiani) dove dirigersi", scrive.

Il messaggio scatena la bagarre, con l'Ong tedesca Mission Lifeline che dà del fascista al Ministro dell'Interno, il quale risponde "roba da matti", e il rincorrersi di voci di richieste di approdo nei porti italiani - il Ministro dei Trasporti Toninelli arriva a chiedere all'Olanda di far rientrare le due navi incriminate. In serata gli olandesi ribattono: le navi non sono nostre, come sostenuto dai Ministri italiani. Intanto si chiarisce che i 118 migranti al centro della contesa sono stati trasbordati dalla piccola Lifeline su un cargo mercantile di Singapore, in attesa di essere presi in carico dalla nostra Guardia Costiera. Buone notizie intanto arrivano dalla Francia, che si sta coordinando con la Spagna per accogliere parte dei migranti dell'Acquarius, attesa oggi in tarda mattinata a Valencia. Le coste spagnole tornano sotto pressione, ora che la rotta italiana si sta chiudendo: quasi mille migranti sono arrivati in Andalusia dal Marocco in meno di 48 ore.

16/6/2018

Il giorno dopo il chiarimento Macron-Conte, la questione migranti torna ad agitare le acque della politica europea.

Il Ministro dell'Interno Salvini, escluso venerdì dal vertice a due, si è ripreso subito la scena, ricorrendo ancora una volta a Facebook. "Altre due navi di Ong con bandiera olandese sono arrivate al largo delle coste della Libia, in attesa del loro carico di esseri umani abbandonati dagli scafisti. Sappiano questi signori che l'Italia non vuole piu' essere complice del business dell'immigrazione clandestina, e quindi dovranno cercarsi altri porti (non italiani) dove dirigersi", scrive Salvini. A stretto giro la risposta della nave Lifeline, che ringrazia Salvini per la pubblicità, definendolo un "fascista". Lui controreplica: "roba da matti", mentre il procuratore di Catania Zuccaro sottolinea come le Ong fanno parte di "un sistema profondamente sbagliato, che affida la porta di accesso all'Europa a criminali senza scrupolo". Intanto i 118 migranti salvati dalla Lifeline e finiti al centro della contesa, si trovano a bordo di un cargo di Singapore, in attesa di venire presi in carico dalla nostra Guardia Costiera. Il Ministro dei Trasporti Toninelli via Twitter chiede all'Olanda di far rientrare le due navi incriminate, salvo sentirsi replicare che non si tratta di sue imbarcazioni. Buone notizie arrivano dalla Francia, che si sta coordinando con la Spagna per accogliere parte dei migranti dell'Acquarius, attesa oggi in tarda mattinata a Valencia. Le coste spagnole tornano sotto pressione: quasi mille migranti sono arrivati in Andalucia dalle coste africane in meno di 48 ore.

16/6/2018

Italia e Francia siglano a Parigi la tregua sui migranti, spostando il baricentro della crisi a Bruxelles, con gli occhi puntati sul prossimo vertice europeo.

La parola d'ordine è voltare pagina, dopo i toni accesi degli ultimi giorni. Il premier Conte annuncia che Roma sta preparando una proposta di riforma del Regolamento di Dublino. La convergenza tra i due leader si registra sulla proposta di istituire hotspots, a gestione europea, nei luoghi di partenza dei migranti. "Occorre rafforzare i rapporti con i Paesi di origine e transito", specifica Conte, aggiungendo che servono "centri di protezione europei in queste nazioni per accelerare identificazione e richieste di asilo". Idea, a dir la verità, non nuova. Macron, dal canto suo, identifica tre pilastri strategici: un approccio radicalmente nuovo con i Paesi di transito, il rafforzamento dell'agenzia comunitariaFrontex, e la riforma di Dublino, che così -dice- non funziona. Macron chiude la disputa con l'Italia, ammettendo le mancanze dell'Europa sui migranti, poi però -sollecitato a rispondere su nuovi casi Acquarius- lancia una stoccata a Roma: "quando una nave arriva nelle vostre acque ve ne dovete prendere carico. La Francia rispettera' sempre il diritto internazionale. La difficolta' dell'Italia non puo' risolversi bypassando il diritto internazionale, ma con un approccio cooperativo europeo". Infine, sull'Eurozona, Conte e Macron si dicono favorevoli ad un rafforzamento della governance economica comunitaria.

15/6/2018

Giuseppe Conte ed Emmanuel Macron provano a chiudere giorni ad altissima tensione sui migranti, rimandando tutto ad una soluzione europea, che passi da una riforma del Trattato di Dublino. La parola d'ordine è voltare pagina.

Conte annuncia che l'Italia sta preparando una proposta di riforma del Regolamento di Dublino. La convergenza maggiore tra i due leader si registra sulla proposta di istituire hotspots, a gestione europea, nei luoghi di partenza dei migranti. "Occorre rafforzare i rapporti con i Paesi di origine e transito", specifica Conte, aggiungendo che servono "centri di protezione europei in queste nazioni per accelerare identificazione e richieste di asilo". Idea, a dir la verità, non nuova. Macron, dal canto suo, identifica tre possibili pilastri strategici: un nuovo approccio con i Paesi di transito, il rafforzamento dell'agenzia comunitaria Frontex, e la riforma di Dublino, che così non funziona. Macron chiude la disputa con l'Italia, ammettendo le mancanze dell'Europa sui migranti, poi però -sollecitato a rispondere su nuovi casi Acquarius- lancia una stoccata a Roma: "quando una nave arriva nelle vostre acque ve ne dovete prendere carico. La Francia rispettera' sempre il diritto internazionale. La difficolta' dell'Italia non puo' risolversi bypassando il diritto internazional,e ma con un approccio cooperativo europeo". Infine, sull'Eurozona, Conte e Macron si dicono favorevoli ad un rafforzamento della governance economica comunitaria. Conte chiede una maggiore condivisione dei rischi, Macron vede necessario "finalizzare l'unione bancaria e un budget dell'Eurozona per maggiori investimenti".

13/6/2018

Sempre alta la tensione sull'asse italo-francese, dopo che la Farnesina, con il Ministro degli Esteri Moavero Milanesi, ha convocato la rappresentanza diplomatica francese, per chiarire le pesantissime dichiarazioni rilasciate ieri da partiti e Governo transalpini.

Nel corso dell'incontro il Ministro ha fatto presente all'incaricata d'affariche le accuse lanciate da Parigi compromettono le relazioni, e che i toni usati sono stati inaccettabili. Da Roma l'invito alla Francia, affinché risani la situazione, e assuma rapidamente iniziative in questo senso. Oggi il tema migranti è approdato nell'emiciclo di Strasburgo, con le dichiarazioni del premier olandese Rutte, che sembrano assecondare la linea di chiusura al flusso di arrivi: "dobbiamo fare meglio sulla migrazione. Dobbiamo essere pronti ad affrontare la prossima crisi migratoria. Dobbiamo resistere all'afflusso incontrollato di migranti e lavorare di piu' ai rimpatri", ha detto. Durissimo il capogruppo liberale Verhosftadt: "all'interno delll'Europa abbiamo una quinta colonna, si tratta delle cheerleader di Putin, di Farage, Le Pen e Wilders che ottengono i fondi e l'intelligence del Cremlino, ed i loro amici sono seduti qui. E' tempo di smettere di cooperare conOrban, Kaczynski e Salvini, che lavorano con tutti questi nazionalisti e populisti", ha detto. Nel pomeriggio dibattito in plenaria, alla presenza del Commissario Europeo all'Immigrazione Avramopoulos. Intanto è molto interessante guardare a cosa accade in Germania, dove la Lega Nord sta cercando sponde tra i bavaresi della Csu, molto duri sul fronte migranti: è scontro aperto tra la cancelliera Merkel, Cdu, e il suo Ministro dell'Interno Seehofer, Csu. Quest'ultimo non intende rinunciare ad uno solo dei 63 punti delMasterplan sull'immigrazione, e -fate attenzione- chiede che i richiedenti asilo già registrati in un altro Paese europeo non possano fare richiesta di residenza in Germania. Sarà interessante capire come su questo specifico punto Seehofer e Salvini possano trovare intese.

13/6/2018

La crisi migranti avvicina una fragile Europa al rischio implosione. Mai Francia e Spagna avevano criticato così violentemente il Governo italiano - senza troppi titoli per farlo, soprattutto i cugini d'Oltralpe. E mai un Governo italiano era ricorso a misure così estreme.

Bruxelles osserva preoccupata, ammettendo la solitudine in cui è stata lasciata Roma. La verità è demoralizzante: la solidarietà europea sui migranti non è praticamente mai esistita. I ricollocamenti di rifugiati si sono attestati su cifre ben lontane dagli obiettivi proposti dalla Commissione Juncker - parliamo di un quinto. E proprio la Francia, che ha ricollocato poco più di 600 migranti dall'Italia, ha sigillato i confini, imponendo una assurda divisione tra migranti economici - da respingere, e richiedenti asilo, da vagliare con attenzione. Se di cinismo vogliamo parlare, pure Macron lo ha dispensato con nonchalance, sulla scia dei predecessori Hollande e Sarkozy, fautore -quest'ultimo- del rovesciamento di Gheddafi, all'origine della destabilizzazione libica. Anche la Spagna, con le barriere erette a Ceuta e Melilla, ha fortificato militarmente i confini africani. A Madrid però è appena cambiato il Governo - va dato tempo a Sanchez. Altro punto: è evidente la crescente sintonia tra il Governo italiano e la destra europea: in particolare, l'autoproclamato democrata illiberale ungherese Orban e la Csubavarese, più a destra della Cdu della Merkel, con cui è ai ferri corti. Insieme all'Austria, sempre pronta a minacciare di chiuderci il Brennero, non si tratta proprio di campioni di solidarietà con Roma. In comune, solo la volontà di chiudere ermeticamente le frontiere. Il cinismo contagia tutta l'Europa, quando si parla di migranti. Anche per questo, la riforma di Dublino è già lettera morta.

12/6/2018

L'Europa si spacca sulla crisi migranti. Mai Francia e Spagna avevano criticato così violentemente un Governo italiano. E mai un Governo italiano era ricorso a misure così estreme. Bruxelles osserva preoccupata, ammettendo la solitudine in cui è stata lasciata Roma.

La verità è sotto gli occhi di tutti: la solidarietà europea sui migranti non è praticamente mai esistita - neppure recentemente. I ricollocamenti di rifugiati si sono attestati su cifre ben lontane dagli obiettivi proposti dalla Commissione Juncker. E proprio la Francia, che ha ricollocato solo poco più di 600 migranti dall'Italia, ha sigillato i confini, imponendo una assurda divisione tra migranti economici - da respingere, e richiedenti asilo, da vagliare con attenzione. Se di cinismo vogliamo parlare, pure Emmanuel Macron ne ha dimostrata una dose interessante. Prima di lui, non avevano fatto meglio nè Hollande, nè Sarkozy, fautore del rovesciamento di Gheddafi, all'origine della destabilizzazione libica. Anche la Spagna, con le barriere erette a Ceuta e Melilla, ha fortificato militarmente i confini africani. A Madrid è però appena cambiato il Governo, quindi va dato tempo a Sanchez. Altro punto: è evidente la crescente sintonia tra il Governo italiano e la destra europea: in particolare, l'autoproclamato democrata illiberale ungherese Orban e la Csu bavarese, più a destra della Cdu della Merkel. Non esattamente dei campioni di solidarietà con Roma, in passato, a guardare bene. In comune c'è solo la volontà di chiudere ermeticamente le frontiere. Il cinismo sta contagiando un po' tutta l'Europa, quando si parla di migranti. Senza buoni nè cattivi. Solo cinici. Anche per questo, la riforma di Dublino è già lettera morta.

6/6/2018

Pesante stop per la riforma del regolamento di Dublino, che a questo punto mancherà quasi certamente l'appuntamento di fine giugno.

Gli ultimi scossoni nel panorama politico europeo hanno mostrato i primi effetti, affondando la già debole proposta bulgara. Francia, Germania e Svezia hanno cercato di mettere a punto un'intesa, ma l'inedito asse tra Italia e i Paesi orientali di Visegrad ha fatto naufragare tutto. "Con le elezioni delle destre in Europa c'è un problema per raggiungere un compromesso, il clima politico è più duro", ha ammesso la Ministra della Migrazione svedese Fritzon. "L'attuale sistema di Dublino è morto, ma la sua riforma non lo è", ha dichiarato il Commissario Europeo all'Immigrazione Avramopoulos, imbastendo a fine giornata una illusoria linea Maginot. Avramopoulos ha escluso un modello australiano per l'Europa, basato sui respingimenti - "rispettiamo i diritti umani", ha detto. Tuttavia, proprio questo appare il modello su cui sta lavorando l'Austria, prossima presidente di turno europea: dopo aver definito l'Italia, col nuovo Governo gialloverde, "un alleato forte", il Ministro dell'Interno Kickl, del partito di estrema destra Fpoe, ha annunciato "una rivoluzione copernicana sulla politica di asilo" per settembre, lasciando intravedere una stretta cooperazione col collega leghista Salvini, che a fine giornata -da Roma- cantava vittoria. Vienna potrebbe cambiare le carte in tavola in autunno, sterzando decisamente a destra e puntando su rimpatri e messa in sicurezza delle frontiere.

5/6/2018

Resta nel limbo la riforma del regolamento di Dublino. I recenti cambiamenti nel panorama politico europeo hanno affossato la già debole proposta bulgara, che avrebbe permesso di chiudere con un'intesa a fine giugno.

Francia, Germania e Svezia continuano a lavorare per un compromesso che metta d'accordo tutti, ma quasi la metà dei Paesi comunitari, Italia inclusa, sono contrari alla bozza in discussione. "Con le elezioni delle destre in Europa c'è un problema per raggiungere un compromesso, il clima politico è più duro", ha ammesso la Ministra della Migrazione svedese Fritzon. "L'attuale sistema di Dublino è morto, ma la sua riforma non lo è", ha dichiarato il Commissario Europeo all'Immigrazione Avramopoulos, imbastendo a fine giornata una illusoria linea Maginot. Avramopoulos ha escluso un modello australiano per l'Europa, basato sui respingimenti - "rispettiamo i diritti umani", ha detto. Sofia, dal canto suo, accende un cero, affinché il vertice di fine giugno tra i leader europei trovi la quadra finora mancata. L'Austria però, prossima presidente di turno, scalda già i motori: dopo aver definito l'Italia, col nuovo Governo gialloverde, "un alleato forte", il Ministro dell'Interno Kickl, del partito di estrema destra Fpoe, ha annunciato "una rivoluzione copernicana sulla politica di asilo" per settembre, lasciando intravedere una stretta cooperazione col collega leghista Salvini, che a metà giornata -da Roma- già cantava vittoria, sostenendo di essere riuscito a spaccare il fronte europeo su Dublino. Vienna potrebbe cercare di mettere d'accordo tutti in autunno, sterzando a destra e puntando su rimpatri e messa in sicurezza delle frontiere.

4/6/2018

Anche la Slovenia svolta a destra. Nel gran sommovimento politico che ha caratterizzato l'ultima settimana l'Europa, sembra rafforzarsi l'asse populista e di destra nel Vecchio Continente - una tendenza, questa, che potrebbe clamorosamente sovvertire i rapporti di forza -a maggio 2019- nel nuovo Europarlamento.

Solo la Spagna è tornata ad un precario esecutivo di centrosinistra, ma non in conseguenza di elezioni, quanto piuttosto di un regolamento di conti politico. Osservando la mappa del Continente, si nota immediatamente come la geografia politica stia rapidamente cambiando, in un movimento che da est si sposta verso ovest. Polonia e Ungheria sono ormai nelle mani di una destra che ondeggia tra il conservatorismo estremo del Pis polacco e la democrazia illiberale di Orban. Entrambi i Paesi sono ferocemente eurocritici. Non è da meno la Repubblica Ceca, con un presidente euroscettico e un tycoon populista pronto a tornare alla carica di premier. Praga non è Varsavia o Budapest: tuttavia, anche lì l'amore per l'Europa sembra essersi perso per strada. Della Slovenia, con la vittoria di forze anti-immigrati e pro-sicurezza, abbiamo detto: l'Austria invece è stato il primo Paese dell'Europa occidentale a spostare il proprio baricentro nettamente a destra, con l'ascesa al potere dei popolari dell'Oevp e dell'estrema destra dell'Fpoe. Vienna da luglio sarà presidente di turno dell'Unione: interessanti possibili convergenze con la Lega al Governo, soprattutto sull'immigrazione. Più a nord non dimentichiamo la Danimarca, dove il Governo conservatore deve cercare -per governare- i voti del partito del popolo danese, fermo su posizioni anti-immigrazione. L'Italia è il primo grande Paese occidentale a virare verso destra ed euroscetticismo: anche per questo rappresenta il vero banco di prova per Bruxelles.

2/6/2018

I sette giorni che hanno sconvolto il panorama politico spagnolo si sono consumati ieri, con il più clamoroso degli epiloghi: Mariano Rajoy fa i bagagli e lascia la Moncloa, sede del Governo iberico, dove questa mattina sarà sostituito dal socialista Pedro Sanchez, che presterà giuramento.

Tutto è nato dalla sentenza sul caso Guertel, che ha scoperchiato un sistema di appalti e corruzione incentrato sul Partido Popular di Rajoy: lo tsunami ha travolto in pochi giorni l'esecutivo, finito KO insieme ai liberali di Ciudadanos, sostenitori di nuove elezioni subito, e ora finiti ai margini dei giochi. La partita l'ha vinta Sanchez, che ha dichiarato che guidera' il Paese con "molta umilta'". Ha promesso un Governo socialista, paritario ed europeista, garante della stabilità fiscale ed economica. Ha per ora rifiutato un Governo di coalizione con Podemos, determinante nel cacciare Rajoy dal Governo, optando per la formula dell'esecutivo di minoranza con appoggio esterno dei deputati di Iglesias. I numeri sono risicati: lo stesso Sanchez ha lasciato intravedere nei giorni scorsi una legislatura corta, con voto anticipato. L'altra variabile della nuova partita politica che si apre ora sono le questioni indipendentiste: i voti catalani e baschi hanno aiutato Sanchez a prendere il potere. Barcellona si aspetta dialogo, dopo mesi di repressione giudiziaria: coincidenza vuole che da oggi la Catalunya smetterà di essere commissariata e recupererà l'autogoverno. Anche sulla crisi catalana si giocherà la tenuta del Governo Sanchez.

1/6/2018

L'atto finale del regno di Mariano Rajoy arriva poco prima di pranzo, in un copione già scritto che l'ormai ex-premier non ha provato nemmeno a modificare col gesto -a sorpresa- delle dimissioni.

L'uomo che aveva fatto dell'attesa la sua arma vincente è caduto aspettando il miracolo, travolto da un gigantesco scandalo di corruzione, tangenti e appalti che ha minato ogni credibilità del Partido Popular, e che potrebbe in futuro portare lo stesso Rajoy davanti alla giustizia. E' la prima volta nell'era post-franchista che un premier viene cacciato dal voto parlamentare. Il nuovo primo ministro è il socialista Pedro Sanchez, un perdente di successo, sopravvissuto a sconfitte elettorali e notti dei lunghi coltelli nello stesso Psoe: ora ha l'occasione d'oro di far vedere il proprio valore. Non sarà facile, considerato che vive su una maggioranza precaria, sostenuto dal suo partito, dalla sinistra di Podemos, e dai partiti nazionalisti baschi e catalani. La possibilità che la Spagna torni al voto anticipatamente è concreta. Sanchez ha dichiarato che guidera' il Paese ricercando "il consenso" e con "molta umilta'". Ha promesso un Governo socialista, paritario ed europeista, garante della stabilità fiscale ed economica. Ha per ora rifiutato l'offerta di Podemos di entrare a far parte di una ipotetica coalizione. Tra le sue prime sfide, quella di riaprire il dialogo con Barcellona: per una singolare coincidenza, la Catalunya ha ritrovato il proprio autogoverno, dopo sette mesi di commissariamento, proprio nelle ore in cui Sanchez scalzava Rajoy dal potere.

31/5/2018

Mariano Rajoy ai titoli di coda. Dopo una disastrosa gestione della crisi catalana, maneggiata brandendo manganelli di polizia e custodie cautelari contro esponenti politici, e travolto dal più grande scandalo di corruzione della Spagna post-franchista, il premier iberico chiude nel peggiore dei modi la sua traiettoria politica.

Il PNV basco, l'ultimo argine rimastogli prima della caduta, ha annunciato ufficialmente il suo appoggio alla mozione di sfiducia presentata dai socialisti di Sanchez, con l'appoggio di Podemos. Cinque deputati, quelli baschi, cruciali nel far pendere la bilancia del voto a favore di Sanchez. Il quale, esponendo il suo futuro programma di Governo, in caso di passaggio della sfiducia, ha offerto dialogo politico al nuovo Govern catalano, nel tentativo di ripristinare i ponti tranciati da otto mesi di guerra politico-giudiziaria, e ha garantito ai baschi di mantenere il budget già deciso dal Governo PP - budget che, va ricordato, è molto generoso con Bilbao. La prospettiva di un Governo socialista, seppur molto traballante, ha gettato nello sconforto i liberali di Ciudadanos, partito camaleontico posizionato a destra, che puntava alle elezioni anticipate per andare al potere. Per loro, sostenitori del pugno durissimo contro i catalani, l'idea di un Governo appoggiato da Barcellona è la vera nemesi. Rajoy ha cominciato -almeno nelle parole- a fare i bagagli: "è una mozione di sfiducia agli spagnoli, che non vi hanno premiato alle urne", ha detto a Sanchez, aggiungendo: "continuerò ad essere spagnolo".

30/5/2018

In serata, dopo una giornata di autentica buriana, il presidente della Commissione Europea Juncker prova a chiudere il caso Oettinger, che lui stesso aveva definito “un commento sconsiderato”: "l'Italia merita rispetto", Bruxelles "e' pronta a cooperare responsabilmente e nel rispetto reciproco", scrive in una nota, dicendosi convinto che Roma continuerà il proprio percorso europeo, indipendentemente dai partiti che guideranno il prossimo esecutivo.

Meno diplomatico, per l’appunto, era stato ore prima il Commissario al Bilancio, il tedesco Oettinger: “la mia preoccupazione è che le prossime settimane mostrino come i mercati, i titoli di Stato e gli sviluppi economici in Italia possano essere cosi drastici da trasformarsi in un segnale per gli elettori, a non votare populisti di destra e di sinistra”, diceva alla Deutsche Welle. Per poi aggiungere, "i segnali in Italia sono già negativi, spero che questo rappresenti un segnale per le prossime elezioni, a non portare populisti al Governo”. L’imbarazzo, al di là di una prima anticipazione stampa che rincarava un po’ la dose, era forte: il vicepresidente della Commissione Katainen sfuggiva ai microfoni con un secco “no comment”. il Commissario all’Economia Moscovici si augurava che Roma resti nelle regole comuni e nell’Eurozona, mentre i Popolari europei monitorano da vicino la situazione – situazione che gli eurosocialisti giudicano “molto pericolosa”. Il presidente dell’Europarlamento Tajani avverte sui rischi di un’uscita dalla moneta unica.

29/5/2018

La bomba deflagra a sorpresa, con la politica europea già in agitazione per le turbolenze politico-finanziarie che minacciano l’Italia.

La dichiarazione del Commissario Europeo al Bilancio Oettinger sarà successivamente rettificata dallo stesso giornalista di Deutsche Welle che lo ha intervistato, ma il senso rimane: “la mia preoccupazione è che le prossime settimane mostrino come i mercati, i titoli di Stato e gli sviluppi economici in Italia possano essere cosi drastici da trasformarsi in un segnale per gli elettori, a non votare populisti di destra e di sinistra”, dice. E rincara: “i segnali in Italia sono già negativi, spero che questo rappresenti un segnale per le prossime elezioni, a non portare populisti al Governo”. Le parole di Oettinger, peraltro non nuovo a gaffes, gli guadagnano la reprimenda sia del presidente della Commissione Juncker - “un commento sconsiderato”, manda a dire, sia del presidente europeo Tusk – “gli elettori vanno rispettati”. Ma l’imbarazzo resta forte: il vicepresidente della Commissione Katainen sfugge ai microfoni con un secco “no comment”. Il caso-Italia agita le giornate europarlamentari: il Commissario all’Economia Moscovici si augura che Roma resti nelle regole comuni e nell’Eurozona, mentre i Popolari europei monitorano da vicino la situazione – situazione che gli eurosocialisti giudicano “molto pericolosa”. Il presidente dell’Europarlamento Tajani avverte sui rischi di un’uscita dalla moneta unica.

28/5/2018

Il braccio di ferro tra l'inedita coalizione gialloverde e il presidente Mattarella, con lo scontro istituzionale ai vertici della Repubblica monopolizza le reazioni all'estero.

A Bruxelles, tenuto conto che l'Europa è stato il principale nodo della contesa nella formazione -fallita- dell'esecutivo, la consegna è quella delle bocche cucite. Nessuno parlerà fino ad ora di pranzo oggi, momento delle consuete dichiarazioni alla stampa. Il momento è delicato, ogni parola fuori posto dai vertici istituzionali comunitari potrebbe creare ulteriore caos in una situazione già delicatissima. La vicenda italiana si trasforma così in uno scontro politico a distanza tra europeisti ed euroscettici: ad accendere le micce l'ex-leader dello UKIP Farage, che via Twitter parla di "veto dell'establishment" e appoggia la linea gialloverde, auspicando nuove elezioni e più voti per 5 Stelle e Lega. Con Mattarella i socialisti europei: "sosteniamo il presidente, che ha difeso la Costituzione e ha protetto gli interessi dei cittadini italiani e il ruolo europeo dell'Italia quale Paese fondatore", ribatte il capogruppo all'Europarlamento, il tedesco Udo Bullmann. La notizia del fallimento del Governo gialloverde ha fatto rapidamente il giro dei media internazionali: la maggior parte dei siti web europei vi ha aperto le pagine online, sottolineando tre cose: il flop di Conte, il veto sull'euroscettico Savona quale casus belli scatenante, e la prospettiva di nuove elezioni all'orizzonte.

27/5/2018

Collaborazione in pericolo tra servizi segreti italiani e servizi segreti tedeschi, nel caso della nascita di un esecutivo gialloverde: a lanciare l'allarme è la Frankfurter Allgemeineam Sonntag, il domenicale della FAZ, il più prestigioso quotidiano tedesco.

Secondo il giornale, i vertici dei servizi tedeschi sarebbero orientati a ridurre il flusso di scambi informativi con i loro partner di Roma. A mettere in allarme Berlino gli stretti rapporti tra la Lega Nord, junior partner del possibile esecutivo, e la Russia. Armin Schuster, presidente della commissione parlamentare del Bundestag che controlla i servizi, ha messo in chiaro che una rottura nella collaborazione con l'Italia è assolutamente impensabile -"dobbiamo cooperare anche con partner problematici, per esempio per prevenire attacchi terroristici", ha chiarito- ma i termini di cooperazione potrebbero cambiare. L'esempio che viene fatto è quello del recente caso della spia russa Skripal, avvelenata in Gran Bretagna col gas nervino: lo scambio di informazioni sensibili, in quel caso potrebbe non essere lo stesso. Anche il rischio di possibili attacchi hacker da parte di Mosca andrebbe preso in considerazione, infoltendo i filtri nelle comunicazioni. Anche le relazioni Salvini-Putin, al di là delle questioni legate all'Euro, cominciano a far suonare gli allarmi in Germania. Senza contare le relazioni tra la Lega e la destra anti-euro tedesca. Ma quello è un capitolo più politico, che impensierisce più la cancelliera Merkel.

27/5/2018

Dialogo con la Francia, tensione con la Germania. L'ennesima giornata sulle montagne russe per la politica italiana trova inevitabilmente riflessi nelle relazioni con i principali alleati europei.

Parigi resta la più morbida con Roma, tanto che il presidente francese Macron ha chiamato ieri pomeriggio il premier designato Conte per un primo scambio di vedute su temi europei. "Politiche economiche e sociali comunitarie", preciserà più tardi su Facebook Conte, definendo lo scambio "proficuo". Chi si sbilancia di più è un altro francese, il Commissario Europeo all'Economia Moscovici, che in un'intervista alla radio Europe 1 nega che sia in corso uno psicodramma sull'asse Roma-Bruxelles, si dice ottimista che l'Italia resterà nell'Eurozona, non si esprime sull'ipotesi-Savona alle Finanze, e ribadisce che il nostro problema si chiama "debito pubblico". Anche un altro Commissario Europeo, il tedesco Oettinger, scarta come assolutamente improbabile l'ipotesi un'uscita dell'Italia dall'Europa, ma ammette che -in un'ipotetica futura eurocrisi- il nostro Paese non potrebbe essere salvato. Con la Germania la tensione è decisamente più netta, e sfocia in una lettera del nostro ambasciatore a Berlino alla redazione di Der Spiegel online, rea di aver pubblicato un articolo giudicato molto offensivo e dal titolo eloquente: "Gli scrocconi di Roma". DerSpiegel rincara la dose, esponendo i contatti tra il leader leghista Salvini e l'estrema destra tedesca, sia tra i ranghi dell'Afd, sia tra quelli del movimento anti-islamico Pegida. Resta alla finestra il presidente russo Putin, interessato dall'evoluzione gialloverde: "aspettiamo di vedere la realizzazione del programma", fa sapere, sornione, da Mosca.

26/5/2018

La formazione del nuovo Governo surriscalda i rapporti sull'asse Roma-Berlino, con la stampa tedesca scatenata contro l'ipotesi Savona all'Economia e la reazione della nostra ambasciata a frenare le critiche più dure.

L'ambasciatore a Berlino Pietro Benassi ha inviato alla redazione di Der Spiegel online una nota, con la quale stigmatizza fortemente l'articolo "Gli scrocconi di Roma". "La dialettica politica - scrive Benassi - appartiene alla liberta' di stampa e al discorso democratico. Cio' che lascia un retrogusto pessimo e' il modo in cui questa critica e' indirizzata ad un intero popolo", attacca l'ambasciatore. Il riferimento è all'articolo, nel quale il settimanale tedesco accusa il nostro Paese di chiedere soldi ai partner europei per finanziare il suo "dolce far niente", minacciando successivamente chi esige di regolare i debiti. Lo stesso Der Spiegel è tornato sulle vicende italiane, accusando il leader leghista Salvini di curare stretti rapporti politici con l'estrema destra tedesca, su tutti l'ala più oltranzista di Alternative fuerDeutschland e gli estremisti anti-islamici di Pegida. Citato il suo presunto rapporto con Götz Kubitschek, editore di estrema destra vicino agli ambienti negazionisti dell'Olocausto. Il Commissario Europeo al bilancio, il tedesco Oettinger, scarta come assolutamente improbabile l'ipotesi un'uscita dell'Italia dall'Europa, ma ammette che in un'ipotetica futura eurocrisi il nostro Paese non potrebbe essere salvato. Chi invece aspetta con fiducia notizie da Roma è il presidente russo Putin: "conosciamo gli umori dei politici candidati al Governo in Italia: aspettiamo di vedere come il programma sara' realizzato", ha detto.

26/5/2018

Venerdì da dimenticare per il premier spagnolo Mariano Rajoy, assediato su tutti i fronti dopo la sentenza sul caso Guertel, che ha portato alla luce una gigantesca rete di corruzione imperniata intorno sul Partito Popular, con tangenti, appalti pilotati e fondi neri in Svizzera. Il suo esecutivo è politicamente un morto che cammina: a dargli speranza, la mancanza di unità tra chi intende farlo cadere.

Da una parte ci sono i socialisti di Pedro Sanchez e Podemos, che spingono per una mozione di sfiducia. In base alla legge iberica, questa dovrà già contenere il nome del nuovo premier: nel caso passasse, spianerebbe la strada ad un traballante Governo a guida socialista, che farà da apripista a nuove elezioni, in data da stabilire. Dall'altra ci sono i liberali di Ciudadanos, spregiudicati sin qui nel cavalcare populisticamente la crisi catalana per crescere a razzo nei sondaggi, che ora li danno primo partito. Loro le elezioni le vogliono subito, in estate, per capitalizzare il momento positivo e vincere. Il premier Rajoy prova a resistere, osservando le divisioni nel campo avversario. Accusa Sanchez di voler governare a qualsiasi costo, con chiunque, e a qualsiasi prezzo. Si oppone a convocare elezioni anticipate, ma teme che la mozione di sfiducia alla fine passi, grazie ai voti dei partiti regionali - ago della bilancia saranno i baschi. Per questo ha cancellato la sua presenza alla finale di Champions League, preparandosi per una settimana di trincea politica e giudiziaria.

25/5/2018

Sprofonda nel caos politico la Spagna, in un tutti contro tutti che apre le porte a qualsiasi scenario possibile. Dopo la sentenza sul caso Gurtel, che ha esposto il partito di maggioranza del premier Mariano Rajoy come profondamente corrotto da un sistema di tangenti e fondi neri in Svizzera, i maggiori partiti iberici vanno in ordine sparso.

I socialisti di Sanchez hanno mosso per primi le pedine, raccogliendo l'invito di Podemos: sì alla mozione di sfiducia contro Rajoy. Qualora dovesse passare porterà inevitabilmente ad un'altra maggioranza parlamentare senza passare dalle urne. Sanchez propone un esecutivo a guida Psoe. A voler andare alle urne già questa estate, forti dei sondaggi che li danno in grande ascesa, sono i liberali di Ciudadanos, molto spregiudicati nel capitalizzare il clima di divisione seguito alla crisi catalana: il loro segretario generale Villegas ha chiesto il voto nelle prossime settimane. In caso contrario, proporrà una propria mozione di sfiducia, separata da quella socialista. Il premier Rajoy, sul quale si addensano nubi di un possibile coinvolgimento nella Mani Pulite iberica, prova a resistere, osservando le divisioni nel campo avversario. Accusa Sanchez di voler governare a qualsiasi costo, con chiunque, e a qualsiasi prezzo. Gli rimprovera di indebolire il Paese. Si oppone a convocare elezioni anticipate, ma teme che la mozione di sfiducia alla fine passi. Per questo ha cancellato la sua presenza stasera alla finale di Champions League, preparandosi per una settimana di trincea politica e giudiziaria.

25/5/2018

Conti pubblici e nuovo Governo italiano mantengono vivo il dibattito in Europa, nel giorno di riunione dell'Eurogruppo, che ha fatto registrare progressi sufficienti per trasformare il fondo salva-Stati ESM in "backstop" del fondo salva-banche - una sorta di paracadute. I toni appaiono più morbidi e attendisti, dopo le prime uscite del premier designato Conte.

Arrivando all'Eurogruppo il commissario agli Affari Economici Moscovici ha detto di rispettare la legittimità democratica del futuro Parlamento: "ci saranno punti su cui staremo attenti e uno specifico e' il debito", ha ribadito, aggiungendo: "sono convinto che l'Italia rimarra' membro della zona euro". Moscovici ha apprezzato in particolare la volontà di dialogo costruttivo con Bruxelles, espressa da Conte. E non è stato l'unico: anche il Ministro delle Finanze tedesco Scholz ha detto di "valutare come un segno molto positivo la presa di posizione pro-europeista del premier incaricato, e il suo impegno a rispettare le regole stabilite insieme", mentre l'omologo Francese Le Maire ha ribadito che Roma è "un partner essenziale dell'Eurozona, una delle economie più importanti della zona Euro. Giudicheremo sulla base delle azioni del Governo". Identica la linea espressa dalla Commissione Europea, per mezzo di un portavoce: il vicepresidente Dombrovskis avverte intanto che "il monitoraggio dei conti prosegue, non è tutto rinviato al 2019, ora Bruxelles aspetta il Def aggiornato".

24/5/2018

Il caso Italia continua a tenere banco a Bruxelles, nel giorno dell'Eurogruppo - vertice che vedrebbe formalmente in agenda Grecia e raccomandazioni europee ai Paesi dell'area euro. Ma il nuovo -possibile- Governo gialloverde a Roma monopolizza ormai la scena in Europa, anche se i toni si ammorbidiscono, dopo la prima uscita del premier designato Conte.

Arrivando all'Eurogruppo il commissario agli Affari Economici Moscovici ha detto di rispettare la legittimità democratica del futuro Parlamento: "ci saranno punti su cui staremo attenti e uno specifico e' il debito", ha ribadito, aggiungendo: "sono convinto che l'Italia rimarra' membro della zona euro". Moscovici ha apprezzato in particolare la volontà di dialogo costruttivo con Bruxelles, espressa da Conte. E non è stato l'unico.: anche il Ministro delle Finanze tedesco Scholz ha detto di "valutare come un segno molto positivo la presa di posizione pro-europeista del premier incaricato, e il suo impegno a rispettare le regole stabilite insieme", mentre l'omologo Francese Le Maire ha ribadito che Roma è "un partner essenziale dell'Eurozona, una delle economie più importanti della zona Euro. Giudicheremo sulla base delle azioni del Governo". Identica la linea espressa dalla Commissione Europea, per mezzo di un portavoce: il vicepresidente Dombrovskis avverte intanto che "il monitoraggio dei conti prosegue, non è tutto rinviato al 2019, ora Bruxelles aspetta il Def aggiornato".

24/5/2018

Spagna sull'orlo di una crisi politica, dopo la sentenza che ha terremotato il Partido Popular del premier Mariano Rajoy. Il "caso Gurtel", la più grande trama di corruzione nella storia del PP, ha prodotto condanne durissime.

L'Audiencia Nacional di Madrid ha condannato l'ex-tesoriere del PP Luis Barcenas a 33 anni, sua moglie Rosalia a 15, e il cervello della trama corruttiva, il faccendiere Francisco Correa, a 51 anni. Il Partido Popular è stato condannato invece quale "partecipante a titolo lucrativo", e dovrà pagare 240mila euro. Il caso Guertel ha scoperchiato una rete di malaffare centrata intorno al principale schieramento di centrodestra spagnolo: questa rete distribuiva favori ad imprenditori conniventi sottoforma di appalti pubblici, elargiti da amministrazioni a guida PP. Parte di quel denaro, oltre ad arricchire politici di centrodestra e faccendieri, è servito negli anni a finanziare una cassa parallela dello stesso Partido Popular, gestita proprio da Barcenas. parte dei provneti è finita su conti svizzeri. Questa sentenza riguarda solo una parte dei crimini commessi: in corso già un secondo processo. La sentenza mette a rischio il Governo: il leader di Podemos Iglesias propone un voto di sfiducia contro Rajoy, mentre Ciudadanos, sul cui appoggio si basa l'esecutivo iberico, rimanda ogni decisione a metà giugno. Il terrore nel PP è che ora Barcenas possa vuotare definitivamente il sacco, portando sul banco degli imputati per corruzione lo stesso Rajoy.

23/5/2018

Notizie in chiaroscuro per l'Italia da Bruxelles, all'interno delle attese raccomandazioni della Commissione Europea.

"Abbiamo deciso di non aprire una procedura per debito contro l'Italia", ha detto il vicepresidente della Commissione Dombrovskis, che ha anche ricordato come la Penisola debba continuare a ridurre il suo debito pubblico. "Per il 2019 raccomandiamo un aggiustamento strutturale pari allo 0,6% del Pil", ha chiosato Dombrovskis. Alla domanda se tutto questo si traducesse in una richiesta di interventi da parte del nuovo Governo, il commissario agli Affari Economici Moscovici ha risposto: "siamo in un momento in cui e' in corso il processo di formazione dell'esecutivo, le cifre sono la' e ne parleremo con Roma al momento giusto, dialogheremo in modo estremamente costruttivo'. Nel testo delle raccomandazioni viene messo nero su bianco che "la regola del debito in Italia e' rispettata", e che il Paese e' "ampiamente in linea con il braccio preventivo del Patto di stabilita' nel 2017". Tuttavia gli avvertimenti non mancano: per Italia e Belgio l'aggiustamento di bilancio per il 2018 appare "inadeguato", la Commissione "riesaminera'" la situazione "sulla base dei dati ex-post, che saranno notificati la prossima primavera". Infine, da Monaco di Baviera, l'allarme del capo dell'istituto economico tedesco Ifo, Clemens Fuest: il rischio delle politiche annunciate nel contratto M5S-Lega e' che l'Italia debba lasciare l'euro. Se il deficit statale salira' al 4-5%, il Governo correra' un forte rischio. Sulle conseguenze si puo' solo speculare", ha precisato Fuest.

23/5/2018

Notizie in chiaroscuro per l'Italia da Bruxelles, nelle raccomandazioni della Commissione Europea. "Abbiamo deciso di non aprire una procedura per debito per l'Italia": ha detto il vicepresidente della Commissione Dombrovskis, che ha però ricordato come la Penisola debba continuare a ridurre il suo debito pubblico.

"Per il 2019 raccomandiamo un aggiustamento strutturale pari allo 0.6 del Pil", ha chiosato Dombrovskis, mentre il Commissario all'Economia Moscovici suggerisce di attendere la formazione del nuovo Governo prima di giudicare, pressato dalle numerose domande dei giornalisti - potete ben immaginare come il caso Italia sia stato protagonista, oggi ad ora di pranzo, della conferenza stampa. Nel testo delle raccomandazioni viene messo nero su bianco che "la regola del debito in Italia e' rispettata", e che il Paese e' "ampiamente in linea con il braccio preventivo del Patto di stabilita' nel 2017". Ma, come dicevamo, arrivano anche avvertimenti importanti da Bruxelles: per Italia e Belgio l'aggiustamento di bilancio per il 2018 appare al momento "inadeguato" e la Commissione "riesaminera'" la situazione "sulla base dei dati ex-post del 2018, che saranno notificati la prossima primavera". Infine, da Monaco di Baviera, arriva l'allarme del capo dell'istituto economico tedesco Ifo, Clemens Fuest: il rischio delle politiche annunciate nel contratto M5S-Lega e' che l'Italia alla fine debba lasciare l'euro. Se il deficit statale salira' al 4-5%, il Governo correra' un forte rischio. Sulle conseguenze si puo' solo speculare", ha precisato Fuest.

23/5/2018

Vira al maltempo lo stato d'animo europeo nel confronto commerciale con gli Stati Uniti.

Ad ammetterlo ieri la Commissaria Europea al Commercio Malmstrom, al termine di un vertice a Bruxelles. "Non abbiamo chiarezza", ha detto la Malmstrom, che intravede segnali inquietanti da parte americana, che lasciano pensare che le esenzioni su acciaio e alluminio non saranno prolungate, o che saranno decisi altri tipi di misure restrittive. La data segnata in rosso sul calendario è il primo giugno: le ipotesi più probabili è che da quel giorno scattino i dazi statunitensi su questi prodotti, o che vengano introdotte delle quote. La Malmstroem non fa mistero del fatto che -per quanto lei possa esercitare pressioni sul suo collega americano Ross- alla fine l'ultima parola l'avrà Donald Trump. Con tutte le variabili del caso. L'Europa lascia sul tavolo le concessioni a Washington su tariffe doganali, automobili incluse, si divide tra le colombe tedesche e i falchi francesi, e prepara contromisure, che potrebbero scattare intorno al 20 giugno. Intanto Bruxelles lancia negoziati di libero scambio con Australia e Nuova Zelanda. Sul fronte commerciale sinoamericano, infine, Pechino ha deciso di abbassare i dazi sull'import di veicoli al 15% a partire dal primo luglio. L'iniziativa, giunta pochi giorni dopo la tregua commerciale siglata con Washington, è stata successivamente gelata da dichiarazioni dello stesso Trump: "non sono soddisfatto degli accordi commerciali con Pechino", ha sentenziato.

22/5/2018

Ad una decina di giorni dalla nuova scadenza americana sui dazi relativi ad acciaio ed alluminio, l'Europa comincia a mostrare segnali di deciso pessimismo.

La Commissaria al Commercio Cecilia Malmstrom ha ammesso di non essere affatto certa che le proposte messe sul tavolo dall'Unione Europea saranno sufficienti per evitare la guerra commerciale sulle due sponde dell'Atlantico. "Ci sono "segnali da parte americana che le esenzioni non saranno prolungate, o che saranno decisi altri tipi di misure restrittive", come ad esempio le quote, ha aggiunto la Malmstroem, che ha tenuto a precisare come la decisione finale sarà presa da Trump, non dalla controparte americana al Commercio Ross. Gli europei hanno offerto un maggiore accesso ai mercati nel settore della produzione industriale, ad esempio delle auto, e in quello dell'energia. Ma sembra non bastare. La Germania continua a credere che una guerra commerciale con Washington possa essere evitata, mentre la Francia si attesta su posizioni più dure: "siamo alleati degli Stati Uniti, non vassalli, serve più multilateralismo, la palla è nel campo americano". Via libera dei 28, intanto, a negoziati per accordi di libero scambio con Australia e Nuova Zelanda. L'obiettivo e' eliminare i dazi sulle merci. Sul fronte commerciale sinoamericano, infine, Pechino ha deciso di abbassare i dazi sull'import di veicoli al 15% a partire dal primo luglio. L'iniziativa e' giunta a pochi giorni dalla tregua commerciale siglata dall'amministrazione Trump e dal governo cinese.

18/5/2018

Prime contromosse europee, nella contesa con Washington sul nucleare iraniano. Al vertice di Sofia i leader comunitari hanno optato per la linea dura con gli Stati Uniti.

Stamattina, come annunciato ieri dal presidente della Commissione Juncker, Bruxelles ricorrerà al cosiddetto "statuto di blocco" contro possibili sanzioni americane. Si tratta di una normativa del '96, che neutralizzerebbe gli effetti extraterritoriali di possibili misure statunitensi contro le imprese comunitarie. La misura era stata introdotta all'epoca per opporsi alle sanzioni americane contro Cuba, ma non venne mai utilizzata. Juncker ha precisato che la proposta è stata sostenuta integralmente dai leader, e ha aggiunto che è stato permesso alla Bei di facilitare l'investimento delle imprese comunitarie in Iran, mentre la Commissione continuerà la cooperazione sull'energia con Teheran. La cancelliera tedesca Merkel ha definito l'intesa con l'Iran non perfetta, ma ha sottolineato la necessità di mantenerla. "Sull'Iran l'Europa resta unita nella volonta' di costruire stabilita', le ha fatto eco il presidente francese Macron. Mentre il premier Gentiloni si è concentrato sui rischi per le imprese, in un quadro che potrebbe sempre più oscurarsi con le sanzioni. Nella guerra incrociata con Washington, l'Europa ha pubblicato anche la lista degli oltre 180 prodotti americani su cui potrebbero scattare dazi commerciali supplementari a partire dal 20 giugno, qualora Trump non dovesse rinunciare ad imporre misure contro acciaio e alluminio europei.

17/5/2018

L'Iran e le relazioni euroamericane hanno monopolizzato il vertice tra Unione Europea e Balcani Occidentali, che si è chiuso a Sofia. L'annuncio più significativo lo ha fatto il presidente della Commissione Europea Juncker, a fine vertice.

Juncker ha annunciato che domani Bruxelles ricorrerà al cosiddetto "statuto di blocco" contro possibili sanzioni americane. Si tratta di una normativa del '96, che neutralizzerebbe gli effetti extraterritoriali di possibili sanzioni americane contro le imprese comunitarie. La misura era stata introdotta all'epoca per opporsi alle sanzioni americane contro Cuba, ma non fu mai utilizzata. In questo caso, impedirebbe l'applicazione nell'Unione Europea delle sanzioni decise dagli Stati Uniti contro l'Iran. Junckerha precisato che la proposta è stata sostenuta integralmente dai leader, e ha aggiunto che è stato permesso alla Bei di facilitare l'investimento delle imprese comunitarie in Iran, mentre la Commissione continuerà la cooperazione sull'energia con Teheran. La cancelliera tedesca Merkel ha definito l'intesa con Teheran non perfetta, ma ha sottolineato la necessità di mantenerla. "Sull'Iran l'Europa resta unita nella volonta' di costruire stabilita', le ha fatto eco il presidente francese Macron. Mentre il premier Gentiloni si è concentrato sui rischi per le imprese, in un quadro che potrebbe sempre di più oscurarsi con le sanzioni.

16/5/2018

Digitale e allargamento ai Balcani Occidentali nel menù formale. Stati Uniti, Iran e Italia in quello -ben più importante- sottotraccia. Il vertice sui Balcani Occidentali che si apre a Sofia vive su due agende parallele: la prima, con cui il summit era nato, parla di innovazione ed economia digitale, tema imprescindibile in un'Europa che deve guardare al futuro.

Così come è importante il punto della situazione relativa all'ingresso dei Paesi balcanici in un'Europa che -nei prossimi anni- rimarrà priva della Gran Bretagna. Ma l'attualità incalza, ed ecco sbucare il ciclone Trump: in primis i leader comunitari dovranno cercare di mostrare un fronte unito sulla questione del nucleare iraniano, dopo il ritiro di Washington dall'accordo e la contemporanea minaccia di sanzioni americane contro quei Paesi -Europa inclusa- che continueranno a mantenere relazioni commerciali con Teheran. Il ruolo guida qui dovrà essere assunto da Berlino, Parigi e Londra, i Paesi che hanno materialmente siglato l'intesa. Trump ha scompaginato i piani anche sul fronte israelo-palestinese, rompendo l'unità comunitaria sullo status di Gerusalemme capitale di due Stati. E il primo giugno, infine, scade la proroga americana sui dazi commerciali su acciaio e alluminio: l'Europa riuscirà a non farsi intimorire dalle minacce americane? Sul summit si allunga infine l'ombra del nuovo Governo italiano: ad attendere il premier uscente Gentiloni a Sofia tante -probabilmente troppe- domande.

14/5/2018

"Viva la Catalunya libera": con queste parole Quim Torra, il nuovo presidente catalano, ha fatto ripartire l'orologio della politica esattamente dal punto in cui lo aveva fermato il commissariamento imposto dal Governo di Madrid, dopo la dichiarazione di indipendenza di fine ottobre.

Commissariamento che a questo punto si chiude. Torra è stato eletto con un solo voto di scarto, grazie alla maggioranza indipendentista, in realtà più ampia - gli indipendentisti antisistema della CUP però, che non riconoscono lo Stato spagnolo, hanno optato per l'astensione, chiedendo una linea di rottura più dura. Torra ha promesso che Puigdemont, ora a Berlino inseguito da un mandato di estradizione iberico, tornerà ad essere presidente catalano. Soprattutto, ha reso chiaro che l'obiettivo resta uno solo: l'indipendenza catalana. Per quanto possa essere possibile, considerato l'atteggiamento di irremovibile chiusura da parte del premier Rajoy, Torra cercherà il dialogo con l'autorità centrale. Madrid risponde con le minacce: il messaggio fatto recapitare a Barcellona è che qualsiasi mossa al di fuori della Costituzione monarchica sarà punita con un nuovo commissariamento. La strada si annuncia dunque in salita: nove politici catalani restano in carcere, sette si sono autoesiliati. Il rischio di un riaccendersi della crisi catalana è una possibilità concreta.

14/5/2018

Si intrecciano questa settimana le crisi in Medio Oriente, con Stati Uniti ed Europa attori protagonisti. Il fronte più caldo sarà oggi quello israelo-palestinese, con l'inaugurazione della nuova ambasciata americana a Gerusalemme.

Evento osteggiato dalla gran parte della comunità internazionale, con un'Europa che è riuscita a presentarsi divisa: ben quattro paesi, Austria, Ungheria, Repubblica Ceca e Romania, romperanno il fronte comunitario e presenzieranno alla cerimonia. Gli ultimi due Paesi potrebbero persino seguire l'esempio americano, e spostare le loro ambasciate da Tel Aviv a Gerusalemme. L'evento ha suscitato l'ennesima condanna dell'Olp, che ha lanciato un ultimo appello a Washington, affinché ritorni sui suoi passi. Ma a preoccupare è soprattutto la "marcia del ritorno", che Hamas sta organizzando per oggi e domani lungo il confine tra Israele e Gaza. Previste 100mila persone, pronte a sfondare le recinzioni. Si teme il peggio. Da Israele all'Iran, dove la tensione tra Stati Uniti ed Europa potrebbe esplodere, dopo che il superfalco John Bolton, consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, ha minacciato di estendere alle imprese del Vecchio Continente le sanzioni contro Teheran: una scelta che avrebbe ricadute pesantissime sulle nostre aziende. L'Unione Europea è stretta tra l'incudine americana e il martello iraniano: Teheran pretende garanzie da Bruxelles sul rispetto degli accordi, altrimenti minaccia di stracciare l'intesa nucleare. Il Ministro degli Esteri Zarif è impegnato in un tour diplomatico tra Pechino, Mosca e Bruxelles, per salvare il salvabile.

14/5/2018

A quasi cinque mesi di distanza dalle ultime elezioni, e a soli otto giorni dalla temuta scadenza di un ritorno obbligato alle elezioni, la Catalunya dovrebbe quasi certamente riuscire ad eleggere oggi il suo nuovo presidente, ponendo fine così al lungo commissariamento della Generalitat da parte del Governo spagnolo.

Un effeto diretto, quest'ultimo, della dichiarazione di indipendenza di fine ottobre. L'indipendentista Quim Torra dovrebbe prevalere oggi con un voto di scarto nella seconda votazione a maggioranza semplice: la certezza l'ha avuta ieri, con la decisione del partito repubblicano antisistema CUP di astenersi nella votazione odierna, spianando così la strada ad una risicata elezione. Dopo tre tentativi falliti con Carles Puigdemont, Jordi Turull e Jordi Sanchez - su quest'ultimo la Spagna ha sfidato persino l'Onu, che chiedeva il rispetto dei suoi diritti politici, la Catalunya tornerà dunque ad avere un presidente eletto. La strada politica è segnata: nel suo discorso di investitura sabato, Torra ha chiarito di essere nei fatti un presidente pro-tempore, in attesa che torni quello legittimo, Carles Puigdemont, attualmente in attesa di giudizio a Berlino, dove è inseguito da un mandato di estradizione iberico. E ha altrettanto reso esplicito che l'obiettivo del suo Governo è l'indipendenza dalla Spagna. Anche Torra, come Puigdemont, ha aperto al dialogo con Madrid e Bruxelles. Finora, invano.

13/5/2018

Lo status di Gerusalemme capitale torna ad infiammare la situazione in Medio Oriente e i rapporti diplomatici all'interno della stessa Unione Europea.

Ben quattro Paesi comunitari saranno infatti presenti domani all'inaugurazione della nuova ambasciata americana, già fonte di numerose polemiche e controversie, a causa della decisione di Donald Trump di abbandonare la dottrina Obama e rinsaldare l'asse di ferro con il premier israeliano Netanyahu, gettando benzina sul fuoco delle tensioni israelo-palestinesi. Austria, Romania, Repubblica Ceca e Ungheria parteciperanno alla cerimonia di inaugurazione, sfidando la linea ufficiale di Bruxelles, che riconosce invece Gerusalemme capitale di due Stati: due di questi Paesi fanno parte del gruppo di Visegrad, da mesi spina del fianco dell'Europa Occidentale, mentre l'Austria -dopo l'inediamento del Governo di destra- ha spostato gradualmente il baricentro su posizioni antitetiche a quelle dell'Europa istituzionale. "Facciamo appello agli Stati Uniti, affinché revochino la loro disastrosa e irresponsabile decisione di muovere l'ambasciata americana nella Gerusalemme occupata e desistano da altre provocazioni", ha dichiarato Hanan Ashrawidell'Olp. Anche il Governo palestinese ha condannato l'annunciato trasferimento: alla cerimonia sono attesi Ivanka Trump e il marito Jared Kushner. Hamas ha lanciato un appello alla mobilitazione degli abitanti di Gaza.

12/5/2018

66 voti a favore, 65 contrari e quattro astensioni: Quim Torra, designato dal leader indipendentista deposto Puigdemont alla presidenza catalana, non ce l'ha fatta -come previsto- ad essere investito al primo turno.

Tutto rinviato a lunedì, quando -a bocce ferme- questi numeri saranno sufficienti per portarlo alla massima carica della comunità autonoma. L'unica incognita restano i quattro voti degli indipendentisti antisistema della CUP, che decideranno nelle prossime ore la linea. Un voto negativoporterebbe la Catalunya a nuove elezioni in estate. Nel suo discorso di investitura Torra non ha lasciato margini di incertezza: Puigdemont resta il presidente legittimo catalano, e l'obiettivo della legislatura è portare all'indipendenza catalana, così come deciso dal referendum del primo ottobre. Torra ha offerto dialogo al premier spagnolo Rajoy, e ha cercato ancora la mediazione di un'Europa finora sorda alle istanze catalane. Non ha mancato di ricordare i numerosi politici catalani detenuti a Madrid o in esilio all'estero, chiedendone il ritorno a casa. Dal premier Rajoy però ancora una reazione dura, con la minaccia di una risposta a qualsiasi violazione della Costituzione. Il problema di Madrid è che, a differenza dei precedenti tre candidati, Torra è perfettamente eleggibile. Non possono essergli negati i diritti politici, come avvenuto con Jordi Sanchez, sul quale Madrid ha sfidato persino l'Onu. La crisi catalana è pronta a riaccendersi.

12/5/2018

Nessun commento ufficiale sulla situazione politica italiana, che definisce però "impegnativa". Ad Assisi per ricevere la Lampada della Pace di San Francesco, la cancellieratedesca Angela Merkel non nasconde la propria preoccupazione per un momento non semplice a Palazzo Chigi, che ha posto in una situazione di allarme rosso sia Bruxelles sia l'asse franco-tedesco.

La cancelliera sottolinea come intenda lanciare il proprio messaggio in uno dei Paesi fondatori dell'Unione Europea - precisazione fatta non a caso, considerato il timore che il prossimo esecutivo possa deviare dalla rotta europeista fin qui mantenuta. Ringrazia il premier uscente Gentiloni, che allo Stato dell'Unione di Firenze aveva tenuto il suo discorso di commiato, avvertendo il prossimo Governo sui rischi connessi all'imbocco di una traiettoria antieuropeista. E, sempre la cancelliera, esprime l'auspicio che sui migranti la cooperazione con Roma prosegua. Nel suo discorso, la Merkel ha lanciato anche un richiamo a non gettare via i frutti dell'integrazione europea, di fronte a cio' che vede come un pericolo: la tentazione crescente di ripiegarsi all'interno delle proprie frontiere. "Dobbiamo guardare oltre i confini del nostro orticello" - ha ammonito.

12/5/2018

Chiama alle riforme strutturali il presidente della Bce Mario Draghi, dal palco dello Stato dell’Unione di Firenze, lanciando al contempo un messaggio ai Paesi europei, in vista del cruciale appuntamento di fine giugno, quando occorrerà avviare -anche sulla base delle proposte del motore franco-tedesco- l’attesa riforma dell’Eurozona.

Il presidente Bce è molto specifico su cosa occorra: una maggiore capacità di bilancio, per avere meccanismi di condivisione dei rischi che rafforzino la stabilità economica dell’area euro. Il completamento dell’Unione Bancaria e del mercato dei capitali, tasto su cui il Draghi batte da tempo, e un sostegno pubblico per il fondo unico di liquidazione delle banche. La conclusione è la richiesta di un ulteriore sforzo ai legislatori europei: "abbiamo bisogno uno strumento fiscale addizionale, per mantenere la convergenza nel corso dishocks maggiori, al fine di non appesantire la politica monetaria”. Draghi ha invitato di fatto i Paesi membri a creare una rete di sicurezza basata sul bilancio europeo. E ha chiesto loro di ricambiare la fiducia dei cittadini verso l’euro, garantendo prosperità. Il futuro politico dell’Italia ha fatto capolino nel discorso di chiusura del premier Gentiloni, che ha lanciato un chiaro messaggio al prossimo esecutivo.

11/5/2018

Le riforme strutturali restano una priorità. Sono fondamentali perchè incentivano la crescita: il presidente della Bce Draghi interviene alla conferenza sullo Stato dell’Unione a Firenze, lanciando chiari messaggi ai Paesi membri, in vista del cruciale vertice di fine giugno, chiamato ad avviare la riforma dell’Eurozona.

Quelle che Draghi indica sono le priorità di Francoforte: una maggiore capacità di bilancio, per avere meccanismi di condivisione dei rischi che rafforzino la stabilità economica dell’area euro. Il completamento dell’Unione Bancaria, tasto su cui il presidente Bce batte da tempo, e un sostegno pubblico per il fondo unico di liquidazione delle banche. La conclusione è la richiesta di un ulteriore sforzo ai legislatori europei: "abbiamo bisogno uno strumento fiscale addizionale, per mantenere la convergenza nel corso di shocks maggiori, al fine di non appesantire la politica monetaria”. Il futuro politico dell’Italia ha fatto capolino nel discorso di chiusura del premier Gentiloni, che ha lanciato un chiaro messaggio al prossimo esecutivo.

11/5/2018

Seconda giornata dello State of the Union segnata dalla discussione sulla crisi europea e sulla necessità di un’Europa più solidale. Al centro del dibattito è finito il tema immigrazione. Ad introdurlo il presidente della Commissione Juncker.

"Populisti e nazionalisti hanno avuto materia per alimentare i loro sentimenti e aumentare il distacco dagli altri a causa della crisi migratoria. Cosi' la "solidarieta' si sfilaccia e si perde poco a poco" e i Paesi del Nord Europa, per indicare quelli del Sud che affrontano il flusso dei profughi, hanno "riscoperto un'espressione che detesto: il club del Mediterraneo". Ha detto Juncker, che ha rimarcato come "la solidarieta' fa parte del patto fondativo dell'Europa". Il presidente dell’Europarlamento Tajani ha chiesto un’Europa più politica, e –sul tema immigrazione- ha avvertito: l'Europa deve avere una visione comune sull'Afric,a per non rischiare di avere in un prossimo futuro "milioni di persone che si sposteranno". A quel punto "sara' impossibile intervenire. Dobbiamo farlo oggi, e' nostro interesse, ecco perche' ho insistito per un vero piano Marshall per l'Africa", ha dichiarato Tajani. Nel pomeriggio previsti gli interventi del presidente della Bce Draghi, dell’Alto Rappresentante Europea Mogherini e del premier uscente Gentiloni.

11/5/2018

Seconda giornata dello State of the Union, all’insegna del tema della solidarietà, probabilmente il vero ingrediente mancante dell’Unione Europea di oggi, divisa sempre di più su linee geografiche e punti cardinali.

"Populisti e nazionalisti hanno avuto materia per alimentare i loro sentimenti e aumentare il distacco dagli altri" a causa della crisi migratoria. Cosi' la "solidarieta' si sfilaccia e si perde poco a poco", mentre i Paesi del Nord Europa "riscoprono un'espressione che detesto: il club del Mediterraneo", ha dichiarato il presidente della Commissione Europea Juncker, che è tornato a chiedere la riforma urgente del regolamento di Dublino, molto sfavorevole per l’Italia.

10/5/2018

No al ritorno del sovranismo. Pur senza fare riferimenti diretti alla situazione politica italiana, il presidente della Repubblica Mattarella lanciato questa mattina -alla conferenza sullo Stato dell’Unione Europea- chiari segnali al prossimo Governo.

Il capo dello Stato -nell’attaccare sovranismo ed euroscetticismo- ha posto paletti importanti ad un ipotetico esecutivo Lega-5 Stelle. Mattarella ha messo in guardia dalla tentazione di cedere a formule ottocentesche, per risolvere problemi degli anni 2000. Ha anche riconosciuto la crescente sfiducia e lo scetticismo tra i cittadini europei verso il progetto comunitario. Il tutto in un contesto segnato da sfide storiche, quali guerre commerciali, clima, terrorismo, immigrazione e digitalizzazione. Sfide che richiedono risposte comuni, a livello di Unione. Mattarella ha pure riconosciuto che la narrativa europea si è sviluppata troppo sul binario economico -quello dell’Europa delle banche e dei banchieri- con un rigore sui conti non adeguatamente controbilanciato da uno sviluppo del pilastro sociale. “La capacità di rispondere alle sfide determinerà il nostro futuro”, ha concluso il capo dello Stato, che ha chiamato all’unità e alla solidarietà europea, e ha citato -tra le sfide imminenti cui rispondere- la riforma di Dublino sull’immigrazione, l’unione bancaria e il prossimo bilancio settennale dell’Unione.

10/5/2018

Il presidente della Repubblica Mattarella è intervenuto questa mattina alla conferenza sullo Stato dell’Unione Europea, lanciando chiari segnali -seppur indiretti- al prossimo Governo.

Mattarella ha messo in guardia dalla tentazione di cedere a formule ottocentesche per risolvere problemi degli anni 2000. Ha anche riconosciuto la crescente sfiducia e lo scetticismo tra i cittadini europei verso il progetto comunitario. Il tutto in un contesto segnato da sfide quali guerre commerciali, clima, terrorismo, immigrazione e digitalizzazione, che richiede risposte comuni, a livello di Unione. Mattarella ha pure riconosciuto che la narrativa europea si è sviluppata troppo sul binario economico -quello dell’Europa delle banche e dei banchieri- con un rigore sui conti non adeguatamente controbilanciato da uno sviluppo del pilastro sociale. “La capacità di rispondere alle sfide determinerà il nostro futuro”, ha concluso il capo dello Stato, che ha chiamato all’unità e alla solidarietà europea, e ha citato –tra le sfide imminenti cui rispondere- la riforma di Dublino sull’immigrazione e il prossimo bilancio settennale dell’Unione.

10/5/2018

Il presidente della Repubblica Mattarella, pur non citando mai la situazione politica contingente in Italia, ha lanciato chiari messaggi all’Europa e ai nostri partiti. Mattarella ha riconosciuto la crescente sfiducia e scetticismo tra i cittadini europei verso il progetto comunitario.

Il tutto in un contesto segnato da crescenti sfide, quali guerre commerciali, clima, terrorismo, immigrazione e digitalizzazione. Mattarella ha sottolineato come solo con la solidarietà tra Paesi europei -con l’Unione Europea- si possano superare queste sfide. Di qui l’attacco del presidente della Repubblica alle forze euroscettiche e sovraniste: “dobbiamo sottrarci alla narrativa sovranista, che presenta soluzioni impraticabili”, ha detto il capo dello Stato. Difficile non vedere un riferimento indiretto agli orientamenti dei due partiti –Lega e 5 Stelle- che stanno cercando di formare il prossimo esecutivo. Mattarella ha riconosciuto che la narrativa europea si è sviluppata troppo sul binario economico, quella dell’Europa delle banche e dei banchieri, con elementi legati al rigore non controbilanciati da uno sviluppo parallelo del pilastro sociale. “La capacità di rispondere alle sfide determinerà il nostro futuro”, ha concluso Mattarella.

9/5/2018

Il giorno dopo l'atteso annuncio dell'uscita americana dall'accordo sul nucleare iraniano, l'Europa fa fronte compatto contro la scelta statunitense: la Germania resta "vincolata" all'intesa, ha fatto sapere la cancelliera tedesca Angela Merkel, secondo cui la decisione di Trump è grave, e "produce preoccupazione e rammarico".

La Merkel ha insistito sul fatto che Teheran dovra' anche in futuro attenersi all'accordo, e -in un segno di distensione verso l'America- ha comunque riaffermato la volontà di mantenere una buona relazione con Washington. La Gran Bretagna "non ha intenzione di uscire" dall'accordo nucleare, nonostante la decisione dell'alleato americano, ha fatto eco il Ministro degli Esteri di Londra Boris Johnson, mentre il Ministro dell'Economia francese, Bruno Le Maire, ha duramente criticato la decisione statunitense, definendola "un vero errore diplomatico". E aggiungendo che "non e' accettabile" che gli Stati Uniti si pongano come "gendarme economico del pianeta". Le Maire ha ammesso che la decisione di Trump avra' "conseguenze" per le imprese transalpine. Da Bruxelles il presidente europeo Tusk ha ribadito l'unità comunitaria, di fronte alle politiche di Trump su nucleare e dazi, mentre l'Alto Rappresentante Mogherini ha ribadito l'intenzione europea di preservare l'intesa con Teheran.

8/5/2018

Con ben quattro giorni di anticipo Donald Trump scioglierà oggi, nella serata italiana, la riserva su quale strada sceglieranno gli Stati Uniti in merito al cruciale dossier nucleare iraniano.

Trump è ricorso a Twitter per annunciare che alle 14 di Washington, le 20 nella Penisola, renderà nota la decisione. L'ottimismo scarseggia: i più stretti consiglieri di Trump, Mike Pompeo e John Bolton, insieme all'alleato israeliano Netanyahu, con cui si è recentemente consultato, sono considerati dei falchi nei rapporti con Teheran. Trump non dovrà solo annunciare se manterrà o meno gli Stati Uniti nell'intesa siglata dal predecessore Obama, come gli chiedono Francia, Germania e Gran Bretagna. Dovrà anche dire, qualora decidesse di uscirne, se intende reintrodurre le sanzioni contro Teheran. L'Iran ha usato le ultime ore per avviare contromanovre diplomatiche: "anche qualora Washington si ritirasse dall'accordo, manterremo fede all'intesa, se l'Unione Europea garantira' che la Repubblica islamica ne trarra' benefici", ha detto il presidente iraniano Rohani, che ha definito l'eventuale uscita americana "un errore strategico". Dall'asse franco-tedesco è arrivato ieri un estremo monito a Trump: "temiamo che un fallimento possa comportare una nuova escalation, che ci riporterebbe al periodo precedente il 2013". Così il Ministro degli Esteri tedesco Maas, dopo un incontro col collega francese Le Drian. Le tensioni nel Golfo hanno fatto schizzare in alto le quotazioni del petrolio: il greggio Wti è salito ai massimi da tre anni e mezzo, sfondando i 70 dollari al barile.

7/5/2018

Teheran si insinua nella spaccatura apertasi tra Stati Uniti ed Europa sul dossier del nucleare uraniano, tendendo la mano all'Europa: "anche qualora Washington si ritirasse dall'accordo, l'Iran manterra' fede all'intesa, se l'Unione Europea garantira' che la Repubblica islamica ne trarra' benefici", ha detto il presidente Rohani.

Per aggiungere sale sulle ferite dello strappo nella diplomazia mondiale, ha aggiunto: "ci aspettiamo che l'intesa venga garantita e preservata dagli altri Paesi, in quel caso l'uscita di Washington sarebbe ininfluente, per quanto un errore strategico". Teheran aggiunge che non ha alcuna intenzione di costruire una bomba atomica, ma avverte che -se l'intenzione dell'Occidente è indebolire l'Iran e limitare la sua influenza nella regione- sarà opposta una forte resistenza. Dall'asse franco-tedesco arriva un ulteriore monito al presidente americano Donald Trump, che entro sabato dovrà sciogliere il nodo iraniano: "temiamo che un fallimento possa comportare una nuova escalation, che ci riporterebbe al periodo precedente il 2013". Così il Ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas, dopo un incontro bilaterale col collega francese Le Drian. Con l'accordo il mondo "e' piu' al sicuro che senza", hanno fatto notare. Per intanto Trump non sembra intenzionato a fare marcia indietro e attacca anzi uno degli architetti dell'intesa, l'ex-segretario di Stato John Kerry. Le tensioni nel Golfo hanno fatto schizzare in alto le quotazioni del petrolio: il greggio Wti è salito ai massimi da tre anni e mezzo, sfondando i 70 dollari al barile.

4/5/2018

Prosegue la crescita in Italia, ma l'incertezza politica pone seri rischi: Bruxelles ha varato ieri le previsioni economiche, confermando un +1,5% per la nostra economia nel 2018, grazie alla domanda interna.

Una crescita che calerà all'1,2% nel 2019, e che potrebbe venire ulteriormente appesantita dallo stallo politico che -se prolungato- potrebbe rendere i mercati volatili e avere effetti su fiducia e spread. La Commissione fotografa così lo stato di salute della nostra economia, in attesa delle raccomandazioni di fine mese, quando arriverà il momento della verità. Il vicepresidente della Commissione Katainen non commenta sulle capacità di tenuta dei nostri conti pubblici in questo periodo di incertezza politica, evita di definirsi preoccupato, ma sprona le forze della Penisola a formare al più presto un Governo. Il problema è che la nostra, insieme a quella britannica, resta la crescita più bassa di tutta l'Unione Europea. E -considerato il clima di campagna elettorale- gli sforzi strutturali fatti da Roma per il 2018 "sono pari a zero", come osserva il Commissario all'Economia Moscovici, il quale lascia intravedere conseguenze nel prossimo pacchetto di sorveglianza dei conti. Più in generale, la crescita europea resta forte nel 2018 e siallentera' solo leggermente nel 2019, navigando intorno al 2%. La buona notizia è che -per la prima volta- tutti i Paesi rispettano il tetto del 3% del deficit. L'ultimo allarme riguarda Washington: secondo Moscovici, "il maggiore rischio per le previsioni per l'Eurozona e' il protezionismo, che non deve diventare la nuova norma".

2/5/2018

1279 miliardi: a tanto dovrebbe ammontare il prossimo budget settennale dell'Unione Europea, secondo la proposta avanzata a Bruxelles dalla Commissione, che gioca al rialzo, nonostante il buco finanziario che Londra lascerà nel bilancio europeo, con la Brexit.

Ci saranno "contributi addizionali limitati ma necessari per finanziare le nuovepriorita'", che portano la cifra all'1,11% del Pil europeo, "una proposta ragionevole e responsabile": così il presidente della Commissione Juncker. Poche le sorprese, rispetto alle anticipazioni filtrate nelle ultime settimane: ci saranno tagli ai fondi europei di coesione pari a circa il 7% - una cattiva notizia per l'Italia, che storicamente ha sempre usufruito in maniera importante di queste risorse. Sforbiciata del 5% per la Politica Agricola Comune. Ma a fare da contraltare ci saranno le nuove priorità: raddoppiate nei fatti le risorse per migranti, Erasmus e giovani, sicurezza, digitale e ricerca. Un incremento complessivo di risorse pari a 109 miliardi. Novità importante nella proposta della Commissione è la possibile istituzione di due nuovi fondi per l'Eurozona, da 55 miliardi. Il primo, il Fondo di stabilizzazione degli investimenti, sara' di 30 miliardi e sarà destinato ai Paesi colpiti da crisi, con prestiti garantiti dal bilancio europeo. Il secondo fondo, da 25 miliardi, e' destinato a fornire sostegno ai Paesi per la realizzazione delle riforme. L'obiettivo di Bruxelles è arrivare all'approvazione del budget settennale prima delle elezioni europee di maggio 2019. Ma il suo volto finale potrebbe essere abbastanza diverso dalla proposta della Commissione: in vista negoziati feroci tra i Paesi membri.

2/5/2018

Al via ufficialmente oggi la grande battaglia per il prossimo bilancio europeo, il primo del dopo-Brexit. Sette anni, dal 2021 al 2027, con un buco iniziale di denaro pari a 12-14 miliardi di euro.

Quelli che Londra versava nelle casse comunitarie. Sarà un delicato gioco di equilibrismi quello che dovrà tentare oggi il Commissario al Budget GuentherOttinger, ben sapendo che finirà con lo scontentare un po' tutti. Il primo scoglio è la cifra: nonostante l'uscita britannica, Bruxelles punta a portare oltre quota mille miliardi il budget settennale, all'1,12% del Pil. Austria e Olanda promettono battaglia. Questi miliardi freschi serviranno a finanziare le nuove priorità, quali difesa, sicurezza e immigrazione. Le politiche tradizionalmente più ricche, quali agricoltura e fondi strutturali, subiranno tagli inevitabili - si parla di almeno il 5%. E, soprattutto sui fondi di coesione, l'Italia ha molto da perdere. La speranza arriva in questo caso dalla proposta di condizionare l'erogazione dei fondi al rispetto dello stato di diritto e alla solidarietà nelle crisi: qui a farne le spese potrebbero essere Polonia e Ungheria, ripianando così le possibili perdite italiane, che verrebbero compensate da maggiori fondi per le frontiere. Bruxelles punta a far approvare il bilancio entro maggio 2019. Considerati i chiari di luna e le lotte fratricide interne, l'obiettivo appare tutto, tranne che scontato.

1/5/2018

Un esecutivo sull'orlo di una crisi di nervi. Le difficoltà si assommano, per la premier britannica Theresa May, che non fa in tempo a mettere la pezza su uno scandalo che -subito- affiora un altro problema.

Sajid Javid è da ieri il nuovo Ministro dell'Interno, dopo la frettolosa uscita di scena di Amber Rudd, caduta sul caso Windrush. Una crisi che ha coinvolto gli immigrati caraibici delle ex-colonie, venuti a ricostruire la Gran Bretagna nel Dopoguerra, ed ora a rischio espulsione. Javid, il primo Ministro dell'Interno proveniente da una minoranza etnica a ricoprire quella carica, ha rivendicato in Parlamento le sue origini pachistane, promettendo di impegnarsi in prima persona per risolvere la crisi. I media cominciano persino a speculare che possa divenire presto un possibile aspirante al ruolo di premier, al posto della traballante May, la quale ha ammesso di aver saputo dell'esistenza di quote prestabilite di migranti "illegali" da espellere, all'epoca in cui era titolare dell'Interno. Per lei ieri nuovo duro colpo sulla Brexit: la Camera dei Lord ha approvato un emendamento che -se recepito dalla Camera dei Comuni- imporra' all'esecutivo non solo l'obbligo di un voto parlamentare sul risultato dei negoziati con Bruxelles, ma anche quello di tornare al tavolo della trattativa, laddove questo risultato venisse bocciato. Fonti governative hanno definito "furibonda" la reazione di Downing Street.

30/4/2018

La quarta dimissione ministeriale in sei mesi scuote ulteriormente il già fragile Governo di Theresa May, stretto tra l'incudine della Brexit e il martello di scandali che affiorano con inusitata frequenza.

Il caso Windrush, che ha coinvolto gli immigrati caraibici delle ex-colonie venuti a ricostruire la Gran Bretagna nel Dopoguerra, ed ora a rischio espulsione, ha travolto la Ministra del'Interno Rudd, dimessasi per evitare conseguenze peggiori. Al suo posto è stato nominato Sajid Javid, il primo Ministro dell'Interno proveniente da una minoranza etnica a ricoprire quella carica. Javid, in Parlamento, ha rivendicato le sue origini pachistane, promettendo di impegnarsi in prima persona per risolvere la crisi della cosiddetta "generazione Windrush". I media cominciano a speculare che possa divenire presto un possibile aspirante al ruolo di premier, al posto della sempre traballante May, la quale ha ammesso di aver saputo dell'esistenza di quote prestabilite di migranti "illegali" da espellere, all'epoca in cui era titolare dell'Interno. Ma ha schivato ogni possibile implicazione nello scandalo, addossando la colpa alla stessa Rudd per le improvvide dichiarazioni rese alla commissione parlamentare, e rivendicando il lavoro di Downing Street contro l'immigrazione illegale. L'Europa intanto batte un colpo: l'Europarlamento chiede al neo-Ministro Javid di tutelare i cittadini comunitari Oltremanica dopo la Brexit, garantendo loro procedure burocratiche di registrazione efficienti.

26/4/2018

L'Iran rispedisce al mittente le ipotesi di revisione dell'intesa sul nucleare, mentre Macron cerca una mediazione al Congresso americano, e lancia stilettate contro le politiche di Trump.

Anche ieri l'asse Washington-Teheran ha tenuto banco, geograficamente, sulle mappe della diplomazia internazionale. A sparare il primo colpo è stato il presidente iraniano Rohani, che ha chiuso la porta a qualsiasi modifica dell'intesa del 2015. "Non aggiungeremo o toglieremo alcunchè, l'accordo e' l'accordo". Rohani ha attaccato Trump: è solo un "businessman, non ha competenze in materia di politica, diritto e trattati". Infine, ha lanciato un messaggio conciliatore al resto della comunità internazionale: "finchè i nostri interessi saranno garantiti, resteremo nel Trattato, che gli Stati Uniti lo abbandonino o meno". Macron è tornato sulla questione parlando al Congresso americano, che lo ha accolto con una standing ovation, sfumando i toni duri usati dall'omologo americano: "non possiamo uscire dall'accordo nucleare con l'Iran senza avere qualcosa di piu' concreto. Un'intesa che affronti i legittimi timori legati all'attivita' nucleare iraniana a lungo termine, i suoi missili balistici e la sua influenza nella regione". Infine ha messo in chiaro, tra gli applausi: "Teheran non avrà mai armi nucleari". Ma a sorprendere sono state le critiche -abbastanza esplicite- di Macron ai pilastri della dottrina Trump: ha denunciato il nazionalismo e l'isolazionismo, ha sostenuto il libero commercio e si è fatto portare della battaglia sul clima. Al di là delle pacche sulle spalle con Donald, le differenze tra i due restano.

25/4/2018

La questione iraniana continua a tenere banco, il giorno dopo l'incontro fra Donald Trump ed Emmanuel Macron. Il presidente iraniano Hassan Rohani ha escluso qualsiasi modifica all'intesa sottoscritta nel 2015.

"Ho parlato con Macron tante volte al telefono, gli ho detto esplicitamente che noi non aggiungeremo o toglieremo alcunchè all'intesa, nemmeno una frase, l'accordo e' l'accordo". Rohani ha attaccato il presidente americano Trump: è solo un "businessman, non ha competenze in materia di politica, diritto e trattati". Infine, ha lanciato un messaggio conciliatore al resto della comunità internazionale: "finchè i nostri interessi saranno garantiti, resteremo nel Trattato, che gli Stati Uniti lo abbandonino o meno". Macron è tornato sulla questione parlando al Congresso americano, che lo ha accolto con una standing ovation, simbolo plastico della forte sintonia che corre attualmente sull'asse Washington-Parigi: diversamente da Trump, che ha sparato ieri ad alzo zero contro l'intesa sul nucleare iraniano, Macron ha cercato di sfumare il senso di una nuova intesa con Teheran: "non possiamo uscire dall'accordo nucleare con l'Iran senza avere qualcosa di piu' concreto. Un'intesa che affronti i legittimi timori legati all'attivita' nucleare iraniana a lungo termine, i suoi missili balistici e la sua influenza nella regione". Infine ha messo in chiaro, tra gli applausi: "Teheran non avrà mai armi nucleari".

24/4/2018

L'Iran divide Stati Uniti e Francia, nel giorno dell'atteso faccia a faccia tra il presidente americano Trump e l'omologo francese Macron. Trump attacca l'intesa sul nucleare con Teheran - "un disastro, un accordo terribile, che non avrebbe mai dovuto essere sottoscritto", dice.

Trump non risparmia aggettivi, definendo l'intesa "folle e ridicola", in quanto non affronta la questione dei missili balistici o di altre attività di Teheran nella regione. Macron abbozza, sostenendo la linea europea, che la cancelliera tedesca Merkelribadirà venerdì, in un nuovo assalto diplomatico per evitare che Washington faccia saltare l'accordo tra diciotto giorni. "L'intesa sul nucleare iraniano è importante, che va inquadrata nell'ambito di una questione più ampia che è la stabilità della regione", sostiene Macron. Ma l'interesse primario di Trump è avvertire Teheran: "grossi problemi in arrivo per l'Iran, qualora decidesse di riprendere il programma nucleare". Spazio anche al tema dei dazi nel bilaterale: gli Stati Uniti stanno negoziando "molto seriamente" con l'Unione Europea su acciaio e alluminio, dice Trump, che non risparmia frecciate agli alleati: "le relazioni commerciali con Bruxelles sono molto difficili, l'Europa ha barriere commerciali inaccettabili. Preferirei trattare solo con la Francia", ha concluso, con un approccio puntato sul divide et impera. Infine, sulla Corea del Nord: Pyongyang vuole un incontro "al piu' presto", ha detto il presidente americano, che ora definisce Kim Jong Un "molto aperto" e "molto rispettabile".

21/4/2018

Segnali incoraggianti per la nostra economia, sulla base dei dati resi noti ieri dal Ministero delle Finanze: "il debito pubblico italiano e' pienamente stabilizzato, quest'anno scendera' ancora in modo importante nel rapporto con il Pil, con una progressiva riduzione dell'esposizione in derivati ad alto costo, si diversifichera', e non risentira' della fine del Quantiative Easing della Bce.

Questo il quadro tracciato da via XX Settembre, che prevede un'emissione di bond pari a circa 400 miliardi per l'anno in corso. "Il mercato si sta focalizzando sui fondamentali e l'Italia ha mostrato di aver ripreso un ritmo di crescita elevato, anche se ancora sotto la media europea", rilevano al Mef. Il tutto, mentre dall'Fmi guardano con fiducia alla Penisola: "è essenziale che non si inverta rotta sulle riforme", dice Poul Thomsen, responsabile del Dipartimento Europa. PerThomsen, le sfide dell'Italia sono note: in primis la produttività, anche se -constata- le recenti riforme ci hanno consentito di crescere in modo robusto nell'ultimo biennio.Thomsen si dice fiducioso che anche il prossimo Governo continuera' su questa strada. Cattive notizie arrivano invece da Eurostat, che fotografa l'Italia al penultimo posto in Europa per tasso di occupazione, drammaticamente lontana dall'obiettivo Europa 2020. Il tasso di impiego nella Penisola è pari al 62%, tredici punti sotto l'obiettivo comunitario. Peggio di noi solo la Grecia. Al top Svezia, Germania ed Estonia. Forte anche il gap occupazionale tra uomini e donne.

20/4/2018

Un ampio grado di stimoli resta necessario per sostenere l'inflazione. Il presidente Bce Mario Draghi torna -da Washington- sul tema delle politiche monetarie di Francoforte.

Il piano di acquisti andra' avanti all'attuale velocita' di 30 miliardi fino alla fine di settembre 2018 e oltre se necessario, afferma Draghi, che aggiunge: in ogni caso andra' avanti fino a che la Bce non vedra' un sostenuto aggiustamento dell'inflazione in linea con i suoi obiettivi. Il presidente Bce ha toccato anche il tema commerciale: preservare scambi aperti e liberi e' cruciale per la crescita globale, ha detto. Sull'Eurozona Draghi lancia segnali rassicuranti: l'economia di Eurolandia e' cresciuta in modo ''robusto", questa solida perfomance si e' tradotta in ''notevoli miglioramenti del mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione nell'area euro e' sceso ai minimi dal 2008''. Draghi si dice certo che il momento positivo ''continuera'''. E sul sistema bancario: le condizioni sono migliorate, anche se alcune sfide strutturali continuano a pesare sulle prospettive di redditività''. Nel frattempo l'Fmi guarda con ottimismo all'Italia: "è essenziale che non si inverta la rotta sulle riforme", chiede Poul Thomsen, responsabile del Dipartimento Europeo, dicendosi fiducioso che anche il prossimo Governo continuera' su questa strada in modo graduale.Per Thomsen, i rischi per l'Unione Europea sono bilanciati sul breve termine, e al ribasso su di un arco temporale piu' lungo.

20/4/2018

L'orizzonte è comune. Le modalità con cui arrivarci un po' meno. Angela Merkel ed Emmanuel Macron lanciano da Berlino la roadmap per riformare l'Europa, in vista del cruciale Consiglio Europeo di giugno - summit sul quale convergono ora tutte le attese. Ma non riescono a nascondere le differenze.

"Abbiamo bisogno di una politica estera comune, Francia e Germania lavoreranno per trovare soluzioni per la Siria e per l'Ucraina", dice la Merkel, che inserisce le relazioni internazionali tra le priorità assolute, insieme a riforma del diritto di asilo, e -solo per ultimo- il perfezionamento dell'unione monetaria, economica e bancaria. Macron ha -nei fatti- un ordine di priorità opposto, cui vorrebbe aggiungere un budget per l'Eurozona, un Ministro delle Finanze unico, e la creazione di un Fondo Monetario Europeo. Dossier cui guarda con interesse anche Frau Merkel - peccato solo che l'ala destra della sua coalizione sia molto meno propensa ad una maggiore integrazione economico-finanziaria. "Nella gestione dei migranti in Europa servono elementi di solidarieta' esterna ed interna. Non e' possibile che un Paese venga lasciato solo nell'accoglienza e nell'integrazione", ha sottolineato Macron, lasciando intravedere che -almeno qui- i due sembrano più allineati. Merkel e Macron, che non hanno rilasciato dichiarazioni alla fine dell'incontro, hanno affinato la strategia in vista del faccia a faccia tra la cancelliera e Trump la prossima settimana. In questo caso sono dazi e crisi internazionali, Siria in primis, a farla da padrone.

19/4/2018

Riforme dell'Europa e crisi internazionali al centro dell'atteso vertice tra la cancelliera tedesca Merkel e il presidente francese Macron. Incontro tuttora in corso.

Le differenze sulla riforma dell'Eurozona restano sul tavolo - anche se la Merkel garantisce: "entro giugno presenteremo una visione comune per l'Europa, siamo pronti a compromessi sulle riforme". La Merkel ha parlato anche di politica estera. "Abbiamo bisogno di una politica estera comune, Francia e Germania lavoreranno per trovare soluzioni per la Siria e anche per l'Ucraina", ha detto la cancelliera, mentre Mosca continua la sua guerra di propaganda, sostenendo che le le truppe governative siriane avrebbero trovato a Ghuta Est "contenitori di cloro" di fabbricazione tedesca e "candelotti fumogeni" prodotti a Salisbury. Sull'Europa, la Merkel ha accennato alla necessità di una maggiore integrazione della politica monetaria e dell'unione bancaria, ammettendo che i punti di partenza a Berlino e Parigi sono a volte diversi. La cancelliera ha toccato il tema immigrazione, sul quale si è soffermato pure il presidente francese. "Nella gestione dei migranti in Europa servono elementi di solidarieta' esterna e interna. Non e' possibile che un Paese venga lasciato da solo nell'accoglienza e nell'integrazione", ha sottolineato Macron, secondo il quale servono anche convergenza e solidarietà nell'Eurozona. La Turchia intanto insinua: Macron avrebbe cercato di partecipare al summit sulla Siria, che ha riunito a inizio aprile Erdogan, Putin e Rohani.

18/4/2018

Monta la tempesta sul Rasputin di Bruxelles, anche se -con ogni probabilità- Martin Selmayr se la caverà passando alla storia come il primo grande "raccomandato" nella storia dell'esecutivo comunitario.

La procedura della sua nomina a segretario generale della Commissione Europea è stata a dir poco opaca, come ha riconosciuto con un voto a maggioranza l'Europarlamento. Strasburgo ha approvato una risoluzione, nella quale si chiede all'esecutivo comunitario di rivedere la procedura di nomina dello stessoSelmayr, e si invita la Commissione a riconoscere che questa vicenda ha inciso negativamente sulla sua reputazione. Immediata la risposta di Bruxelles. Secondo il Commissario al Bilancio Oettinger Sellmayr resterà al suo posto. Unica concessione, un po' come con il caso Ema, la disponibilità a rivedere le procedure concorsuali e di nomina in futuro. La frittata però è fatta: il Selmayrgate, la storia di un funzionario tedesco passato in pochi anni da semplice portavoce stampa al ruolo di dirigente più potente della Commissione, l'uomo di cui -si vocifera- numerosi Commissari Europei sarebbero letteralmente terrorizzati se non addirittura surclassati, produce un effetto devastante sulla trasparenza in Europa. Selmayr è passato da capo di gabinetto di Juncker a segretario della potente macchina organizzativa comunitaria in poche ore e quasi senza concorrenza, con un blitz studiato a tavolino. La sua nomina pone ora molte -scomode- domande sulla Commissione Juncker.

13/4/2018

La conferma arriva dall'Opac, l'Organizzazione Internazionale per la Proibizione delle Armi Chimiche: contro Sergiei e Yulia Skripal è stato utilizzato un agente nervino preciso, il novichok, nella sua forma più pura.

La sua presenza è stata accertata sia nei campioni prelevati sulla scena dell'avvelenamento a Salisbury, sia nel sangue degli Skripal e del detective Nick Bailey, il primo ad arrivare sulla scena. L'Opac non cita esplicitamente il termine "novichok", ma nelle sue conclusioni sostiene completamente i risultati dei laboratori britannici, lasciando pochi margini di dubbio. Allo stesso tempo, non fa alcuna ipotesi sulla possibile provenienza della sostanza tossica. Il Governo britannico non sembra però avere dubbi: "solo la Russia aveva i mezzi, le motivazioni e una storia produttiva alle spalle", ha subito commentato il Ministro degli Esteri britannico BorisJohnson, definendo le conclusioni dell'Opac come l'atto finale dell'indagine. E' risaputo che il novichok è stato sviluppato dall'Urss negli anni '70 e '80. Mosca ribatte: nessun credito alle conclusioni britanniche, finchè la Russia non avrà accesso all'indagine. Yulia Skripal è stata dimessa lunedì dall'ospedale, e si è volatilizzata in un luogo tenuto segreto. Serghiei Skripal sarebbe ancora ricoverato in gravi condizioni. Londra intende convocare una sessione ad hoc del Consiglio di Sicurezza Onu mercoledì prossimo.

9/4/2018

Viktor Orban resta saldamente al potere in Ungheria. La lunghissima giornata elettorale nel Paese magiaro si chiude solo a tarda sera, confermando quanto i sondaggi avevano precedentemente suggerito.

Anche se -per lunghe ore- la notizia principale era stata un'altra. Quella dell'affluenza: ancor prima che si chiudessero le urne i votanti avevano abbondantemente superato il totale delle consultazioni precedenti. Alle 19 le file all'esterno dei seggi erano tali, che le autorità decidevano di aspettare a divulgare le prime proiezioni, per permettere a chi fosse ancora in fila di votare. Solo alle 23 i primi risultati dello spoglio consacravano la vittoria di Orban. Il leader nazionalconservatoredi Fidesz, il simbolo del muro europeo ai migranti e della cosiddetta "democrazia illiberale", resta così premier: il suo schieramento porta a casa quasi la metà dei voti, staccando ampiamente l'ex-estrema destra di Jobbik, recentemente riposizionatasi nell'area popolarconservatrice - cui va il 20% dei consensi. La frammentatissima area di centrosinistra non arriva al 25%, sommando i tre schieramenti in corsa. La cartina geografica del Paese non lascia spazio ad equivoci: un'enorme macchia arancione, il colore di Fidesz, con la sola Budapest -di fatto- a rappresentare il bastione della diversità politica. Per Orban, l'uomo che ha riscritto la costituzione ungherese picconandone i capisaldi democratici, si tratta del terzo mandato. L'asse euroscettico di Visegrad, con la Polonia e l'ex-Cecoslovacchia, ne esce rafforzato. Per Bruxelles non sono davvero buone notizie, quelle che arrivano da Budapest.

8/4/2018

Ancora muro contro muro tra indipendentisti catalani e Governo spagnolo, nonostante l'ennesimo appello, lanciato da Berlino, di Carles Puigdemont.

Nella prima conferenza stampa nella capitale tedesca Puigdemont chiede che Madrid permetta l'investitura dell'attivista indipendentista Jordi Sanchez a nuovo presidente della Generalitat catalana, benchè sia detenuto nel carcere di Soto del Real. Questo gesto dovrebbe rappresentare "il punto di partenza di negoziati basati sul mutuo rispetto, per trovare una soluzione politica ad un conflitto politico", dice Puigdemont, che intima a Madrid di "rispettare la democrazia e il diritto internazionale". Dopo poche ore la risposta, affidata a fonti dell'esecutivo spagnolo, chiude ogni margine di dialogo: "nessuna interlocuzione con Puigdemont, Madrid parlerà solo con un Governo catalano che rispetti la legge". Una mossa che rispecchia l'assenza di un'evoluzione strategica da parte del Governo Rajoy, ancora sotto choc per la decisione tedesca di scarcerarePuigdemont. Al punto che la tensione politica con Berlino ora è forte. La prossima settimana la maggioranza indipendentista a Barcellona potrebbe riuscire ad eleggere Sanchez presidente catalano: Puigdemont voterà per delega. Il giudice spagnolo Llarena contravverrà alla richiesta Onu di permettere allo stesso Sanchez di presentarsi in aula, per esercitare i propri diritti politici? La crisi catalana promette nuovi sviluppi.

8/4/2018

Sceglie il palcoscenico di Cernobbio il vicepresidente della Commissione Europea Dombrovskis, per lanciare un avvertimento al prossimo Governo italiano.

Bruxelles "ritiene fondamentale che Roma si attenga ai target di bilancio, riduzione di deficit e debito: per la Penisola e' importantissimo", ha detto Dombrovskis al Tg5, precisando: "ci aspettiamo che Roma migliori strutturalmente il suo budget dello 0,3% del Pil, le valutazioni verranno fatte all'inizio del prossimo semestre". Secondo Dombrovskis, l'esecutivo uscente presenterà un Def basato su uno scenario politico immutato, mentre il nuovo potrà presentare un approccio differente e più politico. Se dal Ministero dell'Economia confermano che la correzione strutturale dello 0,3% è stata già messa nero su bianco dal Ministro Padoan, il leader leghista Salvini rispedisce al mittente ogni ipotesi di nuovi sacrifici, precarietà e tagli. Parlando alla rete Cnbc, Dombrovskis ha aggiunto: "ci troviamo in un momento critico, non solo per quanto riguarda l'unione bancaria, ma anche per l'approfondimento della nostra agenda sull'unione economico-monetaria. Mi aspetto progressi nei prossimi due mesi". E sui dazi si è detto convinto che l?Europa può mediare nella contesa commerciale Stati Uniti-Cina.

7/4/2017

Il giorno dopo la libertà condizionale, il leader indipendentista catalano Puigemont riparte da Berlino, con due messaggi chiari per il Governo di Madrid.

L'esecutivo spagnolo deve permettere l'investitura di Jordi Sanchez a presidente della Generalitat catalana, benchè sia detenuto nel carcere di Soto del Real. E questo gesto deve essere il punto di partenza di negoziati basati sul mutuo rispetto, per trovare una soluzione politica ad un conflitto politico, dice Puigdemont, che avverte Madrid: "nove politici indipendentisti sono in prigione. Chiedo al Governo spagnolo di rispettare la democrazia e il diritto internazionale". La prossima settimana la maggioranza indipendentista riproverà ad eleggere presidente Sanchez, numero due della lista Puigdemont: così ha stabilito il presidente del Parlamento Torrent, dopo l'ennesimo giro di consultazioni. Sarà la prova del nove, per capire l'aria che tira a Madrid. Il Governo Rajoy è in evidente difficoltà: con Berlino tira aria di crisi, dopo che la Ministra della Giustizia tedesca Barley ha valutato positivamente la decisione del Tribunale dello Schleswig-Holstein. Il Partito Popular è sommerso da scandali di corruzione - ciliegina sulla torta lo scandalo del master falso della presidente della Comunidad de Madrid Cifuentes. E il Pp si sarebbe persino rassegnato al fatto che Puigdemont possa votare il prossimo presidente catalano per delega. Il leader indipendentista intanto traccia il suo futuro: "rimarrò in Germania fino alla fine del processo, poi tornerò in Belgio".

7/4/2018

Nonostante la consegna di Bruxelles di evitare in ogni modo riferimenti alla delicata situazione italiana, il vicepresidente della Commissione Europea Dombrovskis, a Cernobbio per il Workshop Ambrosetti, lancia un avvertimento al prossimo Governo che si insedierà a Roma.

Bruxelles "ritiene fondamentale che l'Italia si attenga ai target di bilancio, riduzione di deficit e debito: per la Penisola e' importantissimo", ha detto Dombrovskis al Tg5, precisando: "ci aspettiamo che Roma migliori strutturalmente il suo budget dello 0,3% del Pil, le valutazioni verranno fatte all'inizio del prossimo semestre". Secondo Dombrovskis, l'esecutivo uscente presenterà un Def basato su uno scenario politico immutato, mentre il nuovo potrà presentare un approccio differente e più politico. In un'altra intervista, il vicepresidente della Commissione si era mostrato flessibile rispetto all'idea di un'estensione della scadenza del 30 aprile per il varo del Def, considerato il periodo post-elettorale. Ma aveva avvertito: di spazio per la flessibilità ne è rimasto poco. E se dal Ministero dell'Economia confermano che la correzione strutturale dello 0,3% è stata già messa nero su bianco dal Ministro Padoan, il leader leghistaSalvini rispedisce al mittente ogni ipotesi di nuovi sacrifici, precarietà e tagli. Parlando alla rete Cnbc, Dombrovskis ha aggiunto: "ci troviamo in un momento critico, non solo per quanto riguarda l'unione bancaria, ma anche per l'approfondimento della nostra agenda sull'unione economico-monetaria. Mi aspetto progressi nei prossimi due mesi".

7/4/2018

La questione catalana riparte da Berlino. E' dalla capitale tedesca che il leader indipendentista Carles Puigdemont parlerà oggi, internazionalizzando ulteriormente la crisi.

"Chiedo la liberazione immediata dei miei colleghi ancora detenuti nelle prigioni spagnole. E' una vergogna per l'Europa che esistano prigionieri politici". CosìPuigdemont ha parlato ieri, all'uscita del carcere di Neumuenster, fresco di una pesante vittoria giudiziaria. Conscio che parte dei media e della politica tedeschi stanno dando segnali crescenti di comprensione della causa catalana. Puigdemont avverte il Governo Rajoy: "è giunta l'ora del dialogo, non ci sono più scuse". A Barcellona la maggioranza indipendentista mette il piede sull'acceleratore, puntando ad eleggere l'attivista JordiSanchez nuovo presidente della Generalitat. Prima occorrerà che il giudice Llarena gli dia il permesso di comparire in plenaria: se lo rifiutasse ancora, Llarena stavolta dovrà spiegare all'Onu perché sta privando un detenuto in custodia cautelare dei suoi diritti politici. La partita si è fatta maledettamente complicata per Madrid, che medita un ricorso alla Corte Europea di Giustizia, per contestare la decisione del tribunale tedesco - il rischio qui però è di irritare la potente cancelliera Merkel. In questo empasse potrebbe rientrare in gioco la mediazione di Bruxelles. Il vicepresidente della Commissione Europea Katainen invita a rispettare lo stato di diritto in Spagna, ma ammette: "la Costituzione spagnola non è la Bibbia, si può modificare".

6/4/2018

"Chiedo la liberazione immediata dei miei colleghi ancora detenuti nelle prigioni spagnole. E' una vergogna per l'Europa che esistano prigionieri politici". Il leader indipendentista catalano Puigdemont rilancia la sfida a Madrid, dopo aver incassato una clamorosa vittoria giudiziaria, che ha sbaragliato l'intera strategia di Madrid, rilanciando il percorso politico indipendentista a Barcellona.

Puigdemont prende l'iniziativa, avvertendo il Governo Rajoy: "è giunta l'ora del dialogo, non ci sono più scuse". E indica le priorità: il diritto all'autodeterminazione e la difesa della democrazia in Spagna. "Una lotta, questa", avverte Puigdemont. che "riguarda l'Europa intera". Il leader catalano è partito alla volta di Berlino, da dove riprenderà la propria azione politica, conscio che la questione catalana è ormai approdata nel Paese-locomotivad'Europa. La scarcerazione di Puigdemont ha impresso una svolta anche a Barcellona, dove si va verso la riproposizione dell'attivista indipendentista Jordi Sanchez come candidato alla presidenza della Generalitat. Stavolta con molte più possibilità di venire eletto. Madrid osserva da lontano: fonti del Partido Popular giudicano "un disastro" la decisione tedesca, mentre procura e Tribunale Supremo studiano un ricorso alla Corte di Giustizia Europea contro l'ordine emesso dal Tribunale dello Schleswig Holstein - mossa che potrebbe persino aprire un contenzioso con il Governo di Berlino. Il vicepresidente della Commissione Europea Katainen invita a rispettare lo stato di diritto in Spagna, ma ammette: "la Costituzione spagnola non è la Bibbia, si può modificare".

3/4/2018

Via libera della procura generale dello Schleswig-Holstein alla richiesta di estradizione spagnola contro il leader indipendentista catalano Carles Puigdemont.

La Procura ha chiesto al Tribunale Superiore tedesco di emanare l'ordine di estradizione. Una decisione è attesa entro due -massimo tre- mesi. In caso di via libera all'estradizione,Puidgdemont -arrestato il 25 marzo nel nord della Germania su segnalazione dei servizi segreti spagnoli- potrebbe fare ricorso. O anche chiedere asilo politico. "Ce lo aspettavamo, la procura tedesca doveva necessariamente prendere le parti della giustizia spagnola", ha commentato l'avvocato di Puigdemont, che vede nel processo di estradizione il momento della verità. La procura tedesca ha ammesso come motivazioni dell'estradizione l'alto tradimento e la malversazione di fondi pubblici, anche se -ribatte il team di difesa di Puigdemont- sul primo capo di imputazione difficilmente il Tribunale darà ragione a Madrid. A Barcellona intanto l'ufficio di presidenza del Parlament catalano ha accettato la richiesta di Puigdemont di poter delegare il suo voto nelle prossime plenarie, sfidando l'opinione contraria delTrubunale Costituzionale. E i Comitati di difesa della repubblica, l'organizzazione dellasocieta' civile protagonista negli ultimi giorni delle maggiori proteste contro gli arresti dei leader politici, hanno denunciato la Spagna come uno "Stato oppressore e fascista", protestando contro la "criminalizzazione" avviata nei loro confronti dalla procura di Madrid.

28/3/2018

Giornata cruciale oggi per la politica catalana, con la sessione straordinaria del Parlament che dovrà dibattere i diritti politici dei detenuti, tra cui il leader indipendentista Carles Puigdemont.

Tra le ipotesi, c'è anche quella di forzare il regolamento parlamentare ed arrivare alla rielezione di Puigdemont a presidente della Generalitat, nonostante si trovi attualmente in stato di fermo in Germania. Un gruppo di intellettuali ha firmato un manifesto a sostegno di questa tesi, che aprirebbe la sfida definitiva a Madrid, e pure il partito indipendentista della CUP insiste per questa strada.Esquerra Republicana punta ad un nuovo Govern in tempi rapidi, per mettere fine al commissariamento della comunità autonoma. "Non mi arrenderò, sono un detenuto politico": questo il messaggio che Puigdemontha inviato ieri dal carcere, per bocca del suo avvocato. Puigdemont fa sapere di avere la massima fiducia nella giustizia tedesca ed europea, mentre attende il verdetto del Tribunale Superiore dello Schleswig-Holstein, che dovrà decidere sulla sua estradizione. A infondergli ottimismo il verbale della giudice tedesca che lo ha interrogato lunedì, la quale non esclude un rigetto del mandato d'arresto spagnolo. Anche la Commissione per i Diritti Umani dell'Onu è intervenuta, dichiarando "ricevibile" il ricorso presentato da Puigdemont. Pure ieri la comunità catalana è stata un ribollire di iniziative pacifiche a favore della liberazione dei politici incarcerati: i manifestanti hanno bloccato strade e autostrade, hanno protestato nelle vie centrali di Barcellona e in serata hanno occupato le vie adiacenti alla stazione centrale di Sants.

27/3/2018

"Non mi arrenderò, sono un detenuto politico": il leader indipendentista Puigdemont invia dal carcere, per bocca del suo avvocato, un messaggio di calma ai milioni di catalani che lo appoggiano, e che anche nelle ultime ore sono scesi pacificamente in strada a protestare, bloccando le principali arterie di comunicazione sia nei pressi del confine francese, sia nella stessa Barcellona.

Puigdemont fa sapere di avere la massima fiducia nella giustizia tedesca ed europea, mentre attende il verdetto del Tribunale Superiore dello Schleswig-Holstein, che dovrà decidere sulla sua estradizione. A dargli ottimismo il verbale della giudice tedesca che lo ha interrogato per prima, la quale non esclude -tra le ipotesi- un rigetto del mandato d'arresto spagnolo. Anche la Commissione per i Diritti Umani dell'Onu è intervenuta, dichiarando "ricevibile" il ricorso presentato da Puigdemont. Quella stessa Commissione Onu, che pochi giorni fa aveva intimato alla giustizia spagnola di garantire i diritti politici di un altro detenuto indipendendista, Jordi Sanchez. Di fronte al dibattito internazionale scatenato dalla detenzione di Puigdemont è corso ai ripari il Governo spagnolo. "Ignorare la legge significa attentare contro l'Unione Europea", ha dichiarato il portavoce dell'esecutivo di Madrid Mendez De Vigo, appellandosi alla cooperazione comunitaria. Monta intanto a Barcellona il consenso per forzare i regolamenti parlamentari e rieleggere Puigdemont presidente catalano: un gruppo di intellettuali ha firmato un manifesto a sostegno di questa tesi, e anche il partito indipendentista della CUP insiste su questa strada. Domani sessione cruciale del Parlament catalano.

27/3/2018

Si complica il caso catalano, dopo che la Commissione per i Diritti Umani dell'Onu ha dichiarato "ricevibile" il ricorso presentato dall'ex presidente Carles Puigdemont contro la lesione dei suoi diritti politici da parte della Spagna.

La Commissione, che dovra' ora pronunciarsi sul merito della denuncia, aveva già dichiarato ricevibile il ricorso di un altro leader politico catalano detenuto, Jordi Sanchez, chiedendo alla Spagna di tutelarne i diritti politici. Puigdemont, attraverso il suo avvocato, ha lanciato un appello al mondo indipendentista a non dividersi. Altre cattive notizie per Madrid arrivano dal verbale con cui la giudice tedesca ha chiuso l'interrogatorio diPuigdemont, optando per il proseguimento della custodia cautelare, almeno finché non si esprimerà il Tribunale Superiore dello Schleswig-Holstein: "la richiesta di estradizione potrebbe venire respinta", scrive la giudice. Di fronte alle reazioni internazionali è corso ai ripari il Governo spagnolo. "Ignorare la legge significa attentare contro l'Unione Europea", ha dichiarato il portavoce dell'esecutivo di Madrid Mendez De Vigo, appellandosi alla cooperazione europea. Anche oggi manifestazioni popolari a favore di Puigdemont: gruppi di indipendentisti hanno bloccato l'autostrada del Mediterraneo, l'Ap-7, nei pressi della frontiera francese. Blocchi anche sullaDiagonal e sulla Meridiana, a Barcellona. Domani una plenaria parlamentare decisiva, a Barcellona, per eleggere il nuovo presidente catalano. Che potrebbe tornare ad essere proprio Puigdemont.

27/3/2018

Si complica il caso catalano, dopo che la Commissione per i Diritti Umani dell'Onu ha dichiarato "ricevibile" il ricorso presentato dall'ex presidente Carles Puigdemont contro la lesione dei suoi diritti politici da parte della Spagna.

La Commissione, chedovra' ora pronunciarsi sul merito della denuncia, aveva già dichiarato ricevibile il ricorso di un altro leader politico catalano detenuto, Jordi Sanchez, chiedendo alla Spagna di tutelare i suoi diritti politici. Altre cattive notizie per Madrid arrivano dal verbale con cui la giudice tedesca ha chiuso l'interrogatorio ieri di Puigdemont, optando per il proseguimento della custodia cautelare, almeno finché non si esprimerà il Tribunale Superiore dello Schleswig-Holstein: "la richiesta di estradizione potrebbe venire respinta", scrive la giudice. Di fronte alle reazioni internazionali, di fronte al dibattito politico generatosi all'interno della stessa opinione pubblica tedesca, è corso ai ripari il Governo spagnolo. "Ignorare la legge significa attentare contro l'Unione Europea", ha dichiarato il portavoce dell'esecutivo di Madrid Mendez De Vigo, appellandosi alla cooperazione europea. Anche oggi manifestazioni popolari a favore di Puigdemont: gruppi di indipendentisti hanno bloccato l'autostrada del Mediterraneo, l'Ap-7, nei pressi della frontiera francese. Blocchi anche sulla Diagonal e sulla Meridiana, a Barcellona. Domani una plenaria parlamentare decisiva, a Barcellona, per eleggere il nuovo presidente catalano. Che potrebbe tornare ad essere proprioPuigdemont.

27/3/2018

Il leader catalano Carles Puigdemont resta in custodia preventiva in Germania, in attesa che il Tribunale superiore dello Schleswig-Holstein decida sulla sua possibile estradizione in Spagna.

Una misura interlocutoria e attesa, che non implica alcuna conseguenza sul destino giudiziario dell’ex-presidente della Generalitat. La procura generale ha messo in chiaro che una decisione non arriverà prima di Pasqua. In ogni caso, Puigdemont potrà successivamente fare appello, prolungando l’intero processo per alcuni mesi. Nuovi dettagli sono emersi sulla caccia a Puigdemont, dopo la riattivazione del mandato di arresto europeo: per trovarlo, i servizi segreti spagnoli hanno impiegato una ventina di uomini, ricorrendo ad un geolocalizzatore installato sull’auto del leader catalano. L’arresto di Puigdemont ha ricompattato il fronte indipendentista a Barcellona: domani mattina il Parlamento catalano si riunirà d’emergenza, per avviare le procedure utili a rieleggere Puigdemont presidente, forzando il problema della sua detenzione temporanea all’estero. Torna in gioco come possibile candidato alla presidenza anche un altro leader indipendentista, detenuto a Madrid, Jordi Sanchez: la Commissione per i Diritti Umani dell’Onu ha ordinato alla Spagna di garantire i diritti politici di Sanchez, sancendo uno smacco per la magistratura iberica, solerte nel bloccare ogni tentativo di investitura di politici detenuti. La detenzione di Puigdemont ha aperto un complesso dibattito anche in Germania, con la sinistra, i Verdi e alcuni giornali che contestano l’intromissione di Berlino in quello che considerano un problema politico tra Barcellona e Madrid.

26/3/2018

Il giorno dopo l'arresto del leader catalano Puigdemont e gli scontri a Barcellona, l'attenzione si sposta su cosa accadrà in Germania, dove Puigdemont si è presentato oggi davanti ad un giudice, che dovrà decidere se prolungare la custodia preventiva e avviare le procedure di estradizione. O rimetterlo in libertà.

Una manifestazione di sostegno a Puigdemont si è tenuta a Neumuenster. Anche gli avvocati catalani sono scesi in strada, per chiedere la liberazione del leader indipendentista. Nuovi dettagli sono emersi sull'arresto di Puigdemont: i servizi segreti spagnoli avevano collocato un chip geo-rivelatore nell'auto usata per rientrare dalla Finlandia in Belgio, grazie al quale hanno potuto indicare alla polizia tedesca dove si trovasse il politico catalano. Mistero sul perché l'ex-presidente della Generalitat non sia stato fermato in Danimarca. Questo pomeriggio al Parlamento Europeo una delegazione di eurodeputati e famigliari dei politici catalani detenuti hanno incontrato i giornalisti. "Abbiamo chiesto un incontro ufficiale a Juncker e Tusk", ha detto l'eurodeputato Jordi Solè, sottolineando la dimensione europea del caso. Il partito tedesco Die Linke ha chiesto una convocazione d'emergenza delle Commissioni Giustizia ed Esteri del Bundestag, contestando la linea di non ingerenza della Cancelleria: ad ora di pranzo un portavoce del Governo a Berlino ha spiegato che il conflitto catalano si deve risolvere all'interno dell'ordinamento del diritto e della costituzione spagnola. Importanti novità sul fronte politico a Barcellona, dove presidente del Parlamento catalano, Roger Torrent, ha convocato per mercoledì alle 10 una sessione straordinaria, per dibattere una risoluzione che spiani la strada alla rielezione di Puigdemont a presidente catalano. Sul suo nome c'è l'intesa dei tre partiti indipendentisti, che avrebbero i numeri per votarlo, nonostante non si trovi a Barcellona.

26/3/2018

Fronte giudiziario e fronte politico si intrecciano oggi intorno alla figura del presidente catalano Carles Puigdemont, dopo la domenica di scontri a Barcellona.

Sul fronte giudiziario, l'ex-presidente catalano è ancora in stato di fermo nella prigione diNeumuenster, in attesa di comparire davanti a un giudice che dovrà decidere sul da farsi. Se rimetterlo in libertà, ipotesi al momento improbabile, o se prolungare il fermo, per iniziare la procedura di estradizione richiesta da Madrid. Il reato di ribellione, perseguito dalla Spagna, non esiste nel codice penale tedesco, ma Puigdemontpotrebbe finire incriminato per alto tradimento -questo sì previsto dall'ordinamento teutonico- dove è prevista una condanna da dieci anni all'ergastolo. L'avvocato diPuigdemont, Alonso-Cuevillas, prevede per l'ex-presidente catalano una permanenza su suolo tedesco di almeno due o tre mesi. Sull'ipotesi che Puigdemont chieda asilo politico in Germania, il suo avvocato ha smentito questa eventualità, ma ha aggiunto che stanno studiando anche questa ipotesi. Di sicuro, i tempi giudiziari non si annunciano brevi. La vera notizia sta però maturando in queste ore a Barcellona, dove il blocco dei tre partiti indipendentisti, incapace giovedì di eleggere Jordi Turull alla presidenza della Generalitat, ha però raggiunto un'intesa per chiedere una riunione d'emergenza del Parlament, nella quale avviare le procedure per rieleggere Puigdemontalla presidenza della Catalunya. O, in alternativa, gli altri due politici indipendentisti, Sanchez o Turull, entrambi detenuti nei pressi di Madrid. Un'eventualità che potrebbe innescare un clamoroso boomerang per Madrid. Quattro giorni fa il fronte indipendentista catalano era spaccato e impantanato. Oggi è tornato compatto e coeso. E promette battaglia, forte anche del vasto sostegno popolare nelle strade. Anche oggi manifestazioni sono segnalate a Girona.

24/3/2018

Fronte compatto dell’Europa contro Washington e Mosca: la due giorni di Consiglio Europeo si chiude con una rara unità di intenti tra i 28 sulle due grandi crisi internazionali: quella del gas nervino e -soprattutto- quella dei dazi americani su acciaio e alluminio.

Il presidente della Commissione Europea Juncker ha messo in chiaro come la scadenza americana del primo maggio per chiudere i negoziati sui dazi sia impossibile da rispettare. Bruxelles esige un’esenzione permanente. Il presidente francese Macrone il premier belga Michel sono stati ben più espliciti, nel parlare di pistola americana puntata alla tempia, per sottolineare come così non si possa negoziare. L’unione bancaria, su cui Draghi ha invitato ancora una volta i leader ad accelerare, resta l’obiettivo a cui tutti tendono, ma che finora nessuno ha voluto concretizzare. L’obiettivo è chiudere a giugno sulla riforma dell’Eurozona, superando timori e diffidenze reciproche. L’asse franco-tedesco promette una marcia a tappe forzate. “Abbiamo urgentemente bisogno di progressi sull’unione bancaria”, ha sottolineato lacancelliera Merkel. Avanza la Brexit, con il via libera all’avvio di negoziati sui futuri rapporti bilaterali con Londra. Il weekend belga ha mostrato grande sintonia tra Theresa May e i partner europei. Questo grazie anche alla presa di posizione comunitaria, che ha indicato nel Cremlino il quasi certo mandante dell’attacco di Salisbury e ha lasciato intravedere nuove misure contro Mosca, oltre al richiamo dell’ambasciatore europeo. Le prime, a partire già da lunedì.

23/3/2018

Il Consiglio Europeo apre il fronte russo-americano, compattando i leader continentali: dopo aver fatto la voce grossa contro Mosca per l’uso di gas nervino su suolo britannico, è stata Washington a finire nel mirino dei 28.

Il più diplomatico è stato il presidente della Commissione Europea Juncker, che ha messo in chiaro come la scadenza americana del primo maggio per chiudere i negoziati sui dazi contro alluminio e acciaio sia impossibile da rispettare. Bruxelles esige un’esenzione permanente. Il presidente francese Macron e il premier belga Michel sono stati molto più espliciti, nel parlare di pistola americana puntata alla tempia, per sottolineare come così non si possa trattare. L’unione bancaria, su cui Draghi ha invitato ancora una volta i leader ad accelerare, resta il miraggio a cui tutti tendono, ma che finora nessuno ha voluto concretizzare. L’obiettivo è chiudere a giugno sulla riforma dell’Eurozona, superando timori e diffidenze reciproche. L’asse franco-tedesco promette una marcia a tappe forzate. “Abbiamo urgentemente bisogno di progressi sull’unione bancaria”, ha sottolineato lacancelliera Merkel. Buone notizie sulla Brexit, con il via libera all’avvio di negoziati sui futuri rapporti bilaterali con Londra. Il weekend belga ha mostrato grande sintonia tra Theresa May e i partner europei. Questo grazie anche alla posizione comunitaria, che ha indicato nel Cremlino il quasi certo mandante dell’attacco di Salisbury e ha lasciato intravedere nuove misure contro Mosca. Diversi Paesi europei sono pronti ad espellere diplomatici russi, in segno di rappresaglia.

23/3/2018

Dazi e Brexit hanno monopolizzato questa mattina i lavori del vertice europeo, che si avvia alla conclusione, prevista intorno alle 13.30, alla fine del cosiddetto Eurosummit.

Sui dazi, l’Europa accoglie positivamente la sospensione temporanea delle barriere tariffarie contro acciaio ed alluminio, che scadrà il primo maggio, ma chiede che questa sospensione sia resa permanente. “Guardiamo fiduciosi ad un dialogo con Washington, in primis sui problemi dell’eccesso di capacità produttiva”, hatwittato la Commissaria al Commercio Malmstroem, dopo il comunicato dei leader. La Malmstroem ha respinto scadenze artificiali, come quella del primo maggio: ha anche avvertito gli Stati Uniti che Bruxelles tiene aperte tutte le opzioni di ritorsione in sede Wto. Tra i leader, forte l’irritazione per le modalità con cui Donald Trump si interfaccia con gli europei: emblematica la posizione del premier belga Michel, che ha parlato di "una volonta' del presidente degli Stati Uniti di negoziare con l'Unione Europea puntandole una pistola alla tempia”. Buone notizie sul fronte Brexit, che hanno soddisfatto anche la premier britannica May: via libera dei 27 allo sblocco dei negoziati per i futuri rapporti bilaterali con Londra, dopo l’uscita dall’Unione. “C’è una nuova dinamica nelle trattative, vedo uno spirito di cooperazione con Bruxelles”, ha commentato la May lasciando Bruxelles. Ultima nota, nella crisi Europa-Russia sullo spygate: l’ambasciatore europeo, richiamato da Mosca, tornerà a Bruxelles già nel weekend.

23/3/2018

Linea dura sulla Russia dopo l’attacco col gas nervino su suolo britannico. E giallo sui dazi commerciali. Si è chiusa così, a notte fonda, la prima giornata di summit europeo. Iniziamo proprio dai dazi, che hanno tenuto banco in un giovedì vissuto sulle montagne russe, in attesa di notizie da Washington.

Gli annunci americani sull’esenzione dell’Unione Europea dai dazi contro acciaio e alluminio non sono bastati a rassicurare i 28, in un chiaro segnale che la parola di Donald Trump, che ieri ha genericamente parlato di “avvio di negoziati” coi partner comunitari, viene ormai tenuta in scarsissima considerazione – al di qua dell’Atlantico. I leader europei hanno deciso di rinviare a stamattina qualsiasi comunicazione ufficiale in materia commerciale, in attesa di leggere i dettagli delle esenzioni temporanee stabilite a Washington. La cancellieratedesca Merkel ha ribadito che -qualora le promesse fatte ieri dagli Stati Uniti non venissero rispettate- l’Europa reagirà con controsanzioni commerciali. Il vero cambio di linea è avvenuto, come dicevamo, sulla Russia: l’Unione Europea ha pesantemente inasprito il linguaggio contro Mosca, incolpando nei fatti il Cremlino per l’attacco al gas nervino in Inghilterra. L’Europa ha condannato duramente l’azione, e -soprattutto- ha indicato come altamente probabile che sia stata proprio la Russia ad orchestrare l’avvelenamento di Skripal e della figlia. I 28 hanno deciso di richiamare per consultazioni l’ambasciatore europeo a Mosca, mentre diversi Paesi comunitari, in particolare Polonia e baltici, stanno considerando l’espulsione di diplomatici russi, così come ha fatto Londra la scorsa settimana. Un clima da ritorno alla Guerra Fredda, quello che ha fatto capolino nella notte a Bruxelles.

23/3/2018

Cauto ottimismo, anche perchè il diavolo si nasconde nei dettagli. Soprattutto quando i dettagli li definisce un certo Donald Trump.

La sospensione dei dazi americani contro l’Unione Europea su acciaio e alluminio fa sì tirare un sospiro di sollievo a Bruxelles, dove viene definita “una decisione in linea con le aspettative comunitarie”. Ma Commissione Europea e leader prendono tempo, per esprimersi ufficialmente, in attesa di capire quali potrebbero essere le contropartite chieste dagli Stati Uniti per negoziare – accantonando temporaneamente i dazi. Al summit il fronte dei contenziosi transatlantici allarga il proprio raggio alle contese fiscali, con la proposta della Commissione Europea di tassare i giganti del web. Qui però è tutto rinviato a giugno: troppo forte la minoranza di blocco. La situazione politica italiana è stata al centro del bilaterale Gentiloni-Juncker, con il presidente della Commissione che rinnova la sua fiducia nella nostra democrazia. Ma la vera sorpresa della serata è stato l’inasprimento della posizione europea contro la Russia: in un trilaterale May-Merkel-Macron i tre Paesi hanno concordato sulla necessità di inviare una risposta forte a Mosca sullo spygate. In serata i leader hanno concluso che il coinvolgimento russo nell’avvelenamento da gas nervino è altamente probabile, e che non ci sono altre spiegazioni possibili.

22/3/2018

In linea con le aspettative dei leader europei. Così fonti comunitarie hanno commentato questo pomeriggio la notizia della temporanea sospensione dei dazi americani su alluminio e acciaio contro l’Unione Europea.

L’attesa per le comunicazioni da Washington era tale, che la discussione sui dazi -prevista inizialmente nell’agenda pomeridiana del vertice- è stata spostata alla sera. C’è anche una prima reazione ufficiale, via Twitter, del premier danese Rasmussen, critico con Washington: “anziché minacciare, gli Stati Uniti dovrebbero affrontare con l’Europa il problema dell’eccesso di capacità produttiva”. Soprattutto, qui a Bruxelles, si cerca di capire quali saranno le contropartite chieste da Trump per sospendere i dazi. All’arrivo a Bruxelles il tema dazi è stato al centro delle dichiarazioni di tutti i principali leader, a partire dal premier italiano Gentiloni. Di dazi hanno parlato anche la cancelliera tedesca Merkel, che si è detta soddisfatta dal fronte europeo unito in difesa del libero commercio. Opinione condivisa dal presidente francese Macron. "La cosa positiva nella vicenda dei dazi statunitensi e' che l'Europa ha riaffermato la sua unita', la Commissione ha risposto con una voce sola in modo rapido, e io -come altri leader- ho avuto diverse discussioni con il presidente Trump". Cosi' Macron , secondo cui occorre "continuare a preservare le regole del commercio internazionale e a farne assicurare il rispetto".

22/3/2018

Dazi e tassazione digitale in primo piano, nel primo giorno di vertice europeo, che si apre questo pomeriggio a Bruxelles.

Il premier uscente Gentiloni arriverà tra poco più di un’ora al palazzo Justus Lipsius, sede dei lavori del vertice, e avrà gli occhi degli altri leader puntati addosso, per cercare di decifrare la situazione politica a Roma, alla vigilia della riapertura delle Camere. Nel pomeriggio è previsto un bilaterale tra lo stesso Gentiloni e il presidente della Commissione Juncker. La discussione sui dazi aprirà i lavori del summit, con l’attesa per quanto deciderà più tardi il presidente americano Donald Trump, che potrebbe -secondo la Commissaria Europea al Commercio Malmstroem- annunciare l’esenzione dell’Unione Europea dai dazi su acciaio e alluminio. Il condizionale, parlando di Trump, è pero’ assolutamente d’obbligo. In caso contrario, Bruxelles ha già pronta una ritorsione su una serie di prodotti americani. In serata a cena la discussione virerà sul tema della tassazione digitale, dove -c’è da scommetterci- un gruppo di Paesi membri, tra cui Irlanda, Olanda e Malta, alzeranno le barricate contro la proposta avanzata ieri dalla Commissione Europea per tassare i giganti del web. A cena si parlerà anche di rapporti con la Turchia e dello spygate tra Gran Bretagna e Russia. Qui però Italia e Grecia starebbero frenando su un irrigidimento della posizione europea contro Mosca, in mancanza della pistola fumante. Rinviata a domani mattina la discussione su Brexit e riforma dell’Eurozona.

21/3/2018

Una tassa del 3% sui ricavi dalle vendite di spazi pubblicitari, cessione di dati e intermediazione tra utenti e business. Il tutto, ovviamente online. L'Europa entra ufficialmente nell'era della fiscalità 2.0, con la proposta della Commissione Europea per un'imposta che obblighi finalmente i giganti del web a pagare le tasse laddove producono profitti, dopo anni di eccessivo lassismo fiscale, che ha permesso loro di proliferare, sfruttando i buchi neri della legislazione comunitaria.

La soluzione è temporanea, e colpirà giganti del calibro di Google, Facebook e Uber, solo per fare alcuni esempi. Più precisamente, ne sarebbero colpite le societa' con un fatturato globale di almeno 750 milioni di euro, di cui 50 nell'Unione Europea. Gettito garantito: 5 miliardi. La tassa e' indiretta, si applica ad alcuni tipi di ricavi ed e' una misura temporanea, fino a quando cioè non entrerà in vigore una riforma complessiva. La Commissione propone anche una strada per una soluzione a lungo termine. La nuova imposta divide già i Paesi membri. E' osteggiata da quelle nazioni divenute -negli anni- gli hub europei delle multinazionali del web: Olanda, Lussembugo, Irlanda, Malta e Cipro sono contrarie. Anche gli Stati Uniti, per ovvie ragioni, si oppongono. La web tax"non e' una tassa anti-Google, Amazon, Facebook, Apple, ne' anti-americana, non e' una rappresaglia" contro i dazi americani: così il Commissario agli affari economici Pierre Moscovici. "E' mirata a 120-150 aziende europee, statunitensi, asiatiche, e del resto del mondo, ed e' in cantiere da mesi", ha spiegato Moscovici.

19/3/2018

Dazi, web tax e Brexit: saranno gli ingredienti principali della settimana di eventi internazionali, che si apre oggi, inaugurata dal G20 dei Ministri finanziari a Buenos Aires.

Il direttore generale dell'Fmi, Christine Lagarde, ha ribadito ieri la propria contrarieta' alle guerre commerciali che ''non si possono vincere''. E che anzi danneggiano la crescita. La bozza di conclusioni dell'incontro si impegna ad evitare pratiche commerciali scorrette, senza attaccare frontalmente il rischio protezionistico. Questa settimana la Commissione Europea farà un tentativo in extremis, per evitare l'avvio di una guerra commerciale a colpi di dazi con Washington. Grande è l'attesa per il faccia a faccia tra la Commissaria al Commercio Malmstroem e il segretario di Stato americano Ross. Entrambi i blocchi hanno il dito sul grilletto, tra liste incrociate di prodotti su cui alzare barriere. Il G20 toccherà pure la questione della web tax, che mercoledì approderà sul tavolo di Bruxelles, pronta a varare la proposta di un'aliquota temporanea intorno al 3%, in grado di generare introiti di otto miliardi tassando i giganti internet. Temi -questi- che faranno capolino al vertice europeo di giovedì e venerdì a Bruxelles, su cui aleggia l'ombra dell'incertezza politica italiana. Un summit che dovrà fare passi avanti sulla Brexit, se si vuole chiudere un'intesa entro ottobre. I negoziati tecnici per definire i dettagli del divorzio e l'accordo sul periodo transitorio di due anni sono proseguiti per tutto il weekend: oggi l'incontro tra i capinegoziatori, prologo necessario all'adozione -venerdì da parte dei 27 leader- delle linee guida sulle future relazioni con la Gran Bretagna.

18/3/2018

Occhio per occhio, dente per dente. La premier britannica Theresa May e la coalizione occidentale che l'appoggia nella nuova guerra di spie soppesa le prossime mosse contro Mosca.

La Gran Bretagna sta valutando "i prossimi passi con i suoi alleati", afferma la May ad una conferenza del Partito Conservatore. "Gli atti aggressivi della Russia sono l'antitesi dei valori liberali e democratici che caratterizzano il Regno Unito" ha poi ribadito, aggiungendo che "il Regno Unito non tollerera' alcuna minaccia ai cittadini britannici o di altri Paesi sul suo territorio da parte del Governo russo". Il discorso della premier ha fatto seguito alla ritorsione di Mosca, che in soli dieci minuti di comunicazioni ufficiali all'ambasciatore britannico ha annunciato ieri l'espulsione di 23 diplomatici di Sua Maestà, in Russia con ogni probabilità con mansioni di intelligence, insieme alla chiusura del British Council di Mosca e a quella del consolato di San Pietroburgo. La Russia ha controbattuto alle accuse di aver prodotto il gas nervino usato contro Sergieie Yulia Skripal, instillando il sospetto che possa essere stato realizzato invece in laboratori britannici, americani o dell'Est Europa. E mentre la polizia inglese cerca informazioni sui movimenti dell'auto di Skripal la mattina del 4 marzo a Salisbury, l'emittente Sky News annuncia che il Governo britannico starebbe pensando a misure specifiche per proteggere gli esiliati russi Oltremanica.

17/3/2018

La ritorsione russa contro la Gran Bretagna non si fa attendere, nella guerra di spie che contrappone Mosca a Londra: il Ministero degli Esteri russo ha annunciato l'espulsione di 23 diplomatici britannici, la chiusura del British Council di Mosca e quella del consolato di San Pietroburgo.

Una mossa giunta alla vigilia delle elezioni presidenziali, come segno di forza verso il nemico britannico. La decisione è stata comunicata in soli dieci minuti all'ambasciatore britannico, Laurie Bristow. Mosca ha controbattuto alle accuse di aver prodotto il gas nervino usato contro Sergiei e Yulia Skripal, instillando il sospetto che possa essere stato realizzato invece in laboratori britannici, americani o dell'Est Europa. La Gran Bretagna sta valutando "i prossimi passi con i suoi alleati": così la premier Theresa May è tornata sulla guerra delle spie, parlando ad una conferenza del Partito Conservatore. "Gli atti aggressivi della Russia sono l'antitesi dei valori liberali e democratici che caratterizzano il Regno Unito" ha ribadito la May, aggiungendo che "il Regno Unito non tollerera' alcuna minaccia ai cittadini britannici o di altri Paesi sul suo territorio da parte del Governo russo". E mentre la polizia britannica cerca informazioni sui movimenti dell'auto di Skripal la mattina del 4 marzo a Salisbury, Mosca accusa: nessuno sa dove si trovi e quali siano le condizioni dell'ex-colonnello del Gru.