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8/1/2016

Ancora in ordine sparso, ma con un obiettivo comune ormai prevalente: ridurre i flussi di immigrati, dopo l'anno record del 2015. L'Europa è ufficialmente ripartita ieri, con l'apertura del semestre olandese, deviando in qualche modo dal messaggio tedesco.

Quel messaggio che portò Angela Merkel sulle prime pagine, alla fine dell'estate. Un messaggio di solidarietà e di accoglienza verso i profughi. Ora, di fronte a numeri massicci, e temendo un'estate ancora più carica di arrivi, l'impronta scandinava sembra prevalere: "i numeri in ingresso devono scendere, non possiamo continuare così", è sbottato ieri il premier olandese Mark Rutte, il cui Paese detiene la presidenza semestrale dell'Unione. Un chiaro passaggio alla linea dura, per evitare che -alla fine, a farne le spese- sia lo spazio Schengen. Quello spazio Schengen che il presidente della Commissione Europea Juncker invita a far sopravvivere. "Un dovere collettivo", lo definisce Juncker, conscio che le sue sono solo belle parole. Schengen è nei fatti già agonizzante, in un'Europa dove ognuno continua a far da sè, nonostante un numero di vertici d'urgenza quasi imbarazzante, nella seconda metà del 2015. A mediare resta la Germania, con la cancelliera Merkel che richiama tutti ad una responsabilità comune sulle frontiere. E -dicendo di non voler minacciare nessuno, qualora questa responsabilità non venisse condivisa- in realtà lo sta già, sottilmente, facendo. Nella terra di mezzo resta il groviera di una politica comune sull'immigrazione che continua a non funzionare: gli accordi con la Turchia, sbandierati a fine novembre, sono scritti sulla stessa acqua che i profughi solcano ogni giorno... i turchi non vedono i tre miliardi promessi, e l'Europa non vede ridursi i flussi da Smirne e dintorni. Venendo a casa nostra, in Europa ricollocamenti e hotspots proseguono a ritmi imbarazzanti. Ognuno continua a far dasè: così ieri la Svezia ha annunciato l'estensione dei controlli alle frontiere fino all'8 febbraio.

8/1/2016

La cancelliera tedesca Merkel richiama i partner europei alla responsabilita' comune sulle frontiere europee. "Non voglio fare minacce dicendo cosa succede se...", ha detto in conferenza stampa, per poi richiamare alla "responsabilita' comune sulle frontiere esterne europee".

Schengen deve sopravvivere. E il numero di immigrati deve calare. L'Europa apre ufficialmente i battenti del nuovo anno istituzionale, lanciando questi due messaggi. Il primo è appannaggio del presidente della Commissione Juncker, che definisce "un dovere collettivo" il salvataggio dello spazio di libera circolazione europea. E accusa: non si può andare avanti con Governi che -giorno dopo giorno- ripristinano i controlli alle frontiere. L'obiettivo, ribadisce Juncker, è arrivare a tappe forzate all'obiettivo di creare una guardia di frontiera comune entro giugno. Dal canto suo, la presidenza di turno olandese dell'Unione rafforza i toni dell'area nordico-scandinava, che vuol vedere un calo negli arrivi in Europa: "i numeri devono scendere, non possiamo continuare così", ha detto il premier Mark Rutte. Sullo sfondo, Bruxelles prova a riavviare i rapporti con la Turchia: il vicepresidente della Commissione Timmermans andrà domenica ad Ankara, per fare il punto sul piano d'azione concordato a fine novembre. Piano che fa già acqua: un po'perchè i turchi non hanno visto granché dei tre miliardi promessi dall'Europa. E un po perché l'Europa -parallelamente- non vede il flusso di immigrati calare sulla rotta egea. Intanto il Governo svedese ha esteso i controlli temporanei alle sue frontiere di un altro mese, fino all'8 febbraio. E la Finlandia annuncia: nel 2015 il numero dei migranti arrivati e' aumentato di circa 10 volte, rispetto all'anno precedente.

7/1/2016

Bruxelles difende ciò che resta di Schengen, al termine del vertice d'urgenza dei Paesi nordici.

“Tornare al più presto alla normalità", predica Il Commissario Europeo agli Affari Interni Avramopoulos, che rassicura: "abbiamo tutti concordato che Schengen debba essere salvaguardata, le misure messe in atto saranno mantenute per lo stretto necessario", dice. Prima di affermare che al momento non ci sono notizie sulla possibile reintroduzione di controlli alla frontiera italo-slovena. La realtà è che -almeno fino a metà gennaio- Schengen resterà azzoppata: controlli alle frontiere sono stati reintrodotti in sei Paesi, tra cui l'intero blocco scandinavo, e controlli a campione sono in vigore in altri sei. La libera circolazione resta attiva in dodici Stati - la metà. Al vertice di Bruxelles la Danimarca chiede soluzioni comuni, ma intanto fa da sola, e nega l'ingresso nel suo territorio a 36 profughi. La Svezia, che ha innescato la reazione a catena di chiusura delle frontiere a nord, chiede la piena implementazione delle regole di Dublino, e chiede di bloccare l'autostrada di rifugiati che si è creata nel bel mezzo del Continente. Il sottosegretario all'Interno tedesco Schroeder, nel giorno in cui Berlino annuncia di aver accolto l'anno scorso un milione e centomila rifugiati, chiede che entro la primavera venga messo in atto uno schema efficace di protezione dei confini europei, insieme ad un altrettanto funzionante schema di ricollocazione dei profughi. Altrimenti, prende atto Berlino, ogni Paese farà da sè.

6/1/2016

"Tornare al più presto alla normalità", predica Bruxelles, al termine del vertice nordico per fare il punto su ciò che resta di Schengen.

Il Commissario Europeo agli Affari InterniAvramopoulos rassicura: "abbiamo tutti concordato che Schengen debba essere salvaguardata, le misure messe in atto saranno mantenute per lo stretto necessario", dice. Prima di affermare che -al momento- non ci sono notizie sulla possibile reintroduzione di controlli anche alla frontiera italo-slovena. Ma dei quattro presenti al summit,Avramopoulos sembra l'unico a credere davvero alle proprie parole. Almeno fino a metà gennaio Schengen resta azzoppata: controlli alle frontiere sono stati reintrodotti in sei Paesi, tra cui l'intero blocco scandinavo, e controlli a campione sono in vigore in altri sei. La libera circolazione resta attiva in dodici Paesi - la metà. Al vertice di Bruxelles la Danimarca chiede soluzioni comuni, ma intanto fa da sola, e nega l'ingresso nel suo territorio a 36 profughi, dopo un controllo al confine con la Germania. La Svezia, che ha innescato la reazione a catena di chiusura delle frontiere a nord, chiede la piena implementazione delle regole di Dublino, che prevedono l'obbligo di presentazione di domanda di asilo nel primo Paese di approdo. E la Germania, che l'anno scorso ha accolto un milione e centomila rifugiati, e che accusa in sostanza la Grecia di non non essere in grado di controllare le proprie frontiere, sottolineando il fallimento della politica comune di immigrazione, prende atto della situazione: ogni Paese farà da sè, dice Berlino, se entro la primavera non teniamo fede agli impegni presi.

6/1/2016

"Abbiamo tutti concordato che Schengen deve essere salvaguardata" e che "le misure messe in atto saranno mantenute per lo stretto necessario", e cioe', "fino a quando cisara' una riduzione dei flussi".

Cosi' il commissario europeo agli Affari Interni Dimitris Avramopoulos, dopo la riunione -oggi a Bruxelles- con i Ministri svedese e danese all'Immigrazione, ed il segretario di Stato agli Interni tedesco Ole Schroeder. Avramopoulos ha aggiunto di non avere alcuna informazione sull'ipotesi -ventilata negli ultimi giorni- di una reintroduzione dei controlli alla frontiera tra Italia e Slovenia. La Danimarca -da parte sua- ha sottolineato la necessità di trovare soluzioni comuni al problema della sopravvivenza di Schengen e della libera circolazione, mentre la Svezia ha reiterato la necessità di far valere le regole di Dublino, che prevedono l'obbligo di presentare domanda di asilo nel primo Paese di approdo. Da parte sua la Germania ha avvertito: fino a quando le regole sull'asilo in Europa non saranno rispettate e non verranno messe in pratica le soluzioni comuni per far fronte alla pressione migratoria, gli Stati membri daranno risposte singole.

29/12/2015

Proseguono le delicate manovre per formare un nuovo Governo in Spagna, dopo le indecifrabili elezioni del 20 dicembre.

A manovrare, in una situazione sempre più confusa, i due maggiori partiti, Popolari e Socialisti: il premier uscente Rajoy ha incontrato gli anti-casta di Podemos e Ciudadanos, ottenendo la conferma del "no" totale a una coalizione da parte di Iglesias, e l'offerta di astensione da parte di Rivera. Tutto inutile. Così si fa strada l'idea di una grande coalizione. Ipotesi ancora una volta scartata dal leader socialista Sanchez, in difficoltà all'interno del suo stesso partito, dove si allunga l'ombra minacciosa della potente presidente andalusa Susana Diaz nell'ipotesi di successione. Lui intanto tiene unito il partito e apre a un accordo con Podemos, a condizione che Iglesias rinunci all'idea di un referendum sull'indipendenza catalana. Proprio quell'Iglesias che ieri ha puntato il dito contro gli altri tre partiti, accusandoli di tramare già per una coalizione a tre, conservatori-socialisti-liberali. Grande confusione sotto il cielo di Madrid, che fa il paio con la confusione che regna a Barcellona. Da tre mesi la Generalitat catalana è senza Governo. A bloccare tutto la sinistra radicale della Cup, i cui voti sono necessari per formare la coalizione indipendentista, che dovrebbe avviare formalmente la secessione. Ma domenica il voto dei militanti si è spaccato esattamente a metà, in merito all'investitura del presidente designato Artur Mas. Tutto rimandato al 2 gennaio. Un fine anno di stallo politico nella Penisola iberica.

25/12/2015

Una chiamata al dialogo, alla comprensione, di fronte alla pluralità politica uscita dalle urne.

L'atteso discorso di Natale di Re Felipe VI segue il solco della linea del basso profilo fin qui tenuta dalla Casa Reale, in mesi segnati da sfide costanti per Madrid - dall'indipendentismo catalano alla situazione di ingovernabilità prodotta dalle elezioni di domenica. "Dialogo, responsabilità, compromesso e concordia" i termini più ricorrenti nel discorso di Felipe agli spagnoli, che non ha risparmiato allusioni ai venti separatisti che arrivano da Barcellona: "la rottura della legge, l'imposizione di un'idea sulla maggioranza della popolazione, ci ha portato -nel corso della storia- alla decadenza e all'isolamento", dice il Re. Proseguono intanto i negoziati per formare un nuovo Governo: compito formalmente nelle mani del premier uscente Rajoy, che però mercoledì si è visto chiudere la porta in faccia dal socialista Sanchez. Il quale, pur secondo alle urne, annoda i fili del dialogo con Podemos e Ciudadanos: ufficialmente per evitare un ritorno ai seggi in primavera, ma uno scenario alla portoghese, con il partito più votato che finisce all'opposizione, non è più da escludere. Il leader di Podemos Iglesias si porta avanti, e propone una legge di emergenza sociale, che includa il reddito garantito per i meno abbienti.

22/12/2015

Non scopre pubblicamente le proprie carte, il premier uscente spagnolo Mariano Rajoy, il giorno dopo la vittoria a metà nelle elezioni.

Parlando ai giornalisti dopo la riunione della giunta esecutiva del Partido Popular, conferma che -in quanto schieramento più votato- proverà a formare una coalizione di Governo, puntando sul dialogo con le forze politiche che ne condividono i valori. L’obiettivo è un esecutivo stabile e di certezze. “La frammentazione politica non può essere causa di paralisi”, dice Rajoy, che annuncia un Congresso del PP il prossimo anno, nel quale si ripresenterà per l’elezione a leader. La nebbia resta dunque fitta sul futuro politico della Spagna, alla luce anche del doppio “no” ad un Governo di centrodestra, pronunciato quasi in simultanea ieri dalla seconda e terza forza in Parlamento, Socialisti e Podemos. Anche Iglesias apre al dialogo, ma a sinistra, il che spalanca una seconda ipotesi: una coalizione Socialisti-Podemos-Izquierda Unida e partiti regionali. Soluzione per il momento in secondo piano: adesso si lavora a un Governo popolare, con astensione costruttiva dei liberali di Ciudadanos. Ventiquattro ore dopo il voto, i punti di domanda sul futuro politico della Spagna superano ancora di gran lunga le certezze.

21/12/2015

L’attenzione è tutta concentrata sull’esito della giunta esecutiva del Partido Popular, riunitasi stasera alle 17. Ha fatto notizia la presenza dell’ex-premier Aznar, assente a queste riunioni da ben quattro anni: da questa giunta si attende di sapere quali sono le decisioni del partito che ha ottenuto la maggioranza relativa in Parlamento.

Partito che oggi ha già incassato due pesanti “no”: il primo del Partito Socialista di Sanchez, che voterà contro un esecutivo popolare. Stesso spartito seguito dal leader di Podemos Pablo Iglesias, che annuncia un avvio di contatti esplorativo con le altre forze politiche, ma chiude e sbarra le porte ad ogni possibilità di Governo PP. La palla è nel campo dei Popolari, dopo che i liberali di Ciudadanos hanno in sostanza appoggiato l’idea di un esecutivo di minoranza di centrodestra. I media spagnoli speculano su due possibili coalizioni: centrodestra con Popolari e appoggio esterno o astensione di Ciudadanos, oppure centrosinistra, con Socialisti, Podemos, Izquierda Unida e partiti regionali. Ma indovinare oggi l’esito finale assomiglia davvero a una puntata al Superenalotto.

21/12/2015

Le elezioni in Spagna pongono almeno tre problemi, sul medio-lungo periodo, in Europa. Due sono politici. Il terzo economico.

Partiamo da quest’ultimo, il più urgente: a ottobre Bruxelles, tra mille polemiche e divisioni interne, ha respinto al mittente la manovra del Governo uscente a guida PP. Troppo ottimistiche le previsioni di crescita, non credibile la stima di Madrid secondo cui il deficit tornerebbe il prossimo anno sotto quota 3%. Questo, sostiene la Commissione Europea, perché il budget suonava troppo elettorale, con tagli fiscali e misure che non avrebbero consentito il risanamento dei conti. In teoria spetta al nuovo Governo presentare a inizio del prossimo anno la vera manovra. Ma la situazione di paralisi uscita dalle urne non aiuta, e allunga potenzialmente i tempi. Problema politico, legato a doppio filo a quello economico: si chiama Podemos. La nuova sinistra spagnola è lontana anni luce dalla filosofia di austerità a impronta tedesca, implementata a dosi massicce qui in Spagna -su ordine di Bruxelles- dopo il bailout bancario, il piano di salvataggio che ha evitato il collasso del sistema finanziario iberico. Podemos è anzi figlio delle crescenti disparità e disuguglianze sociali che questa austerità ha portato. Inevitabile il risuonare di allarmi rossi nel nord Europa, su dove voglia andare la Spagna. Ultimo problema, ancora politico: la versione catalana di Podemos ha trionfato a Barcellona, mandando un messaggio chiaro. I catalani vogliono quantomeno un referendum sull’indipendenza dalla Spagna, sostenuto da Podemos. Un tema tabù in Europa, col quale Bruxelles -volente o nolente- potrebbe presto dover fare i conti.

21/12/2015

Vincono i terzi arrivati. Il cambiamento in Spagna ha il volto di Podemos, che a tarda sera porta in piazza, di fronte al Museo Reina Sofia, migliaia di sostenitori, per celebrare l’oltre 20% di consensi e i 69 seggi in Parlamento.

E’ nata una nuova Spagna”, dice il leader Pablo Iglesias, mettendo sul piatto le condizioni di una futura coalizione. In Parlamento irrompono gli anti-casta, gli eredi politici di quelli Indignados che in piena crisi avevano piantato le tende qui a Madrid, nella centralissima Puerta del Sol. Il vincitore ufficiale, ma azzoppato, è il premier uscente Rajoy: con quasi il 29% e 123 seggi crolla rispetto a quattro anni fa, ma il Partido Popular conserva il primato. “Proverò a formare un Governo stabile, anche se non sarà facile”, ammette Rajoy. I numeri sono impietosi: solo una -al momento complicata- grande coalizione popolari-socialisti godrebbe di ampia maggioranza in Parlamento. La coalizione di Governo resta un rebus. E proprio i socialisti registrano il peggior risultato della loro storia, con solo 90 seggi. Il leader Sanchez ha riconosciuto la sconfitta. Fanno bene, ma non sfondano, i liberali di Ciudadanos, con 40 seggi. Da oggi la Spagna inizia una seconda e complicata transizione politica, che potrebbe anche portare a una ripetizione del voto in primavera.

20/12/2015

Seggi aperti dalle 9 del mattino in Spagna per elezioni già definite storiche.

I principali leader dei quattro schieramenti in campo -Popolari, Socialisti, Podemos e Ciudadanos- hanno votato chiedendo agli elettori una partecipazione in massa. L’obiettivo dichiarato è smuovere il grande numero di indecisi, che possono ancora stravolgere l’esito finale. Il premier Rajoy si è mostrato ottimista: “mi dicono che stanno votando in molti, e questo è confortante”, ha detto dopo aver depositato la scheda nell’urna. Noi stessi abbiamo potuto osservare, in un seggio madrileno nei pressi della stazione di Atocha, un flusso decisamente elevato già fin dalle prime ore del mattino.

20/12/2015

Quattro: è il numero magico che segna queste elezioni spagnole, già definite storiche. Quattro come il numero dei decenni dalla fine della dittatura franchista. E quattro come i partiti in gara: da stasera la Spagna non sarà più un Paese governato dall’alternanza popolari-socialisti.

Le urne si apriranno alle 9 e chiuderanno alle 20: a quel punto, oltre a capire chi avrà vinto, occorrerà definire i possibili scenari di Governo, tuttora indecifrabili. Gli ultimi sondaggi pirata arrivati da Andorra raccontano di un Partido Popular in testa col 26%, ma lontano dalla maggioranza assoluta. Il vero duello si gioca a sinistra, con la sfida tra socialisti e Podemos, entrambi poco sopra il 20. Più staccati i liberali di Ciudadanos: i quali potrebbero però risultare l’ago della bilancia nel favorire la nascita di un esecutivo di minoranza a guida popolare, con la dichiarata astensione in Parlamento. C’è anche un quinto partito molto forte: quello degli indecisi. Un vasto serbatoio che potrebbe rovesciare tutti i pronostici. Ma quali sono le posizioni in economia dei principali schieramenti? Lo abbiamo chiesto a Pascual Fernandez, presidente del Collegio degli Economisti di Madrid: Podemos propone un programma di spesa importante, con un aumento della pressione fiscale. Ciudadanos e i socialisti hanno una posizione molto simile, con un aumento più contenuto della spesa pubblica, mentre il Partido Popular intende proseguire nel solco dell’ultimo quadriennio. Le variabili sono il consolidamento della crescita economica e i margini sul deficit imposti da Bruxelles.

19/12/2015

Al parco, in famiglia, al cinema o con lo staff elettorale: i quattro candidati alle elezioni spagnole in programma domani hanno provato a rassicurare i rispettivi elettorati, mostrandosi tranquilli e normali, alla vigilia di elezioni storiche, per la loro incertezza.

Gli ultimi sondaggi pirata realizzati dal Periodic d’Andorra restituiscono un quadro assolutamente inedito, con un rafforzamento del Partido Popular del premier Rajoy al primo posto e sopra il 26%, ma a ben 60 seggi di distanza dalla maggioranza assoluta, e con un duello serratissimo tra socialisti e Podemos per la seconda posizione. Un rafforzamento a sinistra che però non avrebbe i numeri per consentire una eventuale coalizione alternativa. Chi sembra aver perso spinta, finendo sotto il 16%, sono i liberali di Ciudadanos, fino a pochi giorni fa in lotta per la seconda piazza. Proprio loro potrebbero consentire un Governo di minoranza a guida popolare, astenendosi nella votazione di investitura dell’esecutivo. Resta ottimista, ai microfoni di Radio 24, Sofia Miranda, candidata di Ciudadanos nella comunità di Madrid.Urne aperte domani dalle 9 alle 20: chiamati al voto oltre 36 milioni di spagnoli.

19/12/2015

Giornata di silenzio pre-elettorale, oggi, per una Spagna che -per la prima volta nell'era post-franchista- si prepara a voltare pagina, passando da un sistema bipartitico a uno nel quale i principali schieramenti diventano quattro.

Vincitori designati i Popolari del premier Rajoy: tuttavia, non avranno la maggioranza assoluta. Questo apre scenari di Governo inediti per la democrazia iberica. Gli ultimi sondaggi pirata del Periodic d'Andorra, giornale del micro-Stato catalano che ha aggirato -grazie alla sua extraterritorialità- le leggi spagnole sulle rilevazioni pre-elettorali, confermano il Partido Popular primo e vicino al 26%, quattro punti sopra i socialisti di Sanchez. Chi rimonta clamorosamente è la sinistra di Podemos, a una sola incollatura dai socialisti di Sanchez. Inatteso forte calo dei liberali di Ciudadanos, ora al 16%, quando a inizio dicembre puntavano addirittura al secondo posto. Ma il quadro resta volatile, e qualsiasi sorpresa è possibile, contando l'elevato numero di indecisi. Anche per questo gli scenari post-voto sono estremamente variegati. Rajoy ha smentito l'ipotesi di una grande coalizione popolari-socialisti, ventilata nelle ultime ore. Le due opzioni più probabili restano: o un Governo di centrodestra ancora a guida popolare, con l'appoggio esterno di Ciudadanos, o -in alternativa- un tripartito a guida socialista, appoggiato da Podemos e Ciudadanos. Soluzione quest'ultima improbabile, considerata l'estrema eterogeneità degli schieramenti.

18/12/2015

Un'elezione con due sole certezze: per la prima volta nell'era post-franchista la Spagna passerà da un bipartitismo a un quadripartitismo di fatto. E a vincere saranno ancora i Popolari del premier Rajoy.

Anche se senza maggioranza assoluta. Questo apre scenari di Governo inediti per la democrazia iberica. Gli ultimi sondaggi pirata del Periodicd'Andorra, giornale del micro-Stato catalano che ha aggirato -grazie alla sua extraterritorialità- le leggi spagnole sulle rilevazioni pre-elettorali, confermano il Partido Popularprimo e vicino al 26%, quattro punti sopra i socialisti di Sanchez. Chi rimonta clamorosamente è la sinistra di Podemos, a una sola incollatura dai socialisti. Forte calo della forza liberale Ciudadanos, ora al 16%, quando a inizio dicembre puntava al secondo posto. Ma il quadro resta volatile, e qualsiasi sorpresa è possibile, contando l'elevato numero di indecisi. Anche per questo gli scenari post-voto sono estremamente variegati: scartata l'ipotesi di una grande coalizione popolari-socialisti, ventilata nelle ultime ore ma subito smentita dal premier Rajoy, si ipotizzano o un Governo di centrodestra ancora a guida popolare, con l'appoggio esterno dei Ciudadanos di Rivera, o -in alternativa- un tripartito a guida socialista, appoggiato da Podemos e Ciudadanos. Soluzione quest'ultima abbastanza improbabile, considerata l'eccessiva eterogeneità degli schieramenti. Ma di questo si parlerà lunedì: ora la caccia è all'ultimo voto indeciso.

18/12/2015

Italia contro Commissione al vertice europeo che chiude un 2015 di crisi sul fronte immigrazione. Il premier Renzi adotta una tattica in due tempi per far valere le sue ragioni: prima al prevertice dei socialisti, quando rivendica il "molto" fatto dall'Italia, contrapponendolo ai "timidi" passi avanti comunitari.

Non senza definire "surreale" la discussione sulla insufficiente registrazione delle impronte digitali dei migranti. Poi -secondo quanto riferito da alcune fonti- nel corso del vertice stesso, chiedendo direttamente al presidente della Commissione Juncker il perchè della procedura di infrazione lanciata contro l'Italia. Fonti comunitarie -dal canto loro- fanno notare che le impronte vanno prese a tutti, tanto ai richiedenti asilo quanto agli irregolari. Ma Renzi non prende di mira solo Bruxelles: coi partner socialisti attacca anche la guida tedesca dell'Europa. Pur senza criticare esplicitamente Angela Merkel, chiede un continente più orientato alla crescita e alla creazione di lavoro, e meno alle procedure sui conti. Sul dossier immigrazione, dopo una riunione ristretta con la Turchia, durante la quale diversi leader europei hanno chiesto ad Ankara di ridurre i flussi di profughi verso l'Europa, mostrando i più recenti numeri di ingresso - sostanzialmente uguali a novembre, i 28 hanno preso atto dell'insufficiente implementazione della strategia comune. Forti ritardi su hotspots, ricollocamenti, identificazioni, rimpatri e controlli alle frontiere esterne. "Bisogna accelerare", hanno riconosciuto, mentre sulla proposta di un corpo comune di guardie di frontiera si deciderà entro giugno.

17/12/2015

Immigrazione e Brexit in primo piano stasera al Consiglio Europeo in corso da circa tre ore a Bruxelles.

La cancelliera Angela Merkel ha fatto riferimento al minivertice di questa mattina sulla Turchia, che ha visto la partecipazione del premier turco Davutoglu e di una decina di leader. "E' andato molto bene", ha detto la Merkel, ribadendo pubblicamente il chiaro messaggio inviato dall'Europa ad Ankara: riducete i flussi di profughi dall'Anatolia. Da inizio anno si stima ne siano arrivati tra 700 e 900mila. La Merkel ha aggiunto che Berlino "sostiene con forza" la proposta della Commissione sull'agenzia europea di guardacoste e guardie di frontiera. Il premier Matteo Renzi, da parte sua, ha tenuto fede alle aspettative di un atteggiamento combattivo: "La ricollocazione dei migranti in Europa rappresenta "meno dell'1% delle promesse" fatta a Italia e Grecia, mentre l'Italia ha raggiunto "oltre il 90%" degli impegni in materia di riconoscimento dei migranti". Così Renzi, che ha attaccato la Commissione Europea: "credo che la discussione sulle impronte digitali sia surreale". Immediata la replica di Bruxelles, che indica le manchevolezze italiane: "raccogliere le impronte dei migranti in relazione alla richiesta di asilo non solleva l'Italia dall'obbligo di registrare le impronte anche in relazione all'ingresso irregolare", fanno notare fonti comunitarie. Infine, spazio anche per l'avvio formale dei negoziati sulle richieste di riforma dell'Europa, da parte del premier britannico Cameron - in vista del referendum sul dentro o fuori dall'Unione. Altamente improbabile un'intesa già stanotte, ma Cameron promette battaglia e cerca alleati per una battaglia che si annuncia in salita.

15/12/2015

Alla vigilia della formalizzazione della proposta sulle guardie di frontiera comunitarie, Bruxelles prova a spianare la strada, togliendo i numerosi ostacoli che ancora si frappongono ad una politica comune di immigrazione.

Di qui l'affondo all'Italia, su due assi: il primo riguarda l'apertura dei cosiddetti hotspots, centri di accoglienza e registrazione dei migranti. Nonostante gli impegni, dei cinque o sei previsti per novembre alla fine Roma ne ha aperto solo uno, a Lampedusa. La Commissione, in un rapporto che sarà ufficializzato oggi, chiede che a breve vengano aperti anche quelli di Pozzallo e Porto Empedocle. Il secondo affondo è relativo alla cornice legale necessaria a far sì che chi arriva non possa opporsi all'identificazione. Un vecchio problema, per le nostre forze di polizia, al quale Bruxelles chiede di porre rimedio, se necessario consentendo l'uso della forza. In serata il Commissario agli Affari Interni Avramopoulos porge la carota, lodando l'Italia sulla maggiore rapidità nella gestione dei migranti - ma la sostanza non cambia. Proprio Avramopoulos oggi renderà nota la proposta per un corpo europeo di guardie di frontiera, che potrà contare su fino duemila agenti, in grado di intervenire nel controllo e gestione dei confini. Il punto più controverso è rappresentato dalla possibilità di mobilitarsi -in caso di crisi- anche contro il parere del Paese le cui frontiere finiscano sotto pressione. Il tutto mentre la cancelliera tedesca Merkel ricompatta il suo partito, la Cdu, sulla crisi migranti: sì a una riduzione del numero di profughi, ma senza alcun tetto definito, e nessun arretramento di fronte a questa sfida storica. Per lei una clamorosa standing ovation.

