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24/2/2012

Riscrivere le regole del modello sociale europeo, partendo dalla riforma del mercato del lavoro. Il presidente della Bce Mario Draghi lancia la sfida per l'uscita dalla crisi: coniugando austerità e riforme.

"Il modello sociale europeo è già superato, quando osserviamo i tassi di disoccupazione giovanile in certi Paesi. Le riforme strutturali e del mercato del lavoro sono necessarie per accrescere l'occupazione, soprattutto quella giovanile, incrementando spesa e consumi". Il presidente della Bce Mario Draghi lancia la sua ricetta anticrisi, dalle colonne del Wall Street Journal. In estrema sintesi: l'austerità, insieme alle riforme strutturali, sono l'unica opzione sul tavolo. Nessun rilassamento sui vincoli di bilancio, ma il percorso di uscita dalla crisi corre su due binari paralleli, quelli dell'austerità e della crescita. La riforma del mercato del lavoro è una delle riforme strutturali su cui preme maggiormente Draghi, insieme a quella del mercato dei servizi - Draghi insiste: in alcuni Paesi -sottintendendo l'Italia- il mercato del lavoro fa sopportare tutto il peso della flessibilità sulle spalle dell segmento giovane della popolazione. Proprio Draghi firmò ad agosto, insieme al predecessore Trichet, la nota lettera all'allora Governo Berlusconi, nella quale si chiedevano riforme su lavoro e contrattazione salariale. Ieri intanto la Commissione Europea ha decretato la recessione, seppur moderata, per l'Eurozona. Pil giù dello 0,3% quest'anno, con l'Italia che paga le conseguenze peggiori della crisi, insieme a Grecia e Portogallo. Roma registrerà un calo dell'1,3%, peggio anche della Spagna. L'inflazione italiana sfiorerà il 3%, quasi un punto sopra la media europea. Il Commissario agli Affari Economici Olli Rehn ha però lodato le riforme strutturali targate Monti. Intanto le banche continentali pagano lo scotto del taglio dei titoli greci, legato alla ristrutturazione del debito: perdite miliardarie soprattutto per Dexia e Commerzbank.

23/2/2012

"Recessione moderata": la Commissione Europea dichiara ufficialmente l'Eurozona in crisi, rivedendo al ribasso le stime di crescita per il 2012. Meno 0,3% quest'anno, otto decimali in meno rispetto alle ultime stime.

Il Commissario agli Affari Economici Olli Rehn ha precisato che esistono comunque segnali di stabilizzazione. Le cattive notizie riguardano soprattutto l'Italia, che -Grecia e Portogallo a parte- fa registrare la peggiore performance: Pil a -1,3% quest'anno, in netto calo rispetto alla precedente previsione, positiva per un solo decimale. Atene scivola di oltre il 4%, Lisbona di oltre il 3, mentre la Spagna (-1%) fa meglio di noi. Nell'area euro frena la Germania, che crescerà di un modesto 0,6%, né se la cava meglio la Francia, su di soli quattro decimali. Rehn ha colto l'occasione per lodare le riforme introdotte dal Governo Monti: ''le riforme strutturali intraprese da Roma sono molto robuste, e daranno i loro frutti nel corso del semestre, cosi' come tutte le altre politiche per la crescita''. Rehn ha sottolineato come la fragilità dei mercati finanziari rappresenti una delle cause del rallentamento della crescita, pur riconoscendo che l'intervento della Bce, che ha incrementato la liquidità per le banche, ha aiutato a stabilizzare la situazione. L'unico indicatore positivo è rappresentato dall'inflazione, in calo al 2,1%. Ma in Italia non scenderà, continuando a sfiorare quota 3%. Da segnalare poco fa le parole del presidente della Bce Draghi: continua la stretta al credito, soprattutto nell'Europa meridionale. Per Draghi, la crisi dell'area euro mostra come il modello sociale europeo sia morto. Essenziali le riforme del mercato del lavoro.

21/2/2012

Una giornata ad alta tensione, dove i dettagli tecnici per il nuovo piano di salvataggio della Grecia hanno costituito gli ingredienti thriller di un vertice prolungatosi in notturna.

E' vero, come aveva affermato il Ministro delle Finanze greco Evangelos Venizelos, arrivando all'Eurogruppo, che Atene aveva fatto i compiti, e che quindi contava di poter passare alla cassa. Ma è anche vero che -improvvisamente- i conti non tornavano più: in serata, un documento riservato redatto dalla troika Europa-Bce-Fmi indicava il rischio concreto che il rapporto debito/pil di Atene possa esplodere al 178% del Pil nel 2015, per poi scendere al 160% nel 2020. Questo nello scenario peggiore, che potrebbe derivare sia da un'aggravamento della recessione, sia quale risultato dei ritardi nelle riforme strutturali. Ma anche lo scenario migliore non ha strappato sorrisi: in questo caso il debito si attesterebbe al 129%, comunque nove punti sopra il target. La discussione tra i Ministri finanziari, alla presenza del premier greco Lucas Papademos, si è così trasformata in un'ulteriore caccia al tesoro, per individuare nuovi tagli e ulteriori concessioni da parte degli investitori pubblici e privati, per tornare agli obiettivi originari. Proprio i privati hanno rappresentato lo scoglio più duro: la loro pazienza sulle perdite da accettare quale conseguenza della ristrutturazione del debito greco, è ormai giunta al limite.

20/2/2012

Giorno del giudizio per Atene, che attende con ansia l'esito del vertice dell'Eurogruppo di Bruxelles. I Ministri finanziari dell'Eurozona dovrebbero dare luce verde al nuovo pacchetto di aiuti da 130 miliardi di euro, cifra su cui si sta raggiungendo il consenso: il titolare della Finanze di Atene, Evangelos Venizelos, si è detto ottimista, affermando che Atene è pronta ad attuare tutte le riforme necessarie, a partire dalla ristrutturazione del debito detenuto dai creditori privati.

La scena questo pomeriggio a Bruxelles è stata rubata -seppur brevemente- dai "falchi": i Paesi rigoristi hanno espresso dubbi e accelerato sulle richieste. Il Ministro dell'Economia olandese Jag De Jager ha chiesto un controllo permanente della troika in Grecia, insieme a maggiori ''rassicurazioni" sul secondo programma di aiuti. L'Austria si è invece detta ''scettica'' sull'idea di creare un conto bloccato, sul quale far convergere parte degli aiuti destinati alla Grecia, per il rimborso di parte del debito pubblico di Atene. Un'idea, quella del conto bloccato, sostenuta invece dalla Germania: il Ministro delle Finanze Schaeuble ha annunciato di puntare su una chiusura del dossier ellenico entro stasera. Intanto l'Italia lancia un'altra offensiva su scala europea, questa volta sganciandosi dall'asse franco-tedesco: insieme ad altri 11 Paesi, Roma ha sottoscritto una lettera in vista del prossimo vertice europeo di marzo, nella quale indica otto priorita' per rilanciare la crescita europea, oggi al palo. Tra queste, togliere le barriere al mercato dei servizi, creare un mercato unico del digitale e dell'energia entro due anni, ridurre peso della regolamentazione. Tra i firmatari pure Gran Bretagna e Olanda. Dopo il rigore, la crescita, sembra essere il chiaro messaggio a un'Europa in crisi.

17/2/2012

Sorveglianza totale: quello che si prospetta per la Grecia è un vero e proprio accordo-capestro, destinato a commissariare -nei fatti- il Paese. L'Europa dovrebbe quindi varare lunedì il nuovo pacchetto di prestiti da 130 miliardi, in cambio però di una pletora di garanzie: tra queste, un conto di deposito sufficientemente liquido per pagare il debito ellenico nei nove mesi successivi, un monitoraggio internazionale e permanente ad Atene, per controllare la gestione del bilancio greco, infine, saranno individuate 24 azioni prioritarie, che il Governo ellenico dovrà realizzare entro fine mese.

All'accordo Grecia-Europa dovrà seguire la ristrutturazione del debito, condotta con gli investitori privati. Basterà? A Bruxelles nessuno è disposto a scommettere su un via libera certo al pacchetto di aiuti lunedì: si mormora che alcuni Stati spingano addirittura per un'uscita della Grecia dall'Euro. Mentre Atene recrimina: "abbiamo soddisfatto tutte le condizioni, inclusi i 325 milioni di risparmi supplementari". Su questo sfondo si tiene oggi a Roma l'incontro tra il premier Mario Monti e la cancelliera tedesca Angela Merkel, che parleranno anche del dossier Grecia. Sull'onda di queste incertezze, le Borse europee ieri hanno chiuso contrastate ma vicino alla parità, tranne Milano - che ha perso otto decimali. Lo spread ha chiuso abbondantemente sotto quota 400 punti. A pesare anche la nuova raffica di declassamenti o revisioni di prospettive da parte di Moody's, che ha colpito decine e decine di banche, assicurazioni, enti locali e società partecipate dallo Stato in tutta Europa. Molto ampia la quota italiana, con 24 istituti di credito.

16/2/2012

Due giorni dopo la mannaia sui rating sovrani, l'agenzia americana abbassa la valutazione o rivede le prospettive per 114 banche europee di 16 Paesi.

Tra gli istituti 24 sono italiani. L'azione riflette, secondo Moody's, ''la pressione combinata'' derivante dall'"avverso e prolungato impatto della crisi dell'area dell'euro, che rende il contesto operativo molto difficile per le banche europee'', in secondo luogo dal ''deterioramento del merito di credito dei rating sovrani, che ha portato all'aggiustamento dei rating di nove Paesi lo scorso 13 febbraio'' e infine dalle ''sfide importanti'' che dovranno affrontare le banche con ''significative attivita' sui mercati dei capitali''. Queste difficolta', secondo Moody's, non riescono ad essere compensate dalla presenza di fattori positivi come il supporto offerto dai governi al sistema bancario e la politica monetaria accomodante. Praticamente tutti i grandi istituti di credito continentali sono finiti nel mirino di Moody's: l'Italia detiene il poco consolante record di banche con un rating in revisione, 24, seguita da Spagna e Francia. Tragliato il rating di nove gruppi assicurativi, tra cui Generali e Unipol.

Intanto, sul fronte della Grecia, l'Eurogruppo starebbe puntando ad approvare lo swap sul debito ellenico nella riunione del 20 febbraio. Fonti del Governo greco hanno rassicurato: trovati i 325 milioni di euro necessari a sbloccare il pacchetto di aiuti comunitari da 130 miliardi.

14/2/2012

Ok condizionato -e con molte cautele- da parte dell'Europa alla Grecia. Il voto del Parlamento ellenico sul piano di austerità è stato accolto con soddisfazione, a Bruxelles e nelle principali capitali.

Ma le troppe incomprensioni degli ultimi anni hanno lasciato diffidenze difficili da superare. Così l'Europa ha già messo in chiaro che entro domani vanno definiti i 325 milioni di tagli alla spesa pubblica, che occorrerà finalizzare l'accordo con i creditori privati sulle perdite derivanti dai bond ellenici, e che -soprattutto- i partiti dovranno mettere nero su bianco garanzie sul rispetto degli impegni anche dopo le elezioni. Al di là delle dichiarazioni di rito, questo conta per l'Europa. Ad affermarlo chiaramente è stato il Commissario per gli Affari Economici Olli Rehn, che ha ricordato come il voto parlamentare abbia rappresentato il compimento di una delle condizioni poste ad Atene. Altre restano da soddisfare. Rehn ha riconosciuto che il voto ha dimostrato la determinazione che prevale nel Paese. Per la cancelliera tedesca Angela Merkel, l'approvazione delle misure ''dimostra la buona volonta' della Grecia nell'intraprendere difficili riforme''. La Merkel si attende il rispetto degli impegni presi: in cambio si dice disponibile a considerare la riconversione dei fondi europei non spesi, a favore di Atene. Domani l'Eurogruppo deciderà se sbloccare il nuovo pacchetto di aiuti, vitale ad evitare il fallimento: le borse hanno apprezzato le evoluzioni in Grecia, ma hanno chiuso con realizzi limitati nel finale, sull'onda delle incertezze. Il Ftse Mib ha guadagnato lo 0,05%.

13/2/2012

Il Parlamento greco approva, al termine di una lunghissima domenica, l'ennesimo pacchetto di austerità. La cittadella politica appare in tv come un'isola, immersa nel cuore di una capitale devastata da un pomeriggio di scontri, conclusisi con la messa a ferro e fuoco della capitale...

Cinema, caffè, negozi e banche bruciano nella notte greca: Atene è l'epicentro degli scontri, ma incidenti vengono segnalati anche a Salonicco e persino a Creta e Corfù. Si stimano in centomila i manifestanti scesi in piazza in tutto il Paese, per protestare contro il nuovo pacchetto di tagli su stipendi e pensioni, uniti a nuovi licenziamenti. Le manifestazioni hanno avuto come epicentro Piazza Syntagma, di fronte allo storico edificio del Parlamento: le violenze hanno coinvolto manifestanti, sindacalisti, black blocks e anarchici, che -con gradi diversi di violenza- si sono scontrati con la polizia. Lanci di molotov e bombe carta da una parte, abbondante uso di gas lacrimogeni dall'altra, fino a rendere l'aria irrespirabile. Per lunghi i minuti i black blocks assumono il controllo di alcune piazze del centro. In serata le fiamme avvolgevano edifici -anche storici- del centro, mentre si cominciavano a contare le decine di feriti, da una parte e dall'altra. In un drammatico appello al voto, il premier Loukas Papademos condannava a tarda sera -in Parlamento- gli scontri, invitando alla calma. "Abbiamo davanti un piano che ci aiuterà ad uscire dalla crisi economica". Un voto sbagliato ci porterà a un ''catastrofico default, all'isolamento e all'uscita dall'euro''. I deputati, turandosi il naso, lo seguiranno: mercoledì l'Europa dovrebbe dare l'ok all'atteso piano di aiuti da 130 miliardi. L'ultima ancora di salvezza per un Paese allo stremo.

12/2/2012

E' assedio al Parlamento greco: sono oltre 50mila i manifestanti che stanno affollando da ore piazza Syntagma ad Atene, per protestare -di fronte al Parlamento- contro le misure di austerità.

La piazza è in questi minuti un vero e proprio campo di battaglia, affollata di dimostranti, che cantano, innalzano striscioni contro il Governo e provano a sfondare il cordone di polizia posto a protezione dell'edificio. La situazione è degenerata circa un quarto d'ora, quando sono imporvvisamente iniziati scontri tra i poliziotti e i dimostranti. Sono ben udibili le sirene delle ambulanze, che attraversano la piazza. come pure le esplosioni di bombe carta e molotov, lanciate dai manifestanti, cui la polizia risponde con lacrimogeni. Gli scontri più duri, iniziati in realtà già nel pomeriggio hanno avuto come protagonisti i black block, che insieme agli anarchici hanno fronteggiato la polizia in almeno quattro punti centrali di Atene. Le agenzie parlano di due manifestanti e numerosi poliziotti feriti. L'impressione è che nelle prossime ore la situazione potrebbe ulteriormente degnerare. Il tutto, mentre il Parlamento greco si trova appunto riunito in queste ore per votare il via libera al nuovo pacchetto di austerità. Il voto sulle misure per evitare il default, pari a oltre tre miliardi di euro, è previsto entro mezzanotte. Nonostante alcune defezioni annunciate, l'approvazione appare praticamente certa, grazie al sostegno dei due maggiori partiti, quello socialista e quello conservatore. Senza l'ok alle misure, l'Europa non approverà il nuovo pacchetto di aiuti, aprendo la strada al fallimento greco.

12/2/2012

"Il Punto Zero, il punto di non ritorno": il premier greco Lucas Papademos ricorre a un immagine da catastrofe, per richiamare all'ordine -in pieno prime time televisivo- una nazione prostrata da oltre due anni di cure di austerità sempre più indigeste.

Papademos da un lato ha mostrato comprensione per le difficoltà dei cittadini, dall'altro ha però disegnato scenari apocalittici: "un default disordinato ci trascinerebbe in un'avventura disastrosa, con un caos economico fuori controllo e un'esplosione sociale, che ci porterebbe -prima o poi- all'uscita dall'euro". L'appello del premier, letto con tono grave, ha due destinatari: il Parlamento e la popolazione. Oggi è infatti il giorno cruciale per la Grecia: i deputati sono chiamati a votare un nuovo pacchetto di tagli da oltre tre miliardi, spalmati su stipendi, pensioni e licenziamenti. Tagli necessari ad ottenere la nuova tranche di prestiti da 130 miliardi, sulla quale l'Europa è chiamata a decidere in settimana. Tranche che potrebbe salire di altri 15 miliardi: se non venisse erogata, il default del Paese a marzo sarebbe più che una certezza. Una ventina di deputati, conservatori e socialisti, minacciano la ribellione: un numero insufficiente ad affondare il pacchetto di misure. Ma, per evitare soprese, i leader politici Papandreou e Samaras, obbligati da mesi ad una scomoda coabitazione, hanno ordinato il serratei rabghi. L'altro fronte è quello sociale: ieri qualche migliaio di manifestanti ha sfilato per le strade di Atene, nel secondo giorno di sciopero generale, mentre il Partito Comunista occupava simbolicamente l'Acropoli. Oggi è prevista una marcia sul Parlamento, che si annuncia imponente, e che -si teme- potrebbe provocare scontri di piazza. La Grecia si prepara al suo D-Day, in un clima da tragedia incombente.

11/2/2012

Parlerà in questi minuti ai greci il premier Loukas Papademos, in un messaggio alla nazione, nel corso del quale cercherà di spiegare alla popolazione le ragioni delle nuove misure di austerità.

L'immagine che riassume -più di ogni altra- la seconda giornata di sciopero e proteste ad Atene è senza ombra di dubbio quella dei due megastriscioni issati dal Partito Comunista ellenico sulle mura dell'Acropoli. In greco e in inglese, affermano: "abbasso la dittatura dei monopoli dell'Unione Europea". Per le strade ancora migliaia di manifestanti, un assaggio di quella che si annuncia come una manifestazione imponente per domani pomeriggio, in coincidenza con il voto parlamentare sul nuovo pacchetto di austerità. Qualche schermaglia tra polizia e manifestanti, non moltissimi in verità - anche a causa della paralisi totale del Paese. I leader dei due maggiori partiti greci, il conservatore Antonis Samaras e il socialista George Papandreou, hanno lanciato un appello congiunto ai propri deputati, affinché si turino il naso, rispettino l'ordine di scuderia ed evitino il fallimento del Paese, votando sì. Il pacchetto vale 35 miliardi, e sarà fondamentale per sbloccare i nuovi prestiti europei e internazionali da 130 miliardi, cui -secondo indiscrezioni- potrebbero aggiungersene altri 15, utili a ripianare un ulteriore buco di bilancio. Intanto si alza la tensione sociale anche in Portogallo, Paese da poche settimane nuovamente sotto il monitoraggio comunitario. Migliaia di persone hanno manifestato nel pomeriggio a Lisbona contro le misure di austerita' legate al piano di aiuti internazionali. Infine i sindacati spagnoli hanno annunciato una serie di mobilitazioni contro la nuova riforma del mercato del lavoro. Il 19 febbraio le prime marce in tutto il Paese.

11/2/2012

In un'Europa del sud con tassi di disoccupazione ormai ai livelli di guardia, la riforma dei mercati del lavoro nazionali entra prepotentemente nell'agenda dei Governi.

Mentre in Italia l'esecutivo Monti sta provando ad accelerare su un terreno estremamente impervio, minato dal tabù dell'articolo 18, la Spagna ha approvato la settima riforma del mercato del lavoro in 32 anni. L'aggettivo "aggressiva" ben le si addice, anche perché prova a bilanciare e dosare due elementi portanti: la riduzione dei costi del licenziamento, con le agevolazioni alle assunzioni. Ricette drastiche per un Paese che -sull'onda della crisi- ha visto salire a oltre il 20% la disoccupazione generale, con punte prossime al 50% per quella giovanile. Il primo pilastro passa dalla drastica riduzione dei costi per il licenziamento: 33 giorni per anno lavorato, per un massimo di due anni. Contemporaneamente, si amplia la possibilità -per le imprese in difficoltà- di ricorrere ai cosiddetti "licenziamenti low-cost": 20 giorni per anno di lavoro, per un massimo di 12 mesi. Gli accordi aziendali avranno prevalenza su quelli settoriali o nazionali. Il secondo pilastro punta invece a incentivare l'assunzione di under 30, con sgravi contributivi pari a 3600 euro, che salgono a 4500 per l'assunzione di disoccupati senior di lungo periodo. Incentivata l'assunzione di giovani nelle Pmi, mentre le imprese dovranno finanziare la formazione dei dipendenti. I media iberici hanno sottolineato il maggior peso -nella riforma- del pilastro relativo al taglio dei costi di licenziamento: il rischio di un incremento della disoccupazione spagnola -almeno nell'immediato- esiste, soprattutto se la riforma non sarà accompagnata da interventi decisi di politica industriale. Ma qualcosa -in Iberia- si muove. E in questo momento di crisi il vero privilegio è mantenere lo status quo.

10/2/2012

Ripresa graduale dell'economia fino alla fine del 2012, e una timida apertura -seppur indiretta- agli aiuti per la Grecia. E' stato un Mario Draghi in versione cautamente ottimista quello che si è presentato ieri alla stampa, per annunciare il mantenimento dei tassi di interesse nell'Eurozona all'1%.

"Non si può dire che siamo fiduciosi, ma guardiamo al futuro con maggiore tranquillità", ha affermato il presidente della Bce, che ha voluto così allentare la pressione sul quadro economico, dopo le ultime fosche previsioni dell'Fmi. Draghi ha comunque messo in guardia da un livello di inflazione che resterà sopra la soglia del 2% per diversi mesi, senza dimenticare rischi più generali quali la crisi del debito sovrano, il protezionismo e i prezzi delle commodities. Una delle novità più importanti è stata rappresentata dall'apertura ad un aiuto indiretto nei confronti di Atene, città sulla quale resta molto elevata l'attenzione di Francoforte. Se è vero che la Bce non può cedere direttamente i bond ellenici al fondo salva-Stati Efsf, è anche vero che può però rinunciare ai propri utili su questi stessi bond in favore dei Paesi membri, che a loro volta potrebbero impiegarli in aiuti per la Grecia. Draghi ha spronato infine le banche ad utilizzare la liquidità concessa dalla Bce nell'asta di dicembre, e ha pronosticato un'ampia partecipazione a quella di fine febbraio.

9/2/2012

Resta molto cauto sulla crisi greca il presidente della Bce Mario Draghi, che da Francoforte tiene attentamente monitorata la situazione a Bruxelles, dove è in corso l'Eurogruppo.

Draghi ha usato parole che lasciano aperta la porta per un possibile intervento della Bce nella crisi: se da un lato ha affermato che il Trattato proibisce all'Eurotower di contribuire direttamente con propri fondi, cedendo i bond ellenici al fondo salva-Stati, dall'altro ha però affermato che può essere possibile fornire una parte dei propri utili, provenienti dagli interessi sui bond di Atene in portafoglio, agli Stati membri dell'Eurozona, che potrebbero a loro volta girarli ad Atene sottoforma di aiuti. Il presidente della Bce ha confermato i tassi di interesse all'1%, negando una discussione su un cambio di politica al riguardo, e ha pronosticato un'inflazione ''sopra la soglia del 2% per diversi mesi'' in Europa, prima di calare sotto questo livello. Per il presidente della Bce, le banche devono utilizzare i finanziamenti concessi da Francoforte: la Bce continuera' a sostenere il funzionamento del sistema del credito e della finanza, ha concluso Draghi. Infine uno sguardo alla situazione economica: "vi sono segni di stabilizzazione nell'atttività economica, ma rimangono rischi".

31/1/2012

Nasce a 25 il Trattato salva-Euro: al termine di una minimaratona negoziale, l’Europa mette nero su bianco il patto intergovernativo, o fiscal compact, che renderà più stringenti i vincoli su deficit e debito nell’Unione.

Oltre alla Gran Bretagna, autoesclusasi a dicembre, resta fuori per il momento pure la Repubblica Ceca, che non esclude ripensamenti successivi. Il patto, che entrerà in vigore non appena sarà ratificato da 12 Paesi, imporrà limiti precisi –pari a mezzo punto del pil- per il deficit strutturale. Sanzioni semiautomatiche saranno imposte ai Paesi che lo sforeranno, mentre sul debito –grazie alle pressioni italiane- si terrà conto dei fattori rilevanti nella fase di rientro nel limite del 60%. Per il presidente europeo Herman Van Rompuy, la firma a 25 costituisce un grande risultato: Van Rompuy ha rassicurato i Paesi non aderenti all’euro sul loro coinvolgimento nelle prossime tappe. Il presidente della Commissione José Barroso ha posto invece il focus sull’altro tema in agenda, quello della crescita. Approvata infatti dai leader, senza la Svezia, la dichiarazione comune su crescita e occupazione. Barroso ha messo l’accento sulle politiche legate all’occupazione. 82 i miliardi a disposizione in fondi comunitari non spesi: otto andranno all’Italia, che –insieme d altri sette Paesi- vedrà presto arrivare un team di esperti, che lavorerà con Governo e parti sociali, per studiare progetti di incremento dell’impiego, in particolare quello giovanile. Il summit ha formalmente approvato il fondo salva-Stati permanente, che sarà varato a luglio – ma sulla sua dotazione si deciderà a marzo, mentre sulla Grecia tutti concordano: arriverà nei prossimi giorni l’accordo con i creditori per la ristrutturazione del debito ellenico. Sonoramente bocciata invece l’ipotesi di un commissariamento di Atene.

30/1/2012

Si va verso l’approvazione del Trattato salva-Euro, questa sera a Bruxelles. I lavori del Consiglio Europeo sono iniziati a metà pomeriggio, preceduti da un trilaterale Monti-Merkl-Sarkozy, che hanno affrontato i temi di crescita, competitivita' e -per l’appunto- il varo del cosiddeto fiscal compact. I tre leader -è stato confermato- torneranno a vedersi a metà febbraio, in un summit ad hoc.

Al momento la sensazione è quella di una conclusione tendenzialmente positiva dei negoziati, anche perché non sarebbe passata la linea ultarigorista, che avrebbe imposto una semiautomaticità delle sanzioni anche in termini di rientro del debito. Un punto a favore dell’Italia, che non intendeva ulteriormente appesantire i già impervi meccanismi di rientro dal debito esistenti. E anche sulla partecipazione dei Paesi non appartenenti all’Eurozona ai summit dei leader dell’area euro, si andrebbe verso un compromesso, con la loro inclusione all’interno dei meeting centrati sulla competitività. La vera novità del summit riguarda così la proposta della Commissione Europea, che ha lanciato l’idea di inviare dei team da Bruxelles in otto Paesi, tra cui l’Italia, per lavorare a soluzioni di contrasto all’alta disoccupazione giovanile. Questo potrebbe costituire un perno importante, nell’ottica di una strategia su crescita e occupazione, di cui si stanno ponendo le basi oggi a Bruxelles: ''occorre fare di piu' affinche' l'Europa superi la crisi'', questo l'appello dei leader dei 27 conenuto nella bozza di conclusioni, che rinvia al Consiglio europeo di marzo il varo delle ''linee guida'' sulle politiche economiche e per l'occupazione dei singoli Paesi membri. Si profila infine un vertice ad hoc l’8 febbraio sulla Grecia, per esaminare l’eventuale accordo coi creditori per la ristrutturazione del debito ellenico.

30/1/2012

Bruxelles in versione domenicale, sotto la neve, e semiparalizzata da uno sciopero generale che ha bloccato la città. I 27 leader comunitari arriveranno al Justus Lipsius, sede del Consiglio Europeo, con un duplice obiettivo: varare il nuovo Trattato salva-Euro e lanciare una strategia per la crescita.

I primi ad arrivare saranno il premier Mario Monti, insieme al francese Nicolas Sarkozy e alla cancelliera tedesca Angela Merkel, che si incontreranno per un vertice trilaterale. Oggi in agenda l’accordo sul Trattato salva-Euro, cui saranno affiancate misure per il rilancio della crescita e dell’occupazione. Sul primo punto, chiamato Fiscal Compact, si darà il via a regole stringenti sui conti pubblici, che imporranno deficit strutturali non superiori al mezzo punto annuo, insieme a un programma di rientro per i Paesi che –come l’Italia- hanno un debito superiore al 60% sul Pil. Resta ancora da trovare l’intesa su nodi minori, quali la partecipazione dei Paesi non aderenti all’Eurozona ai summit dell’area euro, e una maggiore flessibilità nell’incorporazione del Trattato all’interno degli ordinamenti nazionali. Ma il più pare fatto. Le conclusioni del summit daranno il via a una nuova strategia per la crescita e l’occupazione, che a parte rimescolare impegni già presi, potrebbe –attraverso i fondi strutturali- riorientare alcune decine di miliardi in favore dell’impiego – soprattutto dei giovani. Per l’Italia, secondo anticipazioni de La Stampa- si parla di otto miliardi, raddoppiabili attraverso la logica del co-finanziamento. Resta aperto il caso-Grecia, su cui la Germania sembra aver ormai perso la pazienza, insieme all’aumento del fondo salva-Stati, su cui Berlino nicchia, ma –dopo il varo del Trattato- potrebbe dover cedere. In apertura di collegamento parlavamo di una Bruxelles paralizzata dallo sciopero. Quelle che state ascoltando sono le voci di alcuni sindacalisti, che hanno improvvisato una manifestazione fuori dalla sede del Consiglio Europeo, sotto lo slogan “No a un patto di competitività e austerità, sì a un patto di solidarietà”. Tra le richieste, l’introduzione dello strumento degli Eurobond.

30/1/2012

Si va verso l’approvazione politica, oggi a Bruxelles, del Trattato salva-Euro. In una capitale belga che si annuncia completamente paralizzata dallo sciopero generale, proclamato per oggi dai principali sindacati, i leader europei daranno con ogni probabilità l’ok al cosiddetto Fiscal Compact, che fisserà nero su bianco obblighi e sanzioni in materia di conti pubblici.

Restano ancora da definire due punti abbastanza importanti, quali la semiautomaticità delle sanzioni a quei Paesi che sforino gli obiettivi di deficit e debito, insieme alla partecipazione dei Paesi non aderenti all’euro ai summit dell’Eurogruppo. Ma il grosso pare fatto. Resta un mistero tuttavia il numero dei Paesi che firmeranno il Trattato: al momento si è autoesclusa solo la Gran Bretagna, ma qualche defezione dell’ultim’ora non è da escludere. Parallelamente al varo del Trattato, i leader europei lanceranno una strategia –per il momento ancora abbastanza fumosa- su crescita e occupazione, per controbilanciare una politica dell’austerità che in parte ha finito con l’aggravare la crisi di alcuni Paesi. In primo piano la disoccupazione giovanile, un dramma sul quale le istituzioni europee lanciano l’allarme. Non in agenda ufficialmente invece sono i veri punti interrogativi del summit: il rafforzamento del fondo salva-Stati permanente, con la Germania sempre più accerchiata in Europa, affinché ceda a un ampliamento della sua potenza di fuoco. E la Grecia. Atene non ha ancora raggiunto un accordo per la ristrutturazione del debito, mentre Berlino la vuole commissariare. Una situazione politicamente abbastanza incandescente.

27/1/2012

Un giovedì positivo, per le Borse europee, spinte al rialzo dall'annuncio della Federal Reserve americana sui tassi bassi fino al 2014. Milano, col Ftse Mib, ha guadagnato l'1,71%, poco sotto la primatista Francoforte. In evidenza i titoli bancari. Bene pure le aste sui titoli del Belpaese.

I mercati guardano con molto interesse al vertice europeo, in programma lunedì a Bruxelles: le prime bozze di conclusioni fanno intravedere un forte impegno dei 27 leader comunitari per un'azione tesa alla crescita e all'occupazione. Si ammette insomma esplicitamente che il consolidamento dei conti non basta più. Lunedì l'Europa ripartirà dunque da tre pilastri, per uscire dalla crisi: l'occupazione dei giovani, su cui ieri sia il presidente europeo Van Rompuy, che il presidente della Commissione Barroso hanno lanciato l'allarme; il completamento del mercato unico, e l'accesso al credito per le imprese, in particolare le Pmi. Per il capitolo occupazione l'Europa punta soprattutto ad alleggerire il carico fiscale sul lavoro. Né si esclude un riorientamento dei fondi europei. Gli occhi restano puntati intanto sulla Grecia, anche se il tema non sarà ufficialmente in agenda al vertice. Ieri in tarda serata i rappresentanti dei creditori hanno annunciato progressi nei negoziati per la ristrutturazione del debito ellenico, che eviterebbe il default. Il summit dovrà infine dare il via libera al Trattato salva-Euro: oggi gli sherpa diplomatici si riuniranno, per superare gli ultimi ostacoli. Il diavolo, si sa, si nasconde nei dettagli. Lunedì prevertice a tre Merkel-Monti-Sarkozy.

26/1/2012

Sarà il lavoro il focus principale, insieme al varo del Trattato salva-Euro, del vertice europeo in programma lunedì a Bruxelles. Le prime indiscrezioni sulla bozza di conclusioni affermano: ''oltre 23 milioni di persone sono disoccupate in Europa".

A meno che non miglioriamo il nostro tasso di crescita, la disoccupazione restera' alta''. Di qui la necessità di un'azione urgente'' per creare crescita, competitivita' e lavoro. I 27 riconoscono che ''molti passi sono gia' stati presi nei mesi passati per assicurare stabilita' finanziaria e consolidamento di bilancio: condizioni necessarie per il ritorno alla crescita e all'occupazione. Ma non sufficienti''. Anche per questo i leader europei ritengono urgente ''riformare il mercato dell'impiego e affrontare il costo del lavoro in relazione alla produttivita''', per far ripartire la crescita e creare piu' occupazione in Europa. Nel concreto questo si traduce nell'alleggerire ''il peso della tassazione sul costo del lavoro''. La cancellera tedesca Angela Merkel, incontrando il premier spagnolo Rajoy, ha ribadito invece la necessità di chiudere lunedì sul Trattato salva-Euro. La Merkel vedrà lunedì in un trilaterale prima del summit Mario Monti e Nicolas Sarkozy. Non sarà invece in agenda al vertice la questione greca. Infine, sul fronte borse, giornata positiva grazie all'effetto Fed, che ha annunciato ieri tassi 'eccezionalmente bassi' fino al 2014. Milano ha chiuso col Ftse Mib a +1,71%.

24/1/2012

Nel pacchetto di misure sulle liberalizzazioni varato dal governo 'c'e' "roba vera''. Il premier Mario Monti difende gli ultimi interventi del suo Governo, su cui anche l'Europa ha dato l'imprimatur, stimando un possibile beneficio -per il nostro Pil- nell'ordine di cinque punti in tre anni, grazie all'apertura del settore dei servizi. E guardando all'Europa, il premier -dopo il rigore dei conti- pensa già alla fase successiva.

Monti aggiunge l'importanza di completare il mercato unico comunitario. Il premier ha ribadito come il Belpaese stia facendo la sua parte, e precisa: "le riforme che stiamo attuando richiedono un contributo importante da parte di tutti. Se tutti faranno sacrifici, questi risulteranno minori e più equamente distribuiti". Ma la due giorni di vertice dei Ministri delle Finanze ha fatto segnare pure importanti passi in avanti sul Trattato Salva-Euro. Monti ha confermato la sua posizione a favore di un incremento delle risorse, a protezione della moneta unica, e si è mostrato ottimista su un varo del testo nel summit di lunedì. Le ultime ore hanno visto un'intesa dei Ministri europei sul fondo salva-Stati permanente, anche se resta aperta la battaglia sul suo rafforzamento, mentre -sulla Grecia- l'Europa è stata chiara: occorre che Atene trovi presto un accordo con le banche. Infine via libera alla procedura per deficit eccessivo contro l'Ungheria. Per il Commissario Europeo all'Economia Olli Rehn, l'Europa avrà una moderata recessione nel primo semestre di quest'anno. E aggiunge: occorre rafforzare il firewall anticrisi.

24/1/2012

Via libera europeo alle misure prese dall'Italia. Mentre -per il rafforzamento della barriera difensiva dell'euro- si continua a lavorare. L'Europa accende i motori, in vista dello sprint negoziale verso il vertice di lunedì.

Da Bruxelles arriva l'ok alle misure sulle liberalizzazioni italiane, che ricevono il sostegno del presidente dell'Eurogruppo Juncker -che avete ascoltato- insieme al "grandissimo apprezzamento" del Commissario all'Economia Olli Rehn. Il quale approva in particolare la rapidità dell'azione del Governo Monti. Il premier, lasciando Bruxelles, ha affermato che il meeting è andato molto bene per l'Italia''. Sotto stretta osservazione resta la Grecia: il Governo di Atene, che sta conducendo trattative ad oltranza con i creditori, ha assicurato di poter raggiungere un accordo che salverà il Paese dal default. Ma il tempo stringe, con l'Europa che preme per chiudere in pochi giorni: qualche problema sembra permanere sull'offerta degli investitori privati. Un altro nodo sul tavolo dei Ministri finanziari riguarda il rafforzamento del fondo salva-Stati. Ieri il direttore generale dell'Fmi Christine Lagarde ha chiesto un potenziamento del fondo, lanciando così una sponda importante all'Italia, che -col premier Monti- si è fatta portabandiera della richiesta di aumento del denaro a disposizione. Le ultime indiscrezioni parlano di un'apertura della Germania in questo senso: l'idea è sovrapporre il fondo salva-Stati temporaneo Efsf con quello permanente Esm, in arrivo a luglio, portando la potenza di fuoco complessiva a 750 miliardi. Ma Berlino chiede -in cambio- regole più rigorose sul taglio di deficit e debito nei bilanci pubblici nazionali. Un'eventualità che potrebbe creare non poche difficoltà all'Italia, il cui debito è tra i più elevati del Continente.

24/1/2012

Via libera europeo alle misure prese dall'Italia. Mentre -per il rafforzamento della barriera difensiva dell'euro- si continua a lavorare.

L'Europa accende i motori, in vista dello sprint negoziale verso il vertice di lunedì. Da Bruxelles arriva il via libera alle misure sulle liberalizzazioni italiane, che ricevono il "grandissimo apprezzamento" del Commissario Europeo all'Economia Olli Rehn. Il quale approva in particolare la rapidità dell'azione del Governo Monti. Sotto stretta osservazione resta la Grecia: il Governo di Atene, che sta conducendo trattative ad oltranza con i creditori, ha assicurato di poter raggiungere un accordo che la salverà dal default. Ma il tempo stringe: tra un mese e mezzo il fallimento potrebbe concretizzarsi, se non si troverà l'intesa con le banche sul tasso di interesse dei nuovi bond ellenici. L'Europa vuole risolvere la questione entro gennaio, mentre Atene sembra prendere tempo. Il nodo principale sul tavolo dei Ministri finanziari riguarda il rafforzamento del fondo salva-Stati. Ieri il direttore generale dell'Fmi Christine Lagarde ha chiesto un potenziamento del fondo, lanciando così una sponda importante all'Italia, che -col premier Monti- si è fatta portabandiera della richiesta di aumento del denaro a disposizione. Le ultime indiscrezioni parlano di un'apertura della Germania in questo senso: l'idea è sovrapporre il fondo salva-Stati temporaneo Efsf con quello permanente Esm, in arrivo a luglio, portando la potenza di fuoco complessiva a 750 miliardi. Ma Berlino chiede -in cambio- regole più rigorose sul taglio di deficit e debito nei bilanci pubblici nazionali. Un'eventualità che potrebbe creare non poche difficoltà all'Italia, il cui debito è tra i più elevati del Continente.

23/1/2012

E' in pieno svolgimento a Bruxelles la riunione dell'Eurogruppo. Per l'Italia partecipa il premier Mario Monti, giunto in Belgio poco dopo pranzo.

Il momento è critico: oltre a chiudere i negoziati sul Trattato salva-Euro, si sta decidendo in queste ore il destino della Grecia, che sta trattando la ristrutturazione del proprio debito con le principali banche internazionali. Il rischio default resta all'orizzonte. Osservate speciali anche Italia e Spagna: Roma ha fatto ''progressi importanti dall'ultimo Eurogruppo, sia nel consolidamento dei conti sia sulle riforme strutturali per la crescita'': cosi' la Commissione Europea. In particolare, la Bruxelles ricorda la manovra ''ambiziosa'' varata a dicembre dal Governo Monti, e le ''riforme strutturali del 20 gennaio". Ma, conclude Bruxelles - il monitoraggio sulle riforme in Italia continua''. Sulla Grecia, il commissario all'Economia Olli Rehn si è detto fiducioso per una soluzione entro la settimana. Sempre Rehn ha aggiunto che è indispensabile rafforzare la barriera protettiva contro la crisi, a protezione dell'Eurozona. Un augurio subito gelato dal Ministro austriaco delle Finanze Maria Fekter: ''non vi e' alcuna possibilita' di aumentare la capacita' del fondo salva-Stati Efsf''. Più ambigua la posizione tedesca: per la cancelliera Angela Merkel, la 'priorita'' e' l'attuazione dell'accordo sul fondo salva-stati permanente, che deve diventare operativo 'piu' velocemente. Intanto i mercati guardano con fiducia agli ultimi sviluppi. Chiusura positiva per le Borse europee: il Ftse Mib ha guadagnato l'1,84%. Crolla lo spread tra titoli italiani e tedeschi, ora di poco superiore ai 400 punti.

Intanto i 27 ministri degli Esteri europei hanno approvato ufficialmente l'embargo di petrolio contro l'Iran. L'Europa ''ha vietato le importazioni di petrolio grezzo e di prodotti petroliferi'' .

23/1/2012

Torna oggi a Bruxelles il premier e Ministro dell'Economia Mario Monti, per le fasi decisive dei negoziati sul Trattato salva-Euro. Intanto i croati dicono sì nell'atteso referendum sull'ingresso nell'Unione Europea.

Parte oggi il countdown per il futuro dell'Eurozona: con all'orizzonte il vertice del 30 gennaio, che sarà chiamato a varare il "Trattato Salva-Euro", i Ministri finanziari si concentreranno nelle prossime 24 ore su una due giorni di negoziati che si preannunciano molto intensi. Cominceranno i 17 Ministri dell'Eurozona all'ora di pranzo, con la Grecia al primo punto dell'agenda - il Paese ellenico rappresenta tuttora il vero anello debole della zona Euro. In serata la riunione si allargherà a tutti i Ministri finanziari, insieme ai rappresentanti dell'Europarlamento, per proseguire le trattative sul Fiscal Compact: l'Italia tornerà a chiedere un rafforzamento del fondo salva-Stati, puntando -nel contempo- ad una maggiore flessibilità per i percorsi di rientro del debito. Il Financial Times ha anticipato che Francia e Germania sottoporranno ai partner europei un documento, per chiedere l'ammorbidimento delle regole di Basilea III, allo scopo di aiutare le banche. Una mossa che rischia di far infuriare la Gran Bretagna: Berlino e Parigi chiederebbero -in particolare- un trattamento speciale per gli istituti di credito che controllano le compagnie assicurative, insieme a uno slittamento di tre anni nella diffusione dei rapporti di indebitamento. Domani dovrebbe approdare infine in agenda anche la crisi ungherese. Nell'incertezza economico-finanziaria, ci sono pure due buone notizie -politiche- per l'Europa: ieri due terzi dei votanti croati hanno detto sì all'ingresso del Paese nell'Unione il prossimo anno, mentre -alle presidenziali in Finlandia- vanno al ballottaggio i due candidati filoeuropeisti. Sconfitti gli euroscettici.

20/1/2012

Il buon esito delle aste dei titoli francesi e spagnoli spingono al rialzo le Borse continentali, che fanno buon viso a cattivo gioco, ignorando gli allarmi dell'Fmi.

Prima ci pensano i Bonos iberici, con oltre sei miliardi e mezzo di titoli piazzati e rendimenti in calo; poi chiudono quelli transalpini, che superano senza problemi lo choc del declassamento targato Standard & Poor's, con otto miliardi collocati. Sul fronte delle Borse, Milano stacca tutti, facendo segnare sul Ftse Mib un +2,45%. Brillano in particolare i titoli bancari: Popolare di Milano supera il +17%, Banco Popolare oltre il 13%, una quota sfiorata da Unicredit. I ribassi colpiscono soprattutto Enel e Snam. I bancari riflettono anche i risultati migliori delle stime per i giganti del credito Bank of America e Morgan Stanley, che trascinano al rialzo gli altri indici europei, con Parigi che sfiora il 2%, Francoforte a un passo dal +1% e anche Londra in positivo. In crescita l'euro e in calo anche gli spread: quelli italiani rispetto ai bund tedeschi hanno chiuso la giornata poco sopra i 451 punti. Sullo sfondo, permangono i rischi legati alla ripresa: quella mondiale è in stallo, avverte il Fondo Monetario Internazionale, minacciata dalle crescenti tensioni nell'Eurozona. L'Italia preoccupa: per l'Fmi la Penisola vivrà ben due anni di recessione, questo e il prossimo. Nel 2012 il nostro Pil calerà di oltre il 2%. L'Eurozona vivrà una lieve recessione nel 2012, per poi tornare a crescere moderatamente il prossimo anno.

18/1/2012

Le agenzie di rating non affondano l'Europa. Nonostante l'ondata di tagli ai debiti sovrani, avviata venerdì da Standard & Poor's, le piazze continentali hanno chiuso ieri in positivo, con i differenziali in discesa.

Fitch ieri ha lanciato l'allarme sulle "buone possibilità di un taglio di rating dell'Italia", aggiungendo la previsione che la Grecia - insolvente- farà default. Alte -per Fitch- pure le possibilità di un default portoghese. Ma i mercati non sono sembrati particolarmente risentire dell'ennesimo allarme. Anzi: chiusura ampiamente positiva per Francoforte e Parigi, mentre Milano -Ftse Mib- ha guadagnato quasi sette decimali. In calo generalizzato tutti i principali spread, anche se quello italiano con il bund tedesco ha fatto registrare una lieve risalita a fine giornata, chiudendo a 471 punti. In calo gli spread francese, spagnolo e portoghese. Se lo stato di grazia sui mercati rappresenti un inizio di scollamento dai giudizi delle agenzie di rating, se questi giudizi siano già stati scontati in Borsa, o se il peggio sia in arrivo, saranno i prossimi giorni a dirlo. Qualche schiarita è arrivata intanto dalla Grecia, dove oggi torneranno i rappresentanti delle banche, per trattare con le autorità locali la ristrutturazione del debito ellenico. E nonostante il taglio del rating da parte di Standard & Poor's, il fondo europeo salva-Stati Efsf è riuscito a piazzare ieri un miliardo e mezzo di euro in bond a sei mesi, con una domanda tripla, rispetto all'offerta. Tuttavia, sul suo rafforzamento si deciderà solo a marzo. Intanto, secondo il direttore dell'Fmi Christine Lagarde, il Fondo valutera' le opzioni per aumentare le risorse a propria disposizione, per combattere la debolezza dell'economia.

17/1/2012

Il socialdemocratico tedesco Martin Schulz e' stato eletto presidente del Parlamento europeo per la seconda meta' legislatura. 387 i voti a suo favore.

Gli italiani hanno imparato a conoscerlo nel luglio del 2003, quando ebbe un violentissimo scambio di battute con l'allora presidente di turno dell'Unione Europea, ma soprattutto premier italiano, Silvio Berlusconi. Schulz si lanciò in una critica veemente dell'esecutivo tricolore, partendo dalle contestate dichiarazioni di Umberto Bossi sugli immigrati. Berlusconi sorrise senza guardarlo, poi -nella sua replica- lo paragonò a un kapò tedesco, dell'era nazista. Una grave gaffe internazionale, considerata anche la nazionalità di Schulz, che espose l'allora premier agli attacchi di tutta Europa. A fianco di Berlusconi, tutti ricordano lo sguardo nel vuoto dell'allora vicepremier Fini, incredulo per quanto stava accadendo. Nove anni dopo Schulz è il nuovo presidente dell'Europarlamento. Padre socialista, madre democristiana, si è sempre definito il socaldemocratico perfetto. A quasi un decennio di distanza da quella polemica che lo rese famoso in tutta Europa, Schulz ricorda quella vicenda, ma nega che la sua carriera politica dipenda da Berlusconi. Anche se ha già aggiunto: non inviterò l'ex-premier italiano all'Europarlamento. Nel suo programma alla guida dell'Europarlamento, Schulz punta al rilancio della crescita e dell'occupazione, dando ''piu' soldi nelle tasche dei lavoratori'' e potenziando il welfare invece che ridurlo. E' anche un paladino della Tobin Tax, delle norme anti-speculazione, della regolamentazione per le agenzie di rating e degli eurobond.

14/1/2012

"Misure insufficienti da parte dei Governi europei": così Standard & Poor's ha motivato il maxitaglio di rating di ben nove Paesi continentali, sui sedici sotto osservazione, con outlook negativo per 14 nazioni.

Che sia un attacco in piena regola al cuore di un'Europa , o la giusta punizione per l'eccessiva lentezza continentale, la mossa è destinata a lasciare il segno. La Francia perde, come atteso, la tripla A, scendendo di un gradino a AA+. Duro colpo anche per l'Italia, che scende addirittura di due gradini e viene retrocessa in serie B: tripla B+ per il Belpaese - è la prima volta nella storia: in termini tecnici, siamo un "Paese con adeguata capacità di rimborso del debito, che potrebbe peggiorare". Interessanti le considerazioni di S&P, che promuove l'azione riformatrice del Governo Monti, ma teme un'opposizione all'ambizioso piano di riforme messo in campo dal Professore. Immediata la replica dell'esecutivo: il governo e' ancora piu' determinato ad andare avanti con il programma. Per l'Italia pesano soprattutto l'alto debito e la bassa crescita: il Belpaese rischia un nuovo taglio nei prossimi due anni. Il colpo, durissimo, è stato avvertito anche Oltralpe: Parigi ha perso per la prima volta la tripla A. Il Ministro delle Finanze Francois Baroin ha affermato che non ci saranno nuove manovre, e che non si tratta di una catastrofe: subito in soccorso il collega tedesco Wolfgang Schauble, secondo il quale "Parigi è sulla buona strada". Anche l'Austria ha perso la tripla A: a questo punto restano -nel club dei Paesi virtuosi- solo Germania, Olanda e Lussemburgo. Per il presidente dell'Eurogruppo Juncker, i paesi dell'Eurozona sono determinati a fare tutto il possibile per mantenere la tripla A al fondo salva-stati Efsf. Durissima la Commissione Europea: "una decisione senza fondamento". S&P ha tagliato di due gradini anche il rating di Spagna, Cipro e Portogallo, con Lisbona a livello junk. Un solo gradino di declassamento per Malta, Slovacchia e Slovenia. Ma non è l'unica cattiva notizia di un venerdì nero: la Grecia è a serio rischio default, dopo lo stallo nei negoziati con le grandi banche internazionali sulla ristrutturazione del debito di Atene, che dovrebbe portare a tagli volontari sul rimborso dei titoli ellenici. La situazione è stata definita "grave", e potrebbe causare un default greco in due mesi. Unica buona notizia della giornata, il buon collocamento dei nostri Btp, con rendimenti in calo.

12/1/2012

Giornata positiva sui mercati, quella odierna, con i titoli italiani e spagnoli che hanno superato l'esame. Rendimento lordo praticamente dimezzato per gli 8,5 miliardi di euro di Bot annuali, che sono stati collocati con un rendimento lordo del 2,735%, quasi dimezzato rispetto a dicembre 2011, e ai minimi dallo scorso giugno.

La domanda e' stata pari a 12,5 miliardi. Assegnati anche 3,5 miliardi di BoT con durata residua di 136 giorni. Per quanto riguarda la Spagna, esito positivo per l'attesa asta dei Bonos che si e' conclusa con domanda nettamente superiore all'offerta . Collocati sul mercato 9,986 miliardi di titoli a 3 e 4 anni , il doppio dell'obiettivo di 5 miliardi. Anche in questo caso, rendimenti in calo. Piazza Affari ha tratto beneficio dal buon esito dell'asta, chiudendo a +2%, rispetto a un'Europa contrastata. In forte calo anche lo spread Bto-Bund, in picchiata a 479 punti base. Intanto la Banca Centrale Europea ha lasciato invariati i tassi all'1%. Il ritmo di espansione dell'economia dell'eurozona rimane 'moderato' e permangono rischi dall'evoluzione della crisi del debito sovrano, ha affermato il presidente della Bce Mario Draghi, il quale è intervenuto nel dibattito aperto sul Trattato salva-Euro, auspicandone una firma da parte dei 26 Paesi entro gennaio. E ha sottolineato l'urgenza dell'operatività del fondo salva-Stati. 'I mercati stanno apprezzando quello che e' stato fatto' in Italia, ha aggiunto Draghi, la cui linea è stata immediata riecheggiata dal Fondo Monetario Internazionale: l'Fmi ha lodato le misure varate dal presidente del Consiglio italiano Mario Monti, sottolineando che si e' trattato di 'passi importanti per ricostruire la fiducia, alimentare la crescita e rimettere il debito sulla giusta traiettoria'. La missione di monitoraggio del Fondo Monetario Internazionale sull'Italia iniziera' tra fine gennaio e inizio febbraio.

10/1/2012

Germania e Francia accelerano sul nuovo Trattato salva-euro, che sarà varato entro inizio marzo. Pochi progressi sulla Tobin Tax, mentre per la Grecia arriva un richiamo.

"La situazione è tesa. Molto tesa". Nicolas Sarkozy non lascia spazio a umorismi o battute, nell'atteso summit bilaterale con Angela Merkel. Dal quale non sono emersi annunci rivoluzionari, ma piuttosto la volontà comune di mettere in sicurezza -e presto- l'Europa. Di questi tempi non è poco. Primo punto in agenda il nuovo Trattato salva-Euro. La cancelliera tedesca punta a un accordo già nel vertice straordinario del 30 gennaio, mentre Sarkozy guarda alla firma del Trattato - il prossimo primo marzo. Ma lo spostamento di linea più interessante la Merkel lo lascia intravedere sui capitali che Berlino e Parigi potrebbero mettere a disposizione del fondo salva-Stati permanente: Francia e Germania hanno annunciato un'accelerazione nello stanziamento. Una deviazione -quest'ultima- dalla logica del puro rigore di bilancio made in Germany, che segna un punto a favore dell'asse Monti-Sarkozy. Per il resto, bocce ferme sulla tassa sulle transazioni finanziarie: il presidente francese ha ribadito di voler andare avanti da solo, ricevendo solo un appoggio formale da parte di Frau Merkel. La quale è pragmatica: o si applica la Tobin Tax in tutta Europa, oppure non se ne fa nulla. Alla Grecia, infine, i due hanno inviato un semi-ultimatum: Francia e Germania vogliono Atene dentro l'Euro, ma occorre chiudere al più presto i negoziati sul nuovo pacchetto di aiuti. Il che significa: nuove misure di austerità e ristrutturazione più decisa del debito. I falchi prevedono un default a marzo e l'uscita dall'euro, in mancanza di intese. Domani vertice italo-tedesco Monti-Merkel.

9/1/2012

Parigi e Berlino accelerano, in vista di settimane che si annunciano decisive per l'euro: nell'atteso vertice bilaterale nella capitale tedesca, il presidente francese Nicolas Sarkozy e la cancelliera Angela Merkel hanno mantenuto la scadenza ultima -per la firma del nuovo Trattato Salva-Euro- per il primo di marzo.

Anche se l'obiettivo è trovare un accordo, possibilmente, già a fine gennaio. Entrambi i leader hanno fatto capire di aver compreso la gravità della situazione nell'Eurozona: "la situazione è molto tesa", ha riconosciuto Sarkozy. Pochi passi in avanti sulla tassa sulle transazioni finanziarie, o Tobin Tax: il presidente francese ha annunciato di voler fare da battistrada nell'introduzione dell'imposta Oltralpe, ricevendo dalla Merkel un'importante sponda sulla volontà di introdurla a livello di Eurozona o -meglio ancora- di Unione Europea. Veto britannico permettendo. Spazio anche per la questione greca: la Merkel ha sottolineato come il desiderio comune sia quello di mantenere Atene all'interno dell'Eurozona, ma ha aggiunto che la Grecia deve accelerare sui negoziati relativi al nuovo pacchetto di aiuti. Sullo sfondo, restano gli allarmi per un default ellenico a marzo, se non sarà trovata un'intesa in merito. La cancelliera tedesca ha pure indicato la volontà di allargare i cordoni della borsa, insieme alla Francia, per accelerare i finanziamenti al nuovo fondo salva-Stati permanente, che dovrebbe vedere la luce più avanti quest'anno. Da Copenhagen intanto, la presidenza danese dell'Unione rifiuta l'idea di club ristretti, mentre il presidente europeo Van Rompuy annuncia la questione della politica antirecessione nel vertice del 30 gennaio.

9/1/2012

Ventidue giorni per salvare l'Euro: l'Europa riapre i battenti dopo le Feste, con un ritmo di marcia che si annuncia impressionante: oggi il presidente francese Nicolas Sarkozy, che i sondaggi danno in recupero in vista delle presidenziali, incontrerà a Berlino la cancelliera tedesca Merkel. Sarkozy farà da battistrada nell'inedita offensiva diplomatica franco-italiana, per costringere Berlino a recedere dalla linea del rigore assoluto, aprendo a una maggiore solidarietà verso l'Eurozona, che spiani la strada al rilancio della crescita. E dell'Euro.

Dopodomani il concetto sarà ribadito alla Merkel anche dal premier italiano Monti, che -dopo aver ridato in soli due mesi piena credibilità internazionale al nostro Paese- chiede ora anche agli altri partner di fare la loro parte. Il 20 gennaio i tre leader si vedranno a Roma per un vertice trilaterale. Ma intanto si è aperto anche un altro fronte. Il premier britannico David Cameron ha marcato una volta di più le distanze dall'Europa continentale, prendendo le difese della City e annunciando ieri alla Bbc il veto di Londra sulla proposta di una tassa comunitaria sulle transazioni finanziarie, o Tobin Tax. Un dossier su cui punta molto Sarkozy, al punto da pensare di introdurre l'imposta in piena solitudine - mossa, quest'ultima, che ha già allarmato gli operatori finanziari transalpini. Ieri Monti ha aperto al dossier, ma ha indicato la volontà di procedere in sede europea, non a livello nazionale. Il premier italiano avrà ora il delicato compito di ricucire la spaccatura con la Gran Bretagna, sempre più isolata nel contesto continentale. Il tempo stringe: il 30 gennaio serve l'accordo per il nuovo Trattato salva-Euro. I mercati stanno alla finestra.

8/1/2012

David Cameron allarga ulteriormente il Canale della Manica, ponendo un altro paletto: questa volta la frecciata è quasi unicamente rivolta alla Francia.

"Bloccherò qualsiasi tentativo di introdurre una tassa europea sulle transazioni finanziarie, rischia di danneggiare il mercato del lavoro e la prosperità nel Continente". Cameron ricorre pure a un po' di humor britannico: "se i francesi vogliono andare avanti da soli con la Tobin tax, all'interno dei loro confini, sono liberi di farlo. Ma l'idea di una tassa comune che riguardi solo l'Europa, senza l'appoggio di altri Paesi o Continenti, avrebbe un effetto boomerang". Di qui la promessa, di porre il veto. Il premier britannico sceglie dunque di difendere ancora una volta a spada tratta gli interessi della City, ma questa volta la mossa è molto più calcolata: in primo luogo Cameron colpisce al cuore il nemico giurato Sarkozy, col quale aveva avuto un duro confronto alll'ultimo vertice di Bruxelles. Ma soprattutto, allarga il solco che divide già la Francia dall'Italia e dalla Germania sullo spinoso tema della Tobin Tax, rischiando di provocare -per paradosso- un isolamento di Parigi sul delicato dossier. L'ennesimo nodo diplomatico complica un quadro già teso: l'asse franco-italiano si prepara infatti ad una settimana di assedio al bastione tedesco. Prima Sarkozy lunedì, poi Monti mercoledì, incontreranno la cancelliera Angela Merkel, per provare a forzarle la mano, obbligandola a uscire dall'isolamento del rigore sui conti, senza stimoli alla crescita. Sarà un gennaio a tappe forzate, in vista del vertice del 30, per l'accordo sul nuovo Trattato salva-Euro. Dal quale Londra si è autoesclusa.

7/1/2012

Mario Monti sceglie la linea del rigore, lanciando da Reggio Emilia il segnale del cambio di marcia: evadere il fisco non è più moralmente giustificabile, come affermava il suo predecessore, ma significa "rubare".

Intercettando il vento favorevole della maggioranza dell'opinione pubblica, il premier lancia la fase dell'equità, appoggiando espliticitamente l'azione della Guardia di Finanza. Monti ''definisce inammissibile che i lavoratori subiscano sacrifici, mentre una parte importante della ricchezza sfugge alla tassazione". Il premier, di ritorno da Parigi, dedica ampio spazio della sua riflessione anche all'Europa: ''nessun Paese europeo e' talmente forte da pensare di andare avanti da solo ad affrontare l'economia globale, l'Italia e l'Europa hanno bisogno l'una dell'altra''. E ribadisce: ''ora il momento dei compiti e' giunto per tutti, nessuno pensi di poter fare a meno degli altri. L'Europa superera' la crisi solo'' se unita. Ampio spazio nel discorso di Monti pure ai giovani: ''Lo sguardo ai giovani è l'orientamento necessario alla nostra azione", ha affermato, aggiungendo: ''dire dei no comporta dei costi politici nel presente'', ma ''dire sempre si' comporta dei costi sociali drammatici per chi ancora non vota e forse non e' nato''. Infine il tema delle liberalizzazioni: ''nella fase due'' del governo ci sono ''equilibrate e pragmatiche ma non timide liberalizzazioni, riconoscendo che ogni settore da' contributo, ma che e' piu' equo se avviene in regime di libera concorrenza''.

7/1/2012

Mario Monti riporta tutto il peso dell'Italia in Europa, e riceve la benedizione di Nicolas Sarkozy, che va oltre: "totale identità di vedute tra Roma e Parigi per la soluzione della crisi nell'Eurozona", "ammiriamo Monti per ciò che ha fatto, lui ispira fiducia negli altri leader", afferma Sarkozy.

Il premier annuncia da Parigi nuove misure nel giro dei prossimi due mesi, sottintendendo -tra gli altri- interventi su liberalizzazioni e riforma del mercato del lavoro. Monti, a differenza del suo predecessore, porta in Europa misure concrete e non vuote promesse: ciò gli permette sia di affermare che l'Italia ha fatto sforzi senza pari, in soli due mesi, sia di spostare la richiesta di un'azione decisa contro la crisi sulle spalle degli altri partner comunitari. Monti non esita a ricorrere alla metafora dell'alpinista, che cammina su un crinale "molto pericoloso". Il pensiero è rivolto al campo di battaglia di Bruxelles, dove ieri sono ripresi i negoziati per il varo del nuovo Trattato salva-Euro, con l'Italia impegnata ad ammorbidire la linea rigorista imposta da Berlino, che rischia di lasciare pochi margini alle politiche di rilancio della crescita. Sarkozy, che in uno slancio europeista ha ribadito il suo credo nell'Euro e nell'Europa, ha annunciato un vertice trilaterale con Monti e la Merkel il 20 gennaio a Roma. Il tempo stringe, come ha fatto notare ieri il capo economista dell'Fmi Blanchard: "l'Europa e' molto vicina a una recessione, e probabilmente vi scivolera'".

6/1/2012

Il premier Mario Monti ha concluso la sua tappa parigina, in una breve conferenza stampa con il presidente francese Nicolas Sarkozy. Tra le altre cose, Monti ha annunciato oggi ''nuove misure nel giro dei prossimi due mesi''.

Sarkozy, da parte sua, ha affermato che Francia e Italia condividono una perfetta identità di vedute sul futuro dell'Europa e sul modo di risolvere la crisi di fiducia che investe l'Eurozona. "Tutte le istituzioni europee si devono assumere le proprie responsabilità. Crediamo nell'euro e crediamo nell'Europa", ha concluso Sarkozy. Il presidente francese ha confermato che il 20 gennaio andrà a Roma su invito proprio di Monti, insieme alla cancelliera tedesca Merkel. Con l'uscita di scena di Berlusconi, decisamente poco gradito a nord delle Alpi, sembra dunque confermarsi il crescente ruolo di playmaker dell'Italia nel processo decisionale europeo. Sempre oggi Monti, intervenendo a un convegno a Parigi, ha rivendicato lo sforzo "senza pari" fatto dall'Italia, al punto che il nostro Paese -garantisce- viaggia verso il pareggio di bilancio nel 2013. Il premier è ricorso a una metafora, per fotografare il difficile momento: "l'Europa è un alpinista che cammina su un crinale molto pericoloso, ma può riuscire a raggiungere la méta". Anche perché, ammette Monti, l'Europa ha ''dimostrato di essere piu' debole di quanto si pensava". In giornata una stoccata è giunta anche del Ministro dello Sviluppo Corrado Passera: "il modo in cui la crisi e' stata gestita negli ultimi mesi e' stata indubbiamente deludente'', ''ancora non abbiamo una soluzione complessiva sulla crisi finanziaria europea''.

6/1/2012

L'Ungheria scherza col fuoco, aprendo una crisi finanziaria e politica dagli esiti -al momento- imprevedibili. Il Paese magiaro è sull'orlo del default, determinato da un mix di fattori che stanno trascinando Budapest sull'orlo del baratro: ieri clamoroso fallimento di un'asta dei titoli di Stato, con il collocamento di soli 35 miliardi di fiorini sui 45 programmati. Stellare il tasso di interesse, che sfiora il 10%.

La valuta nazionale è al minimo storico sull'euro, gli spread con i bund tedeschi superano abbondantemente gli 800 punti base, i credit-default swap sono ai massimi. A peggiorare la situazione, la politica del Governo Orban, un mix di nazionalismo e populismo che rasenta -nonostante l'appartenenza all'Unione Europea- il regime: l'ultimo colpo di genio è stata la riforma della Governance della banca centrale, che mette l'istituto nelle mani dell'esecutivo. Una legge che ha provocato la rottura dei negoziati per nuovi prestiti da parte di Fmi ed Unione Europea. Ieri il Ministro incaricato delle trattative, Tamas Feregi, ha chiesto un accordo urgente, che dovrebbe portare all'erogazione di prestiti per circa 20 miliardi di euro. E ha aperto a una modifica della controversa legge, in vista della ripresa dei negoziati, mercoledì. Bruxelles non intende cedere, ma teme un altro fronte di instabilità, pur esterno formalmente all'Eurozona: gli analisti prevedono che un accordo sarà raggiunto, ma se arrivasse troppo tardi trascinerebbe Budapest in una spirale di recessione ed instabilità. Anche le principali banche italiane, Unicredit e Banca Intesa, fortementi presenti nel Paese magiaro, osservano preoccupate.

5/1/2012

'Io abito a Roma e a Bruxelles'. Così il premier Mario Monti ha salutato i giornalisti che lo aspettavano al suo arrivo nella capitale belga. Domani il premier vedrà il presidente francese Sarkozy a Parigi. E in Europa esplode il caso-Ungheria.

E' allarme rosso in Ungheria, con il Paese centroeuropeo ormai a un passo dal default, dopo il fallimento dell'ultima asta dei bond. Budapest non e' riuscita a vendere l'intero ammontare di titoli di Stato, fermandosi a 35 miliardi di fiorini, contro i 45 programmati. I tassi sui titoli annuali sono volati, raggiungendo il 9,96%. E i contratti credit-default swap sono segnano nuovi record. Il Governo ungherese, sotto attacco in Europa per modifiche di legge e costituzionali che stanno introducendo una sorta di pseudo-regime, ha chiesto un accordo urgente con il Fondo monetario internazionale, per ricevere un salvataggio dall'istituzione di Washington e dall'Unione europea. Ma i negoziati sono bloccati, dopo le ultime riforme dell'esecutivo, che minano l'indipendenza della Banca Centrale. Il prossimo incontro è previsto l'11 gennaio: a metà dicembre, si stimava la necessità di un prestito pari a 15-20 miliardi di euro. Difficile prevedere gli effetti di un possibile default ungherese sull'Eurozona: Budapest fa parte dell'Unione Europea, ma non dell'Eurozona. Secondo gli analisti, proprio la Banca Centrale ungherese dovrà ora alzare i tassi di interesse, per evitare una fuga degl investitori dal Paese.

5/1/2012

Weekend dell'Epifania estremamente agitato in Europa, sullo sfondo delle forti tensioni sui titoli di Stato italiani e spagnoli, e di un calo accentuato dell'euro sul dollaro.

Oggi il premier Mario Monti è volato a sorpresa a Bruxelles, alla viglia del suo incontro a Parigi con il presidente francese Nicolas Sarkozy. Ancora misteriosi gli appuntamenti in programma: sia la Commissione Europea che il Consiglio Europeo hanno escluso vertici straordinari con le massime cariche comunitarie. Sullo sfondo, è ormai altissima la tensione in Ungheria. Il Paese dell'ex-blocco sovietico è a un passo dal default, dopo il fallimento dell'asta dei bond. Budapest non e' riuscita a vendere l'intero ammontare di titoli di Stato nell'ultima asta, fermandosi a 35 miliardi di fiorini, contro i 45 programmati. I tassi sui titoli annuali sono volati, raggiungendo il 9,96%. E i contratti credit-default swap sono segnano nuovi record. Il Governo ungherese, sotto attacco in Europa per modifiche di legge e costituzionali che stanno introducendo una sorta di pseudo-regime, ha chiesto un accordo urgente con il Fondo monetario internazionale, per ricevere un salvataggio dall'istituzione di Washington e dall'Unione europea. Ma i negoziati sono bloccati, dopo le ultime riforme dell'esecutivo, che minano l'indipendenza della Banca Centrale. Difficile prevedere gli effetti di un possibile default ungherese sull'Eurozona: Budapest fa parte dell'Unione Europea, ma non dell'Eurozona.

5/1/2012

Si infittisce l'agenda di incontri europei del premier Mario Monti, che lancia un chiaro segnale all'Europa. Intanto restano forti i timori su una imminente recessione o default greco.

"L'Europa non ha più alcuna ragione di avere paura dell'Italia": è dalle colonne del quotidiano francese Le Figaro che il premier Mario Monti lancia la campagna d'inverno tricolore, per riportare Roma al centro dei giochi europei dopo il declino berlusconiano, in vista del tris di incontri con i leader continentali, che inizieranno domani a Parigi proprio con il presidente Sarkozy, per proseguire l'11 gennaio a Berlino con la cancelliera Merkel. Monti pone se' stesso e il suo europeismo come garanzia primaria delle azioni di Governo, riservando una stoccata al predecessore: l'esecutivo precedente non ha voluto ammettere la grave insufficienza della crescita, e ha tralasciato le politiche di liberalizzazione, che avrebbero rimediato a questa carenza''. Monti rassicura: "i fondamentali della nostra economia sono buoni", ma riconosce che il "rischio eurozona", di cui l'Italia è vittima, va eliminato. Proprio l'Italia è passata all'attacco nei negoziati -che riprendono domani a Bruxelles- sul cosiddetto Trattato Salva-Euro, avanzando le proprie proposte: tra queste, tenere conto dell'influenza del ciclo economico nella valutazione del ritmo di riduzione del debito; esenzione degli investimenti pubblici dal calcolo del deficit; una piu' profonda convergenza'' delle politiche per promuovere la competitivita', per una strategia orientata ''alla crescita e alla creazione di lavoro''. I primi giorni del 2012 mantengono alta la tensione sull'Eurozona: il presidente dell'Eurogruppo Juncker lancia l'allarme su una situazione sull'orlo della recessione, e da Atene il premier Papademos avverte: se non ci sarà accordo sui nuovi aiuti il Paese fallirà entro marzo.

4/1/2012

Inizio dell'anno con brivido per l'Europa, "sull'orlo della recessione", secondo quanto ha affermato il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker: "l'Unione deve reagire adeguatamente al rallentamento economico", ha aggiunto Juncker, che ha smentito l'ipotesi di un ritorno alla dracma in Grecia.

Intanto si infittisce l'agenda di impegni europei del premier Mario Monti, che dopodomani vedrà il presidente francese Nicolas Sarkozy a Parigi. Oggi è stato reso noto che Monti incontrerà mercoledì prossimo anche la cancelliera tedesca Angela Merkel: in agenda la situazione dell'Eurozona. Una settimana dopo è già previsto l'incontro con il premier britannico David Cameron. Per l'Italia sembra dunque profilarsi un ruolo da mediatore, in un'Europa che ha già accelerato il passo verso l'intesa sul nuovo Trattato salva-euro, da raggiungere entro fine mese. Venerdì si torna ufficialmente a negoziare a Bruxelles, mentre proprio Roma ha reso note le sue proposte: tenere conto dell'influenza del ciclo economico nella valutazione del ritmo di riduzione del debito eccedente il 60% del Pil; esenzione degli investimenti pubblici dal calcolo del deficit; una piu' profonda convergenza'' delle politiche per promuovere la competitivita', allo scopo di avere una ''strategia'' per ''la crescita e la creazione di lavoro''. La Commissione Europea chiede invece una scadenza di cinque anni, entro i quali il Trattato a 26 dovrà essere condiviso da tutti.

30/12/2011

"Un ponte su acque mosse". Con queste parole il Ministro danese per gli affari europei Nikolai Wammen ha definito il semestre di Copenhagen alla guida dell'Unione.

Un vero gioco di paradossi, questa presidenza, il cui inizio, per un'altra coincidenza della storia, cade nel giorno esatto del decimo compleanno dell'Euro, il primo gennaio 2012. La Danimarca non fa parte -per scelta- del club della moneta unica, ma dovrà -anche per la propria stabilità- condurre i 26, Gran Bretagna esclusa, al varo di quel Trattato Fiscale e di Bilancio che in molti considerano come la prima pietra del salvataggio della moneta unica. La storia gioca brutti scherzi alla Danimarca: la sua ultima presidenza, nel 2002, fu condotta sullo sfondo di un clima di grande ottimismo: con l'Euro in rodaggio, ci si preparava allo storico allargamento a 25, sancito proprio nel dicembre di quell'anno a Copenhagen, mentre una Convenzione sul futuro dell'Europa gettava le basi per una Costituzione che -così si sperava- avrebbe maggiormente integrato l'Unione. Poi ci pensarono i francesi a sotterrarla. Un decennio dopo, il mondo è cambiato radicalmente. Un altro paradosso, se così lo possiamo definire, è la spettacolare inversione a U della politica danese, dopo le ultime elezioni: la prima donna premier ad essere eletta, Helle Thorning-Schmidt, ha portato con sé un cambio totale di rotta. Governo giovane, e con un atteggiamento nettamente pro-europeo. Abbastanza scarno il programma della presidenza, ma -dopotutto- lo impongono i tempi: a parte la crisi finanziaria, sulla quale Copenhagen potrà incidere fino a un certo punto, considerato il dominante asse di comando franco-tedesco, restano sul piatto i negoziati per il bilancio comunitario 2014-2020 -importanti, ma a chiuderli sarà la presidenza successiva- e l'agenda ambientale, chiodo fisso di qualsiasi presidenza nordica.

27/12/2011

Segno dei tempi che cambiano. Il Brasile supera la Gran Bretagna, nella classifica delle maggiori economie mondiali, stilata dal Centre for Economics and Business Research, di Londra.

Il Paese sudamericano sale al sesto posto in classifica, scalzando proprio l'isola di Sua Maestà, che scende al settimo. Non era mai successo prima. "E' un fenomeno che fa parte del grande cambiamento economico in atto: attualmente non osserviamo solo uno spostamento degli equilibri da ovest verso est, ma pure una crescita dei Paesi che producono cruciali materie prime", ha osservato l'amministratore delegato del CEBR, Douglas McWilliams. Il risultato è anche il prodotto di una crescita economica brasiliana che l'anno scorso viaggiava ben oltre il 7%, anche se -per il 2011- le stime sono già state dimezzate. Il Ministro delle Finanze Guido Mantega evita -con realismo- trionfalismi: "ci vorranno altri dieci o vent'anni, prima che i nostri cittadini raggiungano il tenore di vita degli europei", ha affermato. Certamente l'attuale classifica fa impressione: gli Stati Uniti sono ancora la prima economia del mondo, ma la Cina è ormai -stabilmente- seconda. Col Brasile sesto, la Russia supera l'India e passa al nono posto. L'Italia mantiene l'ottavo posto, ma -in prospettiva futura- si avvia verso la zona retrocessione: secondo lo stesso centro, nel 2020 gli Stati Uniti saranno ancora la prima economia mondiale, mentre la Russia balzerà al quarto posto, seguita da India e Brasile. Per l'Europa un futuro di declino: Germania settima, seguita da Gran Bretagna, Francia, e -al decimo posto- l'Italia, il cui anemico tasso di crescita, unito all'assenza di riforme, rischia di accompagnarla verso l'uscita dal palcoscenico dei big mondiali.

26/12/2011

"L'economia mondiale si trova in una situazione pericolosa": lancia l'allarme -a Natale- la direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde, che in un'intervista al Journal de Dimanche analizza la situazione: "l'Europa va in recessione, frenando il commercio mondiale e la produzione. E la sua crisi finanziaria si tramuta in una crisi di fiducia sui debiti pubblici e sulla solidità del sistema".

A catena, rileva la Lagarde, viene investita l'America, come pure i Paese emergenti, le cui previsioni di crescita vengono riviste al ribasso. A fine gennaio, l'Fmi rivedrà le sue stime a livello mondiale: per la Lagarde, si andrà verso un ulteriore taglio del Pil globale. La direttrice del Fondo ha avuto parole di critica verso i leader europei: "l'ultimo vertice del 9 dicembre non è stato abbastanza dettagliato sugli aspetti finanziari, e troppo complicato sui principi fondamentali. L'Europa ha fatto progressi considerevoli, ma restano troppo graduali e mal compresi. Occorre accelerare la messa in opera delle misure". Infine ha ammesso: l'empasse del Vecchio Continente è soprattutto politico, causato dalle differenze di vedute tra Berlino, Parigi e Londra. Chi vede meno nero è il Ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, che in un'intervista alla Bild am Sonntag ha escluso un crac dei mercati finanziari il prossimo anno. "In Europa c'è una grande determinazione a mantenere una situazione stabile", ha affermato.

24/12/2011

Ha chiuso positiva ieri Wall Street, con il Dow Jones che ha guadagnato l'1,03%. Bene anche le piazze europee, ma torna a preoccupare lo spread tra titoli italiani e tedeschi.

L'Europa archivia il periodo pre-natalizio e comincia a guardare al 2012 con segnali contrastanti, conscia che il prossimo anno sarà decisivo per le sorti dell'Euro: le piazze continentali hanno chiuso ieri in rialzo, sulla scia -soprattutto- di Wall Street. Più moderato il balzo di Milano, che ha guadagnato solo tre decimi, a causa anche dei fiacchi scambi pre-natalizi. Così, a far risuonare l'allarme sono stati gli spread, i differenziali tra Btp italiani e Bund tedesco, ieri schizzati nuovamente oltre quota 500 punti base. Il rendimento dei decennali italiani ha sfondato il bastione del 7%, prima di chiudere di poco sotto. Una parziale spiegazione di questo fenomeno è legato all'azzeramento dell'acquisto dei titoli di Stato sul mercato secondario da parte della Bce, che -dagli oltre tre miliardi di due settimane fa- è scesa a soli 19 milioni di euro, la scorsa settimana. Una decisa frenata, dopo l'incetta di titoli estiva e post-estiva, sull'onda del contagio della crisi del debito. Segnali poco incoraggianti giungono anche dai depositi overnight delle banche presso la Bce, che hanno raggiunto i massimi dal giugno dello scorso anno. Gli istituti europei hanno scelto di parcheggiare -giovedì a Francoforte- ben 347 miliardi di euro, un chiaro segnale che la tendenza resta quella di mettere i soldi sotto il materasso dell'Eurotower, anzichè erogarli a imprese e famiglie. Da Lussemburgo infine il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker invita a non abbassare la guardia: l'avvertimento lanciato da Standard & Poor's circa un possibile taglio del rating dei Paesi dell'Eurozona costituisce una reale preoccupazione, afferma.

23/12/2011

E' stata una giornata a corrente alternata, quella odierna sui mercati.

Lo spread tra i Btp e il Bund tedesco ha archiviato l'ultima seduta della settimana oltre la soglia psicologica dei 500 punti base, a 502, dopo essere schizzato fino a 515 punti. Secondo gli analisti, a determinare il balzo in avanti è stato un mercato sottile e poco liquido. Ma il segnale più evidente che la crisi è ancora lontana dall'essere risolta è arrivato però da Francoforte, con un netto rialzo dei depositi overnight delle banche presso la Banca Centrale Europea - depositi che hanno raggiunto i massimi da giugno 2010. Gli istituti dell'eurozona hanno parcheggiato ieri 347 miliardi di euro - contro i 265 miliardi del giorno prima. Un chiaro segnale che gli istituti di credito preferiscono mettere il contante al sicuro, anziché investirlo in prestiti e crediti a cittadini e imprese. A chiudere le Borse, con l'Europa che in una giornata ormai semi-natalizia, hanno fatto segnare rialzi moderati: la migliore Londra, in guadagno di oltre l'1%, seguita da Parigi e Francoforte. A Milano Ftse Mib +0,31%.

21/12/2011

Gli Stati Uniti appoggiano l'agenda di riforme economiche del premier spagnolo Mariano Rajoy. Lo ha detto - afferma la casa Bianca in una nota - il presidente americano Barack Obama durante un colloquio telefonico con Rajoy, con il quale di e' congratulato per la sua elezione.

Le congratulazioni di Barack Obama hanno concluso la prima giornata da premier di Mariano Rajoy, eletto il 20 novembre con una maggioranza schiacciante a nuovo premier. I 185 deputati del Partido Popular e dell'Union del Pueblo Navarro hanno chiuso definitivamente l'era Zapatero. Contro si sono pronunciati 149 deputati, capitanati dai socialisti. A sorpresa, tra le file dei contrari anche i conservatori catalani di Convergencia i Unio. A sorpresa, si sono invece astenuti gli indipendentisti baschi di Amaiur, una delle rivelazioni delle ultime elezioni. Rajoy, che sarà il sesto premier iberico dell'era post-franchista, si è detto felice per l'esito della votazione, peraltro scontata. "Ho la voglia e la determinazione di portare avanti la Spagna". Nelle dichiarazioni programmatiche, Rajoy aveva anticipato di non prevedere un aumento delle tasse o una modifica della riforma delle pensioni, approvata dal governo Zapatero, che prevde il passaggio a 67 anni dell'eta' pensionabile.

21/12/2011

Giornata molto positiva per le piazze europee, incoraggiate dai dati macroeconomici migliori delle attese e dall'andatura di Wall Street. Ma anche dalle notizie spagnole. Milano ha guadagnato il 2,87%.

L'Europa prende fiducia, grazie ai venti che soffiano da Madrid. Nel giorno dell'insediamento del nuovo Governo targato Mariano Rajoy, la Spagna ha lanciato segnali positivi al Continente, con un boom della domanda dei Bonos a tre e sei mesi: 5,64 i miliardi collocati, oltre un miliardo sopra il target. Letteralmente crollati i rendimenti medi: quello a tre mesi non ha raggiunto il 2%, quando a novembre superava il cinque. Il vento iberico ha fatto bene alle borse europee e agli spread: quello tra i Btp italiani e il Bund tedesco è sceso di circa 30 punti, abbondantemente sotto quota 500. L'asta spagnola fa ben sperare, in vista di un altro cruciale passaggio, in programma oggi: la Banca Centrale Europea avvierà questa mattina un'operazione di rifinanziamento a tre anni, tecnicamente detta "a rubinetto", destinata agli istituti di credito. Lo scopo è fornire liquidità extra alle banche a condizioni molto agevolate, per scongiurare un credit crunch: gli economisti prevedono che le richieste raggiungeranno i 293 miliardi. Intanto a Bruxelles si lavora sul nuovo patto fiscale e di bilancio: il presidente dell'Unione Europea Herman Van Rompuy ha convocato un vertice straordinario per il 30 gennaio. Ieri sono iniziati ufficialmente i negoziati sul Trattato Intergovernativo, al quale la Gran Bretagna partecipa in veste di osservatore. L'atteggiamento del Governo Cameron ha provocato ieri la dura reazione di venti imprenditori, tra cui il patron della Virgin Richard Branson e il presidente di British Telecom Mike Rake, che in una lettera aperta al Governo hanno avvertito: la scelta britannica di restare ai margini dell'Unione di bilancio potrebbe costare a Londra oltre tre milioni di posti di lavoro.

13/12/2011

Il tunnel della crisi appare ancora lungo per l'Europa, che fatica a convincere i mercati sulla solidità delle misure prese o annunciate a difesa della moneta unica.

Dopo l'ok a caldo di venerdì, sull'onda di un vertice che aveva compattato tutti contro la Gran Bretagna, ieri è toccato alle agenzie di rating riportare la palla al centro. Prima Moody's, poi Standard & Poor's, infine Fitch, hanno -con gradi diversi- lanciato lo stesso messaggio: mancano misure per stabilizzare i mercati nel breve termine, il che mette l'Unione a rischio di nuovi choc. Moody's annuncia che terrà l'Europa sotto osservazione, con una revisione del rating dei Paesi continentali nel primo trimestre 2012, S&P parla della necessità di un altro choc, prima che i leader si muovano per davvero. Anche Washington, dietro le quinte, appare delusa. Le Borse ne hanno risentito, con il Ftse Mib che ha perso il 3,79%, Francoforte oltre il 3%, Parigi oltre il due. La Francia si prepara a perdere la tripla A del rating. Notizie più positive dall'asta dei Bot italiani a 12 mesi, con rendimenti in calo al 5,9%. Resta intanto aperto il dibattito sulle prossime mosse politiche: oggi entra in vigore il cosiddetto Six Pack, un pacchetto di sei misure che stringe le viti dei bilanci nazionali, imponendo il rigore. Da Bruxelles, il Commissario all'Economia Olli Rehn avverte Londra: essersi isolata venerdì non le eviterà le misure -anche sanzionatorie- già approvate, su deficit e debito. Il tutto mentre il premier David Cameron si presentava in Parlamento, difendendo la sua posizione e rassicurando sull'intenzione britannica di rimanere in Europa. Al suo fianco mancava però l'alleato Clegg, che domenica lo aveva pesantemente criticato.

12/12/2011

E' stata un'appassionata difesa della scelta isolazionista quella che il premier britannico David Cameron ha fatto questo pomeriggio ai Comuni, in un'infuocato dibattito parlamentare.

"Ho sinceramente cercato un accordo", ha esordito Cameron, che ha poi spiegato il suo veto con la necessità di difendere l'interesse nazionale. Ma a brillare più di tutte è stata un'assenza: quella del vicepremier e alleato liberaldemocratico Nick Clegg, che ieri è andato alla Bbc per dissociarsi platealmente dal leader conservatore. Un'assenza subito rilevata dal leader laburista Ed Miliband, che ha pubblicamente chiesto ragione a Cameron dell'assenza di Clegg. Cameron ha risposto affermando di aver concordato con i liberaldemocratici la posizione da tenere al summit, e ha cercato di lanciare messaggi rassicuranti: "faremo il possibile per restare nell'Eurozona, siamo in Europa e vogliamo restarci". L'area euro oggi ha aperto in negativo una settimana importante: a rovinare tutto ci si è messa l'agenzia di rating Moody's, che manterrà sotto osservazione i Paesi dell'Unione Europea. L'agenza di rating ha anticipato che ogni decisione su eventuali declassamenti sarà presa solo nel primo trimestre 2012. Per l'altra agenzia, Fitch, il vertice europeo 'ha fatto poco per alleggerire la pressione sul debito sovrano dell'Eurozona': una 'soluzione complessiva' della crisi non e' in vista. Milano ha perso ben oltre il 3%, male anche Francoforte e Parigi. Due le notizie positive: i Bot a 12 mesi collocati in mattinata dal Tesoro hanno fatto rgistrare una domanda boom e rendimenti in calo al 5,95%. Mentre la Bce ha annunciato che gli acquisti di titoli di Stato sono scesi drasticamente la scorsa settimana, attestandosi a soli 635 milioni di euro.

12/12/2011

Bufera politica in Gran Bretagna, con il premier David Cameron che sta pagando a caro prezzo la scelta isolazionista in Europa.

Quello che molti avevano pronosticato è successo: l'alleato di minoranza liberaldemocratico, Nick Clegg, che avete appena ascoltato, è uscito allo scoperto: in un'intervista alla Bbc, Clegg si è detto amaramente deluso per la scelta di Cameron, al punto da definire quella del premier una cattiva decisione, che può isolare e marginalizzare la Gran Bretagna in Europa. Clegg rifiuta tout court l'idea di un referendum sull'Unione Europea, e si dice anzi pronto a lavorare per riannodare i fili con le capitali del Continente. Il leader liberaldemocratico ha comunque escluso una crisi di Governo, ritenendola troppo dannosa -in questo momento- per il Paese. Cameron cammina ora su un crinale pericoloso: la coabitazione con i liberaldemocratici rischia di diventare difficile, e anche la stampa liberale gli ha dichiarato guerra. Per gli euroscettici -al contrario- è un eroe: anche l'opinione pubblica, notoriamente poco eurofila, lo promuove: sei cittadini su dieci sono convinti che il premier abbia preso la decisione giusta venerdì a Bruxelles. uno su due vorrebbe anzi che Londra abbandonasse l'Unione. In realtà, raccontano le prime indiscrezioni filtrate dal summit del weekend, Cameron non se l'aspettava proprio di venire mollato in pochi istanti dagli altri nove Paesi non appartenenti all'Eurozona. Le sue richieste -irricevibili- su esenzioni ai regolamenti comunitari nel settore finanziario, avevano appena fornito alla Francia l'occasione di mettere Londra nell'angolo. Alla resa dei conti, il potere di attrazione della zona euro ha prevalso, convincendo anche i Paesi tradizionalmente euroscettici. E Cameron si è trovato solo. Come negoziatore, un vero disastro.

11/12/2011

Superato lo scoglio del varo del Trattato per l'Unione di Bilancio, l'Europa guarda ora all'Fmi, quale argine per l'Euro. In Gran Bretagna accoglienza a due facce per il premier Cameron, dopo il summit.

Il giorno dopo la clamorosa rottura, Europa e Gran Bretagna guardano avanti. Ciascuna per la propria strada. Sul primo fronte, l'ipotesi di un'unione di bilancio a 26 non ha tolto dall'agenda l'urgenza di rafforzare le difese dell'euro. I Paesi dell'Unione si sono impegnati venerdì a fornire altri 200 miliardi al Fondo Monetario Internazionale, a ulteriore rafforzamento dell'argine. La mossa ha spostato il focus sugli altri contribuenti del fondo. I Paesi emergenti non sembrano entusiasti all'idea di sborsare denaro a beneficio del Vecchio Continente, considerato il peso ancora relativo che hanno nella stanza dei bottoni. E neppure gli Stati Uniti sembrano felici all'idea di immettere ulteriori dollari nell'Fmi: i repubblicani -al Congresso- sono sulle barricate, e l'opinione pubblica è ancora molto amareggiata dal costo dei grandi salvataggi bancari. Soprattutto, le elezioni presidenziali incombono, legando le mani a Barack Obama. Nessuno lo dice apertamente, ma l'ipotesi di salvataggio di Spagna o Italia preoccupa - eccome. A Bruxelles intanto i tecnici comunitari sono già alle prese con la stesura del nuovo Trattato Intergovernativo salva-euro, la cui natura -abbastanza unica- rischia di creare confusione sulla sua applicazione, col rischio di renderlo inefficace. Oltremanica, intanto, il premier David Cameron incassa la soddisfazione dell'ala più euroscettica dei Conservatori, ben incarnata dal Cancelliere dello Scacchiere George Osborne, che in un'intervista plaude alla difesa degli interessi finanziari e industriali britannici. Tuttavia la stampa più liberale, e gli stessi alleati di Governo, i liberaldemocratici, si rammaricano dell'isolamento del Paese in Europa. E vedono Londra alla deriva.

10/12/2011

Il giorno dopo uno dei più importanti eurosummit, Londra si sveglia fuori dall'Europa.

Tutti i titoli dei principali quotidiani internazionali dipingono una Gran Bretagna isolata, con un vero e proprio muro di divisione al posto del Canale della Manica. Anche una parte della stampa inglese ha criticato Cameron: il Guardian parla di un Paese alla deriva, l'Independent di un primo ministro che ha giocato male la partita negoziale, mentre il Daily Telegraph lo definisce un "uomo solo in Europa". I giornali convergono però sull'idea che Cameron avrà un'accoglienza trionfale nella prossima seduta parlamentare, avendo ceduto alle richieste dell'ala più dura e antieuropeista del suo schieramento. Il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne, non a caso, è subito sceso in campo per sostenere che la mossa di Cameron al summit ha difeso gli interessi britannici. "I servizi finanziari e la manifattura", ha affermato Osborne, sono stati protetti da un eccesso di integrazione europea. I Tories hanno già festeggiato Cameron: 30 di loro sono stati ricevuti la sera stessa, dal premier. Uno dei deputati lo ha descritto come "molto rilassato, felice e fiducioso". Resta un punto di domanda, ancora aperto, in termini di politica interna: quali effetti la mossa di Cameron avrà nei rapporti con l'alleato di minoranza, quei liberaldemocratici, la cui visione è decisamente più europeista?

10/12/2011

L’Europa procede. Ma Londra resta fuori.

A 20 anni esatti dal concepimento dell’idea di moneta unica, i 17 Paesi dell’Eurozona (più i nove che ancora non ne fanno parte) hanno lanciato un chiaro segnale politico. Dando luce verde ad una unione di bilancio e fiscale, un “fiscal compact”, che imporrà regole più rigide per il rispetto dei conti pubblici, in primis il pareggio di bilancio, che dovrà essere vergato in Costituzione. Il nuovo Trattato, che prevederà sanzioni quasi automatiche per i Paesi dell’Eurozona che non rispettano il Patto di Stabilità, dovrebbe vedere la luce –secondo il presidente europeo Van Rompuy- al più tardi entro marzo. Sul breve periodo, è stato deciso l’anticipo del fondo salva-Stati permanente, l’Esm, al prossimo luglio, con l’impegno di nuovi prestiti bilaterali europei all’Fmi per 200 miliardi. Una potenza di fuoco a difesa dell’euro inferiore alle attese più ottimistiche, ma che punta a convincere le altre potenze mondiali circa la bontà delle intenzioni comunitarie. Il significato del vertice è soprattutto politico: la Gran Bretagna si è trovata -a sorpresa- completamente isolata, nel porre ostacoli all’intesa sul Trattato, mollata formalmente persino dall’euroscettica Ungheria. Uno smacco per il premier David Cameron. Il quale sceglie di difendere gli interessi della City e nega che Londra si sia messa fuori dall’Unione. Punta il dito contro Cameron il francese Nicolas Sarkozy, che parla degli amici inglesi con un tono da “parenti serpenti”, mentre festeggia la tedesca Merkel. Per lei un gran bel risultato. La sua linea è passata. Anche se, va detto, la crisi dell’euro non può certo dirsi conclusa.

9/12/2011

L’Europa va avanti –su bilancio e politica fiscale- a 26.

E’ questo l’inatteso -per quanto non del tutto sorprendente- risultato della due giorni di vertice a Bruxelles, che ha varato un’unione di bilancio e fiscale a 17+9, lasciando la Gran Bretagna completamente isolata. Il Trattato, che avrà una forma intergovernativa, con una supercooperazione rafforzata, vedrà la luce a marzo, ma già alcuni elementi sono stati messi nero su bianco, quale il pareggio di bilancio da vergare in Costituzione, con sanzioni automatiche per i Paesi che sforano il tetto del deficit e riduzione obbligatoria e graduale del debito, per chi sfora il tetto del 60% sul Pil. La Commissione avrà poteri sanzionatori. Sul breve termine, l’argine a difesa dell’euro si affida all’anticipo dell’entrata in vigore del fondo salva-Stati permanente, lo ESM, che avrà una potenza di fuoco di 500 miliardi, e ai 200 miliardi di prestiti bilaterali che i Paesi europei forniranno al Fondo Monetario Internazionale. Qui il risultato è decisamente sotto le attese più ottimistiche, ma i veti tedeschi sono risultati insormontabili. A due giorni conclusa, il cerino in mano resta a Londra, con il premier Cameron costretto a smentire che il suo Paese sia fuori dall’Europa. Sarkozy se ne va addossando la colpa proprio a Londra, mentre la Merkel si dice soddisfatta dell’accordo. Il premier italiano Mario Monti, amante del metodo comunitario, si dispiace dell’assenza britannica, ma guarda al bicchiere abbondantemente mezzo pieno.

9/12/2011

Una nota positiva da Bruxelles: la firma da parte della Croazia del Trattato di Adesione all'Unione Europea. Dopo un referendum confermativo, Zagabria diventerà dunque il 28esimo Paese membro dell'Unione, a partire dal luglio del 2013.

Le notizie positive purtroppo si fermano qui. La nottata, protrattasi per circa dieci ore di maratona negoziale, ha partorito una profonda, per quanto in parte attesa, divisione tra la Gran Bretagna e il resto dell'Eurozona: Londra ha scelto la strada dell'isolamento, come ha perfettamente riassunto il presidente francese Nicolas Sarkozy all'alba. Avremmo preferito una riforma dei Trattati a 27, ma non è stato possibile, a causa della posizione dei nostrti amici britannici. Sarà quindi un Trattato Intergovernativo, a 17, aperto a tutti coloro che si vorranno unire. La maggior parte ci ha già fatto sapere che si aggregheranno. Al momento ci sono solo due Paesi che si sono tenuti fuori: l'Ungheria e la Gran Bretagna. Con ritardo, sono ripresi i lavori del summit, che dovrà definire nei dettagli il nuovo Trattato Intergovernativo, e soprattutto le linee di difesa sul breve termine dell'Eurozona: a quanto è dato sapere, il nuovo fondo salva-Stati permanente, l'ESM, operativo da luglio, avrà una capacità massima di 500 miliardi, meno di quanto si sperava, e non potrà operare come banca. I veti tedeschi hanno quindi impedito una maggiore flessibilità di questo strumento. La Bce dovrebbe comunque fornire supporto tecnico all'attuale fondo salva-Stati temporaneo. La linea di difesa dell'euro si arricchisce di 200 miliardi, che sarannpo garantiti attraverso prestiti bilaterali da parte dei Paesi europei al Fondo Monetario Internazionale. Tre quarti di questa somma arriveranno da Paesi dell'Eurozona.

Per quanto riguarda invece il Trattato Intergovernativo, chiamato "fiscal compact", nome ideato tra l'altro dal presidente della Bce Draghi, questo Trattato obblighera' i Paesi aderenti ad avere il pareggio di bilancio come norma costituzionale, con possibilita' di sforare non oltre lo 0,5%. In caso di 'deviazione' dai parametri di bilancio dovra' scattare un ''meccanismo automatico di correzione''.

9/12/2011

Una maratona negoziale drammatica, prolungatasi fino all’alba di oggi, consegna al mondo e ai mercati un’Europa spaccata.

I 17 Paesi dell’Eurozona più altri sei da una parte; Gran Bretagna e Ungheria dall’altra; mentre Repubblica Ceca e Svezia non si sono pronunciate, in assenza di un mandato parlamentare. La cosiddetta Unione di Bilancio, o Unione Fiscale, nasce quindi senza Londra, le cui richieste per un diritto di veto sulle norme europee relative al mercato unico dei servizi finanziari sono state giudicate inaccettabili. Quello che l’Europa varerà, con ogni probabilità entro marzo, sarà dunque un trattato intergovernativo che implicherà una maggiore unione fiscale e di bilancio, con uno sforamento consentito rispetto all’obiettivo del pareggio nei conti pari a mezzo punto del Pil. Previsto anche l’anticipo del fondo salva-Stati permanente, che nascerà nel luglio 2012. Sarà gestito dalla Bce, ma non potrà funzionare come una banca. Tutto rinviato a giugno sugli Eurobond, mentre anche l’ipotesi di sommare l’attuale fondo salva-Stati temporaneo con quello permanente appare sfumata. Nell’immediato, i Paesi europei metteranno in campo una nuova linea di difesa pari a 200 miliardi di prestiti al Fondo Monetario, per rafforzare la potenza di fuoco a proteione dell’euro. Al termine di una lunga nottata, i leader –visibilmente provati- hanno commentato i risultati: il vero duello verbale si è registrato tra il francese Sarkozy e il britannico Cameron: “la mancanza di un accordo unanime si deve ai nostri amici inglesi” – cosi Sarkozy, mentre Cameron insisteva: “non rinunceremo mai alla nostra sovranità. Ciò che è uscito dal summit non era nell’interesse di Londra”. Più di pragmatica la cancelliera tedesca Angela Merkel (“l’Euro riconquista la sua credibilità”), soddisfatto anche il presidente della Bce Mario Draghi.

8/12/2011

Ore decisive, tra allarmismi e rassicurazioni, per uno dei summit annunciati come tra i più importanti nella storia europea del Dopoguerra.

Aperta dalle dichiarazioni esplosive del Ministro francese agli Affari Europei Jean Leonetti, circa il rischio di dissoluzione dell'Unione, la giornata è proseguita con l'appello del presidente Sarkozy, che ha chiesto un accordo entro domani. "Non ci sarà una seconda chance", ha avvertito. Più ottimista la cancelliera tedesca Angela Merkel, che si è detta fermamente convinta che un'intesa sia possibile. Ma da Londra il premier britannico David Cameron si è detto pronto al veto sulla modifica al Trattato, qualora venissero toccati gli interessi britannici. Ma cosa accade dietro le quinte del summit? Le ipotesi sul tavolo restano le più varie: fonti comunitarie parlano dell'idea sempre più concreta di un nuovo trattato intergovernativo a 17, aperto pure ai Paesi non membri dell'Eurozona, da varare entro marzo. Il Trattato conterrebbe nuovi obblighi in materia di conti pubblici. Sul fronte della barriera a protezione dell'euro, ci sono due strade: la prima è quella dei 150 miliardi di nuovi prestiti bilaterali all'Fmi, cui si aggiungerebbe l'amalgama dei due fondi salva-Stati, quello provvisorio e quello permanente, in arrivo il prossimo anno. La somma offrirebbe una potenza di fuoco pari a circa mille miliardi. Da Francoforte, intanto, il presidente della Bce Mario Draghi ha tagliato di un quarto di punto i tassi, portandoli all'1%. Draghi ha annunciato due aste a 36 mesi per assicurare liquidità alle banche, e ha parlato di ampliamento delle garanzie collaterali per poter accedere ai finanziamenti dell'Eurotower. Ma ha tagliato le stime di crescita europee per questo e il prossimo anno. Una notizia poco gradita alle Borse.

3/12/2011

La cancelliera tedesca Angela Merkel disegna da Berlino la strategia per salvare l'euro, indicando nell'Italia la linea estrema di difesa. Ma Londra si mette di traverso.

"Unione fiscale": è questo il punto di arrivo dichiarato della cancelliera tedesca Angela Merkel, che al Bundestag di Berlino promuove la sua ricetta per salvare l'euro, a una settimana esatta dall'ennesimo vertice considerato come decisivo per le sorti della moneta unica. "Il futuro dell'euro è inseparabile dal futuro dell'Unione Europea", scandisce la Merkel, che -pur tra le reciproche differenze- ha fissato con il francese Nicolas Sarkozy il punto d'arrivo comune: il cambio del Trattato che regola l'Unione. La cancelliera ribadisce il suo "no" agli eurobond, e ne ha anche per l'Italia: "Roma ha davanti a sé un'enorme sfida, è responsabile per il proprio futuro e per il futuro dell'Europa". Dietro le quinte si comincia a intavedere intanto l'emergere di un complicato puzzle, il cui incastro non è garantito: unione fiscale interna all'Eurozona, misure di austerità nazionali per ridurre i costi di rifinanziamento dei debiti più elevati, incremento della potenza di fuoco per prevenire il contagio. In cambio, anche se non lo ammette esplicitamente, Berlino potrebbe aprire la strada agli Eurobond. Gli ostacoli in vista del vertice di venerdì restano enormi: a mettersi di traverso ieri ci ha pensato il premier britannico David Cameron, che in visita a Parigi -da Sarkozy- ha affermato che qualsiasi riapertura del Trattato che regola l'Unione implicherà una difesa degli interessi britannici. Tradotto con i sottotitoli: Londra ne approfitterà per riportare a casa sovranità e competenze. La prossima settimana sarà ad altissima tensione per l'euro: lunedì Merkel e Sarkozy apriranno le danze di un braccio di ferro diplomatico che potrebbe produrre scintille al Consiglio Europeo.

2/12/2011

Un nuovo Trattato Europeo: il presidente francese Nicolas Sarkozy lancia lo sprint, in vista del decisivo Consiglio Europeo di venerdì prossimo. Ma ieri è stato anche il giorno di Mario Draghi all'Europarlamento.

"Rifondare l'Europa, perché non rischi di essere spazzata via": Nicolas Sarkozy lancia -da Tolone- la campagna d'autunno, per riscrivere regole e Trattati europei. Una campagna decisa in tandem con la cancelliera tedesca Angela Merkel, che Sarkozy incontrerà lunedì a Parigi. Il presidente francese ne ha per tutti, in un discorso pensato per rilanciare la sua claudicante campagna elettorale, in vista delle presidenziali. Attacca Maastricht, definendolo imperfetto; attacca Schengen, da ripensare; precisa che il salvataggio greco resterà un unicum; attacca il sistema di veti che bloccano il processo decisionale in Europa; attacca l'applicazione selvaggia del libero mercato. Poi l'affondo: "l'Europa va ripensata". Più disciplina di bilancio, difesa dell'euro, difesa degli interessi economici e industriali comunitari, più metodo intergovernativo per l'integrazione. In sintesi, un nuovo Trattato, concetto che sarà -con ogni probabilità- ribadito oggi dalla Merkel al Bundestag. Con la campagna Merkozy ormai in marcia, con un tandem franco-tedesco che torna ad essere "club esclusivo", pur nelle sue differenze di vedute, è toccato al neo presidente della Bce Mario Draghi, in un Europarlamento semivuoto, spronare gli Stati membri all'azione.

Serve una risposta veloce ed immediata, per restituire credibilità all'euro, serve un accordo fatto di regole e impegni su bilancio e debito. Un patto fiscale, che porti a un'integrazione economica più profonda, lascia intendere Draghi. Ciò potrebbe consentire a Francoforte di avere un ruolo più attivo nell'aggredire la crisi, pur nel perimetro delle sue attribuzioni. Di parere diverso il Governatore della Bank of England, Mervyn King, che ieri ha detto: "stiamo lavorando su un vasto spettro di piani di emergenza, per far fronte a un intensificarsi della crisi. Inclusa la fine dell'euro".

30/11/2011

"Piena fiducia in Mario Monti: crediamo che potrà portare a termine il programma di riforme": così il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker, al termine del summit dei Ministri delle Finanze di ieri sera.

Battesimo del fuoco per il neopremier Mario Monti a Bruxelles, nel primo di una serie di appuntamenti cruciali per l'Italia e l'Eurozona. Sul tavolo l'analisi della Commissione Europea sull'Italia, che avverte esplicitamente: tassi di interesse elevati -in modo persistente- aumentano il rischio di fuga dai bond italiani, col rischio di un avvitamento della crisi di liquidità. Tema di estrema attualità, considerati i rendimenti record dei titoli tricolori. Per il resto, poche le sorprese: Bruxelles chiede a Roma misure aggiuntive urgenti per 11 miliardi, e un piano di riforme che includa- tra le altre cose- lo spostamento della tassazione dall'impiego ai consumi e al settore immobiliare, insieme a una legislazione sul lavoro che spezzi il meccanismo duale tra protetti ed esclusi. Il Commissario all'Economia Olli Rehn suggerisce pure una riduzione del costo delle pensioni, insieme alla lotta all'evasione. Il rapporto non impensierisce Monti, venuto a Bruxelles per illustrare le linee d'azione del suo Governo: a tarda serata, dirà che è andata "molto bene". "Le misure presentate ''da Monti rappresentano una buona base su cui fondare riforme ambiziose e garantire gli obiettivi sperati", commenterà Juncker, che ha dato voce a consenso comune sul neopremier. Ma l'Italia non è stato l'unico dossier sul tavolo dell'Eurozona, che ieri ha sbloccato la ben nota sesta tranche di aiuti alla Grecia. Il nodo cruciale resta l'irrobustimento del fondo salva-Stati: per Juncker, progressi si sono registrati ieri sera, ma l'impressione è che resti molto da fare. Così i tre Paesi del Benelux spingono per una soluzione che coinvolga l'Fmi: l'ipotesi è che la Bce presti denaro al Fondo per aiutare i Paesi europei in difficoltà. Berlino e Parigi intanto premono per indurire le regole della governance economica. Sarà un mese ad alta tensione, in Europa.

29/11/2011

Primo appuntamento di una serie di vertici fondamentali per definire le sorti dell'Italia e della stessa Eurozona. Partiamo dal Belpaese, con il rapporto della Commissione Europea.

''Tassi d'interesse elevati, in modo persistente, aumentano il rischio di una 'fuga' dai bond italiani'', scrive Bruxelles, che lancia l'allarme: ''in assenza di una risposta determinata puo' aumentare rapidamente il rischio di un avvitamento della crisi di liquidità". Più in generale, la Commissione chiede a Roma di "aumentare rapidamente i propri sforzi per fronteggiare la sfida che ha davanti. "L'agenda deve essere ambiziosa, globale ma anche dettagliata e vincolata a una tempistica precisa''. Bruxelles chiede una tabella di marcia vincolante: il Commissario all'Economia Olli Rehn propone "un piano di riforme ispirato ai principi di equità e giustizia sociale". E suggerisce di ''spostare il peso della tassazione dal lavoro ai consumi e all'immobiliare''. Tra le altre riforme richieste dall'Europa: una riduzione "più rapida" del costo delle pensioni, e la lotta contro l'evasione fiscale". In mattinata il quotidiano La Repubblica aveva anticipato come Bruxelles intenda proporre una manovra da 11 miliardi di euro, per rispettare l'obiettivo di pareggio di bilancio nel 2013. Nel pomeriggio il premier e Ministro dell'Economia Mario Monti è giunto a Bruxelles, per una serie di bilaterali prima dell'Eurogruppo.

Ma non c'è solo il caso-Italia al centro dell'attenzione. Tre ministri finanziari, di Lussemburgo, Belgio e Olanda, hanno lanciato un appello per il coinvolgimento di Fmi e Bce contro la crisi del debito europeo. Il tutto mentre la Francia si è allineata alla Germania, nel chiedere una riforma della governance comunitaria, per dare un giro di vite alla disciplina di bilancio. Da Berlino, la cancelliera tedesca Angela Merkel ribadisce il "no" agli eurobond, e da Londra il cancelliere dello Scacchiere George Osborne pronostica: ''una larga parte d'Europa sembra diretta verso una recessione''.

29/11/2011

L'Europa promette, per bocca del presidente Herman Van Rompuy: il 9 dicembre arriverà l'attesa road map per il salvataggio dell'euro. Il summit di Washington tra Barack Obama e i presidenti di Commissione e Consiglio Europeo, Barroso e Van Rompuy, si gioca sul doppio binario del bastone e della carota.

Obama fa esprimere al portavoce Jay Carney tutte le preoccupazioni sull'impatto che la crisi del debito sovrano europeo potrà avere sull'economia statunitense. Accompagnate dall'invito ad agire in modo rapido e deciso. oi, nel comunicato finale, il plauso agli interventi finora presi dall'Unione, sigillato da un attestato di fiducia. Obama chiosa: "se la crescita europea si contrae, per noi è un problema enorme". Sulla crisi ''l'Europa lavora duro su tre fronti", lo rassicura Van Rompuy, mentre Barroso aggiunge: ''ho piena fiducia che l'Europa possa risolvere la crisi''. Ma Obama, conscio delle diversità di vedute tra Bruxelles e l'asse franco-tedesco, si affretta a precisare di essere constantemente in contatto con i vertici di Francia e Germania. Washington incassa insomma la buona volontà europea, ma resta alla finestra, in attesa di vedere quale strada prenderà l'Unione: le voci sulla possibile creazione di un'Eurozona a due velocità, secondo i piani Merkel-Sarkozy, potrebbero anche concretizzarsi. Né si può escludere lo scenario peggiore: il collasso dell'Eurozona. Stasera intanto Mario Monti farà il suo esordio come Ministro dell'Economia all'Eurogruppo: secondo le prime indiscrezioni, Bruxelles presenterà una valutazione sostanzialmente positiva sulle misure delineate da Roma, con un invito a rispettare gli impegni presi, traducendoli in misure concrete.

26/11/2011

L'agenzia di rating Fitch declassa otto banche italiane e sentenzia: economia del Belpaese probabilmente già in recessione. Quella di ieri è stata un'altra giornata di passione sui mercati.