12/12/2015

E' lo stesso primo ministro francese Manuel Valls ad alzare la temperatura del confronto politico, a poche ore dal secondo turno delle regionali.

"Ci sono due visioni per il nostro Paese. Una, quella dell'estrema destra, predica la divisione. E questa divisione puo' condurre alla guerra civile", attacca Valls, che contrappone il cosiddetto "fronte repubblicano" alla minaccia rappresentata dall'estrema destra. La dichiarazione arriva proprio mentre gli ultimi sondaggi fanno prevedere un finale ad altissima tensione, che potrebbe persino ribaltare i risultati del primo turno: nel Nord Pas De Calais e nella Regione PACA le due Le Pen -Marine e Marion-Marechal-sono date per perdenti, nel ballottaggio coi candidati del centrodestra. Siamo sul filo di lana, col Front National intorno al 48%, per cui tutto è possibile. Nelle altre regioni, il centrodestra sarebbe in vantaggio anche nel Grande Est, nonostante il candidato socialista sia rimasto in corsa disobbedendo al suo stesso partito. Socialisti che potrebbero alla fine prevalere in almeno quattro delle 13 regioni, addolcendo la sconfitta e limitando un po' i danni. Comunque vadano le cose, l'unica certezza è che da lunedì il panorama politico francese sarà radicalmente cambiato, con un tripartitismo di fatto.

11/12/2015

La chiamata alle armi -in senso metaforico- la lancia lo stesso premier Manuel Valls, dai microfoni di France Inter: "ci sono due visioni per il nostro Paese. Una, quella dell'estrema destra, predica la divisione. E questa divisione puo' condurre alla guerra civile", attacca Valls, alzando notevolmente il livello di scontro politico, nel contrapporre il fronte repubblicano alla minaccia rappresentata dall'estrema destra.

La dichiarazione arriva proprio mentre gli ultimi sondaggi fanno prevedere un finale ad altissima tensione, che potrebbe persino ribaltare i risultati del primo turno: nel Nord Pas De Calais e nella Regione PACA le due Le Pen -Marine e Marion-Marechal- sono addirittura date per perdenti, nel ballottaggio coi candidati del centrodestra. Siamo sul filo di lana, col Front National intorno al 48%, per cui tutto è possibile. Nelle altre regioni, il centrodestra sarebbe in vantaggio anche nel Grande Est, nonostante il candidato socialista sia rimasto in corsa disobbedendo al suo stesso partito. Socialisti che potrebbero alla fine prevalere in almeno quattro delle 13 regioni, addolcendo la sconfitta e limitando un po' i danni. Comunque vadano le cose, il panorama politico francese lunedì sarà radicalmente cambiato, con un tripartitismo di fatto. E due sfide: la minaccia dell'estrema destra nel campo di Sarkozy, e la ricostruzione dell'unità a sinistra in quello diHollande.

9/12/2015

Europa contro Italia sulla crisi migranti: Bruxelles intende passare all'azione su una vecchia e annosa questione, quella della registrazione dei richiedenti asilo, che in base alla normativa "di Dublino" vanno identificati e schedati nel primo Paese di approdo dell'Unione.

La Commissione Europea si appresta ad aprire -probabilmente domani- una procedura di infrazione contro Roma ed altri Paesi, per non aver raccolto e inserito nel sistema Eurodac le impronte digitali dei profughi. "Un atto dovuto", fanno trapelare fonti comunitarie, al termine di un fitto carteggio con le autorità italiane. E' un segreto di Pulcinella, dopotutto, che la forte pressione migratoria sui Paesi del sud Europa, combinata con la scarsa o nulla volontà dei migranti di farsi registrare appena sbarcati, ha prodotto con gli anni enormi smagliature nel funzionamento stesso di Dublino: i dati del Viminale indicano che tra gennaio e ottobre di quest'anno ben 40mila profughi su 140mila si sono rifiutati di sottoporsi alle procedure. Nè esistono strumenti normativi per obbligarli a farlo. Anche per questo l'Europa ha puntato molto sui cosiddetti hotspots comunitari di identificazione. Pure qui con risultati risibili: a novembre ne dovevano aprire undici, ci si è accontentati di soli due, a Lampedusa e nel Pireo. Il tutto mentre la Finlandia ha annunciato ieri un giro di vite sulle politiche migratorie, con l'apertura di centri per il rimpatrio e l'inasprimento dei limiti per i ricongiungimenti famigliari. E in una lettera congiunta alla Commissione Francia e Germania si dicono "fermamente convinte" della necessità di ridurre i flussi migratori verso l'Europa.

8/12/2015

Il giorno dopo, la leader di estrema destra Marine Le Pen assapora il trionfo, puntando dritta contro il nemico socialista: parla di "scomparsa", di "suicidio" del Ps, conscia che il difficile -per paradosso- arriva adesso.

I dati consolidati mostrano il Front National sì primo partito di Francia, ma per soli cinque decimali di vantaggio sui RepublicainsdiSarkozy. Quattro punti sotto i socialisti, che però sarebbero primo partito, in un'ipotetica coalizione con gli Ecologisti - esperimento che sarà tentato al ballottaggio domenica nell'Ile De France. In un quadro a tinte meno nette rispetto allo choc di domenica, resta in ogni caso la forte affermazione dell'estrema destra, che ha messo in fibrillazione i due partiti storici. Il risultato è una strategia abbastanza sconclusionata, che porta altra acqua al mulino della Le Pen. I socialisti ritirano i propri candidati da tre regioni ormai perse, nel nome del cosiddetto "fronte repubblicano", invitando a votare il partito di Sarkozy come male minore. Ma in una di queste, il cosiddetto "Grande Est" che fa perno su Strasburgo, il candidato Masseret va avanti comunque verso il ballottaggio, obbligando la segreteria nazionale a un'imbarazzante sconfessione del suo stesso rappresentante. Non vanno meglio le cose a destra, dove Sarkozy rottama il "fronte repubblicano" invocato dai socialisti contro il Front National, ma spacca il partito, al punto che alcuni pesi massimi -tra cui l'ex-premier Raffarin- lo contestano apertamente. E' in questo clima di confusione che l'establishment prova a limitare i danni in vista del secondo turno.

7/12/2015

Il giorno dopo lo choc delle elezioni regionali transalpine, iniziano le grandi manovre politiche per far fronte alla marea montante dell'estrema destra del Front National.

L'ultima novità in ordine di tempo è la decisione delle liste socialista, verde e di sinistra di confluire in un unico fronte nell'Ile de France, la regione di Parigi dove si è imposto il centrodestra di Sarkozy, una delle poche zone dove il Front National si è fermato al terzo posto. Il vero problema è rappresentato dal cosiddetto "Grande Est", dove il socialista Jean-Pierre Masseret ha deciso di andare contro gli ordini del partito, che gli chiedeva di desistere al secondo turno, e ha deciso di correre comunque, rendendo la vittoria del Front National più probabile. Vittoria che porterebbe a tre su 13 le regioni che la Le Pen potrebbe conquistare al ballottaggio, vanificando la decisione socialista di ritirare le liste nel Nord Pas Calais e in Costa Azzurra, in un disperato tentativo di aiutare la rimonta del centrodestra. Proprio i Repubblicani di Nicolas Sarkozy, da parte loro, confermano la linea già annunciata di non costruire alleanze coi socialisti in chiave anti-Le Pen - "nè fusione nè desistenza", il loro mantra. Una decisione contestata all'interno del partito, con alcuni voti contrari.

6/12/2015

L'onda nera minaccia la Francia: com'era facile prevedere, l'allerta terrorismo fa volare nei sondaggi per l'odierno primo turno delle elezioni regionali il Front National di Marine Le Pen, destinato a una vittoria senza precedenti.

Nella migliore -o forse è il caso di dire, la peggiore- delle ipotesi, la formazione di destra, ripulita dalla Le Pen anche con l'allontanamento dell'ingombrante padre Jean-Marie, potrebbe aggiudicarsi ben sei delle 13 regioni in palio, piazzandosi al primo posto nei voti a livello nazionale. Alcuni sondaggi la accreditano del 30%, davanti ai Repubblicani del redivivo Nicolas Sarkozy, staccati di un punto, e ai socialisti del presidente Hollande, staccati di ben otto. Socialisti che non hanno tradotto in voti la popolarità in ascesa del presidente, nell'era post-13 novembre. Due regioni appaiono già nelle mani del Front National: il Nord Pasde Calais, profondo nord al centro della crisi migranti quest'anno, dove la Le Pen è candidata alla presidenza regionale e potrebbe arrivare al 40% dei consensi. E la regione Paca, che fa capo a Nizza, dove la 25enne Marion Marechal-Le Pen, nipote del fondatore, rischia di bissare il successo - stavolta nel profondo sud conservatore. Il terremoto del Front National potrebbe persino estendersi a tutto l'Est francese, e al Nord, lasciando il centro nelle mani di Sarkozy e l'ovest del Paese ai socialisti, in netta ritirata, rispetto alle ultime consultazioni. Anche per questo i Republicains e il PS hanno moltiplicato negli ultimi giorni i pressanti appelli agli elettori, nè si escludono possibili alleanze negli ipotetici ballottaggi, per creare fronti repubblicani su base regionale, che impediscano la presa del potere della destra. Intanto la stampa alza l'allerta: Le Monde definisce la Le Pen "una minaccia per il Paese", mentre Le Nouvel Observateur parla di un secondo stato di emergenza per la Francia. Che stavolta ha il volto della leader del Front National.

5/12/2015

Dopo cinque lunghi anni di negoziati, l'Europa raggiunge l'intesa su uno dei tasselli ritenuti prioritari nella lotta al terrorismo: all'unanimità i 28 Ministri dell'Interno hanno dato il via libera alla registrazione dei dati dei passeggeri aerei, definita tecnicamente Pnr.

Nella pratica, i dati personali di chi viaggia all'interno dell'Unione -voli charter compresi- saranno immagazzinati e liberamente accessibili per un periodo di sei mesi, dopodiché saranno accessibili per altri quattro anni e mezzo, ma solo su richiesta. L'intesa ha ricevuto il feedback positivo del relatore della direttiva al Parlamento Europeo, che la giudica "un buon accordo". Strasburgo dovrà dare il via libera finale. I Ministri dell'Interno hanno inoltre approvato la base legale per l'avvio del Centro Europeo Antiterrorismo presso Europol. Altro tema in agenda: Schengen. "Schengen non è il problema", ha dichiarato il Commissario Europeo agli Affari Interni Avramopoulos, che ha nuovamente chiesto un'accelerazione sui ricollocamenti di rifugiati tra i Paesi europei, finora eseguiti a passo di lumaca. Per il momento nessuna estensione biennale dei controlli alle frontiere interne, mossa che avrebbe azzoppato notevolmente proprio l'area Schengen. I controlli straordinari restano dunque limitati a sei mesi. Smentita infine l'ipotesi dell'espulsione della Grecia dalla zona Schengen, dopo che Atene ha accettato l'aiuto europeo alle frontiere.

4/12/2015

L'Europa raggiunge un primo accordo concreto su uno dei tasselli ritenuti prioritari nella lotta al terrorismo: all'unanimità i 28 Ministri dell'Interno hanno dato il via libera alla registrazione dei dati dei passeggeri aerei, definita tecnicamente Pnr.

Nella pratica, i dati personali di chi viaggia all'interno dell'Unione -voli charter compresi- saranno immagazzinati e scambiati liberamente tra le polizie comunitarie per un periodo di sei mesi, dopodiché saranno accessibili solo su richiesta. L'intesa ha già ricevuto il feedback positivo del relatore della direttiva al Parlamento Europeo, che la giudica "un buon accordo". Sui tempi di implementazione, si parla di un'operatività quasi immediata. I Ministri dell'Interno hanno inoltre "approvato la base legale" per l'avvio -dal primo gennaio- del Centro Europeo Antiterrorismo presso Europol. Anche qui l'obiettivo è massimizzare il coordinamento e lo scambio di informazioni. Altro tema dibattuto: Schengen. "Schengen non è il problema", ha dichiarato il Commissario Europeo agli Affari Interni Avramopoulos, che ha nuovamente spinto nella direzione di un'accelerazione sui ricollocamenti di rifugiati tra i Paesi europei, finora eseguiti a passo di lumaca. Per il momento nessuna estensione biennale dei controlli alle frontiere interne, mossa che avrebbe azzoppato notevolmente la stessa area Schengen. Come annunciato dalla presidenza lussemburghese, per ora i controlli straordinari restano limitati a sei mesi. Smentita infine l'ipotesi dell'espulsione della Grecia dalla zona Schengen.

4/12/2015

"No". Neppure gli attentati di Parigi hanno riavvicinato la Danimarca all'Europa, sottolineando -una volta di più- lo stato di crisi e di sfiducia in cui versa oggi il disegno di integrazione comunitario.

Gli elettori danesi hanno bocciato -con una maggioranza abbastanza risicata- la consultazione referendaria, nella quale si chiedeva loro il via libera per entrare nello spazio di cooperazione comunitaria in materia di sicurezza e polizia. In termini più concreti, Copenhagen avrebbe partecipato in modo attivo alla legislazione europea nel settore della giustizia transnazionale - lotta al crimine informatico, traffico di esseri umani o pedofilia, solo per fare qualche esempio. Il Governo, che con i maggiori partiti di opposizione aveva chiesto agli elettori di votare sì, ha paventato il rischio di un'uscita della Danimarca da Europol, garantendo che il Paese avrebbe mantenuto la piena autonomia sulle politiche legate ad asilo e immigrazione. Nulla da fare, tutto è stato vano: al contrario, la battaglia del "no" ha rinfocolato il fronte dei partiti xenofobi ed euroscettici, che hanno portato a casa un'altra vittoria. Copenhagen rifila dunque un altro pesantissimo rifiuti all'Europa, dopo quello di 15 anni fa sull'introduzione dell'euro. Rifiuto -quest'ultimo- che suona persino paradossale, tenuto conto che a volere questo referendum era stata l'ex-premier Thorning-Schmidt, dopo l'attacco terrorista dello scorso febbraio a Copenhagen, nel corso del quale tre persone erano rimaste uccise. "Dobbiamo far parte di una maggiore cooperazione europea a livello di polizia", disse allora la premier. Tuttavia, da allora, la barca europea di acqua ne ha imbarcata, sotto i colpi della crisi greca, di quella migratoria e -da ultima- di quella terroristica. Allontanando ulteriormente i danesi, già tiepidissimi europeisti, da Bruxelles.

4/12/2015

Cinque misure per rilanciare l'economia e combattere la deflazione: la Bce muove come previsto le pedine sullo scacchiere economico. Ma -decidendo di non strafare- Mario Draghi delude le attese dei mercati, che si attendevano misure più radicali.

Sul quantitative easing, Francoforte opta per estenderlo fino almeno a marzo 2017, prolungandolo di sei mesi, ma mantiene un piano di acquisto titoli pari a 60 miliardi mensili. Nessun potenziamento dunque, solo un ampliamento degli acquisti ai titoli di debito regionali e locali, mentre -per rendere meno conveniente alle banche il parcheggio di denaro presso la Bce- Draghi porta a -0,3% il tasso applicato sui depositi. Misure -queste- decise con una maggioranza molto ampia, dice Draghi, ammettendo che è mancata l'unanimità. Francoforte avrebbe comunque optato per non sparare tutte le cartucce a disposizione, anche in attesa delle prossime mosse della FED. "Le nostre misure hanno avuto effetti sull'economia", ha detto Draghi, difendendo le azioni fin qui intraprese. Il tutto mentre la Bce alzava le stime di crescita dell'Eurozona -un punto e mezzo quest'anno- ma tagliava quelle sull'inflazione, solo +1% il prossimo. La reazione dei mercati è stata di estrema delusione: alla fine Milano perde due punti e mezzo, peggio Francoforte e Parigi, con cali intorno ai tre punti e mezzo percentuali. 250 miliardi di capitalizzazione bruciati nel Continente. E l'euro riprende il volo.

3/12/2015

Fa, ma decide di non strafare Mario Draghi, deludendo alla fine le attese dei mercati, che si attendevano misure choc dalla riunione della Bce di dicembre. Sul quantitative easing, Francoforte opta per estenderlo fino almeno a marzo 2017, prolungandolo di sei mesi, mantenendo però un piano di acquisto titoli pari a 60 miliardi al mese.

Nessun potenziamento dunque, solo un ampliamento ai titoli di debito regionali e locali, mentre -per rendere meno conveniente alle banche il parcheggio di denaro presso la Bce-Draghi ha portato a -0,3% il tasso applicato sui depositi, che diventano ancor più negativi. Misure -queste- decise con una maggioranza molto ampia, dice Draghi, ammettendo che è mancata l'unanimità. Francoforte avrebbe però optato per non sparare tutte le cartucce a disposizione, anche in attesa delle prossime mosse della FED. "Le nostre misure hanno avuto effetti sull'economia", ha detto Draghi, difendendo le azioni fin qui intraprese. Il tutto mentre la Bce alzava le stime di crescita dell'Eurozona -un punto e mezzo quest'anno- ma tagliava quelle sull'inflazione, solo +1% il prossimo. La reazione dei mercati alle mosse della Banca Centrale è stata di estrema delusione, sulla scorta di aspettative ben maggiori: alla fine Milano perde due punti e mezzo, peggio Francoforte e Parigi, con cali intorno ai tre punti e mezzo percentuali.

27/11/2015

"Non siamo in guerra, non stiamo combattendo contro uno Stato, ma contro una banda omicida del terrore". Così -alla rete pubblica Zdf- il Ministro della Difesa tedesco Ursula von der Leyen commenta la decisione di inviare da quattro a sei tornado in Siria, che avranno il compito logistico di fare ricognizione e fotografare il terreno, così da fornire maggiore precisione ai bombardamenti dei caccia francesi contro l'Isis.

La Germania torna in una situazione di conflitto dopo l'esperienza afghana: "non possiamo stare a guardare mentre l'Isis si rafforza", ha concesso la cancelliera Merkel, che offre un sostegno concreto all'alleato transalpino. Oltre ai tornado, arriveranno in zona una fregata -incaricata di proteggere la portaerei francese Charles De Gaulle- e velivoli per il rifornimento in volo. Proprio la Germania ieri è stata al centro di una operazione antiterrorismo, che ha coinvolto due quartieri di Berlino. Prima una moschea, nel quartiere di Charlottenburg, poi un'abitazione, nel distretto di Britz. Fermati due uomini, di 28 e 46 anni. L'accusa è quella di preparare attacchi contro il Paese, ma di più non è dato sapere. A Bruxelles intanto l'allerta terrorismo cala dopo ben sei giorni da quattro -grado massimo- a tre, il che vuol dire rischio attacchi "possibile e probabile", non più "serio e imminente". Il premier Charles Michel ha però avvertito: "non rallegriamoci troppo in fretta, il rischio zero in Europa non esiste più".

26/11/2015

Unità e coesione contro il terrorismo: nel suo primo discorso da capo dello stato al Parlamento Europeo Sergio Mattarella affronta le maggiori crisi che affliggono il Vecchio Continente.

Mattarella apre l’intervento con l’immagine di un’Europa ferita dagli attacchi terroristici. Per questo invoca maggiore cooperazione tra Paesi e intelligencenazionali, per combattere il terrorismo, superando così l’affaticamento nel cammino di integrazione. Anche perché -sottolinea il capo dello Stato- sono i cittadini stessi a chiederlo. Da Mattarella anche la chiara richiesta di revisione delle regole di Dublino sull’asilo – “fotografano un passato che non c’è più”, sentenzia. In mattinata il presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker aveva attaccato la poca cooperazione tra servizi di intelligence comunitari - “devono collaborare di più”, mentre la presidenza di turno lussemburghese dell’Unione garantiva la chiusura dell’accordo sul registro dei dati dei passeggeri aerei entro fine anno. A dicembre Bruxelles presenterà le proprie proposte per un rafforzamento dei controlli alle frontiere e per guardie comuni ai confini.

25/11/2015

Apre con l’immagine di un’Europa ferita, chiude citando uno dei padri fondatori dell’Unione Europea, Jean Monnet, e la necessità di non restare fermi, quando il mondo si muove: è su quest’asse che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella costruisce l’impalcatura del suo primo discorso al Parlamento Europeo, in un momento molto critico per il Continente.

Per questo Mattarella invoca coesione, che si traduca in cooperazione tra Paesi e intelligence degli Stati europei al fine di combattere il terrorismo, superando l’affaticamento nel cammino di integrazione. Anche perché -sottolinea il capo dello Stato- sono i cittadini stessi a chiederlo. Da Mattarella la chiara richiesta di revisione delle regole di Dublino sull’asilo – “fotografano un passato che non c’è più”, sentenzia. In mattinata il presidente della Commissione Juncker aveva attaccato la scarsa cooperazione tra servizi di intelligence comunitari - “devono collaborare di più”, ha detto, ammettendo che Schengen è in coma, “ma va rianimato”. Altrimenti -dice- anche l’Euro è a rischio.

25/11/2015

''Non possiamo fermarci quando il mondo intero e' in movimento''. Con questa citazione di uno dei padri dell’Europa, Jean Monnet, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha concluso il suo primo intervento alla plenaria dell’Europarlamento. Un discorso di venti minuti, quello di Mattarella, incentrato su due assi: lotta al terrorismo e gestione dell’immigrazione.

“L’Europa -come gli Stati Uniti- è un argine contro l’oscurantismo, per questo ci attaccano”, ha detto Mattarella, che ha chiesto maggiore unità e integrazione europea, contro il terrorismo. Mattarella ha chiesto -contro l’Isis- una risposta pari a quella fornita contro la minaccia nazista nella Seconda Guerra Mondiale, risposta che gli stessi cittadini chiedono. In mattinata a fare il punto sul tema era stato il presidente della Commissione Europea Juncker. Chiudiamo tornando all’intervento di Mattarella, che ha parlato anche di immigrazione, chiedendo esplicitamente l’aggiornamento delle regole di Dublino, che fotografa -dice- un passato che non c'e' piu'. “Ora servono nuove regole improntate a principi di umanita' e sicurezza, solidarieta' e responsabilita'. La scelta e' tra un Europa che affronta i fenomeni cercando di governarli e un'Europa che li subisce".

25/11/2015

La crisi russo-turca divampa nel giorno in cui la Commissione Europea annuncia lo stanziamento di tre miliardi a favore proprio della Turchia per la crisi migranti, e il Consiglio Europeo ufficializza il vertice con Ankara di domenica.

Bruxelles vara in mattinata il fondo per aiutare la Turchia nella gestione degli oltre due milioni di rifugiati -per lo più siriani- che hanno trovato riparo nella Penisola Anatolica. I fondi saranno stanziati dal prossimo gennaio. Contemporaneamente, il presidente europeo Tusk confermava -nonostante l’allerta terrorismo- il vertice straordinario tra Europa e Ankara in programma domenica pomeriggio a Bruxelles. Proprio Tusk ha chiesto di mantenere calma e sangue freddo, nelle concitate ore seguite all’abbattimento del jet russo.

24/11/2015

Per un incredibile scherzo del destino, proprio nel giorno in cui la Commissione Europea annuncia lo stanziamento di tre miliardi a favore della Turchia per la crisi migranti, e il Consiglio Europeo ufficializza il vertice con Ankara di domenica, proprio il Paese anatolico finisce nell’occhio del cìclone di una delicatissima crisi internazionale.

Bruxelles vara in mattinata un fondo da tre miliardi per aiutare Ankara nella gestione degli oltre due milioni di rifugiati -per lo più siriani- che hanno trovato riparo nella Penisola Anatolica. I fondi saranno stanziati, fa sapere Bruxelles, dal prossimo gennaio, e fanno parte di un pacchetto promesso alla Turchia sull’onda dell’emergenza migratoria, per far sì che il Governo di Ankara tamponi una parte del flusso di rifugiati che prendono la rotta balcanica. Per dirla meno diplomaticamente, il denaro era stato esplicitamente chiesto dalla Turchia, in cambio di cooperazione. Contemporaneamente, il presidente europeo Tusk confermava -nonostante l’allerta terrorismo- il vertice straordinario tra Europa e Turchia in programma domenica pomeriggio a Bruxelles. Proprio Tusk ha chiesto di mantenere calma e sangue freddo, nelle concitate ore seguite all’abbattimento del jet russo. Anche la Commissione Europea ha affermato di seguire da vicino gli sviluppi della crisi.

21/11/2015

Nel giorno in cui anche il Senato francese vota quasi all'unanimità l'estensione dello stato di emergenza fino a febbraio, l'Europa avvia un giro di vite su Schengen - almeno alle frontiere esterne.

A suonare la carica ieri mattina ci ha pensato lo stesso Ministro dell'Interno transalpino Cazeneuve, che -arrivando al summit straordinario a Bruxelles- chiedeva ai suoi omologhi di prendere le misure necessarie nella lotta al terrorismo. "Troppo tempo è andato perduto", ha attaccato. Il risultato sarà una proposta a breve della Commissione Europea, per riformare il codice di frontiera di Schengen, rendendo obbligatori i controlli su tutti i viaggiatori in ingresso e uscita, compresi anche i cittadini europei. Un pezzetto di libertà di movimento che finisce, mentre Parigi insiste sull'accelerazione dello scambio di dati sui passeggeri aerei. La Commissione si spinge oltre, e chiede l'istituzione di un'agenzia di intelligence comunitaria. Intanto il presidente francese Hollande tesse la sua trama geopolitica: nei prossimi giorni vedrà Obama, Merkel e Putin. Proprio la Russia ha annunciato l'avvio di un'interazione con Parigi nei raid aerei in Siria contro l'Isis. Mosca ha raddoppiato il numero degli aerei impegnati nelle incursioni, e dettaglia con asettica lucidità contabile il peso delle bombe sganciate contro i terroristi: 1400 tonnellate in quattro giorni. Per ora però, nessun intervento di terra all'orizzonte.

20/11/2015

Mentre l'Europa rafforza -in un vertice straordinario dei Ministri degli Interni e della Giustizia- i controlli alle frontiere esterne, la Francia muove i fili sullo scacchiere delle alleanze strategiche: da Mosca, il Ministero della Difesa russo annunciava l'inizio dell'interazione con Parigi nelle operazioni contro i terroristi in Siria.

La Russia ha raddoppiato il numero degli aerei impegnati nelle incursioni, ma per il momento esclude l'intervento delle forze di terra. Sul versante politico, il presidente francese Hollandevedrà mercoledì per una cena informale la cancelliera tedesca Merkel, oltre agli incontri già fissati con Obama e Putin. Anche per questo la cerimonia ufficiale di omaggio alle vittime degli attentati si terrà solo venerdì prossimo. Arrivando oggi a Bruxelles, il Ministro dell'Interno Bernard Cazeneuve ha chiesto all'Europa di prendere le misure necessarie nella lotta al terrorismo. "Troppo tempo è andato perduto", ha attaccato. Il risultato -peraltro scontato- del summit è stato il rafforzamento dei controlli su tutti i viaggiatori ai confini esterni dell'area Schengen, inclusa una futura revisione delle regole stesse di Schengen in materia. La Commissione Europea dovrà mettere a punto una proposta. Ribadita la necessità di accelerare sul registro dei passeggeri aerei, con uno scambio dei dati più efficace - superando così le resistenze dell'Europarlamento. Sullo sfondo, emerge l'idea di una mini-Schengen estesa solo a cinque Paesi, Francia e Italia escluse, mentre il Commissario agli Interni Avramopoulos chiede di lavorare a un'agenzia di intelligence europea.

19/11/2015

Estensione di tre mesi dello stato di emergenza e annullamento delle grandi manifestazioni di piazza previste per la Cop 21 sul clima. La Francia riparte da qui, dopo l'ennesima giornata ad alta tensione vissuta - in neppure una settimana.

Oggi approda all'Assemblea Nazionale il testo sullo stato di emergenza promulgato dal Consiglio dei Ministri, che rivede una legge di 60 anni fa, rafforzandone l'efficacia. Perquisizioni, arresti domiciliari, confisca di armi, chiusura di locali pubblici e blocco del traffico: queste alcune delle misure previste nel testo, che domani passa al Senato per il timbro definitivo. Misure straordinarie, che si accompagnano all'annullamento -peraltro già ventilato- di tutte le manifestazioni pubbliche che avrebbero dovuto accompagnare il vertice internazionale sul clima, che si apre a fine mese proprio a Parigi: nessuna grande marcia traPlace de la Republique e Place de la Nation il 29 novembre, annullata anche quella conclusiva del 12 dicembre. "Una decisione difficile", ammette il Ministero degli Affari Esteri. "Siamo in guerra contro il terrorismo", è tornato ad affermare ieri il presidente francese Hollande, parlando alla conferenza dei sindaci transalpini, nei minuti successivi alla conclusione dell'assalto a St. Denis. Da Bruxelles il presidente della Commissione Juncker conferma l'atteggiamento di apertura verso la Francia sui conti pubblici, dopo la chiara intenzione transalpina di sforare i vincoli comunitari, per aumentare le spese di sicurezza e difesa: "Parigi deve affrontare spese supplementari che non devono avere lo stesso trattamento delle altre uscite", ha concesso Juncker.

18/11/2015

"Siamo in guerra contro il terrorismo". Il presidente francese Hollande torna a ribadire la linea tracciata la notte stessa degli attacchi a Parigi, parlando alla conferenza dei sindaci transalpini, proprio nei minuti successivi alla conclusione dell'assalto a St. Denis.

Ore ad altissima tensione - e Hollande ne approfitta per ricordare le potenzialità del nemico: l'Isis dispone di un esercito, di risorse finanziarie, occupa uno Stato e vuole attaccare l'idea stessa di Francia. Ai terroristi Hollande manda un messaggio: "la Francia resterà sempre la stessa, un Paese di libertà". Ma intanto è obbligato ad annunciare la ripresa dei controlli alle frontiere e a confermare misure straordinarie. Misure incarnate dal prolungamento dello stato di emergenza, che sarà esaminato nelle prossime ore da Assemblea Nazionale e Senato: sarà prolungato per tre mesi, e prevede -tra le altre cose- obbligo di residenza per persone sospettate di terrorismo e maggiore facilità di perquisizione. Anche il premier Valls ha identificato l'Isis come un nemico, da distruggere insieme. Mentre il sindaco di Parigi Anne Hidalgo ha voluto ribadire la capacità di resistenza di Parigi: "soffriamo, ma restiamo in piedi". Da Bruxelles intanto il presidente della Commissione Juncker conferma l'atteggiamento di apertura verso la Francia sul fronte conti pubblici, dopo la chiara intenzione transalpina di sforare i vincoli comunitari per aumentare le spese di sicurezza e difesa: "la Francia deve affrontare gravi atti di terrorismo, e deve affrontare spese supplementari che non devono avere lo stesso trattamento delle altre uscite", ha detto Juncker.

18/11/2015

Il giorno dopo Hollande, anche il premier Manuel Valls chiede margini di manovra a Bruxelles, sull'onda della lotta al terrorismo. "Parigi sara' costretta a non rispettare gli impegni di bilancio europei", dice Valls, che invoca maggiori spese per polizia, gendarmeria e intelligence.

Da parte sua, l'ex-Ministro delle Finanze Pierre Moscovici, ora Commissario Europeo alle Finanze, apre la porta: "la priorità assoluta è la sicurezza. La Francia non sarà penalizzata per aver mancato gli obiettivi europei di deficit a causa delle spese in difesa. Anche per questo stiamo dialogando con Parigi", dice. In realtà la Francia, attualmente nel braccio correttivo del patto, si trovava già sulla strada sbagliata prima degli attacchi di venerdì: nelle ultime previsioni economiche Bruxelles stimava il deficit francese tre decimali sopra il 3% previsto dal patto di stabilità nel 2017. La Commissione definisce la legge di stabilità transalpina in linea con i target nell'attuale biennio, ma con uno sforzo di aggiustamento fiscale sotto il livello richiesto. I conti -afferma- migliorano grazie a una maggiore crescita, non grazie a riforme e liberalizzazioni. Tra gli altri Paesi, nella situazione dell'Italia -quindi rimandati alla primavera- si trovano Austria e Lituania, mentre la Spagna è a serio rischio bocciatura della manovra varata da Rajoy, ma in questo caso occorrerà aspettare -a gennaio- le mosse del prossimo Governo.

17/11/2015

"La priorità assoluta è la sicurezza. La Francia non sarà penalizzata per aver mancato gli obiettivi europei di deficit a causa delle spese in difesa. Anche per questo stiamo dialogando con il Governo di Parigi".

Il Commissario agli Affari Economici Pierre Moscovici, lui stesso ex-Ministro delle Finanze transalpino, risponde così all'annuncio del premier Manuel Valls, che ha chiesto comprensione a Bruxelles per il superamento degli obiettivi di bilancio - al fine di aprire margini necessari a investire in risorse per polizia, gendarmeria e intelligence. In realtà Parigi, attualmente nel braccio correttivo del patto, si trovava già sulla strada sbagliata ben prima degli attacchi di venerdì: nelle ultime previsioni economiche Bruxelles stimava il deficit francese tre decimali sopra il 3% previsto dal patto di stabilità nel 2017, anno in cui sarebbe dovuta rientrare nei parametri di Maastricht. La Commissione definisce la legge di stabilità transalpina in linea con i target nell'attuale biennio, ma con uno sforzo di aggiustamento fiscale sotto il livello richiesto. L'impressione comunque è che occorrerà superare il momento emotivo attuale, per capire quali reali margini avrà a disposizione Parigi. Tra gli altri Paesi, nella situazione dell'Italia -quindi rimandati alla primavera- si trovano Austria e Lituania, mentre la Spagna è a serio rischio bocciatura della manovra varata da Rajoy, ma in questo caso occorrerà aspettare -a gennaio- le mosse del prossimo Governo.

12/11/2015

Un fondo da quasi due miliardi di euro, e un piano d'azione congiunto ricco di buone intenzioni, ma con due assi fondamentali: un'accelerazione dei rimpatri dei migranti economici verso i Paesi di origine africani, e più canali di ingresso in Europa per i migranti legali.

Si chiude con un accordo all'unanimità il vertice euroafricano sull'immigrazione. Ma le divisioni di fondo restano. E -per capire se i progressi sventolati alla fine del summit saranno reali- occorrerà tempo. Anche perché, per dirla con lacancelliera tedesca Merkel, "resta ancora molto da fare". Le istituzioni europee hanno messo sul piatto un miliardo e ottocento milioni, per il Fondo di Emergenza, che finanzierà progetti di sviluppo in Africa. In teoria i Paesi europei avrebbero dovuto raddoppiare la cifra: a fine summit, però c'erano solo 80 milioni sul piatto, di cui 10 offerti dall'Italia. Allo stesso tempo, dei cinque punti concordati nel piano d'azione, l'unico vero passo avanti si concretizzava in un progetto di borse di studio per studenti e ricercatori africani in Europa. Alla fine restava il monito del presidente europeo Tusk, dopo gli ultimi annunci su barriere e restrizioni al movimento intraeuropeo: "salvare Schengen è una corsa contro il tempo, ma siamo determinati a vincere questa corsa". Più ottimista il premier Renzi, che prima delle conclusione del vertice invitava a guardare ai risultati positivi.

11/11/2015

La crisi immigrazione. Telefonata Juncker-Renzi, ieri, per discutere dei temi che animeranno la due giorni di summit tra Europa ed Africa, che si apre oggi nella capitale maltese de La Valletta.

Le nuove cifre record sugli arrivi di profughi in Grecia -oltre mezzo milione in dieci mesi, tredici volte in più rispetto allo scorso anno- fanno da drammatico corollario al verticeeuroafricano sull'immigrazione, che si apre oggi a Malta. I nodi da risolvere restano soprattutto quello dei rimpatri e delle riammissioni: Bruxelles e l'Unione Africana avrebbero presentato documenti separati. L'idea europea è semplice: incentivare i Paesi di origine a riprendere i migranti economici -non i profughi, ovviamente- in cambio di sostanziosi incentivi economici allo sviluppo. I Paesi africani, dal canto loro, puntano invece su rimpatri volontari, chiedendo all'Europa di aprire maggiori vie legali per l'immigrazione. Il tutto mentre sul campo la situazione resta tesa: la Germania ha ripreso ad applicare gli accordi di Dublino, fermando i siriani alle frontiere, mentre la Slovenia annuncia barriere al confine con la Croazia. Resta anche da capire quanto le promesse dei 28 Ministri dell'Interno su hotspots e ricollocamenti, dopo il richiamo della Commissione lunedì, saranno mantenute. La portavoce della Commissione Natasha Bertaud ribadis che che l'Italia deve aprire i sei hotspots entro fine mese. Funzionari di Frontex, dice la Bertaud, sono presenti in cinque dei sei hotspots italiani, mentre funzionari europei esperti in asilo sono di supporto a Lampedusa.

10/11/2015

Garanzie sulla protezione dei Paesi che non appartengono all'Eurozona, taglio della burocrazia comunitaria, esenzione di Londra dagli obiettivi di un'unione più stretta, riduzione del flusso di migranti dall'Europa.

Il premier britannico David Cameron rende finalmente note le proposte di riforma dell'Unione, in vista del referendum sul dentro o fuori dall'Europa, previsto nel prossimo biennio. Cameron lo ha fatto sia inviando una lettera ai vertici comunitari, sia spiegando le sue idee in una conferenza alla ChathamHouse. "Londra potrebbe lasciare l'Unione, se non otterrà le riforme che chiede", ha avvertito Cameron, secondo cui il referendum -qualsiasi sarà l'esito- non sarà ripetuto. Nella lettera di sei pagine inviata a Bruxelles, insiste sulla protezione dei Paesi esterni all'euro, sia nel mercato unico, che nell'unione bancaria, che nei costi da sopportare in caso di crisi. Poi attacca l'eccessiva regolamentazione comunitaria, che colpisce il business. Cameron chiede un potere di veto dei Parlamenti nazionali sulle leggi comunitarie. Infine il tema più caldo, quello dell'immigrazione: tra le proposte, introdurre un periodo di quattro anni senza diritto ai benefits del welfare, per gli immigrati europei Oltremanica. Proprio la possibile discriminazione tra cittadini comunitari ha scatenato l'immediata reazione di Bruxelles: ci sono aspetti "fattibili", altri "difficili" e altri "altamente problematici" nella lettera, ha affermato un portavoce della Commissione. Le proposte negoziali britanniche saranno esaminate al vertice europeo di dicembre.

10/11/2015

Al via domani a Malta il maxivertice Europa-Africa sull'immigrazione: obiettivo, convincere i Paesi africani a riprendere i cosiddetti "migranti economici", in cambio di un pacchetto di aiuti allo sviluppo pari a oltre tre miliardi e mezzo. L'Europa intanto torna a litigare.

Alla vigilia del doppio vertice de La Valletta, l'Europa si ritrova a fare i conti con i suoi non più giustificabili ritardi in materia di politiche migratorie. I Ministri dell'Interno comunitari hanno dovuto ascoltare ieri la strigliata del Commissario Europeo Avramopoulos, che ha chiesto di fare in fretta - rafforzando i controlli esterni, ricollocando i rifugiati e creando i centri di accoglienza, anche sulla rotta balcanica. Le sue parole riflettono la cruda realtà di soli 120 profughi ricollocati finora da Italia e Grecia verso il nord Europa. Ad aggiungere il danno alla beffa l'annuncio di Stoccolma, che intende chiedere di essere inserita tra i Paesi da cui i profughi possono essere ricollocati, al pari di Roma ed Atene. Dopo la Svezia potrebbe aggiungersi l'Austria, in una corsa allo scaricabarile che complicherebbe la già precaria situazione. Il Ministro dell'Interno Alfano è tornato all'attacco: nessuna nuova apertura di hotspots per la registrazione di migranti su suolo italiano, finché i ricollocamenti non saranno accelerati. Nelle conclusioni ufficiali del vertice le polemiche si spengono e tutto torna in ordine, con i 28 che si impegnano ad accelerare i ricollocamenti e rendere operativi tutti gli hotspots entro fine mese. Staremo a vedere. Dal canto suo il Ministro dell'Economia Padoan non sblocca la situazione sulla flessibilità di budget per i migranti, come ammette lui stesso dopo la tappa in Commissione.

10/11/2015

Il presidente catalano uscente Artur Mas ha chiesto al parlamento di Barcellona di essere rieletto per una fase 'costituente' di al massimo un anno e mezzo, in cui costruire il futuro "Stato catalano". Mas ha attaccato il Governo di Mariano Rajoy, accusando il potere spagnolo di esprimere "orgoglio imperiale".

E' ora di pranzo, quando la presidente del Parlamento catalano Carme Forcadell annuncia il sì alla mozione, che avvia formalmente il processo di creazione di uno Stato indipendente, in forma di Repubblica. Mozione che passa con i 72 voti dei gruppi indipendentisti Junts pel Sì e CUP. Poco più di metà dell'emiciclo si alza in piedi per applaudire una risoluzione storica, nell'epoca post-franchista. L'altrà metà resta raggelata, mentre i deputati del Partido Popular srotolano in aula le bandiere spagnola e catalana. La guerra politica tra Barcellona e Madrid, annunciata dall'esito del voto di fine settembre, è iniziata formalmente ieri, in un periodo molto delicato politicamente - alle elezioni generali spagnole manca solo un mese e mezzo. Non si fa attendere la reazione del premier Mariano Rajoy, che annuncia un immediato ricorso alla Corte costituzionale contro la mozione indipendentista. E dopo una riunione straordinaria del Governo, domani, firmera' il ricorso e chiedera' la sospensione cautelare della risoluzione. Rajoy ha incassato l'appoggio dell'opposizione socialista. Ma ArturMas, che oggi potrebbe succedere a sè stesso alla presidenza della Generalitat catalana, tira dritto: "siamo legittimati a costruire la nostra repubblica". Muro contro muro, dunque, con il rischio che la situazione sfugga di mano.

6/11/2015

Istat e Commissione Europea rivedono al rialzo le stime per l'Italia. E per Bruxelles anche i migranti contribuiranno alla ripresa in Europa.

L'Istat vede la luce in fondo al tunnel, dopo ben otto anni di crisi, certificando una crescita prevista a nove decimali quest'anno, e del +1,4% nei prossimi due anni. Stime più alte, in linea con quelle del Governo - ma solo per il 2015. Per il prossimo biennio lo scarto è di due decimali in meno. A trainare la ripresa finalmente la fin qui anemica domanda interna, con l'aumento dei consumi - sospinto da occupazione e bassa inflazione. Occupazione che dovrebbe presto segnare incrementi tra il mezzo punto e il punto percentuale annui, anche per effetto delle misure decontributive. Ma l'istituto di statistica avverte: "il quadro e' soggetto a rischi al ribasso, connessi a un eventuale rallentamento del commercio internazionale e all'impatto delle clausole di salvaguardia nel 2017". Sul tema occupazione è intervenuto il presidente della Bce Draghi, che ha definito "inaccettabile il numero dei disoccupati, tra cui molti, troppi, giovani". Il bollettino di Francoforte parla di una ripresa nell'Eurozona che procede, ma in un contesto meno favorevole. A Bruxelles intanto anche la Commissione Europea rivedeva al rialzo le stime sul pil italiano: +0,9% quest'anno e un punto e mezzo il prossimo. Il deficit sarà al 2,6% quest'anno, sotto l'asticella di Maastricht: le frizioni arrivano sul debito, ancora troppo alto. Pollice su del Commissario all'Economia Moscovici per il Jobs Act, positivo per l'occupazione.

5/11/2015

Crescita di nove decimali quest'anno, +1,4% nei prossimi due anni: l'Istat alza le stime di crescita per l'Italia, portandole in linea con il Governo - ma solo per il 2015. Per il prossimo biennio lo scarto è di due decimali in meno.

L'istituto di statistica avverte: "il quadro e' soggetto a rischi al ribasso, connessi a un eventuale rallentamento del commercio internazionale e all'impatto delle clausole di salvaguardia nel 2017". Per l'Istat, prosegue la fase espansiva della nostra economia, con buone notizie pure sul fronte dell'occupazione, che segna incrementi tra il mezzo punto e il punto percentuale annui, anche per effetto delle misure decontributive per le nuove assunzioni. Sul tema occupazione è intervenuto il presidente della Bce Draghi, che a Milano ha definito "il numero inaccettabile dei disoccupati, tra cui molti, troppi, giovani, il prezzo pagato per la crisi". Il bollettino di Francoforte parla di una ripresa nell'Eurozona che procede, ma in un contesto meno favorevole. A Bruxelles intanto la Commissione Europea rivedeva al rialzo le stime sul pil italiano: +0,9% quest'anno e un punto e mezzo il prossimo. Bacchettata sul deficit, che resta al 2,6% quest'anno e cala solo di tre decimali il prossimo. La stima della Commissione sul deficit di bilancio italiano "è leggermente superiore" a quella del Governo, ha riconosciuto il Commissario agli Affari economici Moscovici, che ha stimato in tre milioni i migranti in arrivo entro i prossimi due anni in Europa. Grazie alla "manodopera supplementare" ci sara' "un impatto pur debole ma positivo" sulla crescita, dice Moscovici.

4/11/2015

"A dicembre dovremo riesaminare il grado della politica monetaria accomodante". Il presidente della Bce Mario Draghi conferma che il prossimo mese Francoforte rivedrà le proprie politiche in materia di quantitative easing.

La Bce ha "la volonta' e la capacita' di agire utilizzando tutti gli strumenti a disposizione nel quadro del suo mandato", dice Draghi, anche perché -precisa- su ripresa economica e stabilità dei prezzi dell'area euro si sono creati "rischi al ribasso". Tradotto: occorrerà valutare la possibilità di potenziare ulteriormente gli stimoli monetari, come peraltro annunciato due settimane fa. Sulla deflazione, il presidente della Bce ribadisce che "può essere dannosa per la prosperità delle nostre economie, al pari dell'elevata inflazione". Anche perchè il calo generalizzato dei prezzi rende più pesante il rifinanziamento dei debiti elevati, mentre priva di efficacia la politica monetaria. Infine una nota: la Bce, spiega Draghi, deve modulare la sua politica monetaria per garantire la stabilità dei prezzi, non per incentivare i Paesi sulle riforme strutturali. E osserva, non senza una punta di ironia verso la platea tedesca: nonostante i tassi bassi, molti Paesi portano avanti le riforme strutturali. Una politica espansiva non necessariamente è nemica delle riforme.

30/10/2015

Il flusso di migranti prosegue inarrestabile, nonostante l'autunno e le temperature sempre più rigide: a Dobova, principale punto d'arrivo per i profughi dalla Croazia, in mezza giornata sono giunti 4300 migranti, a bordo di quattro treni.

Lubiana calcola che in sole due settimane i profughi approdati siano stati oltre 100mila, in un Paese di soli due milioni di abitanti. Al campo di transito di Sentilj, confine sloveno-austriaco, centinaia di migranti e profughi ieri hanno sfondato le barriere metalliche dopo ore di attesa al freddo e sotto la pioggia. E in Grecia, dove le rotte verso l'Europa hanno inizio, si sono contate ben 11 vittime in cinque distinti naufragi, il più grave dei quali nei pressi dell'isola di Lesbo. La metà di loro erano bambini. In Italia, il capo della Direzione Immigrazione e Polizia delle Frontiere Giovanni Pinto ha annunciato che sono quasi 140mila i migranti sbarcati sulle nostre coste quest'anno, l'8% in meno rispetto al 2014. Poco più di centomila -però- quelli identificati. Anche per questo il Governo studia una norma che imponga la registrazione anche con la forza, se necessario. Sul tema è tornato a parlare il presidente della Repubblica Mattarella: "nel nostro Paese come in tutta Europa abbiamo bisogno di ripristinare il senso della comunita'".

29/10/2015

E' stato trovato morto a Berlino il piccolo Mohamed, il profugo bosniaco di soli quattro anni scomparso quasi un mese fa. La polizia ha già arrestato il primo sospettato per l'omicidio, un giovane 32enne della regione del Brandeburgo, la cui immagine era stata ripresa da una telecamera a circuito chiuso mentre portava via il piccolo, tenendolo per mano.

A portare la polizia sulle tracce dell'omicida la madre del giovane, che ha riconosciuto il figlio nelle immagini. La notizia commuove la Germania: Mohamed si trovava in un centro per l'accoglienza profughi insieme alla madre e alle sorelline, quando è stato rapito. La notizia è arrivata nel giorno in cui si sono registrare altre vittime in Grecia: otto i morti per il rovesciamento di un'imbarcazione al largo dell'isola di Lesbo. 30 persone sono ancora disperse, 242 quelle salvate. In Italia, il capo della Direzione Immigrazione e Polizia delle Frontiere Giovanni Pinto ha annunciato che sono quasi 140mila i migranti sbarcati sulle nostre coste quest'anno, l'8% in meno rispetto al 2014. Poco più di centomila quelli identificati. Il calo è dovuto anche e soprattutto al cambio di rotta dei profughi siriani, che prediligono il corridoio balcanico: ora prevalgono gli africani subsahariani. Sul tema è tornato a parlare il presidente della Repubblica Mattarella: "nel nostro Paese come in tutta Europa abbiamo bisogno di ripristinare il senso della comunita', per capire che si e' se' stessi se ci si fa carico anche degli altri". Intanto il numero complessivo di profughi entrati in Slovenia in sole due settimane ha superato quota 100mila.

27/10/2015

L'Europa prova a ripartire sulla crisi migranti, il giorno dopo l'ennesimo -sofferto- vertice straordinario. Come sempre, il difficile sarà implementare le decisioni prese: occorrerà in primis realizzare i 100mila nuovi posti di accoglienza per i rifugiati, la metà dei quali in Grecia.

Se si dovesse seguire il ritmo da lumaca con cui stanno procedendo i ricollocamenti dei migranti da Italia e Grecia verso gli altri Paesi europei, si rischierebbe l'ennesimo flop: il New York Times ha messo alla berlina la lentezza europea. Con soli 87 migranti ricollocati finora, ci vorrebbero oltre 750 anni per portare a termine la redistribuzione di 160mila profughi. Altro che due anni. Fonti comunitarie fanno balenare un po' di ottimismo, nonostante le divisioni: dopo il summit sono stati nominati i punti di contatto nazionali nei diversi Paesi sulla rotta balcanica, il che potrebbe aiutare ad avere numeri reali sul flusso effettivo dei migranti in marcia. In un secondo tempo, occorrerà rallentare significativamente il flusso, concentrando gli arrivi negli hotspots di accoglienza. E mentre l'Europa prova a ricomporre una difficile unità, non si ferma la marea umana ai confini, con migliaia di persone segnalate anche ieri in transito in Slovenia e Croazia.

26/10/2015

Timidi passi in avanti, dopo un vertice notturno, dove le divisioni intraeuropee sono risaltate molto più delle decisioni sui 100mila posti di accoglienza per i migranti: fonti europee dicono che "si registrano già i primi risultati" dell'intesa raggiunta ieri notte al vertice sulla rotta balcanica, con la nomina di punti di contatto nazionali nei diversi Paesi coinvolti, finora incapaci anche solo di comunicarsi a vicenda i flussi in arrivo.

L'obiettivo è arrivare a fare chiarezza sulle cifre dei profughi in marcia. Bruxelles punta a "convincere i migranti, soprattutto i siriani, che muoversi autonomamente da uno Stato all'altro non li aiutera'". L'Europa vuole arrivare a una situazione in cui i profughi optino per restare in Grecia, facendosi registrare, per poi attendere il ricollocamento in un altro Paese comunitario. Meglio però non informarli -a questo proposito- dei calcoli del New York Times, che ha stimato come -ai ritmi attuali e nonostante l'accordo messo nero su bianco per 160mila ricollocamenti- ci vorranno 750 anni per raggiungere l'obiettivo di ricollocare tutti i migranti da Italia e Grecia verso altri Paesi. Questo a causa della scarsa disponibilità dimostrata dai Paesi riceventi. Sul fronte della cronaca, in poche ore quattromila profughi hanno attraversato il confine tra Slovenia e Croazia. A Zagabria sono giunti in un solo giorno 10mila migranti, mentre la città bavarese diPassau ha chiesto l'intervento dell'esercito, per far fronte al flusso.

25/10/2015

Si è aperto come previsto tra le polemiche e le accuse reciproche il vertice straordinario sui migranti, riservato ai Paesi europei sulla rotta balcanica. L'avvertimento più deciso è arrivato da uno dei Paesi maggiormente sotto pressione, la Slovenia.

"La situazione e' molto grave, mi aspetto un piano d'azione concreto, altrimenti sara' l'inizio della fine dell'Unione Europea come tale", ha avvertito il premier Miro Cerar, accusando la vicina Croazia di "non essersi comportata come un Paese che si assume le proprie responsabilità" sui migranti. Caustico il controverso leader ungherese Orban: "spero che con oggi si metta fine alla politica dei confini aperti e degli inviti, che sono contro le regole di Schengen". Orban ha attaccato la Grecia: "se non sa proteggere i suoi confini, ci vada l'Europa". Convitato di pietra la Turchia, la cui assenza al vertice è stata fatta notare sia dalla Grecia sia dalla Croazia. Perchè, ci si chiede, Ankara non è stata invitata? Da parte sua la cancelliera Merkel definisce la situazione come "eccezionale, che richiede misure eccezionali". Sul tavolo una proposta di piano d'azione in sedici punti della Commissione Europea, che ha perà già causato polemiche. E mentre a Bruxelles si discute e si litiga, in mare si continua a morire: una donna e due bambini di 2 e 7 anni sono annegati nelle acque davanti all'isola di Lesbo, in Grecia, dopo il naufragio del barcone su cui erano a bordo. Altri 7 migranti risultano dispersi. 53 i salvati.

25/10/2015

Mentre non si ferma l'onda lunga dei migranti, un'Europa ancora divisa prova a risolvere i problemi sulla rotta maggiormente sotto pressione, quella dei Balcani.

La cronaca evidenzia intanto i drammatici ritardi della politica: ieri sera la notizia di decine di cadaveri di migranti trovati sulle spiagge nei pressi di Tripoli. Vittime dell'ennesimo barcone affondato. La rotta balcanica, dal canto suo, appare inesauribile: tremila migranti sono arrivati nella notte tra venerdì e sabato al confine serbocroato, in Slovenia altre migliaia di persone attendono di muoversi verso Austria e Germania. Lubiana stima un transito di quasi 60mila migranti in una sola settimana. A Bruxelles, dove si riuniranno i leader dei Paesi che si trovano sulla rotta dei Balcani - dalla Grecia alla Germania, la Commissione Europea proverà a far passare un piano in sedici punti, per intervenire nella gestione della crisi profughi. Bruxelles punta a fissare alcuni principi: un impegno dei Paesi, nell'arco di 24 ore, ad avviare la cooperazione reciproca, scambiandosi informazioni, bisogni e garantendo assistenza materiale ai migranti. Riconfermato il principio per cui "un Paese puo' rifiutare l'ingresso a un migrante che non conferma l'intenzione di fare domanda di protezione". Infine, la parte più controversa: no a spostamenti dei migranti verso altre frontiere, senza il previo accordo dello Stato confinante. Le dichiarazioni pre-vertice di numerosi Paesi balcanici fanno presagire scintille al summit.

24/10/2015

La crisi migratoria torna al centro dell'attualità europea, a poche ore dal vertice che la Commissione ha convocato a Bruxelles per discutere l'emergenza sulla rotta balcanica.

L'autunno non ha per nulla rallentato il flusso di profughi: tremila migranti sono arrivati nella notte tra venerdì e sabato al confine serbocroato, mentre in Slovenia altre migliaia di persone attendono di passare verso Austria e Germania. Lubiana stima un transito di quasi 60mila migranti sul proprio territorio, in una sola settimana. L'obiettivo del summit di crisi, che si terrà alla presenza dei leader dei Paesi che si trovano sulla rotta -dalla Grecia fino alla Germania- è approvare un piano in sedici punti, che garantisca una gestione dell'emergenza con minimi standard umanitari. Tuttavia, le premesse non sono così buone: "se Germania, Austria e altri Paesi chiuderanno le frontiere", Bulgaria, Serbia e Romania sono pronte a fare altrettanto, ha minacciato il premier bulgaro, Boyko Borisov, spiegando che i tre Paesi balcanici non intendono diventare una "zona cuscinetto". La Croazia invece considera "insensate e completamente non realistiche" le idee delineate nel documento che la Commissione intende far approvare al minivertice. Zagabria contesta in particolare il punto che prevede che i Paesi sulla rotta balcanica non possano piu', senza accordi e consultazioni previe con gli altri Paesi confinanti, trasportare i migranti alle frontiere. Previste scintille tra la tedesca Merkel e l'ungherese Orban.

20/10/2015

"Un buon clima": Bruxelles stempera le polemiche del weekend, innescate dalle dichiarazioni del premier Matteo Renzi sulla legge di stabilità, facendo trapelare una moderata soddisfazione, al termine del primo esame della manovra.

Nessun bisogno di rispedirla al mittente, insomma come aveva polemicamente minacciato lo stesso Renzi: anche perché la Commissione Europea non intende respingerla tout court. Al contrario: "l'Italia è più solida dello scorso anno", commentano, confermando l'approccio più politico e meno rigorista intrapreso da Juncker sui bilanci. Due i nodi principali: quello della tassazione, con la cancellazione della Tasi tuttora indigesta all'Europa. In questo caso si cercherà di capire se e quanto farà schizzare in alto il rapporto deficit-Pil, prima di esprimere giudizi. In secondo luogo la clausola migranti: come previsto, la Commissione non intende concedere due decimali di flessibilità, ma è aperta a considerare le spese aggiuntive sostenute dal Paese per accogliere i profughi. Intanto il Ministro dell'Economia Padoan afferma: "la trattativa con Bruxelles è un processo continuo. Ciò non vuol dire che le opinioni di Governo e Commissione siano assolutamente identiche". Padoan definisce la manovra "equilibrata", ribadisce che tutte le imposte saranno abbassate, invita ad investire in Italia.

19/10/2015

Dopo le schermaglie di venerdì, seguite alle dichiarazioni del premier Renzi, torna il sereno sull'asse Roma-Bruxelles, almeno stando a quanto dichiarano fonti della Commissione: "c'è un buon clima, dopo una prima lettura della legge di stabilità.

L'Italia è più solida del 2014, e non ci sarà un rinvio della manovra al mittente entro la settimana", fanno sapere dalle istituzioni comunitarie, con due precisazioni: la prima è che non sono state riscontrate gravi mancanze, eventualità che avrebbe portato alla rispedizione immediata al mittente. La seconda è che la questione del cosiddetto "sconto migranti", che favorirebbe una riduzione dell'aliquota Ires già dal prossimo anno, resta aperta. Al momento l'orientamento sarebbe quello di riconoscere solo le spese aggiuntive legate alla crisi immigrazione, senza tradurre lo sconto nei due decimali auspicati dal Governo. Mentre sulla cancellazione della Tasi, nonostante l'irritazione a Bruxelles, l'orientamento sarebbe quello di capire quali effetti avrebbe sull'incremento del rapporto deficit-pil. Prossima tappa le cruciali previsioni economiche del 5 novembre. Intanto il Ministro dell'Economia Padoan afferma: "la trattativa con Bruxelles è un processo continuo. Ciò non vuol dire che le opinioni di Governo e Commissione siano assolutamente identiche". Padoan definisce la manovra "equilibrata", ironizza sulle polemiche legate all'abolizione della Tasi, invita ad investire in Italia.

17/10/2015

“Abbiamo le basi legali per esaminare le leggi di stabilità, e intervenire sulle scelte economiche dei Governi”. Pur con grande imbarazzo, la portavoce della Commissione Europea Annika Breidthardt chiarisce un punto imprescindibile, nel fronte aperto dal premier Renzi con Bruxelles sulla manovra.

La stoccata del premier irrompe nel consueto briefing giornaliero con la stampa. Sotto il fuoco di fila delle domande dei giornalisti i portavoce della Commissione abbozzano: non replicano direttamente a Renzi, ma si limitano a ricordare che c’è ancora oltre un mese per analizzare le manovre nazionali, che il canale di dialogo con le capitali è aperto, e che a inizio di novembre arriveranno le nuove previsioni economiche. Punto. Nessun commento ulteriore. Almeno in attesa delle raccomandazioni della stessa Commissione ai Ministri finanziari europei sulle singole leggi di stabilità.

16/10/2015

“Abbiamo le basi legali per esaminare le leggi di stabilità, e intervenire sulle scelte economiche dei Governi”. Pur con grande imbarazzo, la portavoce della Commissione Europea Annika Breidthardt chiarisce un punto imprescindibile, nel fronte aperto dal premier Renzi con Bruxelles sulla manovra.

La stoccata del premier irrompe nel consueto briefing giornaliero con la stampa. Sotto il fuoco di fila delle domande dei giornalisti i portavoce della Commissione abbozzano: non replicano direttamente a Renzi, ma si limitano a ricordare che c’è ancora oltre un mese per analizzare le manovre nazionali, che il canale di dialogo con le capitali è aperto, e che a inizio di novembre arriveranno le nuove previsioni economiche. Punto. Nessun commento ulteriore. Almeno in attesa delle raccomandazioni della stessa Commissione ai Ministri finanziari europei sulle singole leggi di stabilità. Sempre in tema di manovra, l’Italia ha precisato, nel documento inviato a Bruxelles, i costi stimati per l’emergenza migranti: 3,3 miliardi solo quest’anno. Metà delle spese per il capitolo “accoglienza”, quasi il 30% per il salvataggio in mare. Anche questa voce entra così ufficialmente nella grande partita per strappare ulteriori margini di flessibilità in Europa.

16/10/2015

Si chiude con accordi di principio, ma senza soluzioni definitive il vertice europeo dedicato quasi interamente all’immigrazione. Nella notte il presidente della Commissione Europea Juncker annuncia l’intesa sul piano euroturco per la crisi rifugiati, ma per la parte finanziaria -la più delicata, in serata si parlava di tre miliardi- si va ai negoziati.

Juncker conferma l’accelerazione sul processo di liberalizzazione dei visti con la Turchia, ma assicura: nessuna scorciatoia. E si dice certo di aver portato a casa –stavolta per davvero- i fondi promessi dai Paesi europei per Africa e Siria: “questione di settimane”, dice. Dal summit importanti rassicurazioni sull’invio di centinaia di guardie di frontiera negli hotspots italiani e greci, mentre Frontex avrà il potere di gestire autonomamente i rimpatri. Sul meccanismo di redistribuzione permanente dei profughi invece nulla di fatto, come ammette la cancelliera tedesca Merkel. Altro tema caldo la flessibilità per la clausola migranti, all’interno della legge di stabilità: Juncker ribadisce che la Commissione Europea valuterà caso per caso, mentre il premier Renzi non ne fa un dramma. Apre però -Renzi- un fronte con il presidente europeo Tusk, reo di aver accomunato le strategie italiani e ungheresi, nell’affrontare la crisi migratoria: "le frasi di Tusk non sono state rispettose degli sforzi del popolo italiano, che in questi mesi ha fatto un lavoro straordinario, salvando decine di migliaia di persone”.

15/10/2015

E' in corso da tre ore circa il summit europeo: nella capitale belga si è parlato in mattinata della legge di stabilità italiana, con la stoccata del vicepresidente della Commissione Dombrovskis, che ha bacchettato Roma per non aver seguito in pieno le indicazioni di Bruxelles, che chiedeva di spostare la tassazione dal lavoro ai settori proprietà e consumi.

Al suo arrivo a Bruxelles venti minuti fa, in ritardo di oltre due ore e mezza sull’inizio dei lavori, il premier Matteo Renzi non ha commentato, scivolando via rapidamente dai giornalisti. Come non ha aggiunto altro, a domanda di Radio 24, il presidente della Commissione Europea Juncker. “Oggi non mi occupo del budget italiano”, ha detto Juncker laconico. Immigrazione in primo piano al summit, con la notizia che ci sarebbe l’accordo tra Commissione e Turchia sul piano di cooperazione sui migranti proposto ad Ankara. La svolta era attesa ed importante, perché permetterebbe di coinvolgere fattivamente la Turchia nella gestione della crisi, attenuando il flusso di profughi in Europa. Le prime indiscrezioni parlano di concessioni importanti, con un finanziamento comunitario ad Ankara fino a tre miliardi, e l’accelerazione sul capitolo della liberalizzazione dei visti per i cittadini turchi. Ora serve l’ok dei leader. Nelle intenzioni del presidente europeo Tusk c’è anche il rafforzamento di Frontex, sia a livello di risorse che di poteri di intervento e di margini di azione. Sullo sfondo restano anche altri temi, quali la riforma dell’Eurozona e i negoziati con la Gran Bretagna per il futuro di Londra in Europa. Temi già destinati a un rinvio al vertice di dicembre.

15/10/2015

Vertice europeo al via tra circa un’ora qui al Justus Lipsius: in primo piano l’immigrazione, ma per cominciare vi segnaliamo subito la prima stoccata lanciata da Bruxelles verso la legge di stabilità italiana.

A lanciarla è il falco Dombrovskis, vicepresidente lettone della Commissione Europea, che dichiara: “normalmente la Commissione consiglia agli Stati di spostare il peso della tassazione dal lavoro a consumi, proprieta' o capitali, l'azione intrapresa dal Governo italiano non va in questa direzione, quindi dovremo discutere con loro le ragioni e le potenziali implicazioni": cosi' il Dombrovskis a chi gli chiedeva cosa pensasse dell'abolizione della tassa sulla prima casa. Torniamo ora al summit, perché -come dicevamo- in primo piano c’è il tema dell’immigrazione, con i rapporti con i Paesi terzi a farla da padrone. Sotto i riflettori il piano proposto dall’Europa alla Turchia per cooperare. Ankara resta fredda e chiede più soldi, oltre alla creazione di una zona cuscinetto nel nord della Siria – eventualità quest’ultima osteggiata dalla Russia. Sul tavolo anche il rafforzamento di Frontex, con la possibile creazione, in futuro, di veri e propri corpi di guardie di frontiera europei. Questa mattina il presidente della Commissione Juncker questa mattina è tornato ad attaccare gli impegni finanziari presi, e non mantebuti, dai paesi membri. Più defilata invece la questione della riforma dell’Eurozona, di cui si tornerà a discutere a dicembre, e le trattative tra Euopa e gran Bretagna in vista del referendum britannico sul dentro o fuori dall’Europa.

14/10/2015

L'unica certezza è che il 2015 è stato un anno record negli arrivi di immigrati in Europa: sulle cifre occorre invece un po' di prudenza, per ammissione della stessa Frontex.

Ieri l'agenzia comunitaria per le frontiere diffondeva una stima impressionante: 710mila migranti approdati in soli nove mesi in Europa, con l'avamposto dell'Egeo sotto una fortissima pressione - 350mila arrivi, soprattutto dalla Siria. Numeri più che doppi rispetto all'intero 2014. Anche la frontiera italiana veniva segnalata tra le più esposte - 129mila profughi. E la rotta balcanica moltiplicava per 13 gli arrivi: 204mila migranti approdati in Ungheria. Proprio la sovrapposizione tra la rotta dell'Egeo e quella balcanica ha però provocato confusione nei numeri: tra i 700mila migranti registrati diverse migliaia sono state conteggiate due volte. Il tema immigrazione sarà al centro del vertice che si apre domani a Bruxelles: nella lettera di invito ai 28 leader, il presidente europeo Tusk ha messo nero su bianco i nodi da sciogliere: tra questi, la necessità di cooperare con una Turchia, le cui richieste si scontrano con la crescente presenza russa, la necessità di rivedere Dublino, e la creazione di una guardia di frontiera europea.

13/10/2015

Oltre 700mila immigrati avrebbero varcato le frontiere comunitarie dall'inizio dell'anno, compresa quindi la fase acuta della scorsa estate: lo rivela l'agenzia comunitariaFrontex, facendo notare come i numeri siano più che doppi rispetto al 2014, quando gli immigrati entrati in Europa non raggiungevano quota 300mila.

Sotto particolare pressione le isole greche e il Mar Egeo, dove è transitato in particolare il flusso di siriani: in nove mesi 350mila arrivi - nello stesso periodo sono stati invece 129mila i profughi approdati in Italia. Di questi, 12mila a settembre, in calo a causa delle condizioni meteo e delle difficoltà di approvvigionamento di imbarcazioni in Libia. I numeri di Frontex vanno però presi con le molle e probabilmente rivisti al ribasso. Il tema immigrazione sarà al centro dei lavori del vertice europeo di giovedì a Bruxelles: secondo le prime bozze di conclusioni, i 28 leader punteranno sulla cooperazione con i Paesi terzi, quali la Turchia, sia utilizzando la leva politica che quella economica. Il rapporto con Ankara resta centrale nelle politiche comunitarie -domani partirà una missione della Commissione per l'Anatolia- ma per il momento Erdogan resta freddo sulle proposte di Bruxelles. Verso un rafforzamento le risorse destinate a Frontex, come richiesto dallo stesso direttore Fabrice Leggeri.

13/10/2015

L'Europa chiede la fine dei bombardamenti russi contro l'opposizione siriana, ma resta incerta sul ruolo di Bashar al-Assad nel breve termine. Questo il messaggio uscito dal vertice dei Ministri degli Esteri, il cui unico risultato concreto -alla fine- è quello di un'azione diplomatica per avviare la transizione nel Paese.

Come dice l'Alto Rappresentante Federica Mogherini, Bruxelles ha ricevuto il mandato di sostenere "proattivamente" il processo guidato dall'inviato Onu Staffan de Mistura. "Gia' nelle prossime ore", dice la Mogherini, "arriverà nella capitale belga una delegazione iraniana, mentre de Mistura parlera' con Lavrov". La condanna europea non sembra nel frattempo aver impressionato Mosca, che in un solo giorno ha condotto oltre cinquanta raid anti-Isis in Siria. La Russia annuncia di aver seriamente indebolito la catena di rifornimenti dei miliziani del Califfato. Più divisa l'Europa sul destino di Assad, anche se sta cominciando a prevalere il consenso di un'uscita di scena non così repentina - come sperato. Solo la Francia appare tenere il punto sull'isolamento internazionale del regime, mentre gli altri Paesi sembrano accettare l'ipotesi di una transizione che non prescinda immediatamente da Assad. Da segnalare -sul fronte dei combattimenti- il cambio di strategia americana: ieri Washington ha paracadutato più di 45 tonnellate di munizioni ai ribelli siriani nel nord-est del Paese. Abbandonata l'opzione di addestramento degli oppositori, gli Stati Uniti hanno deciso di armarli, per l'assalto alle roccaforti dell'Isis.

12/10/2015

Stop ai bombardamenti russi sui gruppi di opposizione siriani, e nessuna chance di pace, se Assad resta al potere a Damasco: a queste conclusioni sono giunti i Ministri degli Esteri europei.

"I recenti attacchi militari russi contro l'opposizione moderata sono molto preoccupanti, e devono cessare immediatamente: l'escalation rischia di prolungare il conflitto, mettere a repentaglio il processo politico e aggravare la situazione umanitaria", hanno messo nero su bianco i 28. Nelle stesse ore, in una risposta abbastanza diretta, il Ministero della Difesa russo rendeva noto che nelle ultime 24 Ore i jet di Mosca avevano bombardato ben 53 obiettivi in Siria, asserendo di aver distrutto la catena di rifornimenti dell'Isis. Sul fronte politico, invece, l'Europa punta su una transizione di potere pacifica e inclusiva in Siria: se i 28 sono divisi sul destino immediato del dittatoreAssad, sul lungo periodo la visione di una Siria senza di lui è comune.

9/10/2015

"Una giornata di valore simbolico e sostanziale": così il Commissario Europeo agli Affari Interni Avramopoulos ha definito la giornata odierna, durante la quale partiranno da Roma i primi 19 profughi eritrei con destinazione il nord della Svezia, all'interno del piano di ricollocamento europei dei profughi.

Lo stesso Avramopoulos sarà presente questa mattina a Ciampino, insieme al Ministro dell'Interno Alfano e alla presidenza di turno lussemburghese, per marcare l'evento. "Continueremo a sostenere le autorità italiane", ha promesso Avramopoulos, che poi si sposterà a Lampedusa per inaugurare il primo hotspot di registrazione dei migranti. La Spagna intanto si è detta disponibile ad accettare 50 migranti dalla Penisola. E mentre la Francia lanciava la proposta di creare una vera e propria guardia di frontiera europea sotto il controllo di Frontex, a tenere banco ieri a Lussemburgo è stato il tema rimpatri. Avramopoulos ha annunciato dieci voli congiunti verso i Paesi di origine, questo mese. Mentre i 28 Ministri dell'Interno davano il via libera a un programma di rimpatrio per i migranti economici. L'obiettivo è espellere quel 60% di clandestini che restano in Europa, pur non avendone diritto: per realizzarlo, si pensa a incentivi economici sottoforma di aiuti allo sviluppo, da usare come bastone -o carota- per le nazioni più riluttanti.

8/10/2015

Una guardia di frontiera europea, sotto diretta responsabilità di Frontex: la Francia fa un deciso passo avanti, sul fronte delle politiche migratorie, presentando la proposta a livello di Ministro dell'Interno.

L'idea transalpina è quella di fare in modo che ciascun Paese membro metta a disposizione di Frontex una quota annuale di agenti di frontiera, senza intaccare la sovranità nazionale sui confini esterni. In un secondo tempo, questo embrione potrebbe trasformarsi in una forza autonoma. Il tutto mentre a tenere banco sono i primi ricollocamenti di migranti, sulla base dello schema approvato a fine settembre: il volo inaugurale sarà domani, col trasferimento da Roma in Svezia di una ventina di profughi eritrei. E la Spagna si è detta pronta a ricollocare una cinquantina di profughi provenienti dall'Italia, come progetto pilota. "Una giornata di valore simbolico e sostanziale", ha definito quella di domani il Commissario Europeo Avramopoulos, che ha pure annunciato -sul fronte rimpatri- che saranno una decina i voli congiunti in programma questo mese. E sui rimpatri dura presa di posizione della Gran Bretagna: "dobbiamo rimandare i migranti economici nei loro Paesi d'origine, dobbiamo avere tolleranza zero per chi abusa del nostro sistema di asilo. L'Europa faccia di piu".

7/10/2015

Maggiori ricollocamenti di migranti, in cambio di nuovi centri di accoglienza: l'Europa offre alla Turchia un piano d'azione per fronteggiare la crisi migratoria, che prevede importanti finanziamenti.

La proposta è stata resa nota ieri, il giorno dopo la visita del presidente turco Erdogan a Bruxelles. In sostanza, l'Unione Europea offre ad Ankara un piano di ricollocamento dei rifugiati siriani attualmente presenti su suolo turco: già a luglio era stato deciso di accettarne oltre 20mila nel Vecchio Continente. In cambio si chiede l'apertura di sei nuovi centri d'accoglienza per rifugiati nella Penisola anatolica, parzialmente cofinanziati da Bruxelles, e si esige un rafforzamento dei pattugliamenti della guardia costiera, per rallentare il flusso di profughi verso la Grecia, insieme a un maggiore impegno nella lotta contro i trafficanti. Chiesta infine una maggiore integrazione dei profughi siriani nella società turca. Intanto prende corpo, a livello europeo, una stretta sui rimpatri dei clandestini, in vista del prossimo vertice dei 28 leader. Il tutto mentre parte il controverso piano di ricollocazione di 160mila migranti: i primi saranno una ventina di profughi eritrei, che verranno trasferiti venerdì da Roma a Stoccolma. Sul fronte della cronaca, infine, nonostante l'arrivo dell'autunno non si ferma il flusso di profughi: ieri quasi mille migranti sono stati tratti in salvo al largo della Libia, mentre una nave militare inglese sbarcava a Catania oltre 600 rifugiati salvati in mare nei giorni scorsi. Segnalato in crescita infine il flusso al confine serbo-bulgaro.

6/10/2015

Accelerazione sulle riammissioni e apertura di nuovi centri di accoglienza in Turchia: sono questi alcuni dei principali punti del piano d'azione tra Bruxelles e Ankara, emerso dopo la visita del presidente turco Erdogan nella capitale europea.

Il testo, ancora una bozza resa nota dalla Commissione, precisa che la Turchia si dovrebbe impegnare ad accelerare le procedure per la "riammissione dei migranti irregolari intercettati in Europa". Prevista una "cooperazione tra gli Stati membri e la Turchia nell'organizzazione di rimpatri congiunti dei clandestini". Ankara aprirà sei centri d'accoglienza per rifugiati, che saranno cofinanziati dall'Unione Europea. Sarà infatti soprattutto finanziario il contributo di Bruxelles: l'Europa mobiliterà fino a un miliardo questo biennio in favore di Ankara, oltre a buona parte del Fondo per la crisi siriana. Nessuna menzione invece delle aree sicure e delle no-fly zones chieste da Erdogan nella Siria del nord. Emergono intanto i dettagli della bozza di accordo tra i 28 Paesi membri, in vista del vertice europeo della prossima settimana: prevista una stretta sui rimpatri, con sostegni economici ai Paesi che procedono in questo senso, fornendo allo stesso tempo incentivi ai Paesi terzi che accolgono i propri emigrati. Infine, al via da domani la fase-2 della missione EunavforMed nel Mediterraneo.

6/10/2015

Entra nel vivo la discussione sulle manovre finanziarie in Europa, con l'Italia che proverà a spuntare importanti margini di flessibilità a Bruxelles: annunciato per il 23 novembre un Eurogruppo straordinario, per discutere i pareri che la Commissione renderà noti sulle singole finanziarie nazionali.

Ieri a Lussemburgo il Commissario all'Economia Moscovici ha preso tempo su uno dei punti-chiave su cui l'Italia intende giocare la propria partita: la valutazione delle spese sostenute per l'emergenza immigrazione. Roma conta di poterle fare rientrare tra le circostanze eccezionali, aprendo uno spazio di manovra superiore a 3 miliardi. Ma Moscovici non fornisce certezze: "stiamo ancora analizzando l'impatto delle spese per i migranti, non ci siamo ancora, l'analisi e' in corso - non mi aspetto un lungo dibattito in sede Ecofin". Sulla questione della flessibilita' per i migranti "spero che la Commissione scelga un approccio differenziato", ha detto il presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem, spingendo per un'analisi caso per caso. Dal canto suo il Ministro delle Finanze Padoan osserva che nella nota aggiuntiva al Def è già stato ipotizzato l'utilizzo di questa clausola, qualora venisse offerta. La legge di stabilità dovrà essere inviata a Bruxelles entro nove giorni. E proprio Padoan annuncerà formalmente oggi una proposta di sistema comune contro la disoccupazione nell'Eurozona.

5/10/2015

"Un'agenda comune sui migranti": il presidente della Commissione Juncker accoglie a Bruxelles il presidente turco Erdogan, tendendo la mano per cooperare sulla crisi del momento.

Un negoziato difficile, quello tra Europa e Turchia, come fanno trapelare fonti comunitarie. I leader europei hanno annunciato all'ultimo vertice straordinario un miliardo di aiuti per Ankara, per far fronte alla crisi migratoria. I numeri sono impressionanti: si stimano in oltre due milioni i siriani rifugiatisi nella Penisola anatolica, la metà circa del totale dei cittadini fuggiti in seguito alla guerra che ha devastato il Paese. La Turchia, dal canto suo, chiede di più. Erdogan ha sintetizzato così il messaggio: "vogliamo tre cose, addestramento ed equipaggiamento, la creazione di una zona smilitarizzata per i migranti e la dichiarazione di una no-fly zone". Erdogan ha precisato che la Turchia accoglie "tutti senza discriminazioni" di religione, e "per loro ha gia' speso quasi otto miliardi di dollari, mentre dalla comunita' internazionale sono arrivati 417 milioni - ma manteniamo le porte aperte", ha chiosato non senza risparmiare frecciate. Sullo sfondo, le relazioni tese tra Bruxelles ed Ankara, a causa anche della stasi nel processo di adesione all'Unione Europea, con Erdogan che chiede di rilanciarlo - e le imminenti elezioni turche. Sul fronte della cronaca, invece, nelle ultime ore i corpi di ben due bambini piccoli, il più giovane dei quali non aveva neppure un anno, sono stati trovati nei pressi della spiaggia di un hotel dell'isola di Kos, in Grecia. Si stimano in un centinaio i profughi morti quest'anno nel tentativo di raggiungere la Grecia.

2/10/2015

Si lavora, come da oltre tre mesi a questa parte, nella EU Regional Task Force, il primo gruppo di lavoro interforze che l’Unione Europea ha aperto sulla frontiera esterna dell’Unione.

Lo ha fatto a Catania, un po’ in sordina per la verità. In una stanza situata all’interno di un commissariato di polizia della città, una dozzina di ufficiali delle diverse agenzie comunitarie e nazionali si scambiano quotidianamente informazioni e forniscono supporto operativo in occasione degli sbarchi. Il coordinamento è affidato a Frontex, ma sono presenti anche l’agenzia per l’asilo EASO, la missione navale Eunavformed, Europol ed Eurojust. Allo stesso tavolo i rappresentanti di Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza. Le rotte dei flussi migratori vengono tracciate e monitorate, non solo nella loro effettiva consistenza, ma anche nelle implicazioni criminali che comportano. Perché alla base di tutto ci sono traffici di esseri umani - molto lucrativi per i network che li gestiscono dal Nordafrica. Raymond, analista senior di Europol – per motivi di sicurezza non può svelare il nome completo, ci spiega che questa Task Force offre il valore aggiunto di poter sia scambiare intelligence in tempo reale con gli altri partner, sia di fornire informazioni alle autorità italiane. “Monitoriamo le rotte dei migranti e i network criminali che le alimentano. Abbiamo identificato migliaia di sospetti e facilitatori dell’immigrazione illegale. Anche il flusso di denaro e il riciclaggio dei proventi di questi traffici è monitorato in molti Paesi europei”.

1/10/2015

Gli ultimi arrivi sono stati quelli di 230 migranti, ieri mattina nel porto di Catania: tutti provenienti dall’Africa Occidentale subsahariana, prevalentemente dalla Nigeria.

A trasportarli una nave maltese, il vascello P61, che li ha raccolti in mare da almeno due distinte imbarcazioni. Proseguono così, nonostante l’ondata di forte maltempo autunnale in arrivo sulla Sicilia, gli arrivi di migranti: in cinque giorni si è sfiorata quota diecimila. Ma, secondo gli ultimi dati dell’agenzia europea Frontex, tra gennaio e agosto gli arrivi di profughi nel Mediterraneo Centrale, sostanzialmente le coste del nostro Meridione, sono lievemente calati – 106mila, contro i 113mila dell’analogo periodo dell’anno scorso. Preferite, soprattutto dai siriani, le rotte balcaniche. Mentre in Europa, come dichiara Jean-Pierre Schembri, portavoce dell’agenzia comunitaria EASO, è boom di richieste di asilo.

30/9/2015

A Catania questa mattina sono sbarcati al porto 230 migranti, tutti provenienti dall’Africa Occidentale subsahariana, prevalentemente dalla Nigeria.

A portarli una nave maltese, il vascello P61, che li ha raccolti in mare da almeno due distinte imbarcazioni. Dopo le procedure di identificazione e registrazione, i migranti hanno preso la via dei centri di prima accoglienza, soprattutto nel centronord Italia, mentre abbiamo potuto testimoniare come cinque presunti scafisti siano stati fermati. Proseguono così, nonostante l’ondata di forte maltempo autunnale in arrivo sulla Sicilia, gli arrivi di migranti: ieri oltre mille approdi nell’isola, che si sono aggiunti ai seimila dell’ultimo weekend. Va anche precisato che, secondo gli ultimi dati dell’agenzia europea Frontex, tra gennaio e agosto gli arrivi di migranti nel Mediterraneo Centrale, in sostanza le coste del nostro Meridione, sono lievemente calati – 106mila, contro i 113mila dell’analogo periodo dell’anno scorso, soprattutto a causa del calo di profughi siriani. Siriani che hanno preso le rotte del Mediterraneo Orientale e dei Balcani Occidentali, che hanno fatto segnare incrementi boom in un solo anno, rispettivamente del +766% e del +1374%.

25/9/2015

Ritrovata -per ora- un'unità quantomeno di facciata, l'Europa si concentra sul a come mettere in pratica le misure di rafforzamento delle politiche migratorie: annunciato il miliardo di aiuti alle agenzie Onu, l'attenzione si sposta ora sugli hotspots - anche se c'è da segnalare la critica proprio dell'Alto Commissario Onu per i Rifugiati, Guterres, che si dice "deluso" per la mancata adozione di interventi destinati a offrire percorsi 'sicuri' ai profughi in cerca di asilo.

Il tutto mentre l'Alto Rappresentante Federica Mogheriniannuncia per il 7 ottobre l'avvio della fase 2 di Eunavformed, la missione militare nel Mediterraneo, che potrà quindi arrestare in acque internazionali i sospetti trafficanti di uomini. La fase di intelligence è conclusa, e le rotte dei migranti delineate. A tenere banco -dicevamo- il dossier hotspots, i centri di identificazione e registrazione dei migranti che l'Europa vuole operativi da novembre. Il Ministro dell'Interno Alfano garantisce che per quella data aprirà Lampedusa, e a Radio 24 il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento Liberta' civili e immigrazione del Ministero dell'Interno, conferma che gli hotspots saranno sei, per iniziare.

24/9/2015

Sette ottobre: l'Europa spinge l'acceleratore, dopo il via libera alle quote e la ritrovata unità di intenzioni uscita dal vertice dei leader. A fare l'ulteriore passo in avanti l'Alto Rappresentante Federica Mogherini, che visitando il quartier generale dell'operazione Eunavfor annuncia per inizio ottobre l'avvio della fase due, nel corso della quale l'obiettivo principale saranno le navi di scorta che i trafficanti usano per affiancare i barconi dei profughi.

"Siamo pronti a smantellare le reti di trafficanti", ha aggiunto laMogherini, sulla base dei dati di intelligence raccolti nel corso della prima fase di Eunavfor. Intanto tiene banco la questione hotspots, i centri di identificazione e registrazione dei migranti che l'Europa vuole operativi da novembre. A Radio 24 il prefetto Mario Morcone, capo del Dipartimento Liberta' civili e immigrazione del Ministero dell'Interno, conferma che gli hotspots saranno sei, per cominciare. Morcone non può garantire che tutti e sei gli hotspots saranno operativi a novembre, ma annuncia novità sui primi ricollocamenti di profughi - sulla base delle quote stabilite a Bruxelles.

23/9/2015

Vertice europeo al via, in un clima di divisione tra i 28 Paesi, dopo l'imposizione del voto a maggioranza ieri sulle quote di rifugiati. La Slovacchia ha già annunciato un ricorso legale contro la votazione di ieri, mentre il controverso premier ungherese Orban ha preparato un piano in 6 punti per risolvere l'emergenza profughi.

Orban, più conciliante, punta a un chiarimento con i partner. La giornata di oggi è stata monopolizzata dall'iniziativa della Commissione Europea, che ha stanziato un altro miliardo e 700 milioni per migliorare i centri di accoglienza nell'Unione, e per assistere i Paesi in prima linea. Bruxelles ha -allo stesso tempo- aperto 40 procedure di infrazione contro 19 Paesi membri, che non hanno attuato in pieno le regole del sistema comune di asilo. All'Italia viene contestato il divario tra i flussi in entrata e i migranti effettivamente registrati: ci sarebbe un rapporto di tre a uno. Roma rischia una procedura di infrazione. Il vertice serale -accantonato il nodo delle quote- si concentrerà soprattutto sui rapporti con i Paesi terzi, in particolare Libano, Giordania e Turchia - si tratta nei fatti di incrementare gli aiuti in denaro per permettere loro di ospitarne un numero maggiore. Maggiore assistenza anche per i Balcani Occidentali, investiti anch'essi dal flusso, e più risorse per le agenzie comunitarie, quali Frontex, Easo ed Europol. Il presidente europeo Tusk chiede di ritrovare il controllo delle frontiere esterne, mentre il premier Renzi all'arrivo parla di passettino in avanti dell'Europa.

21/9/2015

L'intesa sulle quote di ricollocamento dei 120mila profughi alla fine è stata trovata - ma l'unità europea è andata, come previsto, in frantumi.

A sorpresa, però, anche il blocco dell'Est, capeggiato dall'Ungheria, è uscito notevolmente indebolito, dopo aver perso il peso massimo della Polonia, schieratasi a favore delle quote. Che saranno a questo punto vincolanti e obbligatorie: Repubblica Ceca, Romania, Ungheria e Slovacchia hanno votato contro, astenuti i finlandesi - il che significa che i voti a favore sono stati oltre 20. Secondo le prime indiscrezioni, per ammorbidire i contrari sarebbero stati cancellati i criteri proposti dalla Commissione Europea per ripartire i rifugiati, e sarebbe stato previsto che i Paesi che non possono immediatamente effettuare i ricollocamenti li potranno ritardare di un anno, fino al 30% del numero assegnato. Soddisfatto il Ministro dell'Interno tedesco De Maiziere, che ha ringraziato "gli amici polacchi" per l'appoggio. "Il motore franco-tedesco funziona", ha fatto eco trionfante il collega franceseCazeneuve. Soddisfatta pure la Commissione Europea, che fa notare come il totale di ricollocati sia ora di 160mila. Bruxelles spinge ora per l'approvazione delle ulteriori misure del pacchetto al prossimo vertice dei Ministri dell'Interno l'8 ottobre - tra queste la lista dei Paesi di origine sicuri e la revisione del regolamento di Dublino. In quale atmosfera si muoveranno i prossimi passi è facile prevederlo: i quattro Stati finiti in minoranza sono furiosi, ed è probabile che questo stato d'animo condizionerà in negativo il vertice straordinario dei leader europei domani sera. Il ministro dell'Interno ceco, Milan Chovanec, ha definito l'approvazione delle quote "la sconfitta della ragione".

21/9/2015

Tre vertici in tre giorni, per ricompattare un quadro di unità europeo andato nuovamente in frantumi nel giro di un solo mese, con la crisi migranti.

Le prime manovre diplomatiche già oggi, con la riunione a Praga del gruppo Visegrad, che comprende Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. Insieme alla presidenza lussemburghese dell'Unione proveranno a smussare i numerosi punti di contrasto con la maggioranza dei Paesi comunitari, sulla questione delle quote vincolanti nella ripartizione dei rifugiati. E proveranno a ricomporre pure qualche frattura interna - la crisi ha fatto andare in tilt le frontiere orientali. L'ultima bozza di compromesso prevederebbe l'eliminazione dei criteri per la redistribuzione dei migranti, quali Pil o popolazione, mantenendo cifre precise per ciascun Paese - l'ostacolo della obbligatorietà verrebbe aggirato con una più diplomatica "volontarietà" o "disponibilità". Il numero sul tavolo è ancora 120mila: su questa cifra duelleranno domani i Ministri dell'Interno a Bruxelles, dopo il clamoroso fallimento della scorsa settimana. Un successo è possibile, ma rischia di essere una vittoria di Pirro: 120mila rischiano di essere solo una piccola frazione sul totale dei rifugiati in arrivo. Il tema è quindi più ampio: su questo si concentrerà il summit dei 28 leader in programma mercoledì sera. Risolvere alla fonte il problema profughi. Nel mirino la Turchia, tappa obbligata dei profughi siriani. L'obiettivo è rafforzare la cooperazione con Ankara, anche e soprattutto a livello di aiuti finanziari, per permetterle di accogliere un numero maggiore di profughi, mantenendoli così nella regione in condizioni degne, in attesa che la guerra a Damasco finisca.

20/9/2015

La politica europea muove le proprie pedine, in vista del doppio vertice di martedì e mercoledì: prima i Ministri dell'Interno, poi i leader europei, si riuniranno in due summit straordinari, che dovranno sbloccare l'impasse sulla crisi migrazione - in particolare per quanto concerne le quote rifugiati.

A precederli l'ennesimo vertice dei capi della diplomazia del gruppo Visegrad - che comprende Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria. La sede sarà ancora una volta Praga, e anche in questa occasione sarà presente la presidenza di turno lussemburghese dell'Unione. Nodo imprescindibile da superare proprio la ripartizione obbligatoria dei rifugiati, su cui non solo l'Ungheria di Viktor Orban appare abbastanza irremobivile, ma pure la stessa Repubblica Ceca non sembra disposta a cedere. Praga ha annunciato nelle ultime ore di essere pronta a ricorrere alla Corte di Giustizia europea, pur di far valere le proprie ragioni. Questo a seguito dell'esplicita minaccia tedesca, di imporre con un voto a maggioranza il sistema-quote. Intanto proprio in Germania non si spengono le polemiche politiche legate alla crisi migranti, con un fronte tutto interno ai socialdemocratici della Spd: il vicepresidenteStegner chiede le dimissioni del Ministro dell'Interno De Maziere, della Cdu, colpevole di eccessiva lentezza sui procedimenti di verifica delle condizioni di asilo per i profughi. Ma il leader Spd, nonché vicecancelliere Gabriel, lo stoppa: "tutte scemate". La tensione resta alta.

20/9/2015

"Valuteremo la posizione fiscale dell'Italia in rapporto al Patto di stabilita' e crescita in autunno, nella nostra opinione sulla bozza della Legge di bilancio, una volta che l'avremo ricevuta".

La Commissione Europea non si sbilancia, come da prassi, di fronte al Def italiano. Un documento che non fa marcia indietro sull'ampia quota di flessibilità che intende chiedere a Bruxelles. Ben 17,9 miliardi di margine sul deficit, ottenuti sommando cinque miliardi di clausola per gli investimenti, nove miliardi per le riforme e tre miliardi per l'emergenza migranti. Soldi utili a non finire in infrazione con l'Europa e allo stesso tempo a iniettare ossigeno nell'economia, proprio ora che la ripresa torna ad affacciarsi dopo un settennato di crisi. Resta però più alto del previsto il deficit: il Governo precisa che una riduzione ancora piu' corposa del deficit strutturale nel 2017 sarebbe controproducente, e il calo complessivo di 0,7 punti nel biennio 2017-2018 costituisce -dice Roma- uno sforzo straordinario. Che Bruxelles conceda alla fine un margine di manovra da quasi 18 miliardi è ritenuto abbastanza improbabile dagli analisti, che considerano sì possibile una flessibilità europea, ma non di queste proporzioni. La partita resta comunque tutta da giocare: il Def prevede anche una discesa della pressione fiscale al 42,6% il prossimo anno - con la previsione, o auspicio, di una parallela discesa della disoccupazione sotto la soglia psicologica del 12%. 12 sono anche i miliardi che Roma conta di incassare quest'anno dalla lotta all'evasione fiscale.

19/9/2015

17,9 miliardi: questo l'importo massimo, il margine di manovra che l'Italia intende chiedere a Bruxelles quale margine di flessibilità per il 2016. Denaro che Roma intende sfruttare per riforme e investimenti - compresi gli oltre tre miliardi per l'emergenza immigrazione.

A riportarlo la Relazione al Parlamento che accompagna la nota di aggiornamento del Def. Si tratta di uno dei punti-chiave del documento: prevede cinque miliardi da destinare alla clausola per gli investimenti e nove miliardi alle riforme. Non solo: l'Italia chiede pure la possibilità di spuntare un deficit maggiore rispetto a quanto programmato, pari al 2,2% o poco più non solo il prossimo anno, ma in quelli successivi. Che Bruxelles conceda alla fine un margine di manovra da quasi 18 miliardi è ritenuto abbastanza improbabile dagli analisti, che ritengono sì possibile una flessibilità europea, ma non di queste proporzioni. La partita resta comunque tutta da giocare: il Def prevede anche una discesa della pressione fiscale al 42,6% il prossimo anno - con la previsione, o auspicio, di una parallela discesa della disoccupazione sotto la soglia psicologica del 12%. 12 sono anche i miliardi che Roma conta di incassare quest'anno dalla lotta all'evasione fiscale. Tornando ai conti, spesso oggetto di richiami a livello internazionale per la riduzione di deficit e debito, il Governo ritiene che una riduzione ancora piu' corposa del deficit strutturale nel 2017 sarebbe controproducente, e il calo complessivo di 0,7 punti nel biennio 2017-2018 costituisca gia' uno sforzo straordinario.

19/9/2015

A tarda sera, mentre le tv croate raccontano una giornata di esodo di proporzioni storiche per il Paese dalmata, si tirano le prime somme: in soli tre giorni 17mila profughi sono entrati nel Paese, obbligati alla deviazione verso Zagabria dopo la chiusura della frontiera serbo-ungherese. Di questi, 3000 sono stati trasferiti -per paradosso- proprio verso l'Ungheria, un migliaio solo ieri.

Autobus e treni li hanno portati fino al confine col Paese vicino, dove sono stati imbarcati su altri mezzi e portati nei centri di registrazione magiari. Il premier croato Milanovic, indietreggiando rispetto alle dichiarazioni di apertura ed accoglienza di pochi giorni fa, ha alzato bandiera bianca: "non riusciamo più a registrare e offrire rifugio a tutte queste persone". Di qui la decisione di reindirizzarne una parte verso Ungheria e Slovenia, con i quali i rapporti diplomatici sono ora tesissimi. Anche per Zagabria la tentazione di chiudere i confini è forte, i militari sono in stato di pre-allerta: tuttavia, la presa d'atto che il fenomeno è praticamente inarrestabile fa rimbalzare la questione a Bruxelles. "Dobbiamo smetterla di rifilare le responsabilità agli altri e incolparci a vicenda", ha tuonato ieri sera il presidente europeoTusk, nella lettera di invito al summit straordinario di mercoledì, che proverà a ricostruire una difficile unità tra i 28 partner - sempre che i Ministri dell'Interno non la facciano crollare il giorno prima. Qualche segnale positivo c'è, sul fronte delle quote vincolanti di redistribuzione dei profughi, ma la Germania mette le mani avanti e avverte i Paesi dell'Est: "siamo pronti a usare il voto a maggioranza per imporle". Nei fatti, la bomba atomica - i cui effetti collaterali potrebbero essere peggiori della soluzione stessa.

18/9/2015

Crisi immigrazione sempre molto "calda" sia sul fronte della cronaca che su quello politico. Partiamo con la cronaca, con la mossa a sorpresa della Croazia, che ha deciso di aprire un corridoio per i profughi che intendono raggiungere il nord Europa.

Sul confine croato-ungherese, sono giunti oggi autobus croati con a bordo migranti, poi lasciati passare in Ungheria. La situazione è abbastanza confusa, da quanto è dato capire: i 19 autobus non sarebbero stati autorizzati ad entrare, ma i migranti sì - per essere poi caricati su altri veicoli, in direzione -presumibilmente- dell'Austria. A complicare la situazione la presenza di un treno croato, giunto nel villaggio meridionale ungherese diMagyarboly, diretto sempre verso nord. A bordo mille migranti. Tra Budapest e Zagabria intanto è già polemica, con l'Ungheria che accusa: il viaggio degli autobus non è stato preso di comune accordo. In precedenza il premier croato Milanovic aveva detto che Zagabria non è in grado di accogliere tutti i profughi, per cui la Croazia dovrà necessariamente redirigerli verso Ungheria e Slovenia. In soli tre giorni gli arrivi nel Paese balcanico sono stati oltre 15mila, a causa della chiusura della frontiera serbo-ungherese. Dal canto suo il premier magiaro Orban afferma che la decisione di erigere una barriera anti-immigrati e' stata presa poiche' l'Ungheria, nell'emergenza migranti, "non puo' contare sull'aiuto di nessuno". Da parte sua il ministro degli Esteri tedesco Steinmeier minaccia, in vista dei vertici della prossima settimana: "siamo pronti a valutare il ricorso alla decisione a maggioranza sulle quote sui migranti". Il che vorrebbe dire imporle, anche contro il volere dei Paesi dell'Est Europa.

16/9/2015

Una bulimica programmazione di summit straordinari: il giorno dopo il fallimento, l'Europa corre ai ripari sia mettendo in agenda un nuovo summit dei Ministri dell'Interno martedì, per raggiungere -così si spera- un compromesso sulle quote relative ai 120mila profughi aggiuntivi da ricollocare, sia ipotizzando un vertice straordinario dei 28 leader la prossima settimana.

Su questo deciderà il presidente europeo Tusk domani, su diretta sollecitazione di Germania e Austria. Il tutto mentre pure il presidente dell'Europarlamento Schulz proporrà di mettere ai voti la proposta sui profughi tra i deputati, domani, al fine di dare un forte segnale politico, nel clima di paralisi che impera ormai a Bruxelles. A rendersene conto per prima la stessa cancelliera tedesca Angela Merkel, che incontrando l'omologo austriaco Faymann insiste: "il tempo stringe, non possiamo aspettare metà ottobre per una riunione dei leader". Segnale colto da Tusk, che dalla Corea però temporeggia ancora. Nelle intenzioni della Merkel, il summit dovrebbe occuparsi anche degli aiuti ai Paesi di origine, per alleggerire il flusso di migranti in arrivo. La cancelliera ha bacchettato Roma e Atene: "è urgente che Grecia e Italia facciano subito gli hotspot di registrazione e identificazione, diversamente non puo' esserci equa distribuzione dei migranti". A Est l'Ungheria annuncia un secondo muro, questa volta al confine con la Romania, suscitando l'ira di Bucharest. Il blocco orientale non dà segni di cedimento sulla linea dura. Il premier slovacco Fico ribadisce: "non approveremo mai le quote obbligatorie di profughi". Nella confusione generale, a farne le spese è lo spazio Schengen - nei fatti sospeso, proprio nel cuore dell'Europa.

15/9/2015

Politica e cronaca si incrociano in modo convulso, nelle ore successive al fallimento del vertice dei Ministri dell'Interno sull'immigrazione.

Giovedì sapremo se i 28 leader si riuniranno la prossima settimana per un summit straordinario, che affronterà la questione da un punto di vista generale, senza però -apparentemente- toccare lo spinoso tema delle quote. Nelle ultime ore situazioni di caos sono state segnalate alla stazione ferroviaria di Salisburgo, dove 700 persone si sono ammassate su un treno per la Germania. Altri 4000 attendono a Vienna. E migliaia si sono messi in marcia dalla Turchia verso la Grecia. Ancora peggiore la situazione in Ungheria, dove 174 persone che tentavano di passare il confine con la Serbia sono state arrestate, nel primo giorno di chiusura delle frontiere. L'Ungheria rilancia, annunciando la costruzione di una seconda barriera, questa volta al confine con la Romania. Immediata la protesta di Bucarest. Il tutto mentre il baricentro politico si è spostato a Berlino. In una conferenza stampa congiunta, la cancelliera tedesca Merkel e il collega austriaco Faymann hanno premuto per chiesto la convocazione del summit straordinario.Faymann teme che la crisi possa danneggiare la stessa Unione Europea. Nel frattempo Vienna rafforza i controlli anche al confine italiano. La Merkel chiama in causa Roma: "è urgente che Grecia e Italia facciano subito gli hotspot di registrazione e identificazione, diversamente non puo' esserci equa distribuzione dei migranti". Cattive notizie da Est. La Slovacchia indurisce ulteriormente la propria posizione. Il premier Fico ribadisce: "non approveremo mai le quote obbligatorie di profughi".

15/9/2015

Sempre più profonda la crisi migranti in Europa, dopo il fallimento del vertice dei Ministri dell'Interno. Sul campo, vengono segnalate una situazione di caos alla stazioneferroviariadi Salisburgo, dove diverse centinaia di migranti sono in attesa di partire per la Germania. Altri 4000 attendono a Vienna. E migliaia si sono messi in marcia dalla Turchia verso la Grecia.

Ancora peggiore la situazione in Ungheria, dove 174 persone che tentavano di passare illegalmente il confine con la Serbia sono state arrestate, nel primo giorno di chiusura delle frontiere. Molto preoccupata Belgrado, che teme la situazione possa sfuggire di mano. Ma l'Ungheria non desiste, e annuncia anzi la costruzione di una seconda barriera, questa volta al confine con la Romania. Il tutto mentre oggi l'attenzione si è spostata sull'asse Berlino-Vienna: in una conferenza stampa congiunta, lacancelliera Angela Merkel e il collega austriaco Faymann hanno chiesto la convocazione di un vertice europeo straordinario la prossima settimana, per discutere a livello politico la crisi, lasciando per ora fuori la questione delle quote. Faymann teme che la crisi possa danneggiare la stessa Unione Europea e rafforza i controlli anche al confine italiano. Pure la Merkel chiama in causa Roma: "è urgente che Grecia e Italia facciano subito gli hotspot di registrazione e identificazione, diversamente non puo' esserci la distribuzione equa dei migranti". Ma la Slovacchia indurisce ulteriormente la propria posizione. Il premier Fico ribadisce: "non approveremo mai le quote obbligatorie". L'Alto Rappresentante Mogherini lancia l'allarme: "la mancanza di unita' interna ha un impatto negativo rispetto alla credibilita' esterna dell'Europa".

15/9/2015

Fallimento. I Ministri dell'Interno europei non trovano l'intesa sul piano della Commissione per il ricollocamento di 120mila migranti. Alla fine lo scontro si consuma alla radice, in una contrapposizione Ovest contro Est che non sblocca l'impasse e porta a chiudere il vertice straordinario con un vago consenso -di principio- sulla necessità di procedere al maxiricollocamento - o almeno così chiede la maggioranza dei Paesi.

Una nuova corsa contro il tempo scatta così a Bruxelles, in un contesto di progressiva chiusura delle frontiere interne che mina alla base lo spazio Schengen. Alla fine della giornata i risultati sono scarsi: la conferma del ricollocamento di 40mila profughi, già decisa a luglio - peccato solo che i posti effettivamente disponibili siano settemila in meno. E da qui a dicembre si dovranno trovare Paesi disposti a riempire il gap. Altrimenti l'Europa scivolerà nel ridicolo. 24mila saranno coloro che lasceranno l'Italia nell'arco di due anni. L'altro risultato è il via libera alla fase 2 della missione navale EunavforMed, che prevede l'uso della forza in acque internazionali contro i trafficanti di esseri umani che operano a partire dalla Libia, sequestrando e -se necessario- distruggendo i barconi. Belgio e Francia contribuiranno con due fregate. L'Italia è entrata nella discussione anche per la creazione degli hotspot, centri europei di registrazione e identificazione dei migranti appena sbarcati: il Ministro dell'Interno lussemburghese Asselborn assicura che il collega Alfano ne ha promesso l'operatività il prima possibile. Davanti ai giornalisti, Alfano precisa: "siamo pronti a partire col primo hotspot, condizionandolo al funzionamento del meccanismo dei rimpatri, che devono essere sottoresponsabilita' europea".

14/9/2015

Buone e cattive notizie dal difficile summit straordinario dei Ministri dell'Interno, in corso a Bruxelles, in un contesto di progressiva e generalizzata chiusura delle frontiere interne ed esterne: è stato adottato lo schema di ricollocamento dei primi 40mila rifugiati, di cui 24mila dall'Italia e 16mila dalla Grecia, nell'arco di due anni.

Seimila euro saranno elargiti ai Paesi di destinazione, per ciascun rifugiato accolto. Gran Bretagna e Danimarca restano fuori dall'intesa. Si tratta però di un primo passo: il vero punto del contendere riguarda i 120mila profughi complessivi proposti la scorsa settimana dalla Commissione Europea. Su di loro è in corso la battaglia, che si gioca in queste ore dietro le quinte del vertice: le bozze dei Ministri lasciano nero sul bianco il numero 120mila, ma senza alcuna reale indicazione su obbligatorietà, modalità e vincoli. Insomma, il rischio di un ennesimo compromesso al ribasso, che questa volta però potrebbe minare alla radice lo stesso spazio Schengen: "se non c'e' un accordo sulla ripartizione solidale dei rifugiati, Schengen scoppia", ha confidato una fonte diplomatica francese. Proprio Parigi ha ribadito che non accetterà la propria quota di rifugiati, finché non saranno resi operativi gli hotspot comunitari alle frontiere, per il riconoscimento e la registrazione dei migranti. Via libera anche alla 'fase 2' della missione navale EuNavForMed. L'operativita' e' prevista entro i primi di ottobre. Il Ministro dell'Interno Alfano chiede che i rimpatri siano una responsabilità europea.

12/9/2015

A soli due giorni dal vertice che definirà il futuro prossimo delle politiche comunitarie sull'immigrazione, l'Europa si conferma fragile e divisa.

La pressione migratoria in questi giorni è fortissima: la sola Germania, state ascoltando l'annuncio del Ministro degli Esteri Steinmeier, prevede un afflusso di 40mila rifugiati nel weekend. Tuttavia il "no" alle quote vincolanti di profughi da ricollocare, opposto pure ieri dal blocco dei Paesi dell'Est capeggiato dall'Ungheria, appare difficilmente superabile. A vuoto il vertice di Praga tra Berlino e il gruppo orientale, mentre proprio la Germania vede aprirsi pericolose crepe nell'establishment politico, a seguito delle mosse di Angela Merkel, che ha aperto le porte a centinaia di migliaia di profughi. I responsabili dell'Interno dei vari Laender tedeschi hanno avvertito del rischio di collasso delle strutture ricettive - ma l'attacco più duro è arrivato dall'alleato bavarese della Csu, gemello della Cdu: "sui profughi è stato commesso un errore che ci causerà conseguenze a lungo", ha tuonato il premier bavarese Seehofer. Non è un caso che Monaco sia la città in prima linea sul fronte degli arrivi: chiesto ufficialmente aiuto al resto del Paese. Ieri sera la presidenza di turno lussemburghese ha deciso di aprire la discussione sulla situazione straordinaria dei migranti ai fini del Patto di stabilita', con il possibile scorporo dei fondi. Mentre a inizio ottobre dovrebbe finalmente partire la fase 2 della missione navale europea, che prevede il contrasto dei trafficanti e degli scafisti. Infine l'Organizzazione internazionale per le Migrazioni denuncia: oltre 432mila i profughi arrivati dal Mediterraneo in Grecia, Italia, Spagna e Malta quest'anno.

11/9/2015

La crisi immigrazione sempre altissima nell'agenda europea, a soli tre giorni dal decisivo vertice dei Ministri dell'Interno, che dovrebbero -condizionale d'obbligo- dare il via libera allo schema di ricollocamento complessivo di 160mila rifugiati proposto dalla Commissione.

Oggi la Germania è stata nuovamente al centro dell'attenzione, dopo che il Ministro degli Esteri Steinmeier ha avvertito che -solo questo weekend- è atteso un afflusso di ben 40mila rifugiati in terra tedesca. E se il Governo vuole andare oltre la quota europea di 160mila profughi, qualche crepa comincia ad aprirsi invece internamente: gli alleati bavaresi della Csu hanno attaccato frontalmente Angela Merkel, per la decisione di portare a 800mila la quota di rifugiati da accogliere, definendolo un vaso di Pandora che difficilmente potrà essere richiuso a breve. Così dice il premier bavareseSeehofer, mentre i responsabili dell'Interno dei Laender avvertono che si rischia il collasso, per la pressione migratoria. Cattive notizie pure dal fronte orientale: il vertice tra la Germania e il gruppo Visegrad, capeggiato dall'Ungheria, si è risolto con un nulla di fatto. I Paesi dell'Est hanno ribadito il loro "no" a quote vincolanti, mettendo a rischio ogni intesa lunedì. A inizio ottobre dovrebbe invece partire la 'fase 2' della missione navale europea nel Mediterraneo, che prevede la caccia attiva ai trafficanti, l'arresto degli scafisti e la confisca o distruzione dei barconi. Il tutto mentre l'Organizzazione internazionale per le Migrazioni denuncia: sono oltre 432mila i profughi arrivati dal Mediterraneo in Grecia, Italia, Spagna e Malta nel 2015 - quasi tremila di loro hanno perso la vita in mare.

11/9/2015

Si prepara un altro weekend difficile sulla rotta balcanica, con l'Ungheria sempre più sotto pressione. L'afflusso di migranti verso Budapest è da record, con oltre duecento profughi ogni dieci minuti nei pressi di Rozske.

I migranti cercano di entrare nel Paese magiaro, prima che martedì scatti la nuova normativa, che prevede addirittura l'arresto per chi entra illegalmente nel Paese. Ungheria che chiede pure aiuto alla protezione civile europea, mentre i suoi centri di accoglienza sono nuovamente nell'occhio del ciclone, dopo la diffusione di un video nel quale vengono mostrati poliziotti lanciare dei panini ai profughi - "trattati come animali", ha denunciato l'autrice del documento. Allerta anche in Germania, dove il Ministro degli Esteri Steinmeier si aspetta 40mila ingressi di migranti solamente questo weekend. Già mobilitati 4mila militari, che potrebbero essere dislocati in caso di necessità. Berlino chiede di superare la quota di 160mila ricollocamenti, previsti dalla Commissione Europea. Ma Steinmeier ha dovuto fare i conti col blocco opposto dal gruppo di quattro Paesi dell'Est, coi quali ha avuto oggi un summit a Praga. Capeggiati dall'Ungheria, hanno ribadito il loro "no" alle misure di ricollocamento, definendole inutili a risolvere il problema alla radice. Il presidente europeo Tusk minaccia di convocare un vertice straordinario dei leader, qualora i Ministri dell'Interno chiudessero il summit di lunedì sull'immigrazione senza risultati concreti. E l'Organizzazione internazionale per le Migrazioni denuncia: sono oltre 432mila i profughi arrivati dal Mediterraneo in Grecia, Italia, Spagna e Malta nel 2015 - quasi tremila di loro hanno perso la vita in mare.

11/9/2015

I migranti e i richiedenti asilo continuano a premere alle frontiere d'Europa, con una determinazione che non trova ostacolo neppure nella pioggia battente che flagella le sempre più fragili frontiere balcaniche: cinquemila approdi alla frontiera serbo-ungherese in solo giorno, settemila a quella greco-macedone.

Un'onda che manda in tilt i trasporti: i treni austriaci sospendono i collegamenti con Budapest per eccesso di carico, venendo prontamente sostituiti da collegamenti sostituivi ungheresi. Mentre a Bruxelles non viene presa bene la decisione danese -poi rientrata- di tagliare i collegamenti con la Germania. E' in questo clima che l'Europa politica prova a trovare una fragile unità intorno al piano-Juncker, che fa perno sullo schema vincolante di ricollocazione di 160mila rifugiati: oggi Germania e Lussemburgo proveranno a smussare le ostilità del blocco dei Paesi dell'Est, in vista del decisivo vertice dei Ministri dell'Interno di lunedì. L'obiettivo è ricollocare i prima 40mila profughi già mercoledì. Allo stesso tempo si accelererà sulla creazione di hotspot europei per la registrazione dei migranti. Ieri intanto l'Europarlamento ha fatto la sua parte, votando a favore del piano della Commissione. E in un gesto di sostegno ai partner europei, gli Stati Uniti si sono detti pronti a considerare la possibilità di accogliere 10mila profughi siriani il prossimo anno.

10/9/2015

Nel giorno in cui l'Europarlamento ha approvato a stragrande maggioranza il piano Juncker sui rifugiati, la situazione sul campo appare sempre più al limite.

Un numero record di migranti -ben 5000- sarebbe arrivato alla frontiera tra Serbia e Ungheria nelle ultime 24 ore, in condizioni meteo difficili. Ungheria dove -tra due settimane- dovrebbe essere completata la barriera che la separa proprio dalla Serbia. Poco più a nord, dopo la sospensione del servizio ferroviario austriaco per l'eccessiva pressione di migranti in viaggio, le ferrovie ungheresi hanno attivato servizi sostitutivi verso il confine con Vienna. La pressione migratoria è molto forte anche sul confine greco-macedone: entrati in Macedonia ben 7mila migranti, numeri così alti che ora anche Skopje pensa di erigere un muro. Nel Nord Europa continua a far discutere il blocco dei treni tra Danimarca e Germania: il servizio è ripreso regolare, ma Bruxelles avverte Copenhagen: "non è il momento di iniziative singole". L'Europa intanto esprime fiducia in vista del vertice dei Ministri dell'Interno di lunedì, che dovrà approvare il piano Juncker: una prima bozza di conclusioni prevede l'ok alla ricollocazione dei 40mila richiedenti asilo a partire da mercoledì prossimo. In cambio, i Paesi di confine come l'Italia dovranno agevolare la creazione di hotspot per l'identificazione, registrazione e raccolta impronte" dei migranti. Domani vertice tra il blocco dei Paesi dell'Est -riluttante a quote vincolanti di rifugiati- con Germania e la presidenza di turno comunitaria del Lussemburgo.

10/9/2015

Nel giorno in cui l'Europarlamento ha approvato a stragrande maggioranza il piano Juncker sui rifugiati, la situazione sul campo appare sempre più al limite.

Un numero record di migranti -ben 5000- sarebbe arrivato alla frontiera tra Serbia e Ungheria nelle ultime 24 ore, in condizioni meteo difficili, a causa delle piogge. Ungheria dove la polizia smentisce le forti critiche ricevute nelle ultime settimane sul presunto maltrattamento dei profughi, e dove -tra due settimane- dovrebbe essere completata la barriera che la separa proprio dalla Serbia. Poco più a nord, dopo la sospensione del servizio ferroviario austriaco per la troppa pressione di migranti in viaggio, le ferrovie ungheresi hanno attivato servizi sostitutivi verso il confine con Vienna. La pressione migratoria è molto forte anche sul confine greco-macedone: entrati in Macedonia ben 7mila migranti, numeri così alti che ora anche Skopje pensa di erigere un muro di separazione dal Paese vicino. Nel Nord Europa continua a far discutere il blocco dei treni tra Danimarca e Germania: il servizio è ripreso regolare, ma Bruxelles avverte Copenhagen: "non è il momento di iniziative singole". L'Europa intanto esprime fiducia in vista del vertice dei Ministri dell'Interno di lunedì, che dovrà approvare il piano Juncker: nel frattempo il blocco dell'Est -riluttante a quote vincolanti di rifugiati- avrà un summit preparatorio a livello di Ministri degli Esteri domani, con Germania e la presidenza di turno comunitaria del Lussemburgo. In questa tragedia umanitaria suona così inopportuno e beffardo l'anatema dell'Isis, che definisce un "grave peccato" l'abbandono delle proprie terre da parte dei migranti.

10/9/2015

Il dado è tratto. Jean-Claude Juncker ha dato ieri il calcio d'inizio a quella che si annuncia come una trattativa lunga e per nulla semplice, In un passaggio il presidente della Commissione è stato particolarmente diretto, quando ha messo nero su bianco: "non c'è abbastanza Europa in questa Unione. E non c'è abbastanza Unione in questa Unione".

Una chiamata alle armi che nasconde la verità di un progetto comunitario da anni uscito dai binari e deragliato, rispetto ad obiettivi comuni non più così definiti, e minati alla base da pesanti divisioni geopolitiche est-ovest e nord-sud, che rendono l'Unione Europea un'entità ancora impalpabile, nella comunità mondiale. Juncker resta ottimista: "penso che alla luce della pressione che il Parlamento Europeo esercitera' sul Consiglio sara' possibile raggiungere un accordo" sulla proposta della Commissione. Il problema -infatti- sta proprio a livello Governativo. Qui Bruxelles può contare sull'appoggio dei pesi massimi della Vecchia Europa - Gran Bretagna esclusa, ma sa bene che il negoziato con i Paesi dell'Est non sarà semplice. La prima tappa di questo braccio di ferro, la più utile a capire l'orientamento della partita, sarà lunedì prossimo, con il vertice straordinario dei Ministri dell'Interno. Gli stessi che a luglio, asciugate le lacrime per le centinaia di vittime dell'ennesima tragedia del Mediterraneo di soli tre mesi prima, avevano clamorosamente annacquato le pur timide proposte comunitarie per la ripartizione dei rifugiati. Una maggioranza qualificata sul rinnovato piano Juncker, soglia minima per approvarlo, appare a portata di mano: l'obiettivo resta però portare quanti più Paesi membri a bordo. A seconda dell'esito del vertice di lunedì si snoderanno le tappe successive, con la palla che prima o poi finirà nelle mani dei 28 leader: o con un vertice straordinario entro il mese, oppure a metà ottobre, nel Consiglio Europeo già in programma. L'obiettivo finale è arrivare con le carte in regola al vertice di metà novembre a La Valletta, quando l'Europa incontrerà i Paesi africani per discutere di assistenza, reimpatri di migranti e cooperazione allo sviluppo, ponendo le basi per una nuova era nelle politiche migratorie.

8/9/2015

Mezzo milione di profughi l'anno per un numero imprecisato di anni: dopo i sei miliardi di stanziamenti extra annunciati a inizio settimana, Berlino lancia un'altra sfida ai partner europei, riluttanti -soprattutto a Est- ad accogliere i rifugiati internazionali.

"Penso possiamo farcela certamente con mezzo milione di persone, forse anche di più", ha dichiarato il vicecancelliere Sigmar Gabriel, mentre la cancelliera Merkel -dal canto suo- si diceva preoccupata sul futuro del piano europeo per la ripartizione dei rifugiati, che la Commissione presenterà nelle prossime ore: "siamo purtroppo molto lontani e pensiamo che qualcosa debba cambiare", ha detto la Merkel, dicendosi comunque ottimista sul fatto che alla fine si troverà una soluzione comune - anche se non a breve termine. La Merkel ha poi ammesso: "Italia e Grecia non possono da sole accogliere tutti i profughi che arrivano sulle loro coste". La cancelliera tedesca ha parlato nel corso della conferenza stampa con il premier svedese Stefan Loevfen: entrambi i Paesi, che da soli in Europa accolgono la maggior parte dei richiedenti asilo, hanno ribadito la necessità di quote definite e vincolanti per i profughi all'interno dell'Unione Europea. La Germania si aspetta nel solo 2015 l'afflusso record di 800mila rifugiati, mentre in Svezia dovrebbero arrivarne oltre 80mila.

8/9/2015

Mentre l'Europa si divide sulle quote, l'onda dei profughi non si arresta. Ieri nuove tensioni al confine tra Ungheria e Serbia, dove centinaia di migranti hanno semiparalizzato un'autostrada, mettendosi in marcia verso Budapest.

Tensioni pure al confine greco-macedone, dove diecimila persone si sono ammassate per proseguire il cammino verso il cuore del Continente. Oltre tremila profughi sono arrivati ieri a Monaco di Baviera in treno: la capitale bavarese sta esaurendo gli alloggi di emergenza. Anche per questo il Governo tedesco ha annunciato ieri il maxistanziamento di sei miliardi di euro, per far fronte alle esigenze di finanziamento legate all'accoglienza dei profughi nel 2016. Su questo sfondo si combatte la battaglia politica per la ripartizione dei richiedenti asilo, sulla base del piano che la Commissione Europea presenterà domani: si parla di 160mila persone da redistribuire nei Paesi comunitari, con Germania, Francia e Spagna che si accollerebbero il 60% dei 120mila rifugiati aggiuntivi, rispetto al piano seminaufragato a luglio. L'Italia, con Grecia e Ungheria in prima linea nell'afflusso, ricollocherebbe quasi 40mila profughi presso i partner comunitari. Ma proprio l'Ungheria, con Repubblica Ceca e Slovacchia, alza le barricate verso le iniziative europee, promettendo battaglia in vista dei prossimi vertici, che dovranno discutere il piano. In Parlamento il premier David Cameron ha annunciato l'intenzione di accogliere 20mila rifugiati siriani, ma nell'arco di ben cinque anni, confermando l'intenzione non attingere alle quote europee, ma di farli arrivare dai campi profughi in Medio Oriente.

7/9/2015

Europa ancora avvolta nel dibattito sulle quote di distribuzione dei rifugiati. La giornata è stata dominata dalle indiscrezioni sulla proposta che la Commissione Europea farà dopodomani, che -secondo il quotidiano spagnolo El Pais- dovrebbe portare a 160mila il numero complessivo di rifugiati da ricollocare all'interno dell'Europa, accollandone il 60% a Germania, Francia e Spagna.

Madrid ne riceverà la metà di Berlino, dove saranno destinati 30mila dei 120mila rifugiati aggiuntivi. Com'era prevedibile, queste indiscrezioni si sono già scontrate con il muro di "no" dei Paesi contrari alle quote, tra cui Slovacchia e Repubblica Ceca. La Francia ha confermato che ne accoglierà 24mila in più, anche se Hollande avverte: "senza una politica comune lo spazio Schengen è destinato al collasso". Saranno invece 15mila600 i richiedenti asilo che saranno ricollocati dall'Italia, aggiungendosi ai 24mila del precedente schema di maggio - quasi 40mila, dunque. In Germania, dove il Governo ha annunciato oggi sei miliardi di stanziamenti per la crisi dei migranti, la Baviera si prepara ad accogliere oltre 10mila rifugiati, in arrivo con treni speciali dall'Austria. Angela Merkel ha usato toni duri verso i Paesi dell'Est, minacciandoli di conseguenze severe, nel caso continuassero a contrastare politiche comuni. In Parlamento il premier David Cameron ha annunciato l'intenzione di accogliere 20mila rifugiati siriani, ma nell'arco di ben cinque anni, confermando l'intenzione non attingere alle quote europee, ma di farli arrivare dai campi profughi in Medio Oriente. Ed è in questa atmosfera di profonda divisione che i leader europei potrebbero ritrovarsi -la prossima settimana- per un vertice straordinario sulla crisi immigrazione.

4/8/2015

Il presidente della Borsa di Atene, Socrates Lazaridis, la prende con filosofia: "la pressione a vendere era alta, il che era logico e peraltro anticipato da tutti", afferma.

Vero, come è vero che la giornata vissuta ieri sulla piazza d'affari ellenica è passata alla storia: dopo cinque settimane di chiusura forzata, immediatamente dopo il via gli indici hanno virato verso un pesantissimo -22%, prima di riprendersi gradualmente e chiudere la giornata sotto di 16 punti. Il piombo che ha affondato il listino è stato soprattutto finanziario: i titoli bancari sono precipitati fino a -30%, il minimo consentito. Si teme anche per il futuro di diversi istituti di credito, se non verranno adeguatamente ricapitalizzati. Dalla Commissione Europea no comment, mentre le altre piazze europee -con l'eccezione di Londra- hanno ignorato il crollo greco, proprio perché atteso, chiudendo con rialzi medi intorno al punto percentuale. Nè hanno aiutato i dati economici, col calo record dell'attività manifatturiera ellenica a luglio: l'indice pmi è sceso da 47 a 30 punti, a causa di un collasso della domanda legato alle misure di controllo dei capitali. Sottotraccia prosegue intanto il lavoro del Governo greco e della troika di creditori, per arrivare all'intesa sul nuovo piano di salvataggio: ieri raggiunta un'intesa sulla tutela dei diritti acquisiti di chi è andato in pensione entro giugno. Ma ora si tratterà per l'innalzamento dell'età pensionistica. Oggi vertice per la costituzione del fondo legato alle privatizzazioni.

3/8/2015

L'atteso bagno di sangue dopo ben cinque settimane c'è stato: alla riapertura, avvenuta tra numerose limitazioni sulle possibilità di scambio per i traders ellenici, la piazza d'affari di Atene è crollata subito del 22%, in linea con le previsioni, prima di recuperare e limitare solo parzialmente i danni in serata, chiudendo con un -16,23%.

Si tratta del peggior crollo in un trentennio, zavorrato soprattutto dai titoli bancari, arrivati a perdere fino al 30%, il massimo consentito. Nè hanno aiutato i dati economici, col calo record dell'attività manifatturiera greca a luglio: l'indice pmi è sceso da 47 a 30 punti, a causa di un collasso della domanda legato alle misure di controllo dei capitali. Il crollo non ha sorpreso gli analisti: "la pressione sulle vendite era alta, era logica ed era stata anticipata da tutti", ha dichiarato SocratesLazaridis, presidente della Borsa di Atene, prevedendo che occorrerà almeno un mese prima che la piazza d'affari si stabilizzi. La mancanza dell'effetto sorpresa ha evitato paradossalmente ripercussioni a catena sulle piazze europee, che hanno chiuso positive, con guadagni intorno al punto percentuale, eccezion fatta per Londra, sotto la parità. Lo spread Btp-Bund tedesco ha chiuso a 114 punti base. Intanto ci sono novità dai negoziati tra il Governo Tsipras e la nuova Troika, incaricata di chiudere il pacchetto di salvataggio entro il 20 agosto: Grecia e creditori avrebbero raggiunto un accordo per tutelare i diritti acquisiti di chi e' andato in pensione entro fine giugno. Ma si continua a trattare sull'innalzamento dell'eta' pensionistica.

2/8/2015

"Chiediamo aiuto all'Europa, stiamo fronteggiando una crisi migratoria globale": a lanciare l'appello congiunto non sono stati -per una volta- politici dei Paesi del Sud del Mediterraneo, ma -e appare una prima assoluta- i Ministri dell'Interno britannica e francese, rispettivamente Theresa May e Bernard Cazeneuve.

Parole che -per una singolare legge del contrappasso- ricordano vistosamente le decine di appelli, spesso inascoltati, lanciati in passato da Italia, Spagna o Grecia ai partner europei, tra cui Londra e Parigi: "la situazione non è un problema di soli due Paesi. E' una priorità sia a livello europeo che internazionale. Chiediamo all'Europa di risolvere questo problema alla radice", concludono i due Ministri, dopo che il fronte dell'emergenza immigrazione si è definitvamemente esteso dalle coste del Mediterraneo a quelle dello Stretto della Manica. Nelle ultime ore altri 200 immigrati hanno provato ad attraversare il Canale, tra Calais e Dover, a bordo di treni o tir: in questo caso la polizia francese è dovuta ricorrere a spray irritanti, per respingerli. Il tutto mentre il premier britannico David Cameron è sotto il fuoco incrociato delle critiche: l'arcivescovo di Dover lo invita a riscoprire l'umanità verso i migranti, il Ministro dell'Immigrazione svedese lo accusa di giocare sulle vite dei profughi, mentre i tabloid popolari -sulla barricata opposta- lo accusano di far pesare sul bilancio pubblico gli immigrati appena arrivati, alloggiati in alberghi con palestra, piscina, tre pasti al giorno e 35 sterline di budget settimanale.

2/8/2015

Alla faccia di chi -solo due anni fa- pronosticava un addio a metà mandato -vale a dire quest'anno- dopo la travolgente vittoria elettorale alle ultime elezioni del Bundestag, la cancelliera tedesca Angela Merkel rilancia - e punta al poker elettorale: indiscrezioni del settimanale tedesco Der Spiegel danno ormai per certa la candidatura di Angie anche alle legislative del 2017 in Germania, forte com'è di un consenso senza precedenti nel Paese.

Consenso che si riflette nei sondaggi del suo partito, la Cdu, stabilmente sopra quota 40% dei consensi. Stando a Der Spiegel, la Merkel avrebbe già deciso, e sarebbe pronta ad annunciare la sua candidatura all'inizio del prossimo anno, lanciando la volata. La corsa verso il quarto mandato, che -se coronata da successo- le farebbe eguagliare il record del suo mentore Helmut Kohl alla cancelleria, sarebbe già entrata nella fase operativa, grazie agli incontri della stessa Merkel con il segretario generale della Cdu Tauber, e con il leader della consociata bavarese Csu Seehofer. Quest'ultimo punta addirittura ad una maggioranza assoluta del centrodestra, che permetterebbe di sbarazzarsi della Grosse Koalition. Salvo miracoli, infatti, i socialdemocratici di Sigmar Gabriel appaiono i perdenti annunciati. Lontani i fasti dell'era Schroeder, rischiano di fare la fine dei liberali della Fdp, cannibalizzati dall'abbraccio mortale della Merkel nella precedente legislatura. Al punto che qualcuno nella Spd ha persino ipotizzato di non presentare candidati alle prossime elezioni, sapendo già di perderle.

30/7/2015

La minaccia è inequivocabile: sostenete la linea del Governo. Oppure dimettetevi dal Parlamento. Oppure ancora, accettate l'eventualità di elezioni anticipate.

In un'intervista radiofonica iI premier greco Alexis Tsipras prova a riportare ordine nella sua claudicante maggioranza, con un avvertimento diretto alla corrente ribelle, dopo le pesanti defezioni degli ultimi due voti parlamentari. Snodo cruciale di questa delicata fase negoziale il Comitato Centrale del Partito, convocato oggi: oltre a un clima da notte dei lunghi coltelli, occorrerà indire un Congresso Straordinario, da qui a inizio settembre. Il premier ellenico dovrà evitare la scissione, o accettarla, forzando la mano verso le urne, forte di sondaggi che lo danno come l'uomo forte del Paese. Per raffreddare gli animi Tsipras ha promesso che le riforme non andranno oltre quanto già concordato con i creditori: "implementeremo gli impegni stabiliti all'ultimo Eurosummit. Nulla di più", ha chiosato, prima di dirsi fiducioso che i creditori accetteranno il taglio del debito. Su questo Atene può sempre contare sulla sponda dell'Fmi, con il direttore Christine Lagarde che insiste: "il debito della Grecia e' insostenibile e una ristrutturazione significativa e' ''inevitabile''. Intanto la Bce ha deciso di mantenere invariata la liquidita' d'emergenza a 90,4 miliardi. Tempi duri invece per l'ex-Ministro delle Finanze Varoufakis: le cause contro di lui sono ora tre, a causa del suo "piano B" per l'uscita della Grecia dall'Eurozona. Nell'ultima citazione lo si accusa di violazione dei dati personali dei cittadini. Ma lui contrattacca: "queste accuse sono una medaglia al valore".

29/7/2015

L'avvertimento è diretto, e non negoziabile: sostenete la linea del Governo. O la Grecia andrà ad elezioni anticipate.

Alexis Tsipras usa un'intervista radiofonica, per lanciare il messaggio all'opposizione interna di Syriza, dopo le pesanti defezioni negli ultimi due voti parlamentari. Nelle prossime ore il Comitato Centrale del partito convocherà un Congresso straordinario: prevedibile il redde rationem -al più tardi a inizio settembre- tra le due anime di Syriza, ormai a rischio scissione. Per raffreddare gli spiriti Tsipras ha promesso che le riforme non andranno oltre quanto già concordato con i creditori: "implementeremo gli impegni stabiliti all'ultimoEurosummit. Nulla di più", ha chiosato, prima di dirsi fiducioso che i creditori accetteranno il taglio del debito - anche se non si aspetta novità prima di novembre. Atene può sempre contare sulla sponda del Fondo Monetario Internazionale, con il direttore Christine Lagarde che insiste: "il debito pubblico ellenico deve essere ristrutturato, la situazione è insostenibile". Numeri, quelli del debito di Atene, snocciolati anche dal Ministro dell'Economia Padoan nel question time alla Camera. L'Italia è sempre stata "disponibile a considerare forme di alleggerimento del debito per la Grecia", ha detto Padoan. Intanto la Bce ha deciso di mantenere invariata la liquidita' d'emergenza a 90,4 miliardi. Tempi duri invece per l'ex-Ministro delle Finanze Varoufakis: le cause contro di lui sono ora tre, in merito al suo "piano B" per l'uscita della Grecia dall'Eurozona. Nell'ultima citazione lo si accusa di violazione dei dati personali dei cittadini.

29/7/2015

C'è voluto quasi un anno, prima che i rappresentanti dell'ex-troika -Commissione, Bce, Fmi ed Esm- tornassero ad Atene. Uno dei simboli più evidenti della resa diTsipras, nonostante il grande strappo del referendum.

Quando i quattro plenipotenziari dei creditori, tra cui l'italiano Nicola Giammarioli, che rappresenta il fondo salva-Stati, metteranno piede oggi nella capitale greca, si aprirà ufficialmente il countdown per arrivare -entro tre settimane- all'accordo sul nuovo piano di salvataggio, che varrà fino a 86 miliardi. Tre settimane molto calde, e non solo dal punto di vista meteo: le trattative a livello tecnico sono cominciate lunedì e dovrebbero chiudersi dopodomani, per appianare il terreno. Ieri sono arrivate un paio di buone notizie, con la Bce che ha dato il proprio benestare alla riapertura della Borsa di Atene, bloccata da ormai un mese, mentre il Governo ha alzato il tetto dei prelevamenti dai bancomat a 140 euro giornalieri, più del doppio di quanto consentito finora. Aleggiano però tensioni sull'asse Atene-Bruxelles, dopo che la Commissione ha lasciato intendere di esigere ulteriori riforme dalla Grecia: il Ministero delle Finanze ellenico ha reagito, chiarendo che nuove azioni prioritarie non sono giustificate da alcun accordo o trattativa in corso. Infine la Commissione Europea ha smentito l'ex-Ministro delle Finanze Varoufakis: "le sue accuse, secondo cui la Troika controllerebbe l'Agenzia delle entrate greca sono false", ha detto una portavoce.

28/7/2015

Tornano ad Atene dopo un anno i rappresentanti dell'ex-troika, in una mossa dai tratti fortemente simbolici. I plenipotenziari dei creditori -Commissione, Bce, Fmi ed Esm- dovranno monitorare passo dopo passo la preparazione del nuovo piano di salvataggio ellenico, che potrà arrivare fino a quota 86 miliardi.

Tra loro, secondo quanto riferito dal Ministero delle Finanze ellenico, anche l'italiano Nicola Giammarioli, che rappresenta il fondo salva-Stati comunitario. L'annuncio è arrivato nel giorno in cui la Banca Centrale Europea ha dato il via libera alla riapertura della Borsa di Atene, ad un mese esatto dall'annuncio della chiusura, dovuto alla rottura delle trattative tra Grecia ed Europa. Restano intanto le tensioni sull'asse Atene-Bruxelles, dopo che la Commissione ha lasciato intendere di volere ulteriori riforme dalla Grecia: il Ministero delle Finanze ellenico ha reagito, chiarendo che nuove azioni prioritarie non sono giustificate da alcun accordo o trattativa in corso. Bruxelles intanto guarda ad una possibile intesa sul piano di salvataggio entro la seconda metà di agosto, e chiarisce che tra i dossier aperti non c'è l'alleggerimento del debito ellenico. Infine la Commissione Europea ha smentito l'ex-Ministro delle Finanze Varoufakis: "le sue accuse, secondo cui la Troika controllerebbe l'Agenzia delle entrate greca sono false", ha detto una portavoce.

23/7/2015

Superato con successo anche il secondo voto sul pacchetto di riforme concordato all'ultimo Eurosummit, riparte il cammino del nuovo pacchetto di salvataggio greco: la Commissione Europea, a nome delle istituzioni che monitorano i progressi di Atene, ha definito "generalmente soddisfacente" il passo legislativo tenuto da Governo e Parlamento ellenici.

Meno trionfale il Fondo Monetario Internazionale, che mette le mani avanti: i negoziati sul nuovo bailout non saranno semplici, servono progressi sulla valutazione delle riforme, sulla loro implementazione e sul loro finanziamento. Il portavoce Gerry Rice è tornato anche sul controverso tema del taglio del debito: "dal nostro punto di vista serve un impegno specifico e concreto", ha detto, lasciando intendere che questa è una precondizione, perché Washington si sieda al tavolo. Ad Atene non è finita: adesso arrivano i dossier caldi, quali l'abolizione delle baby pensioni e le modifiche alla tassazione agevolata per gli agricoltori, temi sui quali l'opposizione parlamentare rischia di essere più incisiva e minacciosa per il Governo Tsipras. Dall'economia ellenica arrivano segnali poco confortanti: nei primi sei mesi dell'anno si è nei fatti paralizzata, con l'obiettivo delle entrate fiscali mancato per 2,3 miliardi. Conti pubblici e avanzo primario sono stati salvati dalla paralisi nei pagamenti statali, scesi di ben 4 miliardi. Mentre un think tank economico ellenico avverte: la crisi con l'Europa e la chiusura delle banche riporterà il Paese in recessione.

23/7/2015

Obiettivo: 315 miliardi. Con la cerimonia ufficiale a Bruxelles ha visto definitivamente la luce il fondo Efsi per la realizzazione del piano Juncker. L'obiettivo è avere il piano per la crescita e gli investimenti in Europa pienamente operativo da questo autunno.

In molti ricorderanno il piano, simbolo e portabandiera della presidenzaJuncker, all'atto del suo insediamento alla guida della Commissione Europea lo scorso novembre: un progetto di matrice keynesiana, pensato per sganciare l'Europa dalla mera logica del rigore dei conti. Otto mesi dopo, col piano ancora pre-operativo, i soldi messi sul tavolo dagli Stati membri sono pochi -circa 42 miliardi- cui aggiungere i 21 intavolati dalle istituzioni comunitarie come base di partenza. Arrivare a un effetto-leva in grado di moltiplicarli fino a raggiungere gli oltre 300 miliardi complessivi appare un po' lontano e utopistico, ma i giochi veri inizieranno dopo l'estate. Ieri è stato il momento delle firme: Commissione e Banca Europea degli Investimenti hanno apposto le loro. "La priorità assoluta è aumentare i posti di lavoro", ha spiegato il vicepresidente della Commissione Katainen. Mentre Juncker ha rilevato il perdurante basso livello di investimento delle imprese. Anche se la priorità resta coinvolgere i Paesi comunitari: solo nove Governi hanno contribuito finora, nonostante i finanziamenti nazionali al piano-Juncker verranno esclusi dal computo del deficit. E nonostante questi finanziamenti non saranno considerati aiuti di Stato.

23/7/2015

Una settimana dopo, Atene mostra all'Europa un replay stanco e tirato della notte dei lunghi coltelli, che sette giorni prima aveva spaccato in due il partito del premier Alexis Tsipras.

Il secondo set di azioni prioritarie utili ad avviare i negoziati con i creditori passa senza troppi entusiasmi nelle ore piccole, come ormai tradizione vuole. ... . Via libera del Parlamento ellenico dunque, alle modifiche del codice di procedura civile e all'adozione delle regole europee sulla risoluzione delle banche in fallimento. Posticipati, per ora, gli spinosi dossier su pensioni e agevolazioni fiscali. Tuttavia, il solco fra Tsipras e Piattaforma di Sinistra, l'anima più ortodossa di Syriza, si è ulteriormente allargato, con la presidente del Parlamento Zoe Constantopoulou che ha scritto una lettera di protesta allo stesso Tsipras e al presidente della Repubblica, per contestare le procedure di urgenza usate dal Governo per far passare i pacchetti legislativi "made in Europe". La stessa portavoce governativa Gerovasili ha ammesso che -qualora proseguissero due strategie politiche differenti- la spaccatura di Syriza in due tronconi sarà inevitabile. Il voto di ieri è stato accompagnato da nuovi episodi di violenza serali all'esterno del Parlamento, con lanci di bottiglie e bombe carta in piazza Syntagma da parte di un gruppo di anarchici. A Bruxelles intanto si scommette sulla chiusura dei negoziati sul nuovo piano di salvataggio entro la seconda metà di agosto. E da Francoforte, con un segnale di fiducia, la Bce ha nuovamente incrementato la liquidita' di emergenza fornita alle banche elleniche di 900 milioni.

23/7/2015

Alexis Tsipras rivive il suo personale deja vu, a una settimana esatta dal delicato voto che ha tenuto la Grecia a galla, permettendo ad Atene di vedere sbloccati i sette miliardi del prestito-ponte e di iniziare i negoziati sul nuovo piano di salvataggio.

Il Parlamento greco vota il suo secondo pacchetto di riforme in tarda serata: sul piatto ci sono la riforma della giustizia civile, gli schemi di protezione dei depositi bancari e misure per incrementare la liquidità degli istituti di credito, messi in ginocchio da mesi di liquidità drenata dai depositi - si stimano 40 miliardi da dicembre ad oggi. Il premier ellenico non ha ancora toccato dossier caldi come le agevolazioni fiscali o le pensioni, anche e soprattutto per un problema di numeri: persi per strada quasi 40 deputati, Tsipras è ormai costretto a guidare un Governo di minoranza, sostenuto -in un intento di unità nazionale- dalle opposizioni. Ma c'è chi ipotizza che se la sua maggioranza reale dovesse scendere sotto quota 120 deputati potrebbe dimettersi e indire elezioni anticipate, forte dei sondaggi che lo vedono primeggiare. A Bruxelles spira un vento di ottimismo: il Commissario all'Economia Pierre Moscovici vede l'intesa sul nuovo salvataggio come possibile nella seconda metà di agosto, quando scade una nuova rata del rimborso Bce. Da Francoforte, in un segnale di fiducia, la Bce ha nuovamente incrementato la liquidita' di emergenza fornita alle banche elleniche di altri 900 milioni. Chi resta alla finestra sono le borse, che hanno chiuso in calo, in attesa di novità da Atene.

19/7/2015

"Si apre l'ora dei negoziati. E saranno duri". La cancelliera tedesca Angela Merkel difende la sua linea sulla Grecia, alla fine di una lunghissima settimana, cominciata con una delle trattative più snervanti che la storia comunitaria ricordi. Nella consueta intervista di mezza estate con la tv pubblica Ard, la Merkel torna a ribadire che un taglio netto del debito ellenico è fuori discussione.

Tuttavia, ammette, un alleggerimento del debito, mediante tassi di interesse più bassi e una dilazione nel tempo dei pagamenti possono rappresentare condizioni su cui trattare. La Merkel smentisce anche seccamente dissidi con l'ala più dura del Governo, incarnata dal Ministro delle Finanze Schaeuble: "nessuno mi ha chiesto di essere licenziato", chiarisce lei. E sulla massiccia protesta interna nel voto al Bundestag, con ben 60 deputati Cdu/Csu che hanno bocciato l'intesa con Atene, la cancelliera alza le spalle: "la maggioranza c'era. E conta solo questo". Il tutto mentre la Grecia si prepara ad una nuova settimana di passione: le banche riapriranno, è vero, ma nella sostanza i limiti su prelievi e trasferimenti di denaro resteranno. E -soprattutto- la Borsa di Atene resterà chiusa, rallentando la graduale ripresa di un'economia semiparalizzata da tre settimane di stop. Mentre i greci dovranno fare i conti con gli aumenti delle tasse figli dell'ultimo pacchetto di austerità, Alexis Tsipras proverà a far passare mercoledì la seconda tranche di riforme imposta dall'Europa. Con un occhio al calendario elettorale: i sondaggi favorevoli potrebbero convincerlo a puntare su nuove elezioni anticipate in autunno, per scommettere sulla maggioranza assoluta.

19/7/2015

Le banche greche riapriranno domani, tre settimane dopo la drammatica chiusura - dovuta al rischio imminente di default. Ventuno giorni dopo, la Grecia si appresta senza troppa convinzione a varare una nuova serie di riforme, questa volta con un Governo epurato della sua ala più radicale. Ieri il giuramento dei nuovi Ministri.

La riapertura degli istituti di credito sarà parziale: resta il limite di prelievo di 60 euro giornalieri, ma sarà possibile prelevare la quota settimanale tutta assieme. Come restano attivi i controlli sui capitali, e i limiti sui trasferimenti di denaro. Si stima che la serrata bancaria sia costata al Paese tre miliardi di euro. Mercoledì capiremo invece se Atene dovrà andare a nuove elezioni anticipate: la seconda tranche di riforme da approvare in Parlamento dovrà passare con oltre 120 voti, altrimentiTsipras -che nei sondaggi nonostante tutto vola- potrebbe optare per il passo indietro. Sullo sfondo restano i tanti dubbi su questo nuovo salvataggio: l'ex-Ministro dell'Economia Varoufakis pronostica che sarà un fallimento, il Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble minaccia le dimissioni, se qualcuno cambierà una virgola, mentre l'Fmi tentenna ancora sulla sua partecipazione.

18/7/2015

Nel giorno del giuramento dei nuovi Ministri, figli del rimpasto di Governo voluto da Alexis Tsipras per domare la ribellione interna, il Governo ellenico annuncia l'attesa riapertura delle banche per lunedì, a quasi un mese di distanza dalla loro chiusura - decisa in fretta e furia sull'orlo del default.

Non sarà una riapertura totale: i limiti sui controlli di capitale e sui trasferimenti di denaro resteranno in vigore, mentre sarà consentito un ritiro forfettario settimanale di 420 euro per conto corrente. "Siamo pienamente consapevoli di quanto sta succedendo. Sappiamo che e' un accordo duro. Ma il nostro lavoro sara' pienamente verificabile", ha dichiarato Olga Gerovasili, nuova portavoce dell'esecutivo. Mentre il neo Ministro dello Sviluppo Skourletis, che ha sostituito il leader dell'ala ribelle di SyrizaLafazanis, parla di un "rimpasto che adatta il Governo alla nuova realta'". Le sfide per Tsipras non sono finite: il Parlamento greco dovrà approvare mercoledì ulteriori misure concordate con i creditori. L'obiettivo è ottenere oltre 120 voti a favore: in caso contrario Tsipras, la cui situazione nei fatti è quella di premier di un esecutivo di minoranza, potrebbe seriamente pensare a dimissioni ed elezioni anticipate, sull'onda di sondaggi favorevoli. Il Ministro dell'Economia Padoan, in un'intervista al TG1, ha ribadito che ora occorre proseguire nel processo di integrazione europea - ma un'integrazione orientata alla crescita, che non privilegi solo la disciplina dei conti.

18/7/2015

Fuori i dissidenti. Come largamente previsto, in una Atene metaforicamente assediata dalle fiamme sul monte Imetto, Alexis Tsipras espelle dall'esecutivo i Ministri dell'ala radicale, contrari alla linea dell'intesa sull'Europa. Fuori Panagiotis Lafazanis, Ministro dello Sviluppo Economico, uno volti più noti della ribellione.

Fuori anche il suo alleato, viceministro della Difesa. Nadia Valavani, la viceministra dimessasi in contrasto con la linea Tsipras, è stata sostituita da un esperto fiscalista. Se Tsakalotos mantiene il suo posto-chiave alle Finanze, salta il portavoce del Governo: ora sarà una donna.Tsipras ha istituito un Comitato speciale per la lotta alla corruzione. Il rimpasto governativo è stato l'ultimo atto di una giornata che ha segnato la risalita di Atene dal baratro del default. Il Parlamento tedesco, con 439 sì e 119 no, ha dato il via libera al terzo salvataggio. Ma a ricordare quanto la questione resti controversa a Berlino sono stati i 60 deputati Cdu/Csu, il partito di Angela Merkel, che hanno votato contro. A Bruxelles invece i 28 Paesi europei approvavano -superando le ritrosie britanniche grazie a una serie di garanzie finanziarie- il prestito-ponte da 7,16 miliardi di euro, che permetterà ad Atene di pagare i debiti passati e futuri con Fmi e Bce, arrivando indenne a metà agosto, quando il nuovo salvataggio europeo concordato durante lo scorso Eurosummit sarà operativo. Ad Atene intanto si riflette su quando riaprire le banche - si spera lunedì: per intanto è stata allungata a fine agosto la scadenza per presentare le dichiarazioni dei redditi.

17/7/2015

L'Europa avvia formalmente i negoziati sul nuovo piano di salvataggio greco, In una giornata vissuta a spron battuto, i 28 Paesi europei approvano -superando le ritrosie britanniche con sufficienti garanzie finanziarie- il prestito-ponte da 7,16 miliardi di euro, che permetterà ad Atene di pagare i debiti passati e futuri con Fmi e Bce, arrivando indenne a metà agosto, quando il nuovo salvataggio europeo concordato durante lo scorso Eurosummit dovrebbe essere operativo.

La Commissione Europea spera di farcela già entro fine luglio. L'ultimo ostacolo all'avvio del bailout lo ha tolto il Parlamento tedesco: con 439 sì e 119 no ha dato il via libera al terzo salvataggio. A ricordare quanto la questione resti controversa a Berlino resta il fatto che metà dei "no" sono arrivati dal gruppo Cdu/Csu, il partito di Angela Merkel. Il resto dalla sinistra della Linke. "So che ci sono molti dubbi sul fatto che la Grecia possa stare di nuovo sulle sue gambe, ma sarebbe irresponsabile non dare una nuova chance ad Atene", ha dichiarato laMerkel. La cancelliera ha nuovamente escluso un taglio del debito: "un haircut sarebbe contrario ai Trattati", ha sottolineato, "con noi non si fa". Di altro avviso l'Fmi, secondo cui per uscire dalla crisi ellenica "bisogna ristrutturare il debito e alleggerire il fardello", "prolungando considerevolmente le scadenze, e ridurre gli interessi il piu' possibile". Così il direttore generale Christine Lagarde. In Grecia intanto, dove la politica e l'economia per un giorno cedono il passo al dramma del vasto incendio sul monte Imetto, le banche non riapriranno neppure lunedì.

16/7/2015

"Un'eredità di dignità e democrazia al mondo". E' notte fonda quando Alexis Tsipras prende la parola, prima del voto che sancirà il via libera della Grecia all'intesa dell'Eurosummit.

Chiedendo di votare nuove misure di austerità, Tsipras spacca il Parlamento in due, tra chi lo applaude -Varoufakis compreso- e chi resta impassibile. Per il Parlamento ellenico, che in un ultimo sgarbo all'Europa vota ben oltre il termine stabilito, una serata vissuta sul filo dello piscodramma. Il Ministro delle Finanze Tsakalatos, in un discorso dai toni pesanti, definisce quello di lunedì "il giorno più difficile della mia vita, un giorno che peserà sul resto della mia esistenza", mentre la speaker del Parlamento, la rossa Zoe Kostantopolou, prima lascia l'emiciclo, poi torna e pronuncia un discorso di fuoco: "è un colpo di Stato, un crimine contro l'umanita' , un genocidio sociale, e' stata assassinata la democrazia", dice. I discorsi infiammati si mescolano -nel dramma ateniese- con le fiamme -vere- delle molotov lanciate dai gruppi anarchici contro la polizia, in Piazza Syntagma, a margine di un corteo di protesta. A fine giornata si conteranno 50 fermati. A Bruxelles l'Europa cerca intanto un difficile accordo, per sbloccare entro il weekend i 7 miliardi di prestito-ponte necessari a far sì che Atene onori i debiti passati e futuri. Una riunione degli sherpa si è conclusa senza risultati: la Commissione ha confermato l'idea di utilizzare il fondo Efsm per reperire liquidità d'emergenza, anche contro il parere di Londra, Copenhagen e Berlino. Bruxelles propone di attingervi solo temporaneamente, ripagando poi l'esborso con i miliardi del fondo salva-Stati ufficialeEsm, una volta che il salvataggio sarà operativo. Oggi alle 10 nuova teleconferenza dei Ministri delle Finanze dell'Eurozona.

15/7/2015

Grande attenzione ovviamente a Bruxelles, su quanto sta avvenendo in queste ore ad Atene. E' già stato annunciato che si terra' domani una riunione in conferencecalldell'Eurogruppo, per valutare il pacchetto di riforme al voto nel Parlamento ellenico.

I Ministri finanziari dell'Eurozona discuteranno pure sul cruciale prestito ponte di sette miliardi per le necessità immediate e più urgenti di Atene: oggi la Commissione Europea ha ribadito come la soluzione migliore sia rappresentata dall'utilizzo del fondo Efsm, sul quale persistono il "no" della Gran Bretagna e le perplessità della Germania - i Paesi esterni all'area Euro non intendono partecipare finanziariamente a un nuovo esborso per la Grecia. Su questo nel pomeriggio c'è stata un'altra conference call, questa volta a livello di sherpa, per cercare di appianare gli ostacoli. Ma la vera "bomba" odierna l'ha lanciata il Fondo Monetario Internazionale: secondo indiscrezioni riportate dal Financial Times, l'Fmi potrebbe non aderire al nuovo piano di salvataggio greco. Washington ha pubblicato un memo online, nel quale definisce il debito ellenico totalmente insostenibile, e per questo chiede un alleggerimento dello stesso debito in termini ben maggiori di quanto non sia stato preventivato finora. In termini concreti, l'Fmi ipotizza una ristrutturazione e un taglio netto. Per il momento, il premier francese Valls mette sul piatto un mero "riscadenziamento" del debito. Il Parlamento transalpino ha appena approvato l'accordo dell'Eurosummit. Infine, la Bce prendera' domani una decisione sull'eventuale innalzamento della liquidita' di emergenza alle banche elleniche, attualmente ferma a 89 miliardi di euro.

15/7/2015

Non paghi degli scontri del weekend, i Ministri finanziari europei ieri hanno ripreso le ostilità sulla Grecia. Non per colpa di Atene - stavolta. Più banalmente, ora si litiga su chi debba aprire il portafoglio.

Al suo arrivo all'Ecofin il Cancelliere dello Scacchiere britannico George Osborne chiarisce il concetto: "la Gran Bretagna non e' un Paese dell'Euro, l'idea che i contribuenti britannici mettano soldi sul tavolo non sta in piedi. L'Eurozona paghi i propri conti", dice. Oggetto della discordia il fondo Efsm, lo European Financial Stabilisation Mechanism, le cui leve finanziarie potrebbero coprire senza problemi i 12 miliardi di cui Atene ha bisogno nel prossimo mese per non fare cracdefinitivamente. C'è un solo problema, però: a questo fondo contribuiscono tutti i Paesi comunitari, e quelli fuori dall'Euro già alzano le barricate. Pure il Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble solleva dubbi. Un altro ostacolo da aggirare rapidamente, sul quale è al lavoro lo Euro Working Group. Il nuovo piano di salvataggio per la Grecia da 85 miliardi non sarà pronto prima di un mese: l'Europa deve anticipare liquidità ad Atene entro lunedì, giorno del rimborso della tranche di prestiti alla Bce. E sul tavolo ci sarebbero fino a quindici diverse opzioni su come farlo. A complicare il quadro, le indiscrezioni su un nuovo rapporto dell'Fmi, che prevede l'esplosione del debito ellenico al 200% del Pil nel prossimo biennio, rendendo necessario -secondoWashington- un alleggerimento dello stesso debito in termini ben maggiori rispetto a quanto ipotizzato finora a Bruxelles.

14/7/2015

Sullo sfondo di una Grecia politicamente divisa, con la sinistra di Syriza in rivolta contro l'intesa dell'Eurosummit, l'Europa torna a litigare su Atene.

Tsipras tornerà a parlare alla nazione in un'intervista televisiva, dopo aver passato la giornata a cercare di domare la minoranza interna, con una trentina di deputati intenzionati a votare -domani- contro l'ennesimo pacchetto di austerità, a base di tasse, Iva e pensioni. Nulla è da escludere nel panorama politico ellenico: sul rimpasto di Governo non si tratta più di un "se", ma di un quando", mentre ai ribelli potrebbe essere chiesto di lasciare il partito. Quasi scontato che Tsipras dovrà cercare il voto delle opposizioni. Il tutto mentre l'Europa segnava l'ennesimo autogol, litigando stavolta su chi debba mettere i soldi per coprire il prestito -ponte alla Grecia. Arrivando all'Ecofin, il Ministro delle Finanze inglese Osborne è stato chiaro: "la Gran Bretagna non e' un Paese dell'euro, l'idea che i contribuenti britannici mettano soldi sul tavolo non sta in piedi. L'Eurozona paghi i propri conti". Oggetto della discordia il fondo Efsm, lo European Financial Stabilisation Mechanism, depositario di 13 miliardi, in grado quindi di coprire senza problemi i 12 miliardi di cui Atene ha bisogno nel prossimo mese per non fare crac definitivamente. C'è un solo problema, però: a questo fondo contribuiscono tutti i Paesi comunitari, e quelli fuori dall'Euro alzano le barricate. Un altro ostacolo da aggirare rapidamente, tenendo conto che le indiscrezioni su un nuovo rapporto dell'Fmi prevedono l'esplosione del debito ellenico al 200% del Pil nel prossimo biennio, rendendo necessario -secondo Washington- un alleggerimento dello stesso debito in termini ben maggiori rispetto a quanto ipotizzato finora a Bruxelles.

14/7/2015

Grande attesa per il voto del Parlamento greco sul pacchetto di misure di austerità partorito ieri mattina al termine della lunghissima maratona dell'Eurosummit. Il premier ellenico Tsipras è trincerato ad Atene, in una serie di incontri con i membri del suo stesso partito Syriza, dove sta provando a domare la rivolta interna.Tsipras parlerà al Paese stasera alle 21 italiane, nel corso di un'intervista televisiva.

Molto probabile un rimpasto Governativo domani dopo il voto parlamentare: ad ammetterlo il Ministro dell'Economia Stathakis. Intanto, la vera battaglia è in corso a Bruxelles, dove -in un ennesimo autogol- l'Europa è tornata a litigare. Oggetto del contendere i 12 miliardi da versare ad Atene entro metà agosto, per permettere al Paese di restare a galla nel breve periodo, ripagando i propri debiti e sostenendo le spese correnti. L'opzione ritenuta più fattibile, quella di utilizzare il fondo Efsm, acronimo di European Financial Stabilisation Mechanism, è andato a cozzare contro il muro britannico. Londra ha detto chiaro e tondo oggi all'Ecofin che non intende pagare per Paesi della zona Euro. E qui sta il punto: questo fondo infatti è alimentato da tutti i Paesi comunitari, anche quelli che non condividono la moneta unica. Attualmente ha ancora a disposizione 13 miliardi, più che sufficienti per coprire i bisogni immediati della Grecia - e il muro di Londra potrebbe essere aggirato con un voto a maggioranza qualificata. Altre opzioni, meno fattibili, contemplano il trasferimento dei profitti Bce sui bond greci, o l'utilizzo di "pagherò" governativi per stipendi e pensioni - opzione quest'ultima rischiosa, che rimetterebbe in discussione l'appartenenza greca all'Euro.

10/7/2015

L'Europa lancia segnali contraddittori alla Grecia, nelle ore in cui Atene finalizza i dettagli del piano per restare nell'Eurozona. A sorpresa, il campo delle colombe vede l'ingresso di un esponente d'eccezione.

Il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk auspica "proposte concrete e realistiche di riforma da Atene. Se ciò avverrà", concede, "avremo bisogno di proposte parallele da parte dei creditori. Le proposte realistiche di Atene dovranno essere bilanciate da proposte ugualmente realistiche sulla sostenibilità del debito, da parte dei creditori. Solo allora avremo una situazione win win". Tradotto dal linguaggio diplomatico, l'apertura a una qualche ristrutturazione del debito. Tusk, polacco efiloatlantico, potrebbe aver deciso la mossa sull'onda delle forti pressioni che Washington sta facendo sull'Europa, affinché chiuda in fretta e senza danni la crisi greca, evitando altre turbolenze all'economia globale. Che una partita parallela si stia giocando tra le due sponde dell'Atlantico lo lascia intendere anche il Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble, quando -con una battuta solo apparentemente scherzosa, ma densa di allusioni a farsi ciascuno gli affari propri a casa propria- offre agli Stati Uniti uno scambio: "date all'Europa Portorico, in cambio noi vi diamo la Grecia", dice, riferendosi al rischio default caraibico. Sottotraccia, lo stessoSchaeuble fa però filtrare che per Atene è necessario un qualche tipo di alleggerimento del debito, anche se l'ortodossia fiscale tedesca vieta qualsiasi taglio netto. Tra sabato e domenica il momento delle decisioni: domani l'Eurogruppo, dopodomani il doppio summit dei leader decideranno il futuro della Grecia. E dell'Euro.

9/7/2015

Grande attesa per la presentazione del piano ellenico, entro la mezzanotte di oggi. Il Ministro della Difesa Kammenos conferma che sarà inviato a Bruxelles nelle prossime ore, mentre si fanno sempre più insistenti le voci di un ingresso del partito di centrosinistra To Potami al Governo con Syriza.

C'è chi si spinge persino a ipotizzare una sostituzione, nella coalizione, del partito di destra guidato da Kammenos con una formazione più affine a Syriza. Il tutto mentre si limano le proposte greche, che dovrebbero comprendere misure pari a 10-12 miliardi, in tagli alle spese e aumenti delle tasse, soprattutto su imprese, beni di lusso e hotel. L'obiettivo è incrementare le entrate dello Stato e attrarre investimenti per favorire occupazione e crescita. In cambio la Grecia chiederebbe un piano di salvataggio da 52 miliardi in tre anni. Banche e Borsa di Atene resteranno chiuse fino a lunedì compreso. A Bruxelles è scoppiato il caso Tusk, dopo che il presidente del Consiglio Europeo ha aperto a una qualche forma di ristrutturazione del debito greco: "le proposte di Atene devono essere accompagnate da una proposta realistica dei creditori sullasostenibilita' del debito, per creare una situazione 'win win'", ha affermato. Da parte sua il Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble -pur continuando ad escludere un taglio netto del debito ellenico- ha ipotizzato una qualche forma di alleggerimento per Atene, pur vedendo margini di manovra stretti. E ha chiesto "riforme" alla Grecia, per creare fiducia.

9/7/2015

Grande attesa per la presentazione del piano ellenico, entro la mezzanotte di oggi.

Il Governo Tsipras è riunito per mettere a punto le proposte, che -secondo anticipazioni- comprenderanno misure del valore di 10-12 miliardi di euro, in tagli alle spese e aumenti delle tasse, accompagnate da altre misure, tese a incrementare le entrate dello Stato e con l'obiettivo di attrarre investimenti per favorire occupazione e crescita. Nello specifico, secondo quanto riporta il quotidiano Naftemporiki, si propone un aumento della tassa sulle imprese al 28%, con un incremento parallelo dell'Iva sui beni di lusso e sugli hotel al 13%. In cambio la Grecia chiederebbe un piano di salvataggio da 52 miliardi in tre anni. Banche e Borsa di Atene resteranno chiuse fino a lunedì compreso. Prima di inviare la proposta a Bruxelles Tsiprasdovrà compattare il proprio partito, in particolare l'anima più a sinistra, con il Ministro dell'Energia Lafazanis che ha anticipato che si opporrà a nuove misure di austerità. A Bruxelles intanto c'è un caso Tusk, dopo che il presidente del Consiglio Europeo ha aperto a una qualche forma di ristrutturazione del debito greco: "le proposte di Atene devono essere accompagnate da una proposta realistica dei creditori sulla sostenibilita' del debito, per creare una situazione 'win win'", ha twittato, segnalando un cambio di campo, che lo porta nel settore delle "colombe". Da parte sua la cancelliera tedesca Merkel ha ribadito che una ristrutturazione del debito ellenico è fuori discussione, e anche il premier estone Roivas ha fatto chiaramente intendere di non condividere la posizione di Tusk, mentre il Ministro delle Finanze irlandese Noonan prevede un'intesa domenica.

9/7/2015

Via libera del Parlamento Europeo alle raccomandazioni sul TTIP, il partenariato transatlantico sul commercio e gli investimenti: Strasburgo supera con non poche difficoltà quello che per settimane è stato il maggiore ostacolo, la clausola ISDS.

Una clausola che avrebbe aperto le porte all'arbitrato privato nelle controversie tra investitore e Stato, per questo fortemente contestata da numerosi eurodeputati, appartenenti soprattutto alla famiglia socialista. Dopo un primo rinvio alcune settimane fa, allo scopo di evitare una clamorosa figuraccia, le raccomandazioni dell'Europarlamento sul TTIP sono passate ieri con 436 voti favorevoli e 241 contrari. La clausola sull'ISDS è stata riscritta in termini abbastanza vaghi: "il nuovo sistema giudiziario per risolvere le controversie tra investitore e Stato dovrebbe essere soggetto ai principi e al controllo democratici, le controversie dovrebbero essere trattate in modo trasparente da giudici togati, nominati pubblicamente e indipendenti, nel corso di udienze pubbliche". Gli osservatori più critici sostengono che il compromesso è sufficientemente indefinito, da far cantare vittoria a tutti. Strasburgo invita pure la Commissione a proseguire i negoziati con Washington, per arrivare a un accordo "ambizioso ma bilanciato", che protegga i dati dei consumatori europei, la salute e la sicurezza, evitando il dumping sociale e fiscale, e proteggendo le indicazioni geografiche. In sintesi, si esige la salvaguardia degli standard europei. I sostenitori del Ttip fanno intravedere i forti benefici in termini di crescita e occupazione, derivanti da scambi più liberi tra le due sponde dell'Atlantico. A Radio 24 l'eurodeputata Alessia Mosca, del Pd, membro della Commissione Commercio Internazionale, precisa le linee rosse di Strasburgo. Prossimo round negoziale a metà luglio: obiettivo è chiudere l'intesa sul TTIP il prossimo anno, prima della scadenza della presidenza Obama.

8/7/2015

E' solamente Berlino, la nemica giurata di Alexis Tsipras? Se leggiamo le dichiarazioni delle ultime settimane, e analizziamo gli schieramenti in campo, il fronte anti-ellenico è ben più vasto, e si è cementato soprattutto attorno ai piccoli e medi Paesi europei.

Se il ruolo-guida della Germania tra i falchi è stato evidente, grazie a Wolfgang Schaeuble, a mostrare il volto più duro e intransigente dell'Europa sono stati spesso i piccoli Paesi dell'Est, quelli del Nord, e quelli dell'area dei cosiddettiPiigs. Tre macroaree accomunate da una scarsa simpatia verso Atene, per ragioni diverse. Il blocco più agguerrito è rappresentato dai Paesi orientali, approdati -undici anni fa- nel club che conta. Basti leggere quanto ha dichiarato ieri il Ministro delle Finanze lettone: "se in un sistema c'e' un elemento che non funziona, rimuovere quell'elemento puo' essere positivo per l'insieme dell'Eurozona", ha detto Janis Reirs. Un altro detrattore greco è il collega slovacco Peter Kazimir, molto noto per i suoi tweet ultracritici, e palesemente schierato per decisioni drastiche, se necessario. Persino Paesi dell'Est non appartenenti all'Eurozona, quali Bulgaria e Repubblica Ceca, hanno criticato la gestione della crisi da parte di Syriza: il Ministro delle Finanze ceco Babis si è spinto a chiedere la bancarotta greca. Ma -dicevamo- non è solo il blocco dell'Est a guardare con sospetto Atene, sostenendo che non è giusto aiutare un Paese più sviluppato. Anche i Paesi nordici, rappresentanti dal Ministro delle Finanze finlandese Stubb, dettoIronman, hanno fatto il muso duro con la Grecia. Nel loro caso, cruciale il fattore etico e del rigore, anche se sia Finlandia che Olanda, altra grande detrattrice di Tsipras, qualche problema di conti l'hanno avuto negli ultimi anni. Infine il gruppo dei -ci scusino il termine dovuto all'acronimo inglese- "maiali", i Pigs, ma senza la G: Portogallo, Iralnda e Spagna. Il loro atteggiamento negli ultimi giorni si è ammorbidito, ma anche loro non tollerano troppi sconti alla Grecia, dopo aver dovuto essi stessi sottostare a programmi di salvataggio e austerità dettati da Europa ed Fmi.

7/7/2015

Due visioni di Europa sono destinate a scontrarsi stasera, nell'Eurosummit straordinario in svolgimento a Bruxelles.

Premesso che la Grecia -sorprendendo tutti- non ha presentato alcun nuovo piano scritto, nella riunione dei Ministri delle Finanze del pomeriggio, suscitando non poca irritazione da parte dei Ministri schierati per la Grexit, la partita si giocherà nelle prossime ore tra chi -come la Francia- punta a sostenere la Grecia nel breve periodo, per evitare un crac definitivo, e chi non intende più fare sconti. Lo stato dell'arte lo ha riassunto il presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem. Secondo Dijsselbloem, Atene presenterà entro domani mattina una richiesta scritta di sostegno al fondo salva-Stati ESM, primo passo per avviare un processo di sblocco dei prestiti nel giro di pochi giorni. Ovviamente tutto dipenderà dalle proposte greche su conti e -soprattutto- riforme, se cioè saranno ritenute soddisfacenti dagli altri 18 Ministri delle Finanze della zona euro, che si riuniranno nuovamente in teleconferenza domani mattina. Come anticipavamo, il neoMinistro delle FinanzeTsakalotos non ha presentato alcuna proposta formale oggi. Arrivando all'Eurosummit, la cancelliera tedesca Merkel ha dichiarato: "non ci sono ancora le basi per un negoziato. Servono solidarietà da parte dell'Europa e responsabilità da parte della Grecia. Oggi ci confronteremo. Non si tratta più di settimane, ma di pochi giorni a disposizione, ascolteremo ciò che Tsipras ha da dirci". Il francese Hollande resta più morbido, sottolinea l'urgenza di chiudere entro la settimana, ma preme per un piano di aiuti anche sul breve periodo, considerata la criticità della situazione. Alexis Tsipras, che ha incontrato prima del summit Merkel, Hollande e Juncker, tesse la sua tela: dopo aver parlato con Barack Obama al telefono, esponendogli il programma di riforme, andrà domani mattina all'Europarlamento di Strasburgo, per esporre il piano agli eurodeputati in sessione plenaria.

7/7/2015

La crisi greca regala oggi un'altra delle sue giornate ricche di colpi di scena, dopo che l'Eurogruppo si è riunito questo pomeriggio senza alcun risultato. Il neoministro delle Finanze ellenico Tsakalotos non ha portato alcun piano di riforma o proposte concrete, ma si sarebbe limitato ad anticipare oralmente le intenzioni dell'esecutivo.

Secondo quanto dichiarato dal presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem, Atene presenterà entro domani mattina una richiesta di sostegno al fondo salva-Stati ESM, primo passo per avviare un processo di sblocco dei prestiti nel giro di pochi giorni. Ovviamente tutto dipenderà dalle proposte greche su conti e -soprattutto- riforme, se cioè saranno ritenute soddisfacenti dagli altri 18 Ministri delle Finanze della zona euro, che si riuniranno in teleconferenza domani mattina. Diversi Ministri, soprattutto quelli più scettici verso la Grecia, non hanno nascosto la propria irritazione e frustrazione per l'ennesimo Eurogruppo risoltosi con un nulla di fatto. Ma qualche spiraglio resta aperto. In questi minuti si riunisce l'Eurosummit dei 19 leader della zona Euro. La cancelliera tedesca Merkel non chiude del tutto la porta. "Non ci sono ancora le basi per un negoziato. Servono solidarietà da parte dell'Europa e responsabilità da parte della Grecia. Oggi ci confronteremo. Non si tratta più di settimane, ma di pochi giorni a disposizione, ascolteremo ciò che Tsipras ha da dirci". Così la Merkel arrivando a Bruxelles, mentre il francese Hollande sottolinea l'urgenza di chiudere entro la settimana. Alexis Tsipras, che sta incontando Merkel, Hollande e Juncker, intanto tesse la sua tela: una fonte greca afferma che il premier ellenico ha parlato con Barack Obama al telefono, esponendogli il programma di riforme. Stasera farà lo stesso con i colleghi dell'Eurozona, e domani mattina sarà all'Europarlamento di Strasburgo, per spiegare la propria visione agli eurodeputati in sessione plenaria.

7/7/2015

Il pomeriggio più caldo per l'Eurozona è appena cominciato, con la riunione dell'Eurogruppo che ha preso il via alla presenza del nuovo Ministro delle Finanze Tsakalotos. A livello generale, i 18 Ministri -Grecia ovviamente esclusa- presentano un fronte comune, modellato sulla linea Merkel-Hollande: servono proposte serie e credibili da parte di Atene.

Il portavoce della linea dura è come sempre il Ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, che ha respinto una volta di più la richiesta-principe di Tsipras: "chi conosce i Trattati comunitari sa che il taglio del debito e' vietato", ha tagliato corto. Schaeuble si è mostrato particolarmente inflessibile sull'erogazione di aiuti senza un nuovo programma-quadro. Una risposta indiretta alle indiscrezioni circolate nelle ultime ore, secondo cui la Grecia avrebbe chiesto un prestito-ponte da 7 miliardi nell'immediato, per evitare il vero e proprio crac. Anche se indiscrezioni dell'ultima ora del quotidiano Kathimeriniipotizzano addirittura che i negoziatori ellenici si presentano a Bruxelles a mani vuote. Proposte e richieste arriverebbero domani. Sulla ristrutturazione del debito ellenico si registrano le maggiori divergenze: Irlanda e Lussemburgo si sono dette aperte alla discussione, mentre Finlandia, Malta, Slovacchia e Lettonia si sono schierate con la Germania. Sottotraccia, la Francia e la Commissione Europea lavorano per evitare la Grexit: il Commissario -francese- all'Economia Moscovici la definisce un errore storico. Nelle prossime ore capiremo che piega prenderà la crisi. Difficile un'intesa oggi, ma con la riunione dei 19 leader della zona euro alle 18 i primi nodi dovranno necessariamente venire al pettine.

7/7/2015

"Rispettiamo il voto greco, lasciamo le porte aperte al negoziato, ma ci aspettiamo proposte serie e precise su un programma che riporti la Grecia alla crescita. Queste proposte devono arrivare in settimana".

In una miniconferenza stampa all'Eliseo Angela Merkel ribadisce la linea caldeggiata per tutta la giornata dalle istituzioni comunitarie: la palla è nel campo ellenico, Atene deve convincerci oggi nell'Eurogruppo prima e nell'Eurosummit poi. La linea dialogante resta aperta, almeno formalmente, anche su spinta francese, dopo che Berlino aveva reagito gelidamente al "no" greco. Poi una telefonata Merkel-Tsipras ha riaperto il dialogo, mentre il falco Schaeuble ribadiva che il taglio del debito ellenico non è un tema in agenda. La partita torna questo pomeriggio nella capitale belga, con l'Eurogruppo dei Ministri finanziari convocato alle 13, prologo tecnico necessario alla discussione politica della sera tra i 19 leader dell'Eurozona, fissata alle 18. Toccherà dunque al neo-Ministro delle Dinanze Tsakalotos scoprire le carte e farlo in modo credibile, per permettere a Tsipras di andare in meta la sera. Ieri dai partner europei è arrivata una timida apertura solo dalla Spagna, mentre i Paesi del centronord sono rimasti freddi. Gelida anche la Commissione Europea, sconfitta dal voto ellenico: "il no rende le cose più complicate", dice il vicepresidente Dombrovskis. L'Fmi si dice pronto ad aiutare Atene, ma solo a livello tecnico, finchè non pagherà i debiti, mentre gli Stati Uniti ribadiscono l'urgenza di trovare un accordo, per evitare conseguenze all'economia europea e a quella americana.

6/7/2015

Una prima indicazione su dove vada l'Europa, in questa infinita emergenza greca, l'avremo presto: tra circa un quarto d'ora la cancelliera tedesca Merkel e il presidente francese Hollande rilasceranno una dichiarazione congiunta, alla fine del meeting bilaterale deciso d'urgenza ieri sera dopo il "no" ellenico.

La Merkel, reduce da un colloquio telefonico con Tsipras, ha fatto sapere attraverso un portavoce che tutto dipenderà dalle proposte che Atene metterà sul tavolo, ma senza nuove proposte -dice Berlino- non ci sono i presupposti per ulteriori trattative e programmi di aiuto. Il falco Schaeuble ha già messo in chiaro che il taglio del debito non rappresenta un tema in discussione. Anche l'Europa istituzionale ha rimandato la palla nel campo greco, come messo in chiaro dall'Eurogruppo, che domani si riunirà prima del summit dei 19 leader dell'area euro: la permanenza di Atene nell'Euro resta l'obiettivo, ma bisognerà vedere se succederà, ha avvertito JeroenDijsselbloem. Per la Commissione Europea oggi è stata una giornata difficile. Il 'si'' greco avrebbe dato un segnale positivo" mentre "il 'no' rende le cose piu' complicate", perche' "c'e' distanza tra la Grecia e gli altri Paesi dell'Eurozona", ha dichiarato il vicepresidente della Commissione Dombrovskis, considerato uno dei più duri verso Atene. Per Bruxelles una sconfitta difficile da digerire, dopo cheJuncker aveva invitato i greci a votare sì. Qualche apertura è arrivata dalla Spagna, disponibile a trattare un terzo round di aiuti, mentre l'Fmi si dice pronto ad aiutare Atene, se giungerà una richiesta in tal senso.

6/7/2015

Iniziamo subito con una notizia di poco fa, sulla quale l'attesa era molto alta. I governatori del consiglio direttivo della Bce terranno una conference call in questi minuti per decidere sulla liquidita' di emergenza alla Grecia. Lo riporta Bloomberg, pronosticando che Francoforte non aumenterà la liquidità di emergenza alle banche elleniche, ormai a corto di liquidi, optando per riaggiornarsi mercoledì, il giorno dopo l'Eurosummit straordinario.

Nel frattempo le banche elleniche restano chiuse. Intanto la situazione è politicamente fluida ad Atene, dopo il "no" nel referendum ellenico: Tsipras ha ottenuto oggi un'altra vittoria politica, con tre partiti di opposizione che si dicono pronti a sostenere l'esecutivo nei cruciali negoziati di domani a Bruxelles. Tra questi anche il centrodestra di Nea Dimokratia e i socialisti del Pasok. Non si tratta di una nuova maggioranza politica, il leader ad interim del centrodestra Meimarakis ha subito accusato Tsipras di aver sprecato tempo utile, ma l'esito referendario ha fornito un potere negoziale interno enorme al premier, che ha già nominato il nuovo Ministro delle Finanze, Euclid Tsakalotos. Tsakalotos è una delle figure-chiave nei negoziati tra Atene e le istituzioni, e a Bruxelles gode di maggiore benevolenza, rispetto al predecessore Varoufakis, dimessosi oggi. Tra poco più di un'ora l'attesissima conferenza stampa Merkel-Hollande -la cancelliera oggi ha avuto una lunga conversazione telefonica con il premier ellenico- che fornirà -si spera- una prima risposta alle incertezze di queste ore, mentre l'Fmi ribadisce di essere pronto ad assistere Atene, se il suo aiuto sarà richiesto.

5/7/2015

L'Europa prende posizione e si schiera, in vista del referendum ellenico: la novità rappresentata dall'infinita crisi greca sconvolge antichi schemi e regole non scritte di bon ton comunitario, con la prima assoluta di un presidente della Commissione -Juncker- che interferisce nella politica interna di un Paese membro, chiedendo agli elettori di votare in senso opposto, rispetto a quanto chiesto dal Governo in carica.

Più sfumate le posizioni degli altri attori istituzionali europei, tutti comunque orientati per il sì al referendum. Se i greci voteranno 'no' sara' "incredibilmente difficile" mettere in piedi un nuovo salvataggio, avverte il leader dell'EurogruppoDijsselbloem, mentre il presidente socialista dell'Europarlamento Schulz, l'esponente più a sinistra tra le massime cariche comunitarie, arriva a chiedere le dimissioni del Governo Tsipras, in caso di vittoria del sì. E per zuccherare l'invito a votare bene, ipotizza prestiti-ponte di emergenza, per aiutare i greci. Chi tiene un profilo più istituzionale è il presidente del Consiglio Europeo Tusk, che invita l'Europa a evitare "messaggi drammatici", nel caso la Grecia voti "no" al referendum. Anche tra i Paesi membri dell'Unione Europea prevale un atteggiamento anti-Tsipras, capeggiato dal Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble, che ha saputo coagulare un fronte allargato ai Paesi nordici, ai Paesi -cosiddetti Piigs- passati sotto le forche caudine dell'ex Troika, quali Irlanda e Spagna, e ai Paesi dell'Est Europa, per nulla intenzionati ad aiutare Paesi della Vecchia Europa con Pil pro-capite superiori. Con i greci solo la Francia e Cipro, ma unicamente nel ruolo di pontieri, mentre l'Italia di Renzi è apparsa in balia degli eventi, incapace di intervenire con peso specifico nel dibattito.

4/7/2015

A sorpresa, è l'Europa ad annunciare il default greco, con una mossa che mette ulteriore pressione sulle spalle di un Paese profondamente diviso: il fondo comunitario salva-Stati Efsf certifica il crac di Atene, ma sceglie la strada conciliatoria di non richiedere la restituzione immediata degli oltre 130 miliardi di prestiti - richiesta che, oltre a decretare l'uscita ellenica dall'Euro, avrebbe innescato pesanti perdite anche nei Paesi creditori. "

Il default è causa di profonda preoccupazione", ha sottolineato il direttore del fondo Klaus Regling, che pronostica conseguenze severe per l'economia e il popolo greco. Al di là dei toni drammatici, funzionali a condizionare il voto di domani, i toni a Bruxelles si fanno più cupi. Il più esplicito è stato il presidente della Commissione Juncker, che non ha nascosto la difficoltà di ripartire lunedì a urne chiuse, qualsiasi sia il risultato: "se i greci voteranno no, la loro posizione risulterà drammaticamente indebolita", ha detto Juncker, aggiungendo che "anche con un sì il negoziato si preannuncia difficile". Il leader dell'Eurogruppo Dijsselbloem non vede una soluzione vicina, e apre un fronte con l'Fmi, sostenendo che le cifre rese note da Washington sul debito greco sono datate e superate. Il Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble avverte: la situazione in Grecia e' drammaticamente peggiorata nelle ultime settimane. Dopo il referendum le trattative dovranno ripartire, il che impedirà l'immediata erogazione di nuove risorse finanziarie.

3/7/2015

L'Europa dichiara il default della Grecia, a soli due giorni dall'atteso referendum ellenico, in un clima che -al di là dell'esito della consultazione- si fa di ora in ora più cupo.

Come sempre, il più esplicito è stato il presidente della Commissione Juncker, che non ha nascosto la difficoltà di ripartire lunedì a urne chiuse, qualsiasi sia il risultato: "se i greci voteranno no, la loro posizione risulterà drammaticamente indebolita", ha detto Juncker, aggiungendo che "anche con un sì il negoziato si preannuncia difficile". Ad aumentare la pressione su Atene è arrivato l'annuncio del fondo europeo salva-Stati Efsf, che ha ufficializzato il default, dopo il mancato pagamento del rimborso all'Fmi: la notizia positiva è che il board del Fondo ha deciso di aspettare, e di non richiedere ad Atene il pagamento immediato dei prestiti, pari a 141 miliardi, una mossa che avrebbe portato all'uscita immediata della Grecia dall'Eurozona. Nei palazzi di Bruxelles sembra prevalere lo scoramento: "non siamo vicini a una soluzione" e, vada come vada, "il futuro della Grecia sara' estremamente duro", ha dichiarato il leader dell'Eurogruppo Dijsselbloem, che definisce "rischiosa" la strada seguita dal Governo Syriza. Certamente c'è molta pretattica, mirata ad indirizzare il voto referendario, ma forte è la consapevolezza che -comunque vada- la partita non finirà domenica: nella prima intervista dopo il default ellenico, il Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble avverte: la situazione in Grecia e' drammaticamente peggiorata nelle ultime settimane, le trattative dovranno ripartire dopo il referendum, per cui nuove risorse finanziarie non arriveranno immediatamente.

3/7/2015

Clima cupo a Bruxelles a soli due giorni dal referendum greco. E' di poco fa la notizia che il fondo salva-Stati europeo Efsf considera il mancato pagamento della Grecia della rata all'Fmi un "evento di default", ma il board dei governatori ha deciso di aspettare e "non richiedere" ad Atene il "pagamento immediato dei prestiti concessi, ne' di usare il suo diritto ad agire".

In termini meno tecnici, l'Efsf fa intendere che per ora si asterrà dall'esigere la stratosferica cifra di 150 miliardi. "Il fondoEfsf e' il piu' grande creditore della Grecia, questo default e' causa di profonda preoccupazione. Rompe l'impegno greco ad onorare i suoi obblighi finanziari verso tutti i suoi creditori e apre la porta a severe conseguenze per l'economia e il popolo greci", ha avvertito il direttore del fondo, Klaus Regling Tecnicismi, in attesa del referendum di dopodomani - che Atene sia già in default dopotutto è il segreto di Pulcinella. Dicevamo del clima cupo che si respira a Bruxelles: il presidente della Commissione Europea Juncker oggi non ha nascosto che, qualsiasi sarà l'esito della consultazione, la strada appare in salita. "Se i greci voteranno 'no' domenica, la posizione di Atene sara' drammaticamente indebolita" nei negoziati di un eventuale nuovo programma, ha detto Juncker, ma anche nel caso di un sì le trattative saranno difficili, ha aggiunto. "Nelle ultime settimane la situazione in Grecia e' drammaticamente peggiorata", ha dichiarato il Ministro delle Finanze tedescoSchaeuble alla Bild Zeitung. "Dopo il referendum ci si trovera' in un negoziato "che ha a che fare con il fondo salva-Stato e che prevede piu' gradini", fanno invece sapere, laconici, dalla cancelleria.

3/7/2015

L'Europa tiene gli occhi incollati sulla Grecia, conscia di dover percorrere insieme, per un periodo imprecisato, quel tratto di mare in "acque inesplorate" che Mario Draghi -con preveggenza- aveva evocato.

A Francoforte il consiglio direttivo della Bce si prepara ad una probabile riunione lunedì, per discutere della liquidità di emergenza alle banche elleniche, ormai prive di ossigeno finanziario. Chi ha parlato ieri, in una Bruxelles finalmente orfana di Eurogruppi straordinari in serie, è stato il presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz, che ha espresso l'auspicio di dimissioni del Governo Tsipras, in caso di vittoria del sì. "Aspettiamo il risultato del referendum, ora e' il momento che i greci decidano il proprio futuro", ha aggiunto l'ormai sfinito presidente della Commissione Juncker. Mentre il presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem raffreddava anticipatamente possibili entusiasmi dei sostenitori di Syriza: "se i greci voteranno 'no' sara' "incredibilmente difficile" mettere in piedi un nuovo salvataggio", ha detto. Parole che risuonano fiaccamente, nel limbo di questo weekend greco: tutti sanno che la vera partita comincerà lunedì, e non sarà potenzialmente meno imprevedibile di quella giocata finora. Dalle capitali, mentre il presidente francese Hollande conferma che una vittoria del "no" porterebbe l'Europa su un terreno sconosciuto, indiscrezioni del quotidiano Handelsblatt ipotizzano che il Governo tedesco starebbe persino pensando ad aiuti umanitari per la Grecia, qualora la situazione degenerasse. E se il premier spagnolo Rajoy si dice convinto che l'Euro sopravviverà alla Grecia, in Gran Bretagna soffia -sempre più forte- il vento di una possibile Brexit entro due anni.

1/7/2015

Una lettera di sole due pagine, in contrapposizione ai corposi dossier che abbiamo visto circolare nelle ultime settimane. Con l'intestazione dell'ufficio del Primo Ministro ellenico, la missiva si rivolge ai leader delle tre istituzioni con le quali il Governo Tsipras ha trattato negli ultimi mesi: in cinque punti, l'esecutivo pone le sue condizioni, facendo sostanziali concessioni ai creditori.

Al punto che c'è chi vi ha visto una mossa disperata. Sull'Iva, Tsipras accetta le proposte dei creditori, ponendo una sola condizione: il mantenimento dello sconto del 30% riservato alle isole, per le nuove aliquote. Una richiesta che non piace a Bruxelles, sia perché originerebbe ammanchi importanti nella casse dello Stato, sia perché perpetuerebbe un sistema fiscale troppo complesso. L'altro punto di contesa con l'Europa, le pensioni, figura al terzo posto: qui Tsipras garantisce la piena implementazione della riforma 2010, ma chiede che quella 2012 goda di un periodo di transizione più lungo. Il Governo ellenico chiede anche che il bonus di solidarietà assegnato ai pensionati più poveri venga portato a conclusione entro la fine del 2019. Gli altri punti riguardano le misure fiscali, con il differimento dei tagli alla difesa, il mercato del lavoro, ed azioni di politica industriale, ad esempio su concorrenza, oligopoli e lotta alla corruzione. "I nostri emendamenti sono concreti, e rispettano pienamente la robustezza e la credibilità del piano complessivo", premette Tsipras nell'introduzione.

27/6/2015

Il D-Day della Grecia arriva in un clima di stracci che volano tra Atene, istituzioni e creditori, come se giorni di trattative, negoziati e intese sempre a un passo non fossero mai esistiti.

Quando mancano solo tre giorni al cruciale pagamento all'Fmi, Atene si è vista recapitare quello che ha subito bollato come un "ultimatum": 15 miliardi e mezzo di nuovi prestiti, ricavati dai fondi di salvataggio esistenti, per prorogare di cinque mesi -fino a fine novembre- il programma di aiuti. Quasi due miliardi arriverebbero subito, per consentire ad Atene di pagare il Fondo Monetario entro la scadenza. La cancelliera tedesca Merkel ha definito la proposta "straordinariamente generosa". Non dello stesso avviso le autorità greche: "l'accettazione di questa proposta implicherebbe l'introduzione di riforme profondamente recessive, qualcosa di totalmente inadeguato", ha obiettato il Governo. Il premier ellenico Tsipras è stato durissimo: "i principi dell'Europa non sono basati su ricatti e ultimatum". Una porta sbattuta in faccia alle istituzioni, che ha raffreddato persino l'ottimismo di chi -come il presidente della CommissioneJuncker- solo pochi giorni fa dava l'accordo per fatto: "questo non era un ultimatum, non lavoriamo lanciando ultimatum", ha commentato. A questo punto, in mancanza di un'intesa all'Eurogruppo straordinario di questo pomeriggio, si entrerebbe per davvero -per dirla con Mario Draghi- in "acque inesplorate".

26/6/2015

Ancora forte il pressing sulla Grecia: con il pagamento all'Fmi da versare entro martedì, volano ormai gli stracci - in attesa del cruciale Eurogruppo di domani. I creditori hanno avanzato l'ultima offerta, prendere o lasciare: 15 miliardi e mezzo, per prorogare di cinque mesi il programma di aiuti. Quasi due miliardi arriverebbero subito, per pagare il Fondo Monetario Internazionale entro la scadenza