Nuovo allarme sul mercato dei titoli, dopo un venerdì da record per i bond italiani: nell'asta dei Bot semestrali il Tesoro ha dovuto offrire un rendimento medio del 6,5%, tre punti in più rispetto a solo un mese fa. Un tasso così alto non si vedeva da quattrodici anni. Il tasso sul Btp a due anni è schizzato oltre l'8%. Percentuali che rendono sempre più difficile rifinanziare il debito sui mercati, a livelli che -nel medio-lungo termine- corrono il serio rischio di divenire insostenibili. A risentirne anche lo spread, il differenziale tra Btp e Bund tedeschi decennali, , schizzato fino a 511 punti. Come se non bastasse, a mercati chiusi l'agenzia di rating Fitch ha declassato otto banche italiane di medie dimensioni, tra cui Popolare di Sondrio, Credito Emiliano, Popolare di Milano e Popolare dell'Emilia Romagna, con outlook negativo, a causa delle alte svalutazioni sui crediti e una ridotta redditività operativa. Sempre per Fitch, l'economia italiana è probabilmente già entrata in recessione. Il contesto europeo presenta ulteriori segnali allarmanti: ieri Standard & Poor's ha declassato a doppia A il rating del Belgio, motivando la decisione con le difficoltà nel sistema bancario e l'incapacità del Governo di rispondere alle pressioni economiche. L'Ungheria, fuori dall'Eurozona, vede addirittura approssimarsi un rischio default, dopo il taglio del rating da parte di Moody's. E, secondo alcune indiscrezioni, il nuovo Governo di centrodestra spagnolo starebbe studiando la possibilità di chiedere aiuti internazionali, per uscire dalla crisi. La luce in fondo al tunnel, per l'Europa, appare ancora troppo lontana.

23/11/2011

Più incisività sulle riforme strutturali: nel suo ritorno a Bruxelles da primo ministro, Monti fa della credibilità internazionale la propria parola d'ordine, segnando -implicitamente- una linea di demarcazione con il Governo Berlusconi. Stavolta si fa sul serio, è il messaggio sottinteso.

Mario Monti si lascia andare poi a una battuta sul senso dell'"andare a fondo", precisando che intendeva dire "fino in fondo". Ma è l'unica battuta, strappata all'amplomb british del Professore. Monti indica l'Europa quale stella polare dell'azione di Governo, e tocca pure il tema dell'obiettivo di pareggio di bilancio nel 2013, generando un piccolo giallo: afferma di non averne parlato con Barroso, poi in serata fa sapere che questo obiettivo non è mai stato messo in discussione. Poco più tardi Monti si sposta nell'altro centro decisionale dell'Europa: il palazzo Justus Lipsius, dove incontra il presidente Herman Van Rompuy. Servono ''interventi urgenti e ridisegni strutturali'' di Eurolandia, afferma Monti, auspicando una maggiore partecipazione italiana. Poi ribadisce la piena sintonia con le richieste europee. Ma il vero tema sono gli Eurobond, su cui la Commissione presenterà oggi proposte. Il premier lascia la porta aperta, sfidando le resistenze tedesche. hiusura di giornata con gli eurodeputati italiani, ai quali assicura: mi impegno a rispettare gli accordi presi precedentemente con l'Europa.

22/11/2011

Il messaggio è semplice e non lascia spazio a fraintendimenti: sul fronte delle riforme strutturali, l'Italia intende fare sul serio.

Al suo esordio a Bruxelles, un ritorno in verità - dopo la lunga esperienza come Commissario Europeo, il premier Mario Monti consegna all'Europa un messaggio chiaro. Monti incontra in due tappe i massimi vertici dell'Unione Europea: prima il presidente della Commissione Barroso, poi quello dell'Unione Van Rompuy. Da Barroso incassa l'incoraggiamento più forte: quella di Monti è una "sfida enorme", ma il premier italiano ha l'autorità per guidare il Paese. Barroso non nasconde comunque la preoccupazione sulla situazione degli spread in Italia, e promette di continuare il monitoraggio delle riforme. Il presidente della Commissione elenca le tre condizioni per uscire dalla crisi: determinazione nell'applicazione delle misure annunciate, sforzo per mantenere l'avanzo primario, interventi per aumentare il potenziale di crescita. Quando incontra Van Rompuy il confronto si sposta sugli Eurobond: domani bruxelles presenterà proposte operative per attuarli. Il presidente europeo, conscio del terreno minato dalle opposizioni tedesche, dribbla le domande, definendo le euroobbligazioni come una soluzione non immediata al problema della crisi. Si spinge oltre Monti, che afferma: "non ci devono essere tabù", lasciando intravedere una linea più favorevole. Piccolo giallo sull'impegno per il pareggio di bilancio nel 2013. Monti a fine pomeriggio chiariche: "questo obiettivo non è mai stato messo in discussione".

22/11/2011

"Avanti incisivamente con le misure strutturali": il primo ministro Mario Monti torna a Bruxelles, dove è stato Commissario Europeo per dieci anni, portando un messaggio di stabilità e continuità. Ma soprattutto, di maggiore incisività, rispetto all'esecutivo Berlusconi. Tempo di riforme vere, insomma: questo il nuovo mantra.

''Il mio sforzo e quello del mio governo sara' mettere l'Europa al centro della nostra attività", ha affermato Monti, che ha posto come punto di partenza il programma annunciato dal Governo precedente. Il premier ha aggiunto di non aver discusso con Barroso i dettagli delle misure per il pareggio di bilancio nel 2013. Da parte sua, il presidente della Commissione ha definito una sfida "enorme" quella di Monti, al punto che nessuno si aspetta miracoli. E ha aggiunto: "l'Italia deve proseguire gli sforzi per recuperare la fiducia degli investitori. Siamo ancora preoccupati per il livello degli spread". Infine, l'attestato di fiducia: "Monti ha l'autorità per guidare l'Italia". Il premier è ora a colloquio con il presidente dell'Unione Europea Herman Van Rompuy.

22/11/2011

L'Eurozona torna nella bufera, con la seria preoccupazione che il contagio della crisi del debito sovrano stia per superare la barriera dei paesi periferici.

A suonare il campanello d'allarme ieri è stata l'agenzia di rating Moody's, che ha avvertito: l'aumento dei tassi dei titoli di stato francesi, insieme a una prospettiva di crescita in deterioramento, potrebbe portare a un abbassamento del rating transalpino, che al momento beneficia della tripla A. A rischio pure la solidità del fondo salva-Stati comunitario. Intanto l'Europa si interroga sull'opzione Eurobond: le anticipazioni uscite sulla stampa, probabilmente pilotate per sondare gli umori di Berlino, si sono scontrate con l'ennesimo "nein" teutonico. "Gli Eurobond non risolvono il problema alla radice", fa sapere il portavoce della cancelliera Merkel, obbligando il presidente della Commissione Barroso a specificare che domani, insieme alle proposte per il varo di obbligazioni comuni, saranno annunciati pure regolamenti per mettere sotto tutela europea i Paesi a rischio, nell'ottica di un rafforzamento della convergenza economica. Ieri il neopremier greco Papademos ha fatto la sua prima visita ufficiale a Bruxelles, assicurando le istituzioni comunitarie sulle garanzie scritte che il Governo ellenico fornirà sugli impegni di austerità e rigore. A fine novembre dovrebbe venire sbloccata l'attesa nuova tranche di prestiti. In Spagna, dove Standard & Poor's ha confermato il rating ad AA-, con outlook negativo, si guarda alle misure di austerità in arrivo. Capitola infine l'Ungheria, che ha inoltrato a Europa ed Fmi una richiesta di possibile assistenza finanziaria.

21/11/2011

Le elezioni in Spagna. Trionfo con 186 seggi per il Partito Popolare, che ha stravinto, ottenendo la maggioranza assoluta. Debacle per i socialisti, orfani di Zapatero, che hanno collezionato il peggior risultato della loro storia. Ben 22 i punti di distacco tra i due schieramenti.

"Gli spagnoli ci hanno dato la fiducia per Governare il Paese. Sarò il presidente di tutti, governerò al servizio della nazione: disoccupazione, deficit, debito eccessivo e stagnazione economica saranno i miei unici nemici. Viviamo un momento storico per la Spagna: non saremo più un problema, ma la soluzione, per l'Europa": così il neopremier iberico Mariano Rajoy, nel suo primo discorso dopo la vittoria elettorale, mentre migliaia di sostenitori del Pp festeggiavano nella centralissima Calle Genova. Le elezioni hanno consegnato la Spagna al Partito Popolare, che ottiene l'attesa maggioranza assoluta, con il 53% dei voti. Il centrodestra ha colorato di azzurro la mappa della Penisola, vincendo praticamente dovunque. Ai socialisti sono rimaste solo le province di Barcellona e Siviglia. Il Psoe di Alfredo Rubalcaba non riesce a contenere l'attesa sconfitta, pagando a carissimo prezzo le conseguenze della gestione della crisi, che gli elettori hanno identificato col secondo mandato Zapatero: 31% dei voti e solo 110 seggi, finendo addirittura sotto il precedente minimo storico di undici anni fa. "Non abbiamo avuto un buon risultato, possiamo assicurare che saremo all'altezza della sfida di capeggiare l'opposizione", ha affermato Rubalcaba prima di annunciare un Congresso del partito. Il Congresso che esce da queste elezioni risulta non solo completamente nelle mani dei Popolari, ma anche estremamente frammentato: terza forza i conservatori catalani di Convergencia i Uniò, quarta l'estrema sinistra di Izquierda Unida, che sestuplica i deputati sottraendo voti ai socialisti, quinti gli indipendentisti baschi di Amaiur, nuovo primo partito nazionalista basco. Oggi l'esame dei mercati, che potrebbero benedire un Parlamento iberico saldamente nelle mani di un partito in grado di avviare speditamente le riforme necessarie per uscire dalla crisi. Per la Spagna si annuncia un periodo di austerità.

21/11/2011

Prime indiscrezioni sulle proposte che la Commissione Europea presenterà mercoledì sugli eurobond. Si chiameranno "stability bond". Ma Bruxelles avanzerà anche altre idee.

E arrivò il momento degli Eurobond. Superando le fortissime resistenze tedesche, la Commissione Europea si prepara a proporre -mercoledì- tre opzioni per i titoli di debito comuni, una delle quali potrebbe partire a breve. Nei documenti della Commissione, due ipotesi sembrano particolarmente favorite, anche perché prevedono una vera e propria condivisione: la prima, su cui il veto tedesco appare certo, prevede il pieno trasferimento dell'emissione dei debiti nazionali a una struttura europea, beneficiando di garanzie comuni. La seconda, più realistica, prevede una condivisione parziale dell'emissione di debito, nella forchetta compresa tra il 60% -tetto massimo previsto dal patto di stabilità- e l'effettivo livello di debito dei singoli Paesi. Infine la terza, che non richiede modifiche ai Trattati, punta a creare eurobond che sostituirebbero solo parzialmente quelli nazionali: ciascun Paese offrirebbe garanzie pari alla sua partecipazione. Bruxelles, che intende sostenere la creazione di un'agenzia europea per la gestione del debito sovrano, punta a disegnare una roadmap entro metà febbraio. La Commissione proporrà anche di sottoporre a vigilanza rafforzata i Paesi dell'Eurozona con problemi di stabilità, inviando ispettori per verificarne l'operato e proponendo -nel caso- al Consiglio Europeo di raccomandare aiuti finanziari. Rappresentanti dei Paesi sotto tutela potranno essere invitati a riferire all'Europarlamento. L'intero pacchetto di proposte si inquadra nell'ottica di una maggiore governance economica europea, la cui assenza -in presenza di una moneta unica- è stata alla base dei pesanti problemi di crisi dell'Eurozona.

20/11/2011

Accordo sul bilancio 2012 per l'Unione Europea. La crisi ha portato una pesante sforbiciata rispetto alle richieste iniziali.

"Budget di austherity" per l'Unione Europea, per usare la definizione del Commissario al Bilancio Janusz Lewandowski. Quindici ore di serrati negoziati sono sfociati ieri in un accordo che ha limitato a 129 miliardi di euro le risorse per le istituzioni comunitarie nel 2012, con un incremento di solo il 2% rispetto all'anno in corso. Inferiore allo stesso tasso di inflazione, ma soprattutto molto più risicato rispetto alle richieste dell'Europarlamento, che fino all'ultimo ha premuto per un aumento del 5,2%. Nulla da fare, di fronte a Governi che -sull'onda del timore del contagio del debito sovrano- hanno dovuto -uno dopo l'altro- varare manovre di austerità e sforbiciare i bilanci nazionali. Segno dei tempi, insomma: se negli anni di crescita pre-crisi le tensioni tra Stati nazionali e istituzioni comunitarie sfociavano regolarmente in lunghe maratone negoziali, che producevano altrettanto sudati compromessi, stavolta la linea dei Paesi più rigoristi ha vinto, praticamente senza concessioni. L'unico impegno strappato dall'assemblea di Strasburgo riguarda l'ipotesi di finanziamenti extra-budget, qualora si rendessero necessari. La vittoria segna un punto a favore di Paesi quali Gran Bretagna e Olanda. Il fronte della guerra vero e proprio si sposta ora verso i prossimi negoziati sul budget settennale 2014-2020: la Commissione Europea propone un incremento del 5% rispetto all'attuale, per un totale di 1083 miliardi. I negoziati si preannunciano durissimi.

18/11/2011

L'Italia torna in Europa, con Mario Monti. E' bastato il discorso del neopremier al Senato, per riportare il Belpaese nel nocciolo duro dei Paesi fondatori dell'Unione, dopo anni di latitanza e un'emarginazione de facto.

Così la cancelliera tedesca Angela Merkel, anzichè -come nel recente passato- vedersi costretta a chiamare il presidente della Repubblica Napolitano, ha potuto imbastire una conference call a tre, insieme al francese Sarkozy, e allo stesso primo ministro Monti. Dopo le congratulazioni di rito, i tre si sono detti "determinati ad assumersi comuni responsabilita' per la stabilita', la prosperita' e il rafforzamento dell'area euro e dell'intera Unione. Monti, da parte sua, si è impegnato a restaurare la fiducia sui mercarti, attraverso misure per il consolidamento fiscale e le riforme strutturali. Il neopremier si prepara ad un vero e proprio road show di rilancio del sistema-Paese nelle principali capitali europee, che lo vedrà di scena anche a Bruxelles, dove incontrerà il presidente dell'Unione Van Rompuy e quello della Commissione Barroso. I due anche ieri hanno ribadito il pieno di fiducia che accreditano a Monti. Italia promossa pure dall'agenzia di rating Fitch. Resta però alto l'allarme sul contagio del debito: se gli spread tra titoli di Stato sono calati in Italia sotto i 500 punti, complice pure la performance di Monti in Senato, a finire sotto attacco ieri sono state Francia e Spagna. A Parigi i differenziali sono finiti sopra quota 200 punti, a Madrid si sono sfiorati i 500. Eurozona ancora sotto tensione dunque, mentre alla Bce si torna a discutere di come rendere Francoforte più attiva sul fronte dei salvataggi dei Paesi a rischio: c'è chi ipotizza di prestare denaro all'Fmi. Ma le divisioni e i contrasti permangono.

17/11/2011

Il presidente della Commissione Europea Barroso e quello dell'Unione Europea Van Rompuy hanno avuto una conversazione telefonica con Mario Monti. Entrambi hanno annunciato un incontro con il neo primo ministro a breve.

''Totale fiducia'' nelle capacita' dell'esecutivo Monti e' stata espressa da Van Rompuy. Mentre per la Commissione, con il governo Monti l'Italia ''mostra la sua determinazione a superare la crisi''. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha chiesto a Monti 'di decidere e attuare rapidamente le riforme necessarie'. ''L'Italia e' un Paese forte con una buona base economica'', ha aggiunto la Merkel, secondo la quale il nuovo governo italiano deve fare progressi molto rapidi nel risanamento delle finanze del Paese. Reazione positiva sul fronte degli spread, i differenziali tra i btp decennali e il bund tedesco, che hanno archiviato la seduta sotto i 500 punti base, a 494,7. Quella odierna è stata una giornata di forti tensioni invece sugli spread spagnolo e francese: a Madrid il differenziale è balzato al livello record di 499 punti, dopo che il tasso di interesse nell'asta dei bonos è salito al 7%. Il differenziale di rendimento tra i decennali della Francia e il Bund tedesco ha superato la soglia dei 200 punti base, il livello piu' alto dalla creazione della zona euro. Per l'agenzia di rating Fitch, il Governo Monti è credibile, 'si apre un'opportunita' per il Governo italiano di generare una sorpresa positiva, che potrebbe interrompere la dinamica negativa dei mercati e portare i rendimenti dei Bond a un livello piu' sostenibile'. Fitch però avverte: probabilmente l'Italia e' gia' scivolata in recessione.

15/11/2011

Un altro avvio di settimana col piede sbagliato per le Borse europee, dopo un weekend che aveva lasciato ben sperare.

Ma l'effetto "cambio" al Governo, con l'arrivo del premier in pectore Mario Monti è durato solo poche ore. Alla fine delle contrattazioni Piazza Affari lascia sul terreno l'1,99% - Ftse Mib, e l'1,75% - Ftse All Share. Pesa l'incremento degli spread, i differenziali tra titoli italiani e tedeschi, come pesa il forte calo di Unicredit. Sul fronte dei differenziali, quello dei Btp decennali è tornato a superare quota 500 punti rispetto al Bund tedesco, per poi scendere poco sotto. Il fenomeno non ha riguardato solo il nostro Paese: forti tensioni anche sui titoli spagnoli e su quelli francesi. L'attesa asta per i Btp quinquennali è andata bene, ma i rendimenti sono schizzati a livelli record: 6,29%, qualcosa di inedito nell'epoca dell'euro. La Bce ha intanto reso noto di aver più che dimezzato -la scorsa settimana- l'acquisto di titoli sovrani. Intanto l'Europa mantiene la massima vigilanza sull'Italia: ieri telefonate tra Mario Monti e i presidenti di Consiglio e Commissione, Van Rompuy e Barroso. Il mantra non cambia: il giudizio e le misure chieste da Bruxelles sono gli stessi, soprattutto alla luce delle ultime -negative- previsioni di crescita. C'è un'ovvia apertura di credito, rispetto al precedente esecutivo, mai andato -di fatto- oltre le promesse: all'Europa piace l'approccio di Monti. Resta intanto a Roma la missione congiunta di Commissione e Bce, che produrrà un rapporto da discutere al prossimo Eurogruppo. Da registrare infine l'allarme di Christian Clausen, presidente della European Banking Federation: occorre stare alla larga il più possibile dalle obbligazioni italiane e, in generale, da tutti gli asset contaminati dalla crisi europea dei debiti sovrani, avverte Clausen.

14/11/2011

L'Europa mantiene massima vigilanza sull'Italia, dopo l'investitura di Mario Monti a primo ministro.

Oggi telefonate tra lo stesso Monti e i leader comunitari, in primis il presidente del Consiglio Herman Van Rompuy e quello della Commissione Josè Barroso. Il portavoce del Commissario all'Economia Olli Rehn, Altafaj Tardio, ha precisato come il premier in pectore, nel suo discorso, abbia chiarito fin da subito la necessità di rigore ed equilibrio tra consolidamento di bilancio e riforme strutturali. Sempre da Bruxelles è giunta una prima valutazione sulle risposte dell'Italia al questionario europeo: ''complete e puntuali''. Ora il testo è al vaglio dei servizi della Commissione, che stenderà un rapporto in vista dell'Eurogruppo in programma il 29 novembre. Dicevamo di una Commissione che non intende mollare la presa sul Belpaese: ''l'attuale missione Europa-Bce, tuttora a Roma fino a nuovo ordine, non sara' unica, ad essa seguira' un monitoraggio regolare degli impegni presi dal governo'': così sempre il portavoce di Rehn. La palla, insomma, è ora nel campo dell'Italia: il messaggio di Bruxelles è chiaro. Il nuovo Governo deve varare le misure da mettere in campo, alla luce di previsioni di crescita molto preoccupanti: per intanto Barroso invia gli incoraggiamenti di rito all'ex-Commissario Monti. ''Sono certo che sapra' affrontare con successo le difficolta' economiche che l'Italia attraversa in questo momento, affinche' il Paese possa al piu' presto tornare ad essere il grande protagonista dell'Europa comunitaria che e' sempre stata nel passato''.

11/11/2011

Il treno si è fermato. Ricorre a un'immagine molto concreta la Commissione Europea, nel presentare cifre e statistiche che -come aveva annunciato- non possono certo far piacere.

Il Commissario all'Economia Olli Rehn dipinge scenari a tinte davvero fosche: parla di prospetive economiche "tetre" per l'Europa, sottolineando i rischi di una nuova recessione. Le cifre sono impietose: il prossimo anno l'Eurozona crescerà solo di mezzo punto - in primavera si stimavano quasi due punti. Persino la Germania (+0,8%) e la Francia (+0,6%) rallentano vistosamente, per non parlare della Grecia, ancora in recessione, ma preoccupa molto l'Italia: il prossimo anno, stima Bruxelles, la nostra economia entrerà virtualmente in stagnazione, con un microscopico +0,1%, dal mezzo punto in più di quest'anno. Nel 2013 si salirà, a politiche invariate, al +0,7%. Il debito tornerà sotto il 120% solo tra due anni, e -per Bruxelles- nel 2013 il deficit sarà dell'1,2%, mancnado quindi il target del pareggio di bilancio previsto dal Governo Berlusconi. Occupazione ferma in Europa il prossimo anno, con l'Italia che dovrebbe far registrare una contrazione dello 0,2%. Rehn invita l'Italia a fare di più sul fronte pensioni, e prevede un'influenza negativa dell'innalzamento degli spread sulla nostraeconomia. La Bce è più esplicita: i Governi dei Paesi più vulnerabili si preparino a misure aggiuntive. Da Berlino intanto apertura della cancelliera Angela Merkel, che vede l'Italia sulla buona strada, ma invita Roma a realizzare al più presto le misure di austerità promesse. "Il tempo stringe", avverte.

10/11/2011

"La crescita dell'economia si e' arrestata, c'e' il rischio di una nuova recessione'': sono colme di pessimismo le previsioni della Commissione Europea sulla crescita in Europa, drasticamente rivista al ribasso, in particolare nel 2012.

Il prossimo anno l'Eurozona crescerà di un anemico +0,5%, a fronte del +1,7% indicato sei mesi fa. Non va meglio nell'Unione a 27, che crescerà solo dello 0,6%. Secco taglio delle previsioni per Germania (+0,8%), Francia (+0,6%), ma soprattutto per l'Italia, che il prossimo anno crescerà di un modestissimo +0,1%. Di fatto, in stallo- Quest'anno +0,5%. E' l'ennesima dimostrazione che il problema numero uno del Belpaese è la bassissima crescita. Il debito pubblico italiano balzera' al 120,5% nel 2011, restera' invariato l'anno dopo e scendera' nel 2013 al 118,7%. Roma non ce la farà -secondo Bruxelles- a raggiungere l'annunciato pareggio di bilancio tra due anni, promesso dal Governo Berlusconi: il deficit è previsto in calo al 4% nel 2011, per raggiungere l'1,2% nel 2013. Pessime previsioni per la Grecia, in recessione il prossimo anno (-2,28%), mentre la Spagna -nel 2012- si attesterà su un modesto +0,7%. Nel bollettino mensile la Bce esorta intanto i governi dei Paesi ''particolarmente vulnerabili'', a essere ''pronti a valutare ogni misura aggiuntiva che si rendesse necessaria''. Infine una precisazione da Berlino, che fa ben sperare: La Germania si opporra' a qualsiasi decisione di spaccare l'area euro, una scelta che si rivelerebbe ''mortale'' per un Paese esportatore come la Germania. Lo ha detto un portavoce della cancelliera Merkel.

8/11/2011

"Il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti ci ha assicurato sulla determinazione di procedere rapidamente con l'implementazione delle misure promesse dal premier Berlusconi all'ultimo consiglio europeo.

Ci aspettiamo che il Governo italiano risponda alle nostre osservazioni entro la fine della settimana": sembra perdere ormai la pazienza l'Europa, di fronte a un'Italia bloccata e in pieno stallo politico. I toni all'Eurogruppo sono più seccati che arrabbiati, di fronte all'evidenza di un Governo che da mesi fa balenare propositi e intenti, senza accompagnarli da misure concrete. La novità importante, emersa ieri, è che la missione dei monitoraggio della Commissione Europea a Roma -che partirà oggi o domani- sarà svolta in cooperazione con la Banca Centrale Europea. L'Europa, al di là della crisi politica italiana, che il Ministro delle Finanze Giulio Tremonti ha provato a spiegare ai colleghi, non intende concedere dunque ulteriori dilazioni all'Italia. Chiede politiche fiscali rigorose e riforme strutturali decise. Interessante il parallelismo Italia-Grecia. A chi glielo faceva presente, il presidente dell'Eurogruppo Juncker ha specificato che l'Europa non ha fatto appello all'unità politica nazionale in Italia, come ha fatto con Atene. poiché l'Italia non è un Paese sottoposto a un piano di aiuti internazionale. Sulla Grecia i toni si sono fatti più distesi: l'Europa conta di poter erogare la nuova e attesissima tranche di aiuti da otto miliardi entro fine mese, se tutto andrà per il verso giusto.

7/11/2011

L'attenzione dell'Europa è concentrata in queste ore quasi esclusivamente sull'Italia, l'ultimo vero rebus politico del Continente.

Questa sera sono riuniti a Bruxelles i Ministri delle Finanze dell'Eurozona, che chiederanno -presumibilmente- a Giulio Tremonti lumi su una situazione ormai ben poco comprensibile: numerosi giornali stranieri hanno già archiviato -nelle loro edizioni online- l'era Berlusconi, pur precisando che il premier ha negato le dimissioni e che si prepara alla sfida finale. Ovviamente ci si sbilancia molto meno nelle sedi diplomatiche, dove una presa di posizione ufficiale è stata affidata al portavoce della Commissione: l'attesa missione comunitaria per verificare l'implementazione del piano di riforme giungerà a Roma questa settimana, anche con un Governo dimissionario. Da Bruxelles non si risparmiano critiche alle mosse annunciate da Roma: ''la lettera inviata dall'Italia ha dei limiti oggettivi, non c'e' un'analisi economica delle misure o l'impatto sul bilancio, e nemmeno i dettagli della riforma del lavoro'', dichiara Amadeu Altafaj. L'attesa all'Eurogruppo è palpabile: "dobbiamo essere informati sugli sviluppi della situazione in Grecia e sulle intenzioni del governo italiano" riguardo alle misure che si è impegnato ad attuare, ha affemato il presidente Jean-Claude Juncker. L'unico vero salvagente, dopo i recenti attacchi francesi, l'ha lanciato così il Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble: ''la situazione dell'Italia non e' paragonabile con quella della Grecia. I dati sull'economia reale non giustificano il nervosismo dei mercati''.

7/11/2011

Il dramma greco non si trasforma in tragedia per Atene e l'Eurozona, almeno per ora. Con uno scatto di reni dell'ultim'ora, i due principali partiti politici ellenici hanno concordato la formazione di un Governo di unità nazionale.

Ancora scarni i dettagli dell'accordo, che sarà perfezionato oggi con l'indicazione del nuovo premier. Non sarà il socialista George Papandreou, che esce di scena dopo l'opposizione decisa del leader di centrodestra Antonis Samaras. In crescita le quotazioni di Lucas Papademos, già vicepresidente della Bce, un economista di prestigio, che appare come l'ultima spiaggia per un Paese sull'orlo della bancarotta. Altro punto di intesa: le elezioni anticipate avverranno solo dopo la ratifica del nuovo pacchetto di salvataggio europeo, deciso a Bruxelles a fine ottobre, pari a 130 miliardi di euro. Atene insomma ce l'ha fatta a dare un segnale chiaro all'Europa, in vista dell'Eurogruppo di oggi: cruciale il ruolo giocato dal presidente Papoulias, che ha personalmente condotto la mediazione nelle ultime 48 ore. Alla riapertura dei mercati -oggi- rischia così di trovarsi da solo -in prima linea- l'unico Paese europeo dove l'incertezza politica è ancora massima. L'Italia. Ieri il nostro Paese -e sottotraccia, il Governo Berlusconi- è finito nel mirino delle critiche del Ministro degli esteri francese Alain Juppé, che ha affermato: l'Italia ha un problema di credibilità, occorre lottare contro questa sfiducia. Con un lapsus, forse voluto, Juppé è parso confermare l'ipotesi che il monitoraggio dell'Fmi sia stato imposto a Berlusconi all'ultimo G20. Da questa settimana saranno a Roma i tecnici della Commissione Europea, avviando la sorveglianza speciale sull'Italia. I mercati sono alla finestra. Si teme il peggio.

6/11/2011

Ultime -frenetiche- ore di trattative e negoziati in Grecia per la formazione di un Governo di unità nazionale: ore che sembrano davvero contate per l'esecutivo guidato da George Papandreou, che solo venerdì notte ha ottenuto una risicata maggioranza.

In corso l'incontro a sei occhi tra il presidente ellenico Papoulias, il premier ormai uscente Papandreou e il capo dell'opposizione Samaras. La condizione posta proprio da Samaras è stata chiara: ok a un Governo di unità nazionale per approvare il piano di salvataggio varato dall'Europa, ma senza Papandreou. Poi, a breve, nuove elezioni. Papandreou ha già annunciato la sua prossima uscita di scena, e ipotizzato elezioni in primavera. Non c'è tempo da perdere: domani è in programma l'Eurogruppo, e Bruxelles vuole da Atene risposte chiare, sugli impegni che intende prendere. Anche i mercati sono alla finestra, osservando sia il caso greco che quello italiano. Non passa peraltro giorno senza che il nostro Paese finisca bersaglio di qualche critica internazionale. Il Ministro degli Esteri francese Alain Juppé, intervenendo a Europe 1, ha affermato: l'Italia ha un problema di credibilità, occorre lottare contro questa sfiducia. Juppé, incalzato dai giornalisti, ha lasciato intendere -sorridendo- che pure Berlusconi ha un problema di credibilità, fino al lapsus: "Berlusconi ha accettato, cioé ha anche chiesto, un processo di sorveglianza". Proprio Parigi annuncerà domani le misure del suo nuovo piano di rigore: si parla di ulteriori tagli alla spesa pubblica per almeno 7 miliardi di euro. Sempre da domani nuova massima allerta: si teme un cortocircuito tra le crisi politiche italo-greca e i mercati finanziari, mentre tornano a riunirsi Eurogruppo ed Ecofin.

6/11/2011

Ore di frenetiche consultazioni ad Atene, dove il Partito Socialista di George Papandreou prova a forzare la mano per un nuovo Governo di unità nazionale, e l'opposizione di centrodestra attacca: "Papandreou è pericoloso per la Grecia".

Lo stallo politico è evidente, nel Paese ellenico, mentre è atteso per oggi un incontro -cruciale- tra il presidente Papoulias e il leader dell'opposizione Samaras. La linea Papandreou è chiara: dopo aver ottenuto venerdì notte una risicata fiducia, l'obiettivo è andare a un Governo di unità nazionale, che approvi il pacchetto di salvataggio europeo da 130 miliardi ed eviti la bancarotta. Papandreou sarebbe disposto anche a farsi da parte, cedendo la leadership dell'esecutivo al Ministro delle Finanze Venizelos. "Sono tempi critici", ha commentato. L'allerta resta dunque alta in Europa, dove ancora non sono ben chiare le mosse greche. La cancelliera tedesca Angela Merkel, reduce da due settimane di vertici sfibranti, condotti in tandem con il francese Sarkozy, ha avvertito: "occorrerà un decennio per risanare le finanze europee e risolvere la crisi del debito". Gli occhi restano puntati anche sul Belpaese: ieri il premier Berlusconi, finito sotto un pesantissimo fuoco di fila dei quotidiani stranieri, ha negato nuovamente che l'Italia sia commissariata. Sarà: intanto -domani- l'Eurogruppo continuerà a pressare Tremonti, per avere scadenze precise sui primi provvedimenti anticrisi. Ed entro metà settimana un primo team di esperti della Commissione sarà a Roma per stilare un piano d'azione. Entro fine mese arriveranno i tecnici dell'Fmi. "Un test della realtà", per Christine Lagarde. L'Italia resta osservato speciale.

5/11/2011

Il giorno dopo la fiducia all'esecutivo Papandreou, la Grecia guarda a un Governo di unità nazionale, in grado di dare il via libera all'accordo per il salvataggio stabilito dall'Europa, pari a 130 miliardi di euro.

Il bluff del referendum popolare ha consentito a Papandreou di traghettare la Grecia verso una tappa ulteriore della delicatissima fase di crisi che attraversa il Paese: gli analisti considerano probabile la nomina di un nuovo Governo entro dieci giorni, difficilmente guidato dallo stesso Papandreou, ma da un altro esponente socialista, verosimilmente il Ministro delle Finanze Venizelos. Domani il presidente greco Papulias incontrerà il leader dell'opposizione di centrodestra Samaras, la cui posizione diventa -a questo punto- cruciale. Papandreou sa che si tratta -parole sue- di "tempi critici", ma la strada appare tracciata: consultazioni immediate per un nuovo Governo, altrimenti il rischio serio è quello di un default. Sul capo pende l'avvertimento del direttore dell'Fmi Lagarde. "Serve maggiore chiarezza politica per nuovi aiuti". E se la comunità internazionale guarda con ansia gli sviluppi in Grecia, sull'Italia è l'autorevole quotidiano economico Financial Times a dare voce a quello che molte capitali non possono dire esplicitamente: "In nome di dio e dell'Italia, vattene!" - citando Cromwell e con un'implorazione senza precedenti, il giornale licenzia ufficialmente Silvio Berlusconi. E sentenzia: solo un cambio di leadership può ridare credibilità all'Italia. Oggi l'intera stampa estera ha dedicato ampio spazio al caso Italia e al caso Berlusconi.

5/11/2011

Da ieri l'Italia è ufficialmente la "sorvegliata speciale" delle potenze mondiali: che lo si provi a edulcorare o meno, è questo -forse l'unico- vero risultato del G20 di Cannes.

Il presidente francese Nicolas Sarkozy e quello americano Barack Obama hanno concesso a Roma l'onore delle armi, dopo quella che appare come una pesante umiliazione, con il commissariamento internazionale delle politiche economiche: Sarkozy ha reso omaggio all'Italia, per le misure intraprese, ma la verità è che il Governo Berlusconi non ha avuto altra scelta che inghiottire l'amaro boccone. Ufficialmente ha chiesto il monitoraggio o la certificazione dell'Fmi, in realtà gli è stato -nei fatti- imposto. Non ha usato mezzi termini la direttrice del Fondo Monetario Christine Lagarde: "il problema italiano è la mancanza di credibilità. Verificheremo che le autorità e l'Italia facciano ciò che si sono impegnate a fare, attraverso un'analisi indipendente". Non sono certo parole di fiducia, verso il Paese e -soprattutto- verso il Governo. Rincara il presidente della Commissione Barroso: "siamo oggettivi, esistono dubbi dei mercati sulla capacità italiana di attuare le misure promesse". Pazienza finita, insomma, dopo un'estate e un inizio autunno di promesse, annunci e mani sempre vuote: da lunedì servono misure e riforme vere. Ci penserà l'Fmi, ci penserà la Commissione Europea, che inaugurerà -proprio con l'Italia- la sorveglianza prevista dalla nuova Governance economica, e continuerà a pensarci la Bce, che da agosto detta la linea. Stavolta si fa sul serio.

4/11/2011

Un piano per rafforzare la crescita e stabilizzare l'economia, ma senza soldi e dettagli concreti. E' un quadro in chiaroscuro, con le tinte più cupe a prevalere, quello emerso dal G20 che si è concluso oggi a Cannes.

Con l'Italia che ha dovuto accettare -anche se il comunicato finale parla di un invito partito da Roma- il monitoraggio di Europa e Fondo Monetario, entrando così ufficialmente tra i Paesi "malati" dell'Eurozona. Nella conferenza stampa finale, sono giunti gli apprezzamenti di Sarkozy per gli sforzi messi in campo dall'Italia per rassicurare i mercati. Tuttavia, è chiaro che il nostro Paese ha un problema: ''il problema è la mancanza di credibilita'', ha affermato con toni inusualmente duri il direttore generale dell'Fmi Christine Lagarde, che ha garantito: ''verificheremo che le autorita' italiane -e l'Italia in generale- faccia ciò che si e' impegnata a fare presso l'Europa, ''attraverso un'analisi indipendente''. La Lagarde ha garantito: tutti i dati saranno pubblicati. Al di là delle cortesie diplomatiche, pure il presidente della Commissione Barroso non ha risparmiato frecciate: "siamo oggettivi. Basta guardare lo spread" dei bond italiani per capire che "ci sono dubbi" nei mercati sulla capacità di Roma di attuare le misure promesse all'Europa". Ma le notizie non sono buone neppure per l'Eurozona, che non ha ottenuto gli attesi investimenti dai Paesi emergenti e dalle altre superpotenze. Sarkozy, chiudendo il summit, ha sostenuto che i 20 Grandi hanno concordato sulla necessità di incrementare le risorse dell'Fmi, procedendo -entro febbraio- a una definizione dei passi necessari. Tuttavia, dettagli e numeri al momento latitano. E secondo la Cnbc, l'Fmi potrà fornire denaro al fondo salva-Stati europeo, una volta che il piano salva-euro dell'Europa sara' chiarito ed elaborato. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha confermato che nessun Paese esterno all'Eurozona ha offerto contributi al fondo salva-Stati comunitario.

4/11/2011

"Un'atmosfera grave": il presidente francese Nicolas Sarkozy ha così riassunto, scuro in volto e visibilmente esausto, la prima giornata di un summit letteralmente preso in ostaggio dalla crisi greca. L'Europa ha occupato quasi interamente l'agenda.

"Non possiamo accettare l'esplosione dell'euro, significherebbe l'esplosione dell'Europa", dice Sarkozy. Abbastanza scarsi i risultati della prima giornata a Cannes, anche se il lavoro appare in fieri: si discute la creazione di una linea di credito anti crisi in sede Fmi fino a 1000 miliardi di dollari, per assicurare liquidità a breve termine ai Paesi sotto il tiro dei mercati. Una misura disegnata quasi ad hoc per l'Italia. Ieri sera gli Stati Uniti hanno confermato che meccanismi anti-contagio per i membri del Fondo sono allo studio. Il G20 ribadirà nelle conclusioni l'allarme sull'economia globale. E dovrebbe lanciare un piano in sei punti per la ripresa Sarkozy si è detto ottimista su un'intesa con Barack Obama per un'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie. Spazio anche per l'altro osservato speciale, l'Italia: nelle bozze di conclusioni Roma si impegna a raggiungere l'obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013. Ma la credibilità della Penisola non è più scontata: è vero che, per dirla con Sarkozy, c'è fiducia nell'economia italiana, la terza d'Europa, ma è anche vero che non importa cosa ci sia scritto nel pacchetto di misure presentate dal premier Berlusconi a Cannes. Serve che vengano attuate, precisa Sarkozy senza fare più sconti.

3/11/2011

La commedia -o tragedia greca- ha caratterizzato questa prima giornata del G20 di Cannes, un summit che ha vissuto sui sussulti di quanto sta avvenendo in queste ore ad Atene.

Partiamo da qui, con le ultime dalla Grecia, dove l'incertezza sul referendum resta massima. Poco fa il Ministro delle Finanze Venizelos è uscito allo scoperto, affermando che ''la Grecia deve rassicurare i partner internazionali che fara' immediatamente tutto cio' che deve, per attuare l'accordo con l'Europa per il salvataggio del Paese''. Per Venizelos, il Paese ''ha bisogno della sesta tranche di aiuti prima del 15 dicembre''. Dopo quella data, Atene non avrà più soldi in cassa. Poco prima il premier Papandreou aveva -di fatto- gettato la maschera sul teatrino degli ultimi giorni, rivelando il vero obiettivo di questa mossa: mettere l'opposizione di centrodestra con le spalle al muro, e obbligarla a votare l'accordo con l'Europa. Tornando a Cannes, la prima bozza di documento del G20 lancia l'allarme sull'economia: ''l'economia globale e' entrata in una nuova e difficile fase'', con una ''domanda che si e' indebolita, rischi di ribasso in crescita e calo della fiducia''. I Paesi del G20 si dicono pronti a lavorare a un piano, per sostenere la ripresa a breve termine, e ricostruire la stabilita' del settore finanziario e bancario. Il G20 si prepara ad accettare l'aumento per il Fondo Monetario Internazionale delle risorse per far fronte ai maggiori probabili impegni del Fondo a favore dell'Europa. Il presidente francese Sarkozy ha tenuto la conferenza stampa finale della prima giornata, nella quale è apparso molto stanco: "se implode l'euro, implode l'Europa", ha avvertito.

1/11/2011

E' stato un altro lunedì di passione per le piazze europee, con Milano e l'Italia osservate speciali. Un pessimo segnale, in vista del G20 che si apre dopodomani a Cannes.

Al di là degli indici in forte ribasso, tutti gli analisti puntano il dito sui differenziali tra i Btp italiani e i bund tedeschi: ieri lo spread ha fatto segnare valori record non solo sui titoli decennali, ora a 407 punti, ma pure sui biennali e sui quinquennali, i cui rendimenti superano rispettivamente la soglia del 5% e sfiorano quella del sei. La corsa al rialzo porta l'Italia vicina a un debito -nei fatti- insostenibile. Piazza Affari ha chiuso a -3,82%, ma anche Parigi e Francoforte hanno fatto segnare cali superiori ai tre punti. Sottotiro soprattutto i titoli bancari, dopo gli sforzi di ricapitalizzazione chiesti dall'Europa. Né hanno aiutato le indiscrezioni del weekend, che riportavano di un piano di emergenza internazionale per affrontare un eventuale default italiano o spagnolo. Il Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble è tornato ieri a strigliare l'Italia, affinché faccia le riforme, mentre il presidente americano Barack Obama ha già messo in calendario al G20 due incontri con il francese Sarkozy e la tedesca Merkel. E' corsa contro il tempo intanto per ottenere investimenti dai Paesi emergenti nel nuovo fondo salva-Stati: Cina e Giappone nicchiano, mentre Russia, Brasile e India promettono interventi in Europa, ma solo attraverso l'Fmi. Ieri sera colpo di scena ad Atene: il premier Papandreou ha annunciato un referendum popolare sul secondo piano di aiuti comunitario.

31/10/2011

Nuova settimana cruciale sul fronte della crisi finanziaria: giovedì il G20 esaminerà il piano europeo uscito mercoledì dal summit di Bruxelles. Appello di Bruxelles ai partner mondiali.

Sarà un'altra apertura di settimana col fiato sospeso, sui mercati finanziari e nelle principali capitali, in vista del G20 di questa settimana a Cannes. Ieri non sono giunti segnali tranquillizzanti: già in mattinata Bruxelles rendeva nota una lettera-appello dei due leader comunitari, il presidente della Commissione Barroso e quello del Consiglio Van Rompuy, nella quale si chiedeva ai partner mondiali un'azione coordinata per uscire dalla crisi. "Abbiamo fatto la nostra parte, ma serve l'aiuto di tutti per assicurare ripresa globale e crescita", scrivevano i due leader, promettendo un'applicazione rapida e rigorosa delle misure decise. Barroso e van Rompuy elencavano pure le otto priorità in vista del G20: tra queste, il ritorno alla crescita, la lotta agli squilibri globali, i progressi nelle riforme dei mercati finanziari. L'appello intende probabilmente forzare la mano, di fronte ai forti dubbi suscitati dal piano europeo: Londra non intende investire nel fondo salva-Stati dell'Eurozona, Washington tentenna, e soprattutto la Cina -attraverso l'agenzia di stampa statale Xinhua- ha messo in chiaro che non intende interpretare il ruolo di "salvatrice" dell'Europa. Ieri sera, a uscire allo scoperto è stato il Fondo Monetario Internazionale, che ha ammesso di lavorare a un piano anti-contagio, su cui si erano diffuse indiscrezioni sabato: in una nota, l'Fmi ha dichiarato di essere impegnato da un anno a un processo di revisione degli strumenti di finanziamento per attenuare il contagio della crisi, garantendo liquidità ai Paesi con politiche e fondamentali forti". Oggi è l'ultimo giorno di Trichet alla Bce: da domani tocca a Mario Draghi. Per lui si preannuncia un battesimo del fuoco.

30/10/2011

Lettera-appello dei leader europei al G20, mentre si attende un nuovo lunedì di fuoco sui mercati finanziari. Italia e Spagna osservate speciali.

L'Europa si appella al G20, quando si apre per il Vecchio Continente un'altra settimana cruciale: giovedì e venerdì l'Eurozona si sottoporrà all'esame dei partner mondiali, che a metà ottobre avevano imposto un piano credibile per affrontare la crisi del debito sovrano. I leader comunitari porteranno l'accordo raggiunto mercoledì, che lo stesso presidente uscente della Bce Trichet ha definito oggi "un piano da implementare rapidamente". Attraverso una mossa con pochi precedenti, il presidente della Commissione Barroso e quello del Consiglio Europeo Van Rompuy hanno reso nota in mattinata una lettera inviata ai partner del G20, nella quale fanno appello a un'azione coordinata per uscire dalla crisi. "Abbiamo fatto la nostra parte, ma serve l'aiuto di tutti per assicurare ripresa globale e crescita", scrivono, promettendo un'applicazione rapida e rigorosa delle misure decise a Bruxelles. I due leader elencano pure le otto priorità in vista del G20: in cima alla lista, il ritorno alla crescita, la lotta agli squilibri globali, e i progressi nelle riforme dei mercati finanziari. Proprio i mercati diranno da domani la loro sulle aspettative relative al debito europeo, dopo aver brindato giovedì ed aver chiuso in calo venerdì. Domani ultimo giorno di Trichet alla Bce: da martedì tocca a Mario Draghi. Il Financial Times ha già fatto la "lista della spesa" degli impegni che lo attendono: tassi in Eurolandia, acquisto dei bond sovrani, Bce come ultima linea di difesa di fronte a un default in Eurolandia. Per Supermario il difficile viene adesso.

30/10/2011

Al momento è solo un'ipotesi, ma la sua sola esistenza ben fotografa l'atmosfera che si vive in questi giorni nelle principali capitali mondiali, in vista del G20.

Secondo quanto anticipato dall'agenzia Ansa, Unione Europea, Stati Uniti, Fondo Monetario, banche centrali e Asia starebbero studiando un "piano B", denominato "contingency plan", da adottare nel caso il contagio della crisi del debito si estendesse a Italia e Spagna. Per il momento non è nulla più che un'ipotesi, appoggiata soprattutto da Washington e Berlino: la Commissione Europea ne ha già smentito l'esistenza, sostenendo che al momento l'unico progetto sul tavolo è il "piano A", deciso mercoledì a Bruxelles dai leader dell'Eurozona. Tuttavia, l'atmosfera resta tesa, soprattutto per due ordini di problemi. Il primo è legato alla concretezza del piano europeo: Brics, Giappone e Londra ondeggiano tra richieste di chiarimenti e il no al contributo al fondo salva-Stati. La missione del capo dell'Efsf Regling a Pechino per ora non sembra avere sortito gli effetti sperati. Lo stesso presidente della Bce Trichet ha chiesto di applicare in fretta l'accordo. Il secondo problema ha un nome e si chiama Italia: per il Financial Times, Roma è il Paese decisivo per le sorti dell'Eurozona. E i rendimenti record di venerdì dei Btp non dicono nulla di buono, in prospettiva. I mercati non si fidano. In un'intervista a Der Spiegel, il Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble ha avvertito: "l'Italia deve implementare al più presto le riforme, gli annunci da soli non bastano". Giovedì l'Europa è attesa all'esame del G20 di Cannes.

29/10/2011

Nuovo allarme Italia, questa volta associata alla Spagna: secondo quanto riportato dall'agenzia di stampa Ansa, le principali economie mondiali starebbero approntando un "piano di contingenza".

Potrebbe essere la grande rete protettiva internazionale anti-contagio: qualora le indiscrezioni venissero confermate, le principali autorità mondiali starebbero preparando il piano B, per evitare un'implosione dell'Eurozona. Secondo una non meglio precisata fonte internazionale, che ha parlato all'Ansa, Washington, Bruxelles, Francoforte e le principali controparti asiatiche avrebbero avviato contatti informali per lavorare al progetto, con l'obiettivo di prevenire -ad ogni costo- l'onda d'urto globale che potrebbe derivare da un'estensione del contagio alle economie 'pesanti' dell'area euro. I fili sarebbero tirati soprattutto da Stati Uniti e Germania. Ovviamente un simile progetto, attualmente solo allo studio, richiederebbe un aumento di capitale dell'Fmi, e scatterebbe solo in caso di peggioramento dello scenario. Certamente stanno allarmando le capitali le notizie giunte ieri dall'Italia, con i titoli di Stato tricolori che hanno toccato livelli record. Da Bruxelles fonti della Commissione Europea, contattate da Radio 24, hanno però smentito che un tale piano sia allo studio: "per noi esiste un solo piano, ed è quello approvato mercoledì dal Consiglio Europeo". L'unica certezza resta così l'approccio europeo alla Cina, affinché investa nel fondo salva-Stati europeo: il suo capo, Klaus Regling, è a Pechino, per convincere le autorità locali ad acquistare debito comunitario, utilizzando le nuove garanzie offerte dall'Europa.

21/10/2011

Si sono sgonfiate nell'arco di un solo pomeriggio le speranze di trasformare il summit europeo di domenica nella "madre di tutti i vertici", in grado di mettere al sicuro l'euro. Dopo voci su un possibile rinvio, Francia e Germania hanno concordato di dividere in due il summit: un primo giro di tavolo domenica sera, per poi chiudere il pacchetto in un secondo vertice, da fissare entro mercoledì.

Il motore franco-tedesco detta dunque ancora una volta i ritmi al resto del Continente, pur sfiorando la farsa: il nodo centrale su cui Parigi e Berlino faticano a trovare un'intesa resta il potenziamento del fondo salva-Stati, anche se non è l'unico in agenda. Continua a preoccupare la situazione ellenica, dopo l'allarme della Troika sulla necessità di sbloccare subito la nuova tranche di aiuti: il duo franco-tedesco ha chiesto un immediato avvio dei colloqui con i creditori della Grecia. Occorrerà pure prendere una decisione sulla ricapitalizzazione delle banche europee: una prima stima dell'autorità comunitaria in materia indica in 70-80 miliardi di euro il fabbisogno. Senza contare il coordinamento di bilancio, con le prime bozze di intesa del summit che puntano a un rafforzamento della vigilanza comunitaria sui conti pubblici. Le forti indecisioni hanno duramente penalizzato le Borse, che hanno chiuse tutte in ribasso: hanno perso oltre due punti Francoforte e Parigi, ne ha persi oltre tre Milano. Il differenziale tra i titoli di Stato italiani e tedeschi è volato sopra quota 400 punti, con i rendimenti schizzati ai livelli di agosto. Ma allarma anche il differenziale tra titoli francesi e tedeschi, ieri al record di 119 punti. Il mondo guarda con apprensione: ieri sera videoconferenza a quattro tra Obama, Cameron, Merkel e Sarkozy.

18/10/2011

Borse mondiali in calo ieri, dopo che la Germania ha raffreddato gli entusiasmi per un piano europeo di uscita dalla crisi: progressi "sensibili" sono possibili al vertice europeo di domenica, ma lunedì la crisi del debito non sarà un ricordo, avverte la Cancelleria.

Lo spettro di un perdurare -se non aggravarsi- della crisi nell'Eurozona non abbandona le Borse europee e mondiali. A complicare la vita ieri sono stati i richiami al realismo, giunti dalla Germania: non aspettatevi che il summit dei leader europei di domenica produca la cura miracolosa, in grado di risolvere la crisi del debito, ha fatto sapere il Governo tedesco. Pur nella sua semplicità, l'invito a stare tutti coi piedi per terra ha gettato nello sconforto le Borse, che cullavano grandi aspettative, soprattutto dopo l'ultimatum posto dai Ministri Finanziari del G20 all'Europa: un pacchetto di misure credibile entro inizio novembre, avevano chiesto, per evitare l'estendersi del contagio. Il Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble ha anticipato che i leader comunitari adotteranno un piano in cinque punti, che includerà un piano di ricapitalizzazione delle banche, e una riduzione più drastica del valore dei bond greci attualmente detenuti dagli investitori privati, per assottigliare la montagna del debito ellenico: anche Schaeuble, al pari della Merkel, ha avvertito che questo piano non rappresenterà una soluzione definitiva. A pesare sui mercati sono state pure le considerazioni della Bundesbank, secondo cui le previsioni tedesche di crescita sono peggiorate. La peggiore piazza d'affari è stata Milano, dove il Ftse Mib ha perso il 2,3%, seguita da Francoforte, Parigi e Londra. In serata, tonfo pesante pure di Wall Street, sotto di oltre due punti. Da Atene, intanto, il premier George Papandreou lancia un appello all'unità, mentre si prepara a varare una nuova serie di misure d'austerità. Domani e dopo il Paese gli risponderà con un nuovo sciopero generale.

17/10/2011

E' il messaggio di commiato che Jean-Claude Trichet lascia all'Europa, nella settimana che vedrà il suo addio alla Banca Centrale Europea.

Cambiare il Trattato che regola il funzionamento dell'Unione, per evitare che un singolo Paese posta destabilizzare l'intera Eurozona, chiede Trichet. Il presidente uscente della Bce ha in mente un punto centrale della riforma: "poter imporre delle decisioni a un Paese che sbaglia, è questa la lezione della crisi", dice. Basta insomma con raccomandazioni cui nessuno -o quasi- dà ascolto, meglio puntare sulle sanzioni, conclude Trichet. Che -pensando all'euro- ha uno scatto d'orgoglio: "la moneta unica non è minacciata, resta anzi estremamente credibile, l'euro ispira fiducia". Per l'Eurozona quella che si apre oggi è una settimana cruciale: entro domenica i leader comunitari dovranno trovare una soluzione per risolvere la crisi del debito sovrano, per presentarla -a inizio novembre- al G20 di Cannes. Una soluzione che includa: una exit-strategy definitiva per il caso Grecia; un piano credibile e condiviso di ricapitalizzazione delle banche comunitarie, i cui bilanci verranno inevitabilmente colpiti dall'ulteriore svalutazione dei bond ellenici, e -infine- garanzie precise contro i rischi di default di Spagna e Italia, Paesi in grado -per davvero- di affossare l'Eurozona. Sullo sfondo, indiscrezioni giornalistiche parlano addirittura di una Cina che avrebbe proposto un patto ad Eurolandia: Pechino sarebbe pronta a investire decine di miliardi in Europa, sottoforma di investimenti infrastrutturali e quote di debito, in cambio di riforme e nuovi tagli di bilancio. Domenica "la madre di tutti i summit europei" dovrà fornire le risposte che il mondo attende.

16/10/2011

Il giorno dopo il G20 dei Ministri finanziari, il presidente della Banca Centrale Europea Jean Claude Trichet consegna -a una radio francese- l'appello per stabilizzare l'Eurozona.

Cambiare il Trattato che regola il funzionamento dell'Unione Europea, per evitare che un singolo Paese posta destabilizzare l'intera Eurozona. E' il messaggio che il presidente uscente della Bce Jean-Claude Trichet consegna, dai microfoni dell'emittente Europe 1, alle istituzioni comunitarie, alla vigilia dalla sua uscita di scena. Trichet non ha esitazioni: "occorre essere in grado di imporre delle decisioni a un Paese che sbaglia, è questa la lezione della crisi". Basta insomma con raccomandazioni cui nessuno -o quasi- dà ascolto, meglio puntare sulle sanzioni, ha concluso Trichet, memore di un decennio di ripetute elusioni del patto di stabilità - che ha finito per accentuare la crisi dei debiti sovrani. Per questo, insiste il presidente della Bce, è fondamentale rafforzare la governance comunitaria. Poi lo scatto d'orgoglio: "l'euro", afferma Trichet, "non è minacciato in quanto moneta, resta anzi una valuta estremamente credibile, che ispira fiducia". Le parole di Trichet si legano con un filo rosso a Italia e Grecia: per quanto riguarda Roma, secondo l'ex-Commissario Europeo Mario Monti è proprio una delle maggiori sospettate per un ipotetico crash della zona euro. In un editoriale sul Corriere della Sera, Monti ha duramente denunciato il Governo Berlusconi di aver mancato di visione strategica sulla politica economica, e di aver negato le proprie responsabilità. Con questo Governo, sintetizza Monti, l'Italia rischia di passare da Paese fondatore a Paese "affondatore" dell'Unione Europea. In Grecia invece il premier Papandreou ha lanciato un appello all'Europa, affinché risolva in maniera collettiva e decisiva la crisi del debito.

14/10/2011

Chiusura contrastata ieri sera per Wall Street, con il Dow Jones che ha perso lo 0,36%, e il Nasdaq che è cresciuto dello 0,60%. Giornata negativa per le borse europee, tutte in calo, con Milano ultima della classe: Ftse Mib -3,70%.

Naviga a vista l'Europa, tra i marosi di una crisi del debito che contagia Stati e banche. Ieri la buona notizia -seppure scontata- è arrivata con l'approvazione da parte della Slovacchia del fondo-Salva Stati: con l'ok di Bratislava l'Efsf vede potenziata la propria capacità effettiva a 440 miliardi di euro. Accantonata questa certezza, restano le altre questioni sul tavolo: in primis le banche, che ieri hanno causato un calo generalizzato dei mercati finanziari, sulla base delle indiscrezioni sui piani europei di ricapitalizzazione degli istituti di credito. Un eventuale incremento dei requisiti minimi di capitale Core Tier 1 al 9% potrebbe, secondo uno studio di Credit Suisse, inguaiare alcuni giganti europei, quali Deutsche Bank, Royal Bank of Scotland e Bnp. Dalla Germania è partita l'offensiva contro i piani comunitari: cinque leader delle più grandi associazioni bancarie hanno scritto una lettera al ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble, protestando contro il piano di salvataggio elaborato dalla Commissione, mentre il numero uno di Deutsche Bank, Josef Ackermann, si è esplicitamente opposto ai progetti di ricapitalizzazione, che ha definito controproducenti. Aperto anche il dibattito sui debiti sovrani, in vista del Consiglio Europeo del 23 ottobre: l'obiettivo è quello di accrescere la potenza di fuoco del fondo salva-Stati, senza pesare sui bilanci pubblici. L'ultima idea è far emettere all'Efsf garanzie sui titoli dei Paesi a rischio.

13/10/2011

La Commissione europea ha varato una profonda riforma della politica agricola europea, estendendo l'ammontare degli aiuti previsti per i vecchi 15 Stati membri agli attuali 27 partner. Per l'Italia si prospetta un taglio sui contributi.

Ammonta al 6%, circa 285 milioni di euro spalmati tra il 2013 e il 2020, il taglio dei contributi agricoli comunitari all'Italia. E' quanto ha rivelato ieri la Commissione Europea, sulla base di proposta di riforma della Politica Agricola Comune varata dall'esecutivo comunitario. La proposta modificherà sostanzialmente i criteri di assegnazione dei 'pagamenti diretti' agli agricoltori, uniformandoli in tutta l'Europa sulla base dell'aiuto per ettaro, invece che dei pagamenti proporzionali alla 'produzione storica' di ciascuna azienda. Il nuovo sistema sarà introdotto in maniera graduale, dal 2014 al 2020. Il 30% dei finanziamenti comunitari assegnato a ogni Stato membro per la Pac dovrà essere utilizzato per misure ambientali e climatiche, in particolare per mantenere pascoli permanenti; diversificare le colture; mantenere 'aree ecologiche' pari almeno al 7% della superficie coltivabile dell'azienda. La proposta di Bruxelles, che per diventare operativa dovrà essere approvata da Stati membri ed Europarlamento, è stata giudicata complessivamente insoddisfacente dal Ministro dell'Agricoltura Saverio Romano. Critiche anche dalle maggiori organizzazioni agricole italiane.

8/10/2011

Terzo declassamento del rating italiano: dopo Standard & Poor's a settembre e Moody's martedì, ieri è toccato a Fitch tagliare la credibilità del nostro debito.

Alla fine anche la terza sorella delle agenzie di rating si è allineata: Fitch Ratings declassa l'Italia ad A+, a cinque anni dall'ultimo downgrade. Dopo Standard & Poor's e Moody's, si tratta della terza bocciatura dei signori del rating, il cui giudizio -in prospettiva- resta negativo, come l'outlook sul nostro Paese. Il contesto non aiuta: per Fitch, esistono forti preoccupazioni sulle condizioni di vulnerabilità, legate a una crisi dell'Eurozona montante, che costituisce un significativo choc finanziario ed economico. L'agenzia apprezza l'impegno dimostrato dal Governo con l'ultima manovra, ma -con occhio anglosassone- mette in chiaro come le troppe esitazioni iniziali dell'esecutivo Berlusconi abbiano finito con l'erodere la fiducia del mercato. Per questo, l'attuale profilo di rischio sovrano del Belpaese risulta indebolito, sebbene resti "solvente". Dopo il taglio, l'Italia ha ora lo stesso rating di Malta e Slovacchia. Anche la Spagna ha subito un taglio del rating ieri, da AA+ ad AA-. Il Governo italiano ha definito il declassamento di Fitch come "annunciato", e vede nel giudizio dell'agenzia un apprezzamento per gli sforzi di risanamento. L'esecutivo spagnolo rispetta la decisione di Fitch, ma non ne condivide i motivi. Ieri chiusura di settimana in positivo per le borse europee, che sono avanzate sull'onda dell'ottimismo impresso ai mercati dalla Bce, e grazie ai dati sull'occupazione americana, migliori delle attese. La migliore Milano, col Ftse Mib a +1,29%, bene anche Francoforte, Parigi e Londra. In controtendenza Wall Street, che in serata chiude in negativo.

5/10/2011

E' un'ammissione esplicita di debolezza quella che il presidente uscente della Bce Jean-Claude Trichet consegna all'Europarlamento nel giorno della sua ultima audizione: "il sistema bancario europeo è troppo fragile, siamo ancora alla metà del guado", avverte, ricordando i tanti interventi di Francoforte.

Prima di aggiungere: "l'Europa è l'epicentro della crisi globale". Stop di Trichet all'ipotesi di una Bce che si sostituisca ai Governi, nei prestiti ai Paesi in difficoltà. Parole di estrema attualità, le sue, nella giornata in cui le Borse europee hanno patito l'ennesimo allarme bancario, con l'istituto franco-belga Dexia a rischio fallimento. Già salvata tre anni fa all'esplosione della prima fase della crisi, Dexia potrebbe collassare sotto il peso di quasi 21 miliardi di titoli di Stato considerati a rischio. Non solo greci, ma anche italiani. L'allarme rosso è immediatamente risuonato a Bruxelles e Parigi, con i due Governi che si sono pubblicamente impegnati a fornire garanzie sui finanziamenti raccolti dall'istituto, per rassicurare correntisti e creditori. Più tardi le banche centrali dei due Paesi hanno ribadito il sostegno al gruppo, che ieri ha perso in Borsa oltre il 22%, mentre i centralini venivano presi d'assalto da risparmiatori terrorizzati. I timori du Dexia e le persistenti incertezze sulla Grecia hanno affondato le Borse europee, che hanno chiuso tutte in rosso. 161 i miliardi di capitalizzazione bruciati.

4/10/2011

E' stata un'altra giornata di passione per le Borse. E ad animarla ulteriormente ci ha pensato una frase che il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha pronunciato al termine dell'Ecofin in Lussemburgo.

L'intervento di Tremonti ha fatto subito pensare a un auspicio di elezioni anticipate anche in Italia, per calmare i mercati: il portavoce del Ministro in serata ci ha messo una pezza: "Tremonti all'estero non parla di Italia", ma il senso della frase resta in ogni caso abbastanza evidente. Per Tremonti, i conti del Paese tengono, anche se ha ammesso che l'epicentro della crisi è ormai in Europa, e sta contagiando le banche. Su questo è d'accordo il presidente uscente della Bce Trichet, che a Bruxelles ha definito troppo fragile il sistema bancario europeo. "Siamo ancora alla metà del guado", ha affermato, ribadendo come l'attesa della Bce è di una crescita molto moderata. A proposito di banche, a tenere col fiato sospeso l'Europa è il possibile fallimento dell'istituto franco-belga Dexia. Tra un'ora a Bruxelles riunione d'emergenza del Governo belga, per fare il punto sulla situazione. Sia il Belgio che la Francia si sono pubblicamente impegnati a fornire garanzie sui finanziamenti raccolti dall'istituto. Gli spread tra i titoli di stato di Belgio e Francia e quelli tedeschi sono schizzati, per il timore di una massiccia iniezione di capitali statali.

4/10/2011

E' stato un altro lunedì di passione per le piazze d'affari europee, affondate dai nuovi timori sui conti e la crescita della Grecia.

Il mancato rispetto degli obiettivi da parte di Atene, a fronte di sacrifici durissimi, ha posto un altro -serio- interrogativo sulla capacità ellenica di evitare il default. E' andata male soprattutto Francoforte, seguita da Parigi. Milano, con il Ftse Mib a -1,31% ha moderato le perdite, facendo peggio solo di Londra. Poche ore più tardi, la chiusura a -2,36 del Dow Jones chiudeva una giornata da dimenticare. Male in Europa soprattutto i titoli bancari, a causa del timore che proprio gli istituti di credito dovranno accettare svalutazioni superiori per i bond ellenici in portafoglio, rispetto a quelle già concordate. Il Ministro delle Finanze Evangelos Venizelos ha provato a mettere una pezza, annunciando l'unico dato positivo: un avanzo primario -per il 2012 pari- a 3,2 miliardi di euro. Ma non è bastato: i timori di un default ellenico hanno spinto la moneta unica europea sotto quota 1,32 dollari, ai minimi da gennaio di quest'anno. Ieri surreale vertice dei Ministri delle Finanze del'Eurozona, ancora con le mani legate sullo sblocco della nuova tranche di prestiti ad Atene: gli otto miliardi non potranno arrivare prima del 13 ottobre, mentre la Finlandia prende tempo sulle garanzie che esige in cambio di un ok a nuovi aiuti. Soprattutto, occorre discutere il futuro ampliamento del fondo salva-Stati, considerando l'ipotesi di una leva finanziaria. Eventualità per ora esclusa dalla Germania.

3/10/2011

E' stato un altro lunedì di sofferenza per le piazze continentali europee, che hanno sofferto le nuove previsioni di crescita della Grecia, riviste al ribasso, insieme a un deficit ellenico sul Pil che non accenna a diminuire.

Francoforte ha trainato i ribassi, con un -2,28%, male anche Parigi (-1,85%) e Londra (-1,03%). Milano non ha fatto eccezione, con il Ftse Mib a -1,31% e il Ftse All Share a -1,34%. A gettare benzina sul fuoco, anche la contrazione per il secondo mese consecutivo del settore manifatturiero in Europa, unito ai timori per un declassamento del rating del gruppo bancario franco-belga Dexia. A Lussemburgo, intanto, i Ministri delle Finanze europei sono riuniti in queste ore per esaminare una situazione poco rassicurante. Arrivando nel Granducato, il Ministro greco Evangelos Venizelos ha affermato che nel 2012 l'avanzo primario sara' di 3,2 miliardi di euro. Quest'anno il deficit primario sara' di 2,3 miliardi. Venizelos ha ribadito che la Grecia 'ha deciso tutte le misure necessarie, per rispettare gli obblighi assunti nei confronti dei partner istituzionali'. La discussione tra i Ministri finanziari, in attesa del rapporto della troika Europa-Bce-Fmi sulle condizioni per lo sblocco della nuova tranche di aiuti ad Atene, si sta così concentrando sul fondo salva-Stati, e alla sua possibile espansione: la Finlandia, Paese molto critico verso Atene, si è detta contraria all'aumento della 'potenza' a disposizione del fondo. Posizione diametralmente opposta a quella spagnola, mentre il Ministro tedesco delle Finanze Schaeuble ha chiosato: qualunque discorso sull'aumento della capacita' del fondo salva-Stati e' ''prematuro''.

3/10/2011

La crisi greca. Atene annuncia un accordo per la riduzione dei dipendenti statali, cruciale per ottenere lo sblocco della nuova tranche di aiuti. Ma la Grecia ammette: non centreremo gli obiettivi di bilancio concordati.

La cura da cavallo imposta dalle istituzioni internazionali alla Grecia fa un passo avanti, ma il malato non sembra reagire ai potenti antibiotici, creando ulteriore allarme sui mercati. Ieri sera il Consiglio dei Ministri ellenico ha dato via libera al taglio di 30mila dipendenti pubblici. Una medicina amara, per un Paese dove il posto statale era sinonimo di lavoro a vita: per questi esuberi si prospetta un 2012 con il 40% dello stipendio, cui seguirà il licenziamento. Ma potrebbe non bastare: le stime sui conti indicano un deficit all'8,5% quest'anno e al 6,8% il prossimo, superiore alle previsioni precedenti. Pure la crescita appare in netto calo: -5,5% nel 2011 e -2% nel 2012: numeri in linea con gli ultimi dati dell'Fmi, ma peggiori rispetto a quelli su cui era stato calcolato l'ultimo pacchetto di salvataggio, che prevedeva un ritorno alla crescita il prossimo anno. L'incremento del deficit nel 2011 costerà alle casse elleniche altri due miliardi in spese aggiuntive, da far pagare a un Paese ormai prostrato da maggiori tasse, tagli di salario e licenziamenti di massa. Oggi l'Eurogruppo discuterà lo sblocco della nuova tranche di aiuti internazionali da otto miliardi, pur non potendoli ancora materialmente erogare: prima sarà necessario l'ok della troika di ispettori Europa-Bce-Fmi, tuttora ad Atene. In agenda, oltre alla possibile trasformazione del fondo salva-Stati, c'è pure l'ipotesi di rinegoziare l'accordo con le banche europee creditrici verso Atene: il rischio è che debbano ulteriormente svalutare i bond ellenici in portafoglio. Ieri è toccato al premier britannico David Cameron strigliare l'Eurozona: "la crisi del debito sovrano rappresenta una minaccia per l'economia britannica e per l'economia mondiale". Cameron ha chiesto ai leader continentali azioni rapide e risolute.

2/10/2011

Il governo greco e i capi delegazione di Europa-Fmi-Bce hanno raggiunto questa sera un accordo preliminare sul programma che prevede il taglio di ben 30mila dipendenti pubblici.

L'intesa passera' all'approvazione del consiglio dei ministri. Ma a preoccupare l'Europa è l'altro tema sul tavolo, riguardante il bilancio 2012: Atene non riuscira' a raggiungere i target di budget per questo e il prossimo anno, così come concordati con Europa ed Fmi. La Grecia prevede ora un deficit dell'8,5%, contro la stima precedente del 7,6%. Il Pil e' atteso in calo del 5,5%, molto al di sotto delle previsioni precedenti. Per il prossimo anno, la contrazione della crescita' e' attesa al 2%, un dato nettamente peggiore rispetto alle stime utilizzate per l'accordo sul salvataggio di luglio, che prevedeva persino un ritorno alla crescita. Intanto il premier britannico David Cameron, intervistato dalla Bbc nel giorno di inizio del Congresso dei Tories, va all'attacco: "la crisi del debito sovrano nell'Eurozona non è una minaccia in sé stessa, ma rappresenta una minaccia pure per l'economia britannica e per l'economia mondiale" Cameron ha aggiunto: "un collasso dell'Eurozona rappresenterebbe un fatto molto negativo", prima di sferzare sferzato i leader dell'Eurozona a prendere azioni rapide e risolute, quali il rafforzamento dei meccanismi finanziari, un maggiore coinvolgimento dell'Fmi, affrontando di petto sia la questione degli alti livelli del debito sovrano, sia il rafforzamento del sistema bancario. Cameron ha dunque escluso un referendum sull'appartenenza all'Unione Europea, così come chiesto in una petizione online, sottoscritta da oltre 100mila cittadini. "Non voglio che Londra lascia l'Unione", ha affermato.

2/10/2011

La comunità internazionale verso lo sblocco della nuova tranche di aiuti alla Grecia, ancora a rischio default. Così annuncia Atene, anche se le trattative con la Troika Europa-Bce-Fmi sono tuttora in corso. Oggi riunione del Governo ellenico.

Via libera alla sesta tranche di di aiuti internazionali: è una dichiarazione unilaterale quella che il Ministro delle Finanze greco Evangelos Venizelos rilasci al settimanale To Vima. Otto miliardi di cui il Governo di Atene ha bisogno come l'aria, se vuole evitare di restare con le casse pubbliche vuote già a metà ottobre. "I prestiti sono assicurati, poiché stiamo adottando decisioni difficili, con grandi sacrifici da parte dei cittadini", ha affermato Venizelos, secondo cui qualsiasi discussione sul default della Grecia è ingenua o pericolosa. Ma l'effetto-annuncio rischia di produrre entusiasmi precoci nell'opinione pubblica greca: anche perché, secondo indiscrezioni, la troika di negoziatori di Europa-Bce ed Fmi avrebbe ancora forti riserve sui piani di Atene relativi ai licenziamenti di 30mila dipendenti pubblici. Secondo gli esperti internazionali, le misure dell'esecutivo greco potrebbero non bastare, innescando un'ondata di ricorsi in Tribunale, che finirebbero per annullarne l'effetto benefico sui conti pubblici. Oggi la patata bollente dei licenziamenti finirà sul tavolo del Governo, insieme alla discussione relativa al bilancio 2012. Da Berlino il Ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble ha escluso qualsiasi ulteriore potenziamento del fondo di salvataggio europeo, approvato dal Bundestag. In settimana la governance economica europea e la crisi dei debiti sovrani saranno al centro dell'incontro tra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy.

1/10/2011

"Il fallimento della Grecia sarebbe il fallimento di tutta l'Europa": il presidente francese Nicolas Sarkozy lancia un segnale forte sulla crisi comunitaria dall'Eliseo, dove incontra il premier ellenico George Papandreou, all'indomani del voto del Parlamento tedesco sull'incremento del fondo salva-Stati.

Ma ancora più significativo appare l'annuncio, dello stesso Sarkozy, su un suo incontro nei prossimi giorni in Germania con la cancelliera tedesca Angela Merkel. Insieme discuteranno possibili strade per accelerare l'integrazione economica nell'Eurozona. E -possibilmente- rassicurare i mercati. E se Sarkozy aggiunge che sostenere Atene "è un obbligo morale ed economico", da parte sua Papandeou non lesina promesse già ascoltate per tutta la settimana: "faremo i cambiamenti e i sacrifici necessari, costruiremo un Paese diverso e migliore", afferma. Tutti gli occhi, oltre che sul rapporto della Troika incaricata di verificare il mantenimento reale di queste promesse, sbloccando così la tranche di prestiti da otto miliardi, sono rivolti al vertice europeo di metà ottobre. Ieri intanto l'Austria ha dato l'ok all'ampliamento del fondo salva-Stati, che ormai deve essere approvato solo da Olanda, Malta e Slovacchia. Proprio Bratislava rappresenta il maggior punto interrogativo. Sullo sfondo, resta alta la preoccupazione degli analisti per il Continente: con l'inflazione in ripresa e la crescita in calo, Goldman Sachs stima tra il 40 e il 50% le possibilità di recessione europea nei prossimi due trimestri, mentre per l'ad di Deutsche Bank, Ackermann, l'Italia è il grande problema dell'Eurozona.

28/9/2011

L'Europa respinge al mittente -per la seconda volta in un mese- le critiche americane sull'inazione continentale di fronte alla crisi del debito sovrano. Dopo le schermaglie con il segretario al Tesoro Tim Geithner all'Ecofin di Wroclaw, tocca addirittura al presidente Barack Obama vedersi rimbeccare da alcuni dei massimi rappresentanti dell'Eurozona.

Il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker ha risposto per le rime ad Obama: ''no alle lezioni che vengono da Oltreoceano'', ha affermato, dicendosi contrario all'uscita di uno o due Paesi dall'Eurozona. E sarcasticamente ha aggiunto: ''non sono stati i disoccupati greci ad aver fatto fallire Lehman Brothers". Da Berlino ha rincarato la dose il Ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble: "è sempre facile dare consigli agli altri, io stesso potrei darli a Washington". Schaeuble ha colto l'occasione per attaccare il Club Med - Italia, Grecia, Portogallo e Spagna: sono necessari immediati sforzi di consolidamento del bilancio e riforme strutturali, ha insistito. Oggi la Commissione Europea presenterà la proposta di direttiva per il varo della Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie, a partire dal 2014. Secondo l'intesa, il nuovo sistema comune di tassazione fissera' due aliquote: la prima su tutti gli scambi di strumenti finanziari diversi dai derivati, la seconda interessera' invece i 'movimenti' sui prodotti derivati, e dovrebbe essere dello 0,01%. Le transazioni finanziarie sul mercato primario dovrebbero restare invece escluse.

27/9/2011

L'armistizio del G20 non riappacifica le due sponde dell'Atlantico: mentre dietro le quinte si continua a lavorare ad un maxi-rafforzamento del fondo salva-Stati, il presidente dell'Eurogruppo Juncker risponde per le rime a Barack Obama, che poche ore prima aveva accusato l'Europa di inazione, di fronte all'esplodere della crisi del debito sovrano.

''No a lezioni che vengono da oltreoceano'', ha affermato, dicendosi contrario all'uscita di uno o due Paesi dall'Eurozona. E sarcasticamente aggiungeva: ''non sono stati i disoccupati greci ad aver fatto fallire Lehman Brothers". Rincarava il Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble: "è sempre facile dare consigli agli altri, io stesso potrei darli al Governo americano". Schaeuble ha pure attaccato il Club Med - Italia, Grecia, Portogallo e Spagna: sono necessari immediati sforzi di consolidamento del bilancio e riforme strutturali Oggi giornata cruciale per la Grecia, in vista dell'incontro -stasera- tra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il premier Papandreou. Questa mattina, la Merkel e Papandreou hanno partecipato a una conferenza organizzata dalla Confindustria tedesca. La Grecia e' sulla ''buona strada'' con il piano di ''privatizzazioni'' e le ''riforme politiche e amministrative'', ha affermato la Merkel, che ha invocato una maggiore solidarietà nell'Eurogruppo. Da parte sua, Papandreou ha promesso: "manterremo tutti i nostri impegni". Da Atene, il Ministro delle Finanze Venizelos rincarava: il Governo punta all'approvazione di tutte le misure di austerity entro fine ottobre. Domani o dopodomani tornerà ad Atene la troika Bce-Europa-Fmi. Domani la Commissione Europea dovrebbe presentare la proposta di direttiva per il varo della Tobin Tax, la tassa sulle transazioni finanziarie, a partire dal 2014.

27/9/2011

Nuova puntata dello scontro tra Europa e Stati Uniti sulla reazione alla crisi, iniziato a metà settembre e rinfocolato ieri dalle dichiarazioni di Barack Obama.

''No a lezioni che vengono da oltreoceano''. Cosi' il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker, intervenendo al Parlamento europeo. Oggi però è una giornata cruciale per la Grecia, in vista dell'incontro formale stasera tra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il premier Papandreou. Il focus della crisi si sposta dunque a Berlino, dove sia la Merkel che Papandreou hanno partecipato a una conferenza organizzata dalla Confindustria tedesca. La Grecia e' sulla ''buona strada'' con il piano di ''privatizzazioni'' e le ''riforme politiche e amministrative''. Così la Merkel, che ha invocato una maggiore solidarietà nell'Eurogruppo. Da parte sua, Papandreou ha affermato di essere a Berlino per salvare il proprio Paese. E ha promesso: manterremo tutti i nostri impegni. ''Sono fiducioso che avremo un primo surplus nel 2012''. Da Atene, il Ministro delle Finanze Venizelos rincarava: il Governo punta all'approvazione di tutte le misure di austerity entro fine ottobre. Resta ancora incerto però l'arrivo ad Atene della troika Bce-Europa-Fmi, la cui analisi sarà fondamentale per sbloccare la nuova tranche di prestiti, pari a otto miliardi: indiscrezioni pronosticano un ritorno questa settimana. Intanto il Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble, strenuo oppositore di un incremento del fondo salva-Stati, va all'attacco del Club Med: in Italia, Grecia, Portogallo e Spagna sono necessari immediati sforzi di consolidamento del bilancio e riforme strutturali. Infine una notizia dell'ultim'ora: la Commissione Europea avrebbe trovato un'intesa sulla proposta di direttiva per un sistema comune per la tassazione delle transazioni finanziarie a partire dal 2014. Il varo formale dovrebbe avvenire domani.

27/9/2011

Chiusura positiva ieri per le piazze europee, con Milano a trainare: Ftse Mib +3,32%. Dagli Stati Uniti, Obama striglia il Vecchio Continente: occorre risolvere in fretta la crisi del debito.

I nuovi piani per mettere in sicurezza l'Eurozona, per ora più sulla carta e nelle indiscrezioni, che non nei fatti, hanno regalato alle borse europee un lunedì come non se ne vedevano da settimane. Trainate da Francoforte e Milano, le piazze d'affari hanno fatto segnare rialzi importanti, confermati in serata da Wall Street. I mercati sembrano scommettere su un cambio di passo nell'Eurozona, incoraggiati dalle prime ammissioni del board Bce, circa un possibile taglio dei tassi e -soprattutto- dall'idea che stia per aprirsi la strada a una maxi-ricapitalizzazione bancaria nel Vecchio Continente. Ipotesi quest'ultima sostenuta dallo stesso Commissario Europeo all'Economia Olli Rehn: nell'ipotesi più estrema, si tratterebbe di una riedizione del Tarp americano, in grado di mettere in sicurezza gli istituti di credito. Per primi quelli francesi, ai quali potrebbero giungere fino a 20 miliardi. Più cauta la Commissione Europea, sull'ipotesi di estensione -fino a 3000 miliardi- del fondo salva-Stati: "ipotesi irresponsabili", le ha definite il portavoce Amadeu Altafaj Tardio. E da Berlino il Ministro delle Finanze Schaeuble aggiungeva lapidario: "il fondo non sarà incrementato". Sempre Altafaj-Tardio ha suonato una mezza campana a morto per la Grecia, annunciando l'ennesimo rinvio della nuova tranche di prestiti internazionali per Atene, pari a otto miliardi. Non ci sarà il via libera all'Ecofin, in programma tra una settimana: ancora un ritardo, e la Grecia non potrà pagare -a ottobre- gli stipendi pubblici. Finendo così in default. Di questo parleranno stasera la cancelliera tedesca Merkel e il premier ellenico Papandreou a Berlino. Intanto dagli Stati Uniti il presidente americano Barack Obama chiede un'accelerazione: "l'Europa 'sta affrontando la crisi di debito, ma non sta agendo abbastanza in fretta".

26/9/2011

Una notizia positiva e un'altra negativa oggi per l'economia europea. Quella che ha incoraggiato maggiormente le Borse, riguarda il possibile taglio dei tassi da parte della Bce.

Se il quadro dell' Eurozona dovesse deteriorarsi ulteriormente, Francoforte potrebbe prendere in considerazione il taglio dei tassi d'interesse per ridare ossigeno all'economia. Così l'esponente del consiglio direttivo Ewald Nowotny, in una intervista a Market News International. Anche se un altro esponente della Bce, Yves Mersch, ha frenato facili entusiasmi, definendo infondate le voci su un possibile taglio dei tassi addirittura del 50%. La notizia meno positiva giunge da Bruxelles, dove il portavoce del Commissario all'Economia Olli Rehn ha annunciato lo slittamento della decisione sullo sblocco della sesta tranche di prestiti alla Grecia, inizialmente attesa per l'Ecofin del 3 e 4 ottobre. Si tratta di otto miliardi, necessari per Atene, che ne ha bisogno per pagare gli stipendi pubblici. La decisione è dunque nuovamente rinviata, anche per l'incertezza sulla tempistica dei lavori della troika Europa-Bce-Fmi, che ha lasciato alcune settimane fa Atene, in disaccordo con le misure che il Governo ellenico intendeva prendere per risanare i conti. Domani sera la cancelliera tedesca Angela Merkel e il premier greco George Papandreou si incontreranno a Berlino, per una cena di lavoro ad alta tensione. Con queste novità, diventa sempre più possibile un default della Grecia, anche sulla scorta del maxipiano da 2000 o 3000 miliardi di euro per salvare l'euro, di cui si sarebbe parlato nel weekend alla riunione dei Ministri Finanziari del G20. Queste cifre sono state contestate oggi proprio dalla Commissione, che ha definito "irresponsabili" le speculazioni circolate sulla stampa.

23/9/2011

No di Olanda e Finlandia all'ingresso di Bulgaria e Romania nell'area Schengen, che permette a 400 milioni di europei la libera circolazione. Un'altra crisi si apre nel Vecchio Continente.

Dopo l'Europa economica, anche quella politica comincia a registrare i primi segnali di crisi: "una promessa rotta", così il Ministro dell'Interno Polacco, nonché presidente di turno comunitario, ha definito l'opposizione olandese e finlandese all'ingresso di Romania e Bulgaria nell'area di libera circolazione Schengen. L'Aja ed Helsinki, dove non a caso siedono Governi molto rigidi anche nell'esigere conti pubblici in ordine, hanno fatto valere la regola dell'unanimità sull'ingresso degli ultimi due iscritti al club dell'Europa a 27. Rischi di porosità alle frontiere, con incremento dell'immigrazione clandestina, insieme agli scarsi progressi in tema di corruzione e crimine organizzato, sono ufficialmente alla base dell'opposizione finnico-olandese, che ha rinviato il dossier al prossimo Consiglio Europeo. Ma difficilmente le cose potranno cambiare a breve: anche perché la proposta di mediazione presentata, che avrebbe previsto un ingresso dei due Paesi in Schengen entro fine ottobre per le frontiere aeree e marittime, seguito -nel 2012- dall'apertura totale delle frontiere, è stata respinta da Olanda e Finlandia. "Dobbiamo avere la certezza che le normative di Schengen siano pienamente applicate", ha sintetizzato il responsabile dell'Immigrazione olandese Leers. La Romania ha accusato il Governo dei Paesi Bassi di essere ostaggio degli estremisti di destra, e per ritorsione ha cominciato da alcuni giorni a bloccare l'import di tulipani, con il pretesto di motivi sanitari. La fortezza Europa, in crisi, ripiega su sé stessa.

22/9/2011

Un'altra drammatica giornata per le Borse, con la Fed che spaventa le Piazze d'Affari. Le previsioni a tinte fosce sull'economia hanno mandato a picco il listini. Francoforte e Parigi hanno guidato i cali, risentendo anche della notizia che sei Paesi del G20 -tra cui persino la Gran Bretagna- hanno chiesto all'Eurozona di agire rapidamente per arginare le tensioni sul debito.

Milano e' scivolata del 4,52%, 'limitando' i danni dopo le parole con cui il commissario Ue, Olli Rehn, ha escluso aiuti per l'Italia. Proprio rehn ha dichiarato "Non prevedo che ci sarà alcun bisogno di un piano di soccorso per l'Italia". Molto male anche gli altri indici, Parigi ha perso il 5,25%, Francoforte il 4,96%, Londra il 4,67%. Una vera e propria Caporetto, per le piazze d'affari, pagato circa 270 miliardi di euro di capitaliazzione. Milano ha contribuito con 15 miliardi di euro. L'Italia, pur limitando le perdite sul fronte borsistico, è finita un'altra volta nel mirino, con il differenziale tra i titoli di Stato italiani e tedeschi che si è allargato ai massimi, fino a 412 punti, prima di tornare sotto quota 400. Questo nonostante la Bce stia continuando ad acquistare i nostri titoli, l'argine pare ormai funzionare sempre meno. Anche il rischio-Paese Italia è schizzato in alto, con i credit default swaps, di fatto l'assicurazione contro la nostra insolvenza, balzati a 520 punti. Intanto, se il Commissario Europeo Olli Rehn aferma di non prevedere una nuova recessione, il direttore del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde afferma: siamo in una fase pericolosa, con la crescita che e' rallentata e i rischi al ribasso che sono aumentati''.

21/9/2011

Fondo Monetario Internazionale e Standard & Poor's danno la scossa all'Italia: crescita e rating sono in calo. E per il Belpaese è stata -ieri- un'altra giornata campale.

Doppio taglio -nelle previsioni di crescita e nel rating- per l'Italia, la cui credibilità economica e politica scivola sempre più verso il basso, a livello internazionale: prima l'agenzia di rating Standard & Poor's, poi il Fondo Monetario internazionale hanno suonato l'allarme. L'Fmi ha tagliato la crescita italiana al +0,6% nel 2011 e al +0,3% nel 2012, con una sforbiciata netta. Non aiuta il contesto economico generale, con una ripresa definita "più incerta": i rischi -avverte l'Fmi- sono al ribasso. Come dimostrano il taglio delle previsioni per l'Eurozona: -+1,6% quest'anno- e per gli Stati Uniti, che nel 2011 cresceranno solo di un punto e mezzo. "Il problema per l'Italia è la bassa crescita, il Governo deve continuare l'attuazione del risanamento dei conti", avverte l'Fmi, che non crede proprio in un pareggio di bilancio nel 2013, come promesso dal Governo: nelle previsioni, il deficit italiano si assesterà al 4% del Pil quest'anno, per superare -di poco- l'1% tra due. Il debito arriverà al 121,4% nel 2012, per poi calare. Secondo il capoeconomista Blanchard, i mercati chiedono di vedere l'attuazione delle misure decise con la Manovra: se ciò non avvenisse, il debito potrebbe divenire insostenibile. Intanto S&P, dopo aver declassato il rating italiano ad A, rilancia: "l'outlook resta negativo, potremmo operare un nuovo taglio entro un anno". Per Moritz Kramer, analista di S&P, i fattori principali che hanno inciso sul taglio sono l'alto debito e la politica. Kraemer ha messo il dito nella piaga della crescita, che soffre di mancate liberalizzazioni e poca competitività.

E vola a un record storico il rischio default dell'Italia, così come percepito dagli investitori: i credit default swaps (assicurazioni contro il rischio default) sono balzati a 520 punti dai 489 di lunedì.

20/9/2011

Credibilità economica dell'Italia messa a dura prova, in una giornata campale per il Paese: prima l'agenzia di rating S&P, poi il Fondo Monetario internazionale hanno fatto scattare l'allarme.

L'Fmi ha tagliato le stime di crescita italiana al +0,6% nel 2011 e al +0,3% nel 2012, con una sforbiciata netta. Non aiuta il contesto generale, con una ripresa definita "più incerta": i rischi -avverte l'Fmi- sono al ribasso. Il Fondo ha operato un taglio delle previsioni per l'Eurozona: +1,6% quest'anno e +1,1% il prossimo. Taglio netto anche per gli Stati Uniti, che quest'anno cresceranno solo di un punto e mezzo. Lo scenario peggiore è quello di una nuova recessione. "Il problema per l'Italia è la bassa crescita, il Governo deve continuare l'attuazione del risanamento di bilancio", avverte l'Fmi: secondo le previsioni, il deficit italiano si assesterà al 4% del Pil quest'anno, per superare di poco l'1% tra due. Il debito arriverà al 121,4% nel 2012, per poi calare. Ma, come afferma il capoeconomista Blanchard, i mercati chiedono di vedere l'attuazione delle misure decise con la Manovra: se ciò non avviene, il debito potrebbe divenire insostenibile. Intanto Standard & Poor's, dopo aver declassato il rating italiano ad A, rilancia: "l'outlook resta negativo, potremmo operare un nuovo taglio entro un anno". Per Moritz Kramer, analista di S&P, i fattori principali che hanno inciso sul taglio sono l'alto debito e la politica. Kraemer ha messo il dito nella piaga della crescita, che soffre di mancate liberalizzazioni e poca competitività. Forte la critica al Governo e alle sue continue giravolte sull'ultima manovra . Unico dato positivo: finché l'Italia resta con la A, un default è giudicato seriamente improbabile.

19/9/2011

Si preannuncia un'altra settimana di passione per le Borse: la Grecia pronta a nuovi sacrifici per ricevere l'ennesimo prestito internazionale, mentre la Casa Biancia di prepara ad annunciare un maxipiano per il taglio del deficit.

Sarà un altro lunedì da vivere pericolosamente, quello che si prepara oggi sulle piazze finanziarie e nelle capitali: il necessario prologo è stata la riunione di emergenza -ieri- del Governo greco. Al termine della quale, il Ministro delle Finanze Evangelos Venizelos ha annunciato un nuovo giro di vite di austherity, per venire incontro alle richieste della troika Europa-Bce-Fmi. Il meeting si è reso necessario dopo il rinvio della terza tranche di aiuti ad Atene, pari a 8 miliardi di euro, necessaria come l'aria per le casse pubbliche elleniche, ormai vuote. Tra le nuove misure, potrebbe figurare il licenziamento di altri 20mila dipendenti statali, insieme a tagli per pensioni e stipendi. Una medicina amarissima, ma indispensabile per raggiungere gli obiettivi di bilancio questo e il prossimo anno. Venizelos ha annunciato tre linee di intervento, per convincere Europa ed Fmi a rilasciare la nuova rata di prestiti, evitando un catastrofico default. Sull'altra sponda dell'Atlantico, il presidente americano Barack Obama annuncerà oggi misure di riduzione del deficit pari ad almeno duemila miliardi di dollari: tra i punti centrali dovrebbe figurare la cosiddetta "Buffet Rule", una supertassa che colpirà i più ricchi. Chi dichiara oltre un milione di dollari ne sarà soggetto. Tra gli altri interventi, azioni per incrementare le entrate fiscali, limiti agli sravi per i più abbienti, eliminazione dei sussidi per le società petrolifere. Obama se la dovrà vedere con la dura opposizione repubblicana. Per intanto, ci hanno pensato ieri le prime centinaia di Indignados, comparsi intorno a Wall Street, a far sentire le proprie proteste contro il sistema finanziario.

18/9/2011

La Turchia minaccia di rompere le relazioni con l'Europa la prossima estate. Oggetto del contendere: la questione cipriota.

Storia di un amore mai nato. La marcia di avvicinamento della Turchia all'Europa rischia uno stop clamoroso, anche se i segnali di un raffreddamento nei rapporti sono evidenti da tempo. Il vicepremier Besir Atalay -cogliendo l'occasione di un viaggio a Cipro Nord- ha minacciato Bruxelles: se i negoziati di pace sull'isola non si concluderanno entro la prossima estate, Ankara congelerà le relazioni con Bruxelles. Il tempismo non è casuale: a luglio la Repubblica di Cipro, di etnia greca e membro dell'Unione Europea, assumerà la presidenza di turno dei 27, aprendo un caso diplomatico. Ankara non riconosce del tutto Nicosia. Ma non c'è solo questo: sullo sfondo restano i negoziati di pace mai veramente decollati tra la parte nord e quella sud dell'isola. La situazione si è aggravata negli ultimi giorni, quando Cipro Sud ha annunciato l'avvio di trivellazioni sottomarine intorno all'isola. La mossa è stata ampiamente contrastata dalla Turchia, che chiede di condividerle con la parte nord dell'isola. Proprio nelle ultime ore il presidente sudcipriota Christofias, incurante delle minacce, ha confermato il via libera alle trivellazioni. Da Bruxelles si fa notare che non è la prima volta in cui Ankara minaccia di congelare le relazioni con l'Europa, e che si continua a lavorare per risolvere l'annosa questione di Cipro. Tuttavia, la crisi sta cambiando gli interessi geopolitici turchi, sempre più incentrati sul Mediterraneo Orientale. E meno orientati a occidente, dove i risultati languono. In sei anni di negoziati con l'Europa, Ankara ha chiuso un solo capitolo su 35, scontrandosi con l'aperta ostilità di alcuni Paesi membri al suo ingresso.

18/9/2011

E' un'Europa polifonica e senza strategia quella che esce dal vertice Ecofin di emergenza di Wroclaw, la cui immagine perfetta è riassuta dalla ritirata precipitosa di fronte all'avanzata dei sindacati polacchi, che hanno sfilato in città contro l'austherity. Fuggi fuggi generale dei Ministri e summit chiuso in anticipo.

Iniziato con uno scontro Europa-Stati Uniti, l'Ecofin ha trovato l'accordo solo sulla necessità di rafforzare il settore bancario, con nuove iniezioni di capitali. Per il resto, divisioni su tutto: sull'ampliamento del fondo salva-Stati, sulla Tobin Tax e pure sul salvataggio greco, incuranti dei segnali di tempesta che arrivano da Atene. Il premier ellenico George Papandreou ha cancellato il viaggio della prossima settimana a New York, per partecipare all'Assemblea Generale dell'Onu e agli incontri dell'Fmi. Troppo grave la situazione economica del Paese, dopo che venerdì l'Ecofin ha deciso di non decidere, rinviando di un mese la terza tranche di aiuti. Ora, con le casse pubbliche semivuote, il rischio default ellenico è un passo più vicino. Domani il Ministro delle Finanze Venizelos si riunirà in teleconferenza con i responsabili di Eurozona, Bce ed Fmi. Ad aggravare la situazione, la mancanza di fiducia tra i Paesi europei: il Ministro svedese Borg è stato esplicito: "l'Italia ha ancora molta strada da fare per recuperare credibilità". Prova a instillare ottimismo il presidente della Bce Trichet: "la situazione europea -sul fronte dei deficit- e' piu' incoraggiante piu' di quella di molte economie emergenti".

17/9/2011

Si chiude nel modo peggiore l'Ecofin d'emergenza di Wroclaw. Mentre i 27 Ministri delle Finanze dibattono scolasticamente sulla necessità di rafforzare il settore bancario con nuove iniezioni di capitali, rimettendo implicitamente in discussione la validità degli stress tests di soli due mesi fa, da Atene giunge la notizia che riporta tutti coi piedi per terra: il premier ellenico George Papandreou ha cancellato il viaggio della prossima settimana a New York, per partecipare all'Assemblea Generale dell'Onu e agli incontri dell'Fmi.

Troppo grave la situazione economica ad Atene, dopo che ieri l'Ecofin aveva deciso di non decidere, rinviando di un mese la terza tranche di aiuti alla Grecia. Ora, con le casse pubbliche semivuote, il rischio default ellenico è un passo più vicino, per quanto il Ministro spagnolo Salgado abbia riferito che questa eventualità non sia stata neppure presa in considerazione dall'Eurogruppo. La riunione dei Ministri economici ha prodotto poco, evidenziando solo divisioni -come sulla tassa relativa alle transazioni finanziarie- e scarsa fiducia reciproca. Il Ministro svedese Anders Borg è stato esplicito: "l'Italia ha ancora molta strada da fare per recuperare credibilità". L'italiano Tremonti la butta sulla Germania. L'immagine di fragilità europea si riflette tutta nella conclusione affrettata e anticipata del vertice. E' bastata una manifestazione pacifica di protesta, da parte di poche migliaia di iscritti ai sindacati ,per anticipare chiusura e conferenza stampa dei Ministri, con un fuggi fuggi che ha spiazzato i giornalisti.

17/9/2011

"Smettetela di litigare, intraprendete azioni per risolvere la crisi del debito, rimuovendo dai mercati rischi catastrofici": è stato un intervento a gamba tesa, quello del segretario al Tesoro americano Tim Geithner, che nell'Ecofin di emergenza di Wroclaw ha scelto la strada del messaggio diretto ai Ministri delle Finanze europei.

Non basta la collaborazione tra banche centrali, ha affermato Geithner, riferendosi alla maxi-iniezione di liquidità di giovedì: imprescindibile, per Washington, è l'unità d'intenti tra Paesi e Banche Centrali. Poi l'affondo: Geithner chiede all'Europa un incremento del fondo salva-Stati, ma la sua richiesta provoca un muro contro muro con la Germania, che a sua volta preme affinché Washington abbandoni la propria opposizione alla tassa sulle transazioni finanziarie. Finché il presidente dell'Eurogruppo Juncker chiosa: "non siamo qui a discutere l'incremento del fondo con Paesi che non sono membri dell'Eurozona". Le evidenti divergenze, al di là dell'impegno americano ad aiutare l'Europa, sottolineano -una volta di più- l'allarme sulla crisi. Proprio Juncker ha annunciato lo slittamento a ottobre della nuova tranche di aiuti alla Grecia, pari a otto miliardi, dopo la valutazione della troika Europa-Bce-Fmi. Un rinvio che lascia tutti col fiato sospeso: le casse pubbliche di Atene, semivuote, potrebbero non reggere così a lungo. Via libera europeo alla manovra italiana: Roma, ha detto Juncker, ha fatto tutto il possibile per consolidare le proprie finanze. Ok infine al pacchetto di riforme sulla governance economica, con regole più dure sui conti pubblici.

16/9/2011

Forte richiamo del segretario americano al Tesoro Tim Geithner all'Europa: nell'Ecofin d'emergenza in corso a Wroclaw, Geithner ha denunciato come le divisioni fra i governi dell'area euro e quelle all'interno della Banca centrale europea stiano mettendo a rischio le contromisure prese per fronteggiare la crisi, quando servirebbe massima collaborazione per togliere dai mercati gli attuali ''rischi catastrofici''.

''Non basta la collaborazione fra banche centrali'', ha dichiarato Geithner a margine del meeting dell'Eurogruppo. ''Per noi negli Stati Uniti e' piu' facile, perche' siamo un singolo Paese con una valuta''. Ma ''quello che e' molto dannoso non e' solo vedere le divisioni europee nel dibattito sulle strategie, ma il conflitto continuo fra i Paesi e le banche centrali', ha aggiunto'. Geithner ha promesso che Washington farà tutto il possibile per aiutare l'Europa a superare le sfide che l'attendono. Una strigliata in piena regola, quella del segretario al Tesoro americano, che riflette la crescente preoccupazione americana sulla crisi del debito sovrano al di qua dell'Atlantico. Secondo alcune indiscrezioni, Geithner avrebbe incontrato forti resistenze tedesche di fronte alle proposte di Washington. Intanto, il presidente dell'Eurogruppo Juncker ha annunciat che l'Unione deciderà ad ottobre sulla prossima tranche di aiuti alla Grecia, pari a otto miliardi, dopo la valutazione della Troika. Un rinvio che lascia tutti col fiato sospeso: le casse pubbliche di Atene, ormai semivuote, potrebbero non reggere così a lungo. Via libera, da parte di Juncker, alla manovra italiana: Roma, ha detto, ha fatto tutto il possibile per consolidare le proprie finanze pubbliche. Apprezzamento, infine, anche per le misure intraprese da Irlanda e Portogallo.

16/9/2011

Chiusura in netto rialzo per le Borse europee, dopo che cinque banche centrali -tra cui la Bce- hanno annunciato agevolazioni che garantiscano liquidità in dollari alle banche. Oggi riunione dei Ministri Finanziari europei.

Liquidità, tanta liquidità in dollari, per spegnere l'incedio che rischia di bruciare l'Eurozona. Con una mossa a sorpresa, cinque banche centrali -Fed, Bce, Banca d'Inghilterra, Banca del Giappone e Banca Nazionale Svizzera- hanno annunciato tre operazioni straordinarie per fornire liquidità -a tre mes-i alle banche del Vecchio Continente. Una boccata d'ossigeno insperata, che trova precedenti recenti solo dopo l'11 settembre o sulla scia del crac Lehman Brothers. Ma se allora era l'America a rischiare, stavolta sono l'Europa e il suo sistema creditizio in sala di rianimazione. Troppo pericolosa l'esposizione della banche continentali ai debiti sovrani - quello ellenico su tutti: con questa mossa l'obiettivo è prevenire pericolosi intoppi sui mercati monetari. "Una dimostrazione di unità di intenti", per il presidente della Bce Jean-Claude Trichet. Plauso anche dal direttore generale dell'Fmi Lagarde. Le Borse hanno apprezzato: il Ftse Mib ha guadagnato il 3,56%, con bancari quali Intesa Sanpaolo (+10%) e Unicredit (+6,90%) sugli scudi. In Europa hanno festeggiato Parigi +3,27%, Francoforte +3,15%, Londra +2,11%. Positiva pure Wall Street, con il Dow Jones a +1,66%. Oggi a Wroclaw si apre un Ecofin straordinario, con ospite d'eccezione il segretario del Tesoro americano Tim Geithner. Un vertice d'emergenza, con il salvataggio greco sul piatto. E sullo sfondo, le poco rassicuranti parole della tedesca Merkel: "vedo un appiattimento della crescita della Germania".

15/9/2011

Chiusura in netto rialzo per le Borse europee, dopo che cinque banche centrali -tra cui la Bce- hanno annunciato agevolazioni che garantiscano liquidità in dollari alle banche. Domani riunione dei Ministri Finanziari europei, alla presenza del segretario americano al tesoro Tim Geithner.

Un intervento concertato per fornire liquidità -in dollari- agli istituti di credito ridà fiato alle Borse europee. La mossa di cinque banche centrali -Fed, Bce, Banca d'Inghilterra, Banca del Giappone e Banca Nazionale Svizzera- tampona per ora i rischi finanziari per le banche commerciali, con quelle continentali pesantemente esposte verso i debiti sovrani. L'annuncio è arrivato dalla Banca Centrale Europea, da settimane impegnata nella difesa dell'Eurozona: in una nota, Francoforte ha precisato di aver stabilito di avviare tre diverse operazioni per fornire liquidità in dollari, con prestiti a tre mesi fino alla fine dell'anno". Le operazioni, che aiuteranno le banche a gestire gli ultimi mesi del 2011, saranno condotte a tassi fissi e sulla base di aste che si terranno il 12 ottobre, il 9 novembre e il 7 dicembre. Un intervento muscolare, che ricalca mosse analoghe di tre anni fa, evidentemente mirato a riportare fiducia sui mercati. Per il direttore del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde, la decisione odierna è ciò che serviva. Molto positiva la reazione delle Borse, con il Ftse All-Share che ha chiuso a +3,24%, il Ftse Mib a 3,56%. In Europa hanno festeggiato Parigi +3,27%, Francoforte +3,15%, Londra +2,11%. Da domani i riflettori della politica economica si spostano in Polonia, per un Ecofin informale che vedrà la partecipazione del segretario americano al Tesoro Tim Geithner. Oggi la cancelliera tedesca Angela Merkel ha definito "assolutamente sbagliata" l'idea degli Eurobond. Sullo sfondo, resta un quadro economico in deterioramento, come certificato questa mattina dalla Commissione Europea.

14/9/2011

Nessuna necessità di misure aggiuntive rispetto all'attuale manovra italiana. Così la Commissione Europea ha chiarito i concetti contenuti nel rapporto sullo stato delle finanze pubbliche. E ieri è stata la giornata di Silvio Berlusconi a confronto con le istituzioni comunitarie.

Silvio Berlusconi porta al cuore dell'Europa l'attacco contro l'opposizione, mentre il centrosinistra dell'Europarlamento lo accusa di usare Bruxelles e Strasburgo per fuggire lontano dalle inchieste giudiziarie. Si è concluso così un viaggio, che -nelle intenzioni- avrebbe dovuto parlare soprattutto di manovra e conti pubblici. L'attacco Berlusconi lo riserva subito, in occasione dell'incontro con il presidente europeo Van Rompuy. Berlusconi si dice certo che il voto sulla Manovra costituirà un segnale importante, punta all'inserimento del vincolo sui "conti pubblici in ordine" nella Costituzione, e si mostra convinto di raggiungere -nel 2013- il pareggio di bilancio. Poi promette nuove misure per fisco e crescita, prima di chiedere a Bruxelles di indicare l'aumento dell'età pensionabile. Da parte sua, Van Rompuy definisce ambizioso il pacchetto italiano, e concorda con Berlusconi sulla necessità di una maggiore governance europea. A metà pomeriggio Berlusconi arriva a Strasburgo, per incontrare il presidente della Commissione José Barroso. Il quale dà l'ok alle misure italiane, definendole un buon passo per rimuovere gli ostacoli strutturali che impediscono la crescita. Tuttavia, ricorda, vanno attuate. Infine, la visita di Berlusconi al presidente dell'emiciclo Jerzy Buzek. Napoli, con le sue inchieste, resta lontana. Oltre 1200 km..

13/9/2011

Nessuna necessità di misure aggiuntive rispetto all'attuale manovra. Così la Commissione Europea ha chiarito oggi i concetti contenuti nel rapporto sullo stato delle finanze pubbliche. E oggi è stata anche la giornata di Silvio Berlusconi a confronto con le istituzioni comunitarie.

Il viaggio della discordia porta più polemiche che risultati a un Silvio Berlusconi che -dal cuore dell'Europa- attacca le opposizioni e finisce sotto l'attacco del centrosinistra europarlamentare. La visita del premier inizia poco prima di pranzo a Bruxelles, dove incontra il presidente europeo Herman Van Rompuy. Al termine, c'è spazio quasi solo per il monologo in italiano di Berlusconi, che spiazza i giornalisti stranieri. Il premier non lascia spazio ad alcuna domanda. E attacca l'opposizione. Berlusconi si dice certo che il voto sulla Manovra costituirà un segnale importante, punta all'inserimento del vincolo sui conti pubblici in ordine nella Costituzione, e si dice convinto di raggiungere -nel 2013- il pareggio di bilancio. Poi promette nuove misure per fisco e crescita, prima di chiedere a Bruxelles di indicare l'aumento dell'età pensionabile. Da parte sua, il sempre educato Van Rompuy definisce ambizioso il pacchetto italiano, e concorda con Berlusconi sulla necessità di una maggiore governance europea. A metà pomeriggio, accompagnato dal Direttore Generale del Tesoro Vittorio Grilli, Berlusconi fa capolino a Strasburgo, per quello che definirà un "incontro costruttivo" con il presidente della Commissione José Barroso. Pure Barroso ripete apprezzamenti già ascoltati, chiedendo una rapida attuazione delle misure italiane. infine, la visita al presidente dell'emiciclo Jerzy Buzek. A pochi metri di distanza, i leader dei socialisti e verdi europei accusavano Berlusconi di aver usato l'Europa per nascondersi dai processi interni. Napoli è lontana, per Berlusconi. Oltre 1200 km..

9/9/2011

Incertezza per l'Eurozona, ma soddisfazione per gli impegni presi dall'Italia. Nel giorno in cui la Bce lascia invariati i tassi di riferimento, il presidente Jean-Claude Trichet definisce "particolarmente alta" l'incertezza per le economie legate dalla moneta unica, dove i rischi al ribasso si sono intensificati.

Con una crescita moderata. I tecnici di Francoforte traducono in numeri la preoccupazione: la media della forchetta di crescita perde -nel 2011 e nel 2012- ben quattro decimali. Unica notizia positiva dal fronte è il rientro dell'allarme inflazione: si allontanano dunque i propositi di stretta monetaria. Trichet ha parole di apprezzamento per la manovra italiana. "Le misure prese con la manovra confermano un primo impegno di Roma", afferma Trichet, protagonista nei giorni scorsi di forti richiami al nostro Paese in materia di conti pubblici. Di fatto una tregua, dopo che i troppi dietrofront italiani avevano irritato Francoforte, attiva da settimane -sui mercati- nell'acquisto dei nostri bond. Trichet riconosce quelle che definisce "esitazioni e complessità" del Governo, ma guarda al futuro, asserendo che la direzione è giusta. Alla fine il presidente della Bce si toglie pure un sassolino dalla scarpa, attaccando queii politici ed economisti tedeschi che -nelle ultime settimane- avevano duramente attaccato la sua gestione: "facciamo solo il nostro lavoro, mantenendo la stabilità dei prezzi. Lo abbiamo fatto meglio che nei precedenti 50 anni in Germania", ha detto. E ha girato la colpa ai Governi, per lui responsabili di non aver saputo gestire la crisi.

8/9/2011

''L'incertezza e' particolarmente alta per le economie dell'area euro, i rischi al ribasso si sono intensificati''. Il presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, ha tenuto alto oggi l'allarme sull'Eurozona, mentre l'istituzione di Francoforte ha rivisto al ribasso le stime trimestrali sulla crescita nell'area della moneta unica.

Le nuove proiezioni degli economisti dell'Eurotower danno ora la crescita 2011 tra l'1,4% e l'1,8%, e quella 2012 tra 0,4% e 2,2%. Insieme alle previsioni generali, Trichet ha toccato la questione-Italia, osservato speciale d'Europa. Le misure prese con la manovra ''confermano un primo impegno di Roma", ha affermato. Poi la bacchettata: la manovra italiana e' arrivata ''dopo alcune esitazioni, alcune complessita', ma alla fine si e' visto qualcosa che va nella direzione dell'impegno iniziale''. Trichet ha pure replicato a muso duro agli economisti tedeschi, che l'accusano di aver trasformato la Bce in una bad bank -"facciamo solo il nostro lavoro, mantenendo la stabilità dei prezzi", ha detto- e ha ricordato come le misure di sostegno, quali l'acquisto di bond, sono temporanee. A gettare nuove ombre sulla crescita sono giunte oggi pure le nuove stime dell'Ocse, secondo cui l'economia dei Paesi aderenti all'organizzazione e' vicina alla ''stagnazione'', e ''la ripresa nel secondo trimestre si e' quasi arrestata". Per gli Stati Uniti e l'Eurozona la crescita nella prima parte del 2011 e' stata piu' debole del previsto. Netta battuta d'arresto in Italia, vicina alla stagnazione: l'Ocse stima che nel terzo trimestre il Pil registrera' un -0,1% e nel quarto un +0,1%. Nell'ambito del G7, negli stessi trimestri, la crescita e' stimata a +1,6% e +0,2%.

6/9/2011

Allerta massima in Europa, dopo che i differenziali sui titoli di Stato sono tornati a salire. Il presidente in pectore della Bce Mario Draghi avverte l'Italia: gli acquisti di titoli da parte della Bce non sono eterni.

Arriva da Parigi l'allarme dei massimi vertici -quello attuale e quello in pectore- della Bce. Mentre i mercati continentali iniziavano la loro discesa agli inferi, in un lunedì nero per le Borse, sono stati i due uomini-chiave della Bce, l'attuale presidente Trichet e il successore designato Draghi, a lanciare messaggi inequivocabili. La sferzata maggiore la riservava Draghi, mentre sui monitor delle piazze finanziarie i differenziali tra i Btp decennali italiani e il Bund tedesco schizzavano in alto, fino a sfondare -a fine giornata- quota 370 punti base. Un balzo definito -in serata- dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano come un "segnale allarmante". "Gli interventi calmieranti della Bce sui mercati dei titoli sono temporanei, non possono essere utilizzati per elude la disciplina di bilancio e non devono essere dati per scontati dai Governi", ha avvertito ieri Draghi, invitando gli esecutivi ad assumersi le proprie responsabilità. Un messaggio che è sembrato avere come destinatario principale l'Italia, graziata la scorsa settimana da un incremento di aquisti dei titoli da parte della Bce: resta però l'incertezza sul ruolo di ammortizzatore garantito da Francoforte. Fino a quando? L'attuale presidente della Bce, Trichet, ha chiesto da parte sua una governance economica europea, in grado di imporre sanzioni preventive a chi sgarra sui conti pubblici. Trichet ha fato i nomi dei Paesi che hanno indebolito anni fa il Patto di Stabilità: Germania, Francia e Italia. Mentre il presidente europeo Van Rompuy ha chiesto esplicitamente di aumentare la pressione su Roma e Atene, affinché mettano in atto le manovre promesse.

5/9/2011

E' stato un altro lunedì nero, l'ennesimo questa estate, per le piazze d'affari europee. La crisi del debito sovrano e i timori di una nuova recessione sulle due sponde dell'Atlantico hanno affondato i listini, che hanno aperto la settimana in profondo rosso. Londra ha perso il 3,58%, Parigi il 4,73%, Francoforte il 5,28%. Milano tra le peggiori, con il Ftse Mib che ha ceduto il 4,83% e il Ftse All Share il 4,73%.

Per l'Italia, è stata un'altra Caporetto sul fronte degli spread, i differenziali tra il Btp decennale e il Bund tedesco, che hanno superato quota 370 punti base, con un rendimento per il titolo italiano del 5,57. Nuovo record storico per lo spread tra i titoli di Stato greci a 10 anni e il Bund, ora a 1745 punti. Segnali inquietanti dai credit-default swap, i contratti derivati con cui ci si protegge dal rischio d'insolvenza: sull'Italia sono volati al massimo storico di 422,5 punti. E per l'agenzia di rating Moody's, il Belpaese resta sotto osservazione per un possibile declassamento. Immediati i campanelli d'allarme, con il presidente della Bce in pectore Mario Draghi che ha avvertito: gli interventi calmieranti della Bce sul mercato dei titoli di Stato sono "temporanei", non possono essere utilizzati per "eludere" la disciplina di bilancio, né "devono essere dati per scontati" dai governi, che ora sono chiamati ad "assumersi le loro responsabilità". Un messaggio implicito all'Italia, la cui sofferenza sul mercato dei titoli di Stato -nonostante l'intervento della Bce- è riesplosa. Da Parigi messaggio analogo del presidente uscente della Bce, Trichet: "contro la crisi del debito occorre una governance economica europea molto piu' incisiva. Serve una maggiore capacita' di sanzioni preventive per i Paesi che sforano i limiti d'indebitamento".

5/9/2011

Si apre male un infuocato mese di settembre per la cancelliera tedesca Angela Merkel: il suo partito, la Cdu, ha perso un'altra elezione regionale.

Una domenica da dimenticare per Angela Merkel, sconfitta alle elezioni nel Land nordorientale del Mecklemburg-Vorpommern, uno dei più poveri del Paese. La sua Cdu ha perso cinque punti, scendendo al 23%, staccata anni luce dai socialdemocratici, attestatisi intorno al 36%. Tiene le posizioni la sinistra della Linke, poco sotto il 20%, mentre il vero crollo riguarda i liberali della Fdp, partner di coalizione della Merkel a Berlino, finiti sotto il 3%. La Fdp esce così dal Parlamento regionale, dove resta l'estrema destra dell'Npd, bilanciata però da una crescita esponenziale dei Verdi. Fa riflettere la bassa affluenza alle urne, poco superiore al 50%, sintomo di una disaffezione degli elettori. A rendere più amara la sconfitta, il rischio di uscita -per la Cdu- dal Governo del Land, dove la Spd potrebbe scegliere di avviare un tandem con la Linke. Per Angela Merkel, colpita venerdì dal grave lutto per la perdita del padre, si tratta della sesta sconfitta elettorale su sei -a livello regionale- quest'anno: il 18 settembre, con le elezioni nel Land di Berlino, potrebbe giungere l'ultima batosta. Ma ad occupare i pensieri della cancelliera ci sono pure i problemi europei: mercoledì la Corte Costituzionale di Karlsruhe stabilirà la legittimità del fondo salva-Stati attuale, dove la quota di Berlino dovrebbe salire -prossimamente- oltre i 250 miliardi. A fine mese il difficile voto del Bundestag sul nuovo fondo-permanente: settimane di fuoco, con -sullo sfondo- l'inquietante turbolenza sui mercati, e i nodi greco-italiani da risolvere.

2/9/2011

Combattere l'evasione scendendo a patti col diavolo? Può essere un'idea, soprattutto quando questo diavolo, pur custodendo circa un terzo del denaro offshore, ha il gusto di cioccolato e la precisione di un orologio.

Tra le tante ipotesi comparse con l'ultima -ennesima- versione della manovra, c'è anche quella di un accordo Italia-Svizzera, in chiave antievasione. L'idea non è nuova: ad agosto sia la Germania, sia la Gran Bretagna, hanno concluso accordi bilaterali con Berna, sulla base di un principio semplice: si tassano i conti dei propri cittadini depositati clandestinamente nei forzieri elvetici. L'imposizione può essere fissa, come nel caso tedesco (al 26%), o avere una banda di oscillazione, tra un minimo del 19%, fino a un massimo -nel 2013- del 48%, come nel caso inglese. Anonimato garantito, ma a caro prezzo. Il problema però è un altro: anche stavolta, la fragile coesione europea va a farsi benedire. "Gli accordi bilaterali con la Svizzera non sono necessariamente un problema. Tutto dipende dal contenuto, non c'è problema finché questi sono compatibili con la direttiva sulla tassazione dei risparmi e con gli accordi bilaterali Europa-Svizzera in materia", spiega Jonathan Todd, portavoce della Commissione Europea. Sull'onda della crisi, i Paesi europei hanno dunque pensato di fare subito cassa sull'evasione, infischiandosene di elaborare una posizione comune verso i paradisi offshore. "Stiamo negoziando con i Paesi membri la versione aggiornata della direttiva sulla tassazione dei risparmi, cui seguirà un negoziato con la Svizzera. Stiamo ancora definendo il nostro mandato. L'idea è chiudere tutte le scappatoie, rendendo più difficile evadere le tasse", aggiunge Todd. Ma mentre Bruxelles esamina a passo lento gli sviluppi, la corsa a fare cassa direttamente in Svizzera prosegue: ci pensa anche la Grecia. Toccherà all'Italia mantenere alta la bandiera europea, difendendo, se non è troppo tardi, un approccio comune e più rigoroso?

1/9/2011

Il Governo studia la via svizzera per stanare gli evasori fiscali, tassando in modo più efficace i capitali detenuti sui conti cifrati. Il modello è quello, inaugurato questa estate, degli accordi bilaterali raggiunti tra Berna e la Germania da una parte, e Berna e la Gran Bretagna dall'altra.

Che la Svizzera sia la bandiera dei paradisi offshore non è un segreto, al punto che si stima che nei forzieri delle casse elvetiche sia custodito un terzo delle ricchezze nascoste nei paradisi fiscali. A Roma si pone però un problema: attendere la conclusione di una trattativa europea tra Bruxelles e Berna, oppure fare da sola? La questione non è di poco conto: la Germania, il 10 agosto, ha chiuso un accordo in base al quale le banche elvetiche applicheranno una tassa del 26% sui capitali tedeschi depositati clandestinamente in Svizzera: saranno gli stessi istituti ad applicare la ritenuta e a versarla all'erario di Berlino. Molto simile l'accordo con Londra, chiuso il 24 agosto: qui la ritenuta varierà tra il 19 e il 34%, per poi crescere fino a un massimo del 48% dal 2013. In cambio di questo consistente obolo, gli evasori manterranno l'anonimato. Il flusso di gettito verso Londra e Berlino, secondo le prime stime, sarà fin da subito di circa 900 milioni di euro. Nel caso della Gran Bretagna, una norma retroattiva potrebbe decuplicare la cifra. Amaro calice per la Svizzera, che ha comunque deciso di scendere a patti con i partner europei: la Grecia potrebbe essere la prossima. La decisione ha però irritato la Commissione Europea: Bruxelles sta negoziando un accordo più rigoroso con Berna, per un trasferimento automatico dei dati dei conti offshore. E gli accordi bilaterali potrebbero minarlo alla nascita. E' in questo contesto che si dovrà muovere -con cautela- il Governo italiano.

1/9/2011

Monito di Bruxelles all'Italia, per un maggiore inserimento delle misure destinate a rafforzare la crescita nella manovra.

La crescita, innanzitutto. E' un avvertimento mirato, quello che Bruxelles invia a Roma, nel giorno in cui i più autorevoli quotidiani finanziari internazionali, Financial Times e Wall Street Journal, dipingono un Paese con i giorni contati sui mercati, sempre più disorientati dagli interminabili negoziati sulla manovra. La Commissione Europea manda un messaggio chiaro: servono assolutamente misure strutturali per la crescita. Amadeu Altafaj, portavoce della Commissione, afferma: Bruxelles resta fiduciosa su una maggiore prominenza, all'interno della manovra, delle misure destinate ad agevolare e sostenere la crescita. Una richiesta in linea, peraltro, con le raccomandazioni inviate già due mesi fa a Roma. I commenti europei, al di là delle formalità di rito, sembranoriflettere una certa inquietudine: la Commissione non si stanca di invitare l'Italia ad adottare interventi ''strutturali'' sul fronte del rilancio dell'economia, che stimolino ad esempio una maggiore concorrenza nel campo dei servizi e delle professioni, insieme all'incentivazione degli investimenti in ricerca e sviluppo. Più crescita uguale più occupazione, è il mantra di Bruxelles, preoccupata del fatto che l'Italia, gia' sotto la media comunitaria in termini di aumento del Pil, possa presto subire i contraccolpi del rallentamento dell'economia mondiale. Bruxelles avverte: seppure non siano previste scadenze per la presentazione della manovra, prima si fa chiarezza sul testo finale, meglio si contribuirà a dissipare l'incertezza sui mercati, peraltro molto nervosi.

31/8/2011

Monito di Bruxelles all'Italia, per un maggiore inserimento delle misure destinate a rafforzare la crescita nella manovra.

La crescita, innanzitutto. E' un avvertimento mirato, quello che Bruxelles invia a Roma il giorno dopo aver espresso un primo no comment sulla manovra italiana: quello che giunge dal cuore dell'Europa appare come un serio invito a non dimenticare le misure strutturali per il rilancio. Amadeu Altafaj, portavoce della Commissione, afferma: Bruxelles resta fiduciosa su una maggiore prominenza, all'interno della manovra, delle misure destinate ad agevolare e sostenere la crescita. Una richiesta in linea, peraltro, con le raccomandazioni inviate già due mesi fa a Roma. I commenti europei, al di là delle formalità di rito, sembranoriflettere una certa inquietudine: la Commissione non si stanca di invitare l'Italia ad adottare interventi ''strutturali'' sul fronte del rilancio dell'economia, che stimolino ad esempio una maggiore concorrenza nel campo dei servizi e delle professioni, insieme all'incentivazione degli investimenti in ricerca e sviluppo. Più crescita uguale più occupazione, è il mantra di Bruxelles, preoccupata del fatto che l'Italia, gia' sotto la media comunitaria in termini di aumento del Pil, possa presto subire i contraccolpi del rallentamento dell'economia mondiale. Bruxelles avverte: seppure non siano previste scadenze per la presentazione della manovra, prima si fa chiarezza sul testo finale, meglio si contribuirà a dissipare l'incertezza sui mercati, peraltro molto nervosi.

31/8/2011

Scherzi della globalizzazione. In realtà, spie di un mondo che cambia ormai alla velocità della luce. I fatti: Huang Nubo, imprenditore immobiliare numero 161 nella lista dei cinesi più ricchi, ha raggiunto un accordo per acquistare 300 km quadrati di territorio in Islanda. Ovvero, lo 0,3% dell'intero territorio dell'isola nordica.

La notizia fa subito il giro del mondo, tra lo scherzoso e l'incredulo: cosa ci fa un cinese, in Islanda? Semplice. Fa shopping. "Follow the money", segui il denaro, avvertono gli investigatori quando occorre spiegare un crimine. Qui non di crimine si tratta, ma del nuovo ordine geopolitico. La Cina che sbuca all'improvviso in Islanda, è la stessa che ha teso -pochi mesi fa- la mano ai Paesi europei più periferici, non appena si è allungata l'ombra del rischio-default, comprando debito. E' la stessa che detiene una fetta considerevole dei titoli americani, al punto da bacchettare Washington ogni volta che sgarra. Ed è infine la stessa che sta rapidamente colonizzando l'Africa, con aiuti e investimenti mirati, alla ricerca di preziosissime materie prime. Il mondo è diventato un luogo molto economico dove investire, nel bel mezzo di una crisi che impoverisce l'Occidente. Prendiamo l'Islanda: un sistema bancario collassato sull'onda dei primi venti della tempesta finanziaria, dopo anni di crescita drogata, e un'economia tuttora fragile, in un Paese -comunque- sulla soglia dell'Europa. Ed ecco che i 9 milioni di dollari offerti dal tycoon cinese per acquistare la terra, con la promessa di un investimento da 100 milioni, ufficialmente per un lussuosissimo ecoresort, fanno gola. Resta solo da vedere se l'affare si concluderà: gli islandesi non sono esattamente un popolo addomesticabile. Chiedetelo agli investitori olandesi e britannici, che ancora aspettano i 4 miliardi di euro in rimborsi, per il denaro inghiottito nel collasso del sistema bancario dell'isola. Per ben due volte i 329mila islandesi hanno votato "no" alla restituzione del malloppo. Strizzeranno ora l'occhio alla Cina?

30/8/2011

La missione militare della Nato in Libia ''e' ancora necessaria'': le operazioni a protezione della popolazione civile continueranno ''finche' necessario, ma non un giorno di piu'''.

L'Alleanza Atlantica ha chiarito così -in una conferenza stampa- la propria posizione sulla Libia, a poco più di una settimana dal precipitare degli eventi a Tripoli. ''La nostra missione e' importante, efficace e ancora necessaria. Fino a quando persistera' la minaccia contro la popolazione civile, il nostro lavoro non sara' terminato'', ha affermato la portavoce Oana Lungescu. Più scarne le informazioni sulla sorte di Gheddafi: la Nato ''non e' a conoscenza'' dei movimenti del rais, e non ha informazioni sulla sorte del figlio Khamis. Tuttavia, l'Alleanza Atlantica continua a ritenere che Gheddafi rappresenti una minaccia per il popolo libico, in quanto ''ha tuttora l'abilita' di comandare e dispiegare truppe''. Sul fronte operativo, la Nato ha confermato che la principale area di attenzione resta il corridoio che porta al confine piu' orientale di Sirte''. Attriti si sono intanto registrati con l'Unione Europea, sulla possibile dichiarazione di fine del conflitto: se il presidente di turno dell'Unione, il polacco Donald Tusk, si è augurato che giovedì alla conferenza di Parigi venga decretata la conclusione della guerra, la Nato ha ricordato che la decisione spetta all'Alleanza Atlantica. Al termine del conflitto sarà l'Onu ad assumere ''un ruolo guida'' nel processo di transizione per un nuovo futuro della Libia.

30/8/2011

"Gli interventi della Bce per l'acquisto di titoli pubblici sul mercato secondario non devono essere un'alibi per i singoli Paesi a non rispettare la disciplina di bilancio".

E' una tirata d'orecchi in piena regola quella che il presidente Jean Claude Trichet riserva all'Italia, nella riunione della Commissione Affari Economici dell'Europarlamento. Nessuno sconto -dunque- a Roma: il rigore non si baratta con gli aiuti di Francoforte. Trichet ha definita come essenziale l'applicazione degli accordi raggiunti a fine luglio tra i leader dell'Eurozona, soprattutto per tornare a finanze sane e contribuire alla stabilita' dei mercati, anche perché - ha sottolineato- le prospettive dell'economia lasciano intravedere una crescita modesta, con ''forti incertezze'' determinate dagli aggiustamenti di bilancio. In serata, ad incrementare la linea rigorista, ci pensa la cancelliera tedesca Angela Merkel: i Paesi che ''non faranno il loro dovere'', riducendo il debito pubblico, ''non potranno contare sull'aiuto'' dell'Unione. Gli altri potranno invece contare sulla solidarietà comunitaria. Il tutto nella giornata in cui l'Fmi ha tagliato le stime di crescita per Stati Uniti ed Eurozona. Forte il calo per Washington, più moderato quello di Eurolandia, che il prossimo anno crescerà solo dell'1,4%. Molto male l'Italia: +0,8% quest'anno, +0,7 il prossimo: in pratica la crescita nel 2012 sarà dimezzata. Sulle banche lEuropa fa quadrato proprio contro l'Fmi: per la Commissione, non servirà ricapitalizzare gli istituti di credito, come sostenuto dalla direttrice Christine Lagarde.

8/8/2011

Via libera ufficiale della Banca Centrale Europea all'acquisto di titoli di Stato italiani e spagnoli. Decisivo l'ok preventivo di Francia e Germania.

L'asse Parigi-Francoforte-Berlino alza le difese a protezione dell'Eurozona, a poche ore dalla riapertura dei mercati, schierando i blindati a difesa di una linea Maginot dell'Eurozona arretrata -ormai- fino agli avamposti di Roma e Madrid. La lunga conference call serale del consiglio direttivo della Bce ha segnato un importante spartiacque nell'azione dell'istituzione comunitaria: da oggi Francoforte darà il via al programma di acquisto dei titoli di Stato. Nel comunicato stampa emesso al termine del meeting, l'Eurotower annuncia che implementerà il Securities Markets Programme, nome dietro al quale si cela la possibilità di acquisto -sul mercato secondario- del debito emesso dai Governi dell'Eurozona. I nomi di Italia e Spagna non vengono menzionati esplicitamente, ma restano ampiamente sottintesi. Francoforte ha espresso soddisfazione per le misure annunciate dall'Italia, ma ora ne chiede una rapida e decisa attuazione. Secondo il Wall Street Journal, la Bce si prepara a un acquisto massiccio dei titoli di Stato italo-iberici. La decisione non giunge del tutto inattesa: l'annuncio del Governo italiano venerdì, che ha accolto in blocco le richieste dell'Europa, combinato con il varo di misure aggiuntive a Madrid, ha spianato la strada. Poche ore prima dell'annuncio della Bce era stato un comunicato congiunto di Germania e Francia ad anticipare la linea. Fondamentale il passaggio della dichiarazione franco-tedesca, che dava il via libera agli interventi sul mercato secondario: il segnale dell'ammorbidimento della linea rigorista della cancelliera Merkel, che fino all'ultimo ha provato ad allontanare l'amaro calice.

7/8/2011

Acquisto di bond spagnoli e italiani su ''vasta scala''. E' questa, secondo il Wall Street Journal, la novità principale delle ultime ore sul fronte delle grandi manovre all'interno dell'Eurozona. Secondo il quotidiano economico, ''l'intervento della Bce su Italia e Spagna e' uno spartiacque negli sforzi dell'Europa.

La decisione di acquistare titoli di Stato italiani equivale ad accettare che gli stati membri dell'area euro non sono in grado o non vogliono rispondere efficacemente alla crisi, lasciando la Bce come ultima risorsa". Secondo la banca Bnp Paribas, l'Eurotower ''potrebbe acquistare 230-400 miliardi di euro'' di bond italo-iberici. Ovviamente si tratta di mere speculazioni giornalistiche, in una serata che ci consegna una sola certezza: riunioni telefoniche di emergenza sono in corso e si terranno a breve per varare un vero e proprio cordone sanitario intorno alle principali economie mondiali, in una domenica da bollino rosso. A poche ore dall'apertura dei mercati finanziari in Estremo Oriente, la situazione appare molto fluida: secondo il Financial Times online, la conference call tra il board della Bce e i governatori delle banche centrali dell'Eurozona, chiamati a decidere sull'acquisto dei bond italiani e spagnoli, sarebbe finita addirittura in secondo piano, a favore di un più stretto coordinamento in sede G7 e G20, protagoniste le autorità monetarie europee, americane e giapponesi. Si parla anche di una dichiarazione comune dei Ministri delle Finanze del G7, a tarda sera, dopo l'ennesimo summit telefonico, per rassicurare i mercati. L'obiettivo è univoco: occorre evitare un tracollo in pieno agosto delle piazze finanziarie, un replay su scala ancora più allargata

7/8/2011

Basta la prima settimana di agosto a far crollare le poche certezze accumulate negli ultimi scampoli di luglio, in un'Eurozona in balia di un mare forza otto: cinque giorni di bufera sui mercati, l'Italia sotto l'attacco speculativo e -soprattutto- il taglio del rating americano hanno chiaramente indicato che il contagio del debito è sempre più globale.

Vacanze rovinate per i principali leader e i Ministri delle Finanze, ormai a consulto costante, mentre i Paesi emergenti, Cina in testa, lanciano bordate verso il quasi ex-club dei potenti. Nel cuore della notte i rappresentanti dei Ministri delle Finanze del G7 si sono riuniti telefonicamente sulla crisi: stasera alle 18 toccherà al Consiglio Direttivo della Bce, insieme ai governatori centrali dell'Eurozona. Ieri sera lunga telefonata tra l'inglese Cameron e il francese Sarkozy, e tra il direttore dell'Fmi Lagarde e il cancelliere dello Scacchiere britannico Osborne. Il clima è da allarme rosso: occorre decidere le prossime mosse. Tra le altre cose occorre attuare rapidamente le decisioni dell'ultimo summit dell'Eurozona sul fondo salva-Stati; occorrerà ragionare su un eventuale ampliamento del fondo stesso; bisognerà decidere sull'acquisto di titoli italiani da parte della Bce; infine, occorrerà valutare le prossime mosse di bilancio di Roma. Ieri la Commissione Europea ha dato l'ok all'annuncio di venerdì dell'esecutivo, su un anticipo di pareggio al 2013, telecomandato dai diktat di Bruxelles... ma ora si attende la traduzione delle parole in pratica. Serve costruire al più presto un argine globale contro la speculazione e la crisi del debito: il rischio è quello di un agosto rovente.

6/8/2011

La settimana da dimenticare nell'Eurozona e il downgrading del debito americano fanno scattare l'allarme rosso globale: dopo i colloqui di ieri tra i leader europei e il presidente statunitense Barack Obama, precedenti però il taglio del rating, è attesa nelle prossime ore una conference call telefonica tra i Ministri finanziari del G7, per discutere della situazione sui mercati.

A questa riunione telefonica dovrebbero aggiungersi anche i banchieri centrali. Già tra un'ora colloquio Sarkozy-Cameron. L'attesa è già rivolta a lunedì, quando la riapertura delle borse potrebbe riservare altre brutte sorprese. Le potenze continentali sono immediatamente corse al capezzale del malato americano: il Ministro delle Finanze francese Francois Baron ha espresso piena fiducia nella solidità dell'economia statunitense e dei suoi fondamentali, mentre il Ministro del Commercio britannico Vince Cable ha sottolineato la fiducia di Londra nei confronti del dollaro, moneta-chiave del sistema internazionale - almeno nel breve termine. Anche la Russia, col vice Ministro delle Finanze Sergei Storchak, definisce "affidabile" il debito americano. L'allerta resta massima, e un coinvolgimento del G7 e del G20 appare ormai inevitabile, con una crisi del debito che -da europea- appare pronta a contagiare le grandi economie occidentali. La buona notizia della giornata -l'unica- arriva da Bruxelles, dove il Commissario Europeo all'Economia Olli Rehn ha accolto con soddisfazione l'annuncio italiano dell'anticipo del pareggio di bilancio: un ok scontato, anche perché è stata proprio l'Europa a dettare a Roma la mossa, di fatto commissariandone le politiche economiche.

6/8/2011

L'Europa detta la linea, l'Italia -dopo giorni di tentennamenti- risponde. Al termine di una settimana da dimenticare sui mercati, Bruxelles e Francoforte lanciano l'ultimatum, a parole e nei fatti, a Roma. Riforme strutturali e risanamento. Stavolta per davvero. Questo il messaggio, abbastanza esplicito. Dopo anni di appelli inascoltati.

Il primo a parlare è il Commissario Europeo Olli Rehn, in una conferenza stampa improvvisata. Rehn rassicura subito: Roma e Madrid non avranno bisogno di alcun piano di salvataggio. Aggiunge: "dobbiamo essere pronti ad adeguare la capacità del fondo salva-Stati", e chiosa: la Bce farà di tutto per garantire la stabilità dell'Eurozona. Rehn chiede pure una tregua ai mercati, promettendo di rendere operative in poche settimane le intese raggiunte tra i leader dell'Eurozona. La stoccata all'Italia non tarda a venire: "Roma deve accelerare le riforme", chiede Rehn, che delinea i settori di intervento: apertura alla concorrenza delle professioni ancora ''chiuse'', ulteriori interventi sul mercato del lavoro, accelerazione della riforma del welfare. C'è pure l'ok all'inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione. Un paio di punti, quest'ultimo e il mercato del lavoro, torneranno nella conferenza serale del Governo. In sintesi, Bruxelles chiede riforme strutturali coraggiose, per stimolare la crescita e far ripartire il Paese. Al termine di una giornata di telefoni roventi tra le varie capitali, che vede coinvolti persino Obama, Sarkozy e la Merkel, è la Bce che cala l'asso: fonti dell'istituto fanno sapere che la Banca Centrale Europea sarebbe pronta ad acquistare titoli di stato italiani, a fronte di un impegno del Governo su misure specifiche di risanamento. E' il segnale che i mercati aspettano. Quasi un ordine: al quale Roma non può sottrarsi.

5/8/2011

La tempesta perfetta sui mercati nasce e si ingrossa, alimentata da un mix di ingredienti che -a fine giornata- si combinano tra loro mandando al tappeto l'Europa, Stati Uniti... e soprattutto Milano. Al di là del guasto tecnico che lascia -per ore- gli operatori col fiato sospeso, il Ftse Mib perde in serata il 5,16%, l'All Share il 4,77%. I peggiori d'Europa.

Eppure le premesse non erano state negative: in avvio Piazza Affari apriva in rialzo, aspettando l'incontro Governo-parti sociali. In breve, però affondava: gli investitori si mostravano poco convinti dalle rassicurazioni fornite dall'esecutivo italiano, prive di soluzioni concrete -nell'immediato- per stimolare la crescita. Il Belpaese diveniva così la prima linea dell'attacco all'Europa: a mettere il carrico da 11 ci pensava -nel primo pomeriggio- il presidente della Bce Trichet. Il quale prima annunciava tassi invariati all'1,5%, poi ammetteva: "l'incertezza è alta, la crescita dell'Eurozona è in decelerazione". E precisava: "abbiamo deciso un'operazione supplementare di liquidità", prima di annunciare il riavvio dell'acquisto di bond governativi. Peccato che si sarebbe scoperto -presto- che la misura avrebbe riguardato titoli irlandesi e portoghesi, non italiani né spagnoli. I differenziali tra Btp e Bund tedeschi sono esplosi nel giro di poco, fino a superare i 390 punti, a un passo -ormai- da quelli spagnoli. Da Bruxelles il presidente della Commissione José Barroso osservava -preoccupatissimo- il contagio del debito estendersi dalla periferia fino al cuore dell'Eurozona, e chiedeva di ripensare l'attuale fondo salva-Stati. A fine giornata tutte le piazze continentali hanno perso oltre il 3%. Oggi la chiusura settimanale dei mercati: vietata ai cardiopatici.

4/8/2011

E' stata un'altra giornata di passione sulle Borse europee, con l'Italia ancora in prima linea. Le azioni speculative hanno provocato un vero e proprio panico sui mercati continentali, che hanno tutti chiuso in profondo rosso. Bruciati circa 173 miliardi di euro di capitalizzazione. Partiamo da qui, con i listini europei sprofondati: a Milano -5,16%, Parigi ha chiuso a -3,9%, ai minimi dal luglio 2009, Madrid -3,89%, Londra -3,43%, Francoforte -3,4%.

In fortissima tensione anche gli spread, i differenziali tra i titoli di Stato: lo spread Btp-Bund supera il record di 390 punti base, e arriva a quota 390,2. Gli Oat francesi sfondano la soglia di 84 punti arrivando sino a 86,6. Tensione altissima sull'Eurozona, nonostante il tentativo del presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet di gettare acqua sul fuoco del contagio. ''L'incertezza e' particolarmente alta'' e la crescita economica dell'area euro e' in ''decelerazione'', ha affermato Trichet. Secondo cui gli attuali rischi al ribasso per lo scenario macroeconomico dell'area euro potrebbero intensificarsi. E' importante che ''vi sia un rinnovato impegno di tutti i capi di governo e di Stato europei ad aderire strettamente ai target fiscali'' e ove necessario ad adottare ''ulteriori misure fiscali piu' ravvicinate'', ha affermato Trichet, che non ha risparmiato attacchi ai Governi: "hanno le loro responsabilità". Di qui l'appello del presidente della Bce: il Fondo di stabilita' europeo dovrebbe essere reso operativo ''al piu' presto possibile''. Trichet ha infine aggiunto: "considerate le tensioni ''particolarmente alte'' sui mercati il consiglio direttivo della Bce ha deciso ''un'operazione supplementare di liquidita'''. La Bce ha lasciato anche intuire di aver riavviato un programma di acquisti mirati sui titoli di Stato. L'Italia resta in prima linea nella tempesta finanziaria: in un'intervista Trichet ha avvertito che ''ciò che serve all'Italia e' ridurre la spesa pubblica e raggiungere i suoi obiettivi di deficit''. Ha poi aggiunto che "è assolutamente essenziale che ci siano riforme strutturali" , in particolare ''una maggiore flessibilita' del mercato del lavoro'', cosi' da rilanciare la competitivita'. Il presidente della Commissione Europe Jose' Barroso ha chiesto ai leader comunitari di ''rivedere l'efficacia del fondo salva-Stati'', affinche' sia in grado di affrontare ''l'attuale contagio'' della crisi dei debiti.

3/8/2011

L'Europa stringe il cordone sanitario intorno all'Italia, Paese che -insieme alla Spagna- si trova al centro della tempesta sui mercati. Al di là delle dichiarazioni ufficiali, il segnale di allarme rosso è ormai acceso: la Commissione Europea getta acqua sul fuoco, nega che siano sul tavolo piani di salvataggio per Italia, Spagna e Cipro, esprimendo fiducia sulle misure prese a favore della nostra economia.

A ruota il presidente europeo Van Rompuy definisce "ridicolo" accomunare la Grecia con Roma e Madrid. Intanto però, a interrompere il tradizionale sonno comunitario d'agosto, irrompe il giro di telefonate e incontri ad alto livello: ieri sera il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha sentito il Commissario Europeo Olli Rehn, oggi lo stesso Tremonti vola in Lussemburgo per incontrare il presidente dell'Eurogruppo Juncker. Meetings quantomeno imprevisti. L'Italia vive da giorni stretta tra le tenaglie di mercati in costante rosso e gli spread in crescita: anche ieri Piazza Affari è stata maglia nera in Europa, col Ftse Mib che ha perso il 2,53%. Giù anche le altre piazze, tra cui Madrid, dove l'Ibex ha perso oltre il 2%. Il premier uscente Zapatero ha deciso di rinviare le vacanze, per seguire l'evolversi di una crisi definita ormai come gravissima. Sul fronte dei differenziali Btp-Bund, ieri è stato toccato il massimo storico di 384 punti. Proprio i titoli di Stato tedeschi appaiono il vero bene di rifugio degli investitori: il rendimento a dieci anni è sceso addirituttura sotto il tasso di inflazione. Non accadeva da 21 anni.

2/8/2011

L'ennesima giornata nera sui mercati fa scattare l'allarme rosso in Europa per le grandi economie periferiche dell'Eurozona, Italia e Spagna. I segnali di allerta massima sono chiari, al di là delle rassicurazioni di rito.

Se la portavoce della Commissione Europea Chantal Hughes ha escluso un qualsiasi piano di salvataggio per Roma, Madrid o Nicosia, aggiungendo subito che Bruxelles è pienamente fiduciosa sulle misure prese per l'economia italiana, l'impressione è che l'Unione Europea sia più che mai preoccupata dagli scenari peggiori, che indicano un agosto rovente per il Vecchio Continente. E per l'Italia. Ma al di là delle operazioni verbali di spegnimento dei roghi, i segnali sono evidenti: stasera il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti parlerà al telefono con il Commissario all'Economia Olli Rehn, domani lo stesso Tremonti volerà in Lussemburgo per incontrare il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker. Il cordone sanitario dell'Europa si stringe intorno alla preda più ambita dell'Eurozona: anche oggi è stata una giornata da dimenticare sui mercati, con il Ftse All Share che ha perso il 2,51%, e il Ftse Mib a -2,53%. Male ancora i bancari, insieme ai titoli del comparto auto. Ed è stata un'altra Caporetto per gli spread: i differenziali Btp-Bund hanno toccato il massimo storico di 384 punti, prima di scendere sotto quota 370. I Bund tedeschi vedono scendere -al contrario- i propri rendimenti, ora ai minimi, vista l'elevata domanda. Alta tensione anche in Spagna, dove l'Ibex ha perso oltre il 2% e Zapatero, premier uscente, ha rinviato le vacanze per seguire da vicino l'evoluzione della crisi.

31/7/2011

Quando mancano solo due giorni alla cruciale scadenza per un accordo sull'innalzamento del debito americano, tutte le principali potenze mondiali guardano preoccupate a un evento -quello del default statunitense- che potrebbe innescare forti turbolenze sui mercati e nell'economia del mondo.

Il mondo ora guarda con seria preoccupazione agli Stati Uniti. Ciò che fino a poche settimane fa veniva considerato impossibile -un rischio default o perdita della tripla A per la superpotenza- ora appare come una possibilità concreta. La preoccupazione più forte si registra ovviamente in Europa, dove l'Eurozona vive momenti di forte tensione, con la Spagna nuovamente nel mirino, Cipro a rischio piano di salvataggio comunitario e l'Italia in forte sofferenza sui titoli di Stato. La domanda è duplice: cosa accadrà, in caso di default americano? L'instabilità del Vecchio Continente sarà acuita? E un eccessivo rialzo dell'euro sul dollaro assesterà un duro colpo alle esportazioni? Ma allo stesso tempo, ci si chiede se le agenzie di rating non abbiano adottato due pesi e due misure con Washington e Bruxelles, accanendosi contro i Paesi periferici dell'Eurozona, e chiudendo più di un occhio sulla tempesta in arrivo Oltreoceano. Più lontani, ma non meno preoccupati, Cina e Giappone: Pechino, più che a scippare il ruolo di superpotenza agli Stati Uniti, appare preoccupata del valore dei 1600 miliardi di dollari americani in suo possesso sottoforma di titoli di Stato, in quanto maggior creditore estero. E striglia Washington. Mentre Tokyo, reduce dalla spaventosa catastrofe di marzo, teme i contraccolpi economici e sulla crescita di una crisi globale. Intanto Oltreoceano è fuga crescente -nonché cautelativa- dai mercati, con investitori e risparmiatori che si rifugiano sempre più nei contanti e nei conti bancari.

29/7/2011

A sette giorni di distanza dal doppio attacco di Oslo, la Norvegia si prepara a commemorare le 76 vittime della follia omicida di Anders Breivik. L'Europa intanto prepara contromisure.

La Norvegia intraprende un lento ritorno alla normalità, a una settimana esatta dalla strage che ha scritto una delle pagine più nere nella storia recente del Paese. Ieri le ricerche di cadaveri sull'isola di Utoya, teatro del massacro di 68 persone -soprattutto giovani- sono state definitivamente sospese, anche se proseguono quelle nel lago. La polizia ha dovuto ammettere di ignorare quanti possano essere i dispersi. Oggi Anders Breivik sarà nuovamente interrogato dalla polizia, che ha reso noti i nomi di altre 24 vittime. Tra loro anche due stranieri, un cittadino georgiano e un danese. I detectives stanno cercando di capire se possa sussistere una situazione di pericolo, o se Breivik abbia effettivamente agito da solo. Per l'estremista si prepara anche una perizia psichiatrica: il processo non potrà iniziare prima del 2012. Ieri il caso norvegese è stato esaminato in Europa, con una riunione a Bruxelles tra esperti antiterrorismo comunitari e i colleghi provenienti da Oslo: grande attenzione è stata data al fenomeno di quello che è stato definito il "terrorismo del lupo solitario", portato avanti da individui che seguono un proprio percorso di estremismo, senza connessioni con organizzazioni strutturate. Gli esperti hanno deciso di rimettere sul tavolo -a settembre- una proposta della Commissione Europea, mirata a contrastare il pericolo delle bombe-fai-da-te. Un anno fa la proposta di impantanò tra le divisioni dei 27: stavolta il percorso potrebbe essere diverso.

28/7/2011

L'appello va dritto al cuore della neonata European Securities Market Authority, l'agenzia comunitaria incaricata di garantire la stabilità del sistema finanziario europeo.

La mozione -bipartisan- è stata approvata dalla Commissione Finanze della Camera, che chiede al Governo di adottare tutte le iniziative necessarie per contrastare -in sede europea- comportamenti riconducibili ad ipotesi di aggiotaggio e destabilizzazione del mercato dei titoli di Stato: con questa mossa ieri il Parlamento ha messo nel mirino le agenzie di rating, da mesi accusate di giocare un ruolo fin troppo attivo nella crisi dell'Eurozona. La mossa italiana si inserisce in realtà in una procedura comunitaria già ben avviata, che porterà alla proposta di revisione -a novembre- del regolamento sulle agenzie di rating. E proprio ieri è arrivata -da Standard & Poor's e Moody's- l'ennesima stoccata a un'Eurozona sotto stress: S&P ha tagliato ulteriormente il rating della Grecia, portandolo a un passo dal default. Default che, se selettivo, non costituirebbe una sorpresa, alla luce dell'ultimo piano di aiuti varato dall'Europa. Moody's aveva declassato poche ore prima Cipro, Paese che entra nel club delle nazioni a rischio contagio, a causa anche della sua interdipendenza economica proprio con Atene. Nicosia rischia ora di dover chiedere aiuti europei. Notizie poco confortanti dall'altra sponda dell'Atlantico, dove -secondo il Beige Book della Fed- a giugno e nella prima metà di luglio la ripresa è proceduta, ma la crescita statunitense ha fatto registrare rallentamenti in ben 8 distretti su 12.

22/7/2011

"Un accordo cruciale" per la stabilità finanziaria dell'Eurozona: il presidente europeo Herman Van Rompuy è stato il primo, ieri sera, a blindare pubblicamente l'accordo sulla Grecia, che segna -nelle intenzioni- la svolta definitiva per il Paese ellenico.

Il piano di salvataggio complessivo è pari a 159 miliardi di euro, di cui 109 a carico di Europa ed Fmi, e altri 50 sulle spalle -pur volontarie- del settore privato. Di questi, 37 miliardi saranno il prodotto dell'estensione temporale delle obbligazioni in scadenza, o della sostituzione dei bond ellenici già emessi con altri a più lunga maturità, mentre altri 12 miliardi e 600 milioni giungeranno mediante il riacquisto di parte del debito di Atene. I nuovi prestiti alla Grecia avranno tassi di interesse più bassi, al 3,5%, con un allungamento della durata del credito, da un minimo di 15 a un massimo di 30 anni. Queste condizioni si applicheranno anche a Irlanda e Portogallo. Il fondo salva-Stati, lo EFSF, sarà molto più flessibile: potrà aiutare Paesi che non si trovano ancora nella condizione di dover richiedere un salvataggio, ma soprattutto potrà -previa analisi della Bce- acquistare titoli di Stato sui mercati secondari. Quasi certamente l'accordo di ieri sera, con il coinvolgimento dei privati, porterà i mercati a decretare un default selettivo per Atene, provocato dal rinvio del rimborso di una parte delle sue obbligazioni. Il presidente della Bce Trichet ha preferito non pronunciarsi su questo punto. Si tratterebbe del primo caso, nella pur breve storia dell'euro.

21/7/2011

Ore di trattative febbrili a Bruxelles, dove i 17 leader dell'Eurozona stanno chiudendo il pacchetto di aiuti per la Grecia. Si tratta probabilmente di una svolta storica, anche se -per il momento- circola solo una bozza di accordo. Andiamo a vedere quelli che al momento sembrano essere i principali punti di intesa:

-l'Europa è pronta a stanziare nuovi prestiti alla Grecia, per ridurre il debito da 350 miliardi che sta soffocando il Paese. Ancora non è chiaro l'ammontare degli aiuti: circola la cifra di 71 miliardi dal fondo salva-Stati, cui aggiungere il contributo del settore privato. Questo coinvolgimento dovrebbe portare quasi certamente a un default selettivo del Paese. L'idea è che gli investitori privati scambino gli attuali titoli greci con nuovi titoli a 30 anni.

-il nuovo programma di aiuti ellenico dovrebbe prevedere tassi di interesse più bassi, al 3,5%, e un'estensione delle scadenze. Le scadende dei prestiti del fondo salva-Stati dovrebbero passare dall'attuale massimo di sette anni e mezzo, a un minimo di 15 anni.

-i 17 avrebbero intenzione di adottare un più vasto "piano Marshall" per Atene, che utilizzi anche i fondi strutturali per stimolare la crescita del Paese. La Grecia viene definita come "un Paese in una situazione eccezionalmente grave".

-per quanto riguarda il fondo salva-stati, lo EFSF, dovrebbe essere autorizzato a intervenire sui mercati secondari.

-sembra invece ormai aver perso completamente quota l'idea di una tassa sulle banche, che avrebbe potuto finanziare il secondo pacchetto di salvataggio greco.

21/7/2011

Il giorno del giudizio per l'euro prenderà il via alle 13 a Bruxelles, un'ora dopo rispetto al previsto. In questo dettaglio è racchiusa la gravità di un momento che sta spingendo le cancellerie agli straordinari, in vista di una soluzione al caso Grecia che possa essere definitiva. Ieri sera vertice d'emergenza a Berlino tra Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, cui si è aggiunto a sorpresa il presidente della Bce Jean-Claude Trichet: ancora una volta l'asse franco-tedesco punta a guidare il Continente fuori dalle secche.

Il presidente della Commissione Europea José Barroso per una volta non ha risparmiato toni apocalittici: "non facciamoci illusioni, è in gioco il futuro dell'euro", ha avvertito, richiamando i leader a mostrare senso di responsabilità. Barroso ha criticato i veti incrociati tra Paesi e istituzioni, con una Germania finora inflessibile sulla necessità di coinvolgere i privati, e una Bce che esclude qualsiasi soluzione odori anche vagamente di default. Ieri spirava un certo ottimismo, sia tra i Governi, che sui mercati, pronti a scommettere sull'accordo. Il puzzle delle combinazioni possibili per un piano di salvataggio da 115 miliardi e a tenuta stagna appare variegato: un buyback, con il riacquisto greco di parte del proprio debito grazie ai prestiti del fondo salva-Stati europeo; un rollover, con l'impegno dei privati a riacquistare nuovi titoli greci; il reprofiling, con la proroga delle scadenze di rimborso attuali; un abbozzo di eurobond, fino a una tassa europea sulle banche. Il crinale è stretto: l'ombra del default, anche parziale, è dietro l'angolo.

20/7/2011

E' ''in gioco il futuro dell'euro'': parlando ai giornalisti, il presidente della Commissione Europea José Barroso interpreta in tutta la sua drammaticità le ore che separano l'Eurozona dal vertice cruciale che -domani a Bruxelles- vedrà riuniti allo stesso tavolo i 17 leader che condividono la moneta unica.

Le ore che separano l'inizio del summit, ritardato di un'ora alle 13, sono segnate da negoziati febbrili: il perno intorno a cui ruotano le trattative resta l'incontro in corso in queste ore tra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy a Berlino, che dovrebbe chiudere -nella migliore delle ipotesi- un accordo dell'ultim'ora. Proprio la Merkel, che ieri aveva gettato acqua sul fuoco delle attese, ha fatto sapere di essere fiduciosa. Le opzioni sul tavolo sono diverse: un riscadenziamento del debito ellenico, un riacquisto da parte di Atene del proprio debito, grazie ai finanziamenti del fondo salva-Stati, una tassa sulle banche che porti liquidità al fondo, l'istituzione di eurobonds, fino alla ristrutturazione del debito greco - opzione quest'ultima praticamente esclusa, poiché equivarrebbe a un default. Con effetti potenzialmente catastrofici. Domani mattina gli sherpa comunitari saranno chiamati a mettere a punto il piano definitivo, sempre che ne sia stato individuato -nel frattempo- uno. Due fatti sono praticamente certi: l'ammontare del nuovo piano di salvataggio sarà di circa 115 miliardi, mentre tutti concordano sulla necessità di coinvolgere gli investitori privati.

19/7/2011

Chiusura in territorio negativo ieri sera per Wall Street: il Dow Jones ha perso lo 0,75% Nasdaq giù dello 0,89%. E' stato l'ultimo atto di una giornata segnata da forti ribassi in Europa, con Milano che ha perso il 2,87%.

Il secondo lunedì nero delle Borse, che colpisce in particolar modo Milano tra le grandi piazze europee, spazza via in poche ore qualsiasi speranza di tranquillità, in vista del vertice straordinario dei leader dell'Eurozona, previsto per giovedì. Il Vecchio Continente brucia 91 miliardi di capitalizzazione: Piazza Affari da sola contribuisce con 12 miliardi. Non basta una manovra approvata in fretta e furia col fiato dell'Europa sul collo, non basta che le banche italiane abbiano passato -tutte- i pur controversi stress tests: l'italia resta in prima linea nel contagio dell'Eurozona. Ondata di vendite sui titoli di Stato e sull'azionario, in particolare proprio i titoli bancari, mentre il differenziale sui rendimenti Btp-Bund si avvicina nuovamente al livello-record di 340 punti, prima di calare lievemente. Una doccia fredda, che sottolinea la perdita di credibilità italiana sui mercati finanziari. Vanno male anche le altre piazze continentali europee, pur con flessioni più contenute, rispetto a Milano. Spopolano i rifugi considerati sicuri dagli investitori: oro, franco svizzero, bund tedeschi. A questo punto appare sempre più necessario rafforzare la diga comunitaria intorno alla Grecia, Paese in prima linea nel punto di mira degli speculatori. Fino a domani sera trattative febbrili -a Bruxelles- tra i direttori generali del Tesoro, per mettere a punto il secondo piano salva-Atene, pari a 115 miliardi. Come coinvolgere gli investitori privati e come tagliare il debito ellenico senza arrivare a un qualsiasi tipo di default è il vero dilemma da risolvere. Il countdown è iniziato.

18/7/2011

E' stata un'altra giornata nera per le borse in Europa, che hanno bruciato ben 91 miliardi di capitalizzazione. I mercati hanno notevolmente alzato la pressione sul Vecchio Continente, in attesa del vertice cruciale di giovedì, che dovrebbe decidere le sorti del secondo piano di salvataggio greco.

Doccia fredda per l'Italia, che si attendeva un'accoglienza calda -o almeno tiepida- dopo la manovra varata a tempo record nel fine settimana: nuova ondata di vendite sui titoli di Stato e sull'azionario, in particolare sui bancari, con lo spread sui rendimenti Btp-Bund nuovamente vicino alla soglia record dei 340 punti base, poi calato a 329. Praticamente ininfluenti, stando ai mercati, i risultati -pur positivi- degli stress tests sui nostri istituti di credito. Alla fine Milano ha bruciato 12 miliardi di capitalizzazione, perdendo -Ftse Mib- oltre il 3%. Sotto pressione anche la Spagna, con gli spread bonos-bund in ascesa e i bancari in calo - vale in questo caso la pena ricordare che ben cinque istituti spagnoli non hanno passato i tests. Male infine le altre piazze continentali, Francoforte e Londra -1,55%, Parigi -2,04%. Il secondo lunedì nero delle piazze europee ha fatto suonare la campanella d'allarme in vista del summit dei leader dell'Eurozona: la tedesca Angela Merkel ha annunciato che vi parteciperà, ma pretende risultati tangibili. Mercoledì funzionari dei Ministeri dell'economia europei si riuniranno per cercare di sbloccare in extremis un secondo piano di aiuti per Atene. Sul crinale del coinvolgimento dei privati, e del possibile riacquisto del debito ellenico si giocherà il futuro -almeno nell'immediato- dell'euro.

18/7/2011

Settimana cruciale, quella che si apre oggi sui mercati internazionali, che culminerà giovedì con il summit dei leader dell'Eurozona a Bruxelles.

Potrebbe essere la settimana della verità quella che comincia oggi sui mercati: tutti gli occhi sono puntati -in primis- sull'Europa. Ma non solo. Gli stress tests bancari di venerdì, a borse continentali chiuse, hanno visto la bocciatura di otto istituti di credito, con sedici ancora nella zona grigia: i mercati giudicheranno la performance, anche se l'effettivo grado di severità dei test non ha convinto tutti. Il giorno del giudizio sarà giovedì, quando i 17 leader dell'Eurozona si riuniranno per un vertice di emergenza a Bruxelles. In un'intervista con l'emittente Ard, la cancelliera tedesca Angela Merkel non ha escluso una conversione del debito greco, e ha rimarcato la necessaria partecipazione del settore privato. La Merkel, inizialmente riluttante a un summit straordinario, si è convinta a prendervi parte, a patto di produrre risultati che riportino stabilità sulla crisi greca. A Bruxelles sono ore di negoziati roventi, tra Paesi e investitori: dopo il fallimento dell'ultimo Eurogruppo, che ha dato risposte solo parziali, si attende ora l'avvio di un piano concreto per il salvataggio di Atene, stimato a 115 miliardi. Altrimenti il rischio contagio -soprattutto di stampo speculativo- resta forte. Il viaggio del segretario americano Hillary Clinton ad Atene salda invece -simbolicamente- le due sponde dell'Atlantico: il mancato accordo sul nuovo tetto del debito americano potrebbe spostare i venti di crisi verso gli Stati Uniti, con l'avvicinarsi della fatidica scadenza del 2 agosto.

13/7/2011

Ancora confusione sul vertice straordinario dell'Eurozona, mentre la Commissione Europea attacca Moody's sull'Irlanda e chiede più sforzi alla Grecia. Intanto l'Fmi precisa: per Atene necessari aiuti europei per 71 miliardi di euro, insieme a una partecipazione del settore privato per 33 miliardi.

L'Europa mantiene un occhio vigile sulla Grecia, mentre i leader dell'Eurozona faticano a fornire un'immagine compatta di fronte alla crisi. Il giudizio di Bruxelles sui conti di Atene è contenuto nel rapporto trimestrale sull'Eurozona: ''la stretta sui conti della Grecia non e' sufficiente, c'e' bisogno di un rafforzamento del programma, per tornare ad una stabilità finanziaria sostenibile''. Ad oggi, spiega il rapporto, ''la Grecia ha fatto notevoli avanzamenti, ma un progresso generale e' piu' complicato da raggiungere, alla luce del livello del debito e del contesto politico'. Intanto, secondo il Financial Times Deutschland, si fa sempre più largo l'ipotesi di un buyback: Atene potrebbe ricomprare parte del proprio debito, alla metà del valore nominale, usando il nuovo prestito del fondo salva-Stati. Questo, anche correndo il rischio di un default parziale. I venti di crisi continuano a dividere un'Europa che non riesce a trovare il bandolo della matassa: l'ultima figuraccia sul vertice straordinario dell'Eurozona, che il presidente europeo Van Rompuy voleva organizzare venerdì, giorno della pubblicazione degli stress tests bancari. La Francia ha dato parere positivo, ma a gelare tutti è stata Berlino. Per la Germania, un altro incontro di facciata, senza decisioni convincenti, rischierebbe di trasformarsi in un boomerang. Meglio proseguire a livello tecnico. Intanto la Commissione Europea ha attaccato duramente l'abbassamento del rating irlandese da parte di Moody's: "incomprensibile", e opinabile nella tempistica. Proprio Bruxelles ha promosso -nel suo rapporto trimestrale- il programma di risanamento irlandese.

13/7/2011

Si profila un vertice di emergenza dei 17 leader dell'Eurozona venerdì a Bruxelles: intanto l'Ecofin ha confermato la linea del sostegno alla manovra del nostro Paese. Al termine di due giorni vissuti pericolosamente, l'Europa serra i ranghi intorno al Paese che -insieme alla Grecia- più preoccupa Bruxelles, a causa degli attacchi speculativi.

Per il Commissario agli Affari Economici Olli Rehn, ''il pacchetto di misure pluriennali di consolidamento fiscale italiano è stato accolto con molto favore'', ed è in linea con le raccomandazioni ''per raggiungere un pareggio di bilancio nel 2014, e accelerare la riduzione dell'elevato debito. La Commissione -ha aggiunto Rehn- sostiene sia il decreto da 25 miliardi sia l'intervento fiscale da 15. Ora ne seguiremo l'applicazione". Il messaggio è chiaro: argine comune a difesa della preda più grossa dell'Eurozona sotto l'attacco degli speculatori, ma nessuno sconto sulle zone grigie della manovra. Tremonti ha lasciato in gran fretta il vertice in mattinata, per tornare a Roma. L'Italia non rappresenta l'unico fronte di un'Europa in trincea, che sembra decisa a convocare un vertice di emergenza dei 17 leader dell'Eurozona già per venerdì: proprio quel giorno saranno pubblicati gli stress tests bancari a livello continentale, sulla carta ben più rigorosi di quelli di un anno fa. Bruxelles si prepara: nel caso le banche non li passassero, l'Unione prenderà una serie di misure che coinvolgeranno il settore privato e che, potrebbero prevedere pure il sostegno dei Governi. Così l'Ecofin. Olli Rehn ha avvertito: gli istituti che non superano i test dovranno ''ricapitalizzarsi, essere ricapitalizzati o ristrutturati''. Per l'Europa prosegue la settimana di passione.

11/7/2011

L’eco del lunedì nero delle Borse, in particolare quella milanese, arriva a Bruxelles nel bel mezzo di un Eurogruppo che -pur tra mille smentite ufficiali- starebbe puntando i fari sui casi ritenuti più a rischio: la Grecia, per la quale -secondo alcune fonti- non si escluderebbe più un default selettivo - caso senza precedenti per l’euro, e l’Italia.

Roma suo malgrado è il nuovo osservato speciale d’Europa, sull’onda dell’assedio degli speculatori: per il momento i Ministri dell’Eurozona lanciano messaggi di solidarietà e fiducia al nostro Paese, ma l’avvertimento che arriva da Berlino è chiaro. Nelle parole della cancelliera tedesca Angela Merkel, l’Italia deve ''mandare segnali urgenti'' sul fronte del risanamento dei conti. La stessa Merkel si è comunque detta “fiduciosa'” del fatto che Roma prenderà le misure necessarie, mentre a Bruxelles il suo Ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble addolciva ulteriormente i toni: 'non credo che l'Italia sia una caso problematico", ha detto, aggiungendo che la nostra manovra "è molto convincente". Da parte sua, il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti ha dribblato i giornalisti all’arrivo a Bruxelles, per poi apparire pochi minuti scuro in volto, nel corso della cerimonia che ha varato il nuovo fondo salva-Stati permanente, operativo dal 2013. Il prevertice mattutino dei leader dell’Unione Europea si è focalizzato soprattutto sulla Grecia: qualche ora più tardi il presidente della Commissione José Barroso ha affermato di attendersi un secondo piano di salvataggio per Atene il prima possibile. Bruxelles intanto va all’attacco delle agenzie di rating: da Parigi il Commissario al Mercato Interno Michel Barnier ha affermato che ''giocano un ruolo troppo importante, devono essere sottoposte a una sorveglianza europea''. Allo studio c’è pure l’ipotesi di proibire a queste stesse agenzie di valutare i Paesi sottoposti a un programma internazionale di aiuti.

11/7/2011

L’eco del lunedì nero delle Borse, in particolare quella milanese, arriva a Bruxelles nel bel mezzo di un Eurogruppo che -pur tra mille smentite ufficiali- comincia ormai a considerare gli scenari peggiori: un default selettivo per la Grecia e un possibile contagio della crisi esteso all’Italia.

I mercati impazziti tolgono il sorriso a un Ministro dell’Economia Giulio Tremonti apparso scuro in volto: proprio Tremonti, insieme agli altri colleghi, firma nel primo pomeriggio l’atto costitutivo del nuovo fondo salva stati permanente dell’Eurozona, che diverrà operativo tra due anni. Una cerimonia quantomeno paradossale, in un clima da ultima spiaggia per l’attuale fondo salva-Stati: stime provvisorie indicano che un eventuale pacchetto di salvataggio per il Belpaese potrebbe obbligare a portare la massa globale di aiuti europei a 1500 miliardi. La Germania ha fatto sentire la sua voce, in una giornata delicatissima: la cancelliera Angela Merkel ha chiesto al premier Silvio Berlusconi, ''di mandare segnali urgenti'' sul fronte del risanamento dei conti. La Merkel si è comunque detta “fiduciosa'” del fatto che Roma prenderà le misure necessarie. Linea della fiducia rimarcata a Bruxelles, dal Ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble: 'non credo che l'Italia sia una caso problematico", ha detto, aggiungendo che la nostra manovra "è molto convincente". Sul fronte della Grecia, i 17 Ministri dell’Eurozona cominciano a porre le basi il secondo pacchetto di aiuti, che potrebbe coinvolgere i privati e prevedere persino un default selettivo: il Ministro delle Finanze ellenico Evangelos Venizelos ha chiesto ai partner un ''segnale chiaro e forte per la stabilità, non solo della Grecia ma dell'Eurozona e oltre''. Bruxelles intanto va all’attacco delle agenzie di rating: da Parigi il Commissario al Mercato Interno Michel Barnier ha affermato che ''giocano un ruolo troppo importante, devono essere sottoposte a una sorveglianza europea''. Allo studio c’è pure l’ipotesi di proibire alle stesse agenzie di valutare i Paesi sottoposti a un programma internazionale di aiuto (come Irlanda, Grecia e Portogallo).

1/7/2011

C'era una volta l'idraulico polacco. Sei anni dopo l'affondamento della Costituzione Europea nel referendum francese, e cinque anni dopo il varo della direttiva servizi, mutilata di una clausola che avrebbe -secondo i sindacati- aperto le porte al dumping sociale dei lavoratori dell'Est, la Polonia prende da oggi il timone dell'Unione Europea.

L'idraulico polacco non fa più paura, mentre Varsavia corre inseguendo tassi di crescita che l'Europa occidentale -in primis l'Italia- sogna di notte: per il 2011 e il 2012 si stima un Pil al +4%. Ovviamente il balzo in avanti della Polonia è stato ampiamente sostenuto dai fondi strutturali, peraltro ben spesi: nei sei anni di programmazione europea, stanno confluendo a Varsavia un totale di oltre 80 miliardi di euro. Ma la svolta è stata soprattutto politica: lasciatasi alle spalle l'era buia dei fratelli Kaczinsky, iperconservatori e isolazionisti, il cui declino è stato accelerato dalla tragica morte dell'allora presidente Lech, la Polonia di oggi è guidata dal liberale Donald Tusk, aperto all'Europa. Un interlocutore considerato credibile a Bruxelles, dove a guidare l'Europarlamento è un altro polacco, Jerzy Buzek. Varsavia intende cercare accordi sulle nuove prospettive finanziarie europee fino al 2020, un capitolo estremamente importante dal punto di vista del bilancio; sulla sicurezza energetica, ma soprattutto su un capitolo che chiude il cerchio col passato. Quello della libera circolazione delle persone e dei lavoratori. Un punto su cui la Polonia intende far passare il principio che -in un'Europa integrata- non possono esistere barriere, anche solo temporanee. Il ricordo torna a quel biennio folle che affossò, subito dopo un allargamento realizzato -questo è vero- troppo in fretta, i pur timidi piani di un'Europa più integrata. Bastò il fantasma dell'idraulico polacco a uccidere in culla la Costituzione Europea. Tre anni dopo sarebbe arrivata la Grande Crisi. E avremmo scoperto come un'integrazione realizzata a metà sta rischiando di far saltare in aria tutto. Toccherà alla Polonia rilanciare il progetto europeo?

29/6/2011

Giornata di scontri ieri ad Atene, dove si attende -nelle prossime ore- il voto sulla nuova manovra di austerità. La Borsa ellenica sembra crederci: ieri l'indice di Atene ha guadagnato il 2,66%.

Atene ha vissuto la sua prima giornata di passione. Forse solo l'antipasto -amaro- di ciò che potrebbe avvenire oggi, quando il Parlamento dovrà votare sulla nuova manovra di austerità. Decine di migliaia di persone hanno occupato le strade della capitale ellenica, nel primo dei due giorni di sciopero generale, che ha paralizzato trasporti e servizi pubblici. Le manifestazioni, inizialmente pacifiche, sono degenerate nel primo pomeriggio, quando gruppi di incappucciati e anarchici hanno cominciato a lanciare pietre e bottiglie contro la polizia, che ha risposto con i lacrimogeni. A fine giornata si sono contati una trentina di feriti, una ventina i fermati. All'interno del Parlamento, le discussioni sono proseguite, in un clima di assedio: otto greci su dieci si oppongono alla manovra da 28 miliardi, che imporrà tasse anche sui percettori di redditi bassi. Il premier George Papandreou, che sente il fiato sul collo dei mercati e delle istituzioni europee, ha dichiarato che solo questo piano può rimettere in piedi il Paese. Il suo problema è mantenere compatto il proprio partito, nel doppio round di votazioni che lo attende. L'opposizione di centrodestra, nonostante le fortissime pressioni lo scorso weekend da parte dei leader dei Popolari europei, non sembra intenzionata a venire in soccorso. E se il presidente europeo Herman Van Rompuy parla di ore decisive per l'Eurozona, a Bruxelles si starebbe preparando -in segreto- un piano B, per evitare il default greco.

27/6/2011

La Banca dei Regolamenti Internazionali lancia l'allarme: si rischia una nuova crisi finanziaria, senza aggiustamenti strutturali.

Tagliare il debito e alzare i tassi rapidamente: è la ricetta che la Banca dei Regolamenti Internazionali lancia da Basilea, senza nascondere una certa preoccupazione per il contesto economico. Il consiglio è globale, anche perché -si fa notare- i prezzi in crescita di cibo, energia e materie prime spingono in alto l'inflazione, rendendo il rialzo dei tassi necessario. Politiche monetarie accomodanti, afferma la Bri, stanno diventando una minaccia per la stabilità dei prezzi. Inoltre, fa presente l'istituto, la persistenza di bassi tassi nelle economie più avanzate ritarda i necessari aggiustamenti dei conti pubblici. Una situazione potenzialmente pericolosa: senza conti in ordine, avverte l'organismo di Basilea, la prossima crisi potrebbe essere dietro l'angolo. E se a finire in turbolenza fosse un Paese con un'economia maggiore rispetto a quella di Grecia e Portogallo, sarebbe vera devastazione. L'analisi della Bri suona come un "gong finale" per le politiche monetarie espansive: una posizione che l'avvicina più alla linea della Banca Centrale Europea, che non a quella della Federal Reserve americana. L'allarme è autorevole: fu proprio la Bri a lanciare, nel 2007, una delle prime -inutili- allerte sulla grande crisi in arrivo. Per le banche, il messaggio è esplicito: senza una piena attuazione di Basilea 3, la ripresa è a rischio. Per quanto riguarda infine l'Italia, il giudizio è a due facce: il debito resta alto, ma il deficit di bilancio strutturale permane tra i più bassi. Per il direttore generale di Bankitalia Fabrizio Saccomanni, il sistema bancario del Paese resta solido.

25/6/2011

Corsa contro il tempo, da lunedì, per evitare a luglio un default della Grecia. Ad Atene il Governo si mostra fiducioso.

"Ce la faremo": a pochi giorni dal cruciale voto parlamentare del Governo greco sulla nuova manovra di austerità, il portavoce del Governo Ilias Mosialos ha espresso fiducia sul passaggio del maxipiano da 28 miliardi di tagli lacrime e sangue, cui andranno aggiunti altri 50 miliardi di privatizzazioni. Secondo i piani dell'esecutivo di George Papandreou, il programma pluriennale dovrebbe essere votato mercoledi', mentre giovedi' è atteso il via libera delle leggi attuative. Questo -almeno- sulla carta: martedì inizia infatti uno sciopero generale di 48 ore, che potrebbe bloccare il Paese, facendo traballare la risicata maggioranza socialista. In un'intervista con la tv pubblica tedesca Ard, la cancelliera Angela Merkel ha affermato che una ristrutturazione del debito greco, con un taglio del valore dei bond, avrebbe effetti incontrollabili. Sulla stessa linea Yves Mersch, membro del Consiglio Direttivo della Bce. Un default della Grecia innescherebbe un ''caos'' nella situazione economica europea, ha affermato. Ma la domanda, per dirla con la stessa Merkel, resta sempre la stessa: quando Atene potrà tornare a camminare con le proprie gambe? Se la manovra ellenica venisse approvata la prossima settimana, la palla tornerebbe nel campo dell'Europa, che il 3 luglio sbloccherebbe altri 12 miliardi di prestito del primo piano, per poi varare, otto giorni dopo, un secondo maxi-prestito da 110 miliardi. Se la manovra invece non passasse, il rischio baratro per l'Eurozona sarebbe quasi una certezza.

25/6/2011

Un messaggio postato online su Twitter e due telefonate: sono stati questi gli snodi cruciali di una mattinata che ha sciolto -ieri a Bruxelles- l'imprevista suspence sulla nomina di Mario Draghi a presidente della Banca Centrale Europea.

Decisive sono state le telefonate che Lorenzo Bini Smaghi, attuale membro del board Bce, ha fatto al presidente europeo Herman Van Rompuy e al francese Nicolas Sarkozy, garantendo loro un passo indietro entro fine anno, per liberare il proprio posto a favore di un rappresentante transalpino. Bini Smaghi è entrato intanto nella rosa dei successori dello stesso Draghi alla guida di Bankitalia, che conta attualmente tre nomi. Il messaggio Twitter è stato invece la novità con cui Van Rompuy ha scelto di annunciare la nomina. Draghi resterà alla guida dell'Istituto di Francoforte fino alla fine del 2019, con il compito -soprattutto nei primi mesi- di garantire la stabilità dell'Eurozona, minacciata dai rischi di default periferici. Congratulazioni sono giunte dal presidente Napolitano, insieme ai rappresentanti delle istituzioni europee, Van Rompuy e Barroso. Proprio Barroso ha ricordato come la crisi greca abbia fatto da sfondo a questo summit di crisi: prossime tappe l'approvazione della nuova manovra di austerità di Atene e del secondo pacchetto di salvataggio internazionale, che il premier Papandreou ha stimato intorno ai 110 miliardi. E che potrebbe vedere la luce l'11 luglio. Per l'Europa inizia un altro countdown: l'obiettivo è evitare un'estate bollente per l'Euro.

24/6/2011

Dopo una notte di attesa, Mario Draghi è stato nominato prossimo presidente della Bce. L'intesa è stata trovata al Consiglio Europeo, che si è concluso oggi a Bruxelles.

E' stato un messaggio postato sul profilo Twitter del presidente europeo Herman Van Rompuy a ufficializzare la nomina di Mario Draghi a presidente della Bce, a partire dal primo novembre: superata una notte di attesa, a causa dell'impuntatura francese, con Parigi che esigeva la garanzia di un posto nel board Bce, decisivo si è rivelato il passo indietro di Lorenzo Bini Smaghi, che ha promesso di lasciare il posto entro l'anno. Draghi resterà alla guida dell'Istituto di Francoforte fino alla fine del 2019, con il compito -soprattutto nei primi anni- di garantire la stabilità dell'Eurozona, minacciata dai rischi di default periferici. La Grecia -come ha sottolineato il presidente della Commissione José Barroso- ha fatto da sfondo a questo vertice di crisi, anche se decisioni concrete non sono state prese: tutti gli occhi sono sui prossimi dieci giorni, decisivi per evitare il default. A fine mese Atene dovrà approvare un'ulteriore manovra di austerità da 28 miliardi, con privatizzazioni che potrebbero apportare ulteriori 50 miliardi. L'ok a queste misure sbloccherà un'altra tranche- da 12 miliardi- del piano di aiuti già approvato. Il premier Papandreou guarda però avanti, e stima in altri 110 miliardi il secondo piano di salvataggio, il cui varo dovrebbe avvenire l'11 luglio. A Bruxelles i 27 hanno dato anche luce verde all'ingresso della Croazia, hanno condannato le violenze in Siria, e hanno approvato un accordo sulla riforma della governance di Schengen.

23/6/2011

E' un vertice di crisi, quello che si sta aprendo a Bruxelles.

L'economia la fa da padrona, con il caso Grecia in primo piano: le decisioni formali sul via libera alla nuova tranche di prestito da 12 miliardi e sul nuovo maxipiano di salvataggio sono state rinviate ai due Ecofin di luglio, ma -dalla due giorni di summit- i mercati si attendono segnali univoci, dopo una giornata con i titoli di Stato dei Paesi periferici nuovamente in picchiata. Qualche esempio: è volato nuovamente sopra i 200 punti il differenziale di rendimento tra i Btp decennali e il bund tedesco, toccando i 208 punti base, ai massimi da dicembre. Altre cattive notizie per l'Italia sono giunte dall'agenzia Moody's, che ha messo sotto osservazione il rating di 16 banche, in vista di un possibile taglio. Sul fronte europeo, titoli di Stato in picchiata anche per Portogallo, Spagna e Irlanda. La situazione è grave al punto che ci sarebbe stato, già nel pomeriggio, un faccia a faccia a tre tra la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Nicolas Sarkozy e il presidente europeo Van Rompuy, mentre in un pre-vertice i leader del centrodestra europeo hanno fatto forti pressioni sul capo dell'opposizione greca Samaras, perché appoggi le misure di austerità. Pare infatti sia spuntato un altro buco da tre miliardi e mezzo nel bilancio ellenico per il 2011. Per il presidente dell'Eurogruppo Juncker, non esiste un Piano B per la Grecia, mentre la cancelliera tedesca Merkel ha lanciato poco fa un appello all'unità europea. La buona notizia della giornata riguarda Mario Draghi, che ha ricevuto il via libera dall'Europarlamento come nuovo presidente della Bce. La nomina sarà ufficializzata stasera dai 27 leader.

14/6/2011

Tre aliquote Irpef e cinque imposte in tutto: il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti annuncia all'assemblea della Confartigianato un prima bozza di riforma fiscale.

Nel giorno della riunione straordinaria dell'Eurogruppo, per discutere la delicatissima situazione dei conti pubblici greci, il Ministro dell'Economia Tremonti fa una necessaria premessa, per coniugare riforma fiscale e rigore nei conti, così come chiesto dall'Europa. Tre aliquote Irpef e cinque imposte in tutto: questa la ricetta di Tremonti per l'ipotesi di riforma fiscale, semplificando così il sistema di tassazione - anche mediante l'accorpamento di tributi minori. A ciò Tremonti aggiunge una base imponibile più larga, con aliquote più basse, quale incentivo antievasione. Sulla domanda "chi paga?", più volte udita nel weekend, Tremonti affronta due questioni controverse: la prima riguarda le agevolazioni, le esenzioni e benefici goduti anch da chi non ne avrebbe titolo. La seconda, ancor più delicata, tocca i costi della politica. Il titolare di Via XX Settembre sintetizza: "meno aerei blu e più Alitalia", da sommare a incarichi pubblici da remunerare secondo la media europea. Il Ministro dell'Interno Roberto Maroni, che in mattinata aveva sollecitato scelte giuste -popolari o impopolari- nel pomeriggio corregge il tiro e chiede coraggio all'esecutivo. Dall'opposizione, il leader PD Pierluigi Bersani va sul pratico: "non commento le chiacchiere, da 15 anni aspettiamo una riforma fiscale, vorremmo vedere qualcosa scritto su un pezzo di carta".

13/6/2011

Crolla il consenso del Governo Papandreou in Grecia: i socialisti del Pasok, che si apprestano a mettere in pratica un'ulteriore manovra di austherity da 28 miliardi, sono ormai al 27% nei sondaggi. In Europa si apre intanto un'altra settimana di passione.

Sarà una settimana ad altissima tensione quella che si apre a Bruxelles: già domani, dopo la pausa della festività di Pentecoste, un Eurogruppo straordinario si troverà nel menù il delicato dossier greco. Il discrimine si gioca tutto sul coinvolgimento dei privati, in questa seconda fase di salvataggio, che rischia di rivelarsi ancora più complicata della prima. La stima del denaro necessario a salvare Atene si aggira sugli 80-90 miliardi di euro, dopo i 110 già stanziati allo scoppio della crisi. La Germania è in prima linea a chiedere un coinvolgimento dei privati, in particolar modo le banche, mediante un allungamento della durata dei titoli di Stato. Il Ministro delle Finanze belga Dydier Reynders ha quantificato in 25 miliardi questo coinvolgimento. Un'eventualità che viene apertamente osteggiata dalla Banca Centrale Europea, che fiuta il pericolo. La Commissione Europea tenta una mediazione: il titolare degli Affari economici Olli Rehn non esclude il coinvolgimento degli investitori privati, a patto però che avvenga su base volontaria. La questione si gioca soprattutto sui termini tecnici: reprofiling, rollover... per evitare il ben più tragico vocabolo "default". Se così i mercati finissero per percepire la situazione economia greca, sarebbe -per l'Eurozona tutta- un vero disastro. E' anche per questo che i prossimi dieci giorni, da qui al Consiglio Europeo di fine mese, saranno decisivi.

12/6/2011

Si vota oggi in Turchia, con il partito del premier Erdogan che chiede un plebilscito. Difficilmente però lo otterrà.

Si avvia verso una vittoria annunciata il partito filoislamico del premier Recep Tayyp Erdogan, nelle elezioni che si svolgono oggi in Turchia. La posta in gioco è alta, in un Paese che dal 2002 è governato dal partito Giustizia e Sviluppo. Schieramento tuttora osteggiato dalla componente kemalista e secolare del paese, che trova nel Partito Republicano del Popolo la propria rappresentanza politica. I sondaggi danno Erdogan saldamente in testa, tra il 44 e il 50% dei consensi, contro un a forchetta oscillante tra il 25 e il 32% per il principale partito di opposizione. Il premier uscente cerca una vittoria schiacciante, che gli permetterebbe di arrivare ai due terzi dei deputati, soglia necessaria per dare corso alla riforma della Repubblica in senso presidenziale. Servono almeno 367 seggi su 550, e decisiva sarà la performance degli altri partiti. I sondaggi, però, sono molto cauti al riguardo. A favore di Erdogan c'è un'economia che gira a pieno regime (il Pil 2010 ha chiuso a +8,9%), insieme a uno scandalo a sfondo sessuale che ha coinvolto dieci esponenti del principale partito di opposizione. Il Governo punta molto anche su alcuni progetti di ammodernamento del cuore economico del Paese, Istanbul. Ma esistono pure lati oscuri, relativi soprattutto alla censura dei siti internet e al controllo della rete. Sulle elezioni turche si sta abbattendo la crisi siriana: si stima che già oltre 4000 persone abbiano oltrepassato il confine, provenienti dalla città di Jisr al-Shughour, finita nel mirino della violenta repressione del regime.

10/6/2011

Caso Battisti. ''Non credo che ci sara' una crisi fra l'Italia e il Brasile''. Così un portavoce del palazzo presidenziale brasiliano del Planalto. La querelle approda anche in Europa.

L'Italia va all'attacco del Brasile sul caso Battisti, puntando -al contempo- a farne una questione europea. Il Ministro degli Esteri Franco Frattini ha deciso il richiamo temporaneo a Roma dell'Ambasciatore in Brasile, Gherardo La Francesca - ufficialmente per valutare la situazione. Qualche migliaio di chilometri più a nord, in Lussemburgo, il sottosegretario alla Giustizia Giacomo Caliendo chiedeva ai Ministri Europei "solidarietà", per le azioni che Roma intende portare avanti a livello internazionale sul caso Battisti. Caliendo ha utilizzato la finestra di discussione relativa al cosiddetto 'pacchetto vittime', all'interno del Consiglio Europeo sulla Giustizia, per porre la questione sul tavolo. A Bruxelles, la posizione ufficiale della Commissione Europea resta quella di una questione bilaterale tra Italia e Brasile. Intanto, da Brasilia le autorità locali insistono: il caso è giuridico, non politico. E minimizzano la mossa italiana, di richiamo dell'Ambasciatore: un "iter normale", lo definiscono.

8/6/2011

Duro ammonimento della Commissione Europea all'Italia sui conti pubblici. Bruxelles sprona Roma anche sulle riforme.

Rigore sui conti e riforme per la crescita: è precisa la ricetta che la Commissione Europea lancia all'Italia, nella prima -storica- serie di raccomandazioni agli Stati membri, prodotto del Semestre Europeo. A Roma Bruxelles invia segnali chiari: il programma triennale di consolidamento dei conti è credibile fino al 2012, ma entro ottobre occorre varare le misure che consentano di raggiungere gli obiettivi di rientro nel biennio successivo. Nessun allargamento dei cordoni della borsa, lascia intendere Bruxelles, quasi intuendo le tentazioni di una parte del Governo: il rigore dei conti resta la strada maestra. Anche perché il nostro debito pubblico toccherà -l'anno prossimo- il 120% del Pil. Ok pure a tetti vincolanti per la spesa pubblica. "L'Italia deve applicare pienamente il piano di consoldiamento dei conti" - ha ammonito il commissario agli affari monetari Olli Rehn. Premesso ciò, la Commissione spinge anche su un secondo binario: le riforme per la crescita e lo sviluppo. La lista è lunga: riforme del mercato del lavoro, rendendolo più flessibile e favorendo l'occupazione di giovani e donne; contrattazione aziendale; concorrenza nei servizi; accesso al credito delle Pmi; miglior utilizzo dei fondi europei e ricerca e sviluppo. Più in generale, Bruxelles ha bacchettato la stragrande maggioranza dei 27 Paesi comunitari: poco ambiziosi i loro piani, per il presidente José Barroso, che ha stilato un bilancio abbastanza magro degli obiettivi fin qui raggiunti dai programmi nazionali.

7/62011

"L'Italia deve applicare il previsto consolidamento fiscale per il periodo 2011-2012 e anche per gli anni successivi". Così il Commissario Europeo all'Economia Olli Rehn, parlando a margine della conferenza stampa sulle prime raccomandazioni comunitarie relative alle politiche di bilancio nei Paesi dell'Unione.

Ha una precisa validità temporale la credibilità del piano di rientro dei conti italiani, secondo la Commissione Europea. Che oggi a Bruxelles ha lanciato un chiaro avvertimento al'Italia, e a qualsiasi tentativo di allentare i cordoni della borsa: l'attuale piano di rientro dei conti pubblici è da considerare credibile fino al 2012. Entro ottobre saranno necessarie ulteriori misure, affinché il livello molto alto del debito imbocchi un percorso stabile di riduzione. Bruxelles raccomanda quindi a Roma di essere pronta a prevenire ogni possibile sforamento dei conti, rispetto ai programmi già stabiliti. E chiede di destinare alla riduzione del deficit qualsiasi risorsa che si liberi sul fronte del bilancio. Contemporaneamente, invita l'Italia a introdurre teti vincolanti alla spesa pubblica, migliorando il monitoraggio dell'amministrazione. Chiuso il capitolo rigore, si apre però quello delle riforme: la Commissione sottolinea come l'Italia deve adottare al più presto nuove misure per affrontare le debolezze strutturali della propria economia, debolezze che la crisi ha esasperato. Una critica in questo senso, seppure più generale e rivolta ai 27, l'ha formulata il presidente della Commissione José Barroso, secondo il quale i Governi europei non sono stati abbastanza ambiziosi nelle politiche a favore della crescita e dello sviluppo.

7/6/2011

La caccia al batterio-killer continua. Con un'opinione pubblica sempre più confusa, l'ennesima speranza di aver trovato l'origine del virus si è infranta sull'analisi dei primi 23 campioni -su 40- prelevati dai germogli di soia di un'azienda biologica a Bienenbuettel, cittadina 80 chilometri a sud di Amburgo.

Esito negativo, ma le autorità sanitarie tedesche mantengono valido l'invito a non consumare le verdure che potrebbero veicolare la rara forma del batterio Escherichia coli. Germogli di soia, pomodori, insalata e cetrioli restano quindi preferibilmente off limits, pur non essendoci prove del loro coinvolgimento nella crisi. L'Europa intanto osserva preoccupata. Al termine del Consiglio Europeo della Salute svoltosi a Lussemburgo, il Commissario John Dalli ha riepilogato la situazione: l'epicentro della crisi permane nei pressi di Amburgo, con almeno 11 Paesi comunitari coinvolti. Unica nota di speranza: per Bruxelles, il contagio sta rallentando. Su questo concordano le autorità sanitarie tedesche. La Commissione Europea si è intanto detta pronta a proporre ''compensazioni'' finanziarie, per aiutare i produttori colpiti dall'emergenza. In Italia il Ministro della Salute Ferrucio Fazio nega invece l'ipotesi dello stop all'import dalla Germania. Anche di questo si parlerà oggi ad un Consiglio straordinario dei Ministri dell'Agricoltura comunitari.

6/6/2011

Il batterio E.coli ha provocato una nuova vittima in Germania, facendo salire a 23 il bilancio dei morti (22 dei quali tedeschi) da quando è scoppiata l'epidemia. Lo hanno annunciato le autorità sanitarie del Land settentrionale tedesco dello Schleswig Holstein.

E' sempre più confusa la situazione relativa al contagio del batterio-killer: anche i sospetti sui germogli di soia rischiano di venire meno, rivelandosi l'ennesimo buco nell'acqua. I primi 23 test sui 40 germogli di soia provenienti da un'azienda agricola della Bassa Sassonia si sono infatti rivelati negativi. Nell'incertezza più totale, la Germania mantiene valido l'invito a non consumare le verdure che potrebbero veicolare la rara forma del batterio Escherichia coli. Germogli di soia, pomodori, insalata e cetrioli restano quindi preferibilmente off limits, pur non essendoci prove del loro coinvolgimento nella crisi. L'Europa intanto osserva preoccupata. Al termine del Consiglio Europeo della Salute svoltosi a Lussemburgo, il Commissario John Dalli ha riepilogato la situazione: l'epicentro della crisi si trova ancora nei pressi di Amburgo, per ora sono 11 i Paesi coinvolti. 1600 i casi, con 700 persone che manifestano complicazioni. Unica nota di speranza: per Bruxelles, il contagio sta rallentando. Secondo Dalli, ciò che stiamo osservando, è il risultato di contaminazioni precedenti, emerse dopo un periodo di incubazione. Ma ha ammesso: la situazione cambia di ora in ora. La Commissione Europea si è intanto detta pronta a proporre ''compensazioni'' finanziarie, per aiutare i produttori colpiti dall'emergenza. Questo anche per rimediare alle falle del sistema europeo di allerta rapida, che senza basi scientifiche ha addossato per giorni la colpa ai cetrioli spagnoli, assestando un duro colpo all'agricoltura iberica. Di questo se ne parlerà domani ad un Consiglio straordinario dei Ministri dell'Agricoltura europei.

3/6/2011

E' di 18 morti accertati e circa 2000 contagiati il bilancio provvisorio dell'epidemia di Escherichia Coli in Europa. Nessuna idea sull'origine del batterio, mentre si estende la crisi.

L'allarme sanitario per il batterio killer si incrocia, in Europa, con le dispute commerciali che stanno avvelenando i rapporti interni ed esterni all'Unione. Gli esperti della clinica universitaria di Amburgo sono riusciti, con l'aiuto di colleghi cinesi, a leggere il genoma del batterio. Si tratta di una variante di E.Coli mai vista prima, una combinazione di geni completamente nuova, altamente tossica e contagiosa. Soprattutto, per l'Oms, sembra in grado di resistere al alcune classi di antibiotici: non era mai stata individuata prima. In Germania, Paese dal quale l'allarme è partito e tutt'ora si concentra, la parola d'ordine è "niente panico": i numeri però sono lì a testimoniare un espandersi del contagio, passato in undici giorni da 45 a circa 2000 casi. Nel frattempo morti sospette cominciano a venire segnalate anche in altri Paesi del vecchio Continente, in quella che appare una crescente psicosi. Anche perché, una volta letto il genoma del batterio, resta ancora da capire l'origine dell'infezione. Proprio su questo punto è esplosa la polemica: assolto il cetriolo iberico, finito per una imperdonabile leggerezza di giudizio sul banco degli imputati, Spagna e Portogallo hanno annunciato che chiederanno indennizzi all'Europa per i forti danni economici subiti. Ancora più drastica la Russia, che ha annunciato il blocco delle importazioni di verdure e ortaggi dal Vecchio Continente. A Radio 24 il portavoce della Commissione Europea Frederic Vincent annuncia una lettera della Commissione Europea a Mosca, nella quale si contesta la mossa russa, e si chiede un ritiro immediato della misura di blocco dell'import.

29/5/2011

Vince il sì al divorzio nel referendum di Malta: per il 52,67% degli elettori il matrimonio può finire. Un voto storico, per il piccolo Paese immerso nel Mediterraneo.

Cade anche l'ultimo avamposto del divorzio illegale in Europa. Il piccolo arcipelago di Malta ha detto sì, al termine di un'aspra campagna elettorale, che è stata disputata giocando persino sulle paure più profonde dell'elettorato. I sostenitori del "no" al divorzio sono addirittura ricorsi a maxiposter con le facce dei bambini abbandonati dai genitori, per difenderne la messa al bando. Per la piccola nazione mediterranea, dove la Chiesa Cattolica esercita tuttora una forte influenza, non solo religiosa ma anche politica, si tratta di una vera rivoluzione: l'isola era rimasta l'unico Paese al mondo, insieme alle Filippine e proprio al Vaticano, a considerare illegale divorziare. Il risultato ha prodotto uno choc all'interno dello stesso partito Nazionalista al potere: è stato proprio un suo deputato, Jeffrey Pullicino Orlando, a sfidare l'ala ultraconservatrice dello schieramento, lanciando l'idea del referendum consultivo. Dopo il risultato ha commentato: "il risultato traghetta Malta in una nuova era, nella quale Stato e Chiesa saranno separati". Il premier Lawrence Gozi, personalmente contrario al divorzio, ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco, chiedendo al Parlamento di rispettare la volontà degli elettori, traducendo il risultato del referendum in legge. Curiosamente, resiste però un baluardo iperconservatore all'interno dell'arcipelago. Nella seconda isola, Gozo, i "no" al divorzio hanno infatti registrato quota 70%.

29/5/2011

"La Polonia è un modello di democrazia": così il presidente americano Barack Obama, concludendo la sua visita in Europa. Obama sarà oggi in Missouri, Stato sconvolto dal recente tornado cha ha fatto 139 morti.

Si chiude con uno sguardo a est il tour europeo di Barack Obama: da Varsavia il presidente americano ha reso omaggio a uno dei Paesi europei protagonisti della caduta del Muro, paragonando quell'evento storico all'attuale "primavera araba". In Polonia il presidente americano ha sigla con il Governo Tusk diversi accordi di collaborazione, il più importante riguarda il distaccamento di aerei da guerra americani su suolo polacco. Si tratta di F16 e C130, che arriveranno a partire dal 2013, mediante la formula del distacco temporaneo: la Casa Bianca ha definito inesatte le indiscrezioni, secondo cui questi aerei proverranno dalla base militare di Aviano, una notizia che aveva preoccupato l'area friulana. Per Varsavia, questa mossa rappresenta il segno tangibile di una maggiore protezione americana. Obama ha sottolineato come l'alleanza transatlantica sia "una pietra miliare" per la sicurezza americana. Ed è sembrato tendere la mano all'Europa, dopo le scaramucce sulla stabilità dell'Eurozona: "un'Europa forte e integrata è nell'interesse degli Stati Uniti", ha dichiarato. Infine, dopo aver attaccato il regime bielorusso di Aleksander Lukashenko, ha cercato di rasserenare il clima tra Varsavia e Mosca: "da migliori relazioni tra Stati Uniti e Russia ne beneficerà tutta l'area", ha detto.

28/5/2011

Il G8 ritrova -a Deauville- la centralità persa nell'ultimo biennio, a vantaggio del G20. Al di là delle promesse più o meno attendibili, gli Otto Grandi provano a disegnare le strategie post-crisi, partendo dalla primavera araba.

E' il presidente di turno Nicolas Sarkozy a promettere un pacchetto da 40 miliardi agli Stati del Nordafrica, con il lancio del "Partenariato di Deauville". Pacchetto ancora tutto da definire nei tempi e nelle modalità, anche perchè -stando alla dichiarazione finale- saranno le Banche multilaterali per lo sviluppo ad accollarsi oltre 20 miliardi di finanziamenti, di cui tre miliardi e mezzo provenienti dalla BEI, già destinati a Tunisia ed Egitto. Ma la cifra potrebbe crescere, con i Paesi del Golfo che dovrebbero aggiungere altri 10 miliardi, insieme a due miliardi dagli Stati Uniti, e sette complessivi dall'Europa. Il G8 mette con le spalle al muro Muhammar Gheddafi, intimandogli di lasciare il Paese. Decisiva al proposito la svolta della Russia, che ha sottoscritto il documento, dicendosi pronta a mediare. Nicolas Sarkozy ha annunciato una sua prossima visita a Beghasi, insieme al premier inglese David Cameron. Il G8 ha poi espresso un forte sostegno alla visione di Barack Obama sui negoziati israelo-palestinesi. Sul fronte economico, se pare avvicinarsi la nomina della francese Christine Lagarde alla guida dell'Fmi, resta in primo piano la crisi greca, con l'Europa che chiede più tempo agli Stati Uniti per risolverla. Bruxelles intanto ha quasi perso la pazienza con Atene. Ed esige al più presto l'approvazione di un piano d'austherity. "Il tempo sta scadendo", avverte.

27/5/2011

Un pacchetto da 40 miliardi per la primavera araba, con il lancio del "Partenariato di Deauville". E una determinazione a chiudere presto la partita libica.

Cala il sipario sul G8 francese, che ha messo al centro della discussione le rivolte in Nordafrica. Gli Otto Grandi lasciano la città costiera con la promessa di un pacchetto compessivo multimiliardario, ancora da definire nei tempi e nelle modalità. Nella dichiarazione finale, si accenna a un impegno finanziario delle Banche multilaterali per lo sviluppo pari a oltre 20 miliardi, di cui tre miliardi e mezzo provenienti dalla BEI, destinati a Tunisia ed Egitto, i primi Paesi a partecipare al partenariato. Ma la cifra potrebbe crescere, con i Paesi del Golfo che dovrebbero aggiungere altri 10 miliardi, insieme a due miliardi dagli Stati Uniti, e sette complessivi dall'Europa. Il G8 mette ulteriormente con le spalle al muro Muhammar Gheddafi, intimandogli di lasciare il Paese. Decisiva al proposito la svolta della Russia, che ha sottoscritto il documento, dicendosi pronta a mediare. Nicolas Sarkozy ha annunciato una sua prossima visita a Beghasi, insieme al premier inglese David Cameron. Sulla Siria, gli Otto Grandi minacciano nuove azioni. Il G8 ha poi espresso un forte sostegno alla visione di Barack Obama sui negoziati israelo-palestinesi. Sul fronte economico, la "priorita' resta la creazione di impiego, sull'onda di una crescita che si sta rafforzando, ma sulla quale permangono rischi. E se la nomina della francese Christine Lagarde alla guida dell'Fmi sembra vicinissima, dopo questo summit, resta in primo piano la crisi in Grecia, con l'Europa che chiede più tempo agli Stati Uniti per risolvere la crisi ad Atene.

27/5/2011

Dopo la prima giornata di vertice, il G8 vara un fondo a sostegno dei Paesi della "primavera araba". E guarda con preoccupazione alla Grecia.

"Gheddafi se ne deve andare". Protagonista, ieri al G8 di Deauville, è stata la primavera araba, con il presidente francese Nicolas Sarkozy che si è fatto portavoce delle istanze della comunità internazionale. Sarkozy ha intimato lo sfratto al rais, anche se ha dovuto riconoscere che -con la Russia- le divergenze restano. Ma il risultato più importante della giornata è stato il varo di un fondo destinato proprio alla 'primavera araba', a sostegno dello sviluppo dei Paesi del Nord Africa e Medio Oriente. Chiesta pure una revisione dello statuto della Bers, che estenda il mandato della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo anche a questi Paesi. Del fondo tornerà ad occuparsi un G7 finanziario a luglio, a Roma. Londra intanto ha dato l'esempio, stanziando 175 milioni di dollari per sostenere le riforme nei Paesi protagonisti delle riforme democratiche. Il G8 chiede anche ''una soluzione del conflitto israelo-palestinese attraverso'' la ripresa ''dei negoziati senza rinvii''. Si è parlato pure di nucleare, con l'obiettivo di arrivare a standard di sicurezza molto elevati. Sul fronte economico, infine, gli Otto vedono una ripartenza della crescita, anche se permangono fattori di tensione e squilibrio, su tutti le materie prime. La nomina di Christine Lagarde alla direzione dell'Fmi non troverebbe posto nel comunicato finale, anche se Sarkozy si è mostrato ottimista. Sulla Grecia, l'allarme resta elevato: l'Europa giura di essere pronta a tutto per evitare il default, ma l'Fmi avverte: a rischio la prossima tranche di aiuti ad Atene.

26/5/2011

"Gheddafi se ne deve andare". Come avete appena ascoltato, al G8 di Deauville il presidente francese Nicolas Sarkozy ha inviato un chiaro avviso di sfratto al rais libico, sottolineando come l'obiettivo finale sia la pace a Tripoli.

Sarkozy non ha però nascosto la divergenza di vedute con la Russia, sulla questione. La "primavera" tunisina ed egiziana sono al cuore di questo G8, ha aggiunto Sarkozy, anche se i Grandi devono ancora dibatterne. ''Ci aspettiamo che i leader si impegnino a una partnership con Egitto e Tunisia", ha anticipato la Casa Bianca. Il Medio Oriente più in generale è stato al centro delle discussioni. Secondo la bozza di conclusioni, il G8 chiede ''una soluzione del conflitto israelo-palestinese attraverso'' la ripresa ''dei negoziati senza rinvii'', per arrivare ad un ''accordo quadro su tutte le questioni che riguardano lo status finale''. Sarkozy ha dichiaratamente appoggiato l'idea di Obama. Spazio anche per la Siria: sempre secondo la bozza di conclusioni, si chiederà la fine di ogni violenza. Oggi i Grandi hanno discusso pure di Giappone e dei pericoli del nucleare: per Sarkozy, oltre a sviluppare sempre di più le fonti di energia rinnovabile, occorre rilanciare il nucleare dotandolo degli standard di sicurezza più alti possibili. Infine la situazione economica: "vediamo ripartire la crescita mondiale molto fortemente. Conviene ridurre i fattori di tensione e squilibrio", ha affermato Sarkozy poco fa, che ha lasciato intendere un consenso su Christine Lagarde come nuovo direttore dell'Fmi. E si è parlato ovviamente anche di Grecia e di rischi per l'Eurozona.

24/5/2011

Nuovo pacchetto di proposte dalla Commissione Europea sul fronte immigrazione. Spicca l'idea di una clausola in grado di reintrodurre i visti di ingresso.

Una clausola di salvaguardia per reintrodurre rapidamente in Europa l'utilizzo dei visti, ''in caso di improvvisi aumenti dei flussi migratori'' dai Paesi, come quelli dei Balcani occidentali, dove sono già stati liberalizzati; una nuova politica comune per l'asilo; l'avvio di accordi ''su misura'' con i Paesi del Nord Africa; infine facilitazioni per l'ingresso nell'Unione di studenti, ricercatori e uomini d'affari extracomunitari. La Commissaria Europea agli Affari Interni Cecilia Malmstroem ha così presentato -a Bruxelles- il nuovo pacchetto di misure sull'immigrazione. "Ciò che propongo -ha affermato la Commissaria- va oltre l'urgenza: il nostro piano è sviluppare una cooperazione piu' strutturata con i Paesi del Nord Africa. E' interesse tanto dell'Unione, quanto di questi Paesi, promuovere la mobilita' e una migrazione ben gestita''. Ed è proprio su questo punto che Bruxelles intende più lavorare: progetti di collaborazione con la sponda sud del Mediterraneo, per lavorare insieme allo sviluppo di un flusso migratorio legale e di forza-lavoro qualificata, di cui l'Europa -che invecchia demograficamente- avrà sempre più bisogno. Allo stesso tempo, per i clandestini vengono previste operazioni di rimpatrio, compensate da aiuti destinati ai Paesi della cosiddetta "primavera araba". Per la Malmstroem, dopo le soluzioni-tampone seguite all'esodo libico e alla crisi lampedusana, occorre ora cominciare a ragionare in modo più strutturato sul fronte migratorio.

18/5/2011

Alla guida dell'Fmi dovrebbe restare un europeo. Lo ha detto il presidente di turno dell'Ecofin, il ministro delle finanze ungherese, Gjorgj Matolcsy. Intanto i Ministri delle Finanze confermano: Draghi candidato unico alla Bce.

Ieri sera è toccato a György MATOLCSY, presidente di turno ungherese dell'Ecofin, dare voce a un sentimento comune in Europa, che supera le divisioni di giudizio sulla figura -in discgrazia- del personaggio Dominique Strauss Kahn: "alla guida dell'Fmi resti un europeo", ha detto Matolcsy, rispecchiando le speranze e i timori del Vecchio Continente. Che teme la nomina di un candidato dei Paesi emergenti. Dietro le quinte, però si consumava uno strappo al femminile: se il presidente dell'Eurogruppo Juncker che si diceva sconvolto e definiva DSK un amico, ben due Ministre delle Finanze donne, la spagnola Salgado e l'austriaca Fekter, chiedevano furenti un passo indietro del direttore dell'Fmi, accusato di stupro. Più distaccato il commento della francese Christine Lagarde, che i bookmakers danno già come favorita alla successione, insieme al turco Kemal Dervis. L'Fmi ha precisato che Strauss Kahn "non gode di immunità giudiziarie'', anche perché non si tratta di reato commesso nell'esercizio delle sue funzioni. E lo ha di fatto scaricato. Lui intanto trascorre le ore che lo separano dalla prossima udienza nel carcere -malfamato- di Rikers Island, tra i quartieri del Queens e del Bronx.I suoi avvocati punterebbero sulla strageia del sesso conseziente con la cameriera. Tornando all'Ecofin, ieri i 27 Ministri hanno confermato la nomina di Mario Draghi alla presidenza della Bce. Il via libera ufficiale spetta ai leader europei a giugno. Per la Grecia, l'Europa sembra propensa all'idea di una ristrutturazione soft del debito, e preme su Atene per un nuovo programma di riforme e privatizzazioni. Il Portogallo dovrà invece pagare un tasso di interesse medio del 5,1% sul proprio pacchetto di salvataggio.

17/5/2011

Anche l'Ecofin ratifica la nomina di Mario Draghi alla presidenza della Bce. Dopo l'endorsement dell'Eurogruppo ieri sera, i 27 Ministri delle Finanze hanno accettato la designazione dell'attuale Governatore di Bankitalia. Ora la nomina ufficiale spetta ai leader europei a giugno.

Il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, nonostante il buon risultato per l'Italia, ha lasciato Bruxelles senza commentare la designazione. Tremonti ha però sollevato dure critiche sulla direttiva per la tassazione dei redditi da risparmio, minacciando un ricorso italiano alla Corte di Giustizia. Roma accusa gli altri Paesi di non volersi impegnare a introdurre sanzioni per gli Stati e le banche che violano la normativa, permettendo così il deposito di capitali nei paradisi fiscali, in primis la Svizzera. I Ministri Finanziari hanno raggiunto un'intesa di massima sulla stretta relativa alle vendite allo scoperto e sui credit default swap. Sulla Grecia, il presidente dell'Eurogruppo Jean Claude Juncker ha ammesso che ''una ristrutturazione soft del debito pubblico di Atene e' possibile'': Juncker si è però detto ''fortemente contrario'' a una piena ristrutturazione. Il Commissario Europeo all'Economia Olli Rehn ha lanciato un appello alle autorità greche, affinché implementino nuove misure. Sul Portogallo, secondo i primi dettagli relativi al pacchetto di salvataggio, Lisbona dovrà pagare un tasso di interese medio del 5,1%. Infine, strascico Strauss-Kahn all'Ecofin, con le Ministre dell'Economia spagnola e austriaca infuriate e decise nel chiederne le dimissioni.

17/5/2011

Un gran giuri' attende -per giudicarlo- il Direttore dell'Fmi Dominique Strauss-Kahn. Intanto si aggrava la posizione dell'imputato, accusato di violenze su una cameriera 32enne.

Fino a 74 anni di carcere: è la maxipena che potrebbe essere riservata a Dominique Strauss-Kahn, per le gravi accuse di doppia violenza sessuale di primo e secondo grado, e tentato stupro - un totale di sette capi di imputazione. Ieri la giudice Melissa Jackson del tribunale di New York ha respinto la richiesta di libertà su cauzione, avanzata dai suo avvocati. Gli Stati Uniti intendono evitare un altro caso Polanski, col rischio di fuga in Francia dell'imputato. I suoi avvocati si sono detti delusi dalla decisione, e promettono appello contro la decisione. Prossima udienza il 20 maggio. In Francia, imbarazzo palpabile nel Partito socialista, che ha confermato le primarie e oggi terrà una direzione straordinaria. Strauss-Kahn era considerato il candidato di punta alle prossime presidenziali, in grado di batter eSarkozy: ora occorrerà trovare un'alternativa, allontanando il ricordo di DSK. Non sarà facile. Chi non si vergogna del proprio marito è la moglie Anne Sinclair, che -lontana dalle telecamere- continua a difenderlo. E chi ormai sembra voler già guardare avanti è però l'Europa, con la Commissione che ha negato ogni effetto Strauss-Kahn sui piani di salvataggio in corso. Da Bruxelles, ma anche da Berlino, con la cancelliera tedesca Angela Merkel, è giunta l'indicazione di un europeo come successore a Strauss Kahn, prova di come anche al di qua dell'Atlantico la carriera del direttore dell'Fmi venga considerata conclusa. Ma il rischio -proprio per l'Europa- è quello di farsi trovare impreparata. Anche perché i Paesi emergenti premono per conquistare l'ambita casella.

16/5/2011

Lo scandalo a luci rosse di Dominique Strauss Kahn rischia di avere effetti negativi anche sulle manovre anticrisi in discussione in Europa. Oggi ne parla l'Eurogruppo.

Forse, come ha dichiarato il Ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, "l'arresto del direttore generale dell'Fmi Dominique Strauss-Kahn non ostacolera' gli sforzi del Fondo per arginare la crisi del debito in Europa". Ma di certo lo scandalo ha procurato -e procurerà- parecchi mal di testa nel Vecchio Continente: questo, per due buoni motivi. Il primo è evidente: Strauss -Kahn doveva incontrare ieri la cancelliera tedesca Angela Merkel e partecipare oggi all'Eurogruppo, dove è in discussione la strategia per un nuovo -possibile- salvataggio greco, con Atene a rischio default. Al suo posto ci andrà il vice direttore generale Nemat Shafik. Ma non sarà la stessa cosa. E qui arriviamo al secondo motivo di preoccupazione: al di là delle vicende private, il ruolo di Strauss Kahn nella grande crisi è stato universalmente riconosciuto: non solo ha ridato peso -ampliandone le capacità di finanziamento- all'Fmi, ma ha curato con attenzione le difficoltà finanziarie nell'Eurozona, facendo sì che il Fondo partecipasse a un terzo dei prestiti finora elargiti o pianificati per Atene, Dublino e Lisbona - per un totale di circa 80 miliardi. La sua presenza ha rappresentato una garanzia, a Bruxelles e nelle capitali europee. Tanto che ieri le uniche reazioni nelle istituzioni comunitarie sono state di choc. Oltre a parlare di Grecia, i Ministri dell'Eurozona proporranno oggi ufficialmente la rosa di successori a Jean Claude Trichet, presidente della Bce: favorito l'italiano Mario Draghi.

11/5/2011

L'agenzia Moody's ha posto sotto osservazione, in vista di un possibile downgrade, il rating di otto banche greche. Intanto la Commissione Europea frena su un possibile nuovo piano di aiuti alla Grecia.

Troppo presto per definire l'entità del nuovo intervento sulla Grecia. Così il Commissario Europeo all'Economia Olli Rehn, parlando all'Europarlamento, ha smentito le indiscrezioni di stampa circolate ieri, su un nuovo pacchetto internazionale di salvataggio per Atene pari a 60 miliardi di euro, spalmato sul prossimo biennio. Rehn, che ha rassicurato sull'euro -"è una moneta stabile, non c'è crisi", ha comunque lasciato la porta aperta a nuove decisioni sulla Grecia nelle prossime settimane. Per cominciare, se ne parlerà all'Eurogruppo di lunedì. La sola ipotesi di nuovi aiuti ha fatto rifiatare i mercati: Atene è riuscita a piazzare 1,625 miliardi di titoli di Stato con scadenza a 26 settimane, con un rendimento del 4,88%. Ieri è giunta in Grecia la troika Europa-Bce-Fmi, incaricata di verificare l'attuazione del piano di riforme del Governo ellenico, per poter poi procedere allo sblocco della quinta tranche di aiuti prevista: sullo sfondo, lo sciopero generale che oggi paralizzerà il Paese, indetto dai due maggiori sindacati dei lavoratori contro le nuove misure di austerità. Ma -soprattutto- la nuova sferzata delle agenzie di rating: dopo il taglio di Standard & Poor's sul debito, ieri la notizia che Moody's ha messo nel mirino la valutazione di otto banche elleniche. La Commissione Europea ha dato infine via libera al programma di riforme e misure economiche decise dal Portogallo, per il triennio 2011-2014, in vista del varo del pacchetto di aiuti comunitari da 78 miliardi. Atteso un tasso d'interesse tra il 5,5 e il 6%.

10/5/2011

L'agenzia Moody's ha posto sotto osservazione, in vista di un possibile downgrade, il rating di otto banche greche. Intanto la Commissione Europea frena su un possibile nuovo piano di aiuti alla Grecia.

Troppo presto per definire l'entità del nuovo intervento sulla Grecia. Così il Commissario Europeo all'Economia Olli Rehn, parlando all'Europarlamento, ha smentito le indiscrezioni di stampa circolate nelle ultime ore, su un nuovo pacchetto internazionale di salvataggio per Atene pari a 60 miliardi di euro, spalmato sul prossimo biennio. Ipotesi peraltro ventilata giorni fa dal presidente dell'Eurogruppo Juncker: già smentita, però, dal Governo ellenico. Se ne parlerà comunque all'Eurogruppo di lunedì. La sola ipotesi di nuovi aiuti ha fatto rifiatare i mercati: Atene è riuscita a piazzare 1,625 miliardi di titoli di Stato con scadenza a 26 settimane, con un rendimento del 4,88%. Intanto oggi ad Atene è giunta la troika Europa-Bce-Fmi, che dovrà verificare l'attuazione del piano di riforme del Governo ellenico, per poter poi procedere allo sblocco della sesta tranche di aiuti prevista: sullo sfondo, lo sciopero generale che domani paralizzerà la Grecia, indetto dai due maggiori sindacati dei lavoratori contro le nuove misure di austerità. Da Strasburgo Rehn intanto rassicurava sull'euro, "è una moneta stabile, non c'è una crisi dell'euro", mentre a Firenze il rappresentante del board della Bce Bini Smaghi aggiungeva: uscire dall'Eurozona un suicidio". La Commissione Europea ha dato infine via libera al programma di riforme e misure economiche decise dal Portogallo, per il triennio 2011-2014, in vista del varo del pacchetto di aiuti europei al Paese lusitano.

5/5/2011

La Banca Centrale Europea lascia invariati i tassi d'interesse all'1,25%: Trichet lascia supporre nuovi rialzi non prima di luglio. E il Portogallo dà il via libera al piano di aiuti concordato con l'Europa. Intanto vola lo spread tra titoli di Stato lusitani e bund tedeschi.

Nessun rialzo dei tassi a maggio, e -probabilmente- neppure a giugno. l presidente della Bce Jean-Claude Trichet annuncia che l'istituto di Francoforte continuerà a "monitorare molto attentamente'' gli sviluppi dell'inflazione". Avverbi e aggettivi che, secondo gli analisti, non dovrebbero preludere a un ritocco al rialzo dei tassi a giugno. A questo punto l'orizzonte temporale si sposta sulla riunione di luglio. Per Trichet, l'attuale posizione di politica monetaria di Francoforte continua ad essere ''accomodante''. Anche se, ravvisa, permangono ''rischi al rialzo'' per la stabilita' dei prezzi. Le parole del presidente uscente hanno avuto come conseguenza un immediato indebolimento dell'euro. Trichet ha chiesto alle istituzioni comunitarie requisiti più stringenti sulla riforma della governance economica, che portino a maggiori automatismi delle sanzioni per i Paesi che violano il patto di stabilità. Il presidente della Bce ha toccato pure la questione greca -"l'ipotesi di ristrutturazione del debito ellenico non è sul tavolo"- e ha soprattutto parlato del Portogallo, giudicando positivamente il programma di austherity concordato con Lisbona. Intanto il Governo lusitano ha approvato il piano di aiuti negoziato con Europa e Fondo Monetario, pari a 78 miliardi di euro. Anche l'opposizione si è impegnata a sostenerlo, qualora vincesse le prossime elezioni. Ma in una dichiarazione congiunta, Europa ed Fmi hanno chiesto uno sforzo di coesione nazionale, con un piano di riforme reale. Lisbona -si stima- dovrebbe andare incontro a due anni di recessione, con un Pil in contrazione del 2%.

4/5/2011

La Commissione Europea vara oggi le sue proposte sulla nuova politica migratoria, dopo la crisi libica, che ha provocato la fuga da Tripoli di 650mila persone. Ne discuteranno il 12 maggio i Ministri dell'Interno europei. Tra le novità più interessanti, la riforma di Schengen, con il ripristino dei controlli alle frontiere interne.

"In caso di situazioni critiche, potrebbe rendersi necessario introdurre un meccanismo che consenta il ritorno -coordinato e temporaneo- ai controlli in una o più sezioni dei confini interni europei. Il meccanismo si applicherebbe per un periodo di tempo limitato e predeterminato, fino a quando altre misure di emergenza non vengano prese a livello europeo o nazionale": è in questo passaggio che la Commissione Europea traduce in proposta concreta l'apertura sulle revisione delle regole di Schengen, già anticipate per lettera -lo scorso 29 aprile- al premier italiano Silvio Berlusconi e al presidente francese Nicolas Sarkozy. Più in generale, il pacchetto comunitario prova per l'ennesima volta a disegnare un quadro di gestione comune delle frontiere: la novità, stavolta, arriva dagli sconvolgimenti in Nordafrica. Il documento contiene la denuncia dell'inadeguatezza delle risorse a disposizione, suggerisce la creazione di un sistema europeo di polizia di frontiera, ma soprattutto propone un rafforzamento di Frontex, l'agenzia comunitaria per la protezione dei confini. E ipotizza l'utilizzo della Direttiva per la protezione temporanea, già tirata in ballo nella crisi lampedusana. Bruxelles preme pure per una politica europea dei rimpatri. Anche i dati presentati dalla Commissione sono interessanti: gli extracomunitari in Italia costituiscono il 5% della popolazione, in linea con la media europea. L'Italia ha però uno dei più bassi tassi di rimpatrio effettivo dei clandestini: solo uno su dieci lascia il nostro Paese, contro una media comunitaria al 40%.

3/5/2011

E' stata una giornata di alti e basi quella delle Borse mondiali, che hanno perso per strada l'iniziale euforia, seguita alla notizia dell'uccisione di Osama Bin Laden: i rialzi della mattinata in Europa hanno gradualmente lasciato il passo ai timori di una vendetta terroristica, in un clima reso già incerto dalla crisi e dal conflitto in Libia.

Le Borse continentali sono scattate in mattinata, per poi sgonfiarsi col passare delle ore, fino a chiudere vicino alla parità. Anche Wall Street è partita bene, con l'S&P 500 ai massimi dal 2008, poi ha rallentato. Un replay della seduta del 2003, che seguì la cattura di Saddam Hussein: la notizia trainò anche in quel caso New York, che poi chiuse quasi invariata. A frenare gli entusiasmi è stato l'annuncio del direttore della Cia Leon Panetta, che ha profetizzato una quasi certa vendetta di Al Qaeda. E così l'impatto di Bin Laden sulle piazze d'affari si è rivelato di cortissimo respiro. Le piazze mondiali sono tornate alla routine di un'economia che presenta ancora forti incertezze, soprattutto nel settore bancario. Pure le materie prime, come oro e petrolio, che avevano aperto in calo, sono tornate a crescere nel corso della giornata, con il greggio che -nel pomeriggio- ha toccato nuovi massimi. Nè l'Europa è stata particolarmente aiutata dalla diffusione dell'ultimo rapporto della Bce, che ha rivelato come la situazione dei conti pubblici nell'Eurozona sia ''ancora precaria'', e occorra ''un ambizioso sforzo di consolidamento pluriennale nella maggior parte dei Paesi membri''. Anche se, sottolinea Francoforte, gli scenari futuri di stabilità finanziaria appaiono ampiamente favorevoli.

1/5/2011

Cade oggi l'ultima barriera ancora esistente tra la "vecchia" Europa e la "nuova" Europa: i lavoratori di otto Paesi dell'Est, entrati sette anni fa nell'Unione Europea, potranno liberamente circolare ed essere assunti in tutto l'Ovest.

Quando gli anniversari si caricano di simbolismo: oggi Primo Maggio, Festa del Lavoro, crollano le ultime barriere in Europa sulla libera circolazione dei lavoratori dell'Est. Sette anni dopo l'ingresso di otto Paesi -dell'ormai defunto patto di Varsavia- nell'Unione, il clima appare decisamente mutato. Gli allarmi sul famoso idraulico polacco, pronto a sbarcare in Occidente per rubare lavoro e praticare tariffe strepitosamente basse, fanno ormai parte dell'album dei ricordi di una "fortezza Europa" che -negli anni successivi- ha subito profonde trasformazioni, anche sotto i pesanti colpi della crisi. Basti pensare che Germania e Austria, gli ultimi baluardi di questo mercato dell'impiego a doppia velocità tra Est e Ovest, stimano che l'ingresso di lavoratori orientali potrebbe persino favorire le loro economie. E sono pronti ad accoglierli. Soprattutto Berlino, a tutt'oggi locomotiva d'Europa, è affamata di lavoratori specializzati. Da Bruxelles, la Commissione minimizza l'impatto in termini di flussi migratori: entro il 2020, il totale dei residenti degli otto Paesi dell'Est nella vecchia Europa-15 non dovrebbe superare quota quattro milioni, molti meno dei quasi 20 milioni di extracomunitari già oggi residenti. Restano invece in vigore, fino al 2013, le restrizioni per i lavoratori bulgari e rumeni: l'Italia è tra i dieci Paesi che ancora applica per loro un sistema di permessi di lavoro.

30/4/2011

L'antitrust comunitario apre due indagini sul mercato dei credit default swaps.

L'Europa mette i credit default swaps nel mirino. Bruxelles ha aperto due indagini nei confronti delle principali banche d'investimento internazionali, sulla base dell'ipotesi di violazione delle regole della concorrenza. Il primo capo d'imputazione ipotizza la possibile collusione tra 16 banche d'investimento e Markit, società leader nella fornitura di informazioni finanziarie nel mercato dei Cds. Markit -ipotizza Bruxelles- potrebbe aver ricevuto in via esclusiva informazioni sensibili dalle banche coinvolte nell'indagine. Per quanto riguarda il secondo capo d'accusa, l'ipotesi è che la clearing house Ice, specializzata nell'intermediazione sulle transazioni dei futures, possa aver concluso intese con nove banche, garantendo loro tariffe preferenziali, in violazione del principio della concorrenza. Tra le banche d'investimento finite nel mirino della Commissione figurano giganti quali JP Morgan, Bank of America, Merrill Lynch, Barclays, BNP Paribas, Citigroup, Commerzbank, Deutsche Bank, Goldman Sachs, HSBC, Société Générale. I credit default swaps sono strumenti finanziari, utilizzati dagli investitori per difendersi dal rischio default di Stati sovrani e aziende, ma -in casi estremi- possono trasformarsi in veicoli speculativi, usati per scommettere sulla possibilità stessa di questi default. Per il Commissario Europeo alla Concorrenza Joaquin Almunia. "recenti sviluppi hanno dimostrato numerose inefficienze che non possono essere risolte solo con interventi normativi".

27/4/2011

Atene a rischio il default, dopo l'annuncio dei nuovi dati su deficit e debito. In Europa il debito pubblico italiano (119% sul Pil) secondo solo a quello ellenico.

Scivola sempre più verso la ristrutturazione del debito la Grecia, affossata da un passivo che nel 2010 -stime Eurostat- ha toccato quota 142,8% sul Pil. Ma -soprattutto- zavorrata da un deficit che -nello stesso anno- è sceso sì al 10,5%, ma è rimasto oltre un punto sopra le intenzioni del Governo ellenico. La notizia ha fatto immediatamente schizzare i tassi sui titoli di Stato greci, che hanno trascinato al rialzo anche quelli del traballante Portogallo. Pure la linea ufficiale comincia a presentare delle crepe: se da Bruxelles la Commissione Europea ripete che non vi sono dubbi sulla volontà del Governo Papandreou di mettere in atto il piano di risanamento, dalla Germania l'entourage della cancelliera Angela Merkel apre all'ipotesi di default e di una successiva ristrutturazione del debito greco. "Meglio prima che troppo tardi", ha commentato Lars Feld, uno dei consiglieri economici del Governo Cdu-Fdp. Maggio si annuncia sempre più come un mese cruciale per Atene: la prossima settimana è in arrivo la troika Unione Europea-Bce-Fmi, che dovrà valutare se sussistono le condizioni per versare la quinta tranche di aiuti da 12 miliardi di euro. La speranza greca è quella di recuperare 26 miliardi in tagli alla spesa e 50 nelle privatizzazioni. Intanto dagli Stati Uniti il presidente americano Barack Obama lancia l'allarme: stop agli sgravi per le compagnie petrolifere e l'industria del gas. Altrimenti -dice Obama- la crescita potrebbe rallentare, qualora il prezzo del greggio si mantenesse elevato.

26/4/2011

L'Europa preme sulla Siria, affinché ponga fine alla feroce repressione contro i manifestanti che chiedono la democrazia. Oggi Roma, Parigi e Londra hanno chiesto in contemporanea l'intervento della comunità internazionale: l'Italia e la Francia lo hanno fatto nel corso del vertice bilaterale a Roma, chiedendo alle Nazioni Unite l'istituzione di una commissione di inchiesta sulle stragi di civili.

Anche se Nicolas Sarkozy ha già fatto presente come la Francia non interverra' in Siria, ''finche' non ci sara' una risoluzione Onu'', che -ha precisato- ''non e' facile da ottenere. Per il Ministro degli Esteri Franco Frattini, che ha pubblicato un commento sul social network Facebook, ''la violenza e le vittime innocenti in Siria sono intollerabili. Il governo fermi la sua repressione e dia nuovamente speranza al suo popolo''. La Gran Bretagna intanto ha reso noto che sta discutendo sanzioni che abbiano un impatto sul regime. Londra ha pronti pure dei piani di emergenza, nel caso sia necessario evacuare i cittadini britannici residenti. Così il ministro degli esteri William Hague. Daraa appare intanto sempre più l'epicentro delle proteste: un residente ha chiesto un cessate il fuoco attraverso la tv Al Arabyia. "Manca tutto", ha denunciato. E oltre duemila persone si sono radunate oggi a Banias, citta' costiera a nord-ovest di Damasco, per scandire slogan contro il regime. Per l'ong Sawasiah, dall'inizio della rivolta contro il regime di Bashar al Assad, 400 civili sono stati uccisi.

20/4/2011

Il Governo dice stop al programma sul nucleare. La moratoria gia' prevista nel decreto legge omnibus di venta, come apprende Radiocor, una cancellazione dei programmi.

Il giorno dopo il chiaro richiamo dell'Unione Europea all'Italia, affinché Roma garantisca con maggiore decisione gli investimenti sulle energie rinnovabili, il Governo dice stop alla realizzazione delle centrali nucleari. A questo punto risulterà decisivo il periodo successivo all'estate, quando sarà presentato il nuovo piano energetico italiano: l'Europa preme per le fonti alternative, dopo il disastro di Fukushima, e ieri lo stesso Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, parlando all'Europarlamento, ha proposto l'utilizzo di eurobond per finanziare ricerche alternative sulle nuove energie. Nell'immediato però, con un emendamento al decreto legge Omnibus, l'esecutivo ha stabilito lo stop alle quattro centrali previste dal programma di rientro dell'Italia nell'atomo. Sarà a questo punto l'ufficio centrale della Cassazione a decidere se, alla luce dell'emendamento presentato dal governo, il referendum sul nucleare saltera' o se la consultazione si terra' ugualmente. L'opposizione però non si fida, e teme un aggiramento nell'immediato del referendum previsto a giugno, con un ritorno -ritardato- al nucleare. Il segretario del Pd Pierluigi Bersani attacca il Governo. Per il Ministro alla Semplificazione Roberto Calderoli, ''un momento di chiarimento sul nucleare è necessario''.

19/4/2011

Chiusura in calo ieri sera per Wall Street, dopo la revisione dell'outlook per i conti americani da parte di Standard & Poor's. Da "stabile" passa a negativo. Dow Jones -1,14%, Nasdaq -1,06%, S&P 500 -1,10%.

La tempesta perfetta sui mercati finanziari si scatena quando in Europa è primo pomeriggio. La molla la fa scattare l'annuncio dell'agenzia di rating Standard & Poor's, che rivede in negativo l'outlook americano. Una decisione senza precedenti, che si va ad aggiungere ad una situazione europea già precaria, trascinando al ribasso -in primis- proprio i listini continentali. Giù di oltre il 2%. Milano, la peggiore, perderà il 2,79%. Standard & Poor's non taglia -in realtà- la tripla A americana, ma non esclude di farlo in futuro, forse già entro il 2013, preoccupata dal deterioramento dei conti pubblici statunitensi. In particolare, si teme che Democratici e Repubblicani non trovino alla fine l'intesa sulla riduzione del deficit. Dalla Casa Bianca giungono reazioni dure: per il portavoce Jay Carney, le prospettive dell'economia sono migliori rispetto a quelle di Standard & Poor's. Ma l'aria che soffia nel Vecchio Continente non lascia spazio all'ottimismo: ieri è iniziata la missione europea e internazionale in Portogallo, per mettere a punto un piano di salvataggio da concordare prima delle elezioni di giugno. Restano forti intanto i timori sul debito sovrano greco. I rendimenti dei titoli di Stato di Atene sono volati ieri a nuovi record, con il tasso sui bond decennali che ha sfiorato il 14%. Anche l'asta sui titoli spagnoli ha fatto registrare rialzi importanti. In Irlanda, invece, Moody's ha rivisto al ribasso il rating sul debito delle principali banche celtiche, relegandole alla categoria di investimenti speculativi.

18/4/2011

Traffico ferroviario tra Ventimiglia e Mentone bloccato per quasi tutto il pomeriggio di ieri: il braccio di ferro tra Italia e Francia sugli immigrati tunisini fa registrare un nuovo apice. Roma protesta ufficialmente con Parigi.

Quando in serata i treni riprendono a circolare da e per la Francia, al confine di Ventimiglia si tirano le somme di un'altra giornata di passione. E' questo ormai il fronte di una guerra diplomatica mai veramente dichiarata, ma pronta ad esplodere ad ogni occasione. Ieri il pretesto è stata la manifestazione organizzata dai giovani dei centri sociali e dagli attivisti per i diritti umani, che avevano organizzato un "treno della dignità", intenzionati a varcare il confine insieme ad un gruppo di 150 tunisini. Al suo arrivo a Ventimiglia le autorità francesi hanno optato per la misura più drastica: blocco del traffico ferroviario, con i passeggeri diretti in Francia costretti a varcare la frontiera a piedi. Parigi ha inviato agenti antisommossa al confine, mentre gli attivisti, scesi dai vagoni, occupavano i binari e inscenavano una protesta nei pressi del vicino consolato francese. Anche l'Italia ha protestato, a livello diplomatico: dalla Farnesina venivano inviate istruzioni al nostro ambasciatore, affinché chiedesse chiarimenti. La risposta certamente non ha rasserenato il clima: la Francia ha motivato la decisione del blocco con timori per l'ordine pubblico, legati alla manfestazione. Intanto il Ministro dell'Interno Roberto Maroni, intervistato da Sky Tg24, attacca: ''la posizione di Parigi sull'immigrazione e' incomprensibile''. E mentre si fa rovente il clima sull'asse Roma-Parigi, in vista del prossimo vertice italo-francese , arriva un'inaspettata apertura dalla Romania, dove il presidente Traian Basescu annunciato: Bucharest pronta ad accogliere 200 migranti tunisini dall'Italia.

17/4/2011

Giallo diplomatico tra Italia e Francia sui primi tunisini espatriati Oltralpe grazie ai permessi di soggiorno temporaneo: Parigi smentisce ingressi nella giornata di ieri, ma da parte italiana si ribatte: nessun respingimento, almeno in venti già in Francia.

Dura lo spazio di poche ore il giallo dei venti tunisini entrati in Francia con i primi permessi di soggiorno temporaneo, ritirati al Commissariato di Ventimiglia. Fin dal mattino sono state diverse decine i tunisini in fila per ottenere l'ambito permesso arancione, necessario a varcare il confine. Il primo gruppo prende il treno per Mentone alle 13.47. A fine giornata saranno un centinaio i permessi rilasciati, e oggi -si prevede- ne saranno distribuiti un'altra cinquantina: è dunque probabile che altri tunisini -nel frattempo- abbiano varcato o stiano per varcare il confine. Per ora senza respingimenti da parte francese. La maggior parte dei tunisini, racconta Scullino, vuole andare in Belgio. La notizia del passaggio al confine è stata accolta male dalle autorità francesi, che prima hanno smentito un qualsiasi cambiamento nelle politiche di immigrazione, ribadendo la lista delle condizioni necessarie all'ingresso Oltralpe, poi hanno addirittura affermato -dal Ministero dell'Interno a Parigi- che non risultano -nella giornata di ieri- ingressi di tunisini in Francia. Prosegue il confronto a distanza anche sul piano politico: al Ministro dell'Interno Claude Gueant, che dichiara di voler ridurre di 20mila unità il numero di accessi legali annui nel Paese, l'omologo italiano Roberto Maroni risponde, chiedendo a Parigi di collaborare con l'Italia e di non mostrare solo i muscoli.

12/4/2011

L'Italia si scopre isolata in Europa. L'atteso vertice dei Ministri dell'Interno in Lussemburgo si risolve in una Caporetto diplomatica per Roma, finisce con l'avere al proprio fianco solo Malta. Per il resto, è gelo.

Ad aprire le danze il Ministro dell'Interno tedesco Hans-Peter Friedrich, che al suo arrivo detta la linea. Durissima: "non possiamo accettare che molti migranti economici arrivino in Europa, attraverso l'Italia. Ci aspettiamo che Roma faccia i passi necessari". E' qui che si gioca la linea di discrimine tra Italia e Germania: Berlino considera gli immigrati non come profughi, ma "migranti economici". Né vede un fenomeno di immigrazione di massa. Anzi, invita Roma ad accelerare con i rimpatri. Vicina alle posizioni tedesche la Francia, che annuncia l'invio al confine di unità antisommossa, per respingere in Italia i migranti sprovvisti di adeguati mezzi di sostentamento. E pure l'Austria sta pensando di sigillare le frontiere. L'Italia paga a caro prezzo la mossa unilaterale con cui ha rilasciato permessi provvisori, evidentemente mai concordata con i partner. Inevitabile la sconfitta: la proposta di Roma di attivare la direttiva europea per la protezione temporanea dei rifugiati si frantuma contro un muro di "no". L'unica ancora di salvezza per l'Italia arriva nella telefonata serale tra il presidente della Commissione José Barroso e il premier Silvio Berlusconi: Barroso promette un approccio europeo all'emergenza, ma -soprattutto- assicura l'appoggio alla linea italiana nella visita che compirà a Tunisi.

11/4/2011

Ormai è scontro aperto tra Italia e Unione Europea sulla questione immigrazione. "L'Italia sta violando lo spirito delle regole di Schengen'', aveva dichiarato il ministro dell'Interno tedesco, Hanz-Peter Friedrich, replicando a Maroni.

''La solidarieta' in Europa deve essere condivisa solo quando un Paese e' realmente colpito da un problema di immigrazione di massa. E questo non e' il caso dell'Italia'', ha puntualizzato Friedrich, ribadendo: "noi ci aspettiamo che l'Italia rispedisca gli immigrati in Tunisia''. Per Roma quella odierna è stata una vera e propria catastrofe diplomatica, con l'Italia praticamente isolata nelle sue posizioni, insieme a Malta. Durissimo lo scontro con la Germania, ma resta alta la tensione anche con la Francia. Il Ministro dell'interno Claude Gueant ha annunciato che Parigi schierera' ''una compagnia della guardia repubblicana a rinforzo della polizia'', per controllare ''il rispetto delle regole della convenzione di Schengen''. I gendarmi, ''rinvieranno in Italia'' i migranti dotati di permesso di soggiorno ma senza mezzi sufficienti per vivere. L'Italia sembra dunque pagare la linea dei permessi di soggiorno temporanei, concessi per facilitare la circolazione degli immigrati nello spazio Schengen: un vero e proprio boomerang. Gelida anche la Commissaria all'Immigrazione Cecilia Malmstroem, che ha ribadito il suo no all'attivazione della direttiva per la protezione temporanea, in quanto prematura. "La Commissione non ha titoli per dare consigli all'Italia''. Lontane dall'Italia anche Austria e Spagna.

8/4/2011

La solidarietà europea sull'immigrazione va in frantumi non appena l'Italia forza una mossa che fa cadere il velo d'ipocrisia nei rapporti con Parigi.

"Solidarietà all'Italia, ma i confini restano chiusi", aveva detto sabato il premier transalpino Francois Fillon, intervistato dal Corriere della Sera. Promessa mantenuta. Non appena l'Italia ha azionato l'arma nucleare dei permessi di soggiorno temporanei, aprendo teoricamente le frontiere d'Europa ai nordafricani che nessuno vuole, Parigi ha annunciato il giro di vite sugli arrivi, ponendo condizioni ferree per l'ingresso sul suolo transalpino. Titolo di viaggio valido, documento di soggiorno valido, risorse economiche sufficienti, e via dicendo. Rincara la dose il ministro dell'Interno, Claude Gueant: Parigi non vuole "subire un'ondata d'immigrazione" tunisina dall'Italia, afferma. Ad aggiungere confusione al caos, pure la Commissione Europea, secondo cui gli Stati membri hanno il diritto di rilasciare permessi temporanei agi immigrati, ''ma dare un permesso non implica un diritto automatico di viaggiare''. E quindi? Bruxelles aveva paventato -senza troppa convinzione- l'ipotesi di applicare una protezione temporanea agli immigrati, sulla base di una direttiva di dieci anni fa. Ma le speranze di approvarla sono scarse, sebbene l'Italia ora intenda sollecitarla. Manca l'unità. "Al momento è un si salvi chi può, l'atmosfera è pessima", si mormora nei corridoi delle istituzioni comunitarie. Colpa di un'Europa a la carte, verrebbe da concludere: un'Europa che -perso per strada lo spirito dell'integrazione e allargatasi troppo in fretta- è stata usata dai Paesi membri per pretendere diritti in caso di necessità, per poi essere accusata di esigere doveri indigesti. Da tutti, anche dall'Italia. Che ora paga pegno.

8/4/2011

Portogallo e rialzo dei tassi della Banca Centrale Europea al centro dell'attualità economica europea.

Su di un quarto di punto. Come ampiamente previsto, la Bce ha incrementato i tassi nell'Eurozona, portandoli all'1,25%, dall'1% che ha rappresentato -per mesi- il minimo storico. Una stretta monetaria assente da ormai tre anni: la decisione riflette le ''attuali condizioni molto accomodanti'' della politica monetaria", ha spiegato il presidente Jean-Claude Trichet, per il quale occorrerà ''monitorare molto attentamente'' gli sviluppi della situazione economica, a partire dall'inflazione. Trichet ha aggiunto che Francoforte ha incoraggiato il Portogallo a chiedere aiuto esterno: proprio Lisbona sarà sotto i riflettori della due giorni di vertice informale dei Ministri dell'Economia europei, che entra nel vivo oggi a Budapest. Nulla di ufficiale è ancora stato deciso sul piano di salvataggio, ma si parla di una cifra di almeno 80 miliardi di euro, e di negoziati da chiudere in due settimane. Il Paese -con un Governo dimissionario- è diviso sulla capitolazione all'Europa. Anche perché non sarà indolore: "Il Portogallo deve fare uno sforzo per assicurarsi l'aiuto comunitario", ha detto il ministro dell'Economia francese, Christine Lagarde, spiegando che saranno poste condizioni. Qualche schiarita invece sul fronte dell'Italia, con gli analisti di Moody's che prevedono: Roma ''puo' tornare a generare un surplus primario nei prossimi tre o quattro anni".

7/4/2011

Portogallo e rialzo dei tassi della Banca Centrale Europea animano oggi il quadro economico europeo. La Bce ha incrementato -come atteso- i tassi di un quarto di punto, portandoli all'1,25%, dall'1% che ha rappresentato -per mesi- il minimo storico.

Una stretta monetaria assente da ormai tre anni: la decisione riflette le ''attuali condizioni molto accomodanti'' della politica monetaria", ha commentato il presidente Jean-Claude Trichet, per il quale occorrerà ''monitorare molto attentamente'' tutti gli sviluppi della situazione economica, a partire dall'inflazione. Trichet ha aggiunto che Francoforte ha incoraggiato il Portogallo a chiedere aiuto esterno: proprio Lisbona è sotto i riflettori della due giorni di vertice informale dei Ministri dell'Economia europei, in corso a Budapest. Il Governo portoghese intende presentare già oggi la richiesta di assistenza finanziaria alla Commissione Europea. Un ''passo ragionevole e necessario'', lo ha definito il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, secondo cui serviranno due o tre settimane per esaminare la richiesta. "Il Portogallo deve fare uno sforzo per assicurarsi l'aiuto dell'Unione Europea", ha aggiunto il ministro dell'Economia francese, Christine Lagarde, spiegando che saranno poste condizioni. Qualche schiarita invece sul fronte dell'Italia, con gli analisti di Moody's che prevedono: Roma ''puo' tornare a generare un surplus primario nei prossimi tre o quattro anni".

5/4/2011

Accelera la ripresa economica nell'area G7, secondo l'Ocse, che la stima a +3,2% nel primo trimestre 2011. L'Italia resta ultima nella crescita. Nuovi problemi intanto dal Portogallo.

Italia fanalino di coda tra i Paesi G7: nel primo trimestre 2011 il Pil tricolore è rimasto inchiodato a un anemico +1,1%, oltre due punti sotto la media delle nazioni industrializzate. Lo rileva l'Interim Assesment dell'Ocse, che prevede -per il secondo trimestre- un rialzo di altri due decimali per il Belpaese. In base alle previsioni, da cui è stato escluso il Giappone per l'impossibilità di stimare l'impatto della catastrofe, è il Canada a far segnare la crescita maggiore, ma vanno bene anche Stati Uniti, Germania, Francia e Regno Unito, tutti assestati oltre il 3%. A livello generale resta aperto -per l'Ocse- il nodo disoccupazione, superiore di due punti rispetto al periodo pre-crisi. La politica monetaria dovrà tenere conto dei rischi di una ripresa delle dinamiche inflazionistiche. Infine sarà necessario consolidare le finanze pubbliche. Intanto è nuovamente allarme Portogallo con il nuovo taglio del rating di Lisbona, a Baa1 da parte di Moody's. Le maggiori banche lusitane sarebbero restie a sottoscrivere i titoli di Stato, i cui rendimenti stanno volando ai massimi. Bruxelles rifuta intanto l'ipotesi di un prestito ponte fino alle elezioni di giugno, in attesa di un piano di salvataggio europeo in estate.

1/4/2011

E' stata la giornata della protesta, quella di ieri a Lampedusa: solo in serata si è conclusa la manifestazione spontanea degli immigrati, che per tutto il pomeriggio hanno sfilato nel centro dell'isola, chiedendo di essere trasferiti.

In centinaia hanno fatto poi capannello sulla banchina del porto vecchio, fino a quando la tensione non si è stemperata. A causare le proteste sia le condizioni precarie di vita, sia -soprattutto- la paura di un rimpatrio in Tunisia, Paese dal quale molti di loro sono fuggiti. Proprio a Tunisi volerà lunedì il premier Silvio Berlusconi, accompagnato dal Ministro Roberto Maroni, per ottenere garanzie sullo stop alle partenze e sull'inizio dei rimpatri, ma soprattutto per riallacciare una cooperazione interrotta dal cambio di regime. Intanto resta aperto un altro fronte diplomatico: quello con la Francia, dopo le accuse di poca solidarietà, lanciate dal Ministro degli Esteri Frattini a Parigi. Il Quai d'Orsay ha fatto presente come la Francia stia operando all'interno degli accordi internazionali, che consentono di respingere alle frontiere i clandestini che approdano Oltralpe. A Bruxelles intanto si cerca di trovare una soluzione europea all'emergenza: Michele Cercone, portavoce della Commissione, ha affermato che l'esecutivo comunitario sta lavorando per attivare la solidarietà e redistribuire i rifugiati in arrivo dal Nord Africa. Nel prossimo Consiglio Giustizia e Affari Interni dell'11 aprile i ministri europei ''lavoreranno su due scenari di riallocazione''. Sempre la Commissione starebbe lavorando all'attivazione della direttiva sulla protezione temporanea dei rifugiati, come chiesto dall'Italia.

31/3/2011

Botta e risposta Francia-Italia sulla crisi immigrazione, dopo l'attacco di ieri del Ministro degli Esteri Franco Frattini, che in un'intervista aveva definito lo stop degli immigrati a Ventimiglia come "uno degli aspetti gravi di mancanza di solidarieta' da parte francese e di mancanza totale dell'Europa".

"Noi applichiamo il diritto come definito dai trattati internazionali, tra cui gli accordi di Schengen". Così il portavoce del Ministero degli Esteri francese Bernard Valero. Il portavoce ha sottolineato che ''non spetta naturalmente a Parigi commentare i dibattiti di politica interna", e che la Francia ''non ignora le sfide migratorie, ne' la situazione alla quale l'Italia e altri sono confrontati". Poche ore fa, il portavoce della Commissaria Europea agli Affari Interni, ha annunciato che Bruxelles sta lavorando per attivare la solidarieta' e redistribuire i rifugiati che arrivano dal Nord Africa. Nel prossimo Consiglio Giustizia e Affari Interni dell'11 aprile i ministri dell'Unione ''lavoreranno su due scenari di riallocazione''. La ''vasta maggioranza delle persone che arrivano a Lampedusa'' e' tunisina ed e' composta ''potenzialmente da migranti economici'', solo uno su cinque chiede asilo. Intanto un centinaio di migranti ha organizzato una protesta nel centro di Lampedusa. Gli extracomunitari sono sfilati in corteo, gridando ''Sicilia, Sicilia'', e chiedendo di essere subito trasferiti da Lampedusa. Un gruppo, dopo il corteo, ha inscenato un'altra protesta sulla banchina del porto vecchio a Lampedusa.

30/3/2011

Avanti sull'implementazione della risoluzione Onu per la Libia: così i circa 40 Paesi riunitisi ieri a Londra hanno concluso la Conferenza sulla Libia, disertata dall'Unione Africana. Da domani la Nato prenderà il comando delle operazioni su Tripoli.

La comunità internazionale prova a disegnare il futuro di una Libia ancora in guerra, cementando le basi di una coalizione nata con troppe crepe e divisioni. Come ha riassunto il Ministro degli Esteri britannico William Hague, i partecipanti alla conferenza hanno riaffermato l'importanza di un'implementazione rapida delle risoluzioni Onu. Hague ha pure sottolineato l'accordo per nuove sanzioni contro il regime di Gheddafi. Al di là di tutto, l'unica vera decisione concreta -almeno ufficialmente- appare però l'istituzione del cosiddetto Libya Contact Group, che conta una ventina di Paesi, e che dovrà guidare le decisioni politiche della comunità internazionale nei confronti di Tripoli: al più presto si terrà la prima riunione in Qatar. La più esplicita, aprendo i lavori del vertice, è stata il segretario di Stato americano Hillary Clinton: l'azione militare della coalizione continuerà fino a quando Muhammar Gheddafi si adeguerà alle risoluzioni Onu, ha detto senza mezzi termini. Successivamente ha precisato che a Londra non si è parlato dell'invio di armi ai ribelli libici. Soddisfazione per l'esito dell'incontro è stata espressa dal titolare della Farnesina Franco Frattini, secondo il quale tutti i partecipanti al summit di Londra si sono detti d'accordo in una soluzione che preveda l'uscita di scena di Gheddafi. Da domani la Nato prenderà il comando delle operazioni libiche: per il comandante supremo delle Forze armate dell'Alleanza Atlantica, l'ammiraglio James Stavridis, i costi del conflitto ammonteranno a centinaia di milioni di dollari.

29/3/2011

Sul fronte diplomatico, si riunisce oggi a Londra il "Gruppo di Contatto sulla Libia", che vedrà riuniti i Ministri degli Esteri di 35 Paesi, insieme a rappresentanti di Nato, Lega Araba e Unione Africana. Ieri prime mosse dei leader mondiali.

E' una giornata potenzialmente decisiva quella che si apre oggi, per il futuro della Libia: la comunità internazionale prova a disegnare l'avvenire del martoriato Paese nordafricano, mentre i ribelli anti-Gheddafi proseguono la loro avanzata via terra. Ad animare la vigilia ha contribuito l'attivismo dell'asse franco-britannico: facendo seguito all'annuncio di venerdì, il premier David Cameron e il presidente Nicolas Sarkozy hanno presentato fronte comune in vista del summit odierno, ponendosi idealmente alla guida della coalizione. In una nota congiunta, hanno affermato che Gheddafi se ne deve andare ''immediatamente'', e che la transizione in Libia deve essere affidata al Comitato Nazionale dei ribelli. I due hanno lanciato un appello esplicito ai lealisti, affinché abbandonino Gheddafi. La seconda mossa, a sorpresa, è stata invece la videoconferenza a quattro tra i leader francese e inglese, insieme al presidente americano Barack Obama e alla cancelliera tedesca Angela Merkel, finora la più riluttante a seguire gli alleati nel conflitto. Una conferenza dalla quale l'Italia è stata esclusa, al punto che il Ministro degli Esteri Franco Frattini è dovuto intervenire, affermando: "in quella sede non si decide niente". In mattinata proprio Frattini aveva fatto retromarcia anche sul cosiddetto piano italo-tedesco da lui auspicato domenica, di cui non resta traccia visibile. Nella nottata italiana Obama si è rivolto agli americani, promettendo un impegno limitato in Libia. Un impegno necessario ad evitare un evitare una strage.

26/3/2011

Le crepe europee sulla crisi libica, evidenziate e amplificate in sede Nato, trovano un piccolo e minimo comune denominatore nelle conclusioni del Consiglio Europeo.

Le polemiche incrociate -soprattutto italo-francesi- restano confinate alle dichiarazioni a margine, mentre davanti ai giornalisti il presidente comunitario Herman Van Rompuy mostra l’unità continentale sulle sanzioni. L’Europa, riassume, è pronta a nuove sanzioni, per colpire in particolare i proventi del commercio di petrolio e gas, destinati alle tasche del regime. Ribadita la solidarietà europea agli Stati membri, in primis l’Italia, più esposti alle ondate migratorie. In prospettiva, sarà rafforzata l’agenzia europea Frontex. L’altro tema in agenda è stato il nucleare, sull’onda della crisi giapponese: i 27 leader hanno dato il via libera agli stress tests sulle centrali atomiche. Come ha spiegato il presidente della Commissione Europea José Barroso, “l’Unione chiederà anche che stress tests simili vengano svolti nei Paesi vicini e a livello mondiale, sia su siti esistenti, che su quelli in costruzione”. Ora la palla passa proprio alla Commissione, che dovrà organizzare i test. Infine l’economia: sul fronte economico poche novità, dopo gli accordi di giovedì sul maxi-pacchetto di riforma: chiuso e varato il meccanismo permanente salva-Stati, riformato il patto di Stabilità, ora l’attenzione si sposta tutta sul Portogallo: la prossima settimana sarà forse decisiva per capire se anche Lisbona chiederà aiuto all’attuale fondo Salva-Stati. Ieri il premier dimissionario José Socrates ha negato questa eventualità. Ma i precedenti di Grecia e Irlanda insegnano che queste dichiarazioni lasciano il tempo che trovano.

25/3/2011

I leader europei hanno mostrato ''unita' e determinazione'' per contribuire all'applicazione della risoluzione 1973 dell'Onu sulla Libia. Cosi' il presidente europeo Van Rompuy al termine di un vertice europeo che ha potuto solo recitare la parte di spalla a decisioni -di tipo militare- che venivano negoziate a pochi chilometri di distanza, nella sede della Nato.

L’Europa ha potuto aggiungere solamente la propria determinazione a indurire le sanzioni contro il regime di Muhammar Gheddafi. Scartata per ora l’ipotesi estrema, di fonte tedesca, di un embargo totale del petrolio, Bruxelles intende premere in sede Onu per un giro di vite totale sui proventi del greggio destinati al regime. Altro tema all’ordine del giorno la questione nucleare, col via libera agli stress tests sulle centrali. Una misura di fatto già decisa dopo il disastro giapponese, che però ha ottenuto l’imprimatur definitivo. L’Europa chiederà ai Paese vicini di effettuare analoghi tests, anche se non è chiaro in primis se queste prove saranno realizzate in tutte le centrali europee, mancando al momento un’obbligatorietà. Sul fronte economico poche novità, dopo gli accordi notturni sul maxi-pacchetto di riforma: da segnalare la dichiarazione del premier portoghese dimissionario José Socrates, che ha negato che Lisbona intenda chiede fondi europei di salvataggio. Ma in questo caso sarà il tempo a confermare o meno le sue dichiarazioni.

25/3/2011

E’ a Bruxelles che si decide il destino immediato della missione internazionale in Libia. La chiave di volta arriva in serata, dopo giorni di negoziati serrati: gli ambasciatori Nato danno luce verde al passaggio della missione sotto l’ombrello dell’Alleanza Atlantica. Ormai è questione di giorni: lunedì o martedì.

Non tutti i dettagli sembrano definiti, anzi: secondo quanto riferito dal segretario generale Anders Fogh Rasmussen, la Nato avrà mandato di implementare la no-fly zone per proteggere i civili. E potrà anche agire per autodifesa. Ma le operazioni a terra resteranno nelle mani dell’attuale coalizione. Per il presidente francese Sarkozy, il coordinamento della missione ''deve restare prevalentemente politico' A pochi chilometri di distanza, la crisi libica è stata affrontata dai 27 leader europei, che non hanno deciso un embargo totale sul petrolio, come chiesto dalla Germania, ma si sono detti pronti ad adottare ulteriori sanzioni. Sul fronte economico, l’Unione ha raggiunto ''un accordo unanime'' sul meccanismo permanente salvatati, che renderà disponibili -dal 2013- 500 miliardi di euro, all’interno di un maxi-pacchetto di riforma economica. A complicare le cose ci si è messa la crisi politica portoghese, che potrebbe portare Lisbona a chiedere un maxiprestito da oltre 70 miliardi di euro all’Europa. Alla domanda di Radio 24, se del salvataggio portoghese si fosse discusso al vertice, il presidente europeo Van Rompuy ha negato, mentre il presidente della Commissione Barroso ha precisato che Lisbona ha assicurato il rispetto degli impegni presi con l’Europa, qualsiasi Governo dovesse arrivare.

24/3/2011

Libia tra i temi in primo piano questa sera al Consiglio Europeo, anche se a Bruxelles in realtà i fronti diplomatici sono due.

Il primo è tutto interno alla Nato, con gli ambasciatori dei Paesi dell’Alleanza Atlantica impegnati a cercare un compromesso sulle operazioni per fare rispettare la no fly zone sulla Libia. Secondo il possibile compromesso, i paesi che intendono continuare i raid aerei dovrebbero far rispettare una no fly-zone allargata, chiamata 'no fly-zone plus', che includerebbe pure la possibilita' di attaccare le forze di terra di Gheddafi. Mentre i Paesi che si oppongono agli attacchi aerei dovrebbero fare rispettare la semplice 'no-fly zone', con azioni di sorveglianza aerea. Il ministro degli esteri francese Alain Juppe' ha dichiarato che la coalizione internazionale, che per ora resta sotto il comando di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, ''continuera' i raid aerei'' su bersagli militari in Libia. Il secondo fronte si gioca invece qui al Consiglio Europeo, in corso tra i 27 capi di Stato e di Governo, che ne discuteranno a cena. La cancelliera tedesca Angela Merkel, ha proposto un embargo totale sul petrolio e sugli affari libici, insieme a un giro di vite sugli affari del regime di Gheddafi. In questi minuti però i leader europei stanno discutendo di economia: il summit dovrebbe dare l’imprimatur a uno dei pacchetti di riforma economica più importanti degli ultimi anni, con la riforma del patto di stabilità e il varo del nuovo fondo permanente di salvataggio da 700 miliardi. A rovinare la festa ci ha pensato il Portogallo, da ieri senza Governo dopo la bocciatura parlamentare del piano di austerità: Lisbona è a un passo dal chiedere aiuto all’Europa. Un aiuto che il presidente dell’Eurogruppo Juncker valuta in 75 miliardi. Infine l’Italia porterà l’emergenza immigrazione –conseguenza delle crisi nordafricane- al tavolonegoziale.

22/3/2011

Il "no" della Turchia, l'astensione della Germania e il freno implicito della Francia pesano sull'ingresso dell'Alleanza Atlantica nelle operazioni, irritando l'asse angloamericano. Nell'incertezza, si è sganciata dall'offensiva la Norvegia, finche' non sara' chiarita la questione del comando. Oggi riprenderanno i negoziati in sede Nato, per sbloccare l'empasse. Ieri il presidente americano Barack Obama, parlando a Santiago del Cile, ha usato parole chiare: gli Stati Uniti passeranno il coordinamento delle operazioni sulla Libia alla Nato tra qualche giorno, quando sarà completata la prima fase. Giorni, non settimane, ha precisato Obama, che preferirebbe una leadership anglo-francese, con un progressivo defilamento americano. L'orientamento appare quello di trovare un accordo in tempi rapidi, per evitare un'erosione di credibilità della missione: esplicito al riguardo è stato il premier britannico David Cameron. "L'intenzione della coalizione e' che il comando dell'operazione passi alla Nato". Nicchia invece la Francia, che vorrebbe un ruolo di puro supporto da parte della Nato, senza alcuna cessione della catena di comando all'Alleanza Atlantica. E l'operazione libica ha aperto uno scontro persino interno all'establishment russo, con il premier Putin che definisce una "crociata" l'offensiva, subito rintuzzato dal presidente Medvedev che ha definito "inaccettabili" le parole di Putin.

16/3/2011

Il blitz offensivo del weekend contro la Libia apre le prime crepe nella diplomazia internazionale: al cuore del problema il ruolo della Nato.

Il Giappone ha chiesto aiuto all'Unione Europea, per fronteggiare le conseguenze del sisma. Lo ha reso noto il presidente della Commissione José Barroso: Bruxelles attiverà a breve il centro di coordinamento della protezione civile comunitaria. Intanto lancia l'allarme il Commissario all'Energia Guenther Ottinger.

''In Giappone si parla di apocalisse, e credo che la parola sia particolarmente ben scelta''. Non lesina toni drammatici il Commissario Europeo Guenther Oettinger, quando riferisce all'Europarlamento sulla crisi nucleare nipponica. Per Oettinger, che ha insistito sul passaggio alle rinnovabili, ''in Giappone praticamente tutto e' fuori controllo. Non si esclude il peggio". Ieri pomeriggio i 27 Paesi dell'Unione hanno stabilito di effettuare stress tests sulle centrali nucleari comunitarie, su base volontaria. I test serviranno a verificare la loro resistenza di fronte di eventi straordinari, pure quelli terroristici. Prevista la loro effettuazione anche nelle centrali situate nei Paesi 'vicini all'Europa'. Non si ferma intanto il dibattito sul nucleare nel Vecchio Continente: la cancelliera tedesca Angela Merkel ha annunciato lo stop provvisorio di sette vecchi reattori, il giorno dopo aver reso nota la decisione di sospendere la proroga delle attività delle centrali. Da Berlino a Parigi: la Francia ''non uscira' dal nucleare per i prossimi decenni'', ha ribadito il ministro degli Esteri Alain Juppe'. Il Governo transalpino ha deciso di controllare ''tutte le centrali'' nucleari del Paese, ''una a una'', ha dichiarato il ministro dell'Ambiente, Kosciusko-Morizet. E in Russia il premier Vladimir Putin ha ordinato la revisione del settore nucleare, per valutarne le prospettive di sviluppo. Putin ha invitato ad accelerare i progetti per l'estrazione di idrocarburi.

15/3/2011

Un ''grande passo in avanti, per una riforma storica della governance economica'': cosi' il commissario europeo Olli Rehn ha commentato -soddifstto- l'intesa raggiunta all'Ecofin sul pacchetto di provvedimenti destinati a rafforzare il Patto di stabilita'.

''Abbastanza soddisfatto'', si è detto invece Rehn sul compromesso relativo alla semi-automaticità delle sanzioni per i trasgressori del patto. I 27 hanno dato luce verde al pacchetto di cinque regolamenti e una direttiva, che comprendono una stretta sul debito, che imporrà vincoli di spesa e un ritmo di discesa del debito in eccesso. A ciò si affiancheranno sanzioni -di carattere semi-automatico per i Paesi che violano le regole relative al deficit: si tradurranno in depositi non fruttiferi, pari allo 0,2% del Pil. Verrà infine costituito un ''meccanismo di allerta',' per individuare gli squilibri esistenti, che saranno valutati attraverso una serie di indicatori. Resta da definire l'incrmento del fondo salva-Stati, per il quale è stato già convocato un Eurogruppo straordinario il prossimo lunedì. ''Per l'Europa e' stato l'accordo possibile, per l'Italia è un accordo molto buono", ha commentato il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Fumata nera invece sulle nuove regole per i credit default swap e le vendite allo scoperto. L'obiettivo è trovare un'intesa all'Ecofin di maggio. Anche se -per il Commissario Europeo competente, Michel Barnier- il mancato accordo già a questo vertice è stato un errore.

15/3/2011

La Germania primo Paese europeo a fare marcia indietro sul nucleare, sull'onda della crisi in Giappone. E si muove anche l'Europa.

La più risoluta è stata la tedesca Angela Merkel. In un Paese dove il tema del nucleare è da sempre molto sensibile, la cancelliera è stata costretta ad una spettacolare inversione a U, rispetto a una decisione presa solo lo scorso autunno: moratoria di tre mesi sul previsto prolungamento in vita dei 17 impianti nucleari tedeschi, con la chiusura -praticamente certa- di almeno due reattori, nei Laender dell'Hessen e del Baden-Wuerttemberg . Anche la Svizzera ha reso noto di aver sospeso le procedure per nuove centrali, mentre la Francia, per il momento, non sembra decisa ad abbandonare il nucleare. "Abbiamo il settore più sicuro al mondo", avrebbe detto Nicolas Sarkozy in una riunione politica. A livello europeo, intanto, Bruxelles tenta un difficile coordinamento tra i 27, spaventati e preoccupati dalla gravità degli avvenimenti. Il presidente della Commissione José Barroso ha anticipato che l'Europa sta valutando la possibilità di inviare una missione a Tokio. Il Commissario all'Ambiente Janez Potocnick ha affermato che l'Unione è pronta a prendere misure di emergenza e di sicurezza. Oggi è prevista a Bruxelles una riunione straordinaria degli operatori e degli esperti europei di energia nucleare. Al vertice, il Commissario all'Energia Guenther Oettinger ha invitato anche i Ministri competenti. Fonti comunitarie hanno pure ricordato come gli standard di sicurezza nelle centrali nucleari in Europa dipendano dai singoli Stati membri, e -soprattutto- non siano armonizzati. Molto preoccupati dalla situazione si sono detti i rappresentanti di Austria e Grecia.

14/3/2011

La Germania primo Paese europeo a prendere misure di sicurezza in merito alle proprie centrali nucleari. Si muove anche l'Europa.

E' Angela Merkel a fare la prima mossa, di fronte a un'Europa molto preoccupata per il rischio catastrofe nucleare in Giappone. La cancelliera ha annunciato una moratoria di tre mesi sulla decisione del previsto prolungamento in vita dei 17 impianti nucleari tedeschi. Una decisione motivata dalla necessità di approfondire i test di sicurezza, ha spiegato la Merkel, in una conferenza stampa con il suo vice Guido Westervelle. Gli impianti nucleari tedeschi più vecchi chiuderanno invece subito. A livello comunitario, intanto, il presidente della Commissione José Barroso, in visita a Roma, ha anticipato che Bruxelles sta valutando la possibilità di inviare una missione a Tokio. Più operativi altri due Commissari. Al termine del vertice dei Ministri europei dell'ambiente, il titolare del portafoglio, lo sloveno Janez Potocnick, ha affermato che l'Unione è pronta a prendere misure di emergenza e di sicurezza, in seguito all'allarme nucleare. Domani è prevista a Bruxelles una riunione straordinaria degli operatori e degli esperti europei di energia nucleare. Al vertice, il Commissario all'Energia Guenther Oettinger ha invitato anche i Ministri competenti. Fonti comunitarie hanno intanto ricordato come gli standard di sicurezza nelle centrali nucleari in Europa dipendono dai singoli Stati membri, e non sono armonizzati tra loro. Il Ministro dell'ambiente austriaco ha intanto proposto stress tests mirati, per verificare la resistenza delle centrali nucleari europee in caso di terremoti. E, dall'altra parte dell'Atlantico, il presidente americano Barack Obama ha ribadito che gli Stati Uniti ''faranno tutto cio' che possono'' per aiutare il Giappone.

11/3/2011

Sul fronte diplomatico il presidente francese Nicolas Sarkozy ha scompigliato i negoziati, con una inaspettata "fuga in avanti". E mentre Washington valuta come interlocutore il Consiglio Nazionale Libico, oggi la crisi di Tripoli sarà uno dei temi del vertice straordinario dei 27 leader europei.

Spariglia le carte la Francia, nella complessa partita diplomatica che si gioca in questi giorni sulla Libia. E' stata Parigi, più che Bruxelles, dove ieri si sono riuniti i Ministri degli Esteri europei, il vero epicentro delle trattative: il presidente Nicolas Sarkozy prima ha ricevuto gli inviati del Consiglio Nazionale di Transizione libico, poi ha rotto gli indugi e ha riconosciuto il Governo provvisorio degli insorti, scaricando ufficialmente Gheddafi. Nel suo attivismo, Sarkozy ha superato persino l'Europarlamento, che aveva chiesto il riconoscimento degli oppositori e l'imposizione di una no-fly zone. Parigi sembra infatti decisa ad andare oltre, proponendo ai partner europei bombardamenti mirati dei gangli vitali delle forze armate di Gheddafi. A costo -affermano alcune fonti- di farli da solo. A Bruxelles il Ministro degli Esteri Alain Juppé abbassava i toni, e parlava di dialogo con i ribelli e di un Gheddafi screditato. Intorno a Juppé, i suoi omologhi europei leggevano stupiti le dichiarazioni di Sarkozy. Il presidente francese in serata rilanciava, e con l'appoggio del britannico David Cameron, scriveva una lettera al presidente europeo Van Rompuy, chiedendo l'uscita di scena del rais e sostenendo la formazione di un Governo di transizione. A frenare l'attivismo di Sarkozy c'è soprattutto la Germania, ma anche l'Italia, che -con Frattini- esclude una partecipazione a bombardamenti anti-Gheddafi. Frattini aggiunge. E dal vertice Nato, il segretario Rasmussen precisa: "qualsiasi azione di tipo militare necessitera' di ''un chiaro mandato del Consiglio di Sicurezza Onu''. Ma al Palazzo di Vetro le posizioni restano divise.

10/3/2011

Monta la pressione internazionale sulla Libia, mentre l'Europa fatica a trovare unità sui passi concreti da intraprendere contro Tripoli.

Oggi una riunione dei Ministri degli Esteri comunitari a Bruxelles ha ribadito la converdenza di vedute sulla necessità di un'uscita di scena di Muhammar Gheddafi, ma lo scatto in avanti della Francia ha irritato diversi partner, tra cui l'Italia. Il Ministro degli Esteri transalpino Alain Juppé ha chiesto all'Europa di dialogare coi ribelli libici. Ma a sparigliare le carte sul tavolo aveva soprattutto provveduto il presidente Nicolas Sarkozy, che a Parigi ha riconosciuto il Consiglio nazionale di transizione, dopo un incontro con gli inviati Mahmoud Jibril e Ali Essaou. La Francia avrebbe intenzione di proporre all'Europa bombardamenti mirati contro le forze militari di Gheddafi, per mutilare la sua capacità d'attacco. L'ipotesi non piace all'italiano Frattini, che esclude una partecipazione dell'Italia a questi bombardamenti. Intanto il presidente europeo Van Rompuy minaccia: "i responsabili delle violenze in Libia andranno incontro a gravi conseguenze. L'Europa non può rimanere ferma, quando si tratta della sicurezza di una popolazione''. E dal vertice Nato, il segretario Rasmussen annuncia: l'Alleanza Atlantica aumentera' ''gli asset marittimi'' nel Mediterraneo, per dare assistenza a operazioni umanitarie e ''monitorare l'embargo". "Qualsiasi azione di tipo militare" ha aggiunto, necessitera' di ''un chiaro mandato del Consiglio di Sicurezza Onu'', ha aggiunto.

8/3/2011

Duro colpo da parte della Corte di Giustizia europea al progetto di brevetto comunitario: il tribunale del Lussemburgo ha bocciato la proposta di istituire un Tribunale europei dei brevetti: ''Non e' compatibile con il diritto dell'Unione", affermano gli alti magistrati.

Il parere legale annulla -di fatto- uno dei pilastri del pacchetto sul brevetto unico, sul quale 25 Paesi su 27 -Italia e Spagna escluse- intendono procedere, attraverso un regime trilingue. In termini più espliciti, per l'Italia questo verdetto rappresenta un'ancora di salvataggio, nella battaglia che sta conducendo contro la cooperazione rafforzata. Il parere della Corte pone soprattutto una questione giuridica: se è vero che il progetto, in discussione da oltre un decennio, permetterebbe alle imprese europee di risparmiare svariati miliardi di euro, secondo i giudici del Lussemburgo il nuovo Tribunale dei brevetti, proposto da Bruxelles, diverrebbe un'istituzione che si pone al di fuori della cornice istituzionale e giurisdizionale dell'Unione, con una propria personalità giuridica. La conseguenza sarebbe una perdita di competenze per gli organi giurisdizionali degli Stati membri. La Commissione Europea, che sostiene l'urgenza di un brevetto unico trilingue sulla base della cooperazione rafforzata, non si mostra preoccupata: il parere della Corte ''non dovrebbe avere alcun impatto''. Canta invece vittoria l'Italia, che si riserva di adire alla Corte anche sulla proposta di cooperazione rafforzata. Prossima tappa della controversia giovedì, con il Consiglio Competitività.

6/3/2011

Si apre con una polemica la giornata sul fronte diplomatico, con il Ministro dell'Interno Roberto Maroni che attacca -frontalmente- gli Stati Uniti.

E mentre l'Italia fa registrare un apparente scollamento di linea rispetto a Washington, il resto d'Europa preme per un'uscita di scena di Muhammar Gheddafi: ''continueremo ad esercitare pressioni sul regime libico. Gheddafi se ne deve andare''. Così il premier britannico David Cameron, mentre la Francia rende noto il proprio sostegno nei confronti del Consiglio nazionale dell'opposizione libica, organo di governo degli insorti. Dal canto suo la Germania, con il Ministro degli Esteri Guido Westervelle, ha chiesto nuove sanzioni contro il regime libico e una riunione del Consiglio di Sicurezza dell'Onu. Sullo sfondo resta sempre lui, l'autoproclamato "uomo del destino" Gheddafi, che non rinuncia a minacciare l'Europa sbandierando il tema "immigrazione", un refrain che prosegue ormai da un anno. Prima chiedeva molti soldi, ora invoca la propria sopravvivenza: "migliaia di persone invaderanno l'Europa dalla Libia, senza nessuno che le fermi", ha affermato il colonnello in un'intervista al settimanale francese Le Journal de Dimanche, nel quale ha tracciato scenari apocalittici, in caso di una sua caduta. Intanto -proprio da Bruxelles- l'Alto rappresentante per la Politica estera europea, Catherine Ashton, ha inviato una missione tecnica d'indagine in Libia. A capo l'italiano Agostino Miozzo.

5/3/2011

La cancelliera tedesca Angela Merkel da Helsinki è tornata a insistere sulla necessità di rafforzare la competitività europea. Obiettivo: rendere l'euro una valuta forte.

Qualche ora prima, in un vertice a due con il presidente dell'Eurogruppo Jean Claude Juncker, la Merkel aveva parlato anche del patto di stabilità: la Germania, ha detto, si aspetta un segnale decisivo sulla determinazione dei partner a risolvere la crisid el debito dell'Eurozona. Per questo, ha lasciato intendere, occorre un patto più stringente. D'accordo lo stesso Juncker e anche la Commissione Europea.

4/3/2011

Duro affondo di Barack Obama verso Gheddafi. "Non escludiamo alcuna opzione". Intanto sono scattate le sanzioni europee verso la Libia.

Gheddafi deve andarsene: Barack Obama coglie l'occasione di una conferenza stampa con il presidente messicano Calderon per lanciare l'ultimatum al rais libico. "Ha perso ogni legittimità", ha aggiunto il leader americano, per il quale chiunque si è reso responsabile di violenze contro il popolo libico sarà chiamato a renderne conto. Obama si è spinto oltre, spiegando di avere pronte sul tavolo varie opzioni, tra le quali l'opzione militare e l'instaurazione di una "no fly-zone" sui cieli di Tripoli. "Gli Stati Uniti hanno tutta la capacità di agire in maniera potenzialmente rapida, se la situazione si deteriora", ha avvertito. Una capacità -precisa- totale. Anche perché, ha riconosciuto, la fine cruenta di questa crisi non è da escludere. Deciso, dall'amministrazione americana, pure l'utilizzo dell'aeronautica militare per evacuare i profughi libici. Ieri intanto la comunità internazionale ha compiuto nuovi passi contro il regime: l'Unione Europea ha fatto ufficialmente scattare le sanzioni, che colpiranno i sei principali componenti della famiglia del rais, insieme a venti stretti collaboratori. Sempre Bruxelles ha annunciato l'incremento, fino a 30 milioni di euro, dei fondi per i profughi approdati in Tunisia. Da L'Aja, intanto, il procuratore generale della Corte Penale, Luis Moreno Ocampo, ha aperto un'inchiesta per crimini contro l'umanità, che potrebbe concludersi con un mandato di arresto per Gheddafi, e per tutte le persone ritenute responsabili dei massacri.

28/2/2011

Novità importanti dalla Libia, dove Muhammar Gheddafi ha nominato oggi un negoziatore, per trattare con i ribelli. Si tratta del capo dei servizi segreti per l'estero, Bouzaid Dordah.

Il tutto mentre, con un segnale che appare distensivo, il regime ha deciso di inviare un emissario a Bengasi, il capoluogo della Cirenaica in mano alle forze ribelli, per consegnare aiuti umanitari. In queste ore resta in primo piano il destino dello stesso Gheddafi: il suo esilio e' ''una possibilita''', ha affermato il portavoce della Casa Bianca Jay Carney, secondo cui gli Stati Uniti e i loro alleati sono impegnati in colloqui per la creazione di una 'no-fly' zone sulla Libia. ''Gheddafi lasci subito senza ulteriori violenze o rinvii'', ha minacciato il segretario di Stato Hillary Clinton. Washington sta 'riposizionando' le proprie forze navali e aeree, in modo da essere pronta a r ispondere a qualunque opzione venisse presa in considerazione sulla Libia E l'Europa, dopo giorni di indecisione, ha formalmente adottato un pacchetto di sanzioni contro il regime di Gheddafi. Il testo prevede tre misure: l'embargo del settore delle armi e delle attrezzature antisommossa; il divieto di rilasciare visti a 26 notabili del regime libico; il congelamento dei beni del colonnello Gheddafi, di cinque suoi famigliari e di 20 alti funzionari. Per il Commissario Europeo all'Energia Guenther Ottinger, il regimenon controlla piu' i principali campi petroliferi libici. E sul fronte della cronaca, circa 400 persone sono scese in piazza a Tripoli in una manifestazione anti-Gheddafi, che le forze di sicurezza hanno tentato di disperdere sparando colpi in aria.

25/2/2011

Circa tre milioni di irlandesi oggi alle urne per eleggere il nuovo Parlamento nelle elezioni anticipate, che hanno fatto seguito alla crisi di Governo. Al centro della campagna elettorale, la rinegoziazione del piano di salvataggio concordato a fine 2010 con l'Europa.

La voce di Enda Kenny, dalle remote contee del nord-ovest d'Irlanda, suona la carica per le elezioni di oggi: il principale partito di opposizione, il Fine Gael, si prepara a prendere le redini dell'ex-Tigre Celtica, mentre il partito finora al Governo, il Fianna Fail, appare rassegnato a una sconfitta di proporzioni storiche e catastrofiche. Si parla di appena il 14% dei voti. Il nuovo leader del partito di Governo, Michael Martin, ha lanciato ieri un appello da Cork, rivolgendosi agli indecisi: tuttavia è quasi certo che il Fianna Fail pagherà la capitolazione di dicembre, di fronte al piano di salvataggio offerto da Europa ed Fmi. Un'umiliazione, per gli irlandesi, che hanno dovuto digerire un durissimo piano di austerità. Il partito Fine Gael, favorito col 38% dei voti, è pronto a rinegoziare l'accordo con l'Europa, per ottenere tassi d'interesse piu' favorevoli. Probabile una coalizione con il Labour irlandese, accreditato al 20%, che vorrebbe spuntare ulteriori condizioni di favore. Si profila dunque uno scontro all'orizzonte tra Bruxelles e Dublino. Socialmente la situazione è divenuta molto grave, con un incremento del tasso di suicidi, e un analogo aumento degli espatri tra i giovani, soprattutto laureati, che lasciano il Paese a ritmi impressionanti. Tra gli altri partiti in lizza, il Sinn Fein di Gerry Adams, storico schieramento cattolico dell'Ulster, punta all'impresa di accrescere i consensi, finora marginali nella Repubblica d'Irlanda.

23/2/2011

Tensione tra Italia e Unione Europea sul rischio di esodo di profughi dalla Libia. A scatenare il tutto un'affermazione di Umberto Bossi.

"Nuovi sbarchi di immigrati dal Maghreb? Speriamo non arrivino. Se arrivano li mandiamo in Francia e Germania": la provocazione del leader leghista Umberto Bossi trova il muro di sbarramento delle capitali europee, che la riducono a una semplice boutade. ''Solidarieta' ''con il governo italiano, ''disponibilita' a fornire materiale umano e mezzi finanziari'', ma nessuna apertura nei confronti di una distribuzione del fardello dell'immigrazione proveniente dai Paesi del Nord Africa. Così fonti comunitarie hanno commentato l'ipotesi della Lega Nord. La questione dell'emergenza migratoria sarà da domani sul tavolo dei Ministri dell'Interno europei: difficilmente, però, si andrà oltre una generica disponibilità a considerare le rivolte nei Paesi arabi come un problema continentale. Un aiuto politico potrebbe arrivare con la disponibilita' ad un'azione comune dei 27 nei confronti dei Paesi di origine, per convincerli a facilitare la riammissione degli espatriati. Per il momento resta garantita anche la missione Frontex a Lampedusa, che proseguirà fino al 31 marzo. Intanto l'Alto commissariato Onu per i rifugiati ha lanciato un appello all'Europa e ai Paesi del nord Africa vicini alla Libia, affinché non respingano le persone in fuga dagli scontri. L'Italia e' tra i Paesi ''che potrebbero ricevere un maggior flusso di persone in fuga", sia cittadini libici che rifugiati da altri Paesi, ha avvertito Melissa Fleming, portavoce dell'Alto Commissario per i rifugiati.

22/2/2011

L'Unione europea ha sospeso l'accordo quadro che sta negoziando con la Libia. Lo ha annunciato al Cairo l'Alto rappresentante della politica estera Catherine Ashton.

''Deploro la perdita di vite umane e condanno tutte le azioni di violenza'', ha affermato la Ashton. E' il primo segno tangibile di reazione che giunge da Bruxelles, dopo che anche oggi una riunione dei 27 ambasciatori permanenti comunitari ha ribadito le divisioni tra l'ala dura, capeggiata da Germania, Gran Bretagna e Finlandia, e l'Italia, che punta ad evitare una rottura totale con Tripoli. Roma teme soprattutto per i rischi che potrebbero correre i cittadini europei residenti in Libia, ma anche per il rischio-esodo di migliaia e migliaia di profughi. Il Ministro degli Esteri britannico William Hague rincara intanto la dose: "non c'e' alcun complotto contro la Libia. E' il popolo libico che si sta rivoltando contro Gheddafi", ha affermato, rispondendo al rais, che ha definito i manifestanti ''ratti pagati dall'estero''. Da Washington il portavoce dell'amministrazione Obama Jay Carney ha condannato la ''violenza spaventosa'' in corso in Libia, e ha rivolto un appello alla comunita' internazionale, affinche' chieda ''con una sola voce'' di fermare la violenza. Prosegue intanto l'emorragia di diplomatici libici, che rassegnano le dimissioni in protesta contro il regime: l'ambasciatore a Parigi e il rappresentante presso l'Unesco hanno abbandonato il proprio posto. Resta fedele al regime l'ambasciatore all'Onu.

22/2/2011

La comunità internazionale osserva preoccupata il degenerare della crisi in Libia: l'Europa -dopo una giornata di duri negoziati- condanna le violenze, l'Onu chiama Gheddafi.

L'Europa, per bocca dell'Alto Rappresentante Catherine Ashton, ha trovato ieri la quadratura del cerchio sulla posizione comune nella crisi libica, unificando le diverse posizioni su tre punti: condanna della repressione contro le manifestazioni, richiesta della cessazione immediata dell'uso della forza. E ascolto delle richieste dei dimostranti, attraverso un dialogo inclusivo. Parole di circostanza, il minimo comune denominatore necessario a riunire le posizioni oltranziste dei Ministri degli Esteri di Germania, Gran Bretagna e Francia, con quelle di Italia e Malta, più caute: il vero punto divisivo è stato rappresentato dalla sorte del leader libico Muhammar Gheddafi, che anche negli ultimi giorni ha brandito l'arma dell'esodo dei migranti contro l'Unione Europea, minacciando le coste mediterranee di invasione. Così, tra una Germania decisa a chiedere sanzioni contro Gheddafi, e una Gran Bretagna che ha convocato l'ambasciatore libico, l'Italia ha prima tenuto una posizione abbastanza fuori linea rispetto ai 27, poi -in serata- ha fatto propria la condanna europea, evitando però il peggio per Gheddafi. L'Onu, dal canto suo, ha contattato direttamente il rais libico. Il segretario generale Ban Ki Moon lo ha chiamato, per chiedergli di porre fine alle violenze. Anche la Casa Bianca guarda con ''grande preoccupazione'' l'evolversi della situazione.

21/2/2011

"Profondamente preoccupati per gli eventi libici e per le morti di un numero molto alto di manifestanti. Condanniamo la repressione e deploriamo la violenza e la morte di civili": così -attraverso la dichiarazione dell'Alto Rappresentante Catherine Ashton- i 27 Ministri degli Esteri europei hanno preso posizione -da Bruxelles- sulla crisi libica.

La minaccia del regime di Muhammar Gheddafi, che giovedì ha inviato una missiva alla presidenza dell'Unione Europea, dicendosi pronto a interrompere la cooperazione con Bruxelles sulla gestione dei flussi migratori, qualora proseguisse il sostegno comunitario alla rivolta, ha fatto da sfondo alla cena dei Ministri degli Esteri europei. Che sul menù si sono trovati l'indigesto dossier libico. Tra i più duri a reagire l'Alto Rappresentante Catherine Ashton: ''abbiamo sentito delle minacce, ma alla fine dei conti l'Europa fa ciò che ritiene giusto'', ha replicato. A tarda sera proprio la Ashton si è fatta portavoce della condanna ufficiale europea verso la repressione, chiedendo l'apertura di un dialogo tra regime e manifestanti. Durissima la presa di posizione di Francia e Germania. Il Ministro degli Affari europei transalpino, Laurent Wauqiez, ha definito "assolutamente inaccettabile e totalmente sproporzionata la repressione in Libia". Sulla stessa linea l'omologo tedesco Werner Hoyer: "siamo indignati per la violenza utilizzata dalle autorità libiche". Condanna anche dalla Gran Bretagna. Il Ministro degli Esteri Franco Frattini ha preferito attenersi alla linea già tracciata dal premier Berlusconi. In controtendenza rispetto ai grandi Paesi europei, Frattini si è concentrato solo sulle preoccupanti ripercussioni della crisi sui flussi migratori nel Mediterraneo. Nessuna condanna esplicita delle violenze del regime libico. Voce fuori dal coro quella del ceco Schwarzenberg: "se Gheddafi cade, sarà una grande catastrofe per il mondo".

20/2/2011

Al via la cena dei 27 Ministri degli Esteri europei, che affronteranno l'indigesto piatto libico, dopo il ricatto di Tripoli sui flussi migratori.

Dure le prese di posizione, al suo arrivo, dell'Alto Rappresentante europeo Catherine Ashton ("l'Unione chiede alle autorita' libiche di fermare ''subito'' le violenze contro i manifestanti") e del Ministro francese per gli affari europei, Laurent Wauquiez, che ha definito ''inaccettabile'' e totalmente sproporzionata'' la violenza e la repressione. Indignata si dice anche la Germania, mentre si attende anche la dura presa di posizione britannica, mentre il Governo italiano -vicino al regime di Muhammar Gheddafi- nasconde -ufficialmente- la testa nella sabbia: l'Italia ''sta seguendo molto da vicino tutte le situazioni'' nel nord Africa ed e' preoccupata ''per le ripercussioni'' sui flussi migratori nel Mediterraneo. Così il ministro Franco Frattini. Ma il silenzio imposto dal premier Silvio Berlusconi sulle vicende politiche interne libiche si è incrinato con l'uscita del Ministro della Difesa La Russa, che a Rai 3 critica una sua affermazione: ''Non avrei usato la parola "disturbare"", ha detto La Russa, riferendosi alle dichiarazioni del premier. Intanto a Bengasi prosegue il massacro dei manifestanti da parte del regime libico: secondo la CNN i morti sarebbe almeno 209. Negli scontri di oggi a Bengasi, descritti come ''una carneficina'', le persone rimaste uccise sarebbero almeno 25.

20/2/2011

Cirenaica nel caos, con quasi 300 morti nella città libica di Bengasi. Tripoli intanto minaccia l'Europa, agitando lo spettro di nuovi sbarchi incontrollati.

Ormai si può parlare di massacro: il regime di Muhammar Gheddafi reprime nel sangue le rivolte e minaccia l'Europa, mostrando il suo volto più brutale. Fonti mediche citate dal sito 'Lybia al Youm' affermano che sono 285 le persone rimaste uccise a Bengasi durante gli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine. Proprio Bengasi appare sempre più l'epicento delle proteste. Per l'emittente Al Jazeera, l'esercito sta sparando razzi Rpg sui manifestanti. Gli scontri ruotano intorno al mondo dei media: una decina di manifestanti hanno occupato la sede del quotidiano Qurina, vicino a Seif el-Islam, figlio di Gheddafi. Mentre Tripoli starebbe disturbando in tutto il Medio Oriente il segnale dell'emittente Al Jazeera. Voci incontrollate parlano intanto delle dimissioni del Ministro dell'interno Abdel Fatah Yunis, che si sarebbe unito ai manifestanti. Mortale, per Gheddafi, potrebbe essere la sollevazione delle tribù. Sul fronte diplomatico, Tripoli minaccia l'Europa: se l'Unione Europea non cessera' di sostenere le rivolte, la Libia cesserà ogni cooperazione con Bruxelles in materia di gestione dei flussi migratori. Ciò non ha impedito alla Francia di condannare ''un uso sproporzionato della forza, che non e' accettabile''. Mentre Londra promette di alzare la voce. Prosegue invece l'assordante silenzio del Governo italiano, che attraverso la Farnesina si limita a sconsigliare tassativamente qualsiasi viaggio in Cirenaica. Questa sera la crisi libica sarà sul tavolo dei Ministri degli Esteri europei, a Bruxelles.

19/2/2011

Successo per la prima riunione dei Ministri delle Finanze del G20, riunitisi ieri e oggi a Parigi. Italia in prima linea nella lotta alla speculazione.

L'intesa alla fine è stata raggiunta: i Ministri finanziari del G20 hanno trovato l'accordo sugli indicatori che faranno da spia sugli squilibri macroeconomici mondiali. Tra questi, indicatori interni, quali debito pubblico e privato, ed esterni, quali gli squilibri nella bilancia commerciale e degli investimenti, al netto dei tassi di cambio e delle politiche fiscali e monetarie. Come prossimo passo, ad aprile saranno stabilite le linee guida per la lettura di questi indicatori. L'accordo -a quanto si è appreso- è stato raggiunto dopo la rinuncia a includere il parametro delle riserve in valuta estera, così come chiesto dalla Cina. Nel comunicato finale del vertice spazio anche alla questione dei cambi: è ''prioritario'' fare in modo che i tassi siano flessibili, e riflettano i fondamentali economici. Immediata al proposito la punzecchiatura del segretario al Tesoro americano Tim Geithner: "lo yuan resta sostanzialmente sottovalutato, ha detto. Sul fronte della situazioe economica, i 20 Ministri delle Finanze hanno sottolineato come la ripresa globale si stia rafforzando, ma è ancora segnata da disuguaglianze e presenta rischi al ribasso. Il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti canta vittoria per l'inclusione del debito privato tra gli indicatori degli squilibri, e chiede che venga preso in considerazione anche nella riforma del patto di stabilità.

18/2/2011

E oggi saranno 250. 250 giorni senza un Governo in carica, che fanno del Belgio il Paese con l'esecutivo per più tempo vacante nella storia mondiale.

Bruxelles ha sconfitto il record precedente, che apparteneva all'Iraq, dopo aver già registrato il record europeo, che apparteneva ai cugini olandesi. Giornali e televisioni hanno riportato ieri la notizia con grande enfasi, come se il record equivalesse a un trionfo sportivo: in realtà il Belgio ha attualmente un Governo in carica, quello dimissionario, incaricato degli affari correnti. E' guidato da Yves Leterme. Peccato però che le elezioni dello scorso giugno non siano riuscite a produrre una valida alternativa. Re Alberto II ha da poco rinnovato l'incarico di esploratore -per una nuova coalizione- al Ministro dell'Economia uscente, il liberale Didier Reynders. Il quale, ancora poche ore fa, snocciolava ai giornalisti i possibili punti di intesa politica, su un'orizzonte che appare però sempre nero. Reynders avrà tempo fino al primo marzo per trovare la chiave di volta di una crisi nata sull'onda del conflitto tra le comunità francofona e fiamminga. Poi esplosa sui diritti linguistici, reciprocamente accampati intorno alla circoscrizione elettorale che circonda Bruxelles. Le opzioni sul tavolo: un nuovo Governo, elezioni, scissione in due del Belgio. Contro questa eventualità hanno manifestato ieri migliaia di giovani in tutto il Paese, inscenando goliardicamente la "rivoluzione delle patatine fritte". "Dividere il Belgio? Non in nostro nome!", hanno urlato.

18/2/2011

"Campioni del mondo": non capita spesso, ai giornalisti belgi, di aprire il notiziario televisivo con annunci da vera e propria sbornia calcistica.

Infatti... non di calcio stiamo parlando. Dopo aver conseguito il record mondiale in cottura di patatine fritte, triathlon veloce, numero di danzatori di hula-hoop e persino nella corsa all'indietro, da ieri il Belgio ha stabilito un nuovo primato: quello del Paese da più giorni senza Governo. 249, che oggi diventano 250. La popolazione assiste sgomenta a una telenovela politica che prosegue dalle elezioni delle scorso giugno, con un esecutivo in carica che si limita a gestire gli affari correnti. Nulla hanno potuto le proteste individuali e collettive, né la proposta -lanciata tempo fa da una senatrice- di uno sciopero del sesso delle donne, per obbligare mariti e classe dirigente a mettere fine all'incertezza politica. Ieri così sono scesi in piazza migliaia di studenti, in una goliardica "Rivoluzione delle Patatine Fritte", che ha invaso le strade e le piazze di diverse città del Paese, inclusa la capitale Bruxelles. "Non in nostro nome", hanno urlato tutti insieme, prendendo una posizione netta contro l'ipotesi della scissione in due del Paese - francofoni a sud e fiamminghi a nord. Flash-mobs coreografici, spogliarelli, animazioni musicali e la distribuzione -per l'appunto- di cartoni di patatine fritte, hanno segnato una giornata di protesta organizzata tutta sul filo dell'ironia. Una rivoluzione al contrario, è proprio il caso di dire, quella inscenata dagli studenti del Belgio: non per detronizzare un Governo o un sistema, come avvenuto in Nordafrica, ma per chiedere a gran voce di nominarne uno. Sempre i giovani, insomma, protagonisti di questo avvio di decade.

17/2/2011

249 giorni senza Governo: il Belgio ha battuto questa mattina il record mondiale, divenendo il Paese con l'esecutivo vacante da più tempo nella storia.

Bruxelles ha sconfitto il record precedente, che apparteneva all'Iraq, dopo aver già polverizzato il record europeo, che apparteneva ai cugini olandesi. La stampa del Paese ha titolato questa mattina con grande enfasi, come se il record equivalesse a un trionfo sportivo: in realtà il Belgio ha attualmente un Governo in carica, quello dimissionario, incaricato degli affari correnti. E' guidato da Yves Leterme: per ironia della sorte, questo esecutivo ha gestito l'intero semestre europeo. Re Alberto II ha appena rinnovato l'incarico di esploratore -per una nuova coalizione- al Ministro dell'Economia uscente, il liberale Didier Reynders. Il quale, ancora poche ore fa, snocciolava ai giornalisti i possibili punti di intesa politica, su un'orizzonte che appare però sempre nero. Reynders avrà tempo fino al primo marzo per trovare la chiave di volta di una crisi nata sull'onda del conflitto tra le comunità francofona e fiamminga. Poi esplosa sui diritti linguistici, reciprocamente accampati sulla circoscrizione elettorale che circonda Bruxelles. Le opzioni sul tavolo: un nuovo Governo, elezioni a breve o fra tre anni, scissione in due del Belgio. Contro questa eventualità hanno manifestato migliaia di giovani in tutto il Paese, inscenando goliardicamente la "rivoluzione delle patatine fritte". "Dividere il Belgio? Non in nostro nome!", hanno urlato.

16/2/2011

Il giorno dopo le polemiche, Italia e Unione Europea ricuciono gli strappi sul fronte della crisi migratoria, concentrandosi sul da farsi:già deciso che dell'emergenza si occuperanno il prossimo 24 febbraio i Ministri degli Interni comunitari.

Non pare invece all'orizzonte una riunione ad hoc dei 27 leader, come chiesto dall'Italia, ma nelle ultime ore sono stati frequenti i contatti tra Roma e Bruxelles: il presidente Napolitano e il premier Berlusconi hanno entrambi parlato con il opresidente della Commissione José Barroso. Proprio la Commissione ha finalmente ricevuto l'attesa richiesta di aiuto da parte dell'Italia, e si è detta pronta ad assicurare assistenza finanziaria a Roma, nell'ambito dei fondi europei disponibili. I 100 milioni richiesti serviranno a coprire i primi tre mesi, garantendo gli standard di assistenza. L'agenzia comunitaria per le frontiere Frontex è pronta a lanciare una propria missione a Lampedusa, con decine di esperti, navi e due aerei. ''Stiamo facendo tutto il possibile per appoggiare le autorita' italiane, la situazione è molto grave'', ha affermato il direttore di Frontex, Ilkka Laitinen. E il Ministro degli Esteri Franco Frattini, in un'intervista a Sky Tg24, lancia l'allarme.

15/2/2011

Dopo l'accordo per un fondo anticrisi permanente pari a 500 miliardi di euro, All'Ecofin di oggi si è discusso delle nuove regole per il patto di stabilità riformato. Tremonti ha chiarito la posizione italiana.

''Non ci sara' accordo su niente finché non ci sarà' accordo su tutto'': ricorre a una formula negoziale consumata il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, al termine dell'Ecofin, nel quale è proseguito il braccio di ferro sulla riforma del patto di stabilità e della governance economica, in vista del varo delle nuove regole a marzo. Tremonti ha insistitosul punto che più preme a Roma: il calcolo del debito privato nel monte-debito complessivo del Paese, una variabile che migliorerebbe la posizione italiana in Europa, dove -sul debito pubblico- andiamo meglio solo della Grecia. Tremonti si dice fiducioso sul passaggio della posizione italiana, al punto che arriva a scommettere sul fatto che altri fattori rilevanti, insieme al debito, saranno presi in considerazione nelle sanzioni previste dal patto riformato. Dal Ministro dell'Economia via libera alle proposte franco-tedesche in materia di competitività, purché -ha aggiunto- non si trasformino in diktat, mentre sul Pil italiano Tremonti si è detto soddisfatto, ma ha aggiunto: "dobbiamo fare di più". Il Commissario Europeo agli Affari Economici Olli Rehn ha intanto lanciato un appello agli Stati membri, chiedendo ''piu' coraggio'' sulla stretta dei debiti pubblici, e sottolineando la necessita' di prevedere -nel nuovo Patto di stabilità- un ''benchmark numerico'', che indichi di quanto dovrà scendere ogni anno il debito in eccesso.

15/2/2011

E' stata sconfitta -almeno per ora- la posizione italiana, insieme a quella spagnola, sul regime trilinguistico del brevetto unico europeo. 471 voti a favore, 160 contrari e 42 astenuti oggi all'Europarlamento, sulla relazione che chiedeva di procedere con una cooperazione rafforzata (25 Paesi su 27, Roma e Madrid escluse), per avviare un brevetto in inglese, francese e tedesco.

La votazione di oggi costituisce un prologo necessario, affinché la Commissione Europea possa presentare proposte operative, che raggiungeranno Strasburgo a maggio, per un voto in prima lettura. L'Italia ha già fatto sapere di essere pronta a un ricorso in sede di Corte di Giustizia sulla cooperazione rafforzata, che la isola: per intanto però, attende il pronunciamento della stessa Corte il prossimo 8 marzo, in cui sarà stabilito se il sistema giurisdizionale proposto per il brevetto è o meno compatibile con i Trattati europei. Un "no" dal Lussemburgo farebbe ripartire tutto da capo, un "sì", al contrario, spianerebbe la strada al via libera dei Ministri europei della competitività, atteso per il giorno dopo. L'iter appare dunque ancora tortuoso, con l'Italia che ha fatto della battaglia linguistica una bandiera, in sede europea: proprio oggi Roma ha chiesto l'annullamento di tre bandi di lavoro della Commissione. Il problema? Ancora una volta erano stati pubblicati in tre lingue. "Una violazione del multilinguismo europeo", accusa l'Italia.

15/2/2011

E' giunto ieri sera a Tunisi il ministro degli Esteri Franco Frattini, per incontri con il primo ministro del governo transitorio Mohammed Ghannouchi. Al centro dei colloqui l'emergenza sbarchi, e gli aiuti italiani per arginare il flusso migratorio che in questi giorni si sta abbattendo su Lampedusa. Intanto pare rientrata la crisi tra Roma e Bruxelles sul tema immigrazione.

Con due giorni di ritardo e un pesante strascico di polemiche, Italia ed Europa riallineano le proprie posizioni sull'emergenza immigrazione dal Maghreb. Il Ministro dell'Interno Roberto Maroni, che ha paragonato l'ondata migratoria a un "1989 del Nordafrica", in serata annuncia: chiesti 100 milioni a Bruxelles, insieme alla riforma dell'agenzia europea per le frontiere Frontex. Si chiude così -per ora- l'imbarazzante querelle con la Commissaria Europea agli Affari Interni Cecilia Malmstrom, che per bocca del suo portavoce Michele Cercone aveva attaccato duramente il nostro Governo. Lo strappo tra Roma e Bruxelles si è consumato dopo che la Malmstrom non aveva accettato di prendersi le colpe della supposta inerzia comunitaria, ricordando di aver parlato già sabato con Maroni. "No, grazie, ci siamo sentiti rispondere alle nostre offerte di aiuto", accusano da Bruxelles. E che forse l'Italia non sia stata proprio chiara con l'Europa, sulle proprie esigenze, lo conferma la richiesta in carta bollata finalmente partita ieri sera. Ricucito lo strappo, il premier Silvio Berlusconi ha telefonato al presidente europeo Van Rompuy, con il quale ha concordato di porre l'emergenza emigrazione sul tavolo dei 27 leader europei. Quando non è chiaro. Ieri l'Italia ha incassato la solidarietà di Germania e Francia, preoccupate dall'onda d'urto migratoria. E l'Alto Rappresentante europeo Catherine Ashton ha promesso al Governo tunisino 258 milioni di euro per la transizione.

15/2/2011

Il presidente dell'Eurogruppo jean Claude Juncker ha annunciato ieri sera l'accordo, tra i ministri finanziari dell'Unione, su quello che in molti gia' chiamano il Fondo monetario europeo.

Il futuro Meccanismo permanente di soccorso ai Paesi dell'Eurozona - che dalla meta' del 2013 sostituira' l'attuale Fondo salva-Stati - avra' una capacita' finanziaria effettiva pari a 500 miliardi di euro: il doppio di quella dello European financial stability facility. L'adeguatezza delle risorse, sara' rivista ogni due anni.

14/2/2011

Si consuma sul fronte immigrazione lo strappo tra Italia e Unione Europea, peraltro non nuove a scaramucce diplomatiche sulla questione: il casus belli esplode all'ora di pranzo, quando il portavoce della Commissaria all'Immigrazione Cecilia Malmstrom, l'italiano Michele Cercone, legge un comunicato della Commissaria.

Bruxelles non accetta di prendersi le colpe dell'inerzia, e ricorda come già sabato la Malmstrom e il Ministro Roberto Maroni si siano parlati, e lo abbiano fatto anche i funzionari a livello tecnico. In tutti i casi, afferma la Commissione, Roma, ha detto "no, grazie", alle offerte europee di aiuto immediato. Concetto ribadito poche ore fa dall'agenzia europea per le frontiere Frontex, che ha intanto distaccato due funzionari a Lampedusa, e aspetta istruzioni dall'Italia. In questo coordinamento da "Lost in Translation" emerge comunque la richiesta italiana, esplicitata da Maroni, di un vertice europeo straordinario, per dotare il Continente di una nuova strategia, per far fronte a quello che -lo stesso Maroni- definisce come il "1989 del Maghreb". La caduta di un muro virtuale, che impaurisce anche Francia e Germania. Parigi propone il rafforzamento di Frontex, e solidarizza con Roma. Il Ministro degli Esteri Franco Frattini, stasera a Tunisi, rilancia sul meccanismo dei pattugliamenti.In missione a Tunisi anche l'Alto Rappresentante europeo Catherine Ashton, che solleverà la questione con le autorità locali.

8/2/2011

Importanti novità per gli automobilisti. In arrivo dall'Europa.

Luci di marcia diurne. L'Europa ha reso obbligatori -da ieri- queste speciali illuminazioni sulle autovetture di nuova produzione. Si tratta di fari che entrano in funzione automaticamente, quando si avvia il motore del veicolo. Consumano poca energia (meno di un terzo) rispetto agli anabbaglianti, restano accesi per tutta la durata del tragitto, e di notte -con l'accensione dei fari tradizionali- si spengono. L'Europa ha optato per la loro introduzione obbligatoria sulla base della direttiva 2008/89, con lo scopo di contrastare il grave fenomeno delle vittime della strada: nel 2009 oltre 35mila persone hanno perso la vita nel Vecchio Continente, uccisi dai pirati. E i feriti che hanno riportato lesioni gravi, in grado di procurare disabilità permanenti, sono quattro volte tanto. Secondo recenti ricerche, pedoni, ciclisti e motociclisti sono in grado di individuare presto e meglio la presenza o l'avvicinarsi dei veicoli, grazie alle luci diurne: per Bruxelles il numero di incidenti potrebbe ridursi dal 5 fino al 15%. Il prossimo anno anche gli autobus e i tir di nuova produzione saranno consegnati agli acquirenti con i nuovi fari in dotazione.

8/2/2011

Iniziativa davvero originale di una senatrice belga: per protestare contro l'ormai infinita crisi di Governo del Paese, propone uno "sciopero del sesso" alle sue concittadine.

Ormai sembra proprio una barzelletta. 239 giorni senza Governo, e in Belgio si moltiplicano le iniziative individuali -oltre alle manifestazioni di piazza- per chiedere un ritorno alla normalità. L'ultima in ordine temporale è stata quella della senatrice del partito socialista fiammingo Marleen Temmerman, che in un'intervista al quotidiano De Staandard, ha proposto alle donne del Belgio uno "sciopero del sesso". Finché i partiti non si decideranno a formare un esecutivo. La senatrice, ginecologa di formazione, ha tratto ispirazione da due fonti: in primis l'iniziativa di un gruppo di donne kenyote, che organizzò questa contestazione un paio d'anni fa. "L'impatto della protesta non è mai stato provato scientificamente", afferma la Temmerman, "ma una settimana dopo l'inizio dello sciopero si patteggiò un Governo". L'altra fonte è più "classica", e prende spunto dalla commedia 'Lisistrata' di Aristofane, che racconta lo sciopero del sesso delle donne di Atene e Sparta, intenzionate a fermare la guerra del Peloponneso. Funzionerà anche in Belgio? Per ora le trattative sembrano avvitarsi: il nuovo capo negoziatore, Didyer Reinders, ha incontrato ieri il leader del partito socialista Elio Di Rupo, nel tentativo di ricomporre le spinte separatiste tra le comunità vallona e fiamminga. In carica resta un Governo facente funzioni, che gestisce l'ordinaria amministrazione. Che a sbloccare la situazione arrivi lo sciopero del sesso?

6/2/2011

Il cambio di prospettiva è forte, e mette per la prima volta in discussione quella che lo stesso premier inglese David Cameron ha definito la teoria dello "Stato multiculturale". Un modello di integrazione fallito, ha sentenziato ieri da Monaco...

"Abbiamo incoraggiato alcune culture a vivere vite separate dalla maggioranza della popolazione", ha affermato Cameron, premier di un Paese dove convivono forti minoranze, provenienti soprattutto dall'area del sud-est asiatico, India e Pakistan in primis. "Non ci possiamo più permettere la tolleranza passiva degli ultimi anni, occorre un liberalismo più attivo e muscolare", ha sentenziato Cameron, azzerando gli ultimi residui della Cool Britannia dell'era Blair, moderna, giovane e -appunto- multiculturale. Tradotto in termini concreti: i gruppi, soprattutto islamici, che negano i diritti alle donne e non promuovo l'integrazione rischieranno di perdere i fondi. Chi non si integra con la società inglese, ne sarà escluso. Cameron teme infatti che l'autoemarginazione dalla vita pubblica di determinati gruppi sociali, finisca col fomentare -alla fine- l'estremismo. Le dichiarazioni hanno fatto infuriare i gruppi musulmani, anche perché sono giunte nel giorno della sfilata della English Defence League, organizzazione di estrema destra, per le strade di Luton, poche miglia a nord di Londra. La presa di posizione di Cameron non è nuova nel panorama europeo: pochi mesi fa anche la cancelliera tedesca Angela Merkel sentenziò la fine del multiculturalismo.

5/2/2011

Il "Patto per la Competitività" in Europa, proposto ieri da Francia e Germania, ha dominato l'agenda del summit dei 27 leader comunitari, ieri a Bruxelles. Aprendo forti contrasti e divisioni.

Parigi e Berlino danno la linea, ottenendo un primo successo, pur nell'imbarazzo generale: è il Patto per la competitività a segnare la svolta nelle politiche economiche europee. Francia e Germania, che -parole del presidente Sarkozy- lavorano insieme, mano nella mano, per la difesa dell'euro, hanno messo ieri sul piatto lo scambio: più denaro al fondo salva-Stati, per rafforzare la rete di protezione della moneta unica, in cambio di un accordo in sei punti che potrebbe portare una rivoluzione epocale nell'Eurozona: tra le possibili conseguenze, una forte moderazione salariale, armonizzazione delle imposte sociearie, innalzamento dell'età pensionabile, un rigore sul debito da vergare persino nei testi costituzionali. La mossa franco-tedesca è stata accolta con una levata di scudi da parte della maggioranza dei Paesi, soprattutto per questioni di metodo, che ha di fatto tagliato fuori le istituzioni europee. Infuriato il Parlamento Europeo. Ma, per quanto un imbarazzato presidente europeo Van Rompuy abbia negato qualsiasi discussione su proposte concrete, l'idea di Parigi e Berlino ha fatto capolino persino nelle conclusioni del summit. A marzo probabilmente sarà al centro di un vertice dei leader dell'Eurozona. Ieri via libera dei 27 al mercato unico dell'energia entro il 2014. Sull'Egitto il messaggio è: inizi adesso una fase di transizione ordinata e rapida.

4/2/2011

E' già scontro in Europa sul patto per la competitività, presentato da Francia e Germania. In una conferenza stampa congiunta a Bruxelles, il presidente francese Nicolas Sarkozy e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno lanciato la proposta del patto agli altri Paesi dell'Unione.

Sei punti, per dare ''una risposta strutturale'' alla crisi dell'Eurozona. Il patto tocca nodi cruciali quali salari, formazione, tasse, pensioni, debito pubblico e banche. "Andiamo avanti mano nella mano", hanno affermato i due leader, rafforzando -anche visivamente- la tradizionale alleanza tra Berlino e Parigi. Il salto in avanti del duo franco-tedesco, che ha chiesto un vertice europeo straordinario a inizio marzo per discuterne i dettagli, ha però trovato la ferma opposizione prima del premier belga Yves Leterme, che ha criticato la proposta di imporre la moderazione salariale, poi -in forma più moderata- del presidente dell'Europarlamento Jerzy Buzek: a rincarare la dose è stata soprattutto la presidente della Commissione Affari Economici di Strasburgo, Sharon Bowles, che ha rispedito la proposta ai mittenti. Critica pure la Polonia: unico ad aprire alla discussione il presidente europeo Van Rompuy, del quale si attende tuttora la conferenza stampa. Al summit si è parlato anche di Egitto: ''la transizione deve cominciare ora'', afferma una dichiarazione congiunta dei 27. Sulla stessa linea il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Che però, a sorpresa, ha difeso -con elogi- la figura di Mubarak.

2/2/2011

Sarà oggi a Bergamo il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, dove prenderà parte alle celebrazioni per il 150esimo anniversario dell'Unità d'Italia. Ieri il capo dello Stato è stato in visita a Milano.

Si è aperta con un allarme e si è chiusa con l'indicazione di un modello di "servitore dello Stato" la giornata milanese del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il monito è stato quello lanciato -di prima mattina- dalle colonne del quotidiano "Il Messaggero": "ho avuto nei giorni scorsi fondati motivi per esprimere allarme, di fronte al moltiplicarsi e acuirsi di conflitti che travalicano l'ambito politico e investono le istituzioni''. Così il capo dello Stato ha invitato a evitare uno scontro istituzionale, sul quale si sono intraviste, sull'onda del caso-Ruby, avvisaglie concrete. Sullo sfondo dell'attuale crisi politica, che l'ex-Commissario Europeo Mario Monti non esiterà più tardi a definire "una fase tormentata della vita italiana", Napolitano ha omaggiato l'ex-Ministro dell'Economia Tommaso Padoa-Schioppa, recentemente scomparso, nel corso di una cerimonia all'Università Bocconi. Dove si è riunito il gotha della politica europea e dell'economia italiana. "Uno degli italiani migliori: così il presidente dellla Repubblica ha definito Padoa-Schioppa. E da europeista convinto, Napolitano ha chiosato: ''di spazio per esitare o ancor peggio per ripiegare ne e' rimasto davvero poco, in ciascun Paese bisogna interrogarsi su come fare la propria parte''. Anche in Italia, fa notare: un Paese il cui destino resta indissolubilmente legato all'Europa.

1/2/2011

Europa e Stati Uniti coincidono nella necessità di arrivare a elezioni libere in Egitto. Ma Israele avverte: se cade Mubarak, Medio Oriente a rischio.

"Libere elezioni": l'Europa indica un punto d'arrivo nell'intricata vicenda egiziana, al termine di un vertice dominato quasi interamente dalla crisi del Cairo. Al di là delle conclusioni, i 27 Ministri degli Esteri si sono mostrati divisi, con un originale asse tedesco-spagnolo pronto persino a scaricare -secondo indiscrezioni- Hosni Mubarak, e un trittico anglo-franco-italiano dubbioso invece sull'opportunità di aprire una fase di pesante incertezza nel Paese alleato. Le conclusioni hanno prodotto un compromesso: far parlare la gente del Cairo, anche a costo di vedere Mubarak spazzato via dalla mappa politica. Come premessa, i Paesi europei, hanno posto quella di una fase di transizione ordinata e condivisa da tutti. "Sta agli egiziani determinare il proprio futuro, per noi è cruciale che il Governo si impegni in un dialogo aperto e franco con la società civile. Non sta a noi entrare in discussioni interne": così l'Alto Rappresentante Europeo Catherine Ashton ha riassunto -a fine giornata- il senso del messaggio europeo. Sulla necessità di elezioni "libere e giuste" si è espressa -Oltreoceano- anche il segretario di Stato americano Hillary Clinton, in un'unità di intenti ideale con l'Europa. Tutti però, a Washington come a Bruxelles, hanno ben presente il monito lanciato da Israele: attenzione ad abbandonare Hosni Mubarak. Il rischio è quello di far esplodere la polveriera mediorientale.

31/1/2011

Un appello alle autorita' egiziane, affinché spianino la strada allo svolgimento di elezioni. L'Europa prende finalmente posizione sulla crisi al Cairo: i 27 titolari degli Esteri hanno chiesto alle autorità di ''intraprendere una ordinata transizione, attraverso un Governo di largo consenso che porti ad un processo di riforma democratica, spianando la strada allo svolgimento di libere e giuste elezioni''.

Una formula complessa, dietro la quale si cela il tentativo europeo di favorire una transizione pacifica. E forse, la fine di Mubarak. La richiesta echeggia per certi versi quella -formulata in mattinata- dall'Alto Rappresentante europeo Catherine Ashton, che aveva chiesto al leader egiziano Mubarak di avviare un dialogo con l'opposizione. Cathy Ashton si appresta a tenere nei prossimi minuti una conferenza stampa. Il vero crinale di divisione all'interno dell'Europa si gioca proprio sul destino del presidente egiziano: secondo la Germania e la Spagna, sarebbe preferibile una sua uscita di scena. Ipotesi contrastata da Francia, Gran Bretagna e Italia, che temono l'aprirsi di una fase di instabilità. L'appello serale dell'Europa, che chiede elezioni libere, farebbe intravedere un prevalere della posizione tedesca. Un altro scontro si gioca intanto tra Stati Uniti ed Israele: anche oggi il Dipartimento di Stato americano ha chiesto riforme a Mubarak, mentre indiscrezioni di stampa fanno trapelare che Gerusalemme avrebbe chiesto a Washington di mettere fine alle critiche contro il presidente egiziano.

26/1/2011

Il Fondo Monetario Internazionale ha ritoccato al rialzo le stime della crescita mondiale 2011: + 4,4%, dal 4,2% previsto in ottobre, con gli Stati Uniti in forte accelerazione. L'Europa fanalino di coda, un solo punto e mezzo di crescita quest'anno. Ancora molte le incertezze nel Vecchio Continente.

L'ansia per i dati sul Pil britannico e l'ottimismo dopo l'emissione dei bond del fondo salva-Stati europeo: è stata una giornata a corrente alternata quella vissuta ieri nel Vecchio Continente, risvegliatosi con l'inaspettato segno meno della crescita in Gran Bretagna: giù di mezzo punto, nell'ultimo trimestre 2010, anche per colpa del maltempo che -per giorni- ha paralizzato l'isola. Ma si tratta di una giustificazione parziale: senza la neve, difficilmente si sarebbe andati oltre una crescita zero. I più pessimisti temono un aggravarsi della situazione, con l'austerità imposta dal Governo Cameron. Segnali di sereno in Spagna, dove il deficit si è attestato nel 2010 poco oltre il 5%, otto decimali sotto le previsioni del Governo. Poco incoraggianti invece le stime del Fondo Monetario Internazionale sull'Italia: la crescita della nostra economia resta anemica e al palo, con un +1% nel 2011 e un +1,3% il prossimo anno - quest'ultima stima in leggero calo rispetto alle previsioni precedenti. L'Fmi vede una ripresa mondiale a due velocità, con l'Europa a rincorrere gli altri continenti. Il fondo chiede un risanamento dei conti per i Paesi altamente indebitati, e invoca nuovi e più rigorosi stress tests bancari. Poi torna alla carica sul fondo salva-Stati comunitario: va incrementato e reso più flessibile. Buone notizie sono giunte ieri proprio da questo fronte: la prima collocazione dei bond della Facility europea, pari a cinque miliardi, ha ricevuto ordini nove volte superiori. Tra gli acquirenti, in prima fila il Giappone.

25/1/2011

Londra suona l'allarme-crescita in Europa: il Pil britannico si è contratto a sorpresa di mezzo punto percentuale nell'ultimo trimestre 2010.

Colpa del clima, giustifica l'ufficio statistico di Sua Maestà: anche se, osserva, al netto del blocco del Paese legato alle nevicate di dicembre, si sarebbe registrata comunque una crescita prossima allo zero. Per il Cancelliere dello Scacchiere George Osborne, le statistiche sono deludenti: il timore è che i tagli del piano Cameron finiscano per aggravare la situazione. Va meglio sul fronte spagnolo, dove il deficit 2010 ha chiuso al 5,1%, otto decimi in meno rispetto alle previsioni del Governo. Sullo sfondo, restano i dati resi noti dall'Fmi, che registrano una crescita italiana anemica, al palo e persino in leggera regressione rispetto alle ultime previsioni: +1% nel 2011 e +1,3% nel 2012, sotto la media dell'Eurozona. La ripresa economica globale intanto prosegue ma a due velocita', con i Paesi avanzati che procedono piu' lentamente di quelli emergenti, secondo il Fondo, che avverte circa gli elevati "rischi al ribasso'' dell'economia. L'Fmi chiede un risanamento dei conti per i Paesi altamente inebitati e invoca nuovi stress tests per le banche europee, prima di tornare alla carica sul fondo salva-Stati comunitario: va incrementato e reso più flessibile. Buone notizie sono giunte proprio su questo fronte: la prima collocazione di bond della Facility europea, pari a cinque miliardi, ha ricevuto ordini dieci volte superiori.

24/1/2011

Il Portogallo ha rieletto ieri al primo turno il presidente Cavaco Silva, mentre in Irlanda la maggioranza del premier Brian Cowen finisce definitivamente in pezzi.

L'economista batte il poeta, in un Portogallo che vive da settimane sul baratro di una crisi economica, che potrebbe obbligare Lisbona a chiedere aiuti internazionali. Al termine di una campagna elettorale soporifera, il presidente uscente Anibal Cavaco Silva, conservatore, è stato rieletto, staccando di oltre 30 punti punti il rivale socialista Manuel Alegre. La rielezione di Cavaco può essere letta come una bocciatura indiretta dell'operato del premier José Socrates, obbligato -nelle scorse settimane- a imporre un piano di austerità senza precedenti, per rimettere i conti in ordine. Tuttavia, a preoccupare gli osservatori è l'elevata astensione, sintomo di un crescente disinteresse verso la politica. Da Lisbona a Dublino, il fronte Atlantico dell'Europa resta sotto tensione. In Irlanda il leader dei Verdi John Gormley ha annunciato ieri l'uscita dalla coalizione di Governo, guidata dal premier Brian Cowen. Una mossa che segna la fine della maggioranza, devastata da tre mesi di crisi politico-economica, che hanno avuto il loro epicentro nella capitolazione del Paese di fronte alle pressioni di Europa ed Fmi per un piano di prestiti. Lo stesso Cowen ha già rassegnato le dimissioni da leader del partito di maggioranza. A questo punto l'Irlanda entra in un terreno ignoto: è probabile che le elezioni, già anticipate all'11 marzo, subiscano un'ulteriore accelerazione. Più preoccupante il destino della legge finanziaria, il cui voto è in calendario nei prossimi giorni: se non passa, il risanamento dei conti è a rischio.

18/1/2011

Torna a farsi strada un cauto ottimismo -in Europa- su un incremento del fondo salva-Stati. L'euro è tornato a salire, forte anche delle buone collocazioni dei titoli di Stato spagnoli, greci e ungheresi.

L'Europa viaggia verso un delicato compromesso, sul fronte dell'incremento del fondo d'emergenza salva-Stati. Dopo la frenata di ieri imposta da Berlino, con la polemica tra il Ministro tedesco Schaeuble e il presidente della Commissione Europea José Barroso, oggi il messaggio emerso dai Paesi con le finanze pubbliche più in salute (il club della tripla A) è stato meno netto: l'orientamento sarebbe quello di incrementare la capacità di prestito del fondo per i Paesi più a rischio, Portogallo in primis, a patto però di un impegno a mantenere i conti pubblici in ordine. Posizione espressa sia dalla Francia che dalla Svezia: in quest'ultimo caso, il Ministro Anders Borg ha dichiarato: "abbiamo avuto troppe discussioni sulla taglia del Fondo anticrisi, e nessuna sulla disciplina di bilancio". Non molla la presa il Commissario Europeo Olli Rehn: "occorre agire tempestivamente per rafforzare il fondo salva-Stati", ha ribadito, riecheggiato poco dopo da Barroso. Il Ministro dell'Economia Tremonti ha poi spostato il focus sui maggiori controlli per la finanza privata e le banche. Infine, l'Europa promette stress tests bancari più rigorosi e credibili.

18/1/2011

Anno nuovo, problemi vecchi. I Ministri finanziari dell'Eurozona, nella loro prima runione post-natalizia, tornano a dividersi sul fondo di emergenza anticrisi, con -sullo sfondo- uno scontro tra Germania e Commissione Europea - proprio sulle dotazioni finanziarie della facility.

"Non c'è alcuna ragione nel breve termine di dibattere un incremento della European Financial Stability Facility", ha detto il Ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, che ha accusato il presidente della Commissione José Barroso di aver complicato la situazione, con proposte isolate per un incremento del fondo. La posizione tedesca è stata sostanzialmente rispecchiata dai sei Paesi "forti" dell'Eurozona, quelli dal rating a tripla A, che ieri si sono riuniti in un inedito vertice ristretto. La presa di posizione di Schauble ha allontanato così l'ipotesi di decisioni a breve, in vista del Consiglio Europeo del 4 febbraio, per un incremento del fondo di emergenza, il cui capitale ammonta a 440 miliardi di euro. Solo 250 miliardi possono però essere disponibili subito come prestiti. La conferma dello stallo è giunta in serata dal presidente dell'Eurogruppo Juncker, che ha parlato di divergenze sul rafforzamento del fondo, ma ha promesso decisioni in tempi rapidi. E proprio ieri è stato deciso che saranno Citigroup, Hsbc e Societe Generale a gestire la prima emissione di bond da parte dello fondo europeo.

12/1/2011

L'Italia centra l'obiettivo di collocazione dei Bot, ma resta alta la tensione sui titoli di Stato nell'Eurozona. Oggi tocca al Portogallo. E il Giappone è pronto ad acquistare i bond europei anticrisi.

Altra giornata di tensione per i titoli di Stato nell'eurozona, mentre tutti gli occhi sono puntati -oggi- su Lisbona: ieri protagonista di giornata è stata l'Italia, che ha collocato sette miliardi e mezzo di Bot annuali, a fronte di una domanda molto superiore. La notizia ha fatto immediatamente calare gli spread con il Bund tedesco, che in mattinata aveva superato i 200 punti. Ma gli alti rendimenti pagati, superiori al 2% e ai massimi da due anni, rendono evidente la crescente percezione del rischio-Paese. Peggio è andata alla Grecia; per quasi due miliardi di titoli semestrali ha dovuto offrire quasi il 5%. I fari sono ora tutti puntati sul Portogallo, prossimo candidato designato al ricorso al prestito europeo. Che quest'anno -dati della Banca Nazionale- sarà in recessione per l'1,3% del Pil. Il premier José Socrates resta in trincea nel negare qualsiasi ricorso a prestiti esterni, sfoderando un deficit migliore del previsto. Oggi Lisbona va al test dei mercati: l'attesa è altissima, sul miliardo e 250 milioni di titoli che il Paese atlantico proverà a collocare. Domani tocca sia alla Spagna, con tre miliardi di titoli, sia nuovamente all'Italia, con l'asta Btp. La novità più importante è però arrivata dal Giappone. Tokyo è pronta a rilevare il 20% della prima emissione di bond del fondo anticrisi europeo. Per cominciare stanzierà circa un miliardo di euro, in prestiti all'Irlanda. Da oggi -infine- Bruxelles avvierà ufficialmente il semestre europeo di coordinamento delle politiche economiche.

11/1/2011

Forte domanda per i Bot annuali italiani: salgono però i rendimenti, mentre i nostri titoli di Stato è stata un'altra giornata di altalena negli spread con i Bund tedeschi. Si moltiplicano le voci per un aiuto europeo al Portogallo, anche se Lisbona smentisce.

Riparte sulle montagne russe dell'incertezza Il 2011 dell'Eurozona: la novità del giorno è l'ingresso del Giappone -dopo la Cina- tra i Paesi intenzionati ad acquistare i bond della European Financial Stability Facility, nata per far fronte al rischio default dei Paesi dell'area euro. Tokyo ha deciso di stanziare 100 miliardi di yen, 1 miliardo di euro, come primo aiuto per l'Irlanda. Più in generale, il Giappone e' pronto a rilevare almeno il 20% della prima emissione Efsf, il veicolo voluto dall'Europa per i prestiti d'emergenza. La giornata odierna è stata segnata -sul fronte italiano- dall'asta dei Bot annuali: piazzati sette miliardi e mezzo, a fronte di una domanda molto superiore. Oltre due punti percentuali il rendimento, ai massimi da due anni, segno che il rischio-Paese è percepito come più elevato: il buon esito della collocazione ha però fatto scendere gli spread con i bund tedeschi, dopo che in mattinata erano schizzati oltre i 200 punti. In sofferenza anche gli altri Paesi dell'area mediterranea: la Banca Nazionale portoghese ha stimato una recessione per il 2011, pari all'1,3% del Pil. Domani Lisbona è attesa alla prova dei mercati, con un miliardo di titoli di Stato in collocazione: anche oggi il premier Socrates ha ribadito che il Portogallo non chiederà prestiti, ma la verità è che domani le sue parole andranno al test dei mercati. In Spagna, l'omologo Zapatero stima in poco più di due punti la crescita nel prossimo quinquennio, e promette di centrare il target di riduzione del deficit.

11/1/2011

L'economia europea ancora sotto i riflettori.

Europa ancora al centro delle tensioni sui mercati, in una settimana che potrebbe rivelarsi decisiva per il futuro -prossimo- dell'euro. La novità più importante arriva dal Giappone: Tokyo -sulle orme della Cina- ha annunciato che acquisterà bond di nuova emissione da parte del Fondo di salvataggio europeo. Lo ha annunciato il ministro delle Finanze, Yoshihiko Noda, ipotizzando una quota del 20%. Sempre il Giappone ha deciso di stanziare 100 miliardi di yen, circa 1 miliardo di euro, come primo aiuto per la crisi del debito dell'Irlanda, sottoscrivendo i bond che saranno emessi dalla European Financial Stability Facility. Tutti gli occhi sono però ancora puntati sul Portogallo, dove la Banca nazionale ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita per il 2011, indicando che il Pil dovrebbe diminuire del 1,3% quest'anno. La crescita tornerà solo nel 2012. A longitudini più orientali, il premier spagnolo Zapatero ha annunciato una crescita dell'economia del Paese ''dal 2 al 2,5% circa'', tra il 2011 e il 2015. I mercati intanto tengono sotto pressione l'Eurozona: questa mattina Spagna, Portogallo, Grecia, Irlanda, ma soprattutto Italia, hanno fatto registrare spread record nei confronti del bund tedesco. Solo nel pomeriggio è tornata un po' di calma. Intanto il premier poroghese Josè Socrates ripete un copione già visto: "non chiederemo aiuti esterni", ha ribadito anche oggi.

10/1/2011

Dopo un finale di settimana di grande tensione per i titoli di Stato europei, con i bond portoghesi rifiutati dalla Svizzera e quelli italiani che hanno fatto registrare nuovi rialzi nello spread con i Bund tedeschi, riaprono oggi i mercati. L'Eurozona rischia di tornare nuovamente nel mirino della speculazione.

Archiviati i festeggiamenti per l'ingresso dell'Estonia nell'Eurozona lo scorso Capodanno, l'euro riannoda la sfida coi mercati, dopo l'autunno di passione appena concluso. Indiscrezioni di stampa indicano che il prossimo Paese a finire sotto pressione, affinchè chieda accesso al fondo di salvataggio comunitario, sarà il Portogallo. L'iniziativa è tutta franco-tedesca: gli esperti economici dei due Paesi sono infatti convinti che Lisbona non riuscirà più a finanziarsi sui mercati internazionali, a causa dei rendimenti sempre più alti dei suoi titoli di Stato. Dopodomani è prevista l'asta dei titoli a dieci anni: le previsioni ipotizzano un ulteriore forte incremento dei rendimenti. Un braccio di ferro che potrebbe portare -nel breve termine- Lisbona a capitolare, seguendo il destino di Grecia e Irlanda. Il Belgio intanto si unisce al gruppo di Paesi nel mirino della speculazione, a causa di un imbarazzante stallo politico, che impedisce la formazione -da oltre 200 giorni- di un nuovo Governo, mentre l'Irlanda attende per dopodomani la prima tranche di aiuti del fondo di salvataggio europeo. Sempre mercoledì, la Commissione Europea lancerà ufficialmente il primo semestre europeo di coordinamento delle politiche economiche, deciso lo scorso anno sull'onda della crisi. Bruxelles farà il punto della situazione, e invierà raccomandazioni agli Stati membri, sugli indirizzi macroeconomici da adottare. Una prima assoluta per l'Unione Europea.

7/1/2011

Attesa per l'incontro -oggi a Budapest- tra la Commissione Europea e il Governo ungherese, da una settimana alla guida dell'Unione. Al centro della discussione la contestata legge-bavaglio sulla stampa. Il premier Orban intanto ha smentito che l'Ungheria discrimini fiscalmente le imprese straniere.

L'insolito braccio di ferro tra Europa e Ungheria si dovrebbe arricchire oggi di un nuovo capitolo, con la tradizionale visita della Commissione Europea al Governo che assume la presidenza dell'Unione. "In effetti siamo partiti col piede sbagliato", ha ammesso ieri il premier Viktor Orban, già ribattezzato il "Putin d'Ungheria" per la legge che ha di fatto messo l'intera stampa del Paese sotto il controllo di un'autorità governativa. Un passo azzardato, sbagliato nella tempistica, come ha ammesso lo stesso Orban, conscio di aver rovinato l'evento storico della prima presidenza ungherese dell'Unione Europea. Tuttavia, il premier conservatore non si è perso d'animo, attaccando Francia e Germania, in un antipasto di quello che potrebbe essere il ritornello del semestre: Budapest contro l'asse Berlino-Parigi. "Un insulto. Troppo frettoloso e non necessario il modo in cui i Governi francese e tedesco hanno reagito alla legge", ha detto Orban, che ha affermato di non ricordare un attacco ungherese alla legge francese sui media. Un riferimento alla possibilità -per il presidente transalpino- di nominare il capo della televisione pubblica. "L'Europa dovrà decidere", ha salomonicamente concluso Orban, lasciando aperta la porta a future modifiche della legge, come già ipotizzato dal Ministro degli Esteri Martonyi. Oggi Orban ne parlerà con José Barroso, presidente della Commissione Europea. Che ha già anticipato la sua posizione al riguardo: "la liberà di stampa è un principio sacro", ha detto Barroso.

2/1/2011

Se esistesse la categoria "moneta" dell'anno, questa andrebbe assegnata -per forza di cose- all'euro. Sicuramente per il 2010... ma forse anche per il 2011. Suo malgrado.

L'anno nuovo riparte da dove si era fermato il vecchio, con la moneta unica ancora sotto la pressione dei mercati internazionali. E con una situazione quantomeno imbarazzante: al Belgio, Paese dalla forte tradizione europeista, succede -col 2011, quale presidente di turno dell'Unione Europea- l'Ungheria. Una vera incognita. Per diversi motivi: innanzitutto Budapest , a differenza di Bruxelles, è fuori dall'Eurozona. In più i titoli di Stato ungheresi sono considerati dalle agenzie di rating poco più che spazzatura: non è esattamente come se l'Irlanda o la Grecia assumessero il timone dell'Europa, ma l'immagine economia che proietta l'Ungheria è tutto, fuorché in salute. A fine 2008 Budapest negoziò un pacchetto di salvataggio pari a 25 miliardi di dollari con la comunità internazionale, poi sospeso per divergenze di vedute: intanto l'economia resta instabile e il fiorino si deprezza. Come se non bastasse, è arrivata pure la vergognosa legge-bavaglio sulla stampa, votata con astuto tempismo dal governo del premier Orban: legge che ha isolato l'Ungheria in Europa, ancor prima che cominciasse la presidenza. Ma al di là di chi sarà il capitano a traghettare l'Unione nelle difficili acque finanziarie dell'anno che si apre, il vero nodo da sciogliere riguarda l'efficacia della governance economica: il primo semestre del 2011 vedrà per la prima volta un coordinamento delle politiche di bilancio. Nelle prossime settimane prenderanno il via nuovi stress tests bancari, mentre entro marzo dovrebbe essere messo a punto il nuovo fondo anticrisi permanente, insieme a un rafforzamento del patto di stabilità. Basterà, a restituire pace all'euro, allontanando gli scenari peggiori?

31/12/2010

Da domani l'Eurozona potrà contare su un altro Paese membro: l'Estonia, col primo gennaio, adotterà l'euro come moneta ufficiale.

Potrà sembrare paradossale, ma proprio in uno dei periodi più turbolenti nella storia dell'euro, il club della moneta unica si allarga: domani l'Estonia diverrà il diciassettesimo Paese ad adottare l'euro. Scaramanzie a parte, si tratta del terzo Stato ex-comunista a introdurre la moneta unica, dopo Slovenia e Slovacchia. La piccola Tallinn attende con ansia il Big Ben monetario, incurante della tempesta che attraversa la nave europea: forte dei sette bilanci consecutivi in attivo, e di un debito che non arriva al 10% del Pil - una vera chimera per l'Italia, l'Estonia vede nell'euro -parole del premier Andrus Ansip- un trampolino di lancio per ottenere "più posti di lavoro, pensioni più alte e una crescita economica elevata. Oltre che la stabilità". Velocissimo il periodo di transizione: il 15 gennaio la corona estone cesserà completamente il suo corso legale. Con gli estoni salgono a quota 330 milioni i cittadini europei che condividono la moneta unica. Anche se -per uno scherzo della storia- a gestire l'anno che si apre, prevedibilmente cruciale per le sorti future dell'euro, saranno due Paesi che hanno perso parecchia voglia di entrare a far parte del club. Presidenti di turno dell'Unione Europea -nel 2011- saranno prima l'Ungheria e poi la Polonia, il cui ingresso nell'Eurozona non avverrà -se tutto va bene- prima del 2015. Sotto le loro presidenze si definirà il nuovo patto di stabilità e il meccanismo permanente del fondo di salvataggio per i Paesi a rischio default.

29/12/2010

Scontro tra Russia da una parte, e Stati Uniti ed Unione Europea dall'altra, sul nuovo verdetto di colpevolezza nel caso dell'ex-oligarca Mikhail Khodorkovsky.

Il caso Khodorkovsky scuote i rapporti tra Russia e Occidente: "pressioni inaccettabili", così il Ministero degli Esteri di Mosca ha definito gli interventi diplomatici di Europa e Stati Uniti, sull'onda del nuovo giudizio di colpevolezza contro l'ex-oligarca, accusato di appropriazione indebita e riciclaggio, per una somma pari a circa 100 milioni di dollari. Il secondo processo si sta avviando a una conclusione scontata, con un verdetto -atteso entro Capodanno- che vedrà Khodorkovsky colpevole, condannandolo a un prolungamento della detenzione in carcere. Anche per la prossima decade. O almeno fino al 2017. Il giorno dopo la reazione della comunità internazionale, la Russia ha cercato a fatica di ricondurre la guerra contro gli oligarchi a una faccenda tutta interna. Con la benedizione del potente premier Vladimir Putin, nemico numero uno degli ex-magnati: "le reazioni europee ed americane sono tentativi di far pressione sulla Corte, la vicenda è di competenza del sistema giudiziario della Federazione". Così il comunicato del Ministero degli Esteri russo, che non lascia spazio a interpretazioni, e che suona come un attacco frontale sia al segretario di Stato americano Clinton, sia all'Alto Rappresentantante europeo Ashton, che avevano espresso preoccupazione per quella che la Casa Bianca ha definito un'applicazione "selettiva" della giustizia. Preoccupata la Germania, nessuna reazione ufficiale invece dall'Italia.

21/12/2010

C'è subito da premettere: succedono cose peggiori. Ma commettere errori di questo genere, nel Paese più euroscettico del Continente, rappresenta davvero un bel regalo di Natale alla stampa di Sua Maestà. Sempre in cerca di eurobufale. Vere o finte, non importa.

Stavolta -però- pare verissima: la Commissione Europea ha recentemente spedito -nelle scuole del Regno Unito- la bellezza di 330mila diari scolastici, nell'intento di promuovere l'ideale comunitario tra i giovani inglesi. Intento forse un po' naive, in un'era sempre più tecnologica, ma comunque apprezzabile. Il diavolo si nasconde però nei dettagli, come recita un celebre detto: dettaglio -in questo caso- natalizio. E qui Babbo Natale ha giocato davvero un brutto scherzo, alle istituzioni europee: a mancare, tra le festività religiose segnate sul diario, è proprio il giorno di Natale. Al suo posto, sulla casella del 25 dicembre, compare una frase decisamente laica: "un amico vero è colui che condivide le tue preoccupazioni, raddoppiando la tua gioia". Un po' poco, soprattutto se consideriamo che sull'agenda figurano -in cambio- tutte le principali festività delle religioni musulmana, hindu, sikh, ebrea, e persino cinese. Né poteva ovviamente mancare il 9 maggio, Festa dell'Europa. Immediata la levata di scudi della Chiesa Cattolica, che ha definito l'amnesia "sorprendente". Gli europarlamentari del Partito Popolare hanno invece colto l'occasione per criticare il biglietto di auguri della Commissione Europea, che ha adottato la più laica formula dei "Season's Greetings", senza citare il Natale. Relativamente ai diari, Bruxelles ha parlato di una svista, probabilmente legata alle amnesie di qualche -approssimativo- redattore. Ma c'è proprio da dire che -quando c'è di mezzo Londra- l'Europa riesce sempre a complicarsi un po' la vita.

20/12/2010

Brevetto europeo. Nuove aperture della prossima presidenza ungherese dell'Unione, dopo la sconfitta italo-spagnola. Proprio l'Ungheria ha approvato le ultime disposizioni sulla "legge bavaglio", contro la stampa.

Nuovo colpo di scena nella querelle sul brevetto europeo, che sembrava essersi ormai avviata sulla strada di una cooperazione rafforzata senza l'Italia, nell'ottica di un regime trilingue. La nuova presidenza ungherese dell'Unione Europea, che entrerà in carica a gennaio, ha annunciato che -entro marzo- proverà a cercare una soluzione accettabile per tutti i Paesi membri, aprendo così alle posizioni italo-spagnole, da sempre ostili al trilinguismo, ma sconfitte nell'ultimo vertice ministeriale. ''Faremo del nostro meglio per trovare una soluzione che vada bene a tutti gli Stati", ha detto il Ministro degli Esteri ungherese Janos Martonyi. Che ha però precisato: la cooperazione rafforzata resta la via d'uscita, in caso di un'ulteriore disaccordo. Proprio il Governo ungherese, di centrodesra, ha però macchiato il suo esordio al timone dell'Europa, con l'approvazione finale della cosiddetta "legge-bavaglio", che garantisce all'esecutivo un controllo spropositato sui media. Nei fatti, l'Autorità Nazionale delle Telecomunicazioni, nominata dal partito di maggioranza, potrà sanzionare con multe salate la stampa, qualora violasse un non meglio precisato "interesse pubblico". Tutte le redazioni della radiotelevisione pubblica confluiranno in un unico centro, che garantirà un confezionamento uniforme dei notiziari. Persino i giornalisti investigativi dovranno rivelare le proprie fonti.

17/12/2010

Battute finali per il vertice europeo, oggi a Bruxells, con il minimo risultato possibile: ieri sera i 27 leader hanno dato l'ok al meccanismo anticrisi permanente, che garantirà -dal 2013- un fondo salva-Stati strutturato, per quei Paesi che dovessero rischiare il default.

Soddisfatto -al suo arrivo questa mattina al vertice- il presidente della Commissione Europea José Barroso. BARROSO:

Si tratta di una decisione molto importante, che garantirà stabilità all'Eurozona. Spero che oggi ci sarà l'approvazione formale di queste importanti conclusioni.

E in mattinata è arrivata proprio la conferma ufficiale: entro marzo al più tardi occorrerà mettere a punto i dettagli del fondo anticrisi permanente. Entro la fine del 2012 saranno completate le procedure nazionali di ratifica per la correzione del Trattato di Lisbona, con l'avvio operativo del meccanismo previsto per gennaio 2013. Il fondo, secondo la cancelliera tedesca Angela Merkel, sarà "dotato di risorse sufficienti". Sui conti pubblici, i 27 leader hanno poi affermato di voler rispettare pienamente gli obiettivi di bilancio per il 2010 e il 2011, e di voler correggere i disavanzi eccessivi entro i termini concordati. E il premier Berlusconi , intervenendo questa mattina al vertice, ha difeso l'idea degli Eurobond, sostenendo che la loro emissione è un'ipotesi che ''merita di essere studiata nella sua fattibilità''. Contro gli Eurobond si è intanto scagliato duramente il presidente della Bundesbank tedesca Axel Weber: "svuoterebbero la responsabilità di bilancio dei Paesi", ha detto.

17/12/2010

Tutto secondo copione al Consiglio Europeo, che si chiude oggi a Bruxelles.

Per dirla con il presidente dell'Unione Herman Van Rompuy, "la determinazione dei leader, nel realizzare tutto ciò che sarà necessario per assicurare la stabilità dell'Eurozona, è chiara". Via libera dunque al Fondo salva-Stati permanente, che entrerà in funzione nel 2013 per soccorrere i Paesi in difficoltà. Da quella data, il fondo diverrà strutturale, e verrà reso disponibile agli Stati che lo richiederanno. Per il varo si sono rese necessarie minime modifiche al Trattato di Lisbona, che consentiranno -dalla primavera- i processi di ratifica nazionali. Come previsto, l'unità europea è però andata in frantumi su altri due dossier in primo piano: la proposta italo-lussemburghese per il varo di eurobond, sollevata nel corso della cena dei leader, non ha raccolto consensi sufficienti - anche perché si è scontrata con il "no" di Germania e Francia. Che -nella sostanza- hanno affermato: ok agli eurobond, ma solo se si realizza una convergenza anche sulla politica fiscale. Pure l'aumento della dote finanziaria dell'attuale fondo salva-Stati, quello temporaneo, "per ora non si pone", come ha affermato sempre Van Rompuy. E se ieri la Bce ha varato un consistente aumento di capitale per fronteggiare i possibili rischi derivanti dai titoli obbligazionari acquistati, l'Fmi ha criticato la lentezza e la frammentarietà dell'Europa nel prendere decisioni per fronteggiare la crisi.

17/12/2010

Nessuna sorpresa al Consiglio Europeo in corso a Bruxelles, dove i 27 leader hanno approvato -come atteso- il Fondo salva-Stati permanente, che prenderà il via nel 2013 per andare in soccorso dei Paesi in difficoltà.

Da quella data, se sarà ritenuto indispensabile, il fondo sarà strutturale e verrà reso disponibile per gli Stati che lo richiederanno. Per il via libera si sono rese necessarie minime modifiche al Trattato di Lisbona, che consentiranno -dalla primavera- i processi di ratifica nazionali. I sedici leader dell'Eurozona hanno aggiunto una dichiarazione comune, nella quale si sono detti pronti a "fare tutto quanto sarà necessario per assicurare la stabilità monetaria". Come previsto, l'unità europea è però andata in frantumi su altri due dossier in primo piano nel dibattito: la proposta italo-lussemburghese per il varo di eurobond, sollevata nel corso della cena dei leader, non ha raccoto consensi sufficienti - anche perché si è scontrata con il "no" di Germania e Francia. Che -nella sostanza- hanno affermato: ok agli eurobond, ma solo se si realizza una convergenza anche nella politica fiscale. Pure l'aumento della dote finanziaria dell'attuale fondo salva-Stati, quello temporaneo, "per ora non si pone", come ha affermato il presidente europeo Van Rompuy. E se ieri la Bce ha varato un consistente aumento di capitale per fronteggiare i possibili rischi derivanti dai titoli obbligazionari acquistati, l'Fmi ha criticato la lentezza e la frammentarietà dell'Europa nel prendere decisioni per fronteggiare la crisi.

16/12/2010

E' in corso da poco più di un'ora a Bruxelles il Consiglio Europeo dei 27 leader comunitari. Ecco cosa ha dichiarato il presidente della Commissione José Barroso, al suo arrivo, perché sintetizzando il nucleo dell'agenda dei lavori.

Barroso: "Ci concentreremo sulla decisione di stabilire un meccanismo permanente anticrisi per l'Eurozona, e su una revisione limitata del Trattato. Questo è il segnale che possiamo lanciare, per dimostrare l'assoluta determinazione dei leaders europei nel fare tutto quanto è possibile per poteggere l'euro, la stabilità finanziaria e la stessa Unione Europea." Due tegole si sono però abbattute quasi in simultanea sul vertice: la più recente costituita dalle dichiarazioni del direttore dell'Fmi Strauss-Kahn, che ha dichiarato: questo vertice non otterrà molto. L'Europa deve superare l'"approccio frammentario'', adottato per la crisi greca e irlandese, e trovare una soluzione piu' ampia, ha chiesto Strauss-Kahn. L'altra tegola è stato l'annuncio di Moody's, che ha messo sotto osservazione il rating della Grecia, per un possibile declassamento. Il vertice darà in ogni caso l'ok a una revisione minima del Trattato per consentire il varo del fondo permanente anticrisi, mentre difficilmente avvierà una discussione concreta sull'idea degli eurobond. E anche l'incremento del fondo temporaneo pare in serio dubbio. Oggi la Bce ha varato un aumento di capitale da 5 miliardi di euro, raddoppiando praticamente il proprio capitale. L'aumento riflette un ''rischio di credito'' piu' alto, per Francoforte.

16/12/2010

E' iniziato da poco il Consiglio Europeo a Bruxelles, con un'agenda ridotta al minimo. I 27 dovranno decidere sulle modifiche del Trattato necessarie per rendere permanente il fondo anticrisi.

Un obiettivo -quello dello scudo definito- sul quale tutti sembrano convergere: la cancelliera tedesca Angela Merkel ha usato toni finalmente distensivi, dopo settimane burrascose, sull'onda della crisi irlandese. "Vengo a questo vertice per inviare un messaggio chiaro e deciso per l'Europa e l'euro. Serve stabilità", ha detto Angela Merkel, che ha definito il fondo permanente come un'importante dimostrazione di solidarietà tra gli Stati dell'eurozona. Gli occhi dei mercati sono tutti puntati sulle decisioni che verranno prese tra oggi e domani: anche la Gran Bretagna, con il premier David Cameron, si è detta d'accordo al fondo anticrisi permanente. Meno unità sembra esserci sull'incremento del fondo temporaneo, che finora ha coperto Grecia e Irlanda, e che potrebbe arrivare a fare da scudo anche a Spagna e Portogallo, mentre sembra essere decisamente fuori discussione un avvio di discussione sugli eurobond, idea proposta tra gli altri dal Ministro italiano Tremonti. Intanto la Banca Centrale Europea ha varato un aumento di capitale da 5 miliardi di euro, raddoppiando praticamente il capitale dell'istituto. L'aumento riflette anche un ''rischio di credito'' piu' alto, ha precisato Francoforte.

15/12/2010

Nessuna varazione della Fed sui tassi: in Europa intanto l'Italia fa segnare un nuovo record per il debito pubblico. Giovedì e venerdì a Bruxelles il Consiglio Europeo deciderà sul nuovo meccanismo permanente anticrisi.

Lascia invariati i tassi la Federal Reserve americana, tra lo 0 e lo 0,25%: la ripresa dell'economia Oltreoceano prosegue, ma ad un ritmo insufficiente per abbattere il tasso di disoccupazione. Così il braccio di politica monetaria della Fed ha motivato la decisione: nonostante le spese delle famiglie americane siano aumentate con moderazione, l'alta disoccupazione, i redditi in lieve crescita, le precarie condizioni del mercato immobiliare e quelle -difficili- del credito suggeriscono alla Banca Centrale americana di mantenere basso il costo del denaro. La stessa Fed conferma in 600 miliardi di dollari l'obiettivo del programma di acquisto dei titoli di Stato. Il tutto mentre -in Europa- la Bce ha lanciato ieri un nuovo appello, in vista del vertice di domani dei leader comunitari, affinché si aumenti il fondo di salvataggio per i Paesi in difficoltà, prevedendo al contempo un sistema di sanzioni più rigoroso per i Paesi a rischio sui conti. Proprio su questo fronte -ieri- l'Italia ha fatto segnare un nuovo record del debito pubblico, che ha toccato l'astronomica cifra di 1867,39 miliardi di euro. Mentre calano le entrate tributarie. Sul mercato dei bond, la Spagna ha collocato a caro prezzo i suoi bonos, raccogliendo oltre due miliardi e mezzo, ma con tassi di rendimento in crescita di oltre punto rispetto a un mese fa. E il Portogallo si affiderà invece alla Cina, con Pechino disposta a comprare parte del suo debito.

13/12/2010

La Libia contro l'Europa sul fronte immigrazione: o Bruxelles aumenta gli stanziamenti, oppure Tripoli diminuirà il controllo alle frontiere.

Nuovo ricatto libico all'Europa: Tripoli diminuirà gradualmente il suo impegno per fermare l'immigrazione illegale verso il Vecchio Continente, se l'Unione Europea non rispondera' alle richieste di fondi dalla stessa Libia. ''Se non ci sono soldi, non ci sara' sicurezza e non ci saranno guardie ai confini'', ha affermato Abdalfatah Ynes Elabedi, ministro della Pubblica sicurezza, a margine di un incontro tra ministri dell'Interno del nord Africa e dell'Europa del Sud. Elabedi ha poi provato ad ammorbidire i modi, aggiungendo che difficilmente si arriverà a questo punto, poiché sarebbe un disastro per gli europei. Per monetarizzare il tutto, Tripoli chiede ben cinque miliardi di euro all'Unione, per affrontare l'emergenza immigrazione e arginare i flussi di clandestini. Una cifra enorme, 250 volte superiore a quella che Bruxelles stanzia ogni anno alla stessa Libia, per aiutarla a gestire i flussi migratori. La Commissaria Europea all'Immigrazione Cecilia Malmstroem, intervistata da Radio 24 un mese e mezzo fa, respinse con fermezza la sola ipotesi di uk OK alle richieste del regime di Gheddafi. L'ambasciatore italiano in Libia, Vincenzo Schioppa, ha risollecitato Bruxelles a condividere con Roma il finanziamento del controllo delle frontiere libiche.

9/12/2010

Chi comanda oggi in Europa? E' questa la domanda d'attualità, dopo tre giorni di veti incrociati, in un Continente indebolito dalla crisi, la cui governance appare in affanno.

La Germania ha opposto ben due "nein" in sede di Eurogruppo, il più pesante sull'incremento dell'attuale fondo salva-Stati. E ha vinto, superando le pur significative resistenze di Bce, Fmi e di altri Paesi. Anche perché -è noto- gli assegni più grossi li stacca proprio Berlino, quando occorre concedere prestiti. Ieri un altro veto, questa volta a firma italo-spagnola, sull'introduzione di un regime trilingue nel nuovo brevetto unico europeo, la cui pratica langue da dieci anni. L'Italia si era detta disponibile o a un regime di lingua unica, o di più lingue, allargate all'italiano. Ma la Commissione Europea, spalleggiata da quasi tutto l'asse nordico -Germania e Francia incluse- intende introdurre una cooperazione rafforzata a dieci o dodici Paesi, che andranno avanti comunque col progetto a tre lingue. Chi vorrà, potrà aggregarsi dopo. Si tratterebbe della seconda volta in cui questa formula viene utilizzata. "E' inaccettabile", ha tuonato l'ex-Ministro degli Affari Europei Andrea Ronchi. Ronchi, che ha seguito il dossier, domani non sarà a Bruxelles a difendere la posizione italiana. Ci sarà un sottosegretario. Un altro effetto della crisi politica. Il premier italiano Berlusconi e l'omologo spagnolo Zapatero hanno scritto una lettera alle massime autorità comunitarie, invitandole a bloccare questa cooperazione rafforzata. Sembra però che l'unico stop possa essere politico: i servizi giuridici avrebbero infatti già dato l'ok. Domani il terreno di scontro sarà il Consiglio Competitività. Resta però la domanda: qual è il reale peso dell'Italia, e più in generale della fascia mediterranea, oggi - in Europa?

8/12/2010

Primo passaggio positivo al Parlamento irlandese della manovra di austerità da 6 miliardi per il 2011: per l'approvazione definitiva occorrerà aspettare però i prossimi giorni. Ieri via libera dell'Ecofin al maxiprestito per Dublino.

Primi ostacoli superati per la manovra più draconiana nella storia della Repubblica d'Irlanda: ieri -a tarda sera- il Parlamento ha votato, con un margine di soli cinque voti favorevoli, il primo pacchetto di misure: ha avuto l'ok l'incremento delle tasse sul carburante, che porteranno nelle casse statali oltre 100 milioni di euro nel 2011. Nei prossimi giorni si giocherà il destino complessivo della Finanziaria dell'ex-Tigre Celtica, con ulteriori tre -cruciali- votazioni. Ieri a Dublino si è vissuta una giornata drammatica. Il Ministro delle Finanze, Brian Lenihan ha così concluso il suo accorato intervento al Dail, il Parlamento, nel quale ha illustrato i contenuti della manovra: incremento delle tasse, taglio delle pensioni pubbliche e di numerosi benefits sociali, sforbiciata pure per i salari di premier e ministri. Nelle stesse ore, a Bruxelles, l'Ecofin dava il via libera definitivo al piano di aiuti da 85 miliardi di euro per Dublino, sponsorizzato da Europa ed Fmi. La prima tranche di prestiti arriverà a gennaio. Nulla di fatto né sull'incremento del fondo salva-Stati, chiesto dall'Fmi ma respinto dalla Germania, né sulla proposta di Eurobond, rilanciata dal Ministro Tremonti, ma stoppata sempre da Berlino. "L'idea andrà lontano", ha ribadito Tremonti.

7/12/2010

Si preannuncia come una serata calda, quella di oggi, per l'Irlanda, dove va al voto parlamentare il bilancio lacrime e sangue da 6 miliardi di euro per il 2011. Centrale l'intervento del Ministro delle Finanze Brian Lenihan.

Lenihan ha lanciato un messaggio di allarme, facendo appello a tutte le forze politiche, affinché votino il budget: "senza alcun sostegno, ci sono seri dubbi sulla tenuta dello Stato e delle banche", ha detto. Il Ministroirlandese ha delineato i punti-chiave: incremento della base fiscale, riduzione del 4% nei pagamenti del welfare, aumento dei prezzi di benzina e gasolio. Tra un'ora il primo dei voti: la maggioranza del Fianna Fail se la gioca sul filo del rasoio, con l'appoggio di due indipendenti. Oggi intanto, e ci spostiamo a Bruxelles, l'Ecofin ha dato il via libera al piano di aiuti da 85 miliardi di euro proprio per Dublino, sponsorizzato da Europa ed Fmi. Sulla proposta di Eurobond, non si scoraggia il Ministro Tremonti, nonostante lo stop europeo: "un'idea che viene da lontano, e che andrà lontano", ha detto. infine, i Ministri delle Finanze hanno approvato un'importante direttiva sullo scambio di informazioni contro l'evasione fiscale. Il testo prevede che gli Stati membri non possano piu' opporre il segreto bancario, a protezione dei dati richiesti da un altro Paese, circa un contribuente detentore di un conto bancario all'estero.

7/12/2010

Nulla di fatto ieri sera all'Eurogruppi sul raddoppio del fondo anticrisi e sulla proposta di emissione di obbligazioni europee.

La Germania vince la doppia battaglia su fondo anticrisi ed Eurobond: il "no" di Berlino ha sterilizzato la discussioni -ieri- all'Eurogruppo. Klaus Regling, a capo della European Financial Stability Facility, e tedesco lui stesso, sintetizza così la serata: "il denaro a disposizione del fondo salva-Stati è sufficiente, per l'Irlanda useremo meno di un decimo del potenziale a nostra disposizione". Il presidente dell'Eurogruppo Juncker resta muto: a nulla è valso l'appello del direttore dell'Fmi Strauss-Kahn, volato appositamente a Bruxelles per proporre l'incremento del fondo. Inutile pure l'appello del presidente della Bce Trichet: la Germania, primo contribuente, ritiene più importante concentrarsi sulla definizione del futuro meccanismo anticrisi permanente. Sempre Berlino blocca sul nascere il rilancio dell'idea di obbligazioni europee, caldeggiate ieri dallo stesso Juncker e dal Ministro Tremonti sul Financial Times. "Le attuali norme del Trattato non permettono eurobond", fa sapere Berlino. La Commissione Europea fa spallucce, senza offrire sponde. Il titolare dell'Economia Olli Rehn si limita a dire, ''la ripresa e' in atto, ma serve un contenimento dei focolai, perche' non diventino veri e propri incendi''. Oggi il Parlamento irlandese vota la manovra di austerità: il Governo dovrebbe farcela, grazie a due deputati indipendenti. Sul filo del rasoio.

6/12/2010

Paesi dell'Eurozona divisi all'Eurogruppo in corso in queste ore a Bruxelles, sui due temi all'ordine del giorno. Il lancio di eurobond, riproposto oggi sul Financial Times dal Ministro Tremonti e dal presidente dell'Eurogruppo Juncker, e l'incremento del fondo di salvataggio dell'Eurozona.

Sulla prima questione, il Commissario all'Economia Olli Rehn ha lasciato scivolare poco fa la domanda, definendo gli Eurobond "un'idea attraente, ma di cui si discute da tempo". Come dire: l'idea è sul tavolo, sono gli Stati membri a dover decidere. Rehn ha ben presente le posizioni tedesche sulla questione, ribadite oggi dal Ministro delle Finanze Wolfgang Schaeuble: prima occorre cambiare i trattati, poi si potrà emettere i bond. Sul secondo fronte, l'incremento del fondo salva-Stati, a premere è il Fondo Monetario Internazionale, che propone di aumentare le risorse del Fondo di salvataggio europeo, estendendo il ruolo della Bce nel fornire liquidita' alle banche in difficolta', e nell'acquistare titoli pubblici dei Paesi piu' colpiti dalla crisi dei debiti sovrani. Anche sull'incremento del fondo le migliori intenzioni si scontrano una volta di più con il freno imposto dalla Germania, riesplicitato dalla cancelliera Angela Merkel, mentre la Spagna nega -col Ministro dell'Economia Elena Salgado- che Madrid sarà uno dei prossimi Paesi a chiedere accesso ai prestiti internazionali.

6/12/2010

Settimana cruciale per l'Eurozona: oggi e domani a Bruxelles i Ministri dell'Economia e delle Finanze discuteranno del fondo salva-Stati. Domani il Parlamento irlandese vota la Manovra di austerità.

Un altro mese di passione per l'Eurozona si apre oggi con la due giorni di Eurogruppo ed Ecofin, preceduta ieri sera da una cena informale dei vertici dell'Unione. Una riunione servita soprattutto a fare il punto sulla crisi finanziaria, che per quasi tutta la scorsa settimana ha tenuto le borse con il fiato sospeso. Saranno due i fronti di intervento per i Ministri finanziari: il primo la messa a punto del futuro meccanismo anticrisi permanente, su cui si è raggiunto l'accordo a ottobre. Tuttavia -più a breve termine- si affaccia l'ipotesi di un potenziamento dello European Financial Stability Fund, varato a maggio sull'onda della crisi greca. Il presidente della Bce Trichet prima e la presidenza belga dell'Unione poi, col Ministro delle Finanze Reynders, hanno proposto di potenziarlo, per calmare i mercati e rassicurare gli investitori, già innervositi dalle ipotesi tedesche di un coinvolgimento dei privati nelle ristrutturazioni dei debiti sovrani. Ma proprio la Germania è la più recalcitrante ad ulteriori concessioni verso gli Stati con i conti fuori posto. Oggi Dominique Strauss-Kahn potrebbe annunciare la sua disponibilità a raddoppiare, portandolo a 500 miliardi, il contributo dell'Fmi al fondo salva-Stati. Gli occhi saranno puntati anche verso Dublino, dove domani si vota la manovra lacrime e sangue: il Governo di Brian Cowen conta sull'appoggio di due indipendenti per farla passare in Parlamento. Altrimenti si rischia il baratro del default.

5/12/2010

Cena informale questa sera tra i vertici dell'Unione Europea, in vista del doppio appuntamento Eurogruppo-Ecofin di domani e martedì. I mercati finanziari osservano con estrema attenzione le mosse europee, in vista della riapertura di domani.

Si apre questa sera una due giorni forse decisiva per l'economia europea, con una cena informale tra i vertici dell'Unione a Bruxelles. Il presidente europeo Van Rompuy, quello dell'Eurogruppo Juncker, della Commissione Barroso e il Ministro belga delle Finanze Reynders, presidente di turno: questi i protagonisti annunciati del meeting, cui potrebbe aggiungersi il presidente della Bce Trichet. La pressione sta montando di ora in ora, affinchè l'Eurozona incrementi il fondo di salvataggio per i Paesi a rischio crac finanziario, attualmente equivalente a 750 miliardi di euro. Il primo a lasciar intendere che questa mossa sarebbe fondamentale, per convincere gli investitori e calmare i mercati, è stato Trichet. Ieri anche il belga Reynders ha sostenuto l'idea. Un'ipotesi che entra però in rotta di collisione con il peso massimo tedesco: la Merkel, spalleggiata dal francese Sarkozy, non intende allargare ulteriormente i cordoni della borsa. Sullo sfondo, ci sono i negoziati per rendere permanente il meccanismo anticrisi a partire dal 2013.

1/12/2010

Chiusura negativa per le Borse europee ieri: Francoforte ha perso lo 0,14%, Parigi lo 0,73%, Londra si ferma a -0,41%. Anche a Milano indici negativi, con il Ftse It All Share che ha chiuso a -1,02%. Sempre ieri ha parlato Trichet.

"Non c'è alcun rischio per la stabilita' finanziaria dell'Eurozona". L'Irlanda e la Grecia sono ''solventi'', Così il presidente della Banca Centrale Europea Jean Claude Trichet, ha provato a tranquillizzare i mercati, in una giornata ancora difficile per le piazze finanziarie. Trichet, che ha spiegato come la dinamica di fondo dell'economia dell'area euro resti positiva, ha respinto l'idea di una guerra dei cambi, prima di ribadire la necessità di un giro di vite più deciso sui debiti pubblici. Sui mercati la tensione ha dominato buona parte della giornata. Ad accusare i colpi maggiori sono stati ancora i titoli di Stato: il differenziale tra i BTp italiani e il Bund tedesco ha toccato ieri mattina i 210 punti base, nuovo record dalla nascita dell'euro. Lo spread tra Spagna e Germania si è attestato poco sotto i 300 punti base: "fluttuazioni a breve termine", per il segretario all'Economia spagnolo Campo. L'euro è infine sceso sotto quota 1,30 dollari, al minimo da oltre due mesi. Ad aggiungere confusione è intervenuto il Ministro della Giustizia irlandese Dermot Ahern, che ha accusato la Bce di aver pesantemente interferito col Governo di Dublino, affinché accettasse il piano di salvataggio a inizio novembre. Per Ahern, Francoforte starebbe ora replicando la stessa tattica con il Portogallo. E per il premier Brian Cowen, l'Irlanda è in grande difficoltà.

30/11/2010

Chiusura negativa per le Borse europee che terminano la seduta in calo: Francoforte ha perso lo 0,14%, Parigi lo 0,73%, Londra si ferma a -0,41%. Anche a Milano indici negativi, il Ftse It All Share ha chiuso a -1,02%. Oggi ha parlato anche Trichet.

E' stata un'altra giornata pesante per l'economia europea, con le ombre minacciose di un possibile contagio "irlandese" che continuano ad aleggiare sull'Eurozona. Nel pomeriggio il presidente della Bce Jean Claude Trichet ha provato a rassicurare i mercati, molto nervosi. Parlando all'Europarlamento, Trichet ha affermato che "non c'è alcun rischio per la stabilita' finanziaria della Zona Euro''. L'Irlanda e la Grecia sono ''solventi'', ha dichiarato Trichet, che ha respinto l'idea di una guerra dei cambi, prima di ribadire la necessità di un giro di vite più deciso sui debiti pubblici. La giornata è stata ancora una volta movimentata per i titoli di Stato: il differenziale tra i BTp italiani e il Bund tedesco ha toccato in mattinata i 213 punti base, record dalla nascita dell'euro. Lo spread tra Spagna e Germania sul segmento a 10 anni si è attestato poco sotto i 300 punti base. L'euro è infine sceso sotto quota 1,30 dollari. Per il direttore esecutivo dell'Fmi Arrigo Sadun, sui mercati sta prevalendo il panico, in questa fase. Sempre per Sadun, i conti italiani sono a posto. Ad aggiungere confusione è intervenuto pure il Ministro della Giustizia irlandese Dermot Ahern, che ha accusato la Bce di aver pesantemente interferito col Governo di Dublino, affinché accettasse il piano di salvataggio a inizio novembre. Per Ahern, Francoforte starebbe replicando la stessa tattica con il Portogallo.

30/11/2010

Chiusura negativa ieri per le principali Borse europee, con Milano (-2,6%), Parigi (-2,4%) e Madrid (-2,3%), che sono state le peggiori di giornata. Bruciati 74 miliardi di euro di capitalizzazione. Intanto, la Commissione Europea ha reso note le nuove previsioni di crescita.

Il maxipiano di aiuti internazionali per l'Irlanda non rassicura i mercati: il premio di rendimento pagato dai Btp italiani decennali rispetto al bund tedesco ha toccato ieri i 200 punti base, un livello mai raggiunto dalla nascita dell'euro. Record anche per i premi di rendimento spagnoli e portoghesi, mentre vola il rischio debito dei due Paesi iberici. Che le inquietudini sui mercati possono minacciare la crescita europea lo ha sottolineato anche la Commissione Europea, che nelle previsioni economiche autunnali ha fotografato un'Europa a due velocità: il Pil continentale crescerà dell'1,8% nel 2010, per salire al 2% nel 2012. Ma le differenze interne restano evidenti: la locomotiva tedesca macina crescita, con un Pil a +3,7%, mentre finiscono in recessione Irlanda, Grecia e Spagna. A livello di deficit, batte ogni record l'Irlanda, 32,3% quest'anno. La Grecia sfonderà nel 2012 il muro del 156% di debito sul Pil. La crescita italiana resta anemica: +1,1% quest'anno e il prossimo, +1,4% nel 2012, al di sotto della media europea. Va meglio sul fronte del deficit, quest'anno al 5% del Pil: tra due anni però non scenderà -come auspicato- sotto il 3%. Continuiamo ad avere il secondo peggior debito pubblico: il prossimo anno supererà quota 120%. Per il Commissario all'Economia Olli Rehn, l'Italia deve essere pronta a prendere misure aggiuntive per risanare il deficit. Pesano, sulla crescita del Belpaese, le debolezze strutturali dell'economia.

29/11/2010

Chiusura nettamente negativa per le principali Borse europee, con Milano (-2,6%), Parigi (-2,4%) e Madrid (-2,3%), che sono state le peggiori di giornata. Bruciati 74 miliardi di euro di capitalizzazione bruciata in una sola seduta. Oggi la Commissione Europea ha reso note le nuove previsioni di crescita.

Restano alte le tensioni sui mercati, in una giornata nera per le Borse: oggi il premio di rendimento pagato dai Btp italiani decennali rispetto al bund tedesco ha toccato i 200 punti base. Materialmente i nostri Btp devono offrire due punti di rendimento in più per trovare acquirenti sul mercato. Record anche per i premi di rendimento spagnoli, che viaggiano a 270 punti base. Il tutto mentre appare sempre più un'Europa a due velocità quella emersa dalle previsioni economiche d'autunno, illustrate dal Commissario all'Economia Olli Rehn. Il Pil europeo crescerà dell'1,8% nel 2010. Il 2011 dovrebbe vedere un calo di un decimale, con una crescita al 2% nel 2012. Ma le differenze interne restano evidenti: la locomotiva tedesca macina crescita, con un Pil a +3,7%. In media con l'Europa la Gran Bretagna, mentre la Francia si colloca a +1,6%. In recessione Irlanda, Grecia e Spagna. A livello di deficit, batte ogni record l'Irlanda, 32,3% quest'anno, a fronte di una media dell'Eurozona che -nel 2010- si attesterà al 6,3%. La Grecia sfonderà nel 2012 il muro-record del 156% di debito sul Pil. La crescita italiana resta anemica: +1,1% quest'anno e il prossimo, +1,4% nel 2012, al di sotto della media continentale. Va meglio sul fronte del deficit, quest'anno al 5% del Pil, e a scendere fino al 3,5% tra due anni. Continuiamo ad avere il secondo peggior debito pubblico: il prossimo anno supererà quota 120%. Il piano di consolidamento dei conti dell'Italia va nella giusta direzione, ma ''se necessario provvedimenti ulteriori dovranno essere presi'', ha affermato il Commissario Rehn.

26/11/2010

Mentre Europa ed Fmi si apprestano a dare -dopodomani- l'ok ai prestiti per l'Irlanda, la Germania calma i mercati, ma guarda già al nuovo meccanismo di salvataggio dei Paesi dell'Eurozona in difficoltà.

La linea, la cancelliera tedesca Angela Merkel la ridetta a tarda sera, dopo una conversazione telefonica con il presidente francese Nicolas Sarkozy: rapida conclusione dei negoziati per i prestiti all'Irlanda, nessun raddoppio del Fondo Salva-Stati, infine il varo di un meccanismo di salvataggio post-2013 che sia più rigido. Sul primo punto il traguardo appare vicino: domenica Europa ed Fmi dovrebbero dare l'ok agli 85 miliardi di euro in prestiti, per iniettare liquidità nelle ormai semivuote casse irlandesi. Ieri il premier Brian Cowen ha difeso in Parlamento la manovra lacrime e sangue, e attende con ansia il voto del Dail irlandese, il 7 dicembre. Sul fronte dei mercati, ieri la Merkel ha provato a gettare acqua sul fuoco della crisi: "nessun partner dell'Eurozona avrà bisogno di una ristrutturazione del debito", ha affermato, pronosticando -per l'Europa- un'uscita dalla crisi che la vedrà rafforzata. Intanto la Commissione Europea smentiva un possibile raddoppio del fondo salva-Stati, lasciato intravedere dal Governatore della Banca Centrale Tedesca Axel Weber. Sempre da Bruxelles è giunto l'annuncio che -all'inizio del 2011- partirà una nuova ondata di stress tests, che saranno più rigidi rispetto al passato. Le piazze finanziare restano in tensione: ancora record sui rendimenti dei titoli di Stato spagnoli, mentre indiscrezioni di stampa parlano di pressioni sul Portogallo, affinché accetti gli aiuti europei.

25/11/2010

Rendimenti in leggero rialzo per i BoT a sei mesi assegnati oggi dal Tesoro. L'operazione, per complessivi 8,5 miliardi di euro, e' stata totalmente sottoscritta, con un rendimento salito dello 0,2% rispetto all'ultima operazione.

Nessun partner dell'Eurozona avra' bisogno di una ristrutturazione del debito. La cancelliera tedesca Angela Merkel getta acqua sul fuoco di una crisi che -solo due giorni fa- aveva definito come "eccezionalmente seria". "La Germania vuole un Euro forte e l'Unione europea riemergera' dalla crisi del debito piu' forte", ha aggiunto la Merkel, che sta già lavorando a un nuovo meccanismo salva-Stati post-2013. Intanto la Commissione Europea, che ha negato l'eventualità di un raddoppio dell'attuale fondo anticrisi, ha annunciato che all'inizio del 2011 sono previsti nuovi stress test migliorati per le banche comunitarie, dopo i dubbi sorti intorno a queste prove. Che la scorsa estate non avevano fatto sorgere sospetti intorno alle banche irlandesi. Proprio a Dublino, il premier Brian Cowen ha affermato in Parlamento che il piano quadriennale di risanamento, varato ieri, porterà stabilità economica. Ma i mercati restano sotto tensione: il premio di rendimento che i titoli di Stato spagnoli decennali pagano rispetto ai bund tedeschi ha segnato nuovi record. Proprio Madrid ha imposto limiti rigorosi ai bilanci delle regioni autonome, per allontanare le voci che vogliono la Spagna come la prossima, insieme al Portogallo, sulla linea del fuoco.

24/11/2010

Giornata nera ieri per le borse europee, che hanno bruciato 81 miliardi di capitalizzazione: Milano oltre due punti, cali pesanti anche a Madrid (-3,05%), Parigi (-2,47%), Londra (-1,75%) e Francoforte (-1,72%). L'Fmi mette in guardia sui rischi di un contagio globale.

L'Eurozona torna sulle montagne russe dell'incertezza a soli due giorni dall'annuncio del maxiprestito irlandese. Tutto ruota intorno alla diga eretta a difesa dell'euro: reggerà? La cancelliera tedesca Angela Merkel semina dubbi. Definisce la situazione della moneta unica come "eccezionalmente seria", con l'Irlanda fonte di "grande preoccupazione". Parole che piovono come benzina su una situazione già rovente. Rafforzate dal capo economista dell'Fmi John Lipsky, secondo cui le "turbolenze" nei mercati europei del debito mettono a rischio la ripresa globale. Lipsky avverte del rischio contagio. Un uno-due che affonda i mercati, mentre le prime linee della crisi incassano i colpi. A Dublino i titoli bancari affondano, sull'onda della paura di una mozione di sfiducia contro il premier Brian Cowen, che potrebbe far precipitare i tempi della crisi politica. Indiscrezioni fissano a 85 miliardi il totale dei prestiti internazionali, di cui 35 per le banche. La Spagna ha collocato 3,3 miliardi di titoli, a rendimenti raddoppiati rispetto a un mese fa. Tira invece un sospiro di sollievo la Grecia, dopo l'ok dell'Fmi al piano di risanamento, che fa scattare la prossima tranche del prestito, ma a prezzo di nuove riforme.

23/11/2010

Giornata nera per le borse europee, che hanno bruciato 81 miliardi di capitalizzazione: Milano perde un punto e mezzo percentuale, cali pesanti anche a Madrid (-3%), Parigi (-2,47%), Londra (-1,75%) e Francoforte (-1,72%). L'Fmi mette in guardia sui rischi di un contagio globale.

Il giorno nero delle Borse nasce e si sviluppa sull'onda della tempesta perfetta, tra i bagliori di guerra coreani e le difficoltà economiche dell'Eurozona. La frase che mette in allarme i mercati la pronuncia -all'assemblea degli industriali tedeschi- la cancelliera Angela Merkel a metà pomeriggio: la situazione dell'euro è ''eccezionalmente'' seria. L'Irlanda e' causa di ''grande preoccupazione'', ha dichiarato la Merkel, definendo però "positivo" il piano di aiuti europeo. In neppure un'ora l'euro cade sotto quota 1,34 dollari. A mercati quasi chiusi ci pensa l'Fmi a lanciare la nuova allerta: le ''turbolenze'' nei mercati europei del debito mettono a rischio la ripresa globale, afferma il capo economista John Lipsky, che avverte di un possibile contagio globale. In Irlanda, intanto, il premier Brian Cowen rischia di non arrivare a Natale: nonostante le sue assicurazioni su nuove elezioni a inizio 2011, una volta approvata la manovra lacrime e sangue, si moltiplicano le voci per una sua sostituzione alla guida dell'esecutivo. Per la stampa irlandese, il piano di aiuti internazionali a Dublino si aggirerebbe sugli 85 miliardi, di cui 35 destinati alle banche. Tira un sospiro di sollievo la Grecia, dopo l'ok dell'Fmi al piano di risanamento, che fa scattare la prossima tranche del prestito, ma a prezzo di nuove riforme. Il Portogallo si prepara infine domani a un giorno di paralisi, contro il piano di austherity del Governo.

23/11/2010

"La rete di sicurezza per l'Irlanda è evidentemente sufficiente": il presidente europeo Herman Van Rompuy prova a gettare acqua sul fuoco delle tensioni sui mercati finanziari. Ma per la tedesca Angela Merkel, la situazione dell'euro è "eccezionalmente seria".

Restano in tensione i mercati in Europa, sull'onda della crisi irlandese: questo pomeriggio sono tornati a salire gli spread, i premi di rendimento, tra i titoli di Stato spagnoli e il Bund tedesco, toccando un nuovo record. Ma si allargano, in contemporanea, anche gli spread di Irlanda, Portogallo, Grecia e Italia. Il tutto mentre la Commissione Europea preme su Dublino, perché approvi il budget 2011: Bruxelles è preoccupata dai rischi di un'implosione anticipata della maggioranza di Governo in Irlanda, che metterebbe a rischio una rapida approvazione degli impegni di bilancio a Dublino. Buone notizie arrivano invece dalla Grecia, dove la delegazione europea e dell'Fmi ha concluso la sua missione, affermando che il piano di risanamento di Atene "si mantiene sulla buona strada". La prossima tranche del prestito internazionale da 9 miliardi arriverà a metà dicembre. Resta però la preoccupazione tedesca, resa esplicita dalla cancelliera Angela Merkel, che parla di situazione "straordinariamente grave" per l'euro.

23/11/2010

Rischio crisi di Governo in Irlanda, dopo la richiesta di accesso -da parte di Dublino- al maxiprestito internazionale per evitare il default. ''Non e' in gioco l'euro, ma la stabilita' finanziaria'', per il presidente della Bce Trichet. Il servizio.

La crisi finanziaria fa sprofondare l'Irlanda nella crisi politica. Il giorno dopo l'annuncio della richiesta di un prestito europeo, persino gli alleati di Governo del premier Brian Cowley si tirano indietro. Il primo a chiamare la ritirata è stato il leader dei Verdi John Gormley, partner di minoranza dell'esecutivo, che ha chiesto elezioni per metà gennaio. Alla richiesta di Gormley si è subito associato il principale partito di opposizione, il Fine Gael, che pretende di andare subito alle urne. Il morale della nazione è ai minimi termini: ieri le banche irlandesi, che affrontano un futuro di pesanti ristrutturazioni, hanno vissuto una giornata nera in Borsa, con Bank of Ireland e Irish Life che hanno perso oltre il 20%. E nonostante le rassicurazioni, neppure la difesa della mini-tassazione sulle imprese -vanto della Tigre Celtica- sembra più un tabù. L'agenzia Moody's prospetta pure il rischio di un forte taglio del rating. Che dovrebbe comunque mantenere Dublino nella categoria di "investment-grade". Intanto, mentre la Commissione Europea annuncia che i negoziati per definire il piano di salvataggio si concluderanno a fine mese, il timore più forte -nelle capitali- è che non si riesca a fermare il rischio-contagio negli altri Paesi dell'Eurozona. Il Portogallo teme di essere il prossimo, e lancia ripetuti segnali che invitano alla calma. Il Commissario Europeo Rehn ha ben sintetizzato: "siamo come pompieri di fronte a più incendi".

22/11/2010

Crisi politica in Irlanda, dopo la richiesta di accesso -da parte di Dublino- al maxiprestito internazionale per evitare il default. Per il Commissario Europeo all'Economia Olli Rehn, i negoziati per definire il piano di salvataggio di Dublino proseguiranno fino a fine mese.

Il giorno dopo l'annuncio della richiesta di un prestito europeo, l'Irlanda sprofonda in una crisi politica, che dovrebbe sfociare in elezioni anticipate. A chiederle sono i Verdi, col loro leader John Gormley. Il quale ha pure ipotizzato il periodo: metà gennaio. Alla richiesta di Gormley si è subito associato il principale partito di opposizione, il Fine Gael, che ha però chiesto di andare subito alle urne. Il morale della nazione è ai minimi termini dopo i fatti degli ultimi giorni, mentre è sempre maggiore la pressione affinché Cowley faccia un passo indietro. Le stesse rassicurazioni fornite dall'esecutivo di Dublino, circa una difesa a oltranza della tassazione sulle imprese al 12,5% - vero baluardo della competitività dell'ex-Tigre Celtica, sono sembrate sgretolarsi oggi, quando il portavoce del Governo tedesco ha affermato che anche questo punto sarà considerato, all'interno dei negoziati sul pacchetto di salvataggio. L'agenzia Moody's prospetta intanto il rischio di un forte taglio del rating irlandese. Che dovrebbe comunque mantenere Dublino nella categoria di "investment-grade". Il timore più forte, nelle capitali europee, è che non si riesca a fermare, sul crinale della diga irlandese, il rischio-contagio per gli altri Paesi dell'Eurozona. Anche per questo il premier portoghese José Socrates -nella settimana del varo della finanziaria antideficit- si è affrettato a precisare che Lisbona non ha bisogno di alcun prestito.

22/11/2010

L'Irlanda ha chiesto e ottenuto ieri il prestito europeo per tamponare il pesante deficit di bilancio e ristrutturare il sistema bancario. L'Eurogruppo ha dato ieri sera il via libera.

Dublino capitola, al termine di una settimana di estenuanti trattative e missioni tecniche. L'annuncio arriva di sera, per bocca del premier Brian Cowen. Il weekend negoziale con i tecnici europei e dell'Fmi ha portato il Ministro delle Finanze Brian Lenihan a proporre, al consiglio dei ministri straordinario svoltosi ieri, una richiesta di accesso al pacchetto di aiuti. Il successivo Eurogruppo telefonico, seguito dalle consultazioni con i Paesi del G7, ha infine accettato la richiesta irlandese. Il piano avrà durata triennale, dovrebbe ammontare -ma sono stime preventive- a 80-90 miliardi, e si focalizzerà su due assi centrali. Il primo sarà la drastica riduzione del deficit, che dovrà tornare al 3% del Pil nel 2014, mediante l'imminente varo del piano di austherity da 15 miliardi di euro, che prevede tagli, esodi di dipendenti pubblici e aumenti fiscali. Che non toccheranno però la tassazione sulle imprese. Il secondo asse implicherà una ristrutturazione del sistema bancario, con un pesante ridimensionamento degli istituti di credito dell'isola. L'Europa aprirà ora una fase negoziale sui termini esatti del prestito, che vedranno per la prima volta l'utilizzo del fondo salva-Stati varato a maggio. Anche l'Fmi si è detto pronto a mettere sul tavolo prestiti pluriannuali. E pure Gran Bretagna e Svezia, esterne all'Eurozona, dovrebbero contribuire con prestiti bilaterali.

21/11/2010

Dublino ha dunque capitolato, alla vigilia dell'apertura di un'altra importante settimana di borsa. L'annuncio è arrivato oggi dal Ministro delle Finanze Brian Lenihan, intervistato dal programma radiofonico Rte This Week.

Lenihan ha specificato di aver suggerito all'esecutivo di Dublino di richiedere ufficialmente accesso al fondo salva-Stati, messo a punto da Europa ed Fmi. Non ha voluto specificare a quanto ammonterà la richiesta, ma ha fornito un dettaglio importante. Il fondo servirà a coprire il deficit irlandese per i prossimi due anni. In corso intanto in questi minuti una conference call telefonica tra i Ministri dell'Eurogruppo, nel corso della quale Dublino chiederà ufficialmente accesso al pacchetto di aiuti. Terminata questa conference call, la discussione si allargherà anche ai Ministri del G7. Non ci sono praticamente dubbi sull'approvazione della richiesta irlandese: per tutta la scorsa settimana Dublino ha infatti respinto le pressioni europee per un piano di salvataggio, il secondo dopo quello già varato a maggio per la Grecia. Notizia di poco fa, anche la Gran Bretagna si è detta disponibile a fare la sua parte nel salvataggio irlandese: Londra non fa parte dell'Eurozona, ma una crisi del sistema bancario a Dublino potrebbe avere forti ripercussioni anche sulla vicina Inghilterra.

21/11/2010

Si va dunque verso l'atteso prestito europeo e internazionale all'Irlanda. La conferma è giunta dopo che il Ministro delle Finanze Brian Lenihan ha raccomandato all'esecutivo di Dublino di chiedere un pacchetto di salvataggio finanziario.

Secondo Lenihan, che ha parlato al programma radiofonico Rte This Week, i negoziati con con Fmi ed istituzioni europee si sono conclusi ieri. Con la capitolazione di Dublino, che per tutta la settimana ha cercato di evitare l'amara medicina, da molti considerata come un commissariamento delle politiche economiche dell'isola celtica da parte dell'Europa. Lenihan non ha precisato a quanto ammonterà il prestito (stimato dagli analisti intorno agli 80 miliardi di euro), e ha precisato che la maggior parte del pacchetto di salvataggio sarà utilizzato per coprire il deficit dell'esecutivo nei prossimi due anni. I Ministri delle Finanze dell'Eurozona si riuniranno in una conference call telefonica questa sera, per dare il via libera la pacchetto di aiuti.

21/11/2010

Exit strategy della Nato in Afghanistan entro il 2014 e partnership con la Russia sullo scudo antimissile. L'Alleanza Atlantica cambia pelle in Portogallo, guardando alle sfide future dopo la due giorni di vertice. Il servizio.

Lisbona mantiene la promessa di summit-crocevia nella storia della Nato, con due risultati storici. Il primo, annunciato dal segretario generale Rasmussen, riguarda la presenza dell'Alleanza Atlantica in Afghanistan: i 28 Paesi Nato hanno trovato l'accordo per una exit strategy di trasferimento dei poteri al Governo di Kabul nei prossimi quattro anni, senza però far mancare, anche dopo quella data, il loro sostegno. L'obiettivo della strategia, che partirà nel 2011, è quello di consegnare la guida del Paese agli afghani in un quadriennio. Sull'eventuale impegno in combattimento dei soldati americani dopo quella data, Obama -a differenza degli alleati- non esclude nulla, e si dice certo che Washington manterrà operativa una struttura di antiterrorismo. Proprio Obama, che ha ringraziato l'Italia per i 200 addestratori che Roma invierà a Kabul, ha salutato con soddisfazione la nuova svolta nelle relazioni Nato-Russia, post-crisi georgiana. Mosca ha detto sì alla cooperazione con l'ombrello antimissile approvata dall'Alleanza. Non è chiaro se la Russia vi parteciperà, ma l'obiettivo è una partnership strategica. Nell'ottica di una mutua difesa. La giornata si è conclusa col vertice Europa-Stati Uniti: per il presidente europeo Van Rompuy, Bruxelles e Washington si impegneranno affinche' le decisioni assunte al G20 siano implementate da tutti. Stati Uniti ed Unione Europea hanno chiesto al G20 di "evitare politiche di svalutazione competitiva e dei tassi di cambio, che non riflettano i fondamentali economici".

20/11/2010

Exit strategy dall'Afghanistan entro il 2014 e partecipazione della Russia allo scudo Nato contro i missili baslistici: sono questi i due principali risultati del summit dell'Alleanza Atlantica, conclusosi a Lisbona.

L'accordo con Mosca è stato confermato dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama, felice per un vertice che -a suo dire- è stato estremamente produttivo, dimostrando come ''l'Alleanza tra le due rive dell'Atlantico non è mai stata cosi' forte". I leader dei 28 Paesi Nato hanno dunque appoggiato la strategia di trasferimento dei poteri alle autorità afghane nell'arco dei prossimi quattro anni, anche se -come ha precisato Obama- gli Stati Uniti non lasceranno del tutto il Paese, continuando le operazioni di antiterrorismo. Più difficile, per il presidente americano, prevedere oggi se le truppe a stelle e strisce resteranno oltre il 2014. Ancora più a sorpresa è giunto l'annuncio che la Russia e la Nato hanno deciso di mettere da parte ogni atteggiamento di rivalità, vent'anni dopo la fine della Guerra Fredda. Secondo il segretario generale Rasmussen, Mosca coopererà con l'Alleanza Atlantica, al punto da prendere parte allo scudo di difesa missilistica. Per il russo Medvedev, l'obiettivo è una partnership strategica. Sul fronte italiano, Roma invierà altri 200 istruttori a Kabul. Una mossa, che -a detta del titolare degli Esteri Frattini- ha ottenuto il ringraziamento di Obama, che ha ringraziato anche il Canada. In corso in questi minuti il vertice Europa-Stati Uniti, che chiude la due giorni di Lisbona.

19/11/2010

La crisi dell'Eurozona. Irlanda verso l'ok al piano di salvataggio internazionale. Intanto la Grecia vara una manovra di aggiustamento da oltre 6 miliardi. E il presidente della Bce Trichet si dice "preoccupato".

L'Irlanda si prepara a dire sì agli aiuti europei e internazionali, in un'atmosfera di grande tensione. L'opinione pubbblica teme una perdita di sovranità. Intervenendo ieri sera al telegiornale pubblico Rte, il Ministro delle Finanze Brian Lenihan -sottoposto a un fuoco di fila di domande- ha dovuto ammettere che si lavora a un fondo di contingenza, che prevederebbe una somma sostanziale di denaro, a garanzia delle banche. Lenihan ha dovuto fare queste ammissioni, sull'onda dele parole del presidente della Banca Centrale, Patrick Honohan. Il quale, in un'intervista, aveva dichiarato che il prestito internazionale ammonterà a diverse decine di miliardi di euro. Le ultime ipotesi sfiorano i 100 miliardi. I colloqui a Dublino sono già avviati: oggi giungeranno nella capitale i dieci tecnici dell'Fmi, incaricati di discutere col Governo e i funzionari europei i passi successivi. Che il pacchetto di aiuti al sistema bancario irlandese sia vicino lo dimostra pure il rialzo registrato ieri dalle borse europee. La Grecia intanto si è impegnata a portare la riduzione del deficit nel 2011 al 7,4% del Pil. Atene dovrà mettere in campo ulteriori misure di aggiustamento per circa 6 miliardi. E il presidente della Bce, Jean Claude Trichet, ha espresso tutta la propria preoccupazione per la governance economica nell'Eurozona. "Serve un salto di qualità", ha detto.

18/11/2010

La crisi dell'Eurozona. Irlanda verso l'ok al piano di salvataggio internazionale: domani a Dublino la missione dell'Fmi. Intanto la Grecia vara una manovra di aggiustamento da oltre 6 miliardi. E il presidente della Bce Trichet si dice preoccupato.

Sempre più vicino l'intervento europeo e internazionale per le banche irlandesi. Ad ammetterlo è stato pure il Ministro delle Finanze di Dublino, Brian Lenihan, secondo il quale "un fondo di contingenza" sarebbe un risultato desiderabile, al termine dei colloqui con Unione Europea ed Fmi. Sempre per Lenihan, l'Irlanda potrebbe chiedere interventi di assistenza finanziaria per le banche del Paese. A confermare che il pacchetto di salvataggio sia più vicino ci ha pensato anche il capo della Banca Centrale irlandese, Patrick Honohan, secondo il quale il fondo potrebbe arrivare a diverse decine di miliardi di euro. Intanto è stato reso noto che la missione di esperti del Fondo Monetario Internazionale è in volo per l'Irlanda, e sarà a Dublino domani. La missione esaminerà in particolare il settore finanziario e gli eventuali bisogni di assistenza, per contrastare i rischi e le pressioni dei mercati. Sul fronte crisi, intanto, la Grecia si è impegnata a portare la riduzione del deficit nel 2011 al 7,4% del Pil: più di quanto concordato con l'Europa, ma meno di quanto promesso dal Governo. Atene dovrà mettere in campo misure di aggiustamento per oltre 6 miliardi di euro, a fronte di una contrazione del Pil pari al 3% il prossimo anno. Intanto il presidente della Bce, Jean Claude Trichet, ha espresso tutta la propria preoccupazione per la governance economica nell'Eurozona. "Serve un salto di qualità", ha detto Trichet.

17/11/2010

La crisi dell'Eurozona. L'Irlanda resiste, almeno per ora, alle pressioni dell'Eurogruppo affinché acceda al Fondo di Salvataggio comunitario: intanto è pronta una missione tecnica congiunta Commissione-Bce-Fmi, che farà rotta su Dublino. Oggi la parola all'Ecofin.

Nessuna richiesta dell'Irlanda per l'accesso al fondo di salvataggio europeo, ma i colloqui entrano in fase avanzata, spostandosi a Dublino: l'Eurogruppo prova a tranquillizzare i mercati finanziari. Anche se -per dirla con il suo presidente Juncker- Dublino deve decidere rapidamente cosa fare. Novità invece sul piano tecnico. Il Commissario agli Affari Economici Olli Rehn ha confermato che il negoziato salva-Irlanda si sta concentrando su un piano focalizzato sulla ristrutturazione del sistema bancario, più che sul rifinanziamento del debito sovrano. Rehn ha aggiunto che colloqui tra Commissione, Bce ed Fmi sono in corso da giorni, e ha annunciato che una missione tecnica sarà presto a Dublino per studiare la situazione. Rehn ha precisato che spetta all'Irlanda chiedere accesso al fondo: eventualità che appare probabile, nonostante le smentite di rito del premier Brian Cowen. Meno grave appare la situazione in Portogallo: per il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker, Lisbona non ha alcuna fretta di accedere al fondo di salvataggio. Un fondo che -parole del suo direttore Klaus Regling- potrà essere operativo in cinque-otto giorni. Nessun dettaglio sulle cifre.

16/11/2010

Ore di trattative frenetiche a Bruxelles, tra i Ministri dell'Eurogruppo,sulla crisi irlandese. Le ultime notizie parlamo di un pacchetto di aiuti che potrebbe aggirarsi tra gli 80 e i 100 miliardi di euro: questo secondo la rete televisiva Cnbc.

Ciò che è stato finora ammesso è che la Commissione Europea ha avviato un confronto con il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Centrale Europea, per risolvere la crisi bancaria di Dublino. Ad ammetterlo è stato il Commissario agli Affari Economici Olli Rehn, che ha precisato come il debito sovrano irlandese sia ben finanziato fino alla metà del 2011. Rehn ha negato che le attuali turbolenze sui mercati finanziari costituiscano una questione per la sopravvivenza dell'euro. Un'affermazione in contrasto con quella -mattutina- del presidente europeo Herman Van Rompuy, che ha dichiarato come l'Eurozona si giochi la sopravvivenza sul risanamento dei debiti di alcuni dei suoi membri. A Dublino intanto, prosegue il dibattito nel Dail, il Parlamento irlandese, sulla crisi: il premier Brian Cowen ha insistito nell'affermare che l'Irlanda ''non ha chiesto di ricorrere al fondo salva-stati'' europeo. "Siamo però in contatto con i partner continentali'', per adottare misure volte a ''stabilizzare il settore finanziario'', ha aggiunto.

16/11/2010

L'Irlanda nega di aver chiesto aiuto al fondo di salvataggio europeo. Ma oggi a Bruxelles l'Eurogruppo potrebbe attivare meccanismi di salvataggio non solo per Dublino, ma anche per Lisbona.

Balla sull'orlo del precipizio l'Eurozona, nel giorno in cui Irlanda, Portogallo e Grecia hanno visto riprendere quota l'ipotesi di un intervento del fondo di salvataggio europeo. Ieri sera il premier irlandese Brian Cowen ha smentito che Dublino stia chiedendo aiuto all'Europa o all'Fmi. Ipotesi smentita come "pura fiction" anche dal Ministro della Giustizia Dermot Ahern, secondo il quale il budget quadriennale sarà reso noto la prossima settimana. Nessuno nega però che i contatti con Bruxelles ci siano, al punto che si ipotizza un possibile pacchetto di salvataggio europeo pari a 70 miliardi. A preoccupare sono soprattutto le banche irlandesi, sovraesposte rispetto a un mercato immobiliare la cui bolla è scoppiata. Ma la crisi si propaga a macchia d'olio, andando a colpire pure il Portogallo, dove il Ministro delle Finanze Teixera dos Santos ha ammesso che il rischio che Lisbona debba ricorrere agli aiuti internazionali è alto. Per Teixeira, Portogallo, Irlanda e Grecia sono al centro di un contagio che si sta diffondendo a grande velocità. E proprio la Grecia ieri ha visto salire ieri il deficit 2009 al 15,4%, con un nuovo buco nelle finanze da 4 miliardi di dollari, che dovranno essere recuperati attraverso ulteriori misure di austerità. Il premier Papandreou ha però escluso, bollandola come "catastrofe", l'ipotesi di ristrutturazione del debito. Oggi un Eurogruppo ad alta tensione dovrà esaminare i fronti di crisi: il presidente Jean-Claude Juncker ha affermato di non aspettarsi un salvataggio imminente per Dublino. Ma l'euro è di nuovo sotto attacco. E occorrerà alzare gli argini.

12/11/2010

Dal G8 al G20. Ma l'impressione di ingovernabilità rimane. Il mondo resta alla ricerca di una governance, anche se -più probabilmente- dovrà aspettare. E' questo il messaggio che emerge da Seoul, una tappa annunciata come "fondamentale" per i destini economici mondiali. Ma dove le spaccature restano evidenti.

Il G20 ha -di fatto- rimpiazzato il G8 due anni fa, allo scoppio della crisi economica, che fece tremare le fondamenta finanziarie sulle due sponde dell'Atlantico. E' stato il riconoscimento di un mondo che cambiava, dove le economie emergenti, Cina, India e Brasile su tutte, chiedevano un posto nella nuova stanza dei bottoni. Ha dimostrato tutta la sua importanza almeno fino all'aprile 2009, quando stanziò un trilione di dollari per la ripresa, triplicando le risorse a disposizione dell'Fmi. Poi ha cominciato ad assumere liturgie simili a quelle del G8, diminuendo la propria incisività. Non perché sia decotto, come il suo predecessore: più probabilmente perché ci troviamo ancora in una terra di mezzo. L'America, indebolita dalla crisi, non è più la superpotenza in grado di dettare legge. L'Europa, ancora un nano politico nonostante Lisbona, scivola sempre più ai margini, con la Germania unico peso massimo. La Cina si prepara a prendere il volante, facendo shopping di debito altrui, e senza fretta di rivalutare lo yuan. La domanda è: ha senso questo formato? O se ne può studiare uno più moderno, ma più ristretto, con un unico rappresentante europeo? E ha senso mantenere appuntamenti fissi e costosi? La buona notizia c'è: dal 2011 il G20 si riunirà una sola volta all'anno. La speranza è che trovi quell'equilibrio necessario a garantire un efficace governo dell'economia mondiale.

10/11/2010

I nuovi fondi strutturali per le regioni europee: a Bruxelles il dibattito è -da oggi- aperto. In palio ci sono decine di miliardi, di cui beneficeranno anche le regioni italiane.

Calcio d'inizio per il futuro della politica dei fondi strutturali. Oggi la Commissione lancia ufficialmente il dibattito, mettendo in chiaro alcuni punti: dal 2014 la politica regionale dovrà garantire un uso dei fondi più efficiente, ponendo sia condizioni più severe sia incentivi per chi li utilizza. L'idea è quella di un contratto tra Stati Membri e Commissione, che includa obiettivi e risultati misurabili. E che comporti anche delle penali: in caso di mancato rispetto del patto di stabilità i finanziamenti destinati alla politica regionale potrebbero venire sospesi. Altre novità riguardano il cofinanziamento comunitario dei progetti, da rimodulare secondo il Pil pro-capite dei territori interessati, e il collegamento dei fondi a politiche di respiro europeo, quali innovazione e ambiente. Il sistema prevederebbe pure incentivi per i progetti giudicati migliori. L'idea -a Bruxelles- è dunque quella di non tagliare i finanziamenti alle regioni, ma di cambiare le modalità di erogazione, introducendo una nuova categoria intermedia, che includa le regioni in uscita dall'ex-Obiettivo 1: parliamo -per l'Italia- di Abruzzo, Basilicata, Molise e Sardegna. Secondo dati forniti a Bruxelles, tra il 2000 e il 2006 i fondi strutturali hanno creato quasi un milione e mezzo di posti di lavoro. Nel periodo 2007-2013, le regioni italiane riceveranno quasi 29 miliardi di fondi: siamo il terzo Paese beneficiario, dopo Polonia e spagna.

E ieri la Commissione Controllo Bilanci dell'Europarlamento, presieduta dall'italiano Luigi De Magistris, ha denunciato le troppe 'irregolarita'' nella gestione dei fondi europei. Quelli che la Corte dei Conti europea nell'esame del bilancio comuniatrio 2009 definisce ''errori'', sono spesso indice di ''frodi, se non di corruzione'' e di ''infiltrazioni mafiose''. ''Spagna, Grecia e Italia'' sono i Paesi in cui si fanno piu' pagamenti indebiti nel campo dei fondi di coesione.

9/11/2010

Vigilia ad alta tensione per il G20 che si apre giovedì a Seul: non solo per le misure di sicurezza, che saranno massime, ma anche per i temi in agenda.

No ai protezionismi e no alla guerra dei cambi: l'Europa porta al tavolo dei Grandi, che si riuniscono in Corea del Sud, i due assiomi emersi nel corso dell'ultimo Consiglio Europeo. Bruxelles dovrà ballare da sola, in un inedito asse antiamericano con la Cina, finora ritenuta la principale responsabile degli squilibri monetari, a causa della svalutazione competitiva dello yuan. Questo finché la recente mossa della Fed, che ha varato un piano di acquisto di titoli del Tesoro per 600 miliardi di dollari, non ha allarmato i piani di alti di Bruxelles. In primis il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker, che ha contestato la mossa americana. Ad alzare la voce in vista di Seul è stata pure la cancelliera tedesca Angela Merkel: "l'euro non deve essere la spalla per la svalutazione delle altre monete", ha detto. La Merkel ha attaccato pure il tasso di cambio dello yuan: "deve essere più flessibile". In quella che si preannuncia una battaglia a geometrie variabili, l'Europa andrà all'attacco anche di Pechino, con la Commissione pronta a rappresaglie contro la Cina, se persisteranno le barriere commerciali verso le imprese europee. Barack Obama, dal canto suo, stretto nell'angolo dopo la mossa della Fed, contrattacca le bordate cinesi, chiedendo regole del gioco uguali per tutti. L'unica certezza è che -proprio sul nuovo sistema monetario- si giocherà il successo o il falimento del G20.

9/11/2010

Binari paralleli. O binari che divergono. Mentre la Commissaria Europea all'Immigrazione Cecilia Malmstrom annunciava ieri una "giornata storica" per Albania e Bosnia, i cui cittadini -da metà dicembre- potranno entrare nell'Unione Europea senza l'obbligo di visto, per permanenze fino a 90 giorni; nelle stanze dell'edificio Berlaymont, che ospita l'esecutivo comunitario, si studiava il provvedimento adottato venerdì dal Governo italiano, che prevede l'espulsione dei cittadini comunitari che non dispongono di un lavoro, di un reddito o di idonea abitazione.

"Viaggi senza visti potranno facilitare i contatti interpersonali, incrementare le opportunità di business e facilitare la conoscenza dell'Europa", ha aggiunto la Malmstrom. L'Unione Europea -insomma- si allarga gradualmente ai Balcani, preparandosi a chiudere i negoziati di adesione con la Croazia, mettendoli in cantiere con la Serbia, ed abbattendo le barriere nei passaporti con Albania e Bosnia. Mentre l'Italia, ma anche la Francia, al centro questa estate delle polemiche sui rom comunitari, e persino Germania e Olanda, pongono -in modo più o meno velato- il problema della libertà di circolazione e di residenza, l'Europa -nel suo complesso- sembra lanciare un messaggio diverso. Di inclusione. A condizioni precise: questi Paesi saranno sottoposti a un monitoraggio, per frenare eventuali abusi. E saranno loro chieste riforme, per rafforzare la lotta al crimine e il controllo delle frontiere. Bruxelles ha già avvisato: non tollereremo ondate di richieste di asilo. A Tirana e Sarajevo la gente ha festeggiato per strada. Resta l'interrogativo: quale sarà l'Europa del futuro? Un'Europa inclusiva, che riprovi -con regole precise- a rilanciare il multiculturalismo, oppure un'Europa talmente allargata, al punto da rinnegare una delle libertà fondamentali che l'hanno fin qui caratterizzata?

7/11/2010

Primo round per le elezioni amministrative, oggi in Grecia. Il premier Papandreou minaccia: se perdiamo, elezioni anticipate.

Elezioni locali col sapore di un test nazionale. E, sullo sfondo, la minaccia dei gruppi terroristici interni. E' una domenica ad alta tensione quella che vive oggi la Grecia, dove quasi dieci milioni di elettori sono chiamati a rinnovare sindaci e governatori, sulla base della riforma amministrativa, che ha accorpato e razionalizzato numerosi enti locali. Il premier socialista George Papandreou ha già messo in chiaro che quello odierno sarà un test per l'esecutivo e il suo piano di riforme e austerità: "se perderò queste elezioni, indirò elezioni anticipate", ha assicurato Papandreou al quotidiano Ta Nea. Sullo sfondo, l'ondata di pacchi-bomba attribuita agli anarco-insurrezionalisti, che ha fatto salire la tensione ai massimi negli ultimi giorni. "L'ipotesi di elezioni anticipate non è un bluff", ha ribadito fino all'ultimo Papandreou, specificando che il rischio -con un voto di protesta- è quello di dare ai mercati un pericoloso segnale di cambiamento di rotta nelle politiche economiche. I sondaggi danno i socialisti del Pasok, il partito di Papandreou, in testa, ma declinante. Paradossalmente, più che il centrodestra, a guadagnare voti potrebbe essere il Partito Comunista, che ha guidato la rivolta contro il piano di austerità. Un piano varato la scorsa primavera, d'intesa con Europa ed Fmi, attraverso il quale Atene ha evitato la bancarotta.

30/10/2010

Approvazione entro metà 2011 delle norme definitive che rafforzano il patto di stabilità: è con questa scadenza che i 27 leader europei hanno concluso ieri la due giorni di summit. Intanto la Gran Bretagna ha ottenuto ampio appoggio per contenere al 3% l’incremento del bilancio comunitario 2011.

L’Europa pone a Bruxelles le basi per la riforma della governance economica, in primis il patto di stabilità. Ma rimanda -per i dettagli- ai prossimi mesi. Finisce con un punto a favore della Germania la due giorni di summit, che lascia ancora molti temi aperti, incanalando però la discussione su sentieri precisi. Il fondo di salvataggio anticrisi sarà reso permanente, anche se per farlo il presidente europeo Van Rompuy dovrà -entro dicembre- capire come riaprire il Trattato di Lisbona in maniera indolore. La Germania non ha centrato tutti gli obiettivi: la sospensione del diritto di voto per i Paesi che sforano Maastricht è di fatto rinviata sine die, giusto per non irritare troppo Berlino. Che ha però ottenuto -novità assoluta- di coinvolgere anche banche e investitori privati nella ristrutturazione dei debiti pubblici. Un cambio epocale. L’Italia intanto sostiene che il principio del debito privato -insieme ad altri fattori- sia passato nella valutazione del debito complessivo. Un’intesa scritta in questo senso non c’è, anche perché parte ora il negoziato sui dettagli della riforma del patto, ma il premier Berlusconi è convinto di avercela fatta. Intanto David Cameron impone la linea britannica di austerità e contenimento della crescita del bilancio europeo 2011, portando dalla propria parte la metà dei Paesi membri, pesi massimi inclusi. Per le prossime settimane si preannuncia battaglia con l’Europarlamento. Infine, i 27 hanno lanciato un messaggio al prossimo G20: stop ai protezionismi e alle svalutazioni competitive dei cambi.

29/10/2010

Il vertice europeo ''ha approvato'' la linea franco-tedesca concordata a Deauville. ''Io e Angela Merkel siamo particolarmente soddisfatti''. Così il presidente francese Nicolas Sarkozy, chiudendo il summit europeo. Positivo anche il premier Silvio Berlusconi.

E’ un Silvio Berlusconi soddisfatto quello che nel primo pomeriggio lascia il vertice di Bruxelles. Soddisfatto per il varo -chiesto dalla Germania- di un fondo permanente anticrisi per i Paesi in difficoltà; soddisfatto anche per l’inclusione del debito privato –insieme ad altri fattori- tra gli ingredienti su cui l’Europa dovrà decidere quando sanzionerà gli sforamenti del limite del 60%. Nelle conclusioni ufficiali questo non compare, ma per Berlusconi i colloqui lo hanno ormai assodato. Berlusconi ha pure confermato di condividere, anche se con un giorno di ritardo, la limitazione -proposta da Londra- di un incremento del budget europeo 2011 al +3% circa, la metà di quanto chiesto da Bruxelles. E ha sottolineato la preoccupazione dei 27 sulla crescente delocalizzazione delle aziende europee.

29/10/2010

E' ripreso da circa un’ora il summit europeo. Il premier Silvio Berlusconi è giunto al vertice anche oggi con abbondante ritardo e per ultimo, senza rilasciare dichiarazioni.

Il nodo principale del Consiglio Europeo, l’istituzionalizzazione in forma permanente del Fondo di Salvataggio anticrisi, è stato risolto già ieri sera, con il mandato al presidente europeo Van Rompuy, di esplorare modifiche limitate del Trattato di Lisbona, per mettere il Fondo nero su bianco. L’obiettivo dichiarato è quello di chiudere i dettagli del patto di stabilità riformato entro la prossima estate, mentre il Fondo anticrisi permanente partirà dal 2013. Tra i dettagli da mettere a punto sul patto resta anche la questione del debito privato, che l’Italia intende inserire tra i parametri da prendere in considerazione per le sanzioni: secondo Berlusconi, Roma porrà il tema in agenda oggi, ma non è scontato che si arrivi a un accordo. Slitta invece a data da definirsi la questione delle sanzioni politiche, chieste dalla Germania. Infine i 27, in vista del G20 di Seoul di metà novembre, hanno lanciato un appello agli altri Paesi industrializzati ed emergenti: no a qualsiasi forma di protezionismo, e no a mosse sui cambi mirate a ottenere vantaggi a breve termine. Un chiaro messaggio a Paesi quali la Cina, che proprio sui cambi hanno un contenzioso aperto con Europa e -soprattutto- Stati Uniti.

29/10/2010

Sarà reso permanente il fondo europeo anticrisi: è questo il principale risultato della prima giornata del Consiglio Europeo, svoltosi ieri a Bruxelles. Via libera anche al patto di stabilità riformato.

Incassa il risultato forse più importante la Germania, nella complessa partita sulla riforma del patto di stabilità: il fondo di emergenza dell’Eurozona, varato sull’onda della crisi greca, sarà reso permanente, anche se con modalità tutte da stabilire. Ad annunciarlo, a notte fonda, il presidente europeo Herman Van Rompuy. Van Rompuy ha specificato che le modifiche al Trattato di Lisbona saranno molto limitate: un rapporto sarà presentato al summit di dicembre. Attualmente il fondo –che conta su una dotazione di 750 miliardi, ha una scadenza fissata nel 2013. Poco o nulla da fare invece per l’introduzione di sanzioni politiche nel patto riformato: Van Rompuy ha specificato che questa discussione slitta a un secondo momento, a causa dell’opposizione di quasi tutti i Paesi. Il patto revisionato incassa dunque l’ok dell’Unione, anche se per i dettagli operativi saranno necessari i supplementari, in sede Ecofin, con un lavoro che si protrarrà per mesi. Tra le novità principali, politiche di bilancio coordinate dal 2011, early warnings e sanzioni preventive per i Paesi che deviano da Maastricht, inserimento del debito tra i parametri obbligatori da rispettare. A scaldare l’atmosfera ieri ci ha pensato lo scontro tra 11 Paesi membri,capitanati dalla Gran Bretagna, e l’Europarlamento, sull’incremento del budget europeo per il 2011: gli 11 non intendono aumentare i fondi oltre il 2,9%, meno della metà di quanto chiesto da Strasburgo. Le prossime settimane negoziali si annunciano roventi.

28/10/2010

I 27 leader europei hanno raggiunto un accordo -a quanto si apprende- per il varo di un fondo anticrisi permanente a sostegno dei Paesi dell’Eurozona, in difficoltà con i conti pubblici.

Attualmente il Fondo, dotato di 750 miliardi di euro, ha una scadenza fissata nel 2013. La cancelliera tedesca Angela Merkel starebbe premendo per una modifica del Trattato di Lisbona: anche per questo, i leader hanno dato mandato al presidente dell’Unione, Herman Van Rompuy, affinché valuti -entro il summit di dicembre- la possibilità di modificare o meno il Trattato. Insomma, per il momento questione rinviata di due mesi. Ora restano da chiarire sanzioni per i Paesi che sforano Maastricht e valutazione del parametro del debito, due questioni che riguardano da vicino l’Italia. Altre due novità sono emerse nel frattempo: i 27 Paesi membri hanno lanciato un appello -in vista del prossimo G20 di Seul- affinché le nazioni emergenti evitino la svalutazione competitiva delle proprie valute. Un chiaro riferimento alla Cina. Mentre, sul fronte interno, sembra inasprirsi la battaglia sul prossimo bilancio comunitario, quello del 2011: undici Paesi, tra cui Gran Bretagna, Germania e Francia ma non l’Italia, invieranno domani una lettera, nella quale fissano al 2,91% l’incremento massimo del budget, opponendosi alla richiesta di un +6% avanzata da Commissione ed Europarlamento.

28/10/2010

E' in corso da circa due ore il vertice dei 27 capi di Stato e di Governo europei. Tra loro anche il premier Silvio Berlusconi, ultimo ad arrivare all’edificio Justus Lipsius, a summit già iniziato. Berlusconi non ha rilasciato dichiarazioni. La tensione resta abbastanza alta in Europa sulla riforma del patto di stabilità, punto centrale dell’agenda odierna, dopo che Angela Merkel -arrivando alla sede del vertice- ha ribadito con durezza le posizioni di Berlino.

Resta necessaria, per Angela Merkel, la modifica del Trattato di Lisbona, sia per creare un fondo anticrisi permanente di salvataggio dei Paesi in difficoltà, cui dovrebbero contribuire, per la Germania, anche gli istituti bancari, sia l’introduzione della sospensione del diritto di voto per i Paesi che sforano i parametri di Maastricht. Qualche timida apertura sulle modifiche relative al solo fondo anticrisi è arrivata nelle ultime ore, con il presidente della Commissione Europea Barroso possibilista. Sulla stessa linea Polonia, Danimarca, Svezia e Finlandia. Sulle sanzioni politiche ai Paesi che violano il patto Berlino appare invece isolata. Sottotraccia resta la questione del debito, con l’Italia che punta a far includere pure il debito privato nel calcolo del livello di debito complessivo: come, resta ancora da stabilire. Anche perché, con l’attuale livello di debito pubblico, l’Italia rischia una maxistangata con il patto riformato, che potrebbe portare -nei prossimi anni- a cure da cavallo per i conti pubblici, con decine di miliardi di debito da tagliare ogni anno.

28/10/2010

Mancano poco più di tre ore all’inizio del vertice dei 27 leader europei, uno snodo cruciale per decidere il futuro della riforma del patto di stabilità. Proprio questa mattina il Governatore di Bankitalia Mario Draghi è intervenuto sull’argomento, chiedendo regole quasi automatiche per il patto riformato.

“I Paesi con le istituzioni piu' deboli non riescono da soli a risolvere i loro problemi di politica economica'', ha detto Draghi. Tre i nodi da sciogliere tra oggi e domani: il più controverso riguarda le modifiche del Trattato di Lisbona, con Francia e Germania che vogliono cambiarlo per introdurre sanzioni -anche politiche- conto i Paesi con i conti in disordine. Su questo -però- Parigi e Berlino hanno contro le istituzioni europee e la maggioranza dei Paesi membri. Poi occorrerà definire e quantificare la stretta sul debito, un punto molto sensibile per l’Italia: se passassero le proposte della Commissione, il nostro Paese rischia di dover tagliare 40 miliardi di debito all’anno, una cifra enorme. Infine le sanzioni vere e proprie per i Paesi che violano il patto: saranno automatiche, oppure i Paesi membri potranno dire la loro? Intanto –a quanto è dato sapere- il premier Berlusconi dovrebbe arrivare in ritardo al prevertice pomeridiano dei Popolari Europei a Meise, appena fuori Bruxelles, rischiando così di mancare a un appuntamento dove si metteranno a punto le strategie negoziali in vista del summit. E infine il Commissario all’Industria Antonio Tajani ha presentato un documento sulla politica industriale europea da qui al 2020: l’obiettivo è creare cinque milioni di nuovi posti di lavoro.

25/10/2010

Accordo in vista per il via libera alla domanda di adesione della Serbia all'Unione Europea. Ne discute oggi il summit dei Ministri degli Esteri. Il servizio.

Suspence finale per la domanda di adesione della Serbia all'Unione Europea. Oggi i 27 Ministri degli Esteri si riuniscono a Bruxelles, per decidere se procedere con l'allargamento a Belgrado, dando mandato alla Commissione per valutare la richiesta serba. Le anticipazioni delle conclusioni, pubblicate dal sito Euobserver, parlano di un probabile via libera da parte dei Ministri degli Esteri, subordinato però all'arresto dei criminali di guerra Ratko Mladic e Goran Hadzic. Se i due non compariranno di fronte al Tribunale dell'Aja, Belgrado non avrà speranze di entrare in Europa, recitano le anticipazioni. I 27 dovrebbero pure reiterare il loro sostegno al presidente serbo Boris Tadic, e sottolineeranno come l'atteggiamento verso il Kosovo resterà un tassello chiave per l'integrazione della Serbia: un'integrazione che avverrà solo se tutti e 27 i Paesi membri daranno riscontri positivi sulla cooperazione di Belgrado con il Tribunale dell'Aja. Non è infatti un mistero che l'Olanda ha irrigidito ulteriormente la propria posizione, dopo che il suo Parlamento ha votato una risoluzione molto dura, due settimane fa. Il premier serbo Mirko Cvetkovic ha già reso noti gli obiettivi: status ufficiale di Paese candidato nel 2011, adesione all'Unione entro il 2016. Ma molto dipenderà da ciò che avverrà oggi a Bruxelles.

25/10/2010

Resta alta la spesa per la giustizia in Italia. Lo rivela un rapporto del Consiglio d'Europa, che però avverte: nessun taglio, per ora. Il servizio.

Spendiamo molto per la giustizia, ma senza guadagnarne in efficienza. Lo sostiene il Consiglio d'Europa, che però precisa: non è questo il momento più opportuno per pensare ai tagli. All'interno del voluminoso rapporto redatto dall'organismo di Strasburgo, viene stimata in 4,8 miliardi di euro, nel 2008, la copertura delle spese per tribunali, pubblici ministeri e assistenza legale gratuita. In termini assoluti più di Inghilterra e Galles, ma anche di Spagna e Francia: in Italia la spesa pro-capite per la giustizia è di quasi 72 euro, contro i 58 della Francia, ma meno degli 86 della Spagna. Il Consiglio d'Europa, andando più a fondo nei dati, scopre alcune interessanti discrepanze: se nel nostro Paese sono aumentati i fondi destinati ai tribunali e all'assistenza legale gratuita, sono invece diminuiti quelli per i pubblici ministeri, ridotti di quasi un quinto. Nel 2008 l'Italia ha addirittura tagliato la metà del budget destinato alla formazione dei magistrati. Per questa voce siamo terzultimi in Europa, davanti solo a Grecia e Lussemburgo. Discreta la valutazione dell'organismo europeo sul livello di informatizzazione dei nostri tribunali, mentre la condanna è netta per quanto riguarda i processi-lumaca: la sentenza di primo grado in un processo civile richiede 533 giorni, quasi il doppio di Francia e Spagna.

23/10/2010

Ancora segnali di ottimismo dalla Germania, dove nuovi dati mostrano un'economia in crescita. Il servizio.

La locomotiva tedesca tira la volata a un'Europa dove sono ancora "tagli" e "austerità" le parole più diffuse. Ieri l'ennesimo segnale: l'indice, Ifo che misura il clima di fiducia delle imprese, ha toccato a ottobre nuovi massimi da oltre tre anni. Tutti si attendevano un ribasso di tre decimali: invece è salito, di ben otto decimali. La notizia fa il paio con la recente revisione al rialzo delle stime di crescita del Governo, che per il 2010 prevede un +3,4%, quasi il triplo rispetto a quanto previsto solo sei mesi fa. "Va tutto alla grande, si va avanti", ha dichiarato ieri Kai Carstensen, direttore del centro studi Ifo. Gli analisti concordano sulla presenza di una situazione virtuosa, all'origine del clima euforico: l'export verso la Cina e l'Estremo Oriente, oltre che verso l'Est Europa, non dà segni di cedimento, compensando il calo della sponda americana. E cresce pure la domanda interna, grazie a una ripresa dell'occupazione. A catena questa situazione sta aprendo un dibattito tra politici e sindacati da un parte, che chiedono un aumento degli stipendi, e gli imprenditori, che preferiscono dare priorità agli investimenti. Industria, costruzioni, commercio all'ingrosso, servizi: quasi tutti i settori godono di ottima salute. All'orizzonte, nonostante il forte ottimismo, permane qualche incertezza: su tutte la guerra dei cambi, anche se l'euro forte -finora- non sembra aver penalizzato il primo esportatore d'Europa, nonché l'atteso calo della crescita nel 2011, che dovrebbe attestarsi a +1,8%.

20/10/2010

Accordo fatto all'Ecofin sulle nuove regole europee per i fondi speculativi.

L'Europa vara l'atteso giro di vite su hedge funds e private equity, una misura figlia della crisi finanziaria. I 27 Ministri economici hanno approvato all'unanimità -in sede Ecofin- il nuovo regolamento. Il Commissario al Mercato Interno Michel Barnier ha confermato che l'impianto base della normativa resta invariato: si creerà un passaporto comunitario per i fondi dei Paesi terzi, che consentirà loro di operare su tutto il territorio continentale. Il passaporto, ha assicurato Barnier, sarà concesso dopo che saranno state fornite le necessarie garanzie sulla gestione del rischio. Il compromesso, frutto di un accordo tra Parigi e Londra, prevede che l'autorizzazione per i fondi resti prerogativa delle autorità nazionali. L'autorità europea di vigilanza dei mercati, sostenuta dalla Francia, potrà intervenire solo in situazioni che mettono a rischio l'integrità dei mercati finanziari. Il meccanismo potrebbe però venire rivisto nel 2017. Intanto, sul fronte della riforma del patto di stabilità, il dossier approderà sul tavolo dei 27 leader europei la prossima settimana. La Gran Bretagna ha già annunciato che si opporrà a una revisione del Trattato, come chiesto dalla Germania, con l'obiettivo di rafforzare le sanzioni contro i Paesi che violano le regole. Ieri intanto la Commissione Europea ha proposto, in vista del prossimo bilancio comunitario, una riduzione dei contributi nazionali, da compensare attraverso l'introduzione di un'Iva 'europea'.

20/10/2010

Il Parlamento Europeo vota oggi una direttiva che potrebbe drasticamente ridurre i tempi di quietanza delle fatture per le imprese creditrici.

Limite generale a 30 giorni per il pagamento delle fatture: è una direttiva destinata a rivoluzionare i tempi di quietanza quella che vota oggi l'Europarlamento. A beneficiarne saranno soprattutto le piccole imprese che entrano in crisi, anche a causa dei pesanti ritardi nelle riscossioni. Un fenomeno che riguarda in particolare l'Italia, dove -secondo una ricerca di Astrid- le imprese vantano crediti nei confronti della Pubblica Amministrazione per importi pari fino a 60-70 miliardi di euro, il 4% del Pil. La media dei pagamenti può superare i 200 giorni. In Molise e Basilicata, secondo Astrid, i ritardi nel settore sanitario sfiorerebbero i tre anni. La nuova direttiva, che sarà votata oggi a Strasburgo, imporrà come regola generale un limite per il pagamento delle fatture per beni e servizi stabilito in 30 giorni, sia nel pubblico che nel privato. Nelle relazioni "business to business" sarà possibile estendere il limite fino a 60 giorni, qualora le parti trovino un'intesa e la inseriscano nel contratto. Molto più severe le regole nel settore pubblico, vera croce delle nostre imprese: in questo caso le deroghe non potranno tassativamente superare i due mesi. Qualora la nuova direttiva ottenesse il via libera europeo, gli Stati membri avranno due anni per conformarsi, trasponendola nel proprio ordinamento.

19/10/2010

Accordo fatto all'Ecofin sulle nuove regole europee per i fondi speculativi.

Via libera dell'Unione Europea a uno dei dossier più spinosi, nato sull'onda della crisi finanziaria. I 27 Ministri economici hanno approvato all'unanimità -in sede Ecofin- il nuovo regolamento sugli hedge funds. Ad annunciarlo il Presidente di turno, il belga Dydier Reynders. Decisivo l'accordo raggiunto tra Gran Bretagna e Francia, finora su posizioni contrapposte. Le nuove regole comprendono un ''passaporto'' europeo per i fondi dei Paesi terzi. Fondi che otterranno il passaporto "solo dopo aver fornito le necessarie garanzie sulla gestione del rischio'', ha spiegato il commissario al Mercato Interno, Michel Barnier. I dettagli della nuova direttiva saranno messi a punto dagli esperti nazionali. Che dovranno stabilire i meccanismi esatti per l'assegnazione del passaporto. In situazioni di emergenza, secondo il compromesso anglo-francese, deciderà la nuova European Securities and Markets Authority. La direttiva passerà al vaglio del Parlamento Europeo, il prossimo mese. Intanto, secondo il presidente di turno Reynders, un'eventuale modifica del Trattato per rafforzare il patto di stabilità riformato sarà sul tavolo del prossimo vertice europeo. E la Commissione Europea ha proposto, in vista del prossimo bilancio comunitario, una riduzione dei contributi nazionali, da compensare attraverso l'introduzione di un'Iva 'europea'.

19/10/2010

"Il nuovo patto di stabilità riformato non preoccupa l'Italia": così il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, dopo l'Eurogruppo di ieri. Decisivo l'incontro Merkel-Sarkozy per l'accordo sulle sanzioni.

Il cerchio si è chiuso, almeno a grandi linee: i 27 Paesi europei si sono accordati sulle nuove sanzioni del patto di stabilità riformato. I dettagli rimangono però tutti da limare. Per il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, impegnato in una maratona negoziale durata tutta la giornata, resta fondamentale correggere il deficit italiano. Il direttore generale del tesoro, Vittorio Grilli, ha aggiunto che "la sostenibilità e l'andamento della riduzione del debito pubblico saranno valutati sulla base di vari fattori, compresa l'evoluzione del debito privato". In serata il presidente europeo Herman Van Rompuy ha precisato che le sanzioni saranno semiautomatiche: la Commissione Europea potrà proporle, ma una sua raccomandazione sarà adottata, a patto che una maggioranza qualificata di Paesi membri non voti contro. Il Commissario Europeo all'Economia Olli Rehn ha aggiunto che per valutare il debito dei Paesi membri il criterio principale sarà la sua sostenibilità. A sbloccare la situazione hanno contribuito Francia e Germania: incontrandosi a Deauville, il presidente Sarkozy e la cancelliera Merkel hanno raggiunto il compromesso: meno rigore sull'automaticità delle sanzioni, che scatteranno solo dopo sei mesi, ma revisione dei Trattati nel 2013, che potrebbe includere una sospensione del voto per i Paesi che violano il Patto.

La Grecia probabilmente dovra' prendere delle ulteriori misure di austerita' per rispettare gli obiettivi di riduzione del deficit nel 2011. Lo ha detto il commissario Ue agli affari economici e monetari, Olli Rehn, al termine della riunione dell'Eurogruppo.

18/10/2010

Sarebbe stato raggiunto l'accordo a Bruxelles, sul punto più spinoso del nuovo patto di stabilità europeo riformato.

Quello delle sanzioni per i Paesi che infrangeranno i parametri di deficit e debito. Il vertice dei Ministri della Task Force europea, in corso da questa mattina, ha infatti come obiettivo quello di accordarsi sulle sanzioni per i Paesi che violano le norme del Patto. Si è anche cercato di stabilire quali voci possano concorrere a comporre la voce "debito pubblico", un dettaglio -quest'ultimo- di fondamentale importanza per l'Italia, il cui debito risulta tra i primi in Europa. Per quanto riguarda le sanzioni, alcuni Paesi chiedevano l'imposizione automatica di penali a chi "sgarrasse", mentre altri, tra cui Francia, Italia e Irlanda, chiedono norme più morbide e una procedura più semplice per una cancellazione delle pene in sede di Consiglio europeo. Le poche indiscrezioni filtrate parlano di un ammorbidimento della posizione rigorista della Germania, che avrebbe accettato un minore automatismo delle penali. A minuti è attesa una conferenza stampa dell'Eurogruppo, che dovrebbe fornire maggiori dettagli sull'accordo, tuttora avvolto da mistero.

16/10/2010

E' passato sul filo di rasoio l'accordo in sede europea sulla revisione della cosiddetta "Eurovignetta", che porterà a un aumento dei pedaggi pagati dagli autotrasportatori.

Chi inquina paga: è questo il principio con il quale i 27 Ministri dei Trasporti hanno deciso di incrementare i pedaggi dell'Eurovignetta, nonostante la forte opposizione italo-spagnola. Alla fine si sono imposte -seppure per tre soli voti- le tesi di Austria e Francia: ci sarà quindi un aumento dei pedaggi per i tir pari a 3-4 centesimi per chilometro, rispetto agli attuali 15-25 centesimi, per tenere conto anche dei costi legati all'inquinamento atmosferico ed acustico, oltre a quelli di costruzione e manutenzione delle infrastrutture. I Governi potranno optare per incrementare ulteriormente le tariffe, penalizzando gli autotrasportatori che viaggiano nelle ore di punta. Persa la battaglia, il Ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli ha precisato di aver ottenuto l'esenzione fino al 2017 per i mezzi pesanti del tipo Euro 6. Con questa mossa l'Europa punta a incentivare il trasporto su rotaia, spostandovi gradualmente le merci dal ben più inquinante trasporto su gomma. Molto critiche le organizzazioni di categoria, tra cui l'italiana Anita, che temono di venire penalizzate in un periodo di crisi. Ora il voto finale spetta all'Europarlamento.

15/10/2010

Slitta a novembre il voto del Parlamento Europeo sulle nuove regole per gli hedge funds. L'Unione Europea resta divisa.

Ancora nulla di fatto sul giro di vite per gli hedge funds in Europa: ieri la riunione tra i 27 ambasciatori comunitari ha fatto registrare una fumata nera sulla controversa normativa per i fondi speculativi, nata sull'onda della crisi finanziaria. I 27 ambasciatori non hanno trovato l'accordo, facendo così slittare il dossier al vertice Ecofin della prossima settimana. A cascata, pure il voto dell'Europarlamento, previsto nei prossimi giorni, è stato posticipato a novembre. Se c'è infatti un'intesa generale sull'ipotesi del varo di un passaporto europeo per i gestori dei fondi extra-comunitari, restano intatte le divisioni tra i Paesi membri, soprattutto tra Gran Bretagna e Francia, sulle nuove regole del gioco. Chi può concedere il passaporto comunitario al fondo? L'autorithy europea o quella nazionale? Per Londra, preoccupata di difendere la propria industria finanziaria, dovrebbe essere la seconda. Ma Parigi chiede regole più strette. Altri punti di disaccordo riguardano la European Securities and Markets Authority, che dovrebbe cominciare a lavorare nel 2011. Il rischio, per l'Unione, è quello di arrivare al tavolo del G20 di Seul senza le nuove regole approvate. Gli Stati Uniti osservano da lontano, preoccupati per l'accesso dei loro hedge funds al mercato europeo.

13/10/2010

Via libera -su proposta del Commissario Europeo alla Concorrenza Joaquin Almunia- all'indagine europea sull'esenzione della Chiesa Cattolica dal pagamento dell'Ici. L'Italia torna nel mirino.

Un immobile della Chiesa ha diritto, secondo le norme sulla concorrenza europee, a godere di un'esenzione dall'Ici, anche quando svolge attività commerciali? E' su questa domanda che ruota l'indagine avviata ieri dalla Commissione Europea sull'Italia. Un'indagine che affonda le proprie radici nel 2005, quando il secondo Governo Berlusconi sospese l'Ici per gli enti ecclesiastici. Il successivo Governo Prodi modificò solo in parte le nuove regole: di qui i dubbi di Bruxelles. Che -va detto- già nel 2006 e nel 2008 aveva escluso la necesità di un'indagine. Poi però nuovi elementi e l'intervento della Corte di Giustizia Europea hanno riaperto il caso. Si parla infatti di 100mila immobili della Chiesa, che potrebbero con questa disposizione aver aggirato i propri obblighi fiscali, per centinaia di milioni di euro l'anno. In numerosi edifici sono infatti presenti alberghi, scuole, club sportivi o culturali. Per questo si pone -a livello europeo- una questione di aiuto di Stato, nonché di distorsione alla concorrenza, a tutto svantaggio di quei prestatori di servizi che pagano le imposte. Inoltre, non convince Bruxelles neppure l'articolo 149 del Testo Unico delle Imposte, che esclude gli enti ecclesiastici dalle condizioni in grado di far decadere lo status di ente non commerciale. Per il Governo non ci sono violazioni, la Chiesa non teme l'indagine: qualora venisse accertata un'infrazione, Roma dovrà recuperare svariati miliardi di euro in tasse non pagate.

12/10/2010

Via libera -su proposta del Commissario Europeo alla Concorrenza Joaquin Almunia- all'indagine europea sull'esenzione della Chiesa Cattolica dal pagamento dell'Ici. L'Italia torna nel mirino.

Indagine approfondita della Commissione Europea nei confronti dell'Italia sull'esenzione dall'Ici per i beni della Chiesa e di altre entità non commerciali. Bruxelles mette nel mirino uno dei nodi più controversi nei rapporti fiscali tra Roma e Oltretevere: l'esenzione della Chiesa Cattolica dall'imposta comunale sugli immobili, stabilita nel 2005 dal secondo Governo Berlusconi. Una perdita di gettito annuo per i comuni italiani pari a diverse centinaia di milioni di euro. In particolare la Commissione intende capire se l'esenzione dall'Ici possa costituire un aiuto di Stato illegale, in grado di distorcere la concorrenza: secondo altre stime, sarebbero infatti 100mila gli immobili della Chiesa esenti dal pagamento, alcuni dei quali svolgono attività commerciali. Tra questi figurano scuole, alberghi, club sportivi e ospedali. Attività che -nei fatti- godrebbero di vantaggi competitivi rispetto agli altri concorrenti, in violazione delle norme europee. ''Finora - si legge in una nota di Bruxelles - le autorita' italiane non hanno fornito prove sufficienti per consentire alla Commissione di concludere che le misure contestate potrebbero essere giustificate in base ai principi del sistema fiscale nazionale". L'ultima mossa di Bruxelles giunge dopo anni di scambi di lettere tra l'Italia e le autorità europee: qualora venisse accertata un'infrazione, Roma dovrà recuperare svariati miliardi di euro in tasse non pagate dalla Chiesa.

12/10/2010

"Lost in Translation". Parafrasando il titolo di un celebre film, si può così descrivere l'empasse che avvolge il varo del brevetto unico europeo, uno strumento deputato -nelle intenzioni- a ridurre notevolmente i costi di deposito dei brevetti in 23 lingue, che ha reso l'Europa molto meno competitiva rispetto a Stati Uniti e Giappone.

Depositare un brevetto nell'Unione comporta oggi 14mila euro in spese di traduzione. Decisamente troppo. Per il Commissario al Mercato Interno Michel Barnier, la questione brevetti è stato il tallone d'Achille dell'Europa degli affari per 35 anni. Attualmente, ha sottolineato, la protezione legale in 15 Paesi costa dieci volte di più rispetto agli Stati Uniti. Proprio la Commissione Europea ha proposto un trilinguismo anglo-franco-tedesco per il futuro brevetto unico, che esclude l'italiano: Roma minaccia il veto. Chiede o un monolinguismo, oppure -meglio- l'inclusione della lingua di Dante, per evitare costi aggiuntivi di traduzione e svantaggi competitivi per le nostre aziende. Ieri il pacchetto di compromesso proposto dalla presidenza belga ha fatto registrare timidi progressi. Ma il veto resta. A sostegno della posizione italiana, secondo Ronchi, altri cinque Paesi, tra cui la Spagna. L'obiettivo è chiudere la partita entro fine anno: tutti vogliono il brevetto, ma prima dovranno ricostruire questa particolare Torre di Babele all'europea.

8/10/2010

L'Europa all'attacco degli Stati Uniti sulla recente allerta terrorismo: per i 27 Ministri dell'Interno comunitari, riuniti in Lussemburgo, Washington non ha dettagliato abbastanza il grado di minaccia.

L'allerta resta, ma l'Europa ora vuole saperne di più su quei terroristi nati all'interno dell'Unione, muniti di passaporti comunitari e pronti -secondo fonti dell'intelligence- a colpire obiettivi sensibili su suolo continentale: per questo i Ministri dell'Interno, dopo gli allarmi diramati nel weekend, hanno chiesto a Washington di chiarire i motivi di quell'allerta. Allerta peraltro condivisa con la Gran Bretagna, che era stata più esplicita nell'indicare Francia e Germania come Paesi a rischio. Per il coordinatore europeo della lotta al terrorrismo, Gilles de Kerchove, "gli Stati Uniti hanno confermato la realtà e la persistenza della minaccia, senza tuttavia precisare i bersagli". Mancano -insomma- le informazioni più cruciali, come ha sottolineato il presidente di turno dell'Unione, il Ministro belga Annemie Turtelboom. Più esplicito nella critica il tedesco Thomas de Maziere: "questi annunci aiutano i terroristi, spargendo paura". De Maziere si è spinto oltre, denunciando come il tipo di informazioni elargite da Washington variassero, a seconda del grado di amicizia dei Paesi interessati. La minaccia si è fatta, secondo gli esperti, più insidiosa: come ha spiegato il coordinatore europeo de Kerchove, "non c'è più un gruppo centralizzato di terroristi in Afghanistan o Pakistan, ma ve ne sono tanti, come un "franchising", che cercano di costruirsi un'immagine organizzando gli attacchi".

5/10/2010

La Cina non arretra sui tassi di cambio. A Bruxelles per il vertice euroasiatico, che vede riuniti i rappresentanti di 46 Paesi, il premier Wen Jiabao difende il tasso di cambio attuale della valuta di Pechino.

Doccia fredda cinese sulle speranze europee di un apprezzamento dello yuan: i tassi di cambio delle principali valute possono restare "relativamente stabili", ha affermato il premier cinese Wen Jiabao, parlando al vertice euroasiatico dell'Asem. Il pressing dei 27 Paesi europei, che avuto il momento clou nel faccia a faccia pomeridiano tra Wen Jiabao e il francese Sarkozy, non è dunque servito. Ieri sera e stamattina l'Europa proseguirà l'azione di lobbying, con altri incontri bilaterali con i rappresentanti cinesi: il presidente dell'Eurogruppo Juncker ha fatto sapere -attraverso il portavoce- che lo yuan è totalmente sottovalutato. Una situazione che comporterebbe squilibri nell'economia mondiali, con vantaggi competitivi per l'export di Pechino. Per il direttore del Ceps di Bruxelles, Daniel Gros, l'unica soluzione per portare Pechino a più miti consigli è la seguente. Più soft la posizione italiana, con il titolare degli esteri Frattini orientato a concedere tempo alla Cina. Una Cina che a Bruxelles non solo ha evitato accuratamente concessioni sui cambi, ma è addirittura partita all'attacco dell'Europa sul fronte del potere di rappresentanza nelle istituzioni finanziarie internazionali. "Serve una presenza maggiore dei Paesi emergenti", ha detto Wen Jiabao. Più accondiscendente verso la proposta europea -di cedere due dei suoi seggi nel board dell'Fmi- la Corea del Sud, organizzatrice del prossimo G20.

4/10/2010

La Cina respinge con diplomazia a Bruxelles le pressioni euroamericane per un apprezzamento dello yuan.

I tassi di cambio delle principali monete devono restare -tra loro- relativamente stabili: così il premier cinese Wen Jiabao ha respinto -con grande diplomazia- le pressioni dell'Europa sullo yuan, ritenuto sia da Bruxelles che da Washington ancora troppo deprezzato, con effetti eccessivamente benefici per l'economia di Pechino. Wen Jiabao è intervenuto all'apertura del vertice tra l'Unione Europe e i 46 Paesi asiatici, iniziata oggi nella capitale belga. "Dobbiamo lavorare insieme per promuovere la crescita economica mondiale", ha affermato Wen Jiabao, che ha auspicato un coordinamento macroeconomico più stretto. Intanto la Corea del Sud ha accolto con favore la proposta di riforma della governance del Fondo Monetario Internazionale, prospettata dai ministri delle finanze europei. I quali si sono detti disponibili a rinunciare fino a due seggi, a favore dei Paesi emergenti. ''Gli europei mostrano di essere flessibili e offrono una soluzione'', ha commentato Changyong Rhee, segretario generale del comitato incaricato di preparare il G20 di Seul. Rhee ha definito la mossa europea "un passo in avanti importante".

4/10/2010

Europa nel mirino di attacchi terroristici. Stati Uniti e Gran Bretagna lanciano l'allarme.

Doppia allerta terrorismo in Europa: sia il Governo americano che il Foreign Office britannico hanno messo in guardia cittadini e turisti sulla possibilità di attacchi da parte di commandos legati ad Al Qaeda. Le allerte fanno seguito a settimane di allarmi nel Vecchio Continente, soprattutto in Francia, confermando una situazione di pericolo: Washington non ha però specificato, a differenza di Londra, un Paese preciso. Per il Foreign Office britannico sarebbero invece proprio Francia e Germania nel mirino dei terroristi. "Gli attacchi potrebbero essere indiscriminati, e potrebbero colpire luoghi frequentati da espatriati e viaggiatori stranieri", così Londra. Il livello di allerta britannico indica come "molto probabile" un attentato, che secondo l'intelligence americana sarebbe stato solo rinviato. Tutti i sospetti puntano nella direzione di Al Qaeda, che avrebbe messo a punto un piano sullo stile di Mumbai, con commandos armati nelle città, per seminare panico e morte. Da Bruxelles le istituzioni comunitarie osservano la situazione, mentre la Farnesina afferma di monitorare costantemente la situazione dei nostri connazionali all'estero. Dalla Francia, il Ministro degli Interni Brice Hortefeux ha dichiarato che non è per ora necessario innalzare il livello di allerta, un'opinione condivisa dal Ministero dell'Interno tedesco.

2/10/2010

Allarme dell'Ecofin sui rischi del mercato dei debiti sovrani. il Ministro dell'Economia Tremonti afferma: "colpe dei Governi, ma anche dei banchieri per la crisi".

C'è il rischio di un effetto contagio in Europa, in grado di spostare la crisi dai debiti sovrani sulle banche europee: è un messaggio preoccupato, quello lanciato ieri dall'Ecofin, che ha preso in esame gli ultimi sviluppi legati ai casi irlandese e spagnolo. "E' da tempo che chiediamo ai Governi misure appropriate di consolidamento dei conti pubblici", ha insistito il governatore della Bce Trichet, che chiede un risanamento dei bilanci, anche alla luce dell'incertezza del ritmo della ripresa, sia nel settore finanziario che a livello macroeconomico. Il Commissario Europeo all'Economia Olli Rehn è stato ancora più netto. Riferendosi all'Irlanda, Rehn ha definito chiuso il periodo della bassa tassazione. Il presidente del Financial Stability Board Mario Draghi ha invece esortato i Ministri europei a continuare nella messa a punto delle nuove regole finanziare, con la stessa risolutezza mostrata finora. Draghi ha avvertito pure del possibile proliferare di "banche zombie", sostenute solo dall'abbondante liquidità messa in circolo dalle banche centrali. E il Ministro dell'Economia Tremonti, ha ribadito la necessità di una politica economica condivisa dai 27. Nessuna intesa invece tra i Ministri europei sulla tassazione di banche e transazioni finanziarie.

1/10/2010

Allarme dell'Ecofin sui rischi del mercato dei debiti sovrani. Intanto Draghi chiede di proseguire con risolutezza sulla strada della nuova regolamentazione finanziaria.

Il mercato dei debiti sovrani puo' avere un ''effetto contagioso'' sul settore bancario: così i Ministri delle Finanze dell'Eurozona hanno messo in guardia rispetto agli ultimi timori sulle finanze pubbliche nel Vecchio Continente. ''E' da tempo che chiediamo a tutti i governi europei, con grande insistenza, misure appropriate di consolidamento dei conti pubblici'', ha detto il presidente della Banca centrale europea, Jean Claude Trichet. I 27 hanno ribadito come prosegua l'incertezza sul ritmo della ripresa, a causa proprio della difficoltà nei bilanci pubblici. Intanto, il Governatore di Bankitalia Mario Draghi ha lanciato un appello, affinché sulle nuove regole finanziarie si proceda con la stessa risolutezza mostrata finora. Draghi ha illustrato le proposte che il Financial Stability Board presenterà al prossimo G20 di Seul. E in serata, intevenendo da Roma, il Governatore di Bankitalia ha ammonito le autorità nazionali europee a risolvere il problema della ''eccessiva dipendenza di alcune banche dalle iniezioni di liquidità'' pubbliche, pena il diffondersi di ''istituti di credito zombie in Europa''. L'Ecofin, intanto, resta diviso sulla possibilità di una tassazione delle transazioni finanziarie.

30/9/2010

Giro di vite della Commissione Europea sui bilanci pubblici: confermando le previsioni della vigilia, Bruxelles ha optato per la linea dura su chi sfora i conti pubblici in Europa.

Come ha affermato il presidente della Commissione Europea José Barroso, "queste regole segnano un discrimine immenso nel modo in cui viene gestita la governance economica europea". Bruxelles chiede di monitorare non più solamente il deficit, ma anche il debito, definito da Barroso "antisociale". Debito che non dovrà superare il 60% del Pil. I Paesi che sforano, dovrannno tagliare un ventesimo del debito all'anno: un onere importante per Italia, Belgio e Grecia, primatisti in Europa. Un'altra importante novità riguarda le sanzioni, che da virtuali, come erano state finora, diventano reali: saranno ''semi-automatiche'' (potranno essere bocciate solo da una maggioranza qualificata del Consiglio Europeo), e saranno introdotte anche in fase preventiva. Sarà dunque obbligatorio costituire un deposito fruttifero, in cui versare lo 0,2% del Pil, per i Paesi che ''deviano da una politica di bilancio prudente''. Deposito che diventera' ''non fruttifero'' se lo Stato entra in procedura di infrazione, e che si trasformera' in ''ammenda'', in caso di mancata correzione del disavanzo. Previste sanzioni pure per i Paesi che non migliorano la propria competitività, provocando squlibri macroeconomici. Ora la palla passa a Governi ed Europarlamento, per l'approvazione di queste proposte: da ieri è comunque chiaro a tutti che l'epoca dei bilanci allegri in Europa è finita - probabilmente per sempre.

29/9/2010

Colpo di reni dell'economia britannica nel secondo trimestre dell'anno: il prodotto interno lordo e' salito dell'1,2%, ma le prospettive per il futuro non sono rosee, a causa del regime di austherity. L'Irlanda intanto rischia un nuovo taglio del rating, mentre la Spagna attende il verdetto di Moody's a breve. E' anche in questa atmosfera che oggi la Commissione Europea presenta le attese proposte per la riforma del patto di stabilità.

Si chiude oggi il countdown verso la riforma del patto di stabilità europeo, ma si apre la battaglia sulle sanzioni: non appena la Commissione renderà note le sue proposte, si apriranno i negoziati in vista del Consiglio Europeo di fine ottobre. Il presidente della Commissione Barroso ha chiarito che l'obiettivo sarà quello di vigilare in maniera più stringente sui debiti dei Governi, per affrontare meglio gli squilibri macroeconomici. Per questo la Commissione chiederà sia di sanzionare i debiti superiori al 60% del Pil, come quello italiano, sia di introdurre sanzioni per gli sforamenti, mediante depositi pari allo 0,1% del Pil. Che ci sia convergenza sulla necessità di sanzioni contro i Paesi che sforano su deficit e debito appare ormai fuori discussione, ma il problema riguarda la rapidità di queste sanzioni. La Francia non le vuole semi-automatiche, con un potere discrezionale per la Commissione Europea. E ieri anche gli europarlamentari del Pdl, riflettendo la posizione del Governo, hanno rigettato l'ipotesi di sanzioni preventive. Ma la tedesca Angela Merkel è stata chiara: servono regole più stringenti su deficit e debito. La Merkel ha escluso l'ipotesi di un'estensione del fondo di salvataggio europeo, un suggerimento venuto -tra gli altri- da Tommaso Padoa-Schioppa. Oggi intanto centomila persone sono attese a Bruxelles per la manifestazione dei sindacati europei contro il rigore di bilancio e i tagli alla spesa in Europa.

28/9/2010

A meno di ventiquattrore dalla presentazione delle proposte di riforma del patto di stabilità europeo, prosegue il braccio di ferro tra i Paesi dell'Unione sugli automatismi delle sanzioni.

Permane l'incertezza in Europa sulla riforma del patto di stabilità, con i fronti contrapposti impegnati a ribadire le proprie posizioni. Domani la Commissione Europea presenterà le attesissime proposte: il presidente Barroso ha anticipato nelle ultime ore che l'intenzione è quella di ''vigilare in maniera piu' stringente sui debiti dei governi''. "La crisi dei debiti sovrani ha messo in luce le mancanze e le debolezze del sistema di vigilanza, ponendo in primo piano la necessita' di completare l'unione monetaria con quella economica", ha detto Barroso. Il nocciolo della questione ruota tutto intorno alla semi-auomaticità delle sanzioni: la Commissione Europea chiede mano libera nel congelare lo 0,2% del Pil con il meccanismo del deposito fruttifero, che potrebbe poi venire trattenuto in caso di sforamento della soglia. Gli europarlamentari del Pdl, riflettendo la posizione italiana, in rotta con quella rigorista della Germania, hanno rigettato l'ipotesi di sanzioni preventive. Tuttavia proprio Berlino ha nuovamente messo in campo tutto il suo peso politico: la cancelliera Angela Merkel ha affermato la necessità di regole più stringenti su deficit e debito.

28/9/2010

Il presidente della Banca Centrale Europea Jean-Claude Trichet boccia la tassa sulle banche. Intanto si accende il dibattito sulla riforma del patto di stabilità.

Procedura di infrazione per debito eccessivo anche quando il deficit rientra nei parametri stabiliti, e sanzioni piu' severe per i Paesi che violano le regole. E' su questi punti che -secondo il presidente europeo van Rompuy- si osservano le prime convergenze tra i Paesi comunitari, i cui Ministri dell'Economia si sono riuniti ieri fino a tarda sera a Bruxelles. Van Rompuy ha ribadito la necessita' di sanzioni semi-automatiche, ma a stretto giro di posta è stato contraddetto dal Ministro delle Finanze francese Christine Lagarde, che le ha respinte. Ed è in questo quadro complesso l'Europa attende le proposte che la Commissione Europea lancerà domani per la riforma del patto. Italia, Francia e Belgio appaiono decisi ad evitare sanzioni semi-automatiche, pari a centinaia di milioni di euro per gli sforamenti. Mentre Germania, Olanda e Gran Bretagna puntano sul rigore. A favore di quest'ultima posizione si è schierato ieri il presidente della Bce Trichet. Che si è detto favorevole a sanzioni semi-automatiche. Ed è sembrato riferirsi -tra gli altri- all'Italia, quando ha affermato come la riforma del patto debba orientarsi soprattutto verso i Paesi con alto livello di debito e significativa perdita di competitività. Trichet è sembrato però mettere un freno ai propositi franco-tedeschi per la tassazione delle banche. "Non è questo il momento di tassare le banche in Europa. Prima occorre rafforzarle", ha detto, dicendosi contrario anche a un'imposta sulle transazioni finanziarie.

21/9/2010

"La fine di un'era": così la stampa svedese ha commentato l'incerto esito delle urne. In Europa -intanto- è allerta per l'ascesa costante di partiti xenofobi e di estrema destra.

La crisi economica immette nel panorama politico-elettorale europeo due fattori non del tutto sconosciuti, ma che -combinati- stanno creando non poche preoccupazioni. La Svezia è stata solo l'ultimo -e più lampante- caso, con un Parlamento nelle mani del centrodestra del premier uscente Reinfeldt, il quale deve però fare i conti con una maggioranza relativa. Per quella assoluta sarebbero indispensabili i voti dello schieramento xenofobo dei Democratici di Svezia, saliti a oltre il 5%. Una strada scartata a priori: per questo Reinfeldt punta o a sfilare i Verdi dalla coalizione di centrosinistra, o a un esecutivo di minoranza. Ne sa qualcosa il Partito Liberale olandese, vincitore delle ultime elezioni, ma ancora maggioranza in pectore, dopo che il Partito della Libertà di Geert Wilders, di estrema destra, ha lasciato i negoziati per la formazione del Governo a inizio mese. Secondo nuovi sondaggi, lo schieramento di Wilders sarebbe attualmente il primo partito del Paese. Anche il Belgio è senza Governo da oltre tre mesi: qui il problema non riguarda l'estrema destra, ma la spinta separatista delle Fiandre, giunta ormai al limite della rottura. In Austria intanto l'ex-partito di Haider, la Fpoe, punta al Comune di Vienna, in Danimarca il Partito del Popolo veleggia intorno al 15%, e in Ungheria lo Jobbik, anti-rom, appare in netta crescita. La Commissione Europea osserva la situazione.

20/9/2010

"La fine di un'era": così la stampa svedese ha commentato oggi quasi all'unisono il bizzarro esito delle urne. Che hanno decretato una maggioranza relativa di centrodestra in Parlamento, dove è approdato per la prima volta un partito xenofobo.

Prendono tempo i partiti svedesi, il giorno dopo una vittoria difficile da festeggiare. L'ingresso in Parlamento dei Democratici di Svezia, partito xenofobo di estrema destra, ha rovinato la festa alla coalizione del premier uscente Fredrik Reinfeldt, il primo nella storia del centrodestra svedese a ottenere la rielezione, mettendo fine allo strapotere politico dei socialdemocratici. L'unica via d'uscita allo stallo politico di un centrodestra senza maggioranza parlamentare appare quella di aprire la coalizione ai Verdi, forti di oltre il 7%, spingendoli al salto della barricata. Ma i segnali che arrivano dal partito ecologista, alleato del centrosinistra, non sono incoraggianti: per la portavoce Maria Wettestrand, lo schieramento non ha il mandato degli elettori per negoziare con una coalizione di centrodestra. Resta sul piatto l'ipotesi di un esecutivo di minoranza, aperto al dialogo con l'opposizione di centrosinistra, ma a rischio di pressioni e ricatti da parte degli xenofobi di Jimmie Aakesson, forti di oltre il 5% dei consensi. Non appare preoccupata -almeno per ora- la Commissione Europea.

20/9/2010

Grecia di nuovo a rischio caos, per il blocco stradale attuato dai sulle autostrade e superstrade che portano ad Atene e Salonicco.

Non c'è pace per la Grecia, ancora nel pieno delle proteste legate alle riforme strutturali messe in pista dall'esecutivo Papandreou per risollevare il Paese, in crisi economica. Per il settimo giorno consecutivo prosegue la protesta di quasi mille autotrasportatori, che assediano Atene e Salonicco, bloccando le principali arterie di ingresso nelle due città. La tensione è ai massimi, in vista del voto cruciale del Parlamento greco, che si pronuncerà sul pacchetto di liberalizzazione del settore: per i camionisti, sono a rischio centinaia di posti di lavoro. Al momento non sono ancora segnalati grossi problemi nei rifornimenti di benzina e altri beni di prima necessità, ma secondo la Confcommercio ellenica, da oggi si cominceranno a sentire i primi effetti del blocco: ancora ben presente nella memoria collettiva la paralisi del Paese lo scorso luglio, in piena stagione turistica a causa di un analogo blocco dei camionisti. E mentre restano paralizzate le autostrade intorno alla capitale, si segnalano le aggressioni degli autotrasportatori verso quei colleghi che provano a forzare il blocco. I camionisti chiedono soprattutto l'estensione del periodo di transizione -da tre a cinque anni- delle nuove norme, e il mantenimento di una parte del valore delle loro licenze. Intanto sono stati posticipati di un mese, alla fine di ottobre, gli stress test sulle banche greche La decisione sarebbe stata presa da Fmi, Commissione europea e Bce in accordo con la Banca Centrale di Atene, per dare piu' tempo alla Grecia di ristrutturare il proprio sistema bancario.

19/9/2010

Oltre sette milioni di elettori svedesi oggi alle urne per rinnovare il Parlamento e il Governo. Forte il rischio di un'ascesa dell'estrema destra, nel Paese-simbolo del welfare state nordico.

Il vento dell'estremismo di destra potrebbe far breccia anche in Svezia, Paese tradizionalmente tra i più aperti nei confronti dell'immigrazione. Dopo Bruxelles e L'Aja, le correnti ultranazionaliste puntano ora verso Stoccolma, dove nelle elezioni legislative odierne tutti gli occhi sono puntati sul partito di estrema destra Democratici di Svezia, guidato da Jimmi Akesson. Lo schieramento punta a sfondare la soglia del 4% per l'ingresso in Parlamento. I Democratici, che dietro il nome pacifico e insospettabile nascondono radici neonaziste, rischiano di diventare una variabile non indifferente nel gioco di potere che uscirà dalle urne: favoriti per un nuovo mandato di Governo restano infatti i quattro partiti dell'Alleanza di centrodestra, capitanati dal premier uscente Fredrik Reinfeldt, capace quattro anni fa di scardinare oltre due decenni di dominio quasi incontrastato dei socialdemocratici. Numerosi sondaggi lasciano intravedere una maggioranza dei seggi, seppur risicata, per il centrodestra, che non dovrebbe ricorrere ad appoggi esterni: alla fine -comunque- conteranno molto gli indecisi, quasi uno su cinque. Tutti i maggiori schieramenti hanno già isolato, almeno a parole, il partito estremista di Akesson, che ha definito ''l'Islam e' la piu' grande minaccia straniera per la Svezia dai tempi della Seconda Guerra Mondiale''.

17/9/2010

Doveva essere un vertice di riforme economiche e lancio della politica estera comune: alla fine sono volati gli stracci. Come non si vedeva da tempo.

"La totalità dei capi di Stato e di Governo è rimasta choccata dalle dichiarazioni della vicepresidente della Commissione", ha attaccato in conferenza stampa il presidente francese Nicolas Sarkozy, già protagonista nelle stanze del vertice di un forte diverbio con il presidente della Commissione Barroso. Poi smentito. A originare il casus belli le parole della Commissaria Reding, che aveva tracciato parallelismi tra le espulsioni dei rom francesi e la Seconda Guerra Mondiale. Sarkozy ha negato le accuse di razzismo, e ha ribadito che Parigi andrà avanti a smantellare i campi illegali. Il presidente francese ha incassato l'appoggio del premier italiano Silvio Berlusconi, ma ha aperto una frattura con il partner tedesco: la Merkel non solo ha difeso il diritto-dovere della Commissione di verificare il rispetto delle norme comunitarie, ma ha smentito lo stesso Sarkozy, improvvido nell'annunciare analoghe iniziative di espulsione dei rom in Germania. Barroso intanto ribadiva: "Inaccettabile ogni discriminazione contro le minoranze etniche". E mentre il vertice non produceva decisioni comuni sulla vicenda, al presidente europeo Van Rompuy non rimaneva che invitare tutti -istituzioni e Paesi membri- al rispetto reciproco.

16/9/2010

Non è bastata un'intera giornata di vertice europeo a calmare le acque in Europa sulla vicenda rom, ormai diventato un caso politico internazionale. Il presidente francese Sarkozy è stato chiaro.

“La totalità dei capi di Stato e di Governo è rimasta choccata dalle dichiarazioni della vicepresidente della Commissione Europea", ha dichiarato Sarkozy, protagonista di un violento scontro verbale -poi smentito- con il presidente della Commissione Europea Barroso. Sarkozy ha preso la parola davanti a tutti, per accusare la Commissione di aver offeso la Francia. Barroso ha difeso il ruolo della Commissione: alla fine, comunque, dal vertice non è emersa alcuna decisione concreta. Le polemiche sono proseguite a vertice concluso: Sarkozy ha ribadito che Parigi continuerà a smantellare gli accampamenti illegali, nel rispetto del diritto comunitario e senza distinzioni di origine o di cultura. Immediata la replica di Barroso: ''la commissaria Reding ha riconosciuto i suoi commenti esagerati, ma penso che altri dovrebbero fare lo stesso'', rinunciando a un certo ''populismo''. Le discriminazioni contro le minoranze sono inaccettabili", ha aggiunto. E se il presidente europeo van Rompuy chiede un rispetto reciproco tra istituzioni europee e Paesi membri, la tedesca Angela Merkel ha ribadito: "la Commissione ha il diritto e l'obbligo di verificare se gli Stati membri rispettano le regole comunitarie''. In serata la nota del premier italiano Berlusconi, che ha chiesto alle istituzioni europee di consultare i Paesi membri, prima di contestar loro pubblicamente presunte inadempienze.

16/9/2010

"La totalità dei capi di Stato e di Governo è rimasta choccata dalle dichiarazioni della vicepresidente della Commissione Europea".

E' stato un summit completamente preso in ostaggio dalla questione rom, quello svoltosi oggi a Bruxelles, che ha visto persino un violento scontro verbale tra il presidente francese Nicolas Sarkozy, che avete appena ascoltato, e il presidente della Commissione Europea José Barroso. L'episodio sarebbe avvenuto nel corso del pranzo di lavoro dei 27 leader. Sarkozy avrebbe preso la parola davanti a tutti per accusare la Commissione di aver offeso la Francia, paragonandola ai nazisti nelle azioni di espulsioni dei rom. Barroso ha difeso il ruolo della Commissione: alla fine, comunque, dal vertice non è emersa alcuna decisione in materia. Sarkozy, nel corso di una conferenza stampa fiume, ha poi ribadito che Parigi continuerà a smantellare gli accampamenti illegali, nel rispetto del diritto comunitario e senza distinzioni di origine o di cultura. Ma la polemica non si placa: la tedesca Merkel ha ribadito: "la Commissione ha il diritto e l'obbligo di verificare se gli Stati membri rispettano le regole comunitarie''. Per il resto, il vertice ha rinviato a ottobre le decisioni sulla riforma del patto, mentre sull'accordo commerciale Europa-Corea del Sud, i 27 hanno dato via libera, dopo che l'Italia ha tolto la propria riserva. Il premier Berlusconi ha lasciato Bruxelles senza rilasciare dichiarazioni.

15/9/2010

Dopo l'Europarlamento, anche la Commissione Europea censura pesantemente la politica francese di rimpatrio per rom e clandestini. La Commissaria Viviane Reding intende portare Parigi in tribunale.

"Ne abbiamo abbastanza": il livello di tensione che corre sull'asse Bruxelles-Parigi si misura tutto nel battito dei pugni sul tavolo da parte della Commissaria per la Giustizia e i Diritti Fondamentali Viviane Reding, che ieri ha annunciato la richiesta di una procedura di infrazione contro la Francia, per "applicazione discriminatoria della libertà di movimento". Oggetto del contendere le espulsioni dei rom dal suolo francese, ormai più di mille in un mese e mezzo, 220 dei quali nella sola giornata di ieri. Bruxelles ha reagito con violenza alle rivelazioni sulla circolare governativa, che metteva nel mirino degli smantellamenti proprio i campi rom, indicati come prioritari. Di qui le dure parole della Commissaria Reding, che dopo aver appreso della circolare su internet, ha definito il comportamento francese come una "disgrazia" per l'Unione, invitando Parigi a cambiare l'atteggiamento, non i termini dei documenti ufficiali. Prima di minacciare: "Raccomanderò una procedura di infrazione rapida, e spero che la Commissione Europea deciderà nelle prossime due settimane". "Stupita" la reazione della Francia, spiazzata dai toni furibondi della Reding. Il leader dei deputati dell'Ump Copé si è detto dispiaciuto della decisione europea. Ma l'imbarazzo a Parigi è evidente.

14/9/2010

Scontro aperto Bruxelles-Parigi sulla questione delle deportazioni dei rom francesi: la Commissione Europea minaccia l'apertura di una procedura di infrazione.

Accusata di essersi mossa tardi e male sull'ordinanza francese dei rimpatri, la Commissione Europea ha detto "basta". "Ne abbiamo abbastanza": così la Commissaria per la Giustizia e i Diritti Fondamentali Viviane Reding, battendo con rabbia i pugni sul leggio della sala conferenze stampa, ha minacciato l'apertura di una procedura di infrazione contro Parigi, che nell'ultimo mese ha deportato quasi mille rom verso Bulgaria e Romania. Ad aggravare le cose, ha contribuito la rivelazione alla stampa della circolare amministrativa interna, nella quale venivano indicati gli accampamenti rom come prioritari per l'evacuazione. La Reding si è detta allibita da una situazione nella quale si ha la netta sensazione di deportazioni legate alla mera appartenenza etnica: una situazione che -parole sue- si sperava di non vedere più dopo la Seconda Guerra Mondiale. "Una vera disgrazia", ha chiosata la Commissaria, prima di minacciare: "Raccomanderò una procedura di infrazione rapida, e spero che la Commissione Europea deciderà nelle prossime due settimane". "Stupita" la reazione francese, per bocca del Ministero degli Esteri, mentre il Ministro dell'Immigrazione Eric Besson conferma la prosecuzione dello smantellamento degli accampamenti illegali. 69 rom hanno lasciato oggi Marsiglia per Bucarest.

10/9/2010

Con 337 voti a favore e 245 contrari il Parlamento Europeo ha duramente condannato la politica di espulsione dei rom avviata dalla Francia questa estate.

Francia condannata dall'Europarlamento per la vicenda dell'espulsione dei rom: l'assemblea di Strasburgo ha espresso viva preoccupazione per le misure adottate dalle autorità transalpine, denunciando come le espulsioni di massa violano la legislazione europea. "Rappresentanto una discriminazione su base razziale", questo il j'accuse comunitario verso Parigi. Gli eurodeputati hanno dunque chiesto con una maggioranza di 337 voti contro 245 di fermare immediatamente l'espulsione dei rom. Nella risoluzione si fa anche menzione al Ministro dell'Interno italiano Maroni, e alla sua intenzione di "propugnare l'adozione di norme europee più rigorose sull'immigrazione e la libertà di circolazione". Critica infine la posizione verso la Commissione Europea, accusata di essersi mossa troppo tardi. A Strasburgo è passata dunque la linea di socialisti, liberali e sinistra, che ha messo in minoranza i popolari europei, schieramento che comprende l'Ump di Nicolas Sarkozy. Da Bucharest intanto il Ministro dell'Immigrazione Francese Eric Besson respingeva al mittente le accuse, facendo spallucce, e stringendo con il titolare degli Esteri rumeno Theodor Baconschi un accordo per l'inserimento sociale dei rom, ricorrendo -se necessario- allo sblocco dei fondi europei.

8/9/2010

Getta acqua sul fuoco degli allarmi il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, sostenendo come in Europa non si guardi con preoccupazione alla crisi politica italiana.

Ammette però che c'è ancora molto da fare, soprattutto sulla competitività, ma fuori -sottolinea- da una logica di emergenza. Tremonti ha parlato al termine di un Ecofin storico, che ha varato importanti novità, lasciando aperti altri dossier di peso: i 27 hanno dunque dato luce via libera alla riforma della vigilanza finanziaria, che comprende il varo di un osservatorio sui rischi sistemici, preposto a monitorare l'esistenza di rischi per la stabilità finanziaria in Europa, insieme alle tre Authority su banche, assicurazioni e fondi pensione. Queste lavoreranno sulle controversie transfrontaliere e avranno poteri vincolanti, in una lista definita di settori. L'altra importante decisione riguarda il varo del semestre europeo, che partirà nel 2011, introducendo un controllo preventivo sui bilanci nazionali, in grado di condizionare tutte le finanziarie nazionali. Per il Commissario all'Economia Olli Rehn, il semestre allineerà le politiche dei Paesi membri, sotto il cappello della disciplina fiscale e della stabilità macroeconomica. Resta invece sul tavolo l'ipotesi di una tassa europea sulle banche, su cui prosegue il lavoro della Commissione, mentre si allontana quella di una tassa sulle transazioni finanziarie. Posizioni distanti pure sui parametri di valutazione e sulle sanzioni del nuovo patto di stabilità riformato. Stop infine della Germania all'idea dell'emissione di Eurobond per le infrastrutture.

7/9/2010

''Nessuna preoccupazione in Europa sulla crisi politica italiana'': così il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti da Bruxelles, per l'Ecofin. Per Tremonti non ci sarà un autunno di emergenza, né nuove manovre.

Sì al semestre europeo sui bilanci e alla riforma della vigilanza finanziaria: il primo Ecofin autunnale raggiunge l'intesa su due importanti dossier aperti, lasciando però in sospeso altre questioni. I 27 hanno dato luce verde, come previsto, all'osservatorio sui rischi sistemici, che dovrà monitorare l'esistenza di rischi per la stabilità finanziaria in Europa, insieme alle tre Authority su banche, assicurazioni e fondi pensione. Queste lavoreranno sulle controversie transfrontaliere e avranno poteri vincolanti in una lista definita di settori. Londra è riuscita a inserire una clausola, che vieta a queste stesse agenzie, decisioni che possono impattare sulle finanze pubbliche di un Paese. Sempre Londra l'ha avuta vinta sul proprio diritto di sottoporre i piani di bilancio alla Camera dei Comuni, prima di portarli a Bruxelles per il semestre economico europeo. Semestre che partirà nel 2011 e introdurrà un controllo preventivo sui bilanci nazionali. Per il Commissario all'Economia Olli Rehn, il semestre allineerà le politiche dei Paesi membri, sotto il cappello della disciplina fiscale e della stabilità macroeconomica. Resta invece sul tavolo l'ipotesi di una tassa europea sulle banche, su cui prosegue il lavoro della Commissione, mentre si allontana quella di una tassa sulle transazioni finanziarie. Posizioni distanti pure sui parametri di valutazione e sulle sanzioni del nuovo patto di stabilità riformato. Stop infine della Germania all'idea dell'emissione di Eurobond per le infrastrutture.

7/9/2010

La Task Force Europea sull'economia ancora lontana dall'intesa sulle sanzioni per chi viola il patto di stabilità. Oggi in programma Eurogruppo ed Ecofin.

Coordinamento dei bilanci sì, sanzioni forse: è con l'ennesimo -tortuoso- negoziato che l'Europa si avvia verso l'alba di una politica economica concertata, che prevederà sia un semestre europeo a partire da gennaio, in grado di garantire una regia comune dei bilanci nazionali, sia sanzioni per quei Paesi che sforano i parametri di deficit, ma anche debito. E se sul primo punto le opinioni ormai convergono, sul secondo restano distanti le posizioni: la più esplicita è quella spagnola, con il titolare dell'Economia Elena Salgado che ha manifestato l'opposizione iberica all'ipotesi di una sospensione dei fondi strutturali. Il lussemburghese Juncker, presidente dell'Eurogruppo, reputa invece impossibile l'idea di sospendere il voto ai Paesi inadempienti, senza modificare i Trattati. C'è anche il problema della valutazione del debito, con l'Italia che preme per includere pure quello privato nell'analisi complessiva. Fonti europee parlano di un rinvio a ottobre del problema sanzioni: il presidente Van Rompuy riferirà della discussione di ieri al prossimo Consiglio Europeo di metà settembre. Oggi -nel doppio appuntamento Eurogruppo/Ecofin- si tornerà a parlare della tassa sulle banche e di quella sulle transazioni finanziarie, anche se su quest'ultimo punto la strada appare in salita. Via libera scontato invece alla riforma della vigilanza finanziaria.

6/9/2010

Due giorni di vertice per i Ministri europei dell'Economia a Bruxelles: oggi meeting della task force sulla governance economica, domani Eurogruppo ed Ecofin.

L'Europa riparte dall'economia. La prima settimana di lavoro delle istituzioni comunitarie si apre oggi con la riunione della task force coordinata dal presidente Herman van Rompuy. L'agenda è fitta e il momento -potenzialmente- storico: in primo piano ci sarà la "riforma delle riforme", quella governance economica che sarà inevitabilmente associata e intrecciata alla riforma del patto di stabilità e di crescita. Obiettivo di Van Rompuy è quello di definire con i Ministri dell'Unione il cosiddetto "semestre europeo", che dovrebbe portare a un vero e proprio coordinamento dei bilanci e delle politiche economiche nazionali. "Nasce una nuova politica comune", per il Ministro italiano Tremonti. Parallelamente, prosegue il lavoro di riforma del patto di stabilità, che dovrà portare al varo di sanzioni per i Paesi fuori linea sui conti, non solo per quanto riguarda il deficit ma anche il debito. Tra oggi e domani, giornata di Eurogruppo ed Ecofin, l'Europa discuterà pure l'introduzione di una tassa sulle banche e sulle transazioni finanziarie. Argomento controverso, ma ancora in agenda, sostenuto da numerosi pesi massimi, Germania in testa. I 27 dovranno dare il via libera anche alla riforma della vigilanza finanziaria, prima dell'imprimatur definitivo dell'Europarlamento, e diranno sì al varo della nuova tranche di prestiti alla Grecia.

4/9/2010

E' con un "atto di fede" che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano è tornato a intervenire nel dibattito sul presente -più ancora che sul futuro- dell'Europa.

Europa per la quale Napolitano non vede "un pericolo di morte imminente", ma piuttosto un "difetto di visione e di coraggio". Non le manda a dire, il capo dello Stato, quando accusa direttamente le leadership nazionali di aver resistito -nell'ultimo decennio- ad un effettivo coordinamento europeo, e invita esplicitamente a muovere con decisione nella direzione di un trasferimento della sovranità dagli Stati membri a Bruxelles. "O andiamo avanti in questa direzione, o rischiamo di pesare sempre meno nel mondo", afferma Napolitano. Il capo dello Stato porta esempi concreti di aree in cui fare progressi: il rinnovo del patto di stabilità, la creazione di un'agenzia di rating comunitaria, ma soprattutto più competizione e concorrenza. "Nessun Paese ce la può fare da solo", ripete. Di qui la speranza, affinché nasca una nuova generazione di leader europei, che porti quella visione e quel coraggio venuti drammaticamente a mancare nell'ultimo decennio.

6/8/2010

Il programma di austerità greco funziona. A certificarlo una missione di esperti internazionali, proprio nel giorno in cui un allarme bomba ha provocato l'evacuazione del Ministero delle Finanze.

Progressi considerevoli, ma restano ancora sfide importanti sulla strada del risanamento dei conti pubblici. Questo il primo giudizio della missione congiunta di Commissione Europea, Bce ed Fmi, che permetterà ad Atene di accedere ad una nuova tranche del prestito europeo. Il programma economico del Governo ellenico ha avuto una partenza forte, affermano i tecnici delle tre istituzioni: l'implementazione del programma fiscale è stata vigorosa, importanti riforme sono già calendarizzate, il settore bancario è in fase di ristrutturazione, mentre progressi impressionanti sono registrati nell'ambito delle riforme strutturali, come pensioni e mercato del lavoro. Resta ovviamente molto lavoro da fare: aprire il settore dell'energia, fare pulizia nei conti della compagnia ferroviaria Ose, oppressa dai debiti, eliminare le barriere allo sviluppo nel turismo e nei servizi. In linea con le previsioni di maggio invece le stime sul rapporto deficit/pil, atteso in contrazione del 4% quest'anno e del 2,5% il prossimo: ma sull'andamento dell'economia occorre vigilare, avvertono le tre istituzioni, considerando che l'inflazione sta rialzando la testa. Le buone notizie per la Grecia si traducono soprattutto nel via libera della seconda tranche di aiuti internazionali, con nove miliardi di euro di prestiti che arriveranno ad Atene all'inizio di settembre, dopo i 20 ricevuti a maggio. Una terza tranche da 9 miliardi è attesa a dicembre.

30/7/2010

La manovra finanziaria del Governo e' in grado di offrire sostegno ai rating sovrani dell'Italia. Lo sostiene l'agenzia Standard & Poor's. Molto dura invece la reazione della Commissione Europea, che attacca Roma sull'emendamento che proroga il pagamento delle multe sulle quote latte.

"C'è una buona possibilità che concluderemo che l'emendamento italiano sulle quote latte si configura come un aiuto di Stato illecito": così Roger Waite, portavoce della Commissione Europea, conferma a Radio 24 come la misura -per Bruxelles- sia colma. E come si rischi una "guerra del latte" tra Italia ed Europa. ''La Commissione è delusa nell'apprendere che l'Italia ha votato una misura che sembra essere contraria alle regole dell'Unione. Ora esaminerà il testo votato, e non esitera' ad intraprendere l'azione necessaria": questo il commento ufficiale del Commissario Europeo all'Agricoltura Dacian Ciolos, che ha prospettato l'ipotesi di un deferimento del nostro Paese. A questo punto, secondo Waite, due sono le ipotesi: o l'avviamento di una procedura di infrazione standard, oppure un'azione relativa alla concessione di aiuti di stato illegali. Nel mirino di Bruxelles c'è l'emendamento, fortemente voluto dalla Lega Nord e presentato dal presidente della commissione Bilancio del Senato Antonio Azzollini, che conferma la moratoria -fino al 31 dicembre 2010- delle rate scadute il 30 giugno. Contro la misura, oltre al Ministro dell'Agricoltura Galan, si è schierata pure la Confederazione Italiana Agricoltori, che col presidente Giuseppe Politi ha dichiarato: ''Dopo il danno la beffa. Si e' varata una misura che favorisce unicamente i furbetti, mortifica gli allevatori onesti, e ci mette sotto scacco dell'Europa".

29/7/2010

Dura reazione europea all'emendamento della Manovra, che proroga il pagamento delle quote latte.

Italia in rotta di collisione con l'Europa sulla proroga del pagamento delle quote latte, contenuta nella Manovra approvata alla Camera. ''La Commissione Europea è delusa nell'apprendere che l'Italia ha votato una misura che sembra essere contraria alle regole dell'Unione sul rimborso delle multe per il superamento delle quote latte. Ora esaminerà sotto il profilo giuridico il testo votato, e non esitera' a intraprendere l'azione necessaria, se la misura non risultasse conforme alle regole". Così il Commissario all'Agricoltura Dacian Ciolos ha prospettato -per la prima volta nella ventennale vicenda delle quote latte- l'ipotesi di un deferimento del nostro Paese: due le ipotesi. O l'avviamento di una procedura di infrazione standard, oppure un'azione relativa alla concessione di aiuti di stato illegali. Nel mirino di Bruxelles c'è l'emendamento, voluto fortemente dalla Lega Nord e presentato dal presidente della commissione Bilancio del Senato Antonio Azzollini, che conferma la moratoria -fino al 31 dicembre 2010- delle rate scadute il 30 giugno. Contro la misura, oltre al Ministro dell'Agricoltura Galan, si è schierata anche la Confederazione Italiana Agricoltori, che col presidente Giuseppe Politi ha dichiarato: ''Dopo il danno la beffa. Si e' varata una misura che favorisce unicamente i furbetti, mortifica gli allevatori onesti, e ci mette sotto scacco dell'Europa. Un vera, deprimente assurdita'''.

27/7/2010

La popolazione europea taglia per la prima volta il traguardo del mezzo miliardo. Lo certifica Eurostat. Il servizio.

Cresciamo, ma lo dobbiamo soprattutto all'immigrazione. E l'Italia si conferma come un caso abbastanza esemplare -in materia- nel Vecchio Continente. E' il quadro che emerge dall'ultimo rapporto Eurostat sulla popolazione europea, che ha certificato come -al primo gennaio 2010- il numero di abitanti del Vecchio Continente avesse tagliato la simbolica cifra di mezzo miliardo di persone. Per l'esattezza 501,1 milioni. I Paesi con la maggior tasso di nascite sono Irlanda, Gran Bretagna, Francia, Cipro e Svezia: l'Irlanda si conferma in testa, anche nel saldo tra nascite e decessi, seguita da Cipro, Francia e Lussemburgo. Il capitolo immigrazione è il più significativo per l'Italia: se è vero che il nostro Paese risulta il quarto meno prolifico d'Europa, è pure vero che occupa la stessa posizione per tasso di immigrazione netta. Ed è addirittura al primo, per saldo assoluto tra arrivi e partenze di extracomunitari: +318mila nel 2009, su +857mila totali nell'Unione a 27. Risulta pure evidente come -senza apporti di popolazione dall'esterno- l'Italia perderebbe cittadini: 23mila unità all'anno. La crisi ha portato alcuni Paesi a perdere forza lavoro migrante: è il caso dell'Irlanda, della Germania, e della Lituania. Infine una curiosità: nel 2009 la popolazione è cresciuta in diciannove Paesi membri e calata in otto. La crescita complessiva europea è invece dovuta per due terzi all'immigrazione e per un terzo alle nascite.

26/7/2010

Giro di vite europeo contro l'Iran, con sanzioni senza precedenti varate contro il regime di Teheran. Intanto anche il Governo canadese ha stabilito l'adozione di nuove sanzioni contro l'Iran, soprattutto per quanto riguarda il settore energetico.

Energia, finanza e trasporti: sono questi i settori più colpiti dalle nuove sanzioni europee contro l'Iran, le più dure mai varate dal vecchio Continente contro un Paese terzo. I 27 hanno concordato nel prendere di mira il settore energetico, con il divieto per gli operatori europei di investire in Iran (soprattutto in petrolio e gas). Alle aziende continentali sarà pure vietato il trasferimento di attrezzature e tecnologie in questo settore. Giro di vite anche nel settore bancario, con il congelamento dei fondi depositati all'estero dai soggetti iraniani inseriti nella "black list" europea. Vietate pure le transazioni superiori ai 40mila euro, mentre gli istituti bancari iraniani saranno sempre più isolati da quelli continentali. Sanzioni anche nell'ambito dei trasporti: le navi iraniane sospette portanno essere ispezionate dalle autorità portuali del Vecchio Continente, mentre sarà vietata l'assistenza ai voli cargo di Teheran. "Oggi abbiamo inviato un messaggio potente all'Iran, con un pacchetto robusto e onnicomprensivo di sanzioni", ha commentato Catherine Ashton, Alto Rappresentante Europeo, mentre per il Ministro degli Esteri italiano Frattini si è trattato di una decisione ''unanime'', con la quale e' stata dimostrata la ''credibilità'' dell'Europa. Dura la reazione di Teheran: le nuove sanzioni ''complicheranno solo le cose'', ha affermato il portavoce del ministero degli Esteri.

23/7/2010

La proclamazione di indipendenza kosovara non è illegittima: così la Corte Onu dell'Aja ha sentenziato sulla secessione di Pristina dalla Serbia. Ma la querelle internazionale resta aperta.

"La proclamazione di indipendenza del Kosovo, il 17 febbraio del 2008, non ha violato il diritto internazionale generale, e neppure a risoluzione 1244 delle Nazioni Unite". E' in questa lapidaria frase, pronunciata dal presidente della Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja Hisashi Owada, che si chiude un capitolo, ma non l'intera vicenda, della travagliata storia della secessione kosovara. Respinta dunque la posizione serba, che contestava la mossa di Pristina, definendola un attacco alla propria integrità territoriale. Clima euforico nella capitale kosovara, dove il presidente Famir Sedju affermava: "il parere della Corte rimuove gli ultimi dubbi sulla nostra indipendenza". E mentre Rtk, la principale tv kosovara, dedicava l'intero talk show serale alla notizia del giorno, arrivava -puntuale- la glaciale reazione serba: Belgrado ''non riconoscera' mai'' la proclamazione ''unilaterale'' di indipendenza. Così il presidente Boris Tadic, che intende portare la questione all'Assemblea Generale dell'Onu. Sul fronte internazionale, l'annuncio è stato accolto con soddisfazione da Stati Uniti e Unione Europea, la quale -pur divisa sul riconoscimento di Pristina- invita a guardare a un futuro con entrambi i Paesi nell'alveo comunitario. La Russia intanto non cambia registro: la sentenza non costituisce una base legale per l'indipendenza, sibila Mosca. La strada del Kosovo verso il pieno riconoscimento internazionale è ancora lunga. I numeri parlano da soli: solo 69 Paesi l'hanno riconosciuto.

22/7/2010

Il parere della Corte internazionale dell'Aja toglie gli ultimi dubbi sull'indipendenza del Kosovo. Così il presidente kosovaro Fatmir Sejdiu, commentando il parere della Corte dell'Aja. Durissima reazione serba.

Il presidente della Corte Internazionale dell'Aja ha reso nota l'attesissima sentenza, che fornisce una sorta di nulla osta della comunità internazionale all'indipendenza del Kosovo: "non e' un atto contrario al diritto internazionale", ha affermato Hisashi Owada, secondo cui la proclamazione di indipendenza è coerente anche con la risoluzione 1244 delle Nazioni Unite. Rigettato il ricorso serbo, secondo cui la secessione violava l'integrità territoriale. La sentenza -arrivata a maggioranza, nove giudici contro cinque- è stata accolta con soddisfazione dagli Stati Uniti, tra i primi sostenitori dell'indipendenza di Pristina. Un portavoce del Dipartimento di Stato ha espresso soddisfazione, e ha invitato l'Europa -dove cinque Paesi ancora non riconoscono il Kosovo- ad essere unita, lavorando per un futuro comune. Molto dura, come previsto, la reazione serba: Belgrado non cambia posizione e ''non riconoscera' mai'' la proclamazione ''unilaterale'' di indipendenza, nonostante la pronuncia della Corte dell'Aja. Così il ministro degli esteri Vuk Jeremic, che intende portare la questione all'Assemblea Generale dell'Onu. Di tutt'altro segno la reazione albanese: "è il secondo giorno piu' importante per il Kosovo, dopo la proclamazione dell'indipendenza'', ha affermato da Tirana il capo di Stato Bamir Topi.

22/7/2010

Giro di vite sanzionatorio per i Paesi europei che non rispettano il patto di stabilità e di crescita. Lo chiedono Parigi e Berlino.

Francia e Germania accelerano sulle sanzioni ai Paesi colpevoli di sforamento del patto di stabilità: non una novità assoluta, ma Parigi e Berlino questa volta fanno sul serio, anche in vista delle prossime mosse della Commissione Europea. Nella lettera congiunta, che sarà presto inviata al presidente comunitario Herman Van Rompuy, i due Paesi chiedono sanzioni finanziarie per gli Stati membri che non rispettano il patto. Non vere e proprie multe, ma piuttosto depositi che dovranno essere effettuati a seguito di sforamenti nel rapporto deficit/pil. Contestualmente, potrebbe scattare una riduzione dei fondi europei. Queste sanzioni -nei casi più gravi- potrebbero trasformarsi in ammende di tipo politico, con la sospensione del diritto di voto in sede di Consiglio Europeo, il massimo organo decisionale intergovernativo. Alle spalle dunque gli annacquamenti del Patto di Stabilità, voluti dai Governi nel 2005: la crisi impone il rigore. Intanto cresce l'attesa per la pubblicazione degli stress test sulle banche europee, previsti per domani sera: ieri riunione fiume tra il presidente della Bce Trichet e i massimi banchieri continentali. La Francia preme per anticipare la pubblicazione di qualche ora, rispetto alle 18, per non concedere vantaggi alla Borsa americana.

20/7/2010

Verso il via libera europeo all'ingresso anticipato di Sky nel digitale terrestre. La Commissione Europea deciderà oggi.

E' una battaglia all'ultimo voto quella che si annuncia oggi in Commissione Europea, relativa allo sbarco di Sky sul digitale terrestre italiano, mercato dal quale resta esclusa per un divieto imposto otto anni fa da Bruxelles. Divieto valido fino alla fine del 2011, ma -a causa delle mutate condizioni di mercato- pronto a cadere. La Commissione sarebbe orientata -attraverso il responsabile alla Concorrenza Joaquin Almunia- a fornire un via libera condizionato. Consentendo cioé all'azienda di Rupert Murdoch di operare sul digitale, acquistando a breve nuove frequenze, ma solo in modalità free, senza canali a pagamento. Per l'ok a Sky sarebbero schierati - oltre ad Almunia, la liberista olandese Kroes e la responsabile degli Esteri Ashton. Tra i contrari, le indiscrezioni puntano sul vicepresidente della Commissione Antonio Tajani, che -se così fosse- sposerebbe in pieno la linea del Governo italiano, contrario all'ingresso anticipato di Sky. L'azienda di Murdoch ha ottenuto proprio ieri la chiusura -da parte dell'Antitrust italiana- dell'istruttoria per possibile abuso di posizione dominante, nell'accesso alla piattaforma tecnica satellitare. E, sempre oggi a Bruxelles -ma su un altro fronte- la Commissione proporrà procedure di infrazione più rapide e sanzioni più pesanti nei confronti dei Paesi che non rispettano le sentenze della Corte di Giustizia Europea, disapplicando le direttive comunitarie.

16/7/2010

La crisi dei rifiuti in Campania ''non e' finita; e' dormiente e c'e' un serio rischio che possa scoppiare nuovamente''.

Così gli eurodeputati della Commissione petizioni di Strasburgo, nel rapporto stilato a seguito dell'inchiesta sul caos rifiuti, esploso due anni fa. La presidente della Commissione Europarlamentare, la verde Margrete Auken, ha chiesto alla Commissione Europea di non sbloccare i fondi destinati alla regione, finché non sarà attuato un piano di gestione. A questo proposito va ricordato come Bruxelles abbia già raccomandato alle autorita' campane la realizzazione di un piano gestionale, insieme a un calendario dettagliato delle infrastrutture da realizzare. Fatto ciò, potrà essere riaperto il rubinetto dei finanziamenti: circa 10 milioni e mezzo di euro, assegnati con la programmazione 2000-2006, restano sospesi. Da sbloccare anche 135 milioni del Fondo europeo per lo Sviluppo Regionale, ma in questo caso le condizioni sono maggiori: tra queste, la fine delle misure straordinarie. In Aula l'intervento dell'Assessore all'Ambiente campano Giovanni Romano: "abbiamo impresso un'accelerazione e il primo piano realizzato sara' quello per i rifiuti speciali'', ha dichiarato.

14/7/2010

Novità sul fronte del trasporto aereo. Via libera della Commissione Europea alla fusione tra British Airways ed Iberia. E Bruxelles ha dato l'ok anche alla joint venture Oneworld.

L'Europa dice sì alla nascita della terza maggiore compagnia aerea del Vecchio Continente: la fusione British Airways-Iberia si farà, dopo l'ok di Bruxelles. "L'operazione non impedisce una reale concorrenza all'interno dello spazio economico europeo", scrive la Commissione, mentre il titolare della Concorrenza Joaquin Almunia ha riconosciuto che "la realtà odierna è quella di un consolidamento crescente nel settore del trasporto aereo, a causa delle difficoltà e dei cambiamenti in atto, cui occorre far fronte". Per Bruxelles la fusione non pone dunque eccessivi problemi di concorrenza sulle tratte tra la Spagna e la Gran Bretagna: a questo punto il completamento della fusione è atteso per la fine dell'anno. La nuova multinazionale, che sarà denominata International Airlines Group, ma che manterrà separati i loghi delle due compagnie, potrà contare su 419 aerei, oltre 200 destinazioni, e un bacino di circa 62 milioni di passeggeri l'anno. In una decisione separata, la Commissione Europea ha posto chiari paletti all'alleanza Oneworld, di cui fa parte -oltre a BA ed Iberia- anche American Airlines, imponendogli di garantire la concorrenza sulle rotte transatlantiche. I tre vettori hanno accettato le richieste comunitarie, e libereranno di conseguenza alcuni slot all'aereoporto di London Heathrow, che passeranno ad altre compagnie, interessate ad aprire nuove rotte con gli Stati Uniti. Ora si attende il parere dell'Antitrust statunitense.

14/7/2010

Via libera dell'Unione Europea alla manovra italiana. Intanto l'Ecofin definisce le procedure di pubblicazione degli stress tests bancari.

E' soddisfatto il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, commentando il via libera dell'Ecofin alla manovra italiana. "Azione conforme alle raccomandazioni del Consiglio Europeo, nessuna misura aggiuntiva richiesta": questi i giudizi formulati dai 27 Ministri Economici per l'Italia, ma anche per altri dodici Paesi, tra cui Francia, Germania, Regno Unito, Spagna e Portogallo. Lisbona ha ricevuto la promozione europea, proprio nel giorno del declassamento del rating da parte di Moody's. Resta dunque fermo l'obiettivo del rientro del rapporto deficit/pil al di sotto del 3%, entro il 2012, mentre -con l'apertura ieri di nuove procedure di infrazione- sono ormai solo tre i Paesi ad aver evitato l'indagine di Bruxelles. Ieri la riunione Ecofin ha fatto registrare progressi soprattutto sul fronte degli stress tests bancari. Come ha dichiarato il Ministro delle Finanze belga Dydier Reynders, questi esami saranno assolutamente trasparenti, al punto che "includeranno l'esposizione dei singoli gruppi sul fronte dei debiti sovrani". Il Commissario agli Affari Economici Olli Rehn si è detto convinto che il sistema bancario europeo darà prova di resistenza. Gli stress tests saranno pubblicati in due fasi: la prima il 23 luglio, con i risultati consolidati, la seconda due settimane dopo, con dettagli ulteriori, riguardanti soprattutto le attività delle controllate, previo via libera delle autorità nazionali. Passi avanti infine pure sulla supervisione finanziaria, dopo l'ammorbidimento della posizione britannica: l'obiettivo è far entrare a regime le tre autorithy entro l'inizio del 2011.

8/7/2010

La Banca Centrale Europea ha lasciato invariati i tassi di interesse nell'Eurozona.

La ripresa europea si è rafforzata, seppur lievemente e in maniera disomogenea, nel secondo trimestre del 2010. I tassi di interesse continuano ad essere adeguati: con queste parole il presidente della Bce Jean Claude Trichet ha commentato la decisione del board di mantenere i tassi invariati all'1%, per il 14esimo mese consecutivo. Trichet ha pure osservato come le misure prese finora, incluse quelle mirate ad incrementare la liquidità, dovrebbero sostenere la crescita. E ha escluso una qualsiasi eventualità di default pilotato per uno Stato membro dell'Eurozona. Ma a tener banco oggi a Francoforte sono state anche le voci sugli stress tests bancari, che saranno pubblicati il 23 luglio: Trichet ha salutato favorevolmente la decisione, aggiungendo che questi test dovranno essere seguiti da interventi, laddove necessario. Interventi che -in termini pratici- equivarranno ad aumenti di capitale per le banche a rischio. Ieri è stato reso noto che saranno 91 gli istituti di credito continentali sottoposti ai test, cinque dei quali italiani: Unicredit, Intesa, Monte dei Paschi, Banco Popolare e Ubi Banca. Saranno messi alla prova su due scenari: uno "base", l'altro "avverso". Unicredit, attraverso il suo ad Alessandro Profumo, ha fatto sapere di essere tranquilla sull'esito dei tests, ma ha chiesto criteri di esame omogenei per tutti. Per il Fondo Monetario Internazionale, intanto, la ripresa americana dopo la maggiore crisi dalla Grande Depressione procede. Ma restano delle vulnerabilita' quali i deboli bilanci delle famiglie e l'elevato tasso di disoccupazione, che continueranno a frenare i consumi.

7/7/2010

L'Italia minaccia il veto sulla proposta della Commissione Europea sul brevetto unico europeo. Roma contesta il regime di trilinguismo.

La lingua italiana torna ad essere terreno di scontro a Bruxelles, con toni accesi: la posizione di secondo piano in cui è stata relegata dalla Commissione Barroso, più favorevole alla triade inglese-francese-tedesco, si è arricchita nelle ultime ore di un nuovo capitolo. Il brevetto europeo. La posta in palio è alta: la presidenza belga dell'Unione, appena avviata, ha promesso di finalizzare il dossier entro fine anno. La Commissione sta lavorando a una soluzione di compromesso, che introdurrebbe nell'Unione un sistema unico di brevetti, in grado di abbattere i costi: in un'Europa frammentata come quella odierna, brevettare un'idea può costare infatti fino a 10 volte, rispetto agli Stati Uniti. Una delle cause principali, è proprio quella della traduzione. Di qui l'idea della Commissione: limitare a tre le lingue. Ipotesi confermata in conferenza stampa dal Presidente José Barroso, per nulla intimorito dalla contrarietà premier spagnolo Zapatero, seduto accanto a lui. "Dobbiamo trovare soluzioni pratiche, necessitiamo di un sistema unico. Le lingue saranno tre", ha dichiarato. Immediata la reazione di Roma: "la posizione di Bruxelles è inaccettabile", secondo il Ministro per le politiche europee Andrea Ronchi, che ha minacciato il veto, definendo la misura "discriminatoria e penalizzante per le imprese italiane".

6/7/2010

L'Europa si appresta a lanciare l'allarme pensioni: aumentare l'età di uscita dal lavoro sarà una delle misure che Bruxelles chiederà ai Paesi membri.

Ai ritmi attuali di invecchiamento della popolazione, la situazione pensionistica in Europa diverrà "insostenibile". Non usa giri di parole la Commissione Europea, in un libro verde sul futuro pensionistico nel Vecchio Continente, che sarà reso noto domani. Bruxelles chiede ai 27 di concentrarsi su due priorità fondamentali: l'innalzamento dell'età pensionabile e il rafforzamento della vigilanza sui sistemi previdenziali. La difficile sfida che l'invecchiamento della popolazione porrà ai sistemi di welfare continentali si trova tutta racchiusa nei dati: se attualmente in Europa ci sono quattro lavoratori per ogni ultra65enne, tra 50 anni questa proporzione si dimezzerà, riducendosi a "due contro uno". Anche per questo, sostiene la Commissione, l'attuale età media di pensionamento in Europa -61,4 anni- è troppo bassa, se confrontata con la media Ocse o con altri Paesi industrializzati, quali Stati Uniti e Giappone. E la crisi, con la progressiva erosione dei bilanci pubblici, ha aggravato la situazione: per questo Bruxelles chiederà ai Paesi in ritardo sulle riforme previdenziali di attuarle immediatamente. Per gli altri, tra i quali l'Italia, che hanno già provveduto a implementare interventi strutturali nel settore, l'invito sarà invecea mettere in pratica gli interventi stabiliti, monitorandone costantemente i risultati.

5/7/2010

Elezioni presidenziali in Polonia. Ha vinto con un margine ristretto il candidato liberale Bronislaw Komoroswki. Sconfitto il conservatore Jaroslaw Kaczynski, gemello di Lech, il presidente deceduto nell'incidente aereo di aprile.

La Polonia sceglie l'Europa, uscendo -forse per sempre- dalla decade segnata -anche nella tragedia- dall'ascesa e dalla caduta dei gemelli Kaczynski. La festa nel quartier generale di Bronislaw Komorowski è iniziata un minuto dopo i primi exit-polls, che assegnavano al presidente ad interim la vittoria. "La democrazia ha vinto", ha affermato Komorowski, ringraziando i suoi sostenitori, tra cui il premier Donald Tusk, che ha certamente tirato un sospiro di sollievo, consapevole che la difficile coabitazione con il partito conservatore e tradizionalista dei Kaczynski è finita. Komorowski, nobile di origine e già Ministro della Difesa, rappresenta i liberali di Piattaforma Civica. Fino a ieri presiedeva il Parlamento. Jaroslaw Kaczynski ha riconosciuto praticamente subito la sconfitta, congratulandosi col vincitore. Non ce l'ha fatta, nonostante la rimonta degli ultimi giorni, a sostituire il fratello Lech alla guida del Paese. La tragedia di aprile, in cui l'allora presidente perse la vita in un incidente aereo a Smolensk, con buona parte dell'élite politico-militare del Paese, aveva riportato Jaroslaw, già premier, sulla scena pubblica. Il suo elettorato rurale e conservatore lo ha portato ai limiti di una clamorosa elezione. Ma la Polonia ha scelto di chiudere la pagina di storia -semiautarchica- dei Kaczynski. Tornando a guardare all'Europa.

3/7/2010

Italia tra i Paesi più colpiti dalla crisi, sul fronte delle piazze borsistiche. Piazza Affari fra le ultime tre piazze europee nel primo semestre 2010.

E' un bilancio da bocciatura netta, quello della Borsa di Milano nei primi sei mesi del 2010: Il Ftse Mib, che raccoglie i titoli a maggiore capitalizzazione, ha lasciato sul terreno il 19%. Fa meglio -solo per un punto- il Ftse All Share (-18%). Milano terza peggiore in Europa, dietro solamente ad Atene (-38,7%, sull'onda dei rischi default) e Madrid (-23,8%, per tensioni analoghe). In termini di capitalizzazione, a Milano si sono bruciati in sei mesi 87 miliardi di euro, circa un quinto del totale, con il valore delle società quotate sceso a 393 miliardi. A livello europeo, la flessione borsistica media risulta invece del -8%, con Stoccolma unica a far registrare il segno positivo (+2%). Rispetto a Milano, hanno contenuto i cali Londra (-12%), Parigi (-16,6%) e soprattutto Francoforte, solamente -3,5%. Meglio di Milano anche le principali piazze extraeuropee: i tre listini di New York hanno contenuto le perdite entro il 10%, Tokyo ha ceduto il 13,6%. Del pesante momento di crisi che sta vivendo Piazza Affari aveva parlato lunedì il presidente uscente della Consob, Lamberto Cardia. Che motivava la maggiore sensibilità di Piazza Affari alle crisi con la dimensione ridotta del listino, accentuata dallo scarso flottante e dalla forte presenza di banche e assicurazioni. E aveva aggiunto: "la tendenza sembra prefigurare un mercato destinato -poco alla volta- ad assottigliarsi. Non ci si può rassegnare a una prospettiva di lento declino".

30/6/2010

L'aria di crisi continua a soffiare in Europa, mettendo a dura prova la coesione sociale nel Vecchio Continente, alla vigilia della presentazione -oggi da parte della Commissione Europea- delle proposte di riforma del patto di stabilità.

Bruxelles chiederà di porre maggiore attenzione al parametro del debito, il che potrebbe portare all'apertura di procedure di infrazione per debito eccessivo. Italia dunque a rischio. Novità importanti pure sul fronte del coordinamento delle manovre di bilancio, il che porterebbe a una specie di vigilanza preventiva a livello europeo. Questo mentre migliaia di lavoratori e pensionati greci scendevano ieri nuovamente in piazza per protestare contro il piano di austerità e la riforma delle pensioni: l'ennesimo sciopero di 24 ore ha semiparalizzato il Paese. La polizia si è scontrata a più riprese con i manifestanti ad Atene e nel porto del Pireo, ricorrendo a lacrimogeni. Colpiti dallo sciopero di ieri i trasporti e i servizi pubblici. Intanto un Parlamento blindato si appresta a varare la riforma delle pensioni, forse l'ultimo atto del piano di austerità. Forti momenti di tensione si sono vissuti ieri pure a Madrid, dove uno sciopero totale dei lavoratori della metropolitana ha paralizzato la capitale spagnola, colpendo persino i collegamenti aeroportuali. Neppure il tentativo di schierare la polizia ha sortito effetti: non si è trovato un conducente disposto a lavorare.

29/6/2010

In un Paese dove le opinioni paiono spesso surclassare i fatti, sono sempre e fortunatamente i dati -quelli veri e certificati- ad aiutarci a comprendere la realtà.

Quelli diffusi ieri, relativi alla pressione fiscale nel nostro Paese, raccontano una verità scomoda. L'Italia è uno dei Paesi più tassati d'Europa. Ed è il Paese dove la tassazione sul lavoro dipendente risulta la più alta nel Vecchio Continente. Strano destino, quello di un decennio apertosi, nove anni orsono, con la celebre promessa stampata su maxi-manifesti elettorali, accanto al volto dell'attuale premier Silvio Berlusconi: "Meno tasse per tutti". La chiusura di questi anni Zero, dati Istat e Commissione Europea alla mano, afferma che l'Italia lo scorso anno è tornata ai livelli del 1997 in quanto a carico fiscale, salendo al quinto posto -in coppia con la Francia- tra i Paesi più tartassati. Ogni 100 euro, 43,2 vanno allo Stato. Non siamo primi: ma davanti ci sono Paesi quali Danimarca, Svezia, Austria e finanche Belgio, dove i servizi pagati con le tasse funzionano bene. Dove il Welfare aiuta tutti, pure i giovani. Altri dati, pubblicati dalla Commissione Europea, rivelano che l'Italia è il Paese dove il lavoro dipendente è il più tassato del Continente: nel 2008 ciascun lavoratore versava allo stato 42,8 euro su cento guadagnati. Fonti della Commissione ipotizzano che il primato europeo significhi -nei fatti- anche il record di tassazione mondiale, per i lavoratori italiani. E per chiudere la decade, un ultimo dato: secondo Bruxelles, tra il 2000 e il 2008 il carico fiscale medio in Europa è sceso di poco più di un punto. In Italia invece è salito, di un punto esatto. La realtà, al di là delle opinioni, è questa.

28/6/2010

Scala la classifica dei Paesi con la maggiore tassazione l'Italia, passando nel 2009 dal settimo al quinto posto in Europa, appaiata con la Francia. Non succdeva dal 1997. E, secondo la Commissione Europea, ci confermiamo pure il Paese con la più alta tassazione sul lavoro.

E' un quadro fiscale allarmante quello emerso dal doppio confronto dei dati Istat ed europei sulla tassazione: l'Italia scala posizioni nella classifica dei Paesi comunitari con la maggiore pressione fiscale, e si conferma al primo posto nell'Unione Europea per la tassazione sul lavoro. Secondo l'Istat, il peso della tassazione italiana è passato nel 2009 dal 42,9% al 43,2%, raggiungendo la Francia al quinto posto. Davanti restano Danimarca, Svezia, Belgio e Austria: a spingere l'Italia tra i Paesi europei più tartassati dal fisco hanno contribuito la forte riduzione del Pil, combinata con l'incremento delle imposte straordinarie, su tutte lo scudo fiscale. Appare preoccupata la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Non va meglio per l'Italia nell'altro rapporto, quello europeo: qui i dati si riferiscono al 2008, ma confermano che i lavoratori del Belpaese sono i più tartassati d'Europa. E probabilmente del mondo: 42,8% di imposte in busta paga, con un Paese che- nell'ultima decade- mentre nel resto del Vecchio Continente calavano le tasse, le andava aumentando.

25/6/2010

Prende il via oggi in Canada una tre giorni cruciale per le sorti dell'economia mondiale, con il doppio vertice G8-G20 delle maggiori potenze.

Sarà la direzione futura dell'economia globale a dominare la tre giorni di vertice G8-G20, in programma da oggi in Canada. A farla da padrone saranno i temi più caldi nell'agenda economica: la riforma delle istituzioni finanziarie, la possibile introduzione di una tassa sulle banche e un'altra -più controversa- sulle transazioni finanziarie. Dietro le quinte, sono sempre più evidenti le divisioni tra le potenze: tra Stati Uniti ed Europa, per esempio, dove la Germania ha imposto una linea del rigore sui conti pubblici, che cozza con la visione americana del continuo stimolo alla crescita. Non a caso Obama ha rievocato lo "spirito di Londra", riferendosi al maxi-pacchetto di stimolo annunciato quattordici mesi fa al G20 inglese. Il Vecchio Continente appare compatto, almeno sull'asse franco-tedesco-britannico, circa la necessità di imporre una tassa alle banche, superando le resistenze di alcune potenze emergenti. Più incrinato appare invece il fronte della tassazione sulle transazioni finanziarie, dove Berlino -come ha ammesso la cancelliera Angela Merkel- si è rassegnata a non trovare l'intesa nel weekend canadese. Al G20 si parlerà anche di yuan e di cambi, dopo le aperture cinesi. Si comincia oggi col formato degli Otto Grandi, tra cui l'Italia, che si riuniranno a Muskoka: da sabato, in coincidenza col trasferimento a Toronto, il formato si allargherà alle venti maggiori economie mondiali.

22/6/2010

L'amministrazione Obama è ''incoraggiata'' dall'annuncio della Cina sullo yuan, e monitorera' i progressi in questo senso. Lo ha dichiarato il portavoce della Casa Bianca, Bill Burton, commentando l'annuncio di Pechino per uno yuan piu' flessibile. Stati Uniti ora in pressing sull'Europa, per risolvere un altro dei nodi del prossimo summit G20.

A soli quattro giorni dall'atteso G20 in programma a Toronto, si scaldano i motori della diplomazia. Galvanizzati i mercati dall'annuncio cinese sulla maggiore flessibilità nel cambio dello yuan, che spiana la strada a una sua futura rivalutazione, l'attenzione degli Stati Uniti si sta spostando sempre più sull'Europa, con un pressing concentrato sulla cancelliera tedesca Angela Merkel. Ieri il presidente americano Barack Obama l'ha chiamata personalmente: ufficialmente per esprimerle "apprezzamento per la forte e continuativa cooperazione'' sulle misure economiche, e per l'aver preso ''risoluti passi'' sul fronte della riforma finanziaria. Più ufficiosamente per esercitare forti pressioni, affinché Berlino non trascini l'Unione nella politica del rigore di bilancio a tutti i costi, a scapito degli stimoli per la crescita. Ma, a quanto è dato sapere, la Merkel ha difeso le misure: non si tratta di un programma radicale di risparmio - avrebbe detto - ma di non avere lo stesso programma congiunturale, anche di fronte a una continua ripresa economica''. E comunque, ha sottolineato, gli investimenti non vengono toccati dal pacchetto di austerity. Obama ha chiamato pure il premier spagnolo Zapatero, che oggi affronta il voto sulla riforma del mercato del lavoro, per esprimergli il proprio sostegno sulle misure difficili -ma necessarie- prese per rafforzare l'economia. Sullo sfondo, restano le altre sfide del G20: su tutte, la tassa sulle banche, sostenuta dall'Europa, ma avversata da Russia, Cina e India.

21/6/2010

Polemica sull'asse Roma Berlino, dopo le dichiarazioni del premier Silvio Berlusconi, che ieri ha definito "ridicola" l'ipotesi di una tassa sulle transazioni finanziarie.

Gelo nelle relazioni italo-tedesche dopo le dichiarazioni del premier Silvio Berlusconi sull'ultimo Consiglio Europeo: "la tassa sulle transazioni finanziarie è ridicola", ha dichiarato Berlusconi riferendosi alla decisione presa a Bruxelles. Berlusconi si è quindi vantato -intervenendo telefonicamente al debutto della Fondazione Liberamente- di aver posto il veto al summit. Affermazioni chiare, cui è seguita una reazione altrettanto chiara da Berlino: "le conclusioni del vertice sono state approvate da tutti i capi di Stato e di Governo, senza nessun veto di sorta, se non quello della Repubblica Ceca", ha riferito un portavoce del Governo, rispecchiando la linea della cancelliera Angela Merkel. La quale -giovedì- era stata esplicita: la tassa andrà avanti, anche se l'Europa non dovesse convincere i partner del G20 a Toronto. In serata controreplica di Palazzo Chigi, che ribadisce: Berlusconi ha posto il veto alla proposta di una tassa sulle transazioni finanziarie. Il vertice -afferma il Governo- ha previsto la possibilita' di una imposizione sulle banche, e non sulle operazioni finanziarie. Ma il testo ufficiale delle conclusioni del vertice dà ragione a Berlino: a pagina 8 si afferma -testualmente- che: "si dovrebbe esplorare e sviluppare ulteriormente l'opportunità di introdurre un prelievo sulle operazioni finanziarie a livello mondiale".

21/6/2010

Sarà ballottaggio -il prossimo 4 luglio- tra Bronislaw Komorowski e Jaroslaw Kaczynsky, per decidere il nuovo presidente della Polonia. Il primo round di voto ha confermato le attese della viglia: davanti, con oltre il 40% dei consensi, il liberale Komorowski, attuale presidente reggente, nelle sue funzioni di capo del Parlamento.

"Farò appello ad ogni singolo elettore per il secondo turno, ciascun voto può valere oro", ha detto Komorowski. Staccato, ma non di moltissimo, Jaroslaw Kaczynsky: già premier polacco prima di venire sconfitto nel 2007 da Donald Tusk, Jaroslaw è fratello gemello di Lech, il presidente deceduto nel tragico incidente aereo di Smolensk lo scorso 10 aprile, nel quale persero la vita 96 persone, tra cui la coppia presidenziale e una buona parte dell'elite politico-militare del Paese. Geograficamente, il voto polacco ha spaccato il Paese in due parti: i due terzi centrooccidentali hanno chiaramente indicato come presidente il liberale Komorowsi, mentre il terzo spicchio orientale, sull'onda nazionalista, ha votato Kaczynsky. Staccati di parecchi punti gli altri candidati in lizza: il 4 luglio il ballottaggio Komorowski-Kaczynsky dovrebbe riportare serenità, in un quadro istituzionale polacco ancora pesantemente scosso dalla tragedia di Smolensk.

20/6/2010

Inaspettato passo avanti nelle relazioni Cina-Stati Uniti sui cambi, in vista del G20 di sabato. Pechino apre a una rivalutazione dello yuan. Ma Berlino gela Washington: per la cancelliera Merkel prioritario consolidare i bilanci.

"Un passo costruttivo": così il presidente americano Barack Obama ha accolto l'inattesa apertura cinese sulla controversa questione dei cambi. Per Obama, questo passo "può aiutare a preservare la ripresa e contribuire a una economia globale più equilibrata". La Banca Centrale di Pechino, con due comunicati -uno in mandarino e l'altro in inglese- ha annunciato ieri che renderà il meccanismo di cambio più flessibile, spianando così la strada all'apprezzamento dello yuan. Nessuna indicazione su quando ciò avverrà e con quali modalità: l'ancoramento della valuta cinese al dollaro -introdotto sull'onda della crisi finanziaria- è uno dei punti di più aspra contesa tra Washington e Pechino, con la Cina accusata di mantenere artificialmente debole la propria moneta, per favorire le esportazioni. Una cosa è certa: il processo di rivalutazione dello yuan sarà lento e graduale: ma lo sganciamento dal dollaro è in vista. Apprezzamento per la decisione di Pechino è stato espresso dal segretario al Tesoro americano Tim Geithner, dalla Commissione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale. Ma se il primo nodo evocato da Obama nella sua lettera di venerdì in vista del G20 sembra destinato a sciogliersi, un altro scontro si profila all'orizzonte. La cancelliera tedesca Angela Merkel, in un videomessaggio, ha respinto al mittente le preoccupazioni americane sulla scelta rigorista dell'Europa: "è giunto il momento di pensare al consolidamento delle finanze pubbliche, e non ai programmi di rilancio anticrisi".

19/6/2010

Apertura da Pechino, gelo da Berlino: così due delle potenze mondiali chiamate in causa ieri da Barack Obama hanno risposto agli inviti del presidente americano in vista del G20 canadese della prossima settimana.

Apertura inattesa della Cina agli Stati Uniti sulla controversa questione dei cambi: il giorno dopo la lettera di Barack Obama, nella quale il presidente americano indicava i propri obiettivi in vista del vertice che si apre sabato, la banca centrale di Pechino ha annunciato che renderà il suo meccanismo di cambio più flessibile, spianando -di fatto- la strada all'apprezzamento dello yuan. Nessuna indicazione su quando ciò avverrà e in che modo: l'ancoramento della valuta cinese al dollaro -introdotto un anno e mezzo fa sull'onda della crisi finanziaria- è uno dei punti di più aspra contesa tra Washington e Pechino, con la Cina che viene accusata di mantenere artificialmente debole la propria moneta, per favorire le esportazioni. Una cosa è certa: il processo di rivalutazione dello yuan sarà lento: nonostante ciò, le prime reazioni internazionali sono state positive. Il segretario al Tesoro americano Tim Geithner ha dato il benvenuto all'annuncio, spiegando che questa mossa "fornirebbe un contributo positivo a una crescita forte e bilanciata". Favorevole anche la Commissione Europea, mentre per l'Fmi uno yuan più flessibile contribuirà ad incrementare il reddito delle famiglie cinesi, incentivando un reindirizzamento degli investimenti verso le industrie che servono i consumatori. Decisamente più fredda la reazione europea all'altro invito di Obama, quello a non privilegiare troppo il rigore nei bilanci rispetto agli investimenti per la crescita: "è giunto il momento di pensare al consolidamento delle finanze pubbliche, e non ai programmi di rilancio anticrisi". Così la cancelliera tedesca Angela Merkel ha gelato Washington.

9/6/2010

Boccata d'ossigeno per la Spagna, che dopo una settimana difficile sui mercati finanziari riceve l'ok del Fondo Monetario Internazionale alle sue misure e riforme anticrisi.

"Non adotteremo ulteriori misure anticrisi, ma siamo determinati a rendere effettive tutte le riforme varate finora": il premier spagnolo Zapatero ha chiuso con un invito alla fiducia un'altra settimana sulle montagne russe per il Paese iberico, segnata dalle voci insistenti di un'imminente richiesta di un piano di salvataggio europeo da parte di Madrid. Ieri l'attesa visita del numero uno del Fondo Monetario Internazionale Dominique Strauss-Kahn, che ha dato ossigeno -con le sue dichiarazioni- al Governo Zapatero, pressato sia dall'opinione pubblica che dai mercati: "le misure di Madrid sono di enorme utilità, la riforma del mercato del lavoro pone le basi per due decenni di crescita del Paese", ha affermato il direttore generale dell'Fmi, non prima di elogiare la decisione spagnola di rendere pubblici gli stress tests effettuati sulle banche iberiche. Zapatero ne ha approfittato per tenere lontani gli spettri del default: "ho sempre creduto nella capacità di solvenza del mio Paese", ha detto. La borsa di Madrid ha risposto bene, chiudendo con oltre due punti di rialzo: ora il Governo a guida Psoe punta a veder approvata in Parlamento -martedì- la riforma del mercato del lavoro. Ma dovrà cercarsi una non facile maggioranza di deputati.

18/6/2010

"Stiamo continuando a costruire una sensibilità condivisa circa la direzione economica": così il presidente europeo Herman Van Rompuy ha concluso ieri la giornata di summit tra i 27 leader comunitari, ancora una volta dominato dalla crisi.

Un vertice che ha -nella sostanza- confermato le parole di Van Rompuy, con importanti novità, tutt'altro che scontate alla vigilia: su impulso tedesco i 27 hanno infatti concordato sulla necessità di una tassa sulle banche, sulla quale la Commissione Europea dovrà fare rapporto entro ottobre. Più significativamente ancora, hanno annunciato che entro la seconda metà di luglio saranno resi noti gli stress test degli istituti di credito comunitari, per assicurare la massima trasparenza e rassicurare gli investitori. Ma non solo: il Consiglio Europeo ha deciso di sostenere al prossimo G20 di Toronto l'entrata in vigore di una tassa sulle transazioni finanziarie. Un'imposta che -parole della cancelliera Angela Merkel- l'Europa porterà avanti anche da sola, in caso di resistenza dei 20 Grandi. L'Italia, finita in minoranza nel suo scetticismo verso la tassa bancaria, ha però segnato un punto a suo favore facendo includere il debito aggregato nel contesto della nuova sorveglianza dei conti pubblici, che entrerà a regime col prossimo e più rigoroso patto di stabilità. Un patto che prevederà sanzioni ed esami preventivi dei bilanci: la Commissione presenterà una proposta dettagliata al riguardo entro fine giugno. I 27 hanno infine concordato sulle sanzioni supplementari all'Iran e hanno dato l'ok all'avvio dei negoziati di adesione dell'Islanda all'Unione.

17/6/2010

L'Europa fa decisi passi in avanti sulla strada di una maggiore cooperazione nella gestione della crisi e del coordinamento economico: i 27, riuniti nella sola giornata di oggi a Bruxelles per il Consiglio Europeo, hanno dato il via libera a una serie di misure in discussione da settimane: in primo luogo l'Unione ha deciso di sostenere al prossimo G20 di Toronto l'entrata in vigore di una tassa sulle transazioni finanziarie.

Come ha sottolineato la cancelliera tedesca Angela Merkel, l'Europa andrà avanti comunque su questa strada, anche senza l'accordo di tutti i 20 Grandi. Sì anche alla tassa sulle banche: in questo caso però ciascun Paese membro deciderà i criteri, in base ai quali sarà applicata la nuova imposta. Il presidente Herman Van Rompuy ha inoltre reso noto che entro la seconda metà di luglio ''saranno pubblicati gli stress test attuati sui gruppi bancari europei a carattere sistemico". E l'Italia ha ottenuto un punto importante a suo favore, facendo includere nelle conclusioni del summit la condizione che pure il debito privato contribuirà quale parametro per la valutazione della sostenibilità complessiva delle finanze di un Paese. In un vertice dominato -per stessa ammissione di Van Rompuy- dalla crisi, i 27 hanno adottato pure l'Agenda UE 2020 per la crescita e l'occupazione, hanno sostenuto il rafforzamento del patto di stabilità, fermandosi a un passo dall'introduzione di sanzioni, e hanno dato l'ok all'apertura dei negoziati di adesione dell'Islanda, possibile 29esimo Stato dell'Unione.

14/6/2010

Dure reazioni di Bruxelles, Madrid e Berlino alle indiscrezioni -pubblicate sulla stampa tedesca- di un imminente piano di salvataggio europeo per la Spagna. Intanto i sindacati iberici annunciano lo sciopero generale.

Così il portavoce di Comisiones Obreras Fernando Lezcano, ha annunciato lo sciopero generale che si terrà nelle prossime settimane in Spagna. La data non è stata fissata, ma verrà resa nota a breve: si prevede una partecipazione ampia, se è vero che aderirà anche l'altro sindacato Ugt. L'annuncio dello sciopero ha condito amaramente una giornata già molto tesa sul fronte economico, dopo che la Commissione Europea è dovuta pubblicamente intervenire per smentire le voci di un imminente piano di salvataggio comunitario per Madrid. "Pure speculazioni da parte di alcuni giornali'', ha accusato il portavoce del Commissario agli Affari Economici Olli Rehn, secondo il quale "non esiste alcuna richiesta di assistenza finanziaria da parte di alcun Paese". Bruxelles ha puntato esplicitamente il dito contro la stampa tedesca, che a più riprese negli ultimi giorni ha fatto circolare le indiscrezioni. Si parla di un'esposizione del settore bancario dell'eurozona -nei confronti della Spagna- pari a 602 miliardi di euro, come riferisce l'ultimo rapporto della Banca dei regolamenti internazionali. Per quanto riguarda gli istituti di credito italiani, l'esposizione è inferiore ai 50 miliardi. Le indiscrezioni hanno fatto scoppiare un mezzo caso diplomatico sull'asse Berlino-Madrid, con il viceministro delle finanze iberico Carlos Ocanna che ha precisato come la Spagna non stia chiedendo alcun tipo di finanziamento europeo, mentre un portavoce del Ministero delle Finanze tedesco negava che Madrid si trovi nelle condizioni per richiedere un salvataggio. Il differenziale tra il bono spagnolo e il bund tedesco ha intanto superato nuovamente i 200 punti base, sull'onda delle incertezze.

8/6/2010

Ok dell'Eurogruppo alle manovre taglia-deficit varate da Italia e Francia.

"Dimostrano l'impegno profuso da molti Paesi europei sulla strada della riduzione del debito", ha affermato il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker, che ha dato l'ok anche alle manovre di Spagna e Portogallo. ''Tutti i Paesi della zona euro dovranno aumentare e accelerare gli sforzi di consolidamento", ha avvertito Juncker insieme al Commissario Europeo Olli Rehn. I 16 Ministri dell'Eurozona hanno firmato il Fondo Europeo di Stabilizzazione finanziaria, per il salvataggio dei Paesi in difficoltà, che sarà operativo entro questo mese. L'Eurogruppo ha infine salutato con favore l'annuncio della manovra tedesca. Come ha annunciato ieri la cancelliera Angela Merkel, varrà 80 miliardi di euro da qui al 2014, 11,2 dei quali nel 2011. La parola d'ordine sarà risparmio, per consolidare i conti. Non aumenteranno le tasse, ma saranno tagliati i sussidi ai disoccupati e gli assegni famigliari. Previsto pure il taglio di almeno 15mila posti nel settore pubblico. Mentre si prevede una tassa sulla produzione dell'energia nucleare e una sui biglietti aerei. Allo studio infine un'imposta sul settore bancario. Oggi tocca al Governo ungherese, protagonista di uno sfortunato incidente sui mercati finanziari lo scorso venerdì, annunciare la manovra di austerità, con tagli alla spesa e la riforma fiscale. E pure il premier britannico David Cameron ha decretato tempi duri: paghe nel settore pubblico, pensioni e sussidi rischiano un giro di vite, ha avvertito.

7/6/2010

''Sono preoccupato per la velocita' del calo dell'euro''. Così il commissario europeo agli Affari Economico Monetari Olli Rehn, arrivando oggi alla riunone dell'Eurogruppo a Lussemburgo.

''Non si puo' comparare la situazione dell'Ungheria con quella della Grecia''. Così il Commissario Europeo Olli Rehn ha cercato di gettare acqua sul fuoco dei nuovi timori per le finanze europee, in seguito al rischio-default di Budapest. Proprio dall'Ungheria sono arrivate oggi rassicurazioni sullo stato dei conti: ''faremo tutto il necessario'' per tenere sotto controllo il deficit di bilancio e l'intera economia, comprese le riforme strutturali". Così il segretario di stato Mihaly Varga, nel corso di una conferenza stampa. Budapest ha allo studio tre aliquote sui redditi del 16, 19 e 20%. Ma la notizia del giorno è il varo della manovra finanziaria tedesca. Come ha annunciato la cancelliera Angela Merkel, varrà 80 miliardi di euro da qui al 2014, 11,2 dei quali nel solo 2011. La parola d'ordine sarà risparmio, per consolidare i conti: a pagare dazio saranno soprattutto i servizi sociali, ma anche le imprese. Non aumenteranno le tasse, ma saranno tagliati i sussidi ai disoccupati e gli assegni famigliari. Previsto pure il taglio di 15mila posti nel settore pubblico. Mentre si prevede una tassa sulla produzione dell'energia nucleare e una tassa sui biglietti aerei. Allo studio infine prelievi dal settore bancario. Anche il premier britannico David Cameron ha annunciato tempi duri: paghe nel settore pubblico, pensioni e sussidi rischiano un giro di vite, ha avvertito. Una stretta necessaria per fronteggiare il deficit da 156 miliardi di sterline.

7/6/2010

Primo esame informale questa sera all'Eurogruppo per la manovra italiana di austerità, una delle sempre più numerose misure di emergenza per i conti pubblici che -uno dopo l'altro- un numero crescente di Governi europei stanno mettendo in cantiere.

Ufficialmente stasera e domani i Ministri dell'Economia continentali prenderanno in esame le sole manovre di Spagna e Portogallo, ma è quasi certo che si dibatterà molto anche della situazione ungherese (nonostante Budapest non sia ufficialmente membro dell'euro), e dei suoi possibili effetti sui Paesi limitrofi. Da ieri intanto è cominciata la due giorni di ritiro del Governo tedesco. "Possiamo solo spendere ciò che incassiamo": così la cancelliera Angela Merkel ha salutato i giornalisti prima di chiudere i Ministri a chiave per una clausura di due giorni, che si concluderà oggi, verosimilmente con una raffica di tagli al bilancio. L'obiettivo di Berlino è risparmiare 50 miliardi di euro da qui al 2016: previsti tagli alle sovvenzioni e agli sgravi fiscali per le imprese; per ora sono esclusi aumenti di tasse o dell'Iva; probabili invece riduzioni ai sussidi sociali e agli assegni famigliari, mentre a forte rischio sono almeno 10mila posti nel settore pubblico da qui al 2014. Per Berlino si va verso la fine degli stimoli all'economia: ora tutta l'attenzione è rivolta al consolidamento di bilancio. Ieri intanto nuovo allarme del premier britannico David Cameron: l'economia si trova in uno stato peggiore di quanto si riteneva. I tagli, quando arriveranno, saranno ''dolorosi''. Oggi riaprono le Borse, dopo il venerdì nero della crisi ungherese.

6/6/2010

La nuova parola d'ordine è consolidamento fiscale: così il G20 dei Ministri delle Finanze ha chiuso la due giorni di vertice di Busan, con un'unità di facciata che nasconde però filosofie diverse sul come affrontare questo periodo di turbolenze finanziarie.

Busan segna -almeno per ora- la fine del periodo delle politiche espansionistiche, utili a stimolare la crescita globale. La priorità appaiono i conti in ordine. L'ennesima crisi ungherese ha convinto i 20 Paesi a mantenere la barra dritta, con una decisa inversione di marcia rispetto al summit di aprile, quando ancora si ribadiva la necessità di mantenere in campo gli stimoli, per rafforzare la crescita. Due mesi dopo, il G20 constata che la ripresa dell'economia globale prosegue sì a ritmi più rapidi, ma diversi da Paese a Paese. Va in soffitta intanto l'idea di una tassa sulle banche, cui si sono opposti Canada, Cina e Brasile: nulla da fare per Europa e Stati Uniti. Stati Uniti delusi pure dall'atteggiamento tedesco, poco incline a rafforzare la domanda domestica per stimolare la crescita. Berlino -Angela Merkel dixit- preferisce contenere il deficit: da oggi il Governo si riunisce per mettere nero su bianco una manovra di risparmi. Si cerca intanto di ridimensionare l'allarme ungherese: per Bruxelles è ''esagerato'' parlare di un rischio default. E mentre il Governo magiaro fa retromarcia sugli scenari catastrofici di vernerdì, per il Governatore di Bankitalia Mario Draghi le nostre banche non corrono rischi sistemici dalla crisi in Ungheria. Domani la manovra finanziaria italiana approda all'Eurogruppo.

5/6/2010

Consolidamento fiscale: la parola d'ordine dei Ministri delle Finanze del G20, riuniti in Corea del Sud, segna -per ora- la fine del periodo delle politiche espansionistiche, utili stimolare la crescita globale. Per tornare a concentrarsi sui conti in ordine.

L'ennesimacrisi ungherese ha convinto i 20 Paesi a mantenere la barra dritta, con una decisa inversione di marcia rispetto all'ultimo summit di aprile, quando ancora si chiedeva alle economie di mantenere gli stimoli, per rafforzare la crescita. Due mesi dopo, con l'asse delle economie mediterranee in piena bufera e l'emergere di un fronte centroeuropeo, i 20 constatano nel comunicato finale che la ripresa dell'economia globale prosegue sì a ritmi più rapidi rispetto al previsto, ma con ritmi diversi da Paese a Paese. Va in soffitta per il momento l'idea di una tassa sulle banche, cui si sono opposti Canada, Cina e Brasile: nulla da fare per Europa e Stati Uniti. E si cerca di ridimensionare pure l'allarme ungherese: a Busan il Commissario Europeo agli Affari Economici Olli Rehn ha affermato che è ''esagerato'' parlare di un rischio default per Budapest. Per Rehn, i recenti accostamenti tra la Grecia e l'Ungheria ''non sono utili''. Le reazioni europee hanno provocato una retromarcia dell'esecutivo ungherese: il segretario di stato Mihaly Varga ha dichiarato che il Governo puo' finanziare la propria spesa, e che le dichiarazioni di ieri sono state ''sfortunate''. Secondo il Governatore di Bankitalia Mario Draghi, le nostre banche non corrono rischi sistemici dalla crisi in Ungheria.

5/6/2010

E' il fronte ungherese la nuova prima linea di un'Europa in affanno sui conti pubblici. Ieri l'annuncio-choc dell'esecutivo di centrodestra, a guida Fidesz, ha fatto sprofondare le borse del Vecchio Continente nel rosso, insieme alle deludenti notizie per i dati sulla disoccupazione americana e le indiscrezioni sul presunto buco della francese Societé Generale, legato ai derivati.

Pesanti perdite -soprattutto per i titoli bancari- oltre che a Milano (-3,6%), ci sono state anche in Grecia (-5%), Spagna (-3,8%) e Francia (-2,86%). Più contenuti i cali in Germania e Gran Bretagna. A inquietare l'Europa è stata soprattutto la situazione ungherese, dopo che il Governo di Budapest ha definito "grave" la situazione dei conti. Al punto che, parlare di default ''non è una esagerazione''. Il portavoce dell'esecutivo ha accusato il precedente Governo di aver ''manipolato'' i dati e di aver mentito sullo stato reale dell'economia. La nuova stima nel rapporto deficit/pil è raddoppiata al 7,5%. L'esecutivo ha promesso un piano di stabilizzazione nell'arco di tre giorni, mentre il fiorino è crollato e la borsa ha ceduto oltre il 7%. Si teme l'avverarsi di uno scenario greco: Budapest non ha l'euro, ma non si esclude un contagio nella vicina Austria, dove le banche locali sono fortemente esposte nell'area centroeuropea. Preoccupazione pure per i titoli di stato europei, in sofferenza rispetto ai bund tedeschi: tutti i Paesi mediterranei hanno allargato gli spread rispetto a Berlino. E anche l'euro è scivolato sotto quota 1,20 rispetto al dollaro, il minimo da oltre quattro anni.

4/6/2010

La crescita dello 0,5% del Pil italiano nel primo trimestre contro la media dello 0,2% in Europa ''e' un dato che si commenta da solo''. Così il ministro dell'economia Giulio Tremonti, a margine dei lavori del G20 a Busan. Intanto è stato un nuovo venerdì nero per le borse.

L'azione combinata dei deludenti dati sulla disoccupazione americana e del rischio default dell'Ungheria spingono al ribasso le borse europee. Né hanno alleggerito il clima le indiscrezioni sulla francese Societé Generale, relative a un presunto buco legato all'esposizione dell'istituto in materia di derivati. Pesanti perdite, oltre che su Milano (-3,6%), si sono registrate in Grecia (Atene -5%), Spagna (-3,8%) e Francia (-2,86%), più contenuti i cali in Germania e Gran Bretagna. A inquietare l'Europa è soprattutto la situazione ungherese, dopo che il Governo di centrodestra a guida Fidesz ha definito "grave" la situazione nei conti. Al punto che, secondo Budapest, parlare di default ''non e' una esagerazione''. Il portavoce dell'esecutivo ha definito i dati statistici come ''manipolati'' dal precedente Governo, al punto da "aver mentito" sullo stato reale dell'economia del Paese. La nuova stima nel rapporto deficit/pil è raddoppiata al 7,5%. L'esecutivo locale ha promesso un piano di stabilizzazione nell'arco di tre giorni, mentre il fiorino è crollato. Si teme, e lo si dice apertamente, l'avverarsi di uno scenario greco, con forti preoccupazioni di contagio anche nella vicina Austria, dove le banche locali sono fortemente esposte nell'area centroeuropea. Preoccupazione anche per i titoli di stato europei, in sofferenza rispetto ai bund tedeschi: tutti i Paesi mediterraneo hanno allargato gli spread rispetto a Berlino. E anche l'euro è scivolato sotto quota 1,20 rispetto al dollaro, il minimo da quattro anni.

4/6/2010

La ripresa economica globale si sta ''gradualmente'' rafforzando. Così il segretario al Tesoro americano Timothy Geithner in un'intervista all'emittente Cnbc, rilasciata alla vigilia del summit G20 dei Ministri delle Finanze mondiali, che si tiene oggi e domani in Corea del Sud.

La ripresa è ancora fragile, occorre continuare l'azione di monitoraggio, puntando sul risanamento dei conti pubblici: così la bozza di conclusioni del vertice G20 dei Ministri delle Finanze e dei banchieri centrali mondiali fotografa l'andamento dell'economia mondiale. "La recente volatilità sui mercati finanziari ci ricorda che l'economia è ancora fragile, e che una cooperazione internazionale è necessaria": questo uno dei passaggi della bozza, che tocca pure il dolente tasto dei conti pubblici, sottolineando "l'importanza di finanze sostenibili e la necessità -per i Paesi con sfide fiscali importanti- di mettere in atto velocemente strategie credibili e coordinate di risanamento, orientate alla crescita e modellate sul consolidamento fiscale". Per i Paesi con surplus nei conti, invece, l'invito è a continuare a sostenere la domanda domestica. Sul fronte delle riforme finanziarie, invece, il G20 chiede un'accelerazione della loro implementazione, soprattutto alla luce delle recenti turbolenze. Al Financial Stability Board, l'istituzione presieduta da Mario Draghi, il G20 chiederà in particolare di considerare misure ulteriori per migliorare la trasparenza dei fondi speculativi, delle agenzie di rating e dei derivati. Poche speranze invece su eventuali progressi legati alla proposta di una tassa sulle banche.

2/6/2010

Stretta europea sulla agenzie di rating, dopo i declassamenti dei debiti sovrani europei - in particolare quello greco. La proporrà oggi Bruxelles.

Una settimana dopo la proposta di una tassa sulle banche per far fronte a futuri fallimenti degli istituti di credito, l'Europa torna alla carica in materia di regolamentazione finanziaria: oggi Bruxelles propone una stretta sulle agenzie di rating, accusate -nel corso delle ultime turbolenze finanziarie- di essere giudici troppo potenti dei destini di Paesi e aziende. Come il caso di Atene insegna. Il provvedimento che il Commissario al Mercato Interno Michel Barnier presenterà prevede multe e sanzioni per le agenzie che non rispetteranno le regole comunitarie, favorendo così la speculazione sui mercati. In casi estremi potrebbe scattare persino la sospensione della licenza. A vigilare sulle agenzie di rating, secondo la proposta di Bruxelles, sarà la European Securities and Markets Authority, una delle tre autorità di supervisione previste dalla riforma sulla vigilanza finanziaria: l'Esma avrà il potere di aprire inchieste e proporre multe o sanzioni. Che dovranno essere -secondo la proposta- dissuasive e proporzionate all'infrazione commessa. L'ultima parola spetterà comunque alla Commissione. Perde invece quota l'ipotesi di un'agenzia di rating europea, sostenuta dalla Germania, in quanto considerata di difficile realizzazione. Bruxelles punta a sottoporre la proposta odierna ai Paesi membri in vista del G20 di Toronto, con l'obiettivo di vederla approvata per la fine dell'anno.

26/5/2010

Una tassa sulle banche per creare un fonto anticrisi, in grado evitare future destabilizzazioni del sistema finanziario, causate dai fallimenti degli istituti di credito. La proporrà oggi la Commissione Europea.

Nuova mossa della Commissione Europea per prevenire future crisi: nel mirino della proposta che il Commissario al Mercato Interno Michel Barnier presenterà oggi ci sono gli istituti di credito. L'idea è semplice: tassare i bilanci delle banche comunitarie, per creare nei Paesi membri dei fondi anticrisi. Una mossa giustificata dalle gravi mancanze che il sistema bancario internazionale ha rivelato, obbligando di fatto gli Stati -con i bilanci pubblici- a ripagare i danni. D'ora in poi, secondo la proposta della Commissione, chi rompe paga: accantonata la Tobin Tax sulle transazioni finanziarie, l'idea è quella di introdurre un'imposta sui bilanci bancari, quantomeno quelli più grandi e a rischio sistemico. Il prelievo potrebbe essere effettuato sugli asset, sulle passività o sui profitti. II denaro ricavato potrebbe venire impiegato per acquisire temporaneamente assets tossici, o garantire finanziamenti ponte. Secondo l'idea di Bruxelles, le banche non potranno scaricare sui clienti i costi di questa tassa, e i proventi dovranno restare separati dai bilanci nazionali. L'obiettivo della Commissione è portare la proposta al prossimo G20: prevedibile e probabile una forte resistenza da parte degli istituti di credito, a una tassa che -si stima- potrebbe valere 15 miliardi l'anno. Ma anche gli Stati membri appaiono divisi sull'idea.

25/5/2010

"E' finito il tempo delle vacche grasse nel settore pubblico: prima agiamo con decisione, più forti possiamo uscire da questi tempi duri": così il vice Cancelliere allo Scacchiere inglese David Laws ha riassunto il senso del maxipiano di tagli annunciato ieri dal nuovo Governo.

Sei miliardi e 200 milioni di sterline di tagli alla spesa pubblica: il nuovo Cancelliere allo Scacchiere George Osborne ha impresso subiro la svolta annunciata in materia di austerity, per fronteggiare il maxideficit da 156 miliardi. I tagli saranno realizzati nel corso dell'anno fiscale: riguarderanno -secondo Osborne- gli sprechi nel settore pubblico: la lista è lunga, e riguarda il settore informatico, le forniture, il congelamento delle assunzioni e la chiusura degli enti inutili. Sarà abolito da gennaio l'assegno-bebé, mentre tutti i Ministeri dovranno fare i conti con riduzioni di budget. Anche la Germania starebbe preparando una manovra anticrisi: secondo anticipazioni del Financial Times, si punta a a risparmiare 10 miliardi di euro l'anno da qui al 2016. In preparazione ci sarebbero tagli ai sussidi di disoccupazione e ai trasferimenti ai Laender, l'abolizione delle esenzioni fiscali e -forse- un aumento delle tasse. All'orizzone si profila pure uno scontro con la Commissione Europea, sull'indurimento del patto di stabilità: il presidente Barroso ha definito le idee tedesche impraticabili. E se la Francia sembra intenzionata a percorrere una strada più soft nel risanamento dei conti pubblici, senza ricorrere all'austerity, dalla Spagna uno Zapatero a rischio sciopero generale mantiene la promessa: da giugno taglio del 15% al proprio stipendio, oltre mille euro in meno al mese. Pesa intanto sull'economia iberica il salvataggio della disastrata Cajasur, che potrebbe costare al Banco de Espana quasi tre miliardi.

24/5/2010

L'economia. Fari puntati sulla riapertura delle piazze borsistiche, oggi, mentre in Europa si continua a lavorare a piani di austerity. Ultima in ordine cronologico la Gran Bretagna.

E' una settimana ricca di incertezze quella che si apre oggi, con gli occhi puntati sulle borse. Quelle europee dovranno cercare di recuperare i 4,6 punti percentuali persi nei cinque giorni precedenti. Tensione alta pure negli Stati Uniti, dove si prevede una settimana all'insegna della volatilità. In Europa intanto, dopo il varo dei maxipiani di salvataggio comunitari, tocca ai Governi nazionali fare pulizia: a Londra il nuovo esecutivo di David Cameron starebbe per varare una maxitassa da otto miliardi di sterline per il settore bancario, che potrebbe preludere pure a un prossimo aumento dell'Iva, pari fino a cinque punti. Ma non è finita: pronto pure un progetto per il taglio di 300mila posti di lavoro nei prossimi anni nel settore pubblico, inclusi i Ministeri, con pesanti riduzioni sulle spese di servizio. L'obiettivo è risparmiare almeno sei miliardi. Più a sud, il premier spagnolo Zapatero ha arringato i sindaci socialisti, sostenendo che il piano di austerity da 15 miliardi non si può modificare, mentre la travagliata banca Cajasur sta per essere venduta al miglior offerente. E se in un'intervista a El Pais il premier greco George Papandreou ha criticato l'Europa per la lentezza nel reagire agli attacchi speculativi contro Atene, da Pechino è partito un siluro verso Bruxelles: per il Ministro delle Finanze cinese Xie Xuren, le difficoltà del debito di diversi Paesi europei minacciano la ripresa mondiale.

22/5/2010

Un decennio di crescita in Europa buttato a causa della crisi, denuncia da Firenze il presidente della Commissione Europea Barroso. Intanto emergono nuovi dettagli sui contenuti della prossima manovra.

''La crisi economica e finanziaria ha spazzato via 10 anni di crescita e di progressi, e non e' ancora passata. La situazione in Grecia e gli attacchi alla stabilita' lo dimostrano''. E' una presa d'atto amara quella fatta dal presidente della Commissione Europea José Barroso, che da Firenze rilancia l'idea di un'unione economica a supporto di quella monetaria, prima che sia troppo tardi. Intanto, sul fronte italiano, circolano nuove indiscrezioni sulla manovra in arrivo: tra le misure allo studio ci sarebbe pure l'ipotesi di un ennesimo condono edilizio da circa 5 miliardi di euro. La misura si aggiungerebbe alla sanatoria dei cosiddetti immobili fantasma - per un gettito complessivo di oltre 6 miliardi di euro. Le ultime indiscrezioni parlano poi di un congelamento del rinnovo contrattuale per il biennio 2008-2009, per tutti i dipendenti pubblici impiegati nel settore della difesa e della sicurezza. L'intervento riguarderebbe gli addetti delle forze di polizia e delle forze armate. Una misura che farebbe risparmiare allo Stato dai 200 ai 700 milioni di euro. Perde invece quota l'ipotesi dell'introduzione del pedaggio sul Grande Raccordo Anulare di Roma.

22/5/2010

L'Europa trova l'intesa -a Bruxelles- su quattro punti di coordinamento economico, per difendere l'euro. Intanto il Parlamento tedesco vota il maxipiano di difesa della moneta unica.

Più sanzioni e disciplina di bilancio: la prima riunione della task force europea a difesa dell'Euro rende chiara quale sarà la nuova filosofia in campo economico, all'interno del Vecchio Continente. Il presidente europeo Van Rompuy, che ha coordinato ieri l'incontro dei Ministri delle Finanze comunitari insieme a Bce e Commissione, ha reso chiaro come il primo obiettivo sia il rafforzamento del patto di stabilità, anche a costo di imporre sanzioni finanziarie -o di altra natura- a quei Paesi che in futuro lo violeranno. Fine di ogni approccio soft, dunque. Passa la linea tedesca. Gli altri tre obiettivi elencati da Van Rompuy sono la riduzione delle divergenze in termini di competitività, la creazione di un meccanismo di gestione delle crisi efficace, e il rafforzamento della governance. Le nuove regole vedranno la luce ad ottobre, ma già il prossimo mese i 27 leader faranno il punto. La Germania, intanto, ieri schieratasi a Bruxelles con la Francia nel suggerire azioni immediate - laddove non sia necessaria la modifica dei Trattati, ha approvato il suo contributo al piano di stabilizzazione dell'euro, circa 148 miliardi sui 750 complessivi. Al Bundestag la maggioranza risicata ha però evidenziato una certa difficoltà: il segnale però è bastato a dare ossigeno alla moneta unica. In serata il premier Berlusconi ha incontrato a Roma il presidente della Commissione Europea Barroso.

21/5/2010

"Tutti i partecipanti della task force hanno concordato sulla necessita' di avere in Europa ''una maggiore disciplina di bilancio, rafforzando il Patto di stabilita' e di crescita, perche' diventi piu' efficace''. Così il presidente europeo Herman Van Rompuy, al termine della prima riunione della task force cui hanno partecipato i Ministri delle finanze dei 27, il presidente della Bce e il commissario agli Affari Economici, Olli Rehn.

Van Rompuy ha parlato al termine di una giornata che ha visto il parlamento tedesco approvare lo stanziamento della Germania a favore del maxipacchetto di salvataggio per l'Eurozona, pari -per Berlino- fino a 148 miliardi di euro. Van Rompuy ha così riassunto gli obiettivi dei 27, in ottica futura: -maggiore disciplina di bilancio, -riduzione delle divergenze nella competitività, -un meccanismo efficace di gestione delle crisi, -rafforzamento della governance economica in Europa. Van Rompuy ha poi confermato di avere presentato ''l'idea'' di una gestione comune -a livello europeo- di parte dei debiti nazionali, ma ha precisato che la questione non e' stata oggetto di ''profonda discussione''. Intanto il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha lanciato un appello al collega tedesco Wolfgang Schaeuble: per rafforzare la governance economica bisogna procedere insieme.''La riunione e' andata bene", ha detto Tremonti lasciando la sede del Consiglio Europeo.

19/5/2010

Dopo i pesanti attacchi speculativi, che hanni portato la Grecia sull'orlo della bancarotta, l'Ecofin decide la stretta contro i fondi speculativi. Sconfitta l'opposizione di Gran Bretagna e Repubblica Ceca.

L'Europa -attraverso la presidente di turno Elena Salgado- dà l'ok al giro di vite sull'industria dei fondi speculativi, superando le forti resistenze del nuovo Governo britannico. Hedge funds e private equity saranno regolamentati in modo uniforme all'interno dell'Unione Europea, quando la direttiva sarà approvata. La decisione dell'Ecofin di dare mandato al Consiglio Europeo, per negoziare un testo comune insieme all'Europarlamento, rappresenta solo il fischio d'inizio di un percorso che si preannuncia complicato: in particolare, la contesa si concentra sulle regole relative ai fondi basati nei Paesi terzi. I Ministri delle Finanze intendono concedere alle autorità nazionali di ciascun Paese europeo il potere di interdire quei fondi speculativi che non soddisfano certi requisiti, mentre la Commissione Economica dell'Europarlamento ha approvato lunedì una versione meno rigida, che prevede -nei fatti- un passaporto unico in Europa per ciascun fondo speculativo, a patto che vengano rispettate precise condizioni. Battaglia persa per il nuovo Governo di David Cameron, schierato a difesa di un settore -quello degli hedge funds- che in Gran Bretagna registra l'80% della sua concentrazione europea. Nella proposta di direttiva, è prevista pure la creazione di una nuova autorità di sorveglianza unica comunitaria sul settore. La nuova regolamentazione aprirà con ogni probabilità un fronte di contrasto con gli Stati Uniti.

18/5/2010

L'Italia rispetterà gli impegni presi in sede europea sugli impegni di bilancio. Così il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, al termine del Consiglio Ecofin di oggi.

Secondo Tremonti, "Roma intende rispettare quegli impegni e quei numeri. Non c'e' stato chiesto nient'altro". Per Tremonti, sono "i falsi invalidi" e "i veri evasori" a doversi preoccupare delle misure da inserire nella manovra. Il Ministro dell'Economia non ha però voluto fornire maggiori dettagli sulla manovra, anche se ha ammesso che "è ora di ridurre effettivamente il peso della mano pubblica". Non stavolgeremo il sistema pensionistico le perche' funziona bene''. ''Abbiamo il sistema previdenziale piu' stabile d'Europa'', ha aggiunto. Per il Commissario Europeo agli Affari Economico Monetari Olli Rehn, occorre creare ''al piu' presto'' avanzo primario per ridurre l'indebitamento. Intanto l'Ecofin ha approvato oggi un "approccio generale" sulla proposta di direttiva sui fondi di investimento alternativi ('hedge fund' e 'private equity') che servirà come mandato negoziale alla presidenza di turno spagnola per le trattative con l'Europarlamento, in vista dell'approvazione delle nuove norme durante l'estate.

18/5/2010

C'è l'accordo al Consiglio Ecofin sulla stretta ai fondi di investimento alternativi, come gli hedge funds o i private equity.

E' stato dunque un vero e proprio battesimo del fuoco per il neo Cancelliere allo Scacchiere britannico George Osborne, giunto a Bruxelles per ribadire tutte le sue perplessità di Londra. Ma Osborne ha dovuto affrontare il fuoco di sbarramento degli altri Paesi dell'Unione, che hanno stabilito di dare al Consiglio Europeo il mandato per negoziare con l'Europarlamento la bozza di direttiva, con la quale si intendono armonizzare le regole comunitarie sui fondi speculativi. Proposta che -lo ricordiamo- obbligherebbe l'80% dei fondi speculativi con base a Londra ad ottenere l'approvazione per operare in ciascuno degli altri 26 Paesi, a meno che non si ottenga l'accordo su un vero e proprio passaporto europeo degli hedge funds. Questa mattina la stessa commissione affari economici e monetari del Parlamento europeo aveva approvato la propria proposta di direttiva per regolamentare i fondi di investimenti alternativi, prendendo particolarmente di mira quelli speculativi. L'unità europea di oggi stride con il fallimento registrato stanotte all'Eurogruppo, dove i 16 Paesi dell'Eurozona non sono riusciti ad accordarsi sul meccanismo di funzionamento del maxi-fondo europeo per il salvataggio dei Paesi membri in difficoltà.

18/5/2010

Una nuova riunione dell'Eurogruppo e' stata convocata per venerdì 21 maggio. Lo ha annunciato nella notte il presidente dei ministri dell'Eurozona, Jean-Claude Juncker, dopo il fallimento delle trattative sul funzionamento del piano salva-euro.

Il Fondo intergovernativo per il salvataggio dei Paesi dell’area euro in difficoltà continua a far litigare i membri dell’Eurozona, su tutti Francia e Germania. Al centro della maratona notturna dei 16 Paesi dell’Eurogruppo, conclusasi ben oltre la mezzanotte, ci sono stati infatti i 440 miliardi di euro del cosiddetto fondo European Financial Stability, che governerà i prestiti ai Paesi in crisi. A intralciarlo sono soprattutto dettagli tecnici, con la Germania intenzionata a chiedere l’assenso dei Parlamenti nazionali -quali il Bundestag- ogni volta che ciò si renderà necessario, e la Francia -spalleggiata da Bruxelles- che vi si oppone. Ma il diavolo sta nei dettagli, per l’appunto: nuova riunione quindi dell’Eurogruppo venerdì, per cercare di definire esattamente il funzionamento del fondo e la sua operatività. Decisamente seccato, per quella che non ha esitato a definire come una “situazione folle”, il presidente dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker, che ha ribadito la credibilità dell’euro, dopo che nel pomeriggio aveva espresso timori per la velocità con cui si sta deprezzando, e ha annunciato come all’inizio di giugno sarà fatta una prima valutazione dei piani di consolidamento di bilancio di Spagna e Portogallo. “la stabilità dell’euro non è in discussione in futuro”, ha aggiunto Juncker. Il Commissario agli Affari Economici Olli Rehn ha intanto ricordato come oggi partirà la prima tranche di prestiti per la Grecia. Si tratta di 14 miliardi e mezzo di euro, cui si aggiungeranno altri cinque miliardi e mezzo dell’Fmi.

17/5/2010

Lavori dell'Eurogruppo in pieno svolgimento a Bruxelles, dove -per dirla con il presidente Jean Claude Juncker, che avete appena ascoltato- a preoccupare è soprattutto la rapidità della discesa dell'euro, o meglio, la velocità con cui il tasso di cambio ''si deteriora''.

Juncker ha sottolineato come il livello attuale della moneta unica non debba comunque essere fonte di allarme. Questa sera si parlerà molto della stretta sui conti pubblici che i Paesi membri dell'Eurozona dovranno attuare con la massima rapidità: il timore di un rischio contagio, dopo la crisi greca e con i rischi speculativi che ne derivano, ha messo in allarme parecchi Governi. ''Il consolidamento delle finanze pubbliche e' essenziale ed è una priorita' immediata'', ha ribadito oggi il portavoce del Commissario agli Affari Economici Olli Rehn. I sedici Ministri delle Finanze esamineranno i piani di austerità spagnolo e portoghese, ma a indicare la direzione sarà soprattutto la Germania, con la cancelliera Angela Merkel che pare intenzionata ad obbligare gli altri Paesi ad adottare una versione tedesca del patto di stabilità, che potrebbe imporre addirittura un abbassamento del rapporto deficit/pil allo 0,35% entro il 2016.

15/5/2010

L'unica vera buona notizia ieri per la Grecia è arrivata dal fronte politico: la visita del premir turco Recep Tayyip Erdogan ha riavvicinato i due Paesi, con la firma di svariati memorandum e accordi politici ed economici, insieme all'attestato di solidarietà di Ankara per la drammatica situazione economica ad Atene.

Un passo in avanti, tra due Paesi tradizionalmente ostili. Ma ancora una volta, a farla da padrone, sono state le notizie sul fronte economico: l'agenzia Moody's ha detto di ritenere molto probabile un ulteriore taglio del rating greco nell'arco dei prossimi tre mesi, a causa della dinamica del debito -''sempre piu' sfavorevole''- e del rischio ''di un'insufficiente trasparenza'' dei dati macroeconomici. Ad Atene è allarme turismo, al punto che l'esecutivo ha creato un Comitato di crisi per gestire una situazione pesante, con 17mila annullamenti di soggiorni nella sola capitale, a causa dei tumulti sociali che hanno segnato le ultime settimane. Ieri un ordigno è esploso all'interno del palazzo di giustizia di Salonicco, provocando danni materiali: si sospetta la mano dell'estrema sinistra. Intanto il Governo procede sulla strada del risanamento e del rigore: il Ministero delle Finanze ha reso noti i nomi di 57 medici evasori fiscali, e sta indagando su 150mila persone che avrebbero dichiarato meno del dovuto. A giugno il Governo presenterà il decreto per creare il fondo di stabilizzazione delle banche.

14/52010

Nessuna possibilità di adesione all'euro per tutta la durata del Parlamento appena eletto; nessuna cessione di sovranità all'Unione Europea, senza uno specifico referendum: il nuovo Governo britannico a guida conservatrice-libdem non ha perso tempo nel ribadire le proprie linee rosse in materia comunitaria.

Due ulteriori segnali, nelle ultime ore, hanno marcato l'ulteriore distacco tra Londra e Bruxelles. La Bbc ha scoperto -nel programma di Governo- la presenza di una clausola che prevede forti pressioni, da parte di Londra, per eliminare una delle due sedi dell'Europarlamento - quella di Strasburgo. Certamente ciò significa andare in guerra contro la Francia, strenua sostenitrice della sede strasburghese. Ma Londra potrà vantare buone ragioni per togliere l'Alsazia dalla mappa comunitaria: i costi del cosiddetto "circo viaggiante" europarlamentare ammontano a oltre 200 milioni di euro l'anno, e una petizione di oltre un milione di cittadini ha già chiesto la fine di questa spesa inutile. Intanto l'euro, Oltremanica, sta diventando un problema persino per l'Agenzia contro il Crimine Organizzato: la banconota da 500 euro sembra essersi rivelata uno strumento perfetto per il riciclaggio di denaro sporco. Un milione di sterline pesano due kg., se convertite in banconote da 500 euro. Ne pesano cinquanta, in banconote da 20 pounds. E così, dopo aver scoperto che il 90% dell'utilizzo di banconote da 500 euro faceva capo a transazioni illecite, ne è stata proibita la distribuzione. Né l'Euro né l'Europa sembrano essere molto di casa, nella nuova Gran Bretagna.

13/5/2010

Il giorno dopo il piano lacrime e sangue varato da uno Zapatero sempre più in difficoltà sul fronte economico interno, è l'ora della verità per la Spagna, chiamata alla prova della coesione sociale.

Nel primo pomeriggio proprio Zapatero incontra i sindacati della UGT e di Comisiones Obreras, che non pronunciano ancora apertamente l'espressione "sciopero generale", ma hanno già promesso una risposta all'altezza dei tagli. Sicuramente porteranno in piazza i lavoratori, ma come e quando resta ancora da definire. Per Candido Mendez, segretario generale della Ugt, "a pagare sono sempre gli stessi", ma -soprattutto- resterebbero a rischio, nonostante il piano di austerità, il recupero dell'economia e il tasso occupazionale. La crisi in Spagna fa sempre più il paio con quella greca, dove i sindacati hanno già annunciato una nuova astensione generale dal lavoro per il 20 maggio. Oggi la disoccupazione ad Atene ga fatto segnare un nuovo record: 12,1%. Anche in Portogallo, intanto, il Governo annuncerà oggi nuove misure per ridurre il deficit di oltre un punto percentuale: si parla già di una tassa anti-crisi, che dovrebbe prevedere un aumento del carico fiscale sulle aziende pari al 2,5%, e una riduzione del 5% negli stipendi dei politici e dei dirigenti pubblici. Anche la Francia, intanto, sta seriamente pensando di risparmiare sulla spesa sociale, mettendo mano ai cosiddetti "credits d'intervention", destinati ad assegni famigliari, aiuti ai redditi bassi e sussidi ai disabili: e' da questo bacino che il premier Francois Fillon intenderebbe attingere, per recuperare sei miliardi di euro in tre anni.

4/5/2010

Dopo il varo del piano di salvataggio greco, prende sempre più corpo in Europa la riforma del patto di stabilità.

Il giorno dopo il varo del piano di salvataggio per la Grecia, pari a 110 miliardi di euro, si è aperta formalmente la discussione sulla riforma del patto di stabilità, che sfocerà nel vertice di venerdì dei leader dell'Eurozona. Occorre rivedere il Patto, rendendolo ''piu' incisivo, ed estendendolo all'area delle riforme strutturali'', così come occorre ''rafforzare il governo economico dell'Unione'', ha detto il Governatore di Bankitalia Mario Draghi, intervenendo a Roma. Secondo Draghi, oltre alla Grecia ''ci sono altri Paesi che -senza misure di aggiustamento- sono esposti a rischi simili". In mattinata erano arrivate pure le sollecitazioni di Francia e Olanda per una riforma del Patto, un'iniziativa suggerita di recente dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. La quale ieri, per dare l'esempio dopo settimane di pericolosa reticenza, ha dato l'ok governativo ai 22 miliardi complessivi di prestito alla Grecia, sugli 80 che l'Europa verserà, con 12 tranche in tre anni. La Banca Centrale Europea che ha intanto deciso di sospendere la soglia minima di rating per i titoli del debito ellenico. Una mossa senza precedenti, che dà altro ossigeno al Paese. Le piazze borsistiche continentali hanno ondeggiato per tutta la giornata, prima di virare verso guadagni moderati. Ad Atene le acque restano agitate. Il Presidente Karolos Papulias, incontrando il premier Papandreou, ha chiesto che i responsabili della crisi vengano puniti. I sindacati protestano per il piano di austerità con due giorni di sciopero e il Paese paralizzato, mentre i partiti di opposizione hanno rifiutato il vertice con il Governo.

3/5/2010

Il giorno dopo il varo del maxiprestito europeo alla Grecia, la Germania si muove per prima per aiutare Atene.

Via libera ai 22 miliardi complessivi di prestito tedesco alla Grecia, dopo l'ok europeo. A deciderlo l'esecutivo di Angela Merkel, riunitosi in mattinata: entro venerdì l'iter dovrebbe completarsi con l'approvazione di Bundestag e Bundesrat. L'esecutivo Cdu-Csu-Fdp spera in un ampio accordo con l'opposizione. Il Ministro dell'Economia Wolfgang Schaeuble è tornato intanto ad attaccare l'incapacità dell'ufficio statistico europeo, nel certificare l'attendibilità dei conti pubblici di un Paese membro. In mattinata una nuova boccata d'ossigeno alla Grecia è arrivata da Francoforte, con la Banca Centrale Europea che ha deciso di sospendere la soglia minima di rating per i titoli del debito ellenico, garantiti o emessi da Atene. Una mossa senza precedenti, che butta a mare le ferree regole della Bce. Si fanno sempre più insistenti intanto le richieste -da parte dei Paesi membri- di riformare il Patto di Stabilità: anche Francia e Olanda si sono espressi a favore. E mentre il presidente europeo Herman Van Rompuy ha formalmente convocato il vertice dei leader dell'Eurozona per venerdì, ad Atene le acque restano agitate. Il Presidente greco Karolos Papulias, incontrando il premier Papandreou, ha chiesto che i responsabili della crisi vengano puniti. I sindacati protestano per il piano di austerità lacrime e sangue, mentre i partiti di opposizione hanno rifiutato il vertice con il Governo. Alla faccia dell'unità nazionale.

3/5/2010

L'Eurogruppo ha varato ieri il piano comunitario di aiuti per il salvataggio della Grecia. I primi prestiti arriveranno entro il 19 maggio. Attesa in settimana un'analoga mossa del Fondo Monetario Internazionale.

110 miliardi di euro in tre anni, 80 dei quali in prestiti dal'Eurozona, 30 invece a carico del Fondo Monetario Internazionale. Ad annunciare ieri sera il varo del piano di aiuti per la Grecia è stato il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker, che ha negato con decisione come Atene sia sotto tutela comunitaria. Nelle stesse ore, il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Dominique Strauss Kahn, annunciava che nel corso della settimana Washington darà il via libera alla propria tranche di prestiti da 30 miliardi: per cominciare, nel 2010 confluiranno quindi verso Atene un totale di 45 miliardi. L'Eurozona li erogherà mediante un meccanismo di prestiti coordinati, con la Germania nel ruolo di maggior contribuente e l'Italia che verserà cinque miliardi e mezzo. "Un accordo positivo", l'ha definito il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti. L'Eurogruppo ha deciso di stanziare dieci miliardi in un fondo di stabilizzazione delle banche greche, attivabile in caso di necessità. Il 7 maggio i leader della zona euro si riuniranno per fare il punto sull'erogazione dei prestiti. Prestiti che Atene restituirà fino all'ultimo cent, ha garantito il Ministro dell'Economia greco Papaconstantinou. "Sacrifici per salvare il Paese dalla bancarotta", li aveva definiti in mattinata il premier George Papandreou, annunciando l'aumento dell'Iva al 23%, quello -parallelo- delle tasse su alcolici, tabacco e benzina, oltre al congelamento di pensioni e salari pubblici.

2/5/2010

L'accordo europeo sul piano di aiuti alla Grecia -come atteso- è stato trovato: si tratta di 110 miliardi in tre anni, come ha annunciato pochi minuti fa il presidente dell'Eurogruppo, il lussemburghese Jean-Claude Juncker.

Due terzi saranno a carico dei Paesi dell'Eurozona, che già nel 2010 verseranno 30 miliardi in prestiti ad Atene. Un terzo a carico del Fondo Monetario Internazionale. Il ministro dell'Economia Giulio Tremonti si è detto soddisfatto per l'esito della riunione. "E' un buon accordo", ha detto. Il presidente della Bce, Jean Claude Trichet, ha giudicato appropriato il piano greco, a patto che il Governo ellenico sia pronto a prendere ogni misura ulteriore che sarà necessaria; mentre il Ministro dell'Economia di Atene, Papaconstantinou, si è impegnato a restituire fino all'ultimo euro. In mattinata il premier greco George Papandreou ha parlato in diretta televisiva alla nazione, spiegando il pacchetto di austerità lacrime e sangue che aspetta Atene: aumento dell'Iva al 23%, più 10% per le tasse su carburanti, alcolici e sigarette; fine dei bonus e congelamento degli stipendi per i lavoratori del settore pubblico; tassazione delle costruzioni illecite. "Sacrifici per salvare il Paese dalla bancarotta", ha promesso Papandreou. I risparmi saranno di 30 miliardi in 3 anni, con un impatto negativo sulla crescita che dovrebbe portare a un -4% nel 2010. Il via libera ufficiale al piano di aiuti europeo arriverà in un vertice straordinario dei capi di Stato e di Governo dell'Eurozona, il 7 maggio.

2/5/2010

Ancora in corso l'Eurogruppo straordinario a Bruxelles per dare l'ok di massima all'atteso piano di aiuti per la Grecia.

Piano che sarà pari a 110 miliardi di euro in tre anni, grazie alla partnership congiunta tra Europa e Fondo Monetario Internazionale. In mattinata il premier ellenico George Papandreou ha parlato in diretta televisiva alla nazione, spiegando il pacchetto di austerità lacrime e sangue che aspetta Atene: aumento dell'Iva al 23%, più 10% per le tasse su carburanti, alcolici e sigarette; fine dei bonus e congelamento degli stipendi per i lavoratori del settore pubblico; tassazione delle costruzioni illecite. "Sacrifici per salvare il Paese dalla bancarotta", ha promesso Papandreou. I risparmi saranno di 30 miliardi in 3 anni, con un impatto negativo sulla crescita che dovrebbe portare a un -4% nel 2010. Il Ministro tedesco dell'Economia Rainer Bruederle, arrivando a Bruxelles, ha chiesto che il pacchetto venga seguito alla lettera: un chiaro segnale che Berlino non è disposta a fare sconti. La Commissione Europea dal canto suo ritiene solidi e credibili gli sforzi greci, chiedendo l'attivazione degli aiuti. Luce verde anche dalla Banca Centrale Europea. I Ministri economici daranno oggi il via libera al piano di salvataggio, ma l'ok ufficiale sarà probabilmente concesso in un vertice straordinario dei capi di Stato e di Governo dell'Eurozona, da convocare tra il 7 e il 10 maggio.

2/5/2010

Accordo raggiunto tra il governo greco, l'Unione Europea e il Fondo Monetario Internazionale sul pacchetto di aiuti finanziari alla Grecia: lo hanno reso noto fonti del Ministero delle Finanze ellenico. Oggi l'Eurogruppo.

La lunga domenica greca si apre questa mattina, quando si riunisce ad Atene un Consiglio dei Ministri straordinario, chiamato a ratificare l'accordo sul piano di salvataggio con Unione Europea e Fondo Monetario Internazionale, raggiunto formalmente ieri sera. Subito dopo il premier George Papandreou terrà una conferenza stampa televisiva, per spiegare alla nazione i termini dell'intesa. Intesa che sarà perfezionata nel pomeriggio a Bruxelles, dove -a dare il via libera- sarà un Eurogruppo straordinario, che varerà il pacchetto di prestiti - compreso tra i 100 e i 120 miliardi di euro in tre anni, a un tasso di interesse del 5%. Il salvagente per la Grecia è pronto, ma non sarà indolore: Atene dovrà tagliare drasticamente 10 punti di deficit in due anni, risparmiando 25 miliardi, con misure di austerità draconiane. Dalla Germania intanto, dopo le ben note resistenze iniziali, arriva l'ennesimo avvertimento: per la cancelliera Angela Merkel, servono sanzioni più forti per i Paesi che violano le regole del Patto di Stabilità. Arrivando anche alla sospensione temporanea del diritto di voto all'Eurogruppo. Ieri intanto le manifestazioni del Primo Maggio ad Atene sono filate lisce, fino a quando un gruppo di anarchici non ha dato vita a un'ora di violenti scontri con la polizia. Scontri si sono verificati pure a Salonicco.

30/4/2010

Verso il via libera al piano internazionale di salvataggio della Grecia. Respirano i mercati.

Il pacchetto di aiuti alla Grecia sarà chiuso in pochi giorni: l'Europa e la comunità internazionale si sono mossi ieri per arginare la crisi ellenica ed evitare l'effetto domino sui mercati: le Borse continentali hanno chiuso in rialzo, mentre è letteralmente esploso il listino ateniese. Oltre il 7% di guadagno. Ad annunciare la svolta è stato il Commissario Europeo agli Affari Economico-Monetari Olli Rehn, che non ha aggiunto dettagli. Le indiscrezioni parlano di un maxipacchetto triennale pari fino a 120 miliardi di euro, a condizione che Atene metta in atto misure di consolidamento fiscale rigorose. In particolare, la Grecia dovrà ridurre il deficit di 10 punti in due anni. Il premier George Papandreou ha incontrato ieri i sindacati, per informarli delle nuove misure di austerità che il Governo si appresta a varare: si parla di aumenti dell'Iva, di tagli alle indennità dei dipendenti pubblici, di congelamento dei salari, di misure di flessibilità nell'occupazione. Le rappresentanze sindacali hanno comunque confermato lo sciopero di mercoledì. Sul fronte internazionale vale la pena ricordare come -per sbloccare definitivamente l'empasse- sia stato decisivo il via libera della cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha legato l'aiuto tedesco a un piano fiscale credibile da parte di Atene. Lunedì riunione straordinaria dell'esecutivo tedesco per l'ok definitivo.

30/4/2010

Il terzo e ultimo dibattito televisivo fra i tre aspiranti premier britannici ha chiuso un round elettorale che -comunque vada- resterà nella storia del Regno Unito.

Il trio di appuntamenti, iniziato in piena crisi vulcanica, ha cambiato l'agenda politica, imponendo sulla scena un candidato fino a quel momento di contorno, il liberaldemocratico Nick Clegg. E il suo partito, che da convitato di pietra, ha cominciato seriamente a giocarsela nei sondaggi. Particolarmente interessante la dinamica dei confronti, tutta giocata sulla sostanza delle questioni, con uno stile british che ha lasciato poco spazio alle chiacchiere e alle divagazioni: ritmo serrato, scarsa sovrapposizione cacofonica di voci, persino domande non concordate, se poste dal pubblico. Non sono mancati gli attacchi, anche duri: ma il risultato è stato un esercizio di democrazia, con un utilizzo sapiente del mezzo televisivo. Tra sei giorni le urne rivelereanno l'influenza di questi dibattiti sul voto. La campagna si è giocata e si sta giocando anche fuori dallo schermo, ovviamente: la clamorosa gaffe di Gordon Brown, che ha definito "bigotta" un'anziana elettrice che l'aveva criticato, rischia di costargli l'elezione. Un vero disastro d'immagine. E si gioca moltissimo sull'economia: ieri l'autorevole settimanale Economist ha formalmente appoggiato David Cameron, mentre 100 influenti economisti si schieravano per Brown.

29/4/2010

Pochi giorni per chiudere il pacchetto di aiuti alla Grecia: l'Europa e la comunità internazionale si muovono per arginare la crisi ellenica ed evitare l'effetto domino sui mercati, con il possibile rischio di contagio esteso ad altri Paesi.

Ad annunciarlo è stato il Commissario Europeo agli Affari Economico-Monetari Olli Rehn, che non ha voluto aggiungere dettagli, promettendo cifre a breve. Le indiscrezioni parlano comunque di un maxipacchetto triennale da 100-120 miliardi di euro, 90 dei quali dovrebbero arrivare sottoforma di prestiti dai partner europei, a condizione che Atene metta in atto misure di consolidamento fiscale rigorose. Il premier George Papandreou ha incontrato in mattinata i sindacati, per informarli delle niove misure di austerità che il Governo si appresta a varare: si parla di nuovi aumenti dell'Iva, di tagli alle indennità dei dipendenti pubblici, di congelamento dei salari nel settore privato, di misure di flessibilità nell'occupazione. A sbloccare definitivamente l'empasse è arrivato finalmente il via libera della cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha legato l'aiuto tedesco a un piano credibile -da parte della Grecia- per riportare il deficit sotto controllo. Lunedì riunione straordinaria dell'esecutivo tedesco per l'okdefinitivo: l'opposizione di centrosinistra non metterà i bastoni tra le ruote.

26/4/2010

Il socialdemocratico Heinz Fischer è stato rieletto alla carica di presidente austriaco. Non sfonda l'estrema destra.

L'Austria salva la faccia di fronte all'Europa: 11 anni dopo la sorpresa Joerg Haider alle elezioni parlamentari, non ce l'ha fatta Barbara Rosenkranz, la candidata presidente dell'Fpoe, l'estrema destra, a incassare un risultato che sperava clamoroso. Ha stravinto invece Heinz Fischer, presidente socialdemocratico uscente. Per lui il 78,9% dei consensi. "Sono felice e grato agli austriaci", ha dichiarato Fischer, che ha sottolineato di aver raggiunto i tre quarti dei voti in quasi tutti i Laender, Carinzia esclusa. La Rosenkranz, candidata antieuropeista, che aveva decisamente ecceduto nei giorni scorsi in dichiarazioni programmatiche in odore -persino- di apologia del nazismo, è rimasta col 15,6% ben lontana dai 35 punti auspicati dal suo leader di partito, l'altrettanto controverso Heinz-Christian Strache. Lei si è limitata ad accusare i media di clima da "caccia alle streghe" nei suoi confronti. Terzo e staccatissimo, con poco più del 5%, il cristiano-democratico Rudolf Gehring. Così la vera sorpresa del turno elettorale è stata l'astensione, con solo la metà degli aventi diritto che si sono presentati al seggio. Un calo di oltre 20 punti rispetto alle ultime presidenziali.

23/4/2010

La Grecia ricorre al meccanismo di sostegno finanziario dell'Unione Europea, per far fronte all'enorme debito pubblico.

Alla fine la richiesta è arrivata: in una svolta drammatica ma attesa, il Governo greco ha chiesto di ricorrere al meccanismo di sostegno finanziario congegnato da Unione Europea e Fondo Monetario. Papandreou ha annunciato la mossa con un video dall'assolata isola di Kastellorizo: "l'attivazione del meccanismo risponde a un bisogno nazionale", ha detto il premier, secondo cui la difesa della Grecia lancerà un parallelo messaggio di volontà di protezione dell'euro. La scelta si era resa ormai inevitabile, dopo gli ultimi dati sul deficit ellenico, stimato nel 2009 al 13,6% sul Pil, mentre crescevano gli intressi sul debito e pure Moody's degradava il rating del Paese. Immediata la reazione da Bruxelles, con l'Eurogruppo, la Bce e la Commissione Europea che decideranno sull'attivazione del meccanismo di aiuti, basando modalità e condizioni dei prestiti sul programma di risanamento di Atene. La reazione più severa di tutti è giunta dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, la quale ha posto come condizione un piano di austerità credibile, da parte di Atene. Si stima che dall'Unione Europea arriveranno circa 30 miliardi in prestiti bilaterali e coordinati (cinque miliardi e mezzo il contributo italiano): prima di avviarli però, occorrerà il via libera dei tre organismi economici comunitari. Il Fondo Monetario Internazionale dovrebbe mettere sul piatto altri 15 miliardi: la Casa Bianca ha già dato il suo pieno sostegno alla decisione greca.

16/4/2010

Un fatto è certo: si è trattato di un dibattito storico, per dirla con il presentatore Alistair Stewart. In un clima surreale, con l’Inghilterra quasi totalmente isolata per la no-fly zone imposta dalle ceneri vulcaniche, Gordon Brown, David Cameron e NickClegg, i leader laburista, conservatore e liberaldemocratico, si sono sfidati nel primo confronto elettorale della storia televisiva inglese.

Sfondo dominato dal blu e dal grigio, i tre hanno dato vita a un dibattito animato, a tratti persino sopra le righe, sfidandosi su immigrazione, economia, tasse, Afghanistan e difesa, sanità, riforma del Parlamento e scandali nei rimborsi ai deputati. Il laburista Gordon Brown non ha sostanzialmente abbandonato la sua tradizionale postura accigliata, pur non risparmiando frecciate al rivale Cameron e accennando persino qualche battuta. Ha esordito con uno slogan abbastanza ritrito, sui tempi e sulle elezioni fuori dall’orinario, per poipuntare tutto sulla necessità dell’esperienza al Governo. Il conservatore David Cameron, favorit nei sondaggi, ha puntato tutto sull’immagine di futuro leader, esordendo a sorpresa con le scuse per lo scandalo dei rimborsi ai parlamentari. Ha puntato tutto sui valori edl lavoro e della famiglia, chiedendo di non aver paura a votare centrodestra, lasciandosi alle spalle 13 anni di Labour. Il Liberaldemocratico Nick Clegg ha infine giocato tutto sulla necessità di favorire l’alternativa a due partiti al potere ormai da troppi decenni. Volto giovane, cravatta dorata, ha fatto appello a un voto alternativo, per questa volta. I primi instant poll hanno assegnato la vittoria -a sorpresa- proprio a Clegg, mentre il ruolodi persente pare essere appannaggio di Gordon Brown. Il 22 e 29 aprile il secondo e il terzo dibattito: il sei maggio la Gran Bretagna deciderà chi mandare a Downing Street.

10/4/2010

Il caso Grecia continua a turbare i sonni dell'Eurozona. Ieri l'agenzia di rating Fitch ha tagliato la valutazione della Grecia a BBB- da BBB+, con outlook negativo.

L'ultimo livello di investment grade: equivalente -per intendersi- a Brasile, Panama, Marocco e Namibia. A un passo dal livello spazzatura. Così Atene scende ulteriormente nell classifiche internazionali: secondo Fitch, la decisione è stata presa alla luce dell'aumento del ''deficit di bilancio'', che il governo greco si trova a dover fronteggiare. Quasi immediata è giunta la reazione europea, con il Comitato Economico e Finanziario che ha trovato l'accordo sui termini del possibile prestito ad Atene. L'intesa, secondo fonti comunitarie, permetterebbe ad Atene di rifinanziarsi "a tassi meno elevati rispetto a quello attuale di mercato, applicato al debito pubblico greco", senza che ciò si trasformi in "un regalo". Il Ministro delle Finanze George Papaconstantinou ha escluso ieri un ricorso al meccanismo di sostegno offerto da Europa ed Fmi: dichiarazioni poco credibili, a fronte della quasi immediata e manifesta disponibilità del presidente francese Nicolas Sarkozy e di quello europeo Van Rompuy a far scattare il piano di salvataggio. Ma a premere su Atene, affinché accetti gli aiuti internazionali, sono soprattutto gli investitori. La prossima settimana la Grecia lancerà due nuove aste di titoli di stato per finanziarsi. Intanto, secondo il presidente della Bce Jean Claude Trichet, intervenuto ieri a Milano, ''la ripresa in Europa rimane fragile''.

25/3/2010

Attesa per il vertice europeo in programma oggi a Bruxelles, che sarà chiamato a dare una risposta comune sul piano di salvataggio per la Grecia.

La questione della crisi finanziaria greca sara' sul tavolo dei leader europei. Lo ha indicato il segretario di stato per gli affari europei spagnolo Diego Lopez Garrido, presidente di turno dell'Unione. ''La questione sara' affrontata senza dubbio'', anche alla luce, secondo Garrido, degli ''impegni politici'' assunti dai leader comunitari nel vertice di febbraio, a favore della stabilita' della zona euro. Per il presidente della Commissione Jose' Barroso, i leader europei non possono non affrontare la crisi ellenica. Secondo Barroso, la Commissione ritiene che "sia appropriato creare un meccanismo di azione coordinata ,che puo' essere usato per fornire assistenza in caso di necessita''. Intanto appare sempre più probabile, secondo fonti comunitarie, il coinvolgimento del Fondo Monetario Internazionale nel piano di salvataggio greco: un'ipotesi che ha registrato ieri pure l'apertura del Ministro dell'Economia italiano Giulio Tremonti.

23/3/2010

Sempre più improbabile un piano di salvataggio europeo per le travagliate finanze greche: l'intervento dell'Fmi appare -ora- più che una semplice ipotesi. L'euro intanto scivola ai minimi storici sul franco svizzero e resta debole sul dollaro.

La Commissione Europea e la Spagna -presidente di turno- chiedono all'Europa di varare -giovedì- il piano di salvataggio per la Grecia, ma la Germania non si smuove dal suo "nein", che sa molto di ultimativo. Intanto Atene, le cui finanze in crisi potrebbero minacciare -secondo la Federal Reserve- persino l'economia americana, attacca ormai senza riserve Berlino. E' in un clima sempre più surriscaldato che l'Europa prepara il vertice di Bruxelles, la cui agenda rischia di essere presa in ostaggio dalla prima seria crisi dell'Eurozona. Se ieri mattina la Commissione Europea e la Spagna avevano lasciato sperare in una soluzione comunitaria per la Grecia entro il weekend, da concretizzare in quel piano di salvataggio comunitario spacciato per esistente all'ultimo Eurogruppo - in realtà un mezzo bluff, sono bastate poche ore alla cancelliera Angela Merkel per affermare che -al summit europeo- "non sono in agenda decisioni concrete su possibili aiuti alla Grecia". A niente è servita la moral suasion di Francia e Italia verso Berlino: al punto che il presidente dell'Eurogruppo Juncker ha ammesso che la decisione potrebbe non arrivare questa settimana. Il vicepremier greco Pangalos attacca: "la Germania vuole un euro debole per favorire le sue esportazioni". Ma intanto Atene si prepara ad andare, col cappello in mano, a bussare al Fondo Monetario Internazionale.

22/3/2010

Si lotta contro il tempo -in Europa- per arrivare a una mediazione risolutiva tra Libia e Svizzera, nella crisi dei visti: una crisi che ha bloccato l'ingresso -nel Paese nordafricano- anche dei cittadini comunitari.

E' ancora stallo tra Libia e Svizzera, nella guerra diplomatica sui visti: l'Europa, che sta faticosamente giocando il ruolo di paciere nella querelle tra Berna e Tripoli, ha concluso la riunione odierna dei Ministri degli Esteri, conferendo a Germania e Spagna pieni poteri per la soluzione della crisi diplomatica. Crisi iniziata col divieto di ingresso imposto dalla Svizzera a 188 funzionari libici, cui Tripoli ha risposto impedendo l'entrata -sul proprio territorio- ai cittadini dell'area Schengen. E quindi di quasi tutto il resto d'Europa. Uno stallo che si trascina da mesi, con forti momenti di tensione, che hanno coinvolto inevitabilmente l'Unione, responsabile dell'area Schengen. Un gruppo di sei Paesi del sud, tra cui l'Italia, minaccia di cominciare a rilasciare visti a territorialità limitata a cittadini libici, utilizzando così una scorciatoia prevista dal nuovo codice Schengen, per aggirare -di fatto- il divieto svizzero verso i cittadini libici. E difendere i propri interessi - soprattutto economici e d'affari. Si lotta dunque contro il tempo per evitare una clamorosa spaccatura europea: mercoledì l'Alto Rappresentante Ashton vedrà il Ministro degli Esteri svizzero Calmy-Rey, mentre nei prossimi dieci giorni è attesa la visita a Bruxelles del titolare libico degli Esteri Koussa.

19/3/2010

Ultimatum del premier greco George Papandreou all'Europarlamento: accordo politico su un piano di aiuto europeo alla Grecia la prossima settimana o Atene si rivolgerà all'Fmi. Berlino -a sorpresa- apre all'ipotesi.

Si potrebbe profilare una clamorosa svolta nella complicata vicenda del piano di salvataggio europeo per la Grecia: dopo che il fumosissimo compromesso -raggiunto lunedì sera all'Eurogruppo- si è rivelato un mezzo bluff, il premier ellenico George Papandreou, parlando all'Europarlamento, ha dato sette giorni di tempo ai partner per presentare un piano dettagliato e con cifre precise. Il Consiglio Europeo della prossima settimana sarà dunque l'appuntamento decisivo per valutare l'intervento comunitario nella crisi greca. Per tutta la giornata di ieri si sono susseguite voci e smentite, circa un'imminente richiesta di aiuto di Atene all'Fmi: un chiaro segnale che i greci -pur non avendolo ancora invocato- ritengono che avranno presto bisogno di aiuto, per racimolare parte del fabbisogno destinato a rifinanziare l'elevato debito pubblico. Nel solo 2010 dovrebbero servire ben 50 miliardi. Ma la vera sorpresa è arrivata da Berlino, con la cancelleria tedesca che ha inviato chiari segnali di un cambio di posizione: al punto che, si fa sapere, un intervento dell'Fmi nella crisi greca non vedrebbe più contraria la Germania. Anche per questo i tedeschi escludono il varo di un piano europeo la prossima settimana. L'Fmi -dal canto suo- dice di aspettarsi un intervento continentale nel caso-Grecia, aggiungendo confusione: decisivi si riveleranno i prossimi giorni. Intanto l'euro -nell'incertezza- si indebolisce.

17/3/2010

Attesa per oggi la valutazione della Commissione Europea sui conti pubblici italiani. Intanto l’Ecofin ha rinviato la discussione sulla regolamentazione sui fondi speculativi, a causa della forte opposizione britannica.

Via libera con forte riserva dell’Europa ai conti pubblici italiani: così oggi la Commissione Europea si esprimerà sul rispetto del patto di stabilità da parte di Roma, in una promozione affollata -in realtà- da paletti e condizioni. Innanzitutto l’entità stessa di deficit e debito, con quest’ultimo tra i peggiori in Europa: Bruxelles chiede di accelerarne la riduzione. Consolidare le finanze pubbliche sembra essere la parola d’ordine di un’Europa ancora preda della crisi, che intende evitare nuovi casi Grecia: la Commissione -per l’Italia- teme nello specifico un risultato peggiore per quanto riguarda il rientro nei parametri di Maastricht, e segnala come la spesa pensionistica –molto elevata- potrebbe avere effetti negativi sul potenziale di crescita. Bruxelles, come San Tommaso, aspetta dunque di vedere prima di credere, e lancia un chiaro monito a Roma, affinché si muova sul fronte delle riforme strutturali. Ieri intanto l’attesa due giorni di vertice dei Ministri delle Finanze si è chiusa con una vittoria dell’asse Londra-Washington, che ha bloccato l’avvio di qualsiasi discussione in sede Ecofin, su una direttiva che regolamenti i fondi speculativi, o hedge funds, soprattutto quelli extra-europei. Minimizza il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che vede il bicchiere mezzo pieno, con l’avvio della riforma. Sull’ancora fumoso piano di salvataggio europeo della Grecia, Tremonti si è mostrato invece attendista.

16/3/2010

Concluso con un nulla di fatto l’Ecofin, chiamato oggi a trovare un accordo politico sulla proposta di regolamentazione degli hedge funds. L’Europa intanto si prepara a dare il via libera con riserva ai conti pubblici italiani.

Gordon Brown blocca l’Europa. Con un intervento a gamba tesa, il premier britannico –in piena sintonia con Washington- ha congelato ogni tentativo di raggiungere un accordo in sede Ecofin sulla regolamentazione dei fondi speculativi, o hedge funds, che avrebbe fortemente danneggiato la city londinese, nonché irritato gli Stati Uniti. La mossa è apparsa chiara in mattinata, quando -con una spettacolare inversione a U- la presidenza spagnola dell’Unione ha rinviato la discussione del dossier a data da destinarsi, sperando di chiudere entro giugno. Vittoria netta, per il momento, di Gran Bretagna e Stati Uniti, che puntano a rinviare la questione al G20. Il Ministro dell’Economia Giulio Tremonti minimizza, definendo il fatto come "realistico". Sul caso del salvataggio greco, mentre Atene pare minacciare –tra le righe- un ricorso all’Fmi qualora non ottenesse nulla di concreto al prossimo Consiglio Europeo, e con i 27 pronti a ribadire che il piano esiste, Tremonti è rimasto vago, non delineando con chiarezza la posizione italiana. Più determinato invece sull’ipotesi di Fondo Monetario Europeo: essendo l’Europa uno dei maggiori azionisti dell’Fmi, ragiona Tremonti, ma trovandosi divisa in quella sede, perché non tenere per sé parte di quel denaro? Domani la Commissione Europea darà il via libera ai conti pubblici italiani, con un richiamo fortissimo al rigore, anche perché la marcia di rientro nei parametri di Maastricht -avverte Bruxelles- potrebbe rivelarsi peggiore del previsto.

16/3/2010

I 16 Ministri dell'Eurogruppo hanno ribadito ieri di essere pronti a intervenire per sostenere la Grecia, ''se sara'necessario'', con un piano che ''potra' scattare rapidamente''.

L’accordo c’è, ma ancora non si vede. O meglio, lo si intravede solamente: si è chiuso con un risultato piuttosto ambiguo, ieri, un Eurogruppo giocato sul filo della tensione, chiamato ad affrontare nel concreto la situazione del deficit greco e del possibile piano di salvataggio europeo. Salvataggio che potrebbe rendersi necessario, qualora Atene non riuscisse a reperire sul mercato le risorse per finanziare l’astronomico debito pubblico. Per il presidente Jean-Claude Juncker, posto che la Grecia non ha richiesto alcun tipo di sostegno finanziario e che l’area euro considera le misure di austerità intraprese dal Governo ellenico credibili, i punti chiari sono almeno tre: in primis non si ricorrerà al sistema delle garanzie sui prestiti per aiutare la Grecia. Inoltre, Juncker ha sottolineato come gli eventuali aiuti saranno di tipo bilaterale e coinvolgeranno tutti gli altri 15 Paesi dell’area euro. Chiariti questi pilastri, il resto dell’accordo appare fumoso, se un accordo pieno è stato -in effetti- raggiunto: Juncker ha parlato di aspetti tecnici ancora da approfondire a livello di gruppi di lavoro, prima di arrivare a una struttura di aiuti coordinati, da sottoporre per l’approvazione al Consiglio Europeo. Nella dichiarazione finale si aggiunge che l’obiettivo dell’accordo non è quello di fornire finanziamenti al tasso di interesse medio dell’Eurozona, ma garantire la stabilità dell’area monetaria nel suo complesso. Oggi la discussione proseguirà in sede Ecofin.

9/3/2010

Prende forma in Europa l'idea della creazione di un Fondo Monetario comune, che soccorra i Paesi dell'Eurozona in difficoltà.

E' stato un fulmine a ciel sereno, del quale non era stata informata neppure l'intera Commissione Europea. La proposta lanciata domenica dal Commissario agli Affari Economici Olli Rehn, per la creazione di un Fondo Monetario Europeo, ha preso rapidamente quota nella giornata di ieri, dimostrando come il tradizionale motore franco-tedesco abbia preso in mano le redini dell'Unione, spingendo per una maggiore integrazione purein campo economico, sull'onda della paura greca. Il finlandese Rehn, portavoce della proposta, ha spiazzato persino i suoi colleghi. Un imbarazzato Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione, ieri mattina non ne sapeva quasi nulla: l'idea è infatti ancora in fieri, ma l'obiettivo sarebbe quello di creare un Fme, che puntelli la moneta unica, garantendone la stabilità ed evitando nuove emergenze come quella greca. Detto questo, restano molte le incognite: quanto un Fme precluderebbe a un governo economico e non solo monetario dell'Unione? Quanti Paesi sarebbero d'accordo? Ieri l'Italia -con il titolare degli Esteri Frattini, si è mostrata favorevole- ma gli altri? Senza contare la Bce, il cui capo economista Juergen Stark ha affondato l'idea, per i costi e il peso che avrebbe sui Paesi virtuosi. Intanto, mentre il Portogallo si prepara a una cura dimagrante per le proprie finanze, dagli Stati Uniti il premier greco Papandreou, oggi da Obama, attacca gli speculatori.

8/3/2010

"Una soluzione europea per la crisi greca": così il premier ellenico George Papandreou, che ieri a Parigi ha incontrato il presidente francese Nicolas Sarkozy.

Incassa l'appoggio francese il premier greco George Papandreou, impegnato in un tour de force tra le capitali sulle due sponde dell'Atlantico -ora volerà negli Stati Uniti- per cercare una via d'uscita alla pesante crisi economica. "Atene ha fatto i suoi compiti, prendendo i provvedimenti che ci attendevamo, ora tocca all'Europa rispettare i propri impegni, qualora si rendesse necessario", ha dichiarato il presidente francese Nicolas Sarkozy, decisamente più caloroso verso Papandreou rispetto alla abbottonatissima cancelliera tedesca Angela Merkel. L'ospite greco, meno in imbarazzo per il ruolo da ultimo della classe, ha offerto il braccio, dicendo di sperare in una "soluzione europea" per la crisi nel Paese ellenico. "Non consideriamo per il momento un intervento del Fondo monetario internazionale", ha aggiunto. Sarkozy ha pure annunciato che Grecia, Germania e Francia prenderanno "un'iniziativa per lottare contro la speculazione". "E' la zona euro che deve aiutare i suoi membri, quando sono attaccati da azioni speculative", ha affermato Sarkozy. Intanto il Commissario Europeo agli Affari Economici Olli Rehn, in un'intervista al Financial Times Deutschland, ha dichiarato che è allo studio la creazione di un Fmi europeo, per aiutare i Paesi membri in difficoltà economiche.

7/3/2010

Passa la proposta italo-spagnola di tenere un vertice tra Unione Europea e rappresentanti dei Paesi balcanici a giugno, per rilanciare la prospettiva di integrazione della regione nel Continente.

L'annuncio lo ha dato il Ministro degli Esteri iberico Miguel Angel Moratinos, a conclusione della tre giorni di summit informale dei 27 titolari degli Esteri nella città andalusa di Cordoba. Il vertice, che si terrà a Sarajevo, cadrà a dieci anni esatti dal meeting di Zagabria, nel quale si posero le prime basi dell'avvicinamento dei Balcani all'Europa. Saranno invitati anche rappresentanti di Stati Uniti e Russia. "Un segnale politico molto importante", per il capo della Farnesina Franco Frattini. Secondo cui a Cordoba si sarebbero poste le basi anche della fine dell'embargo europeo sulla vendita di armi alla Cina. Nella tre giorni di vertice informale si è parlato molto pure dei primi mesi con Catherine Ashton alla guida della diplomazia europea, dopo settimane che l'hanno vista bersaglio di attacchi da più Paesi: alla fine è emerso un sostegno di facciata, in vista anche della proposta -prevista per fine aprile- sulla creazione di un servizio diplomatico europeo, la cui formazione potrebbe avvenire nell'Istituto Universitario Europeo di Firenze. Infine Frattini ha assicurato: in Afghanistan l'Italia non sposterà le sue truppe da Herat.

5/3/2010

Italia condannata ieri dalla Corte di Giustizia del Lussemburgo per l'emergenza rifiuti in Campania, esplosa nel 2007.

E' un duro atto di accusa quello contenuto nella sentenza con cui ieri i giudici del Lussemburgo hanno condannato l'Italia: alla base del caos rifiuti che -nel 2007- portò Napoli e la Campania sulle prime pagine di tutto il mondo ci fu un deficit strutturale degli impianti, scrivono. Né si può addurre la resistenza della popolazione, o gli inadempimenti contrattuali, e neppure il crimine come casi di forza maggiore, che possono giustificare la violazione della direttiva comunitaria, prosegue la Corte Europea: anche perché lo scopo della normativa resta quello di non esporre la salute umana a pericoli. La fotografia contenuta nella sentenza è impietosa: all'epoca erano 55mila le tonnellate di rifiuti per le strade, mentre oltre 110mila attendevano di essere trattate. Vittoria netta per la Commissione Europea, che aveva presentato il ricorso, congelando circa 500 milioni in aiuti comunitari per lo smaltimento dei rifiuti in Campania. Denaro che il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso è certo di riottenere. Fonti europee fanno però notare come il nuovo piano di gestione dei rifiuti non sia mai stato notificato a Bruxelles. Teoricamente, un'ulteriore inadempienza italiana potrebbe far scattare -in caso di nuovo giudizio- vere e proprie sanzioni.

4/3/2010

Italia condannata dalla Corte di Giustizia del Lussemburgo per l'emergenza rifiuti in Campania.

Seppur con ritardo la giustizia europea ha fatto il suo corso, condannando l'Italia per lo scandalo rifiuti dell'inverno 2007, quando la Regione Campania -soprattutto la provincia di Napoli- fu sommersa dall'immondizia. I numeri li hanno messi nero su bianco i giudici dell'Alta Corte: 55mila tonnellate di rifiuti sulle strade, mentre oltre 110mila tonnellate attendevano di essere trattate presso i siti di stoccaggio. Con evidenti pericoli per la salute umana: per questo l'Italia è venuta meno agli obblighi cui deve adempiere, in forza della direttiva comunitaria sui rifiuti. Anche a causa di un deficit strutturale di impianti nella regione Campania, come sostengono i giudici di Lussemburgo. Soddisfazione da parte della Commissione Europea, che aveva promosso il ricorso: la sentenza mantiene congelati i fondi comunitari -pari a 500 milioni- destinati alla regione. Di diverso avviso il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso, secondo cui -conclusa l'emergenza- i fondi possono ora essere sbloccati.

3/3/2010

Amflora divide l'Europa. Amflora è una patata transgenica, prodotta dalla multinazionale Basf, che passerà alla storia per aver messo fine -dopo dodici anni- alla moratoria di fatto sugli Ogm in vigore nell'Unione Europea.

Ieri la Commissione, dopo anni di studio e bracci di ferro interni, ha deciso di autorizzarne la coltivazione. Contemporaneamente, ha autorizzato l'importazione e la trasformazione di tre nuovi mais Ogm. Immediata la bufera, che in poche ore ha riaperto il dibattito sugli organismi geneticamente modificati in Europa: l'Austria ha dichiarato di voler bandire la coltivazione di questa patata, anche se a capitanare la rivolta è stata soprattutto l'Italia. Oggetto della contesa è un gene resistente agli antibiotici presente nella patata Ogm Amflora, che ha fatto dubitare persino l'agenzia europea del farmaco. In realtà il pericolo appare più simbolico che reale: la patata si potrà coltivare per produrre carta e -attraverso i suoi sottoprodotti- per alimentare gli animali. Difficilmente approderà in Italia, come afferma Paola Testori Coggi, della Commissione Europea. E -ricorda Bruxelles- ciascun Paese europeo può ricorrere alla clausola di salvaguardia, per sbarrare le frontiere agli Ogm. Ma la domanda resta: potrà Amflora contaminare anche le patate coltivate naturalmente? Ai posteri l'ardua risposta.

20/2/2010

Ha rassegnato le dimissioni per telefono alla Regina Beatrice il premier olandese Balkenende, il cui Governo è caduto questa notte. Motivo della crisi: la missione militare dei Paesi Bassi in Afghanistan.

L'annuncio definitivo lo ha fornito il premier Jan Peter Balkenende, al termine di una estenuante maratona negoziale, protrattasi per quindici ore e conclusasi nel cuore della notte. I laburisti del Ministro delle Finanze Wouter Bos avevano da poco preso la decisione di lasciare l'esecutivo, in chiaro dissenso dalla linea degli altri due partiti di Governo, i cristiano democratici di Balkenende e l'Unione Cristiana. Per i laburisti infatti, il ritiro dei 1950 soldati olandesi presenti nella provincia meridionale afghana di Uruzgan deve essere completato entro l'anno, così come previsto da un voto parlamentare. Nessun rinvio dunque all'agosto del 2011, come richiesto esplicitamente dalla Nato. La crisi di governo a L'Aja apre ora scenari incerti, sia sul fronte afghano che su quello interno: nel primo caso, nonostante la stessa Nato sia tornata a premere persino oggi per il prolungamento di un anno della missione, è difficile prevedere come andrà a finire. Molto dipenderà infatti dal risultato delle prossime elezioni politiche anticipate, previste entro giugno: in molti temono che potrebbero portare alla vittoria il Partito della Libertà di Geert Wilders, una formazione xenofoba e anti-immigrati. Un vero choc, in termini di politica interna. Ma anche estera.

17/2/2010

Un mese di tempo: l'Europa ha stabilito per la Grecia una scadenza al 16 marzo, affinché attui il piano di risanamento promesso, che prevede il taglio di quattro punti di deficit quest'anno, nell'ottica di un ritorno sotto il 3% del Pil nel 2012.

La pressione resta alta su Atene, con una missione a tre -Commissione Europea, Bce ed Fmi- che approderà la prossima settimana nel Paese ellenico per verificare i primi risultati delle misure decise dal Governo, che comprendono -tra le altre cose- il congelamento dei salari pubblici, la fine dei bonus per i dipendenti statali e una riforma fiscale. La questione greca sta provocando divisioni all'interno dell'Unione Europea, tra Bruxelles e Atene, e all'interno del Paese ellenico: sul primo fronte alcuni Paesi -Svezia in testa- non hanno usato mezzi termini per definire "insufficienti" le misure del Governo Papandreou; quello stesso Governo che si è visto commissariare la politica economica da Bruxelles e che ha resistito anche ieri -strenuamente- contro nuove misure d'urgenza; mentre a casa propria i funzionari delle dogane e quelli ministeriali hanno proclamato altri tre giorni di sciopero, aggiungendo instabilità. Per Atene esame rinviato di un mese, dunque, anche se per Daniel Gros, direttore del Centro per gli Studi Politici Europei, il problema è sistemico.

13/2/2010

Si è chiuso con un -4,9% il 2009 del Prodotto Interno Lordo italiano: il peggior calo dal 1971. Rallenta intanto la ripresa in Europa, secondo Eurostat.

Rallenta la crescita in Europa, mentre arretra -addirittura- in Italia. I dati dell'ultimo trimestre 2009 raffreddano ogni ottimismo nel Vecchio Continente, rivelandosi peggiori del previsto nello Stivale. Dove il Pil ha chiuso con un -0,2% tra ottobre e dicembre, in controdenza rispetto al +0,6 registrato nel trimestre precedente. La diminuzione congiunturale del Pil nel quarto trimestre ''è il risultato di una diminuzione del valore aggiunto dell'industria, di una sostanziale stazionarietà dei servizi e di un aumento dell'agricoltura'', spiega l'Istat. Nel complesso, il Pil italiano ha perso nel 2009 il 4,9%, il peggiore dato dal 1971. O, per dirla più esplicitamente, degli ultimi quarant'anni di storia economica. Non ride l'Europa, anche se nel complesso presenta cifre leggermente migliori:quarto trimestre col +0,1% per Eurozona e Unione a 27, con la Francia che traina a +0,6%, Germania e Gran Bretagna sostanzialmente immutate e la Spagna che se la cava con un -0,1%. Nel complesso dell'anno, la Germania ha perso il 5% del Pil, la Francia il 2,2%: -4% per Eurolandia. Intanto da Bruxelles il neo Commissario agli Affari Economico Monetari Olli Rehn annuncia l'intenzione di preparare nuove misure, per incrementare il coordinamento e la vigilanza sia sui conti pubblici sia -soprattutto- sulle politiche economiche nei Paesi dell'Eurozona.

12/2/2010

"Gli Stati membri dell'area euro prenderanno delle misure coordinate, se necessario, per preservare la stabilità dell'Eurozona nel suo insieme. Il Governo greco non ha richiesto alcun aiuto finanziario". Così il vertice straordinario europeo, ieri a Bruxelles.

L'Europa fa quadrato intorno alla Grecia. Anche se i mercati finanziari restano scettici. Le 24 ore che dovevano fornire una risposta ai dubbi sulla tenuta dell'Eurozona non dissipano del tutto le incertezze, ma pongono importanti basi per il futuro dell'Unione Europea. A fine giornata tocca al presidente Herman Van Rompuy tirare le fila di un vertice straordinario che sceglie la linea dell'attesa: l'Europa offre la propria solidarietà ad Atene, schierandosi a difesa della stabilità dell'Eurozona, per la quale promette un'azione determinata e coordinata, qualora necessario. Nessun piano di emergenza, nessun prestito. Per il momento. Basta l'impegno greco a fare l'impossibile per riportare i conti in ordine. Poi si vedrà. Anche perché, nel caso, ''se occorresse un'azione coordinata, sappiamo quali strumenti utilizzare'', per dirla col presidente dell'Eurogruppo Juncker, secondo il quale "la Grecia non è a rischio fallimento". Dietro le quinte, intanto, si consumavano i veri progressi. "Francia e Germania saranno il motore del processo di costruzione di un governo economico europeo", annunciava il presidente francese Sarkozy, affiancato dalla cancelliera tedesca Merkel, mentre pochi metri più in là anche il presidente europeo Van Rompuy confermava, annunciando un'intensificarsi dei summit comunitari. E' in questo patto d'acciaio tra Parigi e Berlino per dare vita a politiche economiche coordinate che sta la svolta del vertice.

11/2/2010

"Tutti gli Stati membri dell'eurozona esprimono pieno sostegno agli sforzi del governo greco, che dovra' fare tutto il necessario per attuare l'ambizioso piano di risanamento, incluse misure aggiuntive se necessarie". Così i 27 leader europei, nel Consiglio straordinario di oggi.

L'Europa serra i ranghi intorno alla Grecia, ma le Borse non si fidano troppo. Si chiude così una giornata di passione per l'Unione Europea, con un vertice straordinario che ha lanciato due messaggi. Come sottolineato dal presidente europeo Herman Van Rompuy, i 27 hanno dichiarato la loro solidarietà alla Grecia, dicendosi determinati a difendere l'Eurozona. Ma non hanno, per il momento, delineato alcun piano di salvataggio, riservandosi di agire solo se necessario. Al contempo, il Governo greco ha rassicurato circa la propria determinazione a fare tutto il possibile, comprese nuove misure straordinarie, per riportare in ordine i conti pubblici. Il secondo messaggio, potenzialmente più importante, almeno sul medio-lungo periodo, è quello della creazione embrionale di un governo economico dell'Europa. Van Rompuy lo ha anticipato, affermando la disponibilità dei 27 a prendere il timone dell'economia in sede comunitaria, mentre pochi metri più in là il presidente francese Nicolas Sarkozy e la cancelliera tedesca Angela Merkel vi ponevano il loro cappello. Parigi e Berlino saranno il motore del governo economico europeo, affermavano. Intanto, il presidente dell'Eurogruppo Juncker negava che la Grecia sia a rischio fallimento, mentre il premier spagnolo Zapatero respingeva qualsiasi analogia Atene-Madrid. Intanto -però- le Borse europee chiudevano in perdita, e l'Fmi rinnovava l'offerta di aiuto proprio alla Grecia.

11/2/2010

La situazione dei conti pubblici in Grecia e i rischi per l'Eurozona saranno tra i temi al centro del Consiglio Europeo straordinario, in programma oggi a Bruxelles.

L'Europa si riunisce tra i libri di una biblioteca centenaria, nel bel mezzo di una tempesta finanziaria che sta scuotendo le fondamenta stessa dell'euro. Sarà un ritorno al passato quello in programma nel vertice odierno, con i 27 leader, coadiuvati da staff ridotti all'osso, che si ritroveranno alla Biblioteca Solvay, insieme al presidente della Bce Jean Claude Trichet, e soprattutto al primo presidente comunitario, il belga Herman Van Rompuy. Il piano originale di utilizzare la riunione odierna per porre le basi della nuova agenda di crescita economica Europa 2020, che dovrebbe soppiantare la fallimentare Agenda di Lisbona, ha lasciato spazio a una situazione di fatto emergenziale, che ha un nome: Grecia. Da giorni sono insistenti le voci sul varo di un meccanismo di sostegno europeo al Paese ellenico, dove la situazione dei conti pubblici ha raggiunto il livello di guardia; o quantomeno di un messaggio forte a difesa dell'euro, zavorrato da una situazione senza precedenti. Oggi, al termine del vertice informale dei 27 leader, il presidente francese Nicolas Sarkozy e la cancelliera tedesca Angela Merkel terranno un punto stampa congiunto: un altro segnale che qualcosa si sta muovendo dietro le quinte. E che la situazione è considerata davvero seria.

9/2/2010

La nuova Commissione Europea targata Barroso affronta oggi la prova del voto dell'Europarlamento. Sullo sfondo l'Europa cerca una via d'uscita dalla crisi, con la minaccia greco-spagnola.

Inizia con una pura formalità la tre giorni di passione dell'Europa, che dovrà -in settantadue ore- fornire risposte convincenti a una situazione economica che lascia scarsi motivi di ottimismo. Oggi la Commissione Europea "Barroso II" riceverà il via libera dell'Europarlamento, dopo aver sacrificato sull'altare della decenza l'impresentabile candidata bulgara Jeleva. Ma al di là di un voto scontato, preoccupano altre nubi all'orizzonte: ieri la Borsa greca ha chiuso in calo di quasi il 5%, con i titoli bancari sotto forte pressione. Non va meglio in Spagna, dove l'Ibex era finito nell'occhio del ciclone la scorsa settimana: nuovi dati mostrano come lo scorso anno è aumentato dell'80% il numero di imprese e famiglie insolventi. Madrid è impegnata in una massiccia operazione di relazioni pubbliche, con il Ministro dell'Economia Salgado che è volata nella City di Londra per incontrare banchieri e giornalisti. Il "Financial Times" scrive intanto che gli speculatori stanno sempre più scommettendo sulla crisi dell'euro, mentre gli investitori sembrano temere un contagio del dissesto nei conti anche ad altri Paesi. Oggi l'Europarlamento discuterà del momento delicato, anche se tutti gli occhi sono puntati sul vertice straordinario dei 27 leader europei, in programma giovedì: ufficialmente si porranno le basi strutturali della nuova agenda di crescita economica "Europa 2020", ma i mercati si attendono parole rassicuranti e un messaggio di compattezza a difesa dell'euro.

8/2/2010

Ci sono settimane che fanno la storia: quella che si apre oggi potrebbe -almeno potenzialmente- segnare quella dell'Europa. Quanto, è difficile prevederlo.

Sconfitta sonoramente al vertice di Copenhagen, rimasta con un pugno di mosche in mano con l'Agenda di Lisbona, che ci avrebbe dovuto garantire proprio quest'anno -che ironia!- un'economia competitiva e un pieno di occupati, e con ben tre Paesi sotto i riflettori a minacciare la tenuta dell'Eurozona, l'Unione Europea si gioca -tra domani e giovedì- una bella fetta del suo futuro. Tra ventiquattr'ore la Commissione Barroso II otterrà il via libera dell'Europarlamento: al di là del discutibile spessore di alcuni suoi componenti, il presidente portoghese dovrà fare quello che non ha fatto nei primi cinque anni. Nel 2004 si presentò, ancorando il suo mandato proprio all'Agenda di Lisbona. Dove non aveva poteri. Infatti fu un fiasco. Senza arrivare alle altezze di Delors, Barroso dovrà almeno fornire una visione pragmatica e concreta di cosa l'Europa deve diventare. Ma adesso... non tra dieci anni, quando la potenza cinese ci avrà già surclassato. Giovedì invece il summit straordinario dei 27 leader a Bruxelles dovrà evitare di trasformarsi nell'ennesimo think tank itinerante. La costruzione europea è a metà, mentre il mondo corre: la presidenza spagnola un mese fa ha indicato un governo comunitario dell'economia, per uscire dalla crisi. Servono azioni coraggiose e leader lungimiranti. Se non per passione, che emerga quantomeno un europeismo pragmatico: lo impone questo terzo millennio.

7/2/2010

Avanti tutta con gli stimoli all'economia. Così il messaggio del G7 dei Ministri delle Finanze. Il presidente del Financial Stability Board Draghi rintuzza Tremonti: "politici e tecnici devono scrivere le nuove regole della finanza".

Si è chiuso con una nota di cauto ottimismo il G7 dei Ministri finanziari in Canada. "Ci sono buoni segnali" che il peggio è passato, ha dichiarato il presidente di turno, il canadese Jim Flaherty, secondo cui l'economia sta migliorando. Ma, ha aggiunto, occorre continuare con gli stimoli pubblici. Posizione, quest'ultima, condivisa dal cancelliere allo Scacchiere britannico Alistair Darling. Mentre il segretario al Tesoro americano Timothy Geithner si è lasciato andare a un maggiore ottimismo: "la ripresa globale è partita, e sembra più veloce del previsto". Sullo sfondo, i rischi di finanze pubbliche insostenibili, soprattutto nei Paesi meridionali dell'Eurozona, dopo i casi greco e spagnolo. Il presidente dell'Eurogruppo Juncker ha rassicurato i partner: le pressioni su alcuni membri dell'euro saranno gestite senza chiedere aiuti all'Fmi. Il G7 ne ha preso atto: "il debito europeo è materia di Bruxelles", ha detto Flaherty. I 7 Grandi hanno pure lanciato una frecciata alle banche: "i costi della crisi dovrebbero venire condivisi anche dalle istituzioni finanziarie", è stato detto, anche se sui metodi non c'è accordo. Intanto il Governatore di Bankitalia Mario Draghi, rispondendo indirettamente al Ministro dell'Economia Tremonti, ha sostenuto come le nuove regole della finanza non ostacoleranno la ripresa, e che alla loro stesura parteciperanno sia i politici che i tecnici.

6/2/2010

Lo scambio dei dati sulle transazioni finanziarie è il nuovo fronte di scontro tra Europa e Stati Uniti: linea telefonica rovente tra Bruxelles e Washington.

Nuove tensioni sull'asse atlantico: dopo il clamoroso forfait di Barack Obama in vista del vertice Europa-Stati Uniti di maggio, è una mossa europea ad alimentare questa volta le tensioni tra le due sponde dell'Oceano. L'oggetto del contendere sono i dati relativi ai miliardi di miliardi di dollari in transazioni bancarie registrati su base regolare dalla società Swift: dati essenziali non solo per il settore finanziario, ma anche per la lotta al terrorismo. Attualmente un vuoto legale negli accordi bilaterali tra Bruxelles e Washington ha sospeso il trasferimento di questi stessi dati alle autorità federali americane: per sopperire a ciò, lo scorso novembre i Ministri dei 27 hanno varato un'intesa-ponte di nove mesi, che consente la prosecuzione degli scambi, in attesa di un accordo più complessivo, da elaborare entro la fine di quest'anno. Ma giovedì la Commissione competente dell'Europarlamento ha votato contro l'intesa, sostenendo che mette a rischio eccessivo la privacy dei cittadini europei. Un giudizio che potrebbe porre una pietra tombale sull'esito del voto definitivo di Strasburgo, previsto la prossima settimana in sessione plenaria. Un voto che, se negativo, minerebbe ulteriormente i rapporti euroamericani: per questo il segretario di Stato americano Hillary Clinton si è spesa in prima persona, chiamando sia il presidente dell'Europarlamento Buzek, sia l'Alto Rappresentante Ashton. Ma l'asse allargato tra centrosinistra e liberali europei potrebbe dimostrarsi più forte.

5/2/2010

Le Borse europee hanno bruciato ieri 128 miliardi di euro, sulla scia dei timori degli investitori legati allo stato di salute dell'economia spagnola.

Madrid trascina al ribasso tutte le principali piazze continentali, nella giornata peggiore per l'Ibex dal novembre 2008. Ma allora la bufera arrivava da una Wall Street piegata dalla crisi finanziaria americana. Meno 5,94% ieri l'indice borsistico iberico, finito nell'occhio del ciclone, in una settimana che ha visto Bruxelles imporre ad Atene una vera e propria camicia di forza in materia di politica economica, e che ha registrato il clamoroso fallimento di un'asta di bond portoghesi. E' dunque il Club Med dell'Eurozona a trovarsi in piena tempesta finanziaria, con la Spagna che al momento paga le peggiori conseguenze: sull'onda dei dati sul debito, previsto in rialzo fino al 74% del Pil nel 2012, ieri un'ondata di vendite ha colpito le imprese costruttrici -su tutte Ferrovial, -11%- e gli istituti bancari. In prima linea Banco Santander (-9,4%, nonostante i buoni utili trimestrali) e Bbva (-7,5%): obiettivi facili, anche perché è noto come siano proprio le banche ad aver inglobato buona parte del debito-Paese. Il problema resta insomma la situazione dei conti pubblici, minati dal doppio uppercut della recessione e dello scoppio della bolla immobiliare: gli analisti cominciano intanto a temere pure un ribasso del rating Paese. Giornata nera ieri anche per la Borsa portoghese, in calo di quasi il 5%, male Milano (-3,34% il Ftse All Share). E intanto ci si chiede: chi sarà il prossimo?

2/2/2010

Nuovo affondo del Ministro dell'Economia Giulio Tremonti contro i banchieri: Tremonti ha attaccato gli istituti di credito a pochi giorni dalla conclusione del vertice di davos, dove -sostiene il Ministro- l'unico discorso politico di grande rilievo è stato quello del presidente francese Sarkozy".

Si chiude con una stoccata diretta ai banchieri l'intervento del Ministro dell'Economia Giulio Tremonti al convegno di Ispi e Aspen sulla distanza tra Stati Uniti e Unione Europea all'alba del 2010. Nel giorno del varo del nuovo bilancio federale da parte del presidente americano Barack Obama, si finisce per parlare molto di Europa, nel dibattito che vede sullo stesso palco Tremonti e la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Un'Europa che ha perso centralità, per la Marcegaglia, e che deve per questo ritrovare una visione unitaria. Più ottimista sul futuro del Vecchio Continente Tremonti, il cui passato euroscettico pare essere stato rimpiazzato da un ottimismo dettato anche dalla caduta in disgrazia del metodo comunitario, a favore di quello intergovernativo. Prima rivendica la necessità di una presenza europea nel Governo del mondo, con un G3 al posto del G2, poi attacca l'ipotesi di un Basilea 3: "Le regole di Basilea 3 costituiscono la via diretta per produrre un credit crunch, una nuova stretta del credito", afferma.

25/1/2010

"Situazione patetica nel coordinamento degli aiuti": da Haiti è giunta ieri la dura accusa del capo della Protezione Civile Bertolaso. Oggi l'Europa invia la missione di 300 gendarmi.

Ad Haiti da pochi giorni, il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso scatena una polemica con gli Stati Uniti e l'Onu, intervenendo alla trasmissione di Lucia Annunziata "In mezz'ora". A Bertolaso ha risposto a stretto giro di posta Robert Dormino, uno dei capi della logistica dell'Onu, che ha fatto intendere come le situazioni de L'Aquila e di Haiti siano completamente diverse. "A L'Aquila potevano confluire uomini e mezzi militari, ad Haiti non c'è nulla di nulla", accusa. Oggi intanto i Ministri degli Esteri europei si riuniscono a Bruxelles per formalizzare il pacchetto di aiuti all'isola caraibica: in partenza ci sono oltre 300 gendarmi comunitari, tra cui una consistente partecipazione italiana, compresa tra i 100 e i 120 carabinieri. Dovranno garantire la stabilità e la sicurezza nel Paese, rafforzando la missione delle Nazioni Unite: il loro mandato potrebbe essere di sei mesi, con partenza in tempi rapidi. Parallelamente i 27 vareranno anche la seconda fase delle iniziative per la ricostruzione, impostando una cellula di coordinamento, che si chiamerà probabilmente "UeCoHaiti". I capi della diplomazia europea discuteranno pure del coordinamento comunitario sull'adozione degli orfani e del contributo alla conferenza internazionale dei donatori.

20/1/2010

Si terrà con ogni probabilità il 9 febbraio il voto dell'Europarlamento sulla nuova Commissione Europea. Ieri il ritiro della controversa candidata bulgara.

Strada in discesa per la nuova Commissione Europea di José Barroso, dopo il ritiro della candidata più contestata: il Ministro degli Esteri bulgaro Rumiana Jeleva ha fatto un passo indietro, rinunciando sia al posto in Commissione, sia al suo incarico di Governo. "Primo ministro, la prego di accettare le mie dimissioni da tutte le posizioni che ricopro, avviando le azioni necessarie per ritirare la mia candidatura alla Commissione Europea", ha scritto la Jeleva al premier Boyko Borisov. Che ha accettato solo la seconda parte della richiesta, confermando però la Jeleva nell'incarico agli Esteri. Nuova candidata a Bruxelles è ora Kristalina Gheorghieva, attuale vicepresidente della Banca Mondiale, un vero pezzo da 90 della dirigenza bulgara. La Georghieva sarà ascoltata dall'Europarlamento il prossimo 3 febbraio, mentre il voto finale di Strasburgo sull'insieme della nuova Commissione Europea dovrebbe tenersi sei giorni dopo. La Georghieva dovrebbe mantenere lo stesso portafoglio agli aiuti umanitari, cruciale in crisi come quella di Haiti: un incarico poco adatto alla Jeleva, la cui manifesta incompetenza e i cui poco rassicuranti conflitti di interesse avevano provocato una mezza rivolta all'Europarlamento. "La democrazia è al lavoro nell'Unione Europea: lo vediamo, nel ruolo dell'Europarlamento nella formazione della Commissione", ha commentato il presidente dell'assemblea comunitaria Jerzy Buzek

19/1/2010

L'Europa, che ha oltre 1100 cittadini dispersi ad Haiti (28 i morti accertati), ha deciso ieri stanziamenti coordinati d'urgenza per l'isola caraibica.

Oltre 400 milioni di euro in impegni finanziari: in un meeting di emergenza a Bruxelles, i Ministri dello Sviluppo europei hanno annunciato il varo di un pacchetto composito, in quello che si presenta come il primo vero test della diplomazia comunitaria post-Trattato di Lisbona. L'Unione stanzierà subito 122 milioni di euro per l'emergenza: tra questi, anche i 5 milioni e 700mila euro annunciati dall'Italia. Una seconda tranche di aiuti, pari a 107 milioni di euro, saranno invece presto destinati alla ricostruzione delle zone terremotate e per la riabilitazione delle strutture governative, mentre un'ultima parte -200 milioni- sarà concentrata sulla ricostruzione a medio-lungo termine. Ma gli aiuti non saranno di natura unicamente economica: una missione di 140-150 gendarmi da cinque Paesi, tra cui i nostri carabinieri, contribuirà a garantire la sicurezza degli aiuti. L'Alto Rappresentante Catherine Ashton ha riconosciuto che -di fronte alla grandezza della catastrofe- occorrerà fare di più e trovare intese su un numero maggiore di fronti. L'Italia, oltre all'aiuto economico, ha confermato l'azzeramento del debito di Haiti, oltre 40 milioni di euro. Il capo della protezione civile Guido Bertolaso ha auspicato un unico centro di coordinamento sull'isola. Sul fronte Onu, è attesa per oggi l'approvazione di una risoluzione del Consiglio di Sicurezza per l'invio di duemila caschi blu e 1500 poliziotti supplementari ad Haiti.

19/1/2010

L'Europa si muove per Haiti: dopo giorni di generose iniziative, soprattutto nazionali, l'Unione -al suo primo vero banco di prova- ha mosso i primi passi coordinati.

Forse, come ha dichiarato ieri da Bruxelles il capo della Protezione Civile Guido Bertolaso,"manca ancora una forte leadership" nel coordinamento comunitario. E forse questo coordinamento è arrivato un po' tardi, a quasi una settimana dal sisma. Ma per Bruxelles si tratta del primo -peraltro durissimo- esperimento con le nuove regole del Trattato di Lisbona, che prevedono un maggior ruolo -in politica estera- per il Vecchio Continente. L'annuncio di aiuti per oltre 400 milioni di euro agli abitanti dell'isola caraibica è indubbiamente positivo. Come è positiva la gara di solidarietà innescatasi tra i 27, con l'Italia tra i Paesi più attivi, e l'Estonia pronta addirittura a fornire un contributo sei volte superiore a quello degli Stati Uniti, se rapportato al Pil. Senza contare i circa 150 gendarmi europei pronti a partire per garantire la sicurezza degli aiuti. Lenta nel coordinamento ma generosa: così potremmo definire questa Europa che, al di là di tutto, si conferma appieno nel suo ruolo di "soft power" mondiale. Di potenza dal volto umano. Con un Alto Rappresentante -la britannica Catherine Ashton- ancora tutta da rodare, un Commissario agli Aiuti allo Sviluppo -il belga de Gucht- in partenza, e un'altra -la bulgara Jeleva- che forse non arriverà mai, l'Europa ha saputo tenere la barra dritta. Evitando di restare lei stessa vittima del sisma haitiano.

18/1/2010

Consiglio Europeo straordinario oggi a Bruxelles per gli aiuti ad Haiti.

Quasi mezzo miliardo di euro in impegni finanziari: in un meeting di emergenza a Bruxelles, i Ministri dello Sviluppo dell'Unione Europea hanno annunciato il varo di un pacchetto composito, in quello che si presenta come il primo vero test della diplomazia comunitaria post-Trattato di Lisbona. L'Unione stanzierà subito 122 milioni di euro per l'emergenza: tra questi, anche i 5 milioni e 700mila euro annunciati dall'Italia. Una seconda tranche di aiuti, pari a 107 milioni di euro, andranno invece alla ricostruzione delle zone terremotate, sull'esempio de L'Aquila, mentre un'ultima parte -200 milioni- sarà concentrata sulla ricostruzione a medio-lungo termine. Ma gli aiuti non saranno di natura unicamente economica: una missione di 140-150 gendarmi da cinque Paesi, tra cui l'Italia, contribuirà a garantire la sicurezza degli aiuti umanitari. L'Alto Rappresentante Catherine Ashton ha riconosciuto che -di fronte alla grandezza della catastrofe- occorrerà fare di più e trovare intese su un numero maggiore di fronti. L'Italia, oltre all'aiuto economico, ha confermato pure l'azzeramento del debito di Haiti, che ammonta ad oltre 40 milioni di euro. Il capo della protezione civile Guido Bertolaso ha però criticato la macchina dei soccorsi comunitaria, che ''finora - ha detto - e' mancata di coordinamento e leadership". Anche per questo -domani- il Commissario allo Sviluppo Karel de Gutch partira' per Haiti, mentre da mercoledi' la Ashton sara' in missione a Washington e a New York.

15/1/2010

A cinque anni dal caso-Buttiglione, un nuovo aspirante Commissario Europeo rischia la bocciatura all'Europarlamento.

Sta diventando un caso diplomatico, a Bruxelles, la nomina della candidata al posto di Commissaria Europea agli Aiuti Umanitari, la bulgara Rumiana Jeleva: la Jeleva, sulla graticola per un caso di conflitto di interessi, sta facendo litigare un po' tutti, dentro e fuori le istituzioni comunitarie. Prima però i fatti: l'aspirante Commissaria bulgara è a tutti gli effetti l'anello debole del secondo esecutivo-Barroso. Accusata da settimane per il suo conflitto di interessi, a causa di una sua passata partecipazione a una società di consulenza specializzata nella gestione dei fondi comunitari, e nel mirino pure per i sospetti legami del marito con gruppi economici legati alla criminalità, la Jeleva ha deluso. Non solo ha dimostrato scarsa conoscenza del portafoglio assegnatole, ma ha spiazzato tutti con la sua dichiarazione dei redditi: zero, per il 2009. Nessuno stipendio o proprietà. Davanti al rischio di un nuovo caso-Buttiglione, questa volta non per questioni di opinione ma per manifesta incompetenza, gli schieramenti all'Europarlamento si sono divisi: il centrosinistra ha attaccato la Jeleva, minacciando una bocciatura della Commissione, i popolari di centrodestra invece hanno attaccato il candidato socialista slovacco Sefcovic, per le sue passate dichiarazioni antirom. Da Sofia, il premier bulgaro Borisov ha ribadito -pur con qualche esitazione- l'appoggio alla Jeleva.

11/1/2010

Ivo Josipovic è il nuovo presidente della Croazia: con il 64,6% dei voti ha sconfitto al ballottaggio di ieri l'indipendente Bandic.

Alla fine ha vinto il moderato ed europeista Josipovic: la Croazia ha scelto un presidente istituzionale, per affrontare la fase finale dei negoziati per l'ingresso nell'Unione Europea. Josipovic, socialdemocratico, ha vinto una partita relativamente facile, anche per l'uscita di scena al ballottaggio del partito di Governo, la Comunità Democratica Croata. Josipovic aveva tutte le carte in regola per l'incarico di presidente: 52 anni, deputato al Parlamento, è professore di diritto comparato e compositore di musica classica. Il suo curriculum è praticamente immacolato, mai sfiorato da scandali: nella campagna elettorale si è appellato ai valori della giustizia sociale e della legalità, promettendo di voler trasformare la Croazia nella "casa dei diritti umani". Ma, soprattutto, in un Paese moderno ed europeo. Lo sconfitto Bandic, che pure ha guadagnato parecchi punti percentuali rispetto al primo turno, aveva invece puntato tutto su una campagna improntata al populismo: sindaco di Zagabria, si è presentato al ballottaggio come indipendente, dopo essere stato espulso proprio dal partito socialdemocratico di Josipovic. I suoi richiami al patriottismo, alla lotta alla partitocrazia, ai valori tradizionali di lavoro, famiglia e cattolicesimo, non hanno fatto breccia tra gli elettori.

9/1/2010

Inaugurazione ufficiale, ieri al Teatro Real di Madrid, del semestre di presidenza spagnolo dell'Unione Europea. La prima con il Trattato di Lisbona in vigore. Obiettivo prioritario: uscire dalla crisi.

La parola d'ordine è "unione economica". Una sorta di supergoverno coordinato dell'economia per il Vecchio Continente: così la Spagna ha lanciato la sfida prioritaria per il proprio semestre alla guida dell'Unione Europea. Come ha dichiarato il premier Zapatero, "ogni volta che l'Unione è avanzata sulla strada delle politiche comuni, soprattutto in politica economica, tutti i Paesi membri ne hanno beneficiato". Zapatero ha parlato, affiancato dal nuovo presidente del Consiglio Europeo Herman Van Rompuy -alla sua prima assoluta- e da quello della Commissione José Barroso. Non è un caso che la Spagna si giochi tutte le chances di successo quasi unicamente su un solo obiettivo: al centro del semestre figura infatti il varo di un nuovo programma di crescita economica e occupazione, la cosiddetta "Agenda 2020", che prenderà il posto della naufragata Agenda di Lisbona. Un programma questa volta vincolante, con premi e sanzioni per i Paesi membri. Un'estensione -seppur meno stringente- al campo dell'economia dell'idea vincente che diede origine all'unione monetaria: la Germania si è limitata a dare un cauto ok all'idea, definendola "non sbagliata", mentre Van Rompuy ha sollecitato riforme strutturali nei Paesi membri, per evitare una crescita 2010 anemica, non superiore all'1%. Sempre da Madrid doccia fredda per le ambizioni italiane sulla presidenza dell'Eurogruppo: Tremonti è un ottimo candidato, ma il lussemburghese Juncker resterà al timone per altri 30 mesi.

8/1/2010

Il segnale -o i segnali- non giungono certo in momenti fortunati. L'inizio del 2010 ha coinciso -nell'Unione Europea- con un'ondata di richieste di aumenti salariali, che stona decisamente con l'atmosfera di crisi e tagli di bilancio che hanno segnato -e stanno segnando- questi mesi di recessione.

Così accade che, mentre la Commissione Europea va in Grecia per forzare misure "lacrime e sangue", onde evitare il default di un Paese dell'Eurozona, questa stessa istituzione avvia un'azione legale contro i Paesi membri, per garantire ai funzionari suoi -e di tutte le istituzioni comunitarie- un aumento salariale del 3,7%. Il doppio di quanto i Governi nazionali hanno concesso a dicembre. Bruxelles ribatte che esiste un accordo legalmente vincolante, per un adeguamento automatico degli stipendi degli euroburocrati. Accordo da rispettare, anche se costerà 90 milioni di euro in più alle casse comunitarie. Per aggiungere un tocco di surrealità all'intera vicenda, a decidere sulla vexata quaestio saranno i giudici della Corte del Lussemburgo... i quali, pagati pure loro con denaro europeo, dovranno in pratica decidere se aumentarsi o meno il salario. Bizzarro, no? Ma non basta: i deputati dell'Europarlamento hanno chiesto un incremento dell'8,6% per le indennità riservate agli assistenti. Si tratta di 13 milioni di euro, da stornare da voci di bilancio esistenti. Ci sono momenti opportuni e altri momenti meno opportuni per attingere al denaro pubblico: in una fase nella quale anche alcuni Paesi membri chiedono sacrifici ai propri funzionari, la Commissione Europea ha il dovere morale di dare un segnale. Dopotutto il salario minimo mensile di un eurofunzionario è di 2500 euro. E parliamo dei gradi più bassi. Barroso, se ci sei batti un colpo.

5/1/2010

L'Europa ha fatto un mezzo miracolo. E' stata capace di far convergere Iran e Stati Uniti in un unico obiettivo: far saltare la missione di una delegazione europarlamentare a Teheran, sulla quale erano peraltro emersi seri dubbi anche in seno all'Unione Europea.

La visita -in programma da giovedì- è stata annullata (o meglio "rinviata"), ieri, con una decisione unilaterale da parte di Teheran. La sua ambasciata a Bruxelles ha fatto sapere che era meglio lasciar perdere. E' logico dedurre che il bagno di sangue e la repressione di fine dicembre siano ancora troppo freshi. Non basta ripulire le strade: almeno 300 manifestanti anti-Khamenei restano in carcere. Tra loro diversi stranieri, si è saputo ieri. Ma la missione era già stata messa in discussione -la scorsa settimana- da un gruppo di deputati, repubblicani e democratici, del Congresso americano. E pure all'interno dello stesso Parlamento Europeo si erano levate voci contrarie. Ma cosa doveva fare, questa delegazione? Verificare il rispetto dei diritti umani e di quelli di opposizione politica, in un Paese dove la democrazia sta svanendo, ridotta al lumicino da un regime ormai militare. "Non c'è neppure la volontà di discutere assieme", ha tuonato la capdelegazione, l'eurodeputata tedesca Barbara Lochbihler. Il problema è pure un altro: la crisi iraniana ha dimostrato un vuoto di potere in Europa, in attesa che si decidano nuove sanzioni. Il nuovo Alto Rappresentante Catherine Ashton aspetta un'audizione, per una conferma nell'incarico, e non si espone troppo. La presidenza di turno spagnola latita. Nella Torre di Babele dell'Europarlamento vediamo riflessa l'insostenibile leggerezza dell'essere della politica estera europea.

4/1/2010

Cancellata la visita di una delegazione dell'Europarlamento in Iran.

Alla fine la visita è saltata: il veto incrociato dell'Iran e di alcuni membri del Congresso americano hanno bloccato la missione a Teheran di una delegazione dell'Europarlamento, prevista a partire da giovedì. La comunicazione è stata fatta dall'ambasciata iraniana a Bruxelles, ed è coincisa con un periodo di forti turbolenze interne allo stesso Paese mediorientale. "Questa mossa dell'ultimo minuto è una prova ulteriore -da parte delle autorità iraniane- che esiste la volontà di bloccare qualsiasi seria discussione su questioni ancora irrisolte", ha dichiarato Barbara Lochbihler, eurodeputata tedesca dei Verdi, nonché capodelegazione della missione in Iran. La visita prevedeva un incontro con associazioni per i diritti umani e deputati iraniani. A Teheran l'episodio è stato minimizzato: un portavoce ha parlato di rinvio della missione, sottolineando come una nuova data sarà trovata mediante un accordo comune. Venerdì -lo ricordiamo- era stata diffusa la notizia che 15 membri del Congresso americano avevano protestato contro la visita, definendola inappropriata, in questo particolare momento.

1/1/2010

Al via ufficialmente oggi il semestre di presidenza spagnola dell'Unione Europea: Madrid rischia uno scontro al vertice con il nuovo presidente europeo Van Rompuy?

Una presidenza anomala: la prima a lavorare -per davvero- utilizzando le nuove regole del Trattato di Lisbona. Al punto che il premier spagnolo Zapatero ha dovuto rassicurare -neppure due settimane fa- il primo presidente europeo Herman Van Rompuy, circa la disponibilità di Madrid a favorirne la piena presa di poteri. Il rischio che il leader della nazione alla guida dell'Unione Europea e l'ex-premier belga finiscano col sovrapporsi è concreto, e il semestre spagnolo costituirà il primo vero banco di prova. Al di là delle possibili dispute diplomatiche, Madrid progetta una presidenza in cui l'unico obiettivo di un certo spessore appare il varo di una strategia post-Lisbona, per la crescita economica e l'occupazione. Si chiamerà "eu2020": a differenza della Strategia di Lisbona, il cui obiettivo di rendere l'Europa l'economia della conoscenza più competitiva al mondo entro quest'anno è miseramente naufragato, la nuova strategia dovrà -secondo la Spagna- imporre obiettivi vincolanti, con sanzioni per quei Paesi che non implementassero le riforme economiche necessarie. La strategia vedrà la luce a fine marzo. Tra gli altri obiettivi del semestre di Madrid, ci sono la messa in marcia del Trattato di Lisbona - possibilmente senza intoppi, le politiche di cittadinanza (con un'attenzione particolare alla non discriminazione e al fronte immigrazione), e le relazioni esterne, con un numero di summit programmati da Guinness dei primati. Su tutti quello con l'America Latina.

23/12/2009

"Oggi è un giorno storico per il mio Paese": il presidente serbo Boris Tadic ha così commentato a Stoccolma, non senza un pizzico di commozione, la presentazione della domanda di adesione all'Unione Europea da parte di Belgrado. Una candidatura ricca di simbolismi, ma anche di fantasmi.

Simbolismi, perché arriva a dieci anni dalla guerra in Kosovo, un conflitto che isolò la Serbia di Slobodan Milosevic dal resto d'Europa, rendendola un interlocutore imbarazzante. Non è stato un decennio facile, sia per Belgrado che per le sue relazioni con Bruxelles: ma il riavvicinamento, nonostante l'opposizione dell'Olanda e grazie al sostegno italiano, alla fine si è compiuto. Si tratta tuttavia di un primo passo: Tadic ha promesso il massimo impegno per la riforma della giustizia, ha invocato la lotta alla corruzione e ha garantito l'apertura dei mercati. Rinnovando pure la promessa di catturare il generale Ratko Mladic, tra i maggiori responsabili del massacro di Srebrenica. Uno dei fantasmi, per l'appunto, insieme alla irrisolta questione del Kosovo. Come conciliare la strada europea della Serbia, che non riconosce Pristina, con le strette relazioni che molti Paesi membri hanno già intessuto proprio col Kosovo? Ma soprattutto, con la Croazia prossima candidata a entrare nell'Unione, e con Montenegro e Albania in coda -per non parlare della Turchia- resta da capire quanto intenda allargarsi l'Europa. Che ancora -è un dato di fatto- non ha digerito il maxiallargamento di cinque anni fa. E che senza una chiara visione politica rischia di perdere la barra direzionale, sopraffatta da un processo di ampliamento a getto continuo, che ingloba senza reale passione europeista, ma sulla base di freddi meccanismi burocratici.

22/12/2009

"Il vertice sul clima di Copenhagen è stato un disastro": il clamoroso giudizio sulla conferenza Onu è arrivata oggi dalla presidenza dell'Unione Europea.

A metterlo nero su bianco, dopo tre giorni di amara riflessione, è stato il presidente di turno dell'Unione Europea, lo svedese Andreas Calgren: "Stati Uniti e Cina non volevano più di quello che abbiamo ottenuto", ha dichiarato sconsolato. Tradotto in termini geopolitici: a decidere sul futuro del clima sono state Washington e Pechino - il ruolo europeo alla conferenza di Copenhagen è stato nei fatti marginale. Lo stesso Calgren, solo poche ore prima, aveva definito "un disastro e un grande fallimento il vertice", augurandosi che da questa esperienza Bruxelles e i 27 Paesi traggano insegnamento. I 27 Ministri dell'Ambiente -nelle loro conclusioni- si sono limitati a prendere atto dell'esito della Conferenza sul clima, ricordando come l'obiettivo dell'Unione Europea sia quello di arrivare a un accordo legalmente vincolante e sufficientemente ambizioso per limitare il riscaldamento climatico entro i due gradi, riducendo le emissioni globali del 50% entro il 2050. Per intanto la presidenza svedese indica due soluzioni, per incrementare le ambizioni: affilare le armi e minacciare i Paesi che non vogliono un accordo con la cosiddetta carbon tax, oppure proseguire sulla via diplomatica, per arrivare a un'intesa globale. Cina e Stati Uniti permettendo, ovviamente.

19/12/2009

Il vertice sul clima si è nei fatti concluso con uno dei peggiori accordi possibili, al punto che non è scorretto parlare di fallimento.

Stati Uniti e Cina hanno fatto scontare al mondo la loro incapacità o non volontà di definire accordi ambiziosi e vincolanti di riduzione dei gas serra, puntando tutto su un’intesa che pone obiettivi minimi peraltro già assodati: contenimento del riscaldamento globale entro i due gradi, fondi fast start per i Paesi in via di sviluppo pari a 30 miliardi entro il 2012 per l’adattamento e la mitigazione, impegno per la riduzione delle emissioni nocive ma senza numeri vincolanti. L’Unione Europea, presa alla sprovvista dall’accordo a tre tra Stati Uniti, India e Cina, fa buon viso a cattivo gioco e definisce l’accordo “imperfetto”, avallandolo. Così a guidare la rivolta in assemblea plenaria, facendo mancare l’approvazione di un documento ufficiale, sono i Paesi poveri, capitanati dall’arcipelago-simbolo di Tuvalu, che a chiare lettere affermano: “non siamo in vendita”. Il fallimento de facto del vertice ha avuto ieri la faccia stanca, tirata e sfibrata del presidente americano Barack Obama, che ha ammesso che c’è ancora molto lavoro da fare, e che da aspirante salvatore del mondo si è trasformato a simbolo della disfatta di un Pianeta dove il G2 Stati Uniti-Cina detta legge, pur litigando, e a costo di sfiorare la catastrofe climatica. L’Europa, vaso di coccio, prova a mediare, sperando di strappare impegni concreti –a giugno- a Bonn, mentre i Paesi poveri guidano la rivolta. Davvero un finale pessimo, per un film che -come nelle migliori ambizioni dei kolossal di Hollywood- avrebbe dovuto concludersi con le nazioni mondiale unite di fronte al pericolo climatico.

19/12/2009

Le fasi finali della conferenza sul clima stanno assumendo contorni drammatici.

La conferenza non è ufficialmente conclusa, anche perché si sta ancora negoziando. Le scarne informazioni disponibili parlano di un’intesa raggiunta solo sui soldi da stanziare ai Paesi in via di sviluppo -30 miliardi di dollari entro il 2012 e 100 miliardi annui entro il 2020- ma segnalano la totale assenza di impegni vincolanti sulle emissioni di CO2, rinviando l’intesa a gennaio o addirittura a giugno. Nei fatti un mezzo fallimento, aggravato da un’Europa che -al momento- non ha ancora ufficialmente ratificato l’intesa: una conferenza stampa dell’Unione Europea, convocata intorno alle 22, è stata misteriosamente rinviata dopo quasi un’ora di attesa. Dei leader comunitari ha parlato solo il presidente francese Nicolas Sarkozy, che ha espresso delusione. Il presidente americano Barack Obama, irriconoscibile per la stanchezza e completamente sfinito dalle trattative, è comparso di fronte ai giornalisti americani, definendo l’accordo come significativo e giustificando l’assenza di intese più vincolanti, a causa dell’impossibilità di spingersi oltre certe linee rosse. Di fatto Obama ha detto: promettiamo solo ciò che possiamo mantenere. Il presidente americano, che ha ammesso l’insufficienza dell’accordo, poco dopo ha lasciato la capitale danese, ed è già in volo per gli Stati Uniti.

19/12/2009

Una giornata vissuta pericolosamente, una giornata che è già entrata nella storia della diplomazia mondiale.

Il clima -convitato di pietra al summit danese- è sembrato volersi prendere gioco degli oltre 100 leader globali accorsi a Copenhagen, avvolgendoli in un nevischio polare - curioso contrappasso per un vertice interamente dedicato al riscaldamento del pianeta. La mattina prometteva in realtà bene, con l’attesa fiduciosa per i risultati di una lunga notte di lavoro degli sherpa, grazie a un’iniziativa dell’Unione Europea. Intorno all’ora di pranzo, con un ritardo di due ore rispetto al previsto, prendeva il via la sessione plenaria, dedicata a discorsi -sulla carta- storici. Ma che -in molti casi- sono suonati un po’ troppo vuoti e privi di nuove promesse e impegni. Delusi i numerosi sostenitori del presidente americano Barack Obama, il quale lanciava un duplice messaggio. Il primo al mondo (“occorre agire, serve un accordo, anche imperfetto”), il secondo alla Cina, quando chiedeva misure per un meccanismo di revisione delle emissioni dei Paesi emergenti. Passaggio -quest’ultimo- che non passava inosservato al premier cinese Wen Jiabao. Il quale -parlando solo pochi minuti prima- aveva promesso azioni concrete sul clima e aveva fatto intravedere persino qualche sforzo in più. Le parole di Obama irritavano Wen, che si rifugiava in hotel. Con Obama, comunque, si sarebbe rivisto successivamente a quattr’occhi. Più defilato, in questa girandola di negoziati e trattative il presidente russo Medvedev, che preferiva inviare un messaggio di speranza, prima di lasciare, nel tardo pomeriggio il summit nelle mani del suo consigliere sul clima. Sullo sfondo, restavano le parole del segretario dell’Onu Ban Ki Moon, che implorava i leader: “cogliete questa opportunità. Siate per davvero Nazioni Unite”. Fuori intanto riprendeva a nevicare, lasciando spazio a un pomeriggio e a una nottata di negoziati da brividi.

18/12/2009

Al Bella Center di Copenhagen stanno proseguendo a oltranza i negoziati per arrivare a un accordo almeno politico sul clima.

La giornata l’abbiamo vissuta sulle montagne russe, con schiarite seguiti da repentini rannuvolamenti che continuano a incombere sul vertice. La partita pare sempre più ridursi a un G2 tra Stati Uniti e Cina, con un secondo incontro attualmente in corso tra il presidente americano Barack Obama e il premier cinese Wen Jiabao. Incontro che -secondo fonti britanniche- seguirebbe una piccola crisi diplomatica tra Washington e Pechino: a far irritare il premier cinese sarebbe stato il passaggio del discorso di Obama -oggi a mezzogiorno in plenaria- nel quale il presidente americano chiedeva controlli e verifiche trasparenti sulle azioni di mitigazione e adattamento al cambio climatico intraprese dai Paesi in via di sviluppo. Un discorso, quello di Obama, che non ha sollevato particolari entusiasmi in sala e nel Bella Center. Qual è lo stato negoziale al momento? Difficile dirlo, anche se circola da qualche ora un’ultima bozza di accordo, intitolata “Accordo di Copenhagen”, nel quale si fissa un target di medio-lungo periodo per la riduzione dei gas serra. Meno 50% a livello globale entro il 2050, obiettivo che per i Paesi industrializzati sale a -80%. Sui finanziamenti ai Paesi emergenti le cifre restano quelle finora sul tavolo: 30 miliardi di dollari per il periodo 2010-2012 e 100 miliardi annui entro il 2020.

18/12/2009

Al Bella Center di Copenhagen 193 Paesi e 119 leader mondiali (tra questi anche il presidente americano Barack Obama) stanno cercando un accordo quantomeno politico per garantire al pianeta una sostenibilità nel medio-lungo periodo.

Le notizie che giungono dal dietro le quinte sono contrastanti, nonostante il moderato ottimismo di Sarkozy: permangono ancora forti divisioni, come certificato dalla presidenza di turno dell’Unione Europea. Anche per questo Obama, giunto alle 9 di questa mattina in una Copenhagen sottozero e avvolta dal nevischio, ha dovuto rivoluzionare la propria agenda, per partecipare a un incontro con altri diciotto leader mondiali, tra cui il britannico Brown, il francese Sarkozy, la tedesca Merkel, il russo Medvedev, il cinese Wen Jiabao, e l'australiano Kevin Rudd. Un meeting di altissimo livello per cercare di mettere a fuoco le questioni ancora irrisolte: in primo luogo il testo messo a punto in nottata da una trentina di Paesi, che puntava a tagli nelle emissioni per mantenere l’aumento globale della temperatura sotto i due gradi, e si impegnava a finanziare i Paesi in via di sviluppo, è stato di fatto respinto al mittente da questi stessi Paesi emergenti, aggiungendo ulteriore confusione. Si starebbe lavorando a un cappello politico con cui chiudere la conferenza, rimandando ai primi sei mesi del 2010 la definizione di un trattato tecnico legalmente vincolante. E c’è ovviamente grande attesa anche per il discorso di Barack Obama, da molti visto come colui che può salvare il summit.

18/12/2009

Al Bella Center di Copenhagen si è aperta l’ultima giornata ufficiale di lavori del vertice internazionale sul clima.

Grande attesa per l’arrivo del presidente americano Barack Obama, che porterà con sé –con ogni probabilità- dettagli concreti sull’offerta americana relativa al finanziamento della riduzione di emissioni e dell’adattamento climatico nei Paesi in via di sviluppo. Un’ora fa è approdata sul tavolo negoziale l’ultima bozza di accordo, messa a punto nella notte dagli sherpa, che contiene indicazioni proprio sia sul taglio delle emissioni nocive, sia sullo stanziamento di 100 miliardi di dollari l’anno per i Paesi emergenti. Alle 10 riprendono i lavori in plenaria, mentre alle 13 è previsto il pranzo dei 119 leader mondiali: c’è attesa anche per ciò che diranno oggi ai giornalisti il presidente brasiliano Lula Da Silva, quello iraniano Mahmoud Ahmadinejad e il premier britannico Gordon Brown. I margini per un’intesa qui a Copenhagen ci sono: ma, per dirla proprio con Barack Obama. Occorre “un’azione vigorosa”.

18/12/2009

Al Bella Center di Copenhagen in questi minuti sta approdando sul tavolo negoziale l’ultima bozza di accordo messa a punto nella notte dagli sherpa, incaricati di trovare un’intesa sulla base dei risultati del summit informale convocato nella notte dall’Unione Europea, cui hanno preso parte quasi 30 leader mondiali.

La nuova bozza di accordo dovrebbe contenere sia l'impegno a ridurre le emissioni di gas inquinanti (per mantenere l'aumento delle temperature sotto i due gradi), sia l'obiettivo di finanziamento a lungo termine dei Paesi in via di sviluppo con 100 miliardi di dollari l'anno entro il 2020. A sbloccare l’empasse ci hanno pensato ieri prima gli Stati Uniti, che con il segretario di Stato Hillary Clinton hanno promesso di fare la loro parte nel contributo di 100 miliardi di dollari annui ai Paesi emergenti; poi la Cina, che dopo mille giravolte diplomatiche si è detta finalmente disponibile a garantire trasparenza sulle iniziative che prenderà per controllare le emissioni di gas serra. Oggi giunge al vertice il presidente americano Barack Obama: un arrivo accompagnato da un’attesa quasi messianica, e preceduto da dichiarazioni che lasciano intravedere un’azione vigorosa per siglare un’intesa. Anche perché, secondo un rapporto segreto dell’Onu filtrato alla stampa, se le promesse sul tavolo per il taglio alle emissioni restassero quelle attuali, entro il 2050 l’aumento della temperatura globale toccherebbe i tre gradi, con conseguenze catastrofiche.

18/12/2009

Al Bella Center di Copenhagen un’intesa sul clima appare finalmente a portata di mano. La notte di negoziati ha dato -a quanto pare- i suoi frutti.

Sarebbe pronta una nuova bozza di accordo, contenente sia l'impegno a ridurre le emissioni di gas inquinanti (per mantenere l'aumento delle temperature sotto i due gradi) sia l'obiettivo di finanziamento a lungo termine dei Paesi in via di sviluppo con 100 miliardi di dollari l'anno entro il 2020. Sono molti i segnali che fanno intravedere l’intesa: in primis il vertice in notturna convocato dall’Unione Europea, conclusosi intorno alle 2.30, dal quale sono emersi alcuni punti di accordo, poi trasferiti ai negoziatori, che stanno mettendo a punto proprio in queste ore, mentre vi parliamo, un testo da presentare tra un’ora ai leader. E a sbloccare l’empasse ci hanno pensato anche gli altri due big del pianeta: prima gli Stati Uniti, che con il segretario di Stato Hillary Clinton hanno promesso di fare la loro parte nel contributo di 100 miliardi di dollari annui ai Paesi emergenti; poi la Cina, che dopo mille zigzag diplomatici si è detta finalmente disponibile a fornire dettagli sulle iniziative che prenderà per controllare le emissioni di gas serra. Oggi giunge al vertice il presidente americano Barack Obama: un arrivo accompagnato da un’attesa quasi messianica, e preceduto da dichiarazioni che lasciano intravedere un’azione vigorosa per siglare un’intesa. Anche perché, secondo un rapporto segreto dell’Onu filtrato alla stampa, se le promesse sul tavolo per il taglio alle emissioni restassero quelle attuali, entro il 2050 l’aumento della temperatura globale toccherebbe i tre gradi, con conseguenze potenzialmente catastrofiche per intere parti del pianeta. Intanto -ironia della sorte, dato che parliamo di riscaldamento globale- continua a nevicare all’esterno del Bella Center, con temperature polari.

17/12/2009

Sono ore di negoziati intensi qui a Copenhagen, in un vertice sul clima che ondeggia tra timidi progressi e lo spettro di un fallimento dalle conseguenze estremamente negative.

Il capo negoziatore dell’Onu Yvo De Boer ha cancellato 40 minuti fa una conferenza stampa, per proseguire un meeting negoziale: segno che qualcosa sta accadendo. Come è un chiaro segnale la richiesta dell’Unione Europea di procedere a un summit in notturna, a livello dei capi di Stato e di Governo, per mettere a punto un testo negoziale da sottoporre domani a tutti i leader mondiali, incluso il presidente americano Barack Obama. Si sta dunque diradando il clima di pessimismo, frutto di una giornata e mezzo di trattative a vuoto, tra ieri e oggi mezzogiorno: prima il segretario di Stato americano Hillary Clinton ha portato l’impegno americano a contribuire ai 100 miliardi di dollari annui da destinare ai Paesi in via di sviluppo per le tecnologie ecosostenibili e l’adattamento al cambio climatico. Poi, secondo quanto riporta il quotidiano britannico Guardian, proprio i Paesi emergenti avrebbero ottenuto una vittoria importante: il mantenimento in vita dl protocollo di Kyoto, che obbliga i principali Paesi industrializzati -Stati Uniti esclusi- a tagli vincolanti delle emissioni. La Cina è pronta a fornire dettagli sulle iniziative che prenderà per controllare le emissioni di gas serra. Le due novità combinate hanno portato a un riavvio delle trattative, che però devono ancora superare lo scoglio dei numeri, sia per quanto riguarda il livello di taglio delle emissioni, sia per quanto riguarda la suddivisione dei fondi destinati ai Paesi in via di sviluppo. Anche per questo il presidente francese Nicolas Sarkozy nel pomeriggio ha ammonito: “occorre cambiare passo, altrimenti questa conferenza va dritta verso il fallimento”. Domani ne sapremo di più.

17/12/2009

Nelle prossime 36 ore arriveremo alla piu' impressionate decisione che si sia mai vista al mondo''. Lo ha detto Lars Lokke Rasmussen, il premier danese che ha assunto la presidenza del 15esimo Vertice Onu sul clima nella sessione di alto livello.

L’ultimo tentativo di far progredire il negoziato è arrivato poco fa dagli Stati Uniti, con il segretario di Stato Hillary Clinton che ha garantito la disponibilità americana a fare la propria parte sui 100 miliardi di dollari annui da destinare ai Paesi in via di sviluppo, per l’adattamento al cambio climatico e lo sviluppo di tecnologie ecosostenibili. Di più la Clinton non ha promesso, evitando pure di fornire una quantificazione perlomeno indicativa dell’impegno americano. Il segretario di Stato ha ricordato la volontà di Washington di arrivare a un “accordo forte”, ma ha accusato i Paesi emergenti di non fare abbastanza in materia di trasparenza sui propri impegni. Tuttavia, nonostante gli appelli della Clinton, l’atmosfera che grava sul vertice tende al plumbeo, tanto che c’è chi arriva a mettere in dubbio un accordo di qualsiasi tipo entro domani, giorno di chiusura del summit. La presidenza danese non ha ancora preparato una nuova bozza di accordo, mentre dall’Unione Europea la cancelliera tedesca Angela Merkel ha parlato di notizie “non buone” da Copenhagen. La Merkel si riferiva alle dichiarazioni di un funzionario cinese, che nella notte ha lasciato filtrare un messaggio raggelante: Pechino, ha riferito il funzionario, non prevede alcuna possibilità di intesa. Meglio una breve dichiarazione politica a chiusura del vertice, suggerirebbe la Cina. Alle 14.30 il premier Wen Jiabao chiarirà meglio alla stampa la posizione del suo Paese. Da Roma -in mattinata- è giunto, lo ricordiamo, l’appello del Papa: “serve una svolta, no a scelte nazionaliste”, ha detto Benedetto XVI.

17/12/2009

Ancora stallo a Copenhagen, dove prendono il via oggi i negoziati decisivi per trovare un accordo sul clima. Il Ministro italiano all'Ambiente Stefania Prestigiacomo intanto denuncia: "sono Stati Uniti e Cina a bloccare le trattative".

E' una situazione di paralisi quella con cui si apre oggi il penultimo giorno della conferenza sul clima di Copenhagen. L'attesa di un nuovo testo negoziale, più politico e soprattutto più snello, accompagna le ore decisive del summit, nelle quali arriveranno in rapida sequenza decine di leader mondiali. In Danimarca sarà presente quasi tutta l'Unione Europea, mentre per gli Stati Uniti ci saranno Hillary Clinton e -nelle prossime ore- anche il presidente Barack Obama. Gli unici movimenti ieri sono giunti dai Paesi africani, che si sono detti disponibili a rinunciare al alcuni degli aiuti per l'adattamento al cambio climatico, a patto che quelli in arrivo siano certi. Il presidente della Commissione José Barroso ha chiesto a Stati Uniti e Cina di offrire di più, mentre da Bruxelles giungeva l'ipotesi di programmare ulteriori riduzioni alle emissioni comunitarie negli anni successivi al 2020, in modo da superare la soglia del -20% già concordata. Il premier britannico Gordon Brown ha chiesto ai colleghi di affrontare la sfida:"I leader mondiali non devono seppellire questa sfida, penso ci sia la volontà di arrivare a un accordo". L'Italia intanto ha delegato la cancelliera Angela Merkel a rappresentarci in caso di un vertice europeo, considerata l'assenza del premier Berlusconi. Ieri mattinata di scontri nei pressi del Bella Centre, con i gruppi di attivisti che hanno stretto d'assedio il vertice. Oltre 200 i fermati.

14/12/2009

Prosegue l'emorragia di posti di lavoro in Europa a causa della crisi economica: nel terzo trimestre del 2009 quelli persi nell'intera Ue rispetto al trimestre precedente sono oltre un milione.

La crisi continua a mietere posti di lavoro in Europa: secondo Eurostat, nel terzo trimestre del 2009, il numero dei senza lavoro è cresciuto nell'Unione a 27 di oltre un milione di persone. Una perdita che ha colpito soprattutto l'Eurozona, con 712mila occupati in meno. A far registrare flessioni sono stati un po' tutti i settori, con picchi -nell'ordine- nei settori dell'edilizia, della manifattura, dell'agricoltura e dei servizi finanziari. L'Italia, con un calo di mezzo punto sul trimestre precedente, è in linea con la media europea. Il calo più marcato di occupati lo si è registrato in Estonia: meglio di noi Francia, Germania e Gran Bretagna. Sul fronte interno, intanto, non rassicurano i dati forniti da Bankitalia, che ha segnalato come il debito italiano sia in costante crecita: secondo Via Nazionale, a ottobre il debito pubblico si è attestato a 1.801,6 miliardi di euro, circa 15 in più rispetto al mese precedente. A preoccupare è soprattutto una corsa al rialzo, che non si arresta ormai da un anno. Fortunatamente, crescono le entrate tributarie (28,4 miliardi contro i 20 di settembre) e si attenua la frenata del settore immobiliare, anche se le prospettive -avverte Bankitalia- restano incerte. Crescono infine, nel terzo trimestre, le famiglie in sofferenza per il pagamento del mutuo per la casa. Il flusso di nuove sofferenze ha raggiunto quota 1,5% per le famiglie consumatrici, a fronte dello 0,9% di un anno fa.

13/12/2009

Manifestazioni a Copenhagen e in tutto il mondo, ieri, per chiedere decisioni coraggiose al vertice sul clima di Copenhagen, che si chiude venerdì. A rovinare la festa ci hanno pensato però i black bloc.

Erano decine di migliaia -30mila per le autorità, 100mila per gli organizzatori- a manifestare ieri per chiedere "giustizia climatica" ai capi di Governo, in arrivo il prossimo fine settimana a Copenhagen. L'onda verde ecologista ha invaso le strade della capitale danese, con cartelloni, slogan, finti panda giganti e orsi polari, per snodarsi lungo un percorso di sei km., sfociato dopo tre ore di fronte al Bella Center, sede ufficiale del summit. Ad animarla i rappresentanti di 516 gruppi, provenienti da 67 Paesi: tutti pronti a sfidare una giornata limpida, ma gelida. A rovinare la festa ci hanno pensato alcune centinaia di black bloc, che hanno innescato una serie di scontri con la polizia, con lanci di sassi e oggetti contro la Banca Nazionale e il Ministero degli Esteri. A fine giornata si sono contati tra i 600 e i 700 fermati, con due feriti lievi. Intanto, sul fronte negoziale, il Ministro italiano dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, ieri in Danimarca, ha esortato a spingere il piede sull'acceleratore. La Prestigiacomo ha criticato gli impegni finora presi al tavolo negoziale, definendoli troppo generici. E la cancelliera tedesca Angela Merkel propone -in un'intervista- di estendere il taglio delle emissioni al 2030, pur di trovare un accordo.

10/12/2009

La situazione del debito in Grecia e' ''molto grave''. Lo ha affermato il ministro degli affari europei svedese Cecilia Malmstrom, presidente di turno dell'Unione Europea.

Cresce l'allarme in Europa per la situazione dei conti pubblici in Grecia: "è una crisi finanziaria molto seria, che richiede sostegno da parte degli altri Paesi membri". Così il Ministro svedese Cecilia Malmstrom, anticipando che il tema sarà all'ordine del giorno nel Consiglio Europeo che si tiene in queste ore a Bruxelles. Per la cancelliera tedesca Angela Merkel, i Paesi membri dell'Unione hanno ''una responsabilità comune'' nei confronti di Atene. La Merkel ha ricordato come sia decisivo mantenere la stabilità dell'euro, di cui la Grecia fa parte: solo ieri, lo ricordiamo, è giunto l'ultimatum della Bce ad Atene. Un anno di tempo per riportare il deficit sotto controllo. Mentre la Commissione Europea fornirà entro due mesi una nuova scadenza. Il presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker si è limitato a definire la situazione greca come "tesa", escludendo però la bancarotta. Intanto il premier greco George Papandreou, che ha convocato un meeting d'emergenza tra tutti i leader politici del Paese, appellandosi all'unità nazionale, ha detto di essere pronto a introdurre grandi cambiamenti nell'economia del Paese. Oggi un'altra tegola sul bilancio di Atene: il debito pubblico di Atene ha toccato i 300 miliardi di euro, il livello più alto nella storia.

10/12/2009

Ci saranno l'exit strategy dalla crisi economica, ma soprattutto la questione ambientale in cima all'agenda del vertice dei 27 leader europei, che si riuniscono da oggi a Bruxelles.

L'Europa tenta l'ultima spinta in avanti ai negoziati sul clima di Copenhagen: tra oggi e domani, nel pieno dei negoziati Onu, i 27 leader comunitari si trovano a Bruxelles per decidere quale cifra apporre negli spazi ancora lasciati in bianco, e relativi agli aiuti ai Paesi in via di sviluppo. Un obiettivo -quest'ultimo- mancato nel vertice di ottobre, ma tornato d'attualità nel pieno della conferenza danese: la presidenza dell'Unione intende fissare a due miliardi di euro l'anno il cosiddetto "fast s tart", da devolvere alle nazioni più povere per fronteggiare il cambio climatico. Una percentuale considerevole, rispetto ai 5-7 miliardi di dollari stimati come necessari a livello globale: denaro che verrebbe investito nei processi di riduzione dei gas serra, nel trasferimento delle tecnologie pulite, e nell'adattamento alle conseguenze del cambio climatico. Al momento l'intenzione appare quella di raccogliere offerte volontarie, così come stabilito a ottobre: ma, a parte la Gran Bretagna, che ha promesso quasi 900 milioni di euro, nessuno si è fatto avanti. Più defilata, ma sul tavolo, anche la questione della disponibilità europea ad incrementare fino al 30% il taglio delle emissioni nocive entro il 2020: l'Unione intendeva legarla a impegni equivalenti da parte degli altri partner mondiali, ma -a questo punto- potrebbe rivelarsi un'arma in più per alzare le ambizioni del summit danese.

3/12/2009

A pochi anni dai diritti per i passeggeri aerei, entrano in vigore ufficialmente -da oggi- quelli per i viaggiatori ferroviari in Europa.

Risarcimento in caso di cancellazione o ritardo del treno, per un importo compreso tra il 25 e il 50% del biglietto; opzione di rimborso integrale del ticket, in caso di previsione di ritardo all'arrivo superiore all'ora, con diritto a usufruire di pasti e alloggio; risarcimento fino a 1285 euro per ogni bagaglio smarrito o danneggiato; anticipo fino a 21mila euro in caso di lesioni gravi; diritto dei passeggeri ferroviari a un'informazione esaustiva prima e durante il viaggio: sono questi alcuni dei diritti da oggi in vigore all'interno dell'Unione Europea per chi utilizza il treno. Bruxelles stima che questo mezzo trasporti quasi 8 miliardi di viaggiatori ogni anno, mezzo miliardo dei quali in Italia. Il regolamento prevede anche il diritto all'acquisto dei biglietti via telefono, internet, biglietteria o sul treno stesso; condizioni di accesso non discriminatorie per le persone disabili, e -soprattutto- la garanzia di standard di qualità del servizio da parte delle imprese ferroviarie. Questo in teoria: a livello pratico due postille potrebbero però diluire gli effetti benefici del regolamento europeo. Gli Stati membri possono infatti chiedere deroghe a questi diritti per un periodo fino a 15 anni, limitatamente ad alcuni servizi nazionali, mentre per i treni locali è possibile chiedere deroghe permanenti.

3/12/2009

La Nato promette truppe fresche a fianco dei rinforzi americani in Afghanistan, dopo il discorso di Obama nella notte tra martedì e mercoledì. Ma anche tra i più entusiasti, come l'Italia, mancano i dati sugli effettivi nuovi stanziamenti.

Il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen promette almeno cinquemila truppe quale contributo al rinnovato sforzo americano in Afghanistan. E' arrivata a stretto giro di posta la replica ufficiale dell'Alleanza Atlantica all'annuncio di nuovi stanziamenti militari statunitensi. Secondo Rasmussen, le truppe Nato rimarranno a Kabul per "il tempo necessario", e andranno a rafforzare il contingente dei 38mila già in loco. Il segretario Nato non ha neppure nascosto di sperare in qualche migliaio di soldati extra. Finita la conferenza stampa, è partita la conta delle nuove truppe, anche perché l'accoglienza alla chiamata alle armi americana ha registrato un misto di entusiasmo e freddezza tra gli alleati. In prima fila Gran Bretagna - che ha promesso 500 rinforzi, Polonia e Italia. Il premier Berlusconi ha detto che Roma farà la sua parte. Il titolare degli Esteri Frattini ha invece criticato gli altri Paesi europei, nonostante neppure l'Italia abbia ancora quantificato il suo dispiegamento militare. Intanto, se la presidenza di turno europea afferma che l'Unione è pronta a lavorare a stretto contatto con Washington, i talebani minacciano, attraverso un portavoce: "i 30mila soldati in più non faranno che rafforzare la nostra resistenza".

2/12/2009

I 27 ministri finanziari dell'Unione Europea hanno trovato l'accordo sulla riforma della vigilanza finanziara.

L'Ecofin ha finalmente raggiunto l'intesa sulla riforma della vigilanza. Intesa importante, perché segna un passo in avanti nella lotta alle transazioni ad alto rischio, che sono state tra le principali cause dell'attuale crisi. L'accordo prevede la creazione di tre autorità continentali di controllo sui settori bancario, assicurativo e dei mercati, che lavoreranno in tandem con un supervisore paneuropeo. ''Si e' arrivati ad un compromesso che e' il piu' chiaro possibile'', ha detto il ministro francese dell'economia, Christine Lagarde. secondo cui ''è stato mantenuto il principio di una vera Autorita' di vigilanza europea, operativa ed efficace''. Ad ostacolare l'intesa era stata finora Londra: fonti britanniche hanno dichiarato che il compromesso rappresenta "un buon accordo, che assicura gli inglesi". "In caso di crisi c'è una tripla protezione, per assicurare agli Stati membri la sovranità in materia di bilancio", hanno aggiunto le stesse fonti.

2/12/2009

Con una cerimonia ufficiale nella capitale portoghese, l'Europa ha festeggiato ieri l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Presente alle celebrazioni anche il primo presidente europeo, il belga Herman Van Rompuy, giunto in Portogallo dopo una visita a Milano.

Si chiude con una gag il primo incontro tra Silvio Berlusconi ed Herman van Rompuy. Il presidente europeo, giunto a Milano dalla Slovenia con quasi un'ora di ritardo, incassa i rimbrotti del premier italiano con flemma nordica. Il capoluogo lombardo è la terza tappa della minimaratona di colloqui che Van Rompuy si è imposto dopo la sua elezione: in un mese incontrerà i leader dell'Unione, prima di prendere ufficialmente servizio il primo gennaio. Van Rompuy ha elencato alcuni dei principali settori su cui concentrerà il proprio lavoro: la lotta al cambio climatico con l'importante summit di Copenhagen ("l'Europa è determinata a giocare un ruolo costruttivo per un accordo globale ambizioso, ma occorre il contributo di altri Paesi", osserva), la crisi finanziaria, il tema dell'occupazione, e la politica d'asilo e immigrazione. "Sono stato eletto presidente in modo inatteso, ma adempierò ai miei compiti con convinzione ed entusiasmo". Berlusconi approfitta dell'incontro per confermare la sua presenza al vertice di Copenhagen e per insistere sulla necessità di inserire nell'agenda politica il tema della difesa comune europea, che -dice- porterebbe non solo una funzionalita' maggiore per l'Europa.

1/12/2009

I simboli religiosi tornano al centro del dibattito del Vecchio Continente. Un deja vù, se teniamo conto della lunghissima quanto inconcludente querelle sulle radici giudaico-cristiane dell'Unione Europea.

O delle dure reazioni alla sentenza della Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo, che chiedeva di togliere i crocefissi dalle aule italiane. Ieri l'Europa si è scoperta divisa, tra chi condannava la messa al bando -in Svizzera- di uno dei principali simboli religiosi musulmani, e chi è saltato sul carro dell'attacco all'Islam e ai suoi simboli. La Confederazione, ultimo Eden d'Europa, conferma di essere un Paese dove la paura del diverso prevale - non a caso, lo scorso febbraio il referendum per l'estensione del Trattato di Schengen a Romania e Bulgaria passò senza entusiasmi. Ironia estrema, per un Paese presidente di turno del Consiglio d'Europa, organo preposto alla tutela dei diritti dell'uomo. Tanto che lo stesso segretario dell'organizzazione internazionale ha criticato Berna, mettendo in dubbio l'opportunità del referendum e innescando un cortocircuito interno. Al di là dell'eterno dibattito tra laici e religiosi, sono due i dati cui attenersi: la manciata di minareti in tutta Europa (solo una cinquantina, un numero esiguo), e il doppio binario usato da chi, puntando alla pancia dell'elettorato, supera nella difesa della croce persino il Vaticano. Per istituire i simboli religiosi di Serie A e Serie B. I primi, magari, sulla bandiera.

1/12/2009

Il giorno dopo il voto contrario degli elettori svizzeri alla costruzione di nuovi minareti ha reagito l'Europa.

E' stata un'ondata in piena di reazioni internazionali, quella che ha accompagnato il day after del referendum svizzero sui minareti: "grande preoccupazione" è stata espressa dal Consiglio d'Europa, l'organizzazione continentale di cui proprio la Svizzera -ironia della sorte- è attualmente presidente di turno. "Il referendum di domenica solleva dubbi e preoccupazioni sull'opportunità di sottoporre a voto popolare i diritti fondamentali degli individui, protetti da trattati internazionali", ha aggiunto il segretario del Coe, Thorbjørn Jagland, criticando di fatto la decisione di Berna. Di "duro colpo alla libertà religiosa e all'integrazione" parla il Vaticano, attraverso il presidente del Pontificio Consiglio dei Migranti. E l'Osservatore Romano traccia un parallelo con la questione dei crocifissi. Anche la presidenza di turno svedese dell'Unione Europea ha espresso "sorpresa e rammarico". Il dibattito si è presto trasferito in Italia. Il Ministro dell'Interno Roberto Maroni ha dichiarato: "in democrazia è utile ascoltare ciò che vuole il popolo, e non cio' che vogliono le elite piu' o meno illuminate''. La Lega Nord, col Ministro Castelli, ha pure proposto di inserire il crocefisso nel tricolore. In serata, il titolare degli Esteri Frattini, dopo aver definito "suggestiva" la proposta di Castelli, ha fatto retromarcia, sostenendo che non c'è bisogno di modificare la bandiera. Come aveva anticipato il Ministro della Difesa Ignazio La Russa. D'accordo con La Russa il presidente della Camera Fini: "Come si fa a chiedere di mettere la croce sulla bandiera italiana? La croce e' un simbolo universale''.

26/11/2009

Il presidente americano Barack Obama sarà a Copenhagen per partecipare ai negoziati sul clima. E porterà una proposta di accordo.

Una data di partecipazione e un pacchetto di proposte concrete: con questa mossa a sorpresa Barack Obama ha riaperto -almeno parzialmente- i giochi sul vertice del clima, che prenderà il via il 7 dicembre. Obama, dopo settimane di incertezza, ha fatto sapere che sarà a Copenhagen il 9 dicembre, un giorno prima di recarsi a Oslo per ritirare il Nobel della Pace. Non tornerà però nella capitale danese la settimana successiva, quando i negoziati per ottenere un accordo vincolante sul periodo post-Kyoto entreranno nel vivo. Sul pacchetto operativo, Obama gioca d'anticipo, mettendo sul piatto gli obiettivi di taglio delle emissioni approvati a giugno dalla Camera, e impegnandosi di fatto a onorarli prima ancora che il Senato li approvi in primavera. In sintesi, taglio del 17% delle emissioni di gas serra entro il 2020 rispetto ai livelli 2005, e a salire fino a un -83% nel 2050. La reazione dell'Onu, attraverso il capo negoziatore Yvo de Boer, è stata entusiasta: "la presenza di Obama può essere vitale per una accordo". Più cauta l'Europa: ''è un punto di inizio, una base per i negoziati, ma ci sono molti dettagli da chiarire'', hanno riferito alcune fonti, mentre il presidente della Commissione Barroso si diceva felice della partecipazione di Obama. Tutti i leader europei, compreso l'italiano Berlusconi, saranno nella capitale danese negli ultimi due giorni del vertice.

26/11/2009

Torna sul luogo del delitto Barack Obama: dopo due mesi, l'imperativo questa volta è non fallire.

Si gioca sul filo del 55esimo parallelo, a Copenhagen, l'ultima partita politica e diplomatica del presidente americano, in ordine cronologico. All'inizio di ottobre, la sua lobby a favore di Chicago per le Olimpiadi 2016 si rivelò un buco nell'acqua, con un certo danno di immagine. Forse temeva proprio questo Obama, quando tentennava all'ipotesi di tornare nella capitale danese, questa volta per portare il contributo americano al summit Onu sul clima, in programma dal 7 dicembre. L'uomo della speranza, a un anno dalla sua elezione, ha ben compreso quanto sia difficile tener fede alle promesse elettorali. In primis quella di rendere gli Stati Unite il Paese leader nelle politiche sul cambio climatico. Così la sua partecipazione, nonostante l'importanza del summit per il futuro del clima e del mondo, è stata incerta fino a ieri: Obama aveva persino deluso molti dei suoi sostenitori alla metà di novembre, quando col presidente cinese Hu Jintao uccise sul nascere le speranze di un successo a Copenhagen. I due, accortisi di aver umiliato l'Europa, dovettero poi fare una parziale retromarcia, impegnandosi a cercare quantomeno un accordo politico. Tuttavia, la partecipazione di Obama al vertice danese -prevista per il 9 dicembre- non deve indurre a facili ottimismi: sia perché parteciperà solo all'avvio del summit e non ai negoziati finali; sia perché non porterà proposte nuove o più ambiziose rispetto a quelle già in discussione al Congresso americano.

25/11/2009

Il Presidente americano Barack Obama andrà al vertice sul clima di Copenhagen. E porterà una sua proposta.

La notizia, benché attesa, ha subito rinfocolato le previsioni più ottimistiche per il successo del summit sul clima di Copenhagen: Barack Obama parteciperà al vertice, anche se solo nelle fasi iniziali. Il presidente americano si presenterà nella capitale danese mercoledì 9 dicembre, approfittando del suo viaggio in Europa per ritirare il Nobel per la Pace a Oslo. Obama farà dunque parte della sessantina di capi di Stato e di Governo che presenzieranno al summit, il cui obiettivo è raggiungere un accordo almeno politico sul taglio delle emissioni di gas serra nel periodo post-Kyoto. Obama porterà con sé la proposta di ridurre del 17%, entro il 2020, le emissioni americane, rispetto al 2005. Gli Stati Uniti incrementerebbero poi questo taglio, portandolo al 30% entro il 2025, del 42% entro il 2030 e dell'83% entro il 2050, in linea con le proposte già approvate dalla Camera, ma che attendono ancora il via libera del Senato americano. Obama non tornerà a Copenhagen nei giorni finali del negoziato: ci sarà invece il premier italiano Silvio Berlusconi. Intanto l'Europarlamento ha approvato a larghissima maggioranza una risoluzione per la strategia comunitaria in vista del summit danese: Strasburgo chiede che l'impegno finanziario europeo non sia inferiore ai 30 miliardi annui, per aiutare i Paesi in via di sviluppo a fare la loro parte.

24/11/2009

Meno tredici giorni al vertice di Copenhagen sul clima, da cui dovrebbe scaturire un accordo quantomeno politico sulla riduzione dei gas serra. Ieri sia Europa sia Stati Uniti hanno fatto registrare importanti segnali.

"L'obiettivo dell'Europa è un accordo ambizioso e legalmente vincolante alla conferenza sul clima di Copenhagen, che entri in vigore nel 2013". I 27 Ministri dell'Ambiente comunitari hanno ribadito ieri, nell'ultimo vertice straordinario prima del summit Onu in Danimarca, il loro obiettivo di fondo. Gli europei non perdono le speranze, se è vero -come afferma il presidente di turno svedese Calgren- che "la crisi economica ha reso meno costosa la lotta contro il cambio climatico". I 27 hanno ribadito la loro promessa per un taglio ulteriore delle emissioni, pari al 30% entro il 2020, qualora anche Washington e Pechino si impegnassero in modo più sostanziale. Il capo negoziatore dell'Onu Yvo De Boer si è presentato a Bruxelles chiedendo cifre e target precisi, sia sugli aiuti ai Paesi in via di sviluppo, sia sulle riduzione delle emissioni inquinanti. Tutti gli occhi sono ora puntati -in primis- sugli Stati Uniti: ieri il presidente Barack Obama ha lasciato intravedere qualche timido segnale. Nei prossimi giorni annuncerà infatti se parteciperà alla conferenza di Copenhagen, mentre indiscrezioni parlano di una possibile proposta di accordo provvisorio per la riduzione delle emissioni, cui Obama potrebbe impegnarsi sulla base del testo in discussione al Congresso.

23/11/2009

Il presidente di turno del Consiglio Ambiente dell'Unione Europea, Andreas Carlgreen, ha concluso oggi a Bruxelles il vertice straordinario in vista del summit sul clima di Copenhagen, affermando che "la crisi economica ha reso meno costoso -per i Paesi sviluppati- affrontare la lotta al cambiamento climatico", riducendo le emissioni di gas serra.

Il ministro svedese ha precisato che dagli Stati Uniti l'Europa si attende di più, oltre alle riduzioni delle emissioni previste dalla legge in discussione al Senato di Washington. Per Calgren, l'Europa intende raggiungere a Copenhagen un accordo "complessivo, ambizioso e vincolante". Intanto -proprio da Washington- è giunto un segnale inatteso: il presidente Barack Obama decidera' nei prossimi giorni se partecipare al vertice di Copenhaghen. Secondo alcune fonti, gli Stati Uniti intenderebbero proporre un obiettivo provvisorio di riduzione delle emissioni inquinanti. E se l'Organizzazione Metereologica Mondiale ha oggi lanciato un allarme sulla concentrazione dei gas serra -"a livelli mai raggiunti", avverte, "ci avviciniamo allo scenario piu' pessimistico"- il capo negoziatore per le Nazioni Unite sul clima, Ivo de Boer, ha chiesto ai 27 Ministri europei ''cifre precise da parte dei leader mondiali sul contributo finanziario ai Paesi in via di sviluppo", e ''target precisi'' per gli impegni di riduzione di C02.

21/11/2009

Non si placano le critiche -soprattutto della stampa europea- all'accoppiata Van Rompuy-Ashton alla testa dell'Unione Europea. Ieri è stata la giornata delle reazioni.

Sorpresa in Europa, accoglienza più calda nel resto del mondo: si è giocata su questo doppio filone la giornata del doponomine a Bruxelles. La stampa continentale non è stata tenera con Herman Van Rompuy e Catherine Ashton: due semisconosciuti, personaggi politici dal basso profilo, la cui caratura rispecchia la volontà di nanismo dell'Europa. La più bersagliata dalle critiche è stata la nuova Madame Pesc Caherine Ashton: una baronessa mai eletta e praticamente non pervenuta sulla scena internazionale... così è stata ritratta. Lei ha contrattaccato con un'intervista alla radio nazionale Bbc. "Nei prossimi mesi e anni dimostrerò che sono la persona migliore per questo lavoro", ha dichiarato, non senza un pizzico d'immodestia, pur riconoscendo la presenza di altri ottimi candidati sulla piazza. La difesa d'ufficio della Ashton -in Italia- l'ha presa il viceministro al Commercio Estero Adolfo Urso, che con lei ha lavorato nel suo anno da Commissaria Europea: "Stupirà", ha dichiarato. Deluso per la scelta di van Rompuy invece l'ex presidente della Convenzione Europea Giscard d'Estaing, mentre i maggiori gruppi politici all'Europarlamento hanno commentato con soddisfazione le nomine. Più calde -nel complesso- le reazioni mondiali: il presidente americano Barack Obama ha bruciato tutti nel congratularsi con il primo presidente europeo e con Madame Pesc. Plauso anche dal russo Medvedev, congratulazioni dal cinese Wen Jiabao.

20/11/2009

Sono Herman van Rompuy e Catherine Ashton i nuovi presidente e Alto Rappresentante europei, nominati ieri sera a Bruxelles dai 27 leader, sulla base del nuovo Trattato di Lisbona, che entrerà in vigore il primo dicembre.

"Attendo ansiosamente la chiamata di Barack Obama": così il primo presidente stabile nella storia dell'Unione Europea, l'attuale premier belga -nonché ornitologo- Herman Van Rompuy ha scherzato sul fatto di essere pure il primo politico a poter rispondere alla celebre domanda di Henry Kissinger, sul numero unico da chiamare in Europa. Van Rompuy è stato eletto ieri sera in un summit straordinario che -contro ogni previsione- si è consumato nel giro di poche ore. "L'Europa è un'unione di valori, ed ha la responsabilita' di giocare un ruolo importante nel mondo'': questo il discorso programmatico di Van Rompuy, personaggio politico di basso profilo, ma con grande fama di mediatore. Nel gioco a incastro delle cariche escono sconfitti Massimo D'Alema e l'Italia: con una mossa spiazzante, prima i socialisti europei, poi il premier britannico Gordon Brown hanno proposto per il ruolo di Alto Rappresentante la baronessa Catherine Ashton. La Ashton, Commissaria Europea al Commercio da poco più di un anno, coordinerà un corpo diplomatico europeo da cinquemila funzionari. Già ieri ha dovuto difendersi dalle prime stilettate giornalistiche, che le rimproverano una scarsa o quasi inesistente esperienza nel settore della politica estera. La nuova Madame Pesc risponde di averla fatta chiudendo accordi commerciali a nome dell'Europa. Anche per lei, personaggio dal basso profilo politico, il tempo dirà se la scelta è caduta sul giusto candidato.

19/11/2009

Le notizie dal summit europeo straordinario, in corso a Bruxelles, dove i 27 leader dovranno decidere le nomine alle nuove alte cariche. Ci sono già delle sorprese.

La presidenza di turno svedese dell'Unione ha proposto il premier belga Herman Van Rompuy alla carica di primo presidente stabile della Ue e di Catherine Ashton a nuovo ministro esteri della Ue. Sarebbero dunque ridotte al lumicino le chances di Massimo D'Alema di diventare il nuovo Alto Rappresante. Il gruppo dei socialisti europei, a sorpresa, ha indicato oggi l'attuale Commissaria al Commercio, Ashton, alla carica, spiazzando un po' tutti. A giocare contro D'Alema diversi fattori: il primo, per dirla con il leader socialista all'Europarlamento Martin Schulz, è costituito dal fatto che D'Alema non è 'il candidato' di alcun governo di centrosinistra. In secondo luogo, l'eventuale nomina della Ashton, metterebbe a tacere le pressioni insistenti per avere una donna in una delle alte cariche, e -infine- toglierebbe di mezzo l'ingombro rappresentato da Tony Blair, la cui candidatura alla presidenza dell'Unione, pur sostenuta con convizione da Londra, non ha mai fatto breccia tra gli altri partner continentali. Lo stesso premier britannico Gordon Brown, ha esplicitamente appoggiato la Ashton e abbandonato Blair . I giochi non sono ancora fatti -il premier italiano Berlusconi in serata ha incontrato il trio Merkel,Sarkozy e Brown- ma appare chiaro che il ticket costituito dal belga Van Rompuy quale presidente e dalla Ashton quale Ms. Pesc è pra favorito.

19/11/2009

Stasera, stanotte o domani mattina dovremmo conoscere i nomi del primo presidente e del nuovo Alto Rappresentante dell'Unione Europea. Il condizionale è d'obbligo, considerato che fonti dell'attuale presidenza di turno svedese ipotizzano persino una riconvocazione dei leader per il 1° dicembre, giorno dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

La confusione al momento è totale, e nonostante l'accoppiata costituita dal premier belga Herman van Rompuy quale primo presidente e Massimo D'Alema quale nuovo Mr. Pesc appaia al momento favorita, stanotte tutto potrebbe venire sovvertito. Il processo di nomina dei vertici comunitari non sarà -ancora una volta- trasparente, ma piuttosto frutto di complicati incastri diplomatici, che non premieranno necessariamente il valore del candidato, ma anche la sua provenienza geografica e politica. E questo è un pessimo segnale, per un'Europa che dice di volersi avvicinare ai propri cittadini. Alla fine conterà comunque il risultato: sarà il prossimo presidente europeo un buon mediatore, dotato possibilmente di alto profilo? Sarà il prossimo Mr. Pesc un consumato diplomatico, in grado di dotare l'Europa di una struttura esterna capace di aumentare il suo peso politico nel mondo? Se la risposta sarà in entrambi i casi "sì", il vertice odierno sarà stato un successo. Altrimenti saremo costretti a parlare del solito compromesso al ribasso.

19/11/2009

"Siamo lontanissimi da un accordo sulle nomine ai vertici dell'Europa": così il premier Silvio Berlusconi, mentre si ipotizza già una prosecuzione del summit al 1° dicembre.

Assomiglia sempre più a un conclave quello che andrà in scena stasera a Bruxelles: solo che i Papi da eleggere -in questo caso- saranno due. La fumata bianca sul primo presidente europeo e sul nuovo Alto Rappresentante, se arriverà, sarà frutto di un complicato accordo. Al momento i bookmakers indicano nell'accoppiata "Van Rompuy - presidente popolare" e "D'Alema - Mr. Pesc socialista", il duo favorito. Ma le trappole sono dietro l'angolo: la Gran Bretagna non pare intenzionata a mollare l'ipotesi di mettere Tony Blair a capo dell'Unione, riservandosi di proporre il Ministro Miliband alla carica di Alto Rappresentante qualora il primo obiettivo fallisse. E nel marasma generale, anche la Spagna ha messo sul piatto la candidatura di Moratinos. A fare i giochi, probabilmente, sarà ancora una volta il vecchio asse franco-tedesco: Angela Merkel ha già chiarito che Parigi e Berlino saranno unite sui nomi. Va da sé che l'accoppiata che le due capitali indicheranno avrà altissime probabilità di successo. E prende intanto quota l'iniziativa della "lobby rosa", per inserire una donna nel novero delle cariche europee e portare a otto le Eurocommissarie nel prossimo esecutivo comunitario. Ieri trenta eurodeputate, travestite da uomini, hanno manifestato a Bruxelles. "Se meno di otto donne faranno parte della prossima Commissione, siamo pronte a bocciarla in Parlamento", minaccia la vicepresidente dell'Europarlamento Diana Wallis.

18/11/2009

"Siamo lontanissimi da un accordo sulle nomine ai vertici dell'Europa": così il premier Silvio Berlusconi, mentre si ipotizza già una prosecuzione del summit al 1° dicembre. Ma la giornata odierna è stata segnata anche da episodi curiosi.

Travestite da uomini, con giacca e cravatta, trenta eurodeputate hanno dato vita oggi a una delle più singolari proteste nella storia recente dell'Europa. Una manifestazione -quella inscenata davanti all'edificio del Consiglio Europeo- per denunciare l'assenza di donne tra i candidati sia ai posti-chiave della prossima Unione, sia nel team che comporrà la nuova Commissione. "Vogliamo che le istituzioni europee riflettano la società. Il 52% della popolazione è composta da donne", spiega la vicepresidente dell'Europarlamento Diana Wallis, liberale. "Sarebbe ora che anche l'Europa rifletta questa percentuale. Se vedremo meno di otto donne nella Commissione penso che molti miei colleghi -tra cui anche uomini- si uniranno alla nostra intenzione di bocciare la prossima Commissione", minaccia la Wallis. Le trenta deputate europee che hanno manifestato per una maggiore presenza rosa a Bruxelles hanno polemicamente lasciato i loro curriculum, accompagnati da una lettera ai 27 leader. Intanto proseguono a Bruxelles le trattative per arrivare a un accordo -domani- sui nomi del prossimo presidente e Alto Rappresentante europeo: gli allibratori anglosassoni danno per probabile un'accoppiata Van Rompuy-D'Alema. Si muove anche l'asse franco-tedesco: la cancelliera Angela Merkel ha fatto intendere che Parigi e Berlino saranno unite nella scelta dei nomi. E questo è un segnale chiaro.

18/11/2009

Meno 24 ore al vertice europeo che deciderà sulle nomine alle alte cariche comunitarie. Ieri l'italiano D'Alema ha ricevuto l'appoggio dell'attuale Alto Rappresentante Javier Solana.

In una calma apparente, che nasconde ore serrate di trattative dietro le quinte, l'Europa si avvicina al vertice decisivo che stabilirà le nuove alte cariche, su tutte quella di primo presidente dell'Unione e di Alto Rappresentante. Tutto lascia pensare che il summit straordinario di domani possa trasformarsi in una maratona, che potrebbe estendersi fino a venerdì mattina, o anche oltre. La confusione regna: per il posto da presidente appare sempre favorito il premier belga Herman van Rompuy, ma la Gran Bretagna potrebbe approfittare dei mercanteggiamenti dell'ultim'ora per reinserire la candidatura di Tony Blair, quale personaggio di alto profilo. Resta outsider il premier olandese Balkenende. Sul fronte dell'Alto Rappresentante, l'italiano Massimo D'Alema ha incassato ieri l'importante appoggio dell'attuale Mr. Pesc Javier Solana, secondo il quale D'Alema "potrebbe svolgere il lavoro in modo eccellente". In corsa per la stessa poltrona restano -tra gli altri- il britannico Miliband, lo svedese Bildt, il finlandese Rehn. Per il resto è pretattica: la lobby rosa punta sulla lettone Vaira Vike-Freiberga per la presidenza europea, seppur con pochissime chances; i Popolari europei annunciano il veto su candidati dal passato legato a regimi totalitari; infine la Polonia chiede di intervistare i candidati a Mr. Pesc. Si annuncia, per domani, una lunga notte, a Bruxelles.

17/11/2009

Nessuna fumata bianca ieri al vertice dei 27 Ministri degli Esteri europei sui nomi che andranno a ricoprire le prossime alte cariche comunitarie. Giovedì il summit straordinario dei 27 leader europei dovrebbe porre fine all'incertezza.

Nuovo giro di contatti tra la presidenza svedese dell'Unione Europea e le principali cancellerie continentali, a quarantott'ore dal summit che dovrebbe definire i nuovi vertici -presidente e Alto Rappresentante- dell'Unione Europea. I negoziati appaiono in alto mare, dopo che Londra e Madrid hanno rotto le fila del patto socialista, che puntava alla carica di Mr. Pesc, per tornare a chiedere il posto da presidente per un rappresentante del Pse. Downing Street ha ributtato nella mischia il nome di Tony Blair: una candidatura che taglierebbe le gambe all'italiano Massimo D'Alema, la cui nomina ad Alto Rappresentante appariva probabile fino a pochi giorni fa. Cauto appare anche il titolare degli Esteri Franco Frattini. Frattini, con una pretattica tipica di queste situazioni, ha pure menzionato il nome di Giulio Tremonti quale possibile leader -tra un anno- dell'Eurogruppo, aggiungendo così ulteriore incertezza. E nelle ultime ore è cresciuta anche la pressione trasversale per avere una donna tra i candidati alle alte cariche. Riassumendo: nel borsino dei possibili presidenti, resta in primo pianol'accoppiata Blair-Van Rompuy, in quello per Mr. o Ms. Pesc ci sono D'Alema-, il finlandese Rehn e -a sopresa- la britannica Ashton.

16/11/2009

Appare completamente in alto mare la questione delle nomine alle alte cariche europee, dopo il vertice odierno dei Ministri degli Esteri comunitari: le poche certezze della vigilia, riguardanti la candidatura di Massimo D'Alema alla carica di Alto Rappresentante, sono state travolte da un mercanteggiamento che sembra aver scompaginato tutto.

La Spagna, tradendo gli accordi presi all'interno della famiglia socialista, ha chiesto che la carica di presidente europeo vada a un rappresentante del Pse. Una mossa che converge con la rinnovata candidatura del britannico Tony Blair, come ribadito pure oggi da Downing Street. La pretattica italiana, intanto, ha portato il titolare degli Esteri Frattini a mettere sul piatto la candidatura di Giulio Tremonti -tra un anno- alla testa dell'Eurogruppo. Una mossa che -per paradosso- taglierebbe le gambe alla scelta di D'Alema quale nuovo Mr. Pesc, vista l'impossibilità di avere due italiani nelle posizioni di comando dell'Europa. E nelle ultime ore è cresciuta pure la pressione per avere una donna tra i candidati alle cariche. Così, a tre giorni dal vertice decisivo tra i 27 leader, annoveriamo solo due certezze: nulla è deciso, e -per la nuova squadra di Commissari Europei- si dovrà probabilmente attendere ancora un po'.

12/11/2009

Si fa in discesa la strada per Massimo D'Alema verso la nomina ad Alto Rappresentante Europeo. Il 19 novembre vertice straordinario a Bruxelles per decidere sulle cariche comunitarie.

La candidatura di Massimo d'Alema a nuovo Alto Rappresentante europeo ha mosso ieri un passo decisivo, proprio nel giorno in cui la presidenza svedese dell'Unione Europea fissava per il 19 novembre il summit decisivo per stabilire i nomi delle nuove alte cariche, incluse quelle di Presidente europeo e Segretario del Consiglio. Il gruppo dei socialisti e democratici ha puntato all'unanimità su D'Alema quale Mr. Pesc: investitura significativa, tantopiù che arriva pure -indirettamente- dal Governo britannico, che finora si era giostrato, a corrente alternata, tra l'ipotesi Miliband-Alto Rappresentante e Blair-Presidente. Sebbene l'eventuale nomina di D'Alema spetti -in ultima analisi- ai 27 leader europei, l'investitura socialista pare già un buon viatico per la sua elezione. Per il resto si naviga a vista: ieri il presidente di turno europeo Fredrik Reinfledt ha ammesso -sconsolato- di avere più nomi in lizza che posti da offrire, e non ha escluso un ricorso alla maggioranza qualificata, per trovare i nomi tra una settimana, pur di uscire dall'empasse. In alto mare resta la candidatura per il posto da presidente europeo, col duo Blair-Van Rompuy ancora in gara: si annuncia una settimana di passione.

11/11/2009

Si fa in discesa la strada per Massimo D'Alema verso la nomina ad Alto Rappresentante Europeo. Il 19 novembre vertice straordinario a Bruxelles per decidere sulle cariche comunitarie.

"Massimo D'Alema è il candidato unanime e unico dei socialisti": così il centrosinistra europeo ha sparigliato il campo delle ipotesi sulle candidature, con una presa di posizione netta, accelerando sull'investitura dell'ex premier italiano. Il tutto in un contesto di trattative politiche che assomiglia sempre più a un vero e proprio "job market". Ad ammetterlo è stato il presidente di turno europeo Fredrik Reinfeldt, che in una conferenza stampa ha detto: "ho più nomi che posti da offrire". "Ci sono Paesi che hanno proposto più di un candidato", ha aggiunto Reinfeldt, che per mettere la parola fine ai negoziati ha convocato un vertice straordinario dei 27 leader europei per il 19 novembre. Reinfeldt ha precisato che i posti in palio sono due, e non tre: c'è anche quello di Segretario del Consiglio. Il premier svedese ha pure aggiunto che la decisione sulle nuove nomine potrebbe essere presa a maggioranza qualificata. La giornata è trascorsa in una cacofonia di sostegni annunciati e uscite di scena: il Ministro degli Esteri italiano Frattini ha ribadito il sostegno a D'Alema, mentre il britannico Peter Mandelson ha smentito di essere interessato al posto di Alto Rappresentante. Se per l'ex-premier italiano salgono dunque le quotazioni a Mr. Pesc, per il posto da presidente europeo restano in campo tutte le ipotesi, in quella che si annuncia come una settimana di passione.

11/11/2009

"Nessun taglio sulle pensioni, nessuna nuova manovra": così il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti da Bruxelles. Intanto la Commissione Europea si appresta a chiedere oggi all'Italia un rientro entro il 2012 nei criteri del rapporto deficit/pil.

No a nuove manovre: così il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, ieri a Bruxelles, ha chiuso la porta a qualsiasi ipotesi di Finanziaria extra. Idem per i tagli: Tremonti rassicura, "finché ci sarò io, non si faranno". No dunque a interventi ridimensionanti sul fronte delle pensioni. No comment invece sul taglio dell'Irap. Tremonti lascia Bruxelles soddisfatto per le raccomandazioni che la Commissione Europea farà oggi all'Italia: rientro del rapporto deficit/pil sotto la soglia del 3% entro il 2012, con una correzione strutturale del disavanzo pari a mezzo punto l'anno. Il vero braccio di ferro si è così consumato ieri tra Francia e Commissione Europea: Parigi chiede di fissare il rientro nei parametri del patto di stabilità un anno dopo la data che Bruxelles vuole chiedere. Il 2014, dunque, anziché il 2013: per il Ministro dell'Economia Christine Lagarde, con un rapporto deficit/pil che il prossimo anno toccherà quota 8,5%, è già un bello sforzo rientrare in un quinquennio. Ma Parigi appare isolata in questa battaglia, che -comunque vada- riapre il fronte di guerra interno all'Europa sul patto di stabilità.

10/11/2009

E' un Tremonti pronto alla cura quello presentatosi ai giornalisti alla fine dell'Ecofin, svoltosi a Bruxelles.

Il Ministro dell'Economia ha commentato la notizia dell'imminente raccomandazione della Commissione Europea, che si appresta a chiedere all'Italia di riportare il deficit sotto il 3% entro il 2012. Tremonti ha pure parlato delle pensioni: "finché sarò io responsabile del Tesoro, non ci saranno tagli al sistema pensionistico". Tremonti ha poi sottolineato come il Governo abbia confermato "piani di spesa di lungo periodo, basati su un'ipotesi di crescita economica e mantenuti anche quando la crescita non c'è più stata". Problemi maggiori rispetto all'Italia sembra intanto averli la Francia, cui la Commissione Europea si appresta a imporre un piano di rientro del deficit sotto il 3% entro il 2013. Parigi ha contestato a Bruxelles che il 2014 potrebbe essere una scadenza più abbordabile.

10/11/2009

L'Italia dovrà cominciare il risanamento dei conti il prossimo anno, per riportare il rapporto deficit/pil sotto il 3% nel triennio. Francia e Spagna avranno un anno di tempo in più. Lo proporrà domani la Commissione Europea. Ieri se ne è discusso all'Eurogruppo.

Obiettivo 2012: è questa la scadenza che la Commissione Europea darà domani all'Italia, affinché riporti i conti in ordine, in particolare il rapporto deficit/pil sotto quota 3%. Il Commissario Europeo agli Affari Economici Joaquin Almunia ha così spiegato -ieri sera al termine dell'Eurogruppo- i parametri che l'esecutivo comunitario ha utilizzato nei confronti del nostro Paese. Grandezza del deficit pubblico, ipotesi di mantenimento della medesima politica fiscale, valutazione sulla sostenibilità a lungo termine delle finanze, livello del debito: così il Commissario Europeo. Almunia ha pure confermato l'ipotesi di exit strategy europea dalla crisi per il 2011, a scenari invariati. Un'uscita differenziata, però, a seconda delle diverse situazioni, ha precisato. I Ministri dell'Eurogruppo hanno commentatola proposta del premier britannico Gordon Brown, per una tassa sulle transazioni finanziarie globali: "non può essere attuata in maniera unilaterale". Intanto -sempre ieri- il presidente della Bce Jean-Claude Trichet, concludendo la riunione del G10 dei Governatori delle maggiori banche centrali, ha affermato che grazie all'intervento di questi istituti si è evitata una depressione molto, molto minacciosa. Per Trichet, gli ultimi dati confermano che le principali economie sono definitivamente uscite dalla caduta libera dovuta alla crisi. Per questo, ha aggiunto, è ora di cominciare a pensare alla exit strategy.

9/11/2009

Entra nel vivo oggi a Basilea il G10 dei Governatori delle Banche Centrali: nel menù, a soli due giorni dalla conclusione del summit G20 dei Ministri delle Finanze, c'è la vigilanza bancaria, con nuove norme per mettere al riparo gli istituti di credito da ulteriori crisi.

Il Governatore di Bankitalia Mario Draghi, presidente del Financial Stability Board, ha annunciato per marzo un rapporto sulle regole per i bonus. I Governatori parleranno anche della possibile exit strategy dalla crisi: un tema che li accomuna all'Ecofin in programma domani a Bruxelles, dove avrà luogo un primo giro di tavolo sulla questione. I 27 Ministri, che già da stasera si riuniranno nel formato dell'Eurogruppo, ascolteranno dal Commissario Europeo Joaquin Almunia una relazione sulle ultime previsioni economiche: proprio Almunia, mercoledì, metterà sotto esame le azioni intraprese da cinque Paesi -tra cui la Francia- per riportare il rapporto deficit/pil sotto il 3%. All'Italia, come ad altri otto Stati, il Commissario porrà invece scadenze precise per la correzione dei bilanci. L'Ecofin affronterà pure il nodo relativo alla proposta di revisione della direttiva sul segreto bancario: una mossa che mira a combattere i paradisi fiscali, incrementando lo scambio di informazioni in Europa e con i Paesi terzi. Ma l'opposizione di Austria e Lussemburgo rischia di far saltare tutto.

8/11/2009

Un compromesso e un fallimento: l'attuale fase transitoria della crisi, con segnali incerti, ha annacquato il vertice dei Ministri Finanziari del G20, che si è concluso con impegni generici e poche scadenze.

Sul fronte dell'economia, i rappresentanti delle venti maggiori potenze mondiali hanno concordato di mantenere le misure di stimolo finché la ripresa globale non sarà assicurata. Secondo il comunicato finale, la ripresa è al momento disomognea, con la disoccupazione che resta uno dei maggiori fattori di preoccupazione. Entro la fine di gennaio si cominceranno a porre le basi di un quadro di riferimento per le politiche nazionali e sovranazionali della exit strategy. Fallito invece qualsiasi accordo sui finanziamenti per la lotta contro il cambio climatico: ancora un rinvio, a solo un mese dalla conferenza di Copenhagen. Così, l'unica proposta concreta emersa al summit è finita nel cestino. L'idea del premier britannico Gordon Brown, per una tassa sulle transazioni finanziarie internazionali, è stata respinta sia del segretario al Tesoro americano Timothy Geithener, sia dell'Fmi. Il Governatore di Bankitalia Mario Draghi, presidente del Financial Stability Board, ha invece toccato il tema della regolamentazione dei bonus bancari.

7/11/2009

Un accordo e un fallimento al vertice G20 dei Ministri delle Finanze, chiusosi oggi in Scozia.

Mantenere il sostegno alla ripresa fino a quando sarà necessario. Con questa formula i Ministri delle Finanze del G20 hanno chiuso il vertice di St. Andrews, in Scozia: "Le condizioni economiche e finanziarie sono migliorate in seguito alla risposta coordinata alla crisi", si legge nelle conclusioni. Tuttavia, "la ripresa è disomogenea: anche l'elevata disoccupazione resta un problema importante". I Ministri G20 hanno comunque deciso di cominciare quantomeno a definire una tabella di marcia perl'exit strategy, attraverso la predisposizione di un quadro di riferimento comune per le politiche nazionali e sovranazionali entro la fine di gennaio 2010. Il premier britannico Gordon Brown ha chiesto un nuovo contratto sociale con le banche mondiali, per renderle socialmente più responsabili. Nessun accordo invece tra i 20 Ministri sui finanziamenti contro il cambio climatico: nel comunicato finalei Paesi si limitano ad affermare di aver ''discusso una serie di opzioni',' e si impegnano a definire ''delle opzioni per il finanziamento'', in vista del vertice di Copenhagen. Poco arrosto in questo G20, ha commentato il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti (''c'e' stata molta discussione preparatoria a incontri successivi'', ha commentato), mentre il Governatore di Bankitalia Mario Draghi ha annunciato che le misure sui bonus nel settore bancario verranno sottoposte a revisione nel marzo 2010.

7/11/2009

E' un Giulio Tremonti soddisfatto quello che commenta -da St. Andrews, Scozia- le stime dell'Ocse sull'Italia.

Tremonti è arrivato ieri in Scozia per l'incontro dei Ministri delle Finanze del G20, avvertendo i colleghi del rischio di un'altra possibile bolla, innescata dai derivati e dalla borsa. Al centro del meeting, che entrerà oggi nel vivo, ci sono soprattutto l'exit strategy dalla crisi e i fondi per la lotta al cambio climatico. Sul primo punto, la situazione appare mutata rispetto agli ultimi vertici. La Gran Bretagna, che ospita il summit, è ancora in recessione, mentre potenze quali Stati Uniti, Germania e Giappone mostrano segnali di ripresa: proprio per questo il Ministro delle Finanze britannico, Alistair Darling, sta provando a frenare qualsiasi tentativo di fuga in avanti, chiedendo ai partner di aspettare una ripresa più sostenuta, prima di dare il via a piani coordinati di uscita dalla crisi. D'accordo con Darling il Fondo Monetario Internazionale, che parla di una velocità della ripresa ancora disomogenea. Sul clima, invece, il disaccordo sui fondi appare ben più ampio: la Svezia, presidente di turno europea, ha attaccato gli Stati Uniti sulla poca ambizione del progetto di legge ambientale. Sul clima si sono incentrate le sparute proteste di un piccolo gruppo di manifestanti, mentre la polizia ha arrestato cinque persone, che intendevano bloccare gli accessi all'hotel dove si tiene il summit.

6/11/2009

La Polonia mette il veto, poi fa marcia indietro, sulla candidatura di Massimo D'Alema a nuovo Alto Rappresentante. Intanto il Governo italiano esce definitivamente allo scoperto, appoggiandone il nome.

Potrebbe farsi in salita la strada per Massimo D'Alema, verso la carica di nuovo Alto Rappresentante europeo. Ieri una gaffe polacca ha messo a nudo l'opposizione crescente dei Paesi dell'Est: "sarebbe un problema avere un ex-comunista a capo del servizio diplomatico comunitario", ha dichiarato l'ambasciatore presso l'Unione Europea Jan Tombinski, durante un incontro con alcuni giornalisti. Apriti cielo: il servizio stampa della rappresentanza diplomatica è stato costretto a smentire il suo stesso ambasciatore. Ma la frittata era ormai fatta. Così prende quota, a Bruxelles, l'ipotesi di un ticket composto dall'attuale premier belga Herman Von Rompuy quale presidente europeo e del britannico David Miliband quale Alto Rappresentante. L'Italia però non si rassegna a perdere la prestigiosa poltrona diplomatica: "abbiamo confermato a tutti coloro che ce lo hanno chiesto il forte sostegno'' del Governo alla candidatura di Massimo D'Alema, ha detto ieri sera il Ministro degli Esteri Franco Frattini, confermando indirettamente alcune indiscrezioni, che suggerivano un impegno diretto di Palazzo Chigi nella sensibilizzazione delle principali cancellerie. Lunedì a Berlino i leader europei discuteranno informalmente delle nomine: l'obiettivo è mettere i nomi nero su bianco in un vertice straordinario a metà novembre.

5/11/2009

La Polonia alza un muro alla candidatura di Massimo D'Alema alla carica di Alto Rappresentante europeo. Poi fa marcia indietro.

E' un piccolo giallo quello sorto intorno alla candidatura di Massimo D'Alema alla carica di nuovo Alto rappresentante europeo. In mattinata da Varsavia -o meglio dal suo rappresentante permanente presso l'Unione Jan Tombinski- è sembrato arrivare un "niet" pesante: "avere un ex comunista come ministro degli Esteri sarebbe un problema per i Paesi dell'ex Patto di Varsavia", ha detto Tombinski, i cui favori sono tutti per il Ministro degli Esteri britannico David Miliband. Passano poche ore e il portavoce della stessa rappresentanza smentisce il medesimo ambasciatore, con uno stile confusionale non nuovo alla pur recente esperienza polacca nell'Unione. Ma -nonostante la smentita- il sospetto di un'opposizione polacca resta: prende quota così, in attesa del risolutivo vertice europeo di metà mese, l'ipotesi di un ticket costituito dal belga Herman Van Rompuy quale primo presidente europeo e il britannico David Miliband quale Alto Rappresentante. Non tutto è perduto però, per D'Alema: innanzitutto perché sia Van Rompuy sia Miliband hanno -per motivi diversi- difficoltà a lasciare la politica nazionale; in secondo luogo perché -secondo quanto riferito dall'agenzia Agi, il Governo italiano starebbe in questi giorni sponsorizzando la sua candidatura tra le cancellerie europee.

31/10/2009

Cresce ancora il numero di disoccupati in Europa: a settembre è stato toccato il record decennale dei senza lavoro nell’Eurozona. Il Consiglio Europeo, conclusosi ieri a Bruxelles, prevede un ulteriore deterioramento della situazione.

Non si arresta l’incremento della disoccupazione in Europa, dove la crisi continua a bruciare posti di lavoro: a livello generale la zona euro ha registrato a settembre il record negativo dal 1999: 9,7% di disoccupati. Oltre 15 milioni, con un incremento di più di tre milioni di unità in un solo anno. Nell’Unione a 27, la percentuale scende al 9,2%, con 22 milioni di disoccupati. La situazione italiana appare in chiaroscuro: premesso che i dati del nostro Paese si riferiscono al secondo trimestre 2009, mentre quelli europei arrivano a settembre, osserviamo un tasso di disoccupazione generale -7,4%- inferiore di due punti rispetto alla media. Ma sul fronte giovani il dato italiano supera l’Europa, col suo 24,5% di disoccupati tra gli under 25: quasi cinque punti in più rispetto a una media già molto elevata. Il tema della disoccupazione figura anche nelle conclusioni dei 27 leader europei: “ci si attende che la situazione occupazionale nell’Unione si deteriori ulteriormente. Occorre un impegno continuativo a favore di politiche attive per il mercato del lavoro”.

30/10/2009

In forte crescita il numero di disoccupati in Europa: a settembre toccato il record decennale di senza lavoro in tutta l’Unione. Se ne è parlato anche al Consiglio Europeo conclusosi oggi a Bruxelles.

La crisi colpisce duramente le nuove generazioni. Soprattutto in Italia. E’ questo uno dei dati emersi dall’ultima rilevazione Eurostat. Che -a livello generale- registra il maggior numero di disoccupati nel Continente dal 1999: oltre 15 milioni nell’Eurozona, che diventano più di 22 se includiamo tutta l’Unione. In termini percentuali, il tasso di disoccupati sfiora il 10% nell’area euro, con un incremento -rispetto a un anno fa- di ben tre milioni di unità. La situazione italiana appare in chiaroscuro: premesso che i dati del nostro Paese si riferiscono al secondo trimestre del 2009, mentre quelli europei arrivano a settembre, osserviamo un tasso di disoccupazione generale -7,4%- inferiore di due punti rispetto alla media. Ma sul fronte giovani il dato italiano supera l’Europa, col suo 24,5% di disoccupati tra gli under 25: quasi cinque punti in più rispetto a una media già molto elevata. Il tema della disoccupazione figura anche nelle conclusioni dei 27 leader europei: “Ci si attende che la situazione occupazionale nell’Unione si deteriori ulteriormente. Occorre un impegno continuativo a favore di politiche attive per il mercato del lavoro”.

30/10/2009

Accordo raggiunto sul clima al vertice europeo di Bruxelles. Ma per ora si tratta solo di cifre globali, senza impegni precisi. Intanto spunta l’ipotesi di un candidato italiano alle future alte cariche comunitarie.

L’Europa trova il sospirato accordo sul clima, ma senza assumersi troppi impegni. E’ questo -in sintesi- il risultato della due giorni di vertice a Bruxelles, che ha visto proprio la questione dell’impegno economico a favore dei Paesi in via di sviluppo dominare a lungo le trattative. Soddisfatto il Ministro degli Esteri Franco Frattini, che ha rappresentato l’Italia. Il compromesso lascia molti punti ancora da definire: l’Unione riconosce -nelle conclusioni - la cifra di 100 miliardi annui necessari ad aiutare i Paesi in via di sviluppo, sia per ridurre le emissioni, sia per adattarsi ai cambiamenti climatici. Ma rinvia ogni decisione sul proprio contributo a dopo i negoziati di Copenhagen, quando anche gli altri Paesi avranno scoperto le carte. Premiata dunque la linea attendista, promossa dalla Germania e sostenuta -tra gli altri- dall’Italia. Anche sui primi aiuti, i cosiddetti “fast start”, da stanziare nei prossimi tre anni, l’Europa attende di vedere gli esiti di Copenhagen. Prevale pure -in quest’ultimo caso- la linea volontaristica per gli aiuti: chi ha disponibilità contribuirà. Soddisfatti i Paesi dell’Est, poco propensi all’esborso. Resta intanto aperta la questione delle nomine alle future alte cariche: dopo il siluramento “de facto” di Tony Blair, le tre grandi famiglie politiche stileranno nei prossimi giorni una lista di candidati alla presidenza europea e all’incarico di Alto Rappresentante. L’Italia, che sta abbandonando l’ipotesi Blair, comincia a pensare all’idea di una candidatura tricolore: la conferma è arrivata da Silvio Berlusconi. Il riferimento, implicito, è all’ipotesi di Massimo D’Alema quale nuovo Alto Rappresentante Europeo.

30/10/2009

Si è discusso di Iran a Bruxelles, nel corso del Consiglio Europeo: in una dichiarazione allegata alle conclusioni del summit, di cui circola già una bozza, i 27 esprimono “profonda preoccupazione per lo sviluppo del programma nucleare di Teheran e per la persistente inosservanza degli obblighi internazionali”.

Ma il vero tema al centro di questa mattinata di negoziati è quello dei finanziamenti comunitari ai Paesi in via di sviluppo per la lotta al cambio climatico. La bozza di accordo che circola ipotizza un ammontare complessivo degli sforzi pari a circa 100 miliardi di euro entro il 2020, ma soprattutto mette nero su bianco la possibilità di mettere sul piatto tra i cinque e i sette miliardi all’anno da qui al 2012. Se anche queste cifre passassero, si porrebbe poi il problema di come ripartire costi e oneri: è di poco fa la notizia che un probabile compromesso prevederà la natura volontaria della contribuzione dei Paesi membri a questi primo pacchetto di aiuti, chiamati “fast start”. Per la presidenza svedese, l’obiettivo di un accordo sul clima resta irrinunciabile. Ultima annotazione sulla questione della nomina delle future alte cariche europee: i tre principali gruppi politici hanno individuato altrettanti sherpa, che condurranno nei prossimi otto giorni dei negoziati per arrivare a una lista definitiva di candidati.

30/10/2009

I 27 leader europei hanno trovato ieri sera a Bruxelles l’accordo sulla deroga per la Repubblica Ceca relativa alla Carta dei Diritti Fondamentali, che spiana la strada all’ultima ratifica del Trattato di lisbona. Ma su clima e nomine delle alte cariche europee è buio fitto.

Il penultimo ostacolo è stato superato: l’Europa è ora a un passo dalla ratifica del Trattato di Lisbona, grazie all’ultima concessione fatta alla Repubblica Ceca. Il primo ministro svedese Fredrik Reinfeldt annuncia così l’accordo raggiunto dai capi di stato e di Governo a cena. Praga –o meglio, il presidente Vacklav Klaus, il capo di Stato più euroscettico del continente- ottiene una deroga sulla Carta dei diritti Fondamentali, come già avvenuto per Polonia e Gran Bretagna. Ora il presidente ceco dovrà firmare, quantomeno dopo un eventuale pronunciamento a favore del Trattato da parte della Corte Costituzionale, il prossimo tre novembre. Col Trattato in vigore, l’Europa potrà finalmente riprendere a marciare con nuove regole. Il Ministro degli Esteri Franco Frattini parla di ultima concessione fatta a Praga. L’accordo di ieri apre la partita sulle nomine alle cariche di presidente europeo e Alto Rappresentante: per Frattini ieri non se ne è parlato, e l’Italia continua a sostenere Tony Blair, nonostante il nome dell’ex-premier britannico sia stato di fatto silurato dagli stessi socialisti europei. Sull’altro tema in agenda, il clima, nulla di fatto: i 27 hanno dovuto rinviare a oggi l’eventuale accordo sulla ripartizione degli oneri economici per la lotta al cambio climatico, che prevede uno sforzo comune pari a decine di miliardi di euro entro il 2020. La linea attendista, sostenuta da Italia e Germania, potrebbe alla fine prevalere.

28/10/2009

Il clima -a sei settimane dalla Conferenza di Copenhagen- è al centro in queste ore del dibattito politico sulle due sponde dell'Atlantico.

Gli Stati Uniti allungano sul clima, mentre l'Europa si prepara a una due giorni di negoziati serrati in vista di Copenhagen. Il presidente americano Barack Obama ha scelto la Florida per ufficializzare l'investimento da 3,4 miliardi di dollari per la costruzione di una rete di nuova generazione, che dovrà distribuire energia pulita nelle case degli americani. I fondi andranno a finanziare 100 progetti della nuova "smart grid", pensata per ammodernare la vecchia rete distributiva, garantendo siginficativi risparmi energetici. Il tutto mentre i senatori democratici stanno spingendo il disegno di legge che punta a ufficializzare un taglio delle emissioni. L'Europa intanto -pur più avanti rispetto a Washington negli impegni presi, grazie al taglio previsto del 20% sui gas inquinanti entro il 2020- rischia una spaccatura in tre al vertice europeo che si apre domani a Bruxelles: pomo della discordia sono i soldi necessari a finanziare lo sviluppo sostenibile nei Paesi poveri. L'Unione deve impegnare da due a quindici miliardi l'anno, ma si trova divisa tra chi vuole andare avanti (Gran Bretagna), chi vuole attendere (Germania) e chi non intende aprire il portafoglio (Polonia). "Un accordo è cruciale, altrimenti rischiamo uno stallo a Copenhagen", afferma il presidente di turno europeo Fredrik Reinfeldt. Al vertice l'Italia sarà rappresentata dal Ministro degli Esteri Frattini, dopo il forfait di Silvio Berlusconi.

27/10/2009

La Corte Costituzionale ceca deciderà oggi sull'ammissibilità o meno del ricorso contro il Trattato di Lisbona. A due giorni dal Consiglio Europeo -chiamato a discutere del nuovo volto dell'Europa- si scaldano i motori: ieri ne hanno parlato i 27 Ministri degli Esteri.

Avvicinamento con suspense al Consiglio Europeo che si apre dopodomani a Bruxelles: oggi la Corte Costituzionale ceca dovrebbe decidere sul ricorso presentato da un pugno di senatori contro il Trattato di Lisbona: ieri la presidenza di turno svedese ha persino ipotizzato che la decisione degli alti giudici di Praga possa arrivare addirittura la prossima settimana. Lasciando i leader europei con un pugno di mosche in mano. Il Ministro Svedese agli Affari Europei Cecilia Malmstroem ha preferito il basso profilo: "Sulle clausole di opt-out chieste dal presidente ceco Klaus non siamo ancora pronti, non c'è ancora una proposta su cui dire sì o no. Né ci può essere una soluzione senza l'accordo di tutti. Dire oggi se a fine settimana prenderemo una decisione è un po' prematuro". Secondo il Ministro degli Esteri italiano, Franco Frattini, qualche concessione politica alla Repubblica Ceca si può fare, ma senza una riapertura del Trattato. "La richiesta di Klaus per una deroga sulla carta dei diritti fondamentali deve essere veramente l'ultima", ha aggiunto Frattini. Il blocco sul Trattato farà quasi certamente slittare le nomine del primo presidente europeo e del nuovo alto rappresentante: ieri la Gran Bretagna, attraverso il titolare degli Esteri David Miliband, ha rilanciato la candidatura di Tony Blair per la presidenza: l'Italia la sostiene, ma questa sovraesposizione potrebbe aver già bruciato la corsa di Blair.

22/10/2009

Non passa all'Europarlamento la proposta di risoluzione sulla libertà di stampa, che metteva nel mirino l'intreccio politico-mediatico in Italia, tra il premier Berlusconi e il suo impero mediatico.

Alla fine dello scontro politico, sul terreno resta l'unica vera vittima della battaglia delle risoluzioni contrapposte sulla libertà di stampa: l'auspicata direttiva europea sul pluralismo dei media. Perde, nel mezzogiorno di fuoco di Strasburgo, la strategia portata avanti dal centrosinistra, affossata per tre soli voti: puntava il dito contro il conflitto di interessi di Silvio Berlusconi, parlando di pressioni e intimidazioni sui media. Decisivi il voto contrario -per errore- di un deputato dell'Italia dei Valori, e le tre astensioni dei liberali irlandesi. Affossata -per 25 voti- anche la risoluzione dei popolari, che negava invece qualsiasi problema di libertà di informazione nel Belpaese. E affossata rimane anche l'ipotesi di stesura di una direttiva sul pluralismo dei media in Europa. Gianni Pittella, socialdemocratico e vicepresidente dell'Europarlamento, la invoca. Frena Mario Mauro, capogruppo Pdl a Strasburgo.

21/10/2009

Il Parlamento Europeo boccia entrambe le risoluzioni sulla libertà di stampa in Italia.

Soluzione pilatesca dell'Europarlamento sulla querelle tutta italiana relativa alla libertà di informazione: Strasburgo boccia entrambe le risoluzioni contrapposte, in un mezzogiorno di fuoco che infiamma per mezz'ora l'emiciclo di Strasburgo. Una dopo l'altra vengono messe ko tutte le risoluzioni presentate, a partire da quella sostenuta dal Partito Popolare Europeo, che nega qualsiasi rischio per la libertà di stampa in Italia. 297 voti favorevoli, contro i 322 contrari: tutto lascia pensare che qualche problema- evidentemente- c'è, visti i 25 voti di scarto in un Parlamento dominato dal centrodestra. Ma la sopresa arriva pochi minuti dopo, quando al termine di una lunghissima serie di emendamenti e di una controversia sulla presenza del nome del Capo dello Stato Napolitano nel testo del Ppe, si passa a votare il testo del centrosinistra. Un testo che punta il dito contro il conflitto di interessi di Silvio Berlusconi, parlando di pressioni e intimidazioni contro i media, e che chiede una direttiva europea sul pluralismo: anche questa risoluzione viene bocciata, per soli tre voti. 338 contrari, contro 335 favorevoli. Determinante -si saprà in serata- i no e le astensioni nel gruppo dei liberaldemocratici, mentre il centrodestra vota -compatto- contro. L'Europa non si decide sulla questione italiana: la palla torna a Roma.

21/10/2009

L'Ecofin ha individuato nel 2011 la "data ultima" per avviare i risanamenti di bilancio nei 27 Paesi europei, per uscire dalla. Ma si spacca su altri dossier.

Via al consolidamento dei conti pubblici in Europa entro il 2011. Una data-limite, quest'ultima: per alcuni Paesi lo sforzo di riassestamento delle finanze dovrà infatti cominciare prima. Così i 27 Ministri dell'Ecofin hanno concluso una riunione dominata da numerosi dissensi su altri dossiers. Si è cominciato finalmente a parlare di exit strategy dalla crisi, che dovrà essere coordinata: sul fronte dei conti, invece, l'aggiustamento strutturale nel rapporto deficit/pil dovrà superare il valore di riferimento del mezzo punto all'anno. L'Italia, Paese su cui si è abbattuta due settimane fa una procedura comunitaria per deficit eccessivo, non sarà tra i primi Paesi ad avviare il risanamento dei conti, secondo quanto ha lasciato intendere il direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli. "Inizierà prima chi sta peggio", ha detto. L'Europa si è invece spaccata sull'accordo di cooperazione fiscale con il Principato del Liechtenstein. Austria e Lussemburgo l'hanno fatto saltare. "Ma sono fiducioso", ha commentato il Commissario alla Fiscalità Laszlo Kovacs. Pesante pure l'opposizione britannica alla riforma della vigilanza finanziaria, che prevede la creazione di un organismo di vigilanza macroprudenziale. Ma si andrà avanti, quantomeno in lina di principio. Infine lo stallo sui contributi per i finanziamenti alle politiche climatiche, da destinare ai Paesi in via di sviluppo, in vista del summit di Copenhagen.

20/10/2009

L'Ecofin, svoltosi a Lussemburgo, individua nel 2011 la data ultima per avviare i risanamenti di bilancio post-crisi. Ma si spacca su ben tre dossier.

Unità di fondo sulla strategia di uscita dalla crisi e sull'orizzonte di avvio del risanamento dei conti pubblici, ma Europa in ordine sparso su altri dossier al centro del dibattito economico. L'Ecofin trova un punto fermo sulla data del 2011, quale avvio del processo di rientro dai disavanzi nei conti pubblici, che vedono ben venti Paesi sotto procedura europea, per aver superato il tetto deficit/Pil. La data del 2011 è indicata come l'estrema ratio, posto che la ripresa economica sia sostenuta. Su altri tre dossiers, però, l'Europa si è divisa. Il primo pomo della discordia è rappresentato dall'accordo di cooperazione fiscale con il Granducato del Liechtenstein. Austria e Lussemburgo l'hanno fatto saltare. "Ma sono fiducioso", ha commentato il Commissario Europeo alla Fiscalità Laszlo Kovacs. Pesante pure l'opposizione britannica alla riforma della vigilanza finanziaria, che prevede la creazione di un organismo di vigilanza macroprudenziale, associato a tre autorita' europee di settore. Infine lo stallo sui contributi per i finanziamenti alle politiche climatiche, da destinare ai Paesi in via di sviluppo, in vista del summit di Copenhagen. Nove Paesi, capeggiati dalla Polonia, li vogliono su base volontaria. "Un risultato deludente", ha commentato amaro il presidente di turno, lo svedese Borg.

20/10/2009

Sotto assedio per la protesta di migliaia di agricoltori europei, i 27 Ministri dell'Agricoltura comunitari hanno raggiunto ieri l'accordo per un intervento di emergenza a favore dei produttori di latte.

Un aiuto da 280 milioni di euro. L'ultimo, in tempo di crisi. Così la Commissaria Europea all'Agricoltura Marianne Fischer-Boel, ha speso gli ultimi soldi a sua disposizione per le emergenze nel settore agricolo. "E' tutto ciò che ho, non ho conti speciali in Svizzera", ha aggiunto lei - non senza un'ironia amara. La Commissaria ha parlato mentre all'esterno infuriava la protesta. Circa duemila agricoltori, provenienti da tutta Europa, hanno bloccato la piccola capitale del Lussemburgo, obbligando la sguarnita polizia locale a chiedere rinforzi a quella belga. I 280 milioni saranno prelevati dal bilancio europeo del 2010: una mossa obbligata per la Fischer Boel, decisa sotto la pressione di ben 21 dei 27 Paesi comunitari, Italia inclusa. Per il Ministro italiano Luca Zaia, non meno di 20-25 milioni di euro del nuovo fondo speciale per il latte saranno destinati all'Italia. Ma al momento sono solo ipotesi. Soddisfatte per l'accordo raggiunto ieri le organizzazioni europee di categoria, che lamentano perdite pari a 10 miliardi di euro, dovute al crollo dei prezzi del latte. Su un punto Bruxelles non intende però retrocedere: la fine delle quote latte dal 2015.

16/10/2009

Un'inchiesta del programma di web tv "Klaus Condicio" svela gli stipendi di parlamentari e ministri europei. Gli italiani sono tra i più privilegiati.

Inglesi e italiani sono i parlamentari più pagati in Europa. Per i deputati del Belpaese l'ammontare lordo del salario mensile equivale a 20mila 600 euro; solo 160 euro in meno rispetto ai parlamentari di Westminster, che svettano su tutti i colleghi continentali. L'inchiesta fotografa un'Europa a due velocità, dove gli italiani, gli inglesi e i francesi superano quota 20mila euro di stipendio, mentre tutti gli altri restano abbondantemente sotto quota undicimila. I parlamentari del Bundestag tedesco, infatti, non superano i 10mila 729 euro: a seguire, da ottomila euro in giù, tutti gli altri. I più poveri sono portoghesi e lituani, rispettivamente con 3707 e 3139 euro al mese. Sempre secondo la stessa inchiesta, i dati variano se guardiamo alla busta paga dei ministri: in questo caso i meglio pagati sono i francesi, con un salario di oltre 20mila euro, seguiti da austriaci e belgi, circa 16mila euro mensili. Solo quinti, ma si fa per dire, i Ministri italiani, che sfiorano i 14mila euro ogni mese. Non cambia invece la zona bassa della classifica: fare il Ministro a Lisbona o a Vilnius non sembra proprio un buon affare, economicamente parlando: si guadagna tra i quattro e i cinquemila euro.

15/10/2009

L'Italia appartiene al gruppo di Paesi europei per i quali la sostenibilità dei conti pubblici è a medio rischio. Lo afferma la Commissione Europea.

Rischio di non sostenibilità dei conti pubblici nel lungo termine: Bruxelles suona il campanello d'allarme per Italia, Francia, Ungheria, Polonia e Portogallo. Secondo il Commissario agli Affari Economico Monetari Joaquin Almunia, Roma si trova in una condizione di "medio rischio", al netto della spesa pensionistica. Il messaggio, da Bruxelles appare chiaro: pur continuando a sostenere l'economia, per non soffocare la ripresa ancora embrionale, l'Italia deve procedere ad una rapida azione di risanamento dei conti, per garantire una riduzione stabile dell'alto livello di indebitamento. Nello specifico, la Commissione chiede al nostro Paese di migliorare la bilancia strutturale per un importo pari all'1,4% sul Pil, attraverso un aumento delle entrate o un taglio della spesa, oppure ancora riformando il sistema di protezione sociale. A preoccupare Bruxelles è soprattutto il livello del debito, che nel 2010 rischia di mettere a segno un record dalla nascita dell'euro: 116%. Con le sue parole Almunia lascia intravedere una prima indicazione di exit strategy, invitando tutti i Paesi membri ad agire contemporaneamente su riduzione di deficit e debito, aumento dell'occupazione e riforma del welfare. Pronta la replica del Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, che smorza gli allarmi e conferma: "un'informazione già acquisita, l'Italia è a medio rischio".

14/10/2009

L'Italia appartiene al gruppo di Paesi europei per i quali la sostenibilità dei conti pubblici è a medio rischio. Lo afferma la Commissione Europea.

Bruxelles lancia l'allarme sulla sostenibilità dei conti pubblici: sul lungo periodo Italia, Francia, Ungheria, Polonia e Portogallo presentano -secondo il Commissario agli Affari Economico Monetari Joaquin Almunia- una scarsa sostenibilità delle finanze, e rischiano dunque di trovarsi in una condizione di medio rischio. Questo senza considerare la spesa pensionistica. Il messaggio all'Italia è chiaro: pur continuando a sostenere l'economia, per non soffocare la ripresa ancora embrionale, Roma deve procedere ad una rapida azione di risanamento dei conti, per garantire una riduzione stabile dell'alto livello di indebitamento. A preoccupare maggiormente la Commissione, paradossalmente, non è tanto l'invecchiamento della popolazione, quanto piuttosto le condizioni di partenza dei conti pubblici, con un debito che il prossimo anno potrebbe toccare l'astronomico livello del 116%. Si respira insomma già aria di exit strategy nelle parole di un Almunia che invita tutti i Paesi membri -in particolare i cinque destinatari del monito- ad agire contemporaneamente su riduzione di deficit e debito, aumento dell'occupazione e riforma del welfare. Il tutto senza far perdere alcuna priorità al sostegno alla ripresa. Poche ore dopo la replica del Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, che conferma Bruxelles: "l'Italia è assolutamente a medio rischio".

13/10/2009

Nuova influenza. Mantengono alta l'allerta i 27 titolari della Salute Europei, riunitisi ieri a Lussemburgo.

"Non abbassare la guardia" e "sì alla vaccinazione per l'influenza A": così l'Europa invita a non prendere sottogamba il virus della nuova influenza, che fino ad ora ha ucciso oltre 200 persone sul suolo continentale. I 27 Ministri della Salute comunitari hanno concluso un vertice straordinario, ribadendo pure la necessità -per i cinque Paesi che ancora non hanno stretto accordi coi produttori- di unire le forze per fare scorta di vaccini. La buona notizia riguarda i picchi influenzali: potrebbe essercene uno solo, come afferma il viceministro alla Salute Ferruccio Fazio. L'Europa invita i cittadini, soprattutto quelli appartenenti alle fasce a rischio e i lavoratori che prestano servizio nei settori considerati essenziali, a vaccinarsi. Per la Commissaria Europea alla Salute, Androula Vassiliou, il vaccino potrebbe diventare presto monodose. Intanto l'Italia ha approntato la propria strategia antipandemica: ieri è partita la distribuzione delle dosi a disposizione in tutte le regioni, mentre altri 400 milioni di euro sono stati accantonati per una eventuale seconda campagna vaccinale. Le dosi in eccesso finiranno ai Paesi comunitari sprovvisti.

12/10/2009

Nuova influenza. Mantengono alta l'allerta i 27 titolari della Salute Europei, riuniti oggi a Lussemburgo.

"Non bisogna abbassare la guardia": questo l'invito dei Ministri della Salute comunitari sull'epidemia di nuova influenza, che -secondo gli ultimi dati del Centro Europeo per la Prevenzione delle Malattie Infettive ha fatto oltre 200 vittime in Europa, quattro delle quali in Italia. La presidenza di turno svedese ha incoraggiato la popolazione a vaccinarsi: "il modo migliore per ottenere una buona protezione", ha dichiarato il Ministro Maria Larsson. Dal canto loro, i 27 Ministri si sono concentrati soprattutto sul problema degli stock di vaccini: nonostante l'Unione abbia già omologato tre diversi tipi di vaccini, una decina di Paesi membri non hanno provveduto ancora a stipulare contratti di fornitura con le imprese farmaceutiche, per proteggere le categorie più a rischio. Intanto, secondo il viceministro alla Salute Ferruccio Fazio, presente al vertice, è stata avviata la distribuzione del vaccino a tutte le regioni italiane. Per Fazio sono due i picchi infettivi previsti per questo inverno.

10/10/2009

La Polonia ha ratificato -come 26esimo Stato- il Trattato di Lisbona che riforma l'Unione Europea. Ora manca solo la Repubblica Ceca.

Meno uno. Sebbene ci si sia messa persino la penna stilografica del presidente polacco Lech Kaczynski a ritardare la firma, anche la Polonia ha ufficialmente ratificato il Trattato di Lisbona, ad una settimana esatta dal sì irlandese, giunto per referendum. A questo punto solo la Repubblica Ceca del presidente euroscettico Vaclav Klaus manca ancora all'appello. La giornata di Varsavia è stata all'insegna dell'ottimismo. Il presidente polacco Kaczynski ha fatto buon viso a cattivo gioco: dopo aver temporeggiato sulla ratifica per ben un anno e mezzo, nonostante l'approvazione del Parlamento, alla fine è capitolato. Il ''Trattato di Lisbona costituisce un cambiamento di qualità", ma l'Unione Europea resta una ''Unione di Stati nazionali'', ha affermato, non senza mostrare una vena euroscettica. Tuttavia, da quando al Governo non c'è più il fratello gemello, anche la sua indole da bastian contrario si è affievolita. Molto soddisfatto per la ratifica il presidente di turno dell'Unione Europea, lo svedese Fredrik Reinfeldt. Secondo il quale, la ratifica polacca fa fare un passo avanti al'Europa. Reinfeldt non ha nascosto l'impazienza per la mancata ratifica ceca. A Praga, il presidente Klaus resta barricato nel castello, sperando che la Corte Costituzionale e le sue pretese di aggiungere clausole extra diluisca nel tempo l'amaro calice.

9/10/2009

Animato dibattito -ieri all'Europarlamento- sul tema della libertà di stampa in Italia.

"La libertà di espressione e la libertà di informazione rappresentano il fondamento di una società libera e democratica": così la Commissaria Europea ai Media Viviane Reding ha introdotto ieri il dibattito europarlamentare sulla libertà di stampa in Italia. Il problema è dunque rimbalzato da Roma a Bruxelles, con uno scontro a tratti acceso. La Reding ha ventilato l'ipotesi di una direttiva comunitaria sul pluralismo dell'informazione e sulla concentrazione dei media. Ma ha posto come condizione un vasto appoggio dell'Europarlamento e la caduta dei veti di alcuni Governi. Tra i deputati, l'atmosfera si è presto scaldata. Chi vede un'anomalia italiana è il capogruppo socialista Martin Schulz. Che -rivolgendosi all'eurodeputato Pdl Mario Mauro- sottolinea come l'Italia sia l'unico Paese democratico nel quale il più grande imprenditore editoriale è anche capo di Governo. Pronta la risposta di Mauro, che definisce il dibattito una farsa. Infine lo show dell'eurodeputato leghista Mario Borghezio, che -urlando- invita il centrosinistra a incatenarsi a Pechino, Cuba o Teheran. Il 21 ottobre il voto sulla risoluzione.

6/10/2009

Una grande dimostrazione degli agricoltori europei ha paralizzato ieri Bruxelles, in coincidenza di un vertice dei Ministri dell'Agricoltura.

Una protesta nel cuore delle istituzioni comunitarie: lanci di uova, farina, bottigliette di vetro, con i copertoni di trattori bruciati e centinaia di litri di latte gettati in strada. La rabbia delle migliaia di agricoltori europei giunti a Bruxelles, seppur annunciata, ha messo a ferro e fuoco la capitale belga, forte di un migliaio di trattori che hanno assediato il quartiere delle istituzioni comunitarie. Al centro della protesta la corsa al ribasso dei prezzi del latte, che minaccia -secondo gli agricoltori- la sopravvivenza stessa del settore. Più interlocutorie invece le risposte giunte dai 27 Ministri dell'Agricoltura: l'unica ricetta concreta, per il momento, è stata rappresentata dall'istituzione di un gruppo ad alto livello, che dovrà definire proposte concrete per andare in aiuto degli agricoltori. I Ministri si sono però divisi su un testo comune, nel quale chiedono un nuovo quadro di regolamentazione per il settore lattiero caseario: l'hanno sottoscritto in 20 Paesi su 27. Fuori Gran Bretagna e i Paesi del Nord Europa. Nel documento, i venti firmatari propongono di riequilibrare le relazioni tra produttori, trasformazione e distribuzione; di migliorare gli strumenti di mercato esistenti; di prevenire comportamenti speculativi e di monitorare gli sviluppi del mercato. La Commissaria all'Agricoltura Marianne Fischer Boel ha ribadito che "le quote di produzione scomparirannoù dal 2015".

4/10/2009

Vittoria netta del sì al referendum irlandese sul Trattato di Lisbona: l'obiettivo ora è l'entrata in vigore entro fine anno, dando il via alle riforme istituzionali dell'Europa e nominando il primo presidente stabile della storia.

Stessa ambientazione e stesso annunciatore, ieri a Dublino, per i risultati del referendum sul Trattato di Lisbona. Ma, a differenza di sedici mesi fa, ad esultare è stata la parte opposta. Col 67,1% dei voti favorevoli e solo il 32,8% di contrari, a fronte di un'affluenza che ha sfiorato il 60, l'Irlanda ha ribaltato il no espresso l'anno scorso, grazie a un massicio spostamento di voti, pari al 20%. Solo due circoscrizioni su 43, entrambe nel Donegal, hanno ribadito la loro opposizione. Tutto il resto del Paese ha votato sì. Ha influito la difficile situazione economica, più che un ritrovato europeismo. Ma Dublino -da ieri- ha ripreso il suo posto in Europa. Il premier Brian Cowen ha parlato di "un bel giorno per l'Irlanda". E di "un bel giorno per l'Europa". Soddisfazione e felicità per il risultato sono state espresse anche dalla capitale comunitaria, Bruxelles, oltre che dai maggiori Paesi, Francia e Germania in testa, e dalla presidenza di turno svedese. Il presidente italiano Napolitano ha esortato i due Paesi mancanti, Polonia e Repubblica Ceca, a ratificare in fretta il Trattato. E proprio a Praga il sì irlandese è stato accolto gelidamente dal presidente Vaclav Klaus, che con alcuni fidati senatori sta temporeggiando con un nuovo ricorso alla Corte Costituzionale. A Bruxelles, intanto, si punta a far entrare in vigore il Trattato entro fine anno.

3/10/2009

La scenografia per l'annuncio dei risultati del referendum irlandese sul Trattato di Lisbona era la medesima di sedici mesi fa, ma oggi si è festeggiato a parti invertite nel Castello di Dublino, dove erano presenti in massa i sostenitori del sì.

67,1% contro 32,9% l'esito finale per il Trattato, con uno spostamento di voti pari a oltre venti punti: un successo schiacciante, a poco più di un anno dalla clamorosa sconfitta nella precedente consultazione. Una vittoria netta, con 41 circoscrizioni su 43 favorevoli e solo due contrarie, entrambe nel Donegal, l'estremo nordovest irlandese. Ha votato sì pure la circoscrizione sudovest di Dublino, dove l'anno scorso si registrò il più alto tasso di contrari. E dove oggi i favorevoli hanno invece prevalso con quasi il 60% dei consensi. Il primo ministro irlandese Brian Cowen ha attribuito il risultato alla determinazione del popolo irlandese di restare "al cuore dell'Europa". Mentre il miliardario Declan Ganley, fondatore del partito Libertas e leader della campagna anti Lisbona si è detto "sorpreso delle dimensioni della vittoria del sì'", che mostra "quanto la gente sia spaventata". Molto ampio il fronte delle reazioni positive in Europa: solo da Praga il presidente ceco Vaclav Klaus, ora il maggiore ostacolo rimasto per la ratifica del Trattato, si è ostinato a ripetere che nion lo firmerà finché non avrà ricevuto il via libera della Corte Costituzionale.

3/10/2009

E' stata schiacchiante la vittoria del sì al secondo referendum irlandese sul Trattato di Lisbona.

Il risultato è stato annunciato nel Castello di Dublino: i voti favorevoli hanno ottenuto il 67,1% dei consensi, contro il 32,9% dei no. Oltre un milione 214mila i consensi per il Trattato, a fronte di soli 594mila contrari. In termini percentuali, si tratta di uno spostamento di voti pari a venti punti e mezzo. L'affluenza alle urne si è attestata al 58%. Per dare la misura del successo del sì basti dire che solo due delle 43 circoscrizioni elettorali hanno votato contro il Trattato. La vittoria era stata annunciata con largo anticipo dal premier irlandese Brian Cowen: "Il Si' ha vinto'', aveva detto Cowen, aggiungendo: ''la gente ha parlato, questo e' un buon giorno per l'Irlanda e per l'Europa'' . Soddisfazione -accompagnata da un sospiro di sollievo- anche negli altri Paesi europei: per il presidente della Commissione José Barroso, è un ''grande giorno per l'Europa - grazie agli irlandesi che hanno detto un enorme sì''. "Una vittoria importante per l'Irlanda e per tutta l'Europa'', secondo il ministro degli Esteri svedese Carl Bildt, presidente di turno dell'Unione, mentre il premier italiano Berlusconi ha espresso l'augurio che il Trattato possa entrare in vigore già quest'anno.

3/10/2009

L'Europa guarda ancora una volta a Dublino per avere lumi sul proprio futuro. Esattamente come accadde all'inizio del millennio con il Trattato di Nizza, gli irlandesi tornano ad essere ago della bilancia, in un Continente che sembra aver perso la bussola su dove vuole andare - e soprattutto cosa vuole diventare.

Ora -anziché Nizza- si vota per Lisbona: il cambio di nome, oltre che geografico, è sostanziale. E riguarda le nuove -seppur modeste- regole di funzionamento dell'Unione. Visto da Dublino, tutto ciò però perde di senso. La maggior parte degli irlandesi si è fatta due conti, e alla fine ha deciso che in tempi di crisi e recessione l'Unione Europea resta l'unico porto sicuro. In frangenti come l'attuale, segnati dal calo dei salari e dall'aumento della disoccupazione, conta il portafoglio, più che il cuore. Per questo -probabilmente- vincerà il sì: se escludiamo gli euroentusiasti, buona parte della popolazione agirà innanzitutto per istinto di autoconservazione. E' infatti chiaro a tutti come -in questo 2009- la differenza tra Irlanda e Islanda l'abbia fatta l'Euro. E lo scudo eretto a protezione dell'unione monetaria. Comunque vada, nessuno potrà cantare vittoria oggi, a Bruxelles: al di là degli ostacoli contingenti, incarnati dal campione di euroscetticismo, il presidente ceco Vaclav Klaus (che si rifiuta di firmare subito il Trattato), resta da comprendere qual è la visione per il futuro dell'Europa. Stato federale con ambizioni politiche, o semplice macroarea di libero scambio? L'essere né carne né pesce non aiuta nessuno. E fa appassire il già debole entusiasmo dei suoi 500 milioni di cittadini.

2/10/2009

Bassa affluenza alle urne in Irlanda per il referendum sul Trattato di Lisbona, decisivo per le sorti dell'Europa.

Hanno deciso di prendersela comoda, gli irlandesi, in uno dei referendum più combattutti della storia recente. Con gli occhi dell'Europa puntati addosso, gli oltre tre milioni di elettori dell'Isola di Smeraldo hanno cominciato a votare alle 8 ora italiana, per una non stop elettorale che durerà 15 ore. Le prime stime indicano un'affluenza a due velocità: più alta a Dublino, più bassa nel resto del Paese. Alle tre italiane aveva votato nella capitale oltre il 21% degli aventi diritto, un dato in ascesa rispetto allo scorso anno. Più bassa l'affluenza in altre contee, soprattutto quelle meridionali di Cork e Limerick: in alcune aree del Paese all'ora di pranzo i votanti non avevano toccato quota 10%. Intanto, un primo sondaggio assolutamente informale -condotto dal quotidiano Irish Times- indicherebbe che l'ex roccaforte del "no" Tallaght, sobborgo meridionale di Dublino, starebbe registrando un crescente travaso di voti verso il sì. Mentre l'ex-roccaforte del "sì", Dun Laoghaire, manterrebbe invariata la sua preferenza per Lisbona. Il premier irlandese Brian Cowen, che ha votato nella contea di Offaly, si è detto cautamente ottimista sulla vittoria del sì. Le urne chiudono alle 23 ora italiana: i conteggi inizieranno domani mattina. In serata l'annuncio ufficiale del risultato. L'Europa, intanto, guarda col fiato sospeso.

28/9/2009

Si profila un Governo tra i conservatori della Cdu/Csu e i liberali della Fdp in Germania, dopo le elezioni di ieri. I due partiti hanno rispettivamente ottenuto il 33,8% e il 14,6% dei consensi. Crollo storico invece per i socialdemocratici della Spd, scesi al 23,1%.

La Germania saluta la Grosse Koalition e volta pagina. "Ce l'abbiamo fatta", esulta la cancelliera Angela Merkel, nascondendo sotto il tappeto il non brillante risultato del suo partito, la Cdu. I conservatori pagano con un leggero calo quattro anni di grande coalizione, proiettandosi verso un cambio di partner di esecutivo, grazie al balzo in avanti dei liberali della Fdp. Che guadagnano cinque punti, si rafforzano come terzo partito e -parola del Ministro degli Esteri in pectore Guido Westerwelle- sono pronti a prendersi la responsabilità di governare. Ma a far più rumore di tutti è il tonfo dei socialdemocratici della Spd, che incamerano il loro peggior risultato dal Dopoguerra. Il candidato cancelliere Frank-Walter Steinmeier non usa mezzi termini per definire quello di ieri come "il giorno più amaro per la socialdemocrazia tedesca". Ma non si arrende, e annuncia che sarà lui a guidare l'opposizione in Parlamento. Fanno bene gli altri due partiti del Bundestag: la sinistra della Linke intorno al 12% guadagna tre punti, mentre i Verdi superano abbondantemente il 10. Cala invece l'affluenza, poco sopra il 70%. Angela Merkel ha evitato trionfalismi eccessivi, promettendo che sarà la cancelliera di tutti i tedeschi: oggi al via i negoziati di Governo tra Cdu/Csu e Liberali. Secondo la Merkel saranno veloci e decisi. Grosse Koalition, aufwiedersehen.

27/9/2009

Una campagna elettorale sottotono per una Germania che si appresta a concludere oggi -ma il forse è d'obbligo- quattro anni di grande coalizione.

Non è stata affatto eccitante la battaglia politica combattuta tra i due partner di Governo, quella Angela Merkel arrivata dal freddo della Germania Est e il timido -nonché poco carismatico- Frank-Walter Steinmeier. Sottotono perchè Angie, l'ex-Maedchen (ragazza) di Helmut Kohl, non è tipo da farsi buttare nella mischia dell'arena politica, a colpi di polemiche e attacchi. Una caratteristica che la accomuna al perdente annunciato Steinmeier, per il quale è già pronto un posto da Alto Rappresentante europeo, se le cose gli dovessero andare male. Tutto scontato, dunque? No, in realtà. E il paradosso maggiore è che i tedeschi rischiano un'altra Grosse Koalition fino al 2013. In un'elezione dalle molte contraddizioni, l'unica certezza infatti è la vittoria dei cristiano-democratici della Cdu/Csu, frutto degli alti indici di gradimento della cancelliera. Ma la somma algebrica dei voti con gli alleati predestinati, i liberali della Fdp, potrebbe non bastare a ottenere la maggioranza al Bundestag. A quel punto gli scenari -Grosse Koalition esclusa- sono più fantasiosi che reali: un trittico conservatori-liberali-verdi o addirittura un ribaltamento del risultato elettorale, con i socialdemocratici al comando di un'ampia ed eterogenea coalizione. Ma qui rischieremmo di sfiorare la fantascienza.

27/9/2009

Ventinove formazioni politiche si contendono i voti per l'elezione -oggi- del nuovo Parlamento tedesco. Favoriti i cristiano-democratici della cancelliera Angela Merkel. Primi exit-poll alle 18 di stasera, non appena chiuderanno le urne.

Sono oltre sessantadue milioni i tedeschi chiamati oggi alle urne per eleggere i 598 deputati del Bundestag. L'obiettivo è chiudere quattro anni di Grosse Koalition tra conservatori e socialdemocratici, tornando al tradizionale bipolarismo. Questo nonostante gli apprezzabili risultati dell'azione di Governo portata avanti dai due pesi massimi della politica tedesca. Gli ultimi sondaggi assegnano la maggioranza relativa, con ampio margine, alla Cdu/Csu della cancelliera Angela Merkel, ma i partner predestinati di Governo, i liberali della Fdp, potrebbero non riuscire a garantire i voti necessari ad ottenere la maggioranza assoluta. Per questo la Merkel ha esortato i propri sostenitori a prodigarsi in una caccia all'ultimo voto, mentre il rivale socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier, la cui Spd vola bassa nei sondaggi -appena al 25%- parla di partita ancora aperta. A fare la differenza -stimano i sondaggisti- saranno soprattutto gli indecisi: circa un terzo dell'elettorato. E' su di loro che si è concentrata nelle ultime ore la campagna elettorale: il messaggio è semplice. "Chi volete sia a tirarvi fuori dalla crisi nei prossimi quattro anni?"

26/9/2009

Si vota domani in Germania per il rinnovo del Bundestag. Parità esatta -nei sondaggi- tra centrodestra e centrosinistra.

Corsa al fotofinish per le elezioni tedesche, quando manca un solo giorno al voto. L'ultima rilevazione dell'istituto Forsa assegna alla coalizione giallonera (cristiano-democratici e liberali) il 47% dei voti, sotto la maggioranza assoluta. Esattamente la stessa percentuale di un eventuale tricolore tra socialdemocratici, sinistra e verdi. Uno scenario da mal di testa per la cancelliera Angela Merkel, accusata all'interno del suo stesso partito di non aver fatto abbastanza in campagna elettorale: la Cdu/Csu domina la scena col 33% nei sondaggi, staccando di ben dodici punti i socialdemocratici di Steinmeier. Ma potrebbe non bastare: i liberaldemocratici sono solo al 14%, mentre cresce la sinistra di Lafontaine, ora al 12%. La cartina geografica mostra il sud e l'ovest tedesco orientati a centrodestra, mentre il centro e l'est guardano al centrosinistra. Di fronte al secondo impasse consecutivo, la Merkel e Steinmeier potrebbero vedersi dunque obbligati a un rinnovo della Grosse Koalition, che ha governato la Germania negli ultimi anni. Tuttavia, il gran numero di indecisi (si stima uno su tre) potrebbe fare domani la differenza alle urne.

19/9/2009

Mossa a sorpresa del neosegretario Nato Rasmussen: ieri ha proposto alla Russia lo sviluppo di un sistema comune di difesa missilistica. Mosca ha reagito positivamente.

Una nuova partnership strategica con la Russia. Il segretario generale della Nato Anders Fogh Rasmussen, il giorno dopo il gesto distensivo dell'amministrazione Obama, che ha mandato in soffitta lo scudo antimissile targato Bush, ha teso la mano a Mosca, con un gesto che apre scenari fino a pochi anni fa inimmaginabili. Alla sua prima importante apparizione pubblica da segretario Nato, Rasmussen ha proposto alla controparte russa di lavorare a un sistema di difesa comune, definendolo: "un nuovo inizio nelle relazioni Nato-Russia". Rasmussen ha elencato i possibili obiettivi della partnership: la difesa dagli attacchi missilistici e la cooperazione sul fronte della lotta al terrorismo e della minaccia nucleare. Su tutte, quella posta dall'Iran. Il segretario Nato ha cercato pure di calmare le preoccupazioni manifestate dai Paesi dell'Est Europa, poco concordi con i piani dell'amministrazione Obama sulla riconfigurazione della difesa antimissile: "non indeboliranno le difese di alcun Paese alleato", ha detto. Come gesto di buona volontà, intanto, Mosca ha annunciato il congelamento di alcune misure militari, tra cui lo stanziamento dei missili Iskander a Kaliningrad.

18/9/2009

Cordoglio dei 26 leader europei all'Italia per l'attentato in Afghanistan, in apertura del Consiglio Europeo straordinario svoltosi ieri sera a Bruxelles. L'Europa ha varato un giro di vite sui bonus ai banchieri, in vista del G20 di Pittsburgh della prossima settimana.

"Abbastanza è abbastanza. Per quanto ci riguarda la bolla dei bonus è scoppiata stanotte": il presidente di turno dell'Unione Europea Frederik Reinfeldt ha sintetizzato così -a fine vertice- la posizione dei 27 Paesi sulla finanza, con l'obiettivo di ottenere un'approvazione al G20. L'Europa -con un balzo in avanti- ha messo nero su bianco proposte di regole vincolanti per una stretta sulle pratiche remunerative. Tra queste, l'introduzione di una clausola di rimborso dei bonus; benefits variabili calibrati sulle performance delle banche; l'impossibilità di esercitare i diritti sulle stock options per periodi di tempo prefissati; esclusione dalla copertura totale sul rischio per direttori e dirigenti; poteri ai board di supervisione per ridurre i compensi in caso di deterioramento delle performance. Sulla crescita, i 27 prevedono che i pacchetti di stimolo per l'attuale biennio ammonteranno a circa il 5% del Pil europeo: non è ancora il momento di attuare exit strategies, ma si può cominciare a disegnarle, in vista della ripresa. Preoccupa infine l'aumento della disoccupazione, con un tasso comunitario che potrebbe toccare l'11%. Ha preso quota invece tra i leader l'idea di una tassa sulle transazioni finanziarie, ma non a sufficienza per essere approvata. Infine il clima, con l'allarme della presidenza svedese: a 80 giorni dalla Conferenza di Copenhagen ci sono ancora 2000 nodi negoziali da sciogliere, ha denunciato Reinfeldt.

17/9/2009

Si apre questa sera a Bruxelles il Consiglio Europeo straordinario. che sarà interamente dedicato alla crisi economia e ai preparativi per il G20 della prossima settimana.

Sanzioni contro le banche che elargiscono bonus eccessivi ai propri manager e mantenimento delle misure a sostegno dell'economia. E' su queste due linee direttrici che prende le mosse il vertice straordinario dei 27 leader europei, che si tiene in serata a Bruxelles. "Stiamo cercando di coordinare la posizione comunitaria in vista del G20 di Pittsburgh della prossima settimana", ha spiegato il presidente di turno Frederik Reinfeldt. Reinfeldt si è spinto oltre, parlando di una vera e propria "messa in riga" di quelle banche che sono tentate dal ritorno alle vecchie abitudini. Per questo la bozza di conclusioni che dovrebbe essere approvata questa sera chiede il varo di regole vincolanti per le remunerazioni dei manager, legando la parte variabile alle perfomance di lungo periodo. La proposta si spinge fino a proporre sanzioni a livello nazionale per quegli istituti di credito che non rispetteranno questi vincoli. Una mossa che -qualora passasse stasera il varo dei 27- costringerebbe la posizione americana -finora più morbida sui bonus- nell'angolo. I leader europei chiederanno pure il mantenimento dei pacchetti di stimolo all'economia fino al termine della crisi. Non è dunque ancora il momento delle exit strategies, ma -questa è la convinzione- si può cominciare a disegnarle. Infine il cambio climatico, settore nel quale l'Europa lancerà la seconda sfida a Washington: i 27 confermeranno gli obiettivi del G8 de L'Aquila, ma per la presidenza di turno svedese gli Stati Uniti procedono troppo lentamente.

17/9/2009

Con 382 voti a favore, 219 contrari e 117 astenuti l'Europarlamento ha approvato ieri la riconferma dell'attuale presidente della Commissione Europea per altri cinque anni.

José Manuel Durao Barroso supera il primo importante scoglio, ma non può ancora cantare vittoria. Il presidente uscente della Commissione Europea ha ottenuto ieri dall'Europarlamento la seconda investitura alla testa dell'esecutivo comunitario, al termine di un'estate passata a convincere i gruppi politici più riottosi di Strasburgo a votarlo. "Penso di uscire da questo voto con un'autorità rafforzata", ha detto Barroso in conferenza stampa, dove ha riconosciuto -incredulo- di aver raccolto più voti del previsto. Una maggioranza assoluta -la sua- che l'avrebbe eletto anche nel caso fossero già entrate in vigore le nuove regole del Trattato di Lisbona. L'emiciclo ha fatto registrare un voto frammentato: per Barroso si sono schierati i popolari europei, i conservatori euroscettici, quasi tutti i liberaldemocratici e alcuni gruppi socialisti. Il voto di ieri ha segnato l'inizio di un percorso non semplice: Barroso dovrà ora riempire le caselle nei posti dei prossimi Commissari Europei, sperando che il referendum irlandese sul Trattato di Lisbona non riservi brutte sorprese. Dividere i portafogli sarà un rompicapo, con alcuni Paesi che premono per posizioni importanti. A fine anno il suo nuovo team affronterà un ulteriore esame all'Europarlamento. Sullo sfondo proseguono intanto le trattative sui nomi in gara per i posti di presidente europeo e di Mister Politica Estera.

16/9/2009

L'economia al centro del vertice straordinario europeo, in programma domani a Bruxelles. Già oggi però sono circolate le prime anticipazioni sulle conclusioni.

Sanzioni per quelle banche che elargiscono bonus eccessivi, al fine di evitare gli errori del passato. E studio delle possibili vie d'uscita dalla crisi, sostenendo però l'economia finché sarà necessario. E' su questi binari che si muove l'azione del Consiglio Europeo che si apre domani, prologo necessario al G20 della prossima settimana a Pittsburgh. L'Europa ha la necessità di compattarsi intorno a linee comuni e condivise, per evitare lo spaccamento tra il fronte anglosassone e quello continentale. Di qui la richiesta -che l'Unione porterà al G20- di attuare un giro di vite sulle remunerazioni dei manager bancari, trovando un accordo su regole vincolanti e prevedendo la minaccia di sanzioni a livello nazionale per chi non le rispetterà. Una posizione più dura rispetto a quella uscita dal G20 dei Ministri Finanziari di inizio settembre. Più in generale, la bozza che dovrebbe essere approvata domani chiede pure di evitare gli errori del passato, che hanno portato all'attuale crisi: lancia contemporaneamente l'allarme sull'incremento della disoccupazione, e definisce come ancora critico il funzionamento del sistema bancario, per le difficoltà nel ristabilire i normali flussi di credito. Sul clima, infine, l'appello affinché tutti i Paesi contribuiscano al finanziamento della lotta contro il cambio climatico.

16/9/2009

Ci sono novità importanti sulla vaccinazione per la nuova influenza, mentre l'Europa ha presentato la sua strategia anti-pandemia.

Via libera del Consiglio Superiore di Sanità a tutte le richieste avanzate dal Ministero della Salute, relative alla possibilita di vaccinare contro l'influenza A le donne in gravidanza nel secondo o terzo trimestre, i bambini e i ragazzi dai 6 mesi a 17 anni e -infine- sull'ipotesi di una eventuale co-vaccinazione contro il virus della più comune influenza stagionale. Oggi il tema sarà discusso dall'Unita' di crisi istituita presso il Ministero della Salute. Intanto la Commissione Europea ha annunciato una strategia a supporto dei Paesi membri. Come ha sottolineato in conferenza stampa a Strasburgo la titolare della Salute Androulla Vassiliou, è vitale mantenere il coordinamento tra i Paesi europei: in primis sulla vaccinazione, che per Bruxelles resta prioritaria per i bambini sopra i sei mesi, le donne incinte, i lavoratori del settore sanitario, e le persone con problemi di salute precedenti. Bruxelles è preoccupata soprattutto dalla possibilità che alcuni Paesi membri restino senza sufficienti scorte di vaccini, mentre altri -come la Gran Bretagna- che si sono mossi in anticipo. potrebbero registrare addirittura dei surplus. Per questo preme per un programma di approvvigionamento comune, che al momento ha registrato però l'adesione di soli 10 Paesi su 27.

15/9/2009

"L'Europa sta uscendo dalla recessione, ma resta alta l'incertezza": il Commissario Europeo agli Affari Economico Monetari Joaquin Almunia guarda con cauto ottimismo al futuro. Italia in affanno sul Pil: -5% nel 2009.

Vede la luce in fondo al tunnel della crisi anche la Commissione Europea, che pronuncia finalmente la parola "ottimismo" nelle previsioni intermedie d'autunno. Il titolare degli Affari Economici Joaquin Almunia in realtà lo accompagna più volte alla parola "prudenza", per sottolineare come l'incertezza sul futuro resti elevata. Resta però il sollievo per l'interruzione di una serie di previsioni di crescita al ribasso: l'Unione Europea nel 2009 dovrebbe registrare un calo del 4% del Pil, per effetto di un inizio anno peggiore delle attese, cui sta facendo da contraltare però, nella seconda parte del 2009, una ripresa più rapida del previsto. Nel Vecchio Continente fanno peggio di tutti la Germania (-5,1%) e l'Italia (-5%): ma per Bruxelles sarà proprio Berlino, con Parigi, a dover trainare la crescita. Consentendo un quarto trimestre leggermente positivo in tutti i maggiori Paesi europei, Spagna esclusa. Almunia non nasconde infine la propria preoccupazione per la disoccupazione in crescita e le finanze pubbliche in difficoltà. Sull'Italia il quadro è decisamente in chiaroscuro: il Belpaese vede scendere di sei decimali la previsione sul calo del Pil rispetto a maggio, uno dei peggiori tonfi del Dopoguerra - ma Bruxelles vede una debole ripresa in arrivo già alla fine del 2009. Roma, con lo 0,9% ha anche uno dei tassi di inflazione maggiori in Europa.

14/9/2009

"L'Europa sta uscendo dalla recessione, ma resta alta l'incertezza": il Commissario Europeo agli Affari Economico Monetari Joaquin Almunia guarda con cauto ottimismo al futuro. Ma solo la Germania fa peggio dell'Italia per calo del prodotto interno lordo.

La luce in fondo al tunnel. Così Joaquin Almunia fotografa l'attuale situazione economica nel Vecchio Continente. Presentando le previsioni intermedie d'autunno, Almunia vi aggiunge "un certo ottimismo, ma anche -parole sue- tanta prudenza". Bruxelles si allinea al trend di previsioni positive dei principali organismi internazionali, ma tira il freno su entusiasmi precoci. Il calo del Pil nell'Eurozona e nell'Unione a 27 sarà quest'anno del 4%, con gli effetti più pesanti sull'economia tedesca (-5,1%) e italiana (-5%). Se percentualmente il calo appare invariato rispetto alle previsioni di quattro mesi fa, lo si deve soprattutto ai primi due trimestri del 2009, peggiori del previsto, mentre il rimbalzo dell'economia dovrebbe rafforzarsi notevolmente per la fine dell'anno, quando tutte le maggiori economie europee -Spagna esclusa- potranno tornare a far registrare Pil in positivo. Almunia ha messo in guardia dai rischi legati alla disoccupazione in aumento e alle finanze pubbliche in difficoltà, invitando i Governi a puntare su exit strategies chiare, credibili e coordinate. Sull'Italia, il titolare europeo dell'Economia ha affermato che il secondo trimestre del 2009 ha fatto registrare una recessione più profonda del previsto. Ma ha confermato che il Belpaese, al pari degli altri, dovrebbe registrare un miglioramento progressivo nella seconda metà dell'anno. Cattive notizie dal fronte dell'inflazione, dove Roma farà registrare un tasso doppio rispetto alla media europea.

8/9/2009

''Ho come l'impressione che ci sia stato un eccesso di autismo e soprattutto di hybris'' da parte degli economisti. Cosi' il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ieri in un dibattito sulla crisi.

Promette una strategia di uscita dalla crisi concordata con l'Europa il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, intervenuto ieri all'Università Bocconi per presentare il libro "Lezioni per il Futuro" del Sole 24 Ore. Un Tremonti all'attacco ,quello di ieri a Milano, che rivendica ancora una volta di aver previsto la crisi -secondo lui dovuta alle modalità con cui si è gestita la globalizzazione- e che ora dice: "abbiamo evitato la catastrofe". Questo, aggiunge, grazie a un meccanismo di governance mondiale in cui l'Europa si adesso presenta in modo piu' unito". Tremonti elenca le riforme fatte fin qui dal Governo e rivendica il ruolo dell'Italia nel porre il problema delle regole al G8 de L'Aquila. Poi affonda il coltello in quelli che considera i problemi: la retorica del declino e la questione meridionale, che -dice- si affronta col federalismo fiscale. Enrico Letta del PD invita il Governo ad approfittare del momento per fare le riforme, partendo dagli ammortizzatori sociali. E chiede un'Europa ancora più forte.

7/9/2009

Il peggio della crisi sembra essere alle spalle: lo afferma il G10 dei banchieri, riunitosi oggi a Basilea.

E' un messaggio di ottimismo quello che emerge dal meeting dei Governatori del G10: ''molti indicatori economici stanno andando meglio di quanto si pensasse'' e ''tante stime sono state riviste al rialzo'', ha dichiarato il presidente della Bce Jean-Claude Trichet. "L'economia globale è probabilmente uscita dalla fase di caduta libera", ha aggiunto Trichet, che ha lanciato al contempo un invito alla prudenza. Anche perché -ha avvertito- la strada verso la ripresa potrebbe rivelarsi accidentata. Al centro dei colloqui dei banchieri pure l'allarme disoccupazione, il cui tasso è in crescita in tutte le principali economie, con gli inevitabili impatti su fiducia e famiglie. Trichet ha dedicato un passaggio del suo intervento ai mercati finanziari: "mostrano elementi positivi rispetto al passato, ma non siamo ancora ad un livello di funzionamento normale", ha detto, prima di lanciare un monito: "le autorità finanziarie non saranno perdonate in caso di nuove crisi". Bolle speculative, disattenzione verso i rischi o propensione ai rischi eccessivi, non saranno insomma più tollerate. Per Trichet, infine, l'accordo raggiunto ieri tra i governatori della banche centrali sui nuovi standard di regolamentazione bancaria, dovrebbero impedire la nascita di nuove bolle.

6/9/2009

"Non è possibile che le banche comandino sui Governi". Dal G20 delle Finanze di Londra il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti prende di mira gli istituti di credito.

Alla fine ha prevalso una soluzione di compromesso: in vista del vertice di fine mese a Pittsburgh, che vedrà riuniti i leader mondiali, i 20 Ministri delle Finanze hanno concordato di mantenere in piedi i pacchetti di stimolo all'economia, rinviando a tempi più certi l'avvio di una strategia di uscita dalla crisi. Il che significa politiche monetarie e fiscali espansive ancora per mesi, utilizzando i 5000 miliardi di dollari già stanziati. Più limitati, al di là delle buone intenzioni, i progressi sul fronte dei limiti ai bonus dei banchieri: divisi tra l'area franco-tedesca -che chiedeva tetti precisi- e quella anglosassone, che vi si opponeva, i titolari delle Finanze mondiali hanno optato per affidare al Financial Stability Board, presieduto da Mario Draghi, il mandato di esplorare principi comuni per le retribuzioni nel settore finanziario. E proprio le banche sono state al centro dell'attacco del Ministro Tremonti. Per il Governatore di Bankitalia Draghi, le banche devono approfittare di questo momento per rafforzare il capitale. Infine l'impegno del G20 a rafforzare il peso politico di India e Cina all'interno di Banca Mondiale ed Fmi. Probabilmente, a scapito dell'Europa.

5/9/2009

Seconda giornata oggi del G20 dei Ministri delle Finanze a Londra. Profonde le divisioni tra le due sponde dell'Atlantico sulle ricette anticrisi.

Ora che i segnali della ripresa economica mostrano timide previsioni al rialzo, che fanno intravedere una crescita più veloce del previsto, anche i Ministri delle Finanze allargano il fossato delle divisioni in merito alle ricette da intraprendere per uscire dalla crisi. L'ora delle decisioni operative, con il G20 di Pittsburgh in arrivo, impone scelte importanti, frenate da veti incrociati: se dunque i 20 Ministri delle Finanze riuniti a Londra concordano sulla necessità di mantenere in vigore i piani di stimolo, per evitare di cantare vittoria troppo presto, l'iniziativa americana per accrescere i requisiti di capitale delle banche ha già incassato il "no" franco-tedesco. Sull'altro fronte, la proposta di Parigi e Berlino per limitare i maxibonus dei banchieri ha ricevuto la fredda accoglienza americana, con la Gran Bretagna che -dopo aver sottoscritto l'iniziativa franco-tedesca, ha già fatto un mezzo passo indietro. "Siamo pronti a cooperare sulle proposte di limitazione dei bonus, ma solo concentrandoci su quelle realizzabili", ha spiegato alla Bbc il cancelliere dello Scacchiere Alistair Darling. Ieri il Governatore di Bankitalia Draghi ha incontrato il Ministro del Tesoro americano Geithner, proprio per parlare delle nuove regole per la Finanza che il Financial Stability Boeard sta scrivendo. I Paesi emergenti intanto intendono usare il G20 per riequilibrare a loro favore il sistema di diritto di voto nell'Fmi e nella Banca Mondiale.

4/9/2009

Si apre questa sera a Londra il G20 dei Ministri delle Finanze, incontro preparatorio a quello dei leader mondiali che si terrà a fine mese a Pittsburgh.

Trovare una via d'uscita per la ripresa, che vada oltre i piani di stimolo, e implementare misure per limitare stipendi e bonus dei banchieri: è con queste premesse che si apre a Londra il G20 dei Ministri finanziari, il secondo di una serie di appuntamenti economici che culmineranno nel G20 di Pittsburgh. Il meeting ha avuto un prologo con l'incontro tra il segretario al Tesoro americano, Tim Geithner, e il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi. Al centro del colloquio le nuove regole globali per la finanza, che il Financial Stability Board, organismo presieduto da Draghi, sta redigendo. In questo contesto si inseriscono anche le proposte di limitazione degli stipendi e dei bonus dei banchieri, che Germania, Francia e Gran Bretagna hanno sottoscritto. La posizione di Londra, per una volta in antitesi rispetto a quella americana, non arriva però -come chiedono Parigi e Berlino- a proporre la tassazione o la limitazione per legge dei compensi. Altro tema in discussione la exit strategy dai piani di stimolo per la ripresa economica: i 20 Ministri delle Finanze freneranno -di comune accordo- gli entusiasmi su una ripresa dietro l'angolo, ma restano le divisioni su quanto si dovrà ancora spendere e soprattutto fino a quando. Confermata infine la convocazione di un vertice europeo straordinario sull'economia per il 17 settembre.

3/9/2009

Ancora polemiche tra Italia e Unione Europea dopo gli attacchi del premier Silvio Berlusconi a Bruxelles. Che martedì aveva minacciato di bloccare i lavori in Europa, qualora i Commissari continuassero ad esternare.

Caso chiuso. O forse no. La polemica tra il premier Silvio Berlusconi e una Commissione Europea il cui presidente è in scadenza e cerca disperatamente una riconferma, ha vissuto ieri una giornata a tratti paradossale. Bruxelles prova a smorzare le polemiche in mattinata, nonostante il nuovo attacco del Ministro degli Esteri Frattini, che invita proprio Barroso a coordinare le relazioni con i media. "Caso chiuso", spiega ai giornalisti Johannes Leitenberger, portavoce di Barroso, che ribadisce una volta di più l'indipendenza della Commissione e il diritto-dovere di informare. Non si cambia, insomma, nonostante le minacce italiane. Ma il basso profilo scelto da Bruxelles non piace ad alcuni Commissari Europei, che celano a stento l'irritazione verso Berlusconi. Prima il francese Jacques Barrot, nel mirino delle polemiche italiane, respinge al mittente -cioé Frattini- le accuse di inazione europea sul fronte immigrazione; poi è il turno di uno dei pesi massimi della Commissione. Joaquin Almunia, titolare dell'Economia, non le manda a dire. "A quale presidenza dovrei chiedere il permesso di parlare?" La chiosa è tutta del presidente di turno europeo, il Ministro svedese Andreas Borg. Che chiedendo che la Commissione continui a rispondere in maniera completa e trasparente, esplicita l'isolamento italiano in Europa sulla questione.

2/9/2009

"A quale presidenza dovrei chiedere il permesso di parlare?" L'ironia tagliente del Commissario agli Affari Economico Monetari Joaquin Almunia ha fatto intendere che il caso dell'attacco frontale del premier Silvio Berlusconi all'Unione Europea, al di là delle rassicurazioni di prammatica, è tutt'altro che chiuso. La giornata si era aperta con quella che pareva una vittoria diplomatica per l'Italia: il Ministro degli Esteri Frattini che chiedeva al presidente della Commissione Barroso di coordinare le relazioni coi media e il portavoce di quest'ultimo che -davanti ai giornalisti di tutta Europa- dichiarava: "caso chiuso". Ma la manovra di Barroso, attualmente debolissimo e in cerca disperata di appoggi-chiave per una riconferma alla guida della Commissione, non è evidentemente piaciuta ad alcuni Commissari. Prima il francese Jacques Barrot, nel mirino delle accuse italiane, respingeva al mittente -cioé Frattini- le accuse di inazione europea sul fronte immigrazione; poi -appunto- il commento di Almunia. Con la presidenza di turno europea, rappresentata dal Ministro delle Finanze Borg, che chiosava. "La Commissione Europea continui a rispondere in maniera completa e trasparente''. Segno che l'iniziativa del premier Berlusconi -al momento- è isolata in Europa.

2/9/2009

L'affondo -freddo e calcolato- di Silvio Berlusconi contro l'Unione Europea arriva -ironia della sorte- pochi minuti dopo due dichiarazioni del portavoce comunitario su immigrazione e libertà di espressione.

E saranno proprio questi i due temi che segneranno la giornata polacca del premier, che -per iniziare- attacca Bruxelles. Berlusconi arriva a minacciare il licenziamento per quei Commissari e portavoce che trasgredissero questa sua regola. Alla base delle dichiarazioni del premier c'è la richiesta -in arrivo da Bruxelles- di maggiori informazioni sul barcone di migranti respinto pochi giorni fa verso la Libia. Non è la prima volta -anzi, è la quinta in due anni- che il premier chiede di imporre il silenzio ai singoli Commissari Europei: finora senza alcun esito. Le uniche reazioni internazionali -nel silenzio delle capitali- arrivano così dai socialisti europei, che chiedono al presidente della Commissione José Barroso una presa di posizione immediata. Eventualità improbabile -Bruxelles, a parte la sorpresa, minimizza- anche perché proprio Barroso è in cerca di una riconferma e l'appoggio italiano gli è indispensabile. Sempre ieri Berlusconi ha attaccato nuovamente il quotidiano La Repubblica: alle dieci domande sulle sue frequentazioni femminili avrebbe risposto se fossero giunte da un altro giornale e fossero state poste sotto altra forma.

1/9/2009

L'attacco del premier Silvio Berlusconi all'Europa è giunto a freddo, improvviso, a solo mezz'ora dell'ultima richiesta di informazioni da parte della Commissione Europea sul caso del barcone di migranti respinto in Libia.

Non è la prima volta che Berlusconi chiede il silenzio a portavoce e Commissari europei. Ma è la prima volta che accompagna le sue parole a una minaccia esplicita. Da Bruxelles la reazione ha puntato sul basso profilo: nonostante la sorpresa, esplicitata dal capo dei portavoce Johannes Leitenberger, si è cercato soprattutto di chiarire come la Commissione Europea non ha espresso alcuna critica, ma ha solamente richiesto delle informazioni. A Radio 24 il portavoce Dennis Abbott, più volte intervenuto in questi giorni sui temi migratori, ha definito la questione come un "equivoco", spiegando come portavoce e commissari sono tenuti a dare conto al pubblico del proprio operato. In serata, infine, nota distensiva di Palazzo Chigi, che sembrerebbe chiudere un caso che anche Bruxelles ha fretta di mandare in soffitta: le prossime settimane saranno infatti decisive per la riconferma del presidente della Commissione Barroso. E l'appoggio dell'Italia potrebbe essere per lui fondamentale.

24/8/2009

Sulla questione immigrazione botta e risposta tra il Ministro degli Esteri Franco Frattini, intervenuto al meeting di Cl a Rimini, e due Ministri degli Esteri europei.

E' un duello diplomatico quello che si consuma a pochi metri di distanza tra il Ministro degli Esteri italiano Franco Frattini e il presidente di turno dell'Unione Europea Carl Bildt. A Rimini per il meeting di Cl, Frattini ha ribadito l'attacco all'Unione Europea. Lo fa a soli due mesi di distanza dall'ultimo Consiglio Europeo, dove l'Italia sbandierò un successo diplomatico proprio in tema di immigrazione: "i 27 paesi che compongono il blocco comunitario -dice Frattini- non ripartono equamente tra loro il crescente carico di immigrati. Al di là dei finanziamenti e delle dichiarazioni politiche l'Europa è mancata nella distribuzione proporzionale di queste persone". Frattini rivendica anche, con una certa irritazione, il lavoro svolto dal nostro Paese. A stretto giro di posta giunge la replica del presidente di turno europeo Carl Bildt, anche lui a Rimini, che chiarisce come i 27 discuteranno a fine ottobre una proposta della Commissione, relativa proprio alla ripartizione del carico dei migranti. Frattini è tornato pure sui rapporti con Malta: "il negoziato decennale per restringere lo spazio marittimo di soccorso sotto il controllo de La Valletta è indispensabile". Ma da Malta l'omologo Tonio Borg risponde ancora picche: "i confini di quello spazio non sono in discussione, né hanno nulla a che vedere con l'ultima tragedia", dice.

23/8/2009

Sulla questione immigrazione botta e risposta tra il Ministro degli Esteri Franco Frattini, intervenuto al meeting di Cl a Rimini, e due Ministri degli Esteri europei.

Torna a criticare lo scoordinamento europeo in materia di immigrazione il Ministro degli Esteri Franco Frattini, che indica proprio nell'Unione Europea l'ostacolo principale: "Qui è mancata l'Europa", ha detto Frattini, che ha specificato come al di là dei finanziamenti e delle dichiarazioni politiche Bruxelles non abbia ancora risposto alla richiesta di Roma per una equa suddivisione del carico dei migranti". Frattini ha rivendicato pure il ruolo ricoperto dall'Italia. Da Bruxelles la portavoce della Commissione, interpellata da Radio 24, non ha per ora commentato le dichiarazioni di Frattini. E' intervenuto però il presidente di turno europeo, il Ministro svedese Carl Bildt, che ha chiarito come i 27 discuteranno a fine ottobre una proposta della Commissione Europea relativa proprio alla ripartizione del carico dei migranti. Frattini è poi tornato anche sui rapporti con Malta: "il negoziato decennale per restringere lo spazio marittimo di soccorso sotto il controllo de La Valletta è indispensabile". Ma da Malta l'omologo Tonio Borg ha nuovamente risposto picche: "i confini di quello spazio non sono on discussione".

23/8/2009

Botta e risposta a distanza tra i Ministri degli Esteri italiano e maltese.

E' un'Italia politicamente isolata in Europa sulla questione immigrazione quella che emerge dall'ennesimo caso di tragedia del mare. L'ammissione è arrivata ieri sera dal Ministro degli Esteri Franco Frattini. Frattini ha denunciato la risposta europea -negativa- alla proposta di redistribuzione del carico di immigrati in arrivo sulle coste mediterranee, avanzata dall'Italia. Nelle ultime ore si sono complicati i rapporti diplomatici anche con Malta: da La Valletta è arrivato un secco "no" alla proposta avanzata ieri dallo stesso Frattini in un'intervista, nella quale chiedeva al Governo dell'isola di affidare all'Italia la gestione di parti della cosiddetta zona di salvataggio in mare, attualmente sotto controllo maltese. "Non firmeremo alcun accordo, nonostante le pressioni", ha dichiarato l'omologo maltese Tonio Borg, che non ha escluso una prosecuzione del dialogo con Roma per la gestione di questa zona. Una dichiarazione che non ha stupito Frattini: "posizione prevedibile", ha detto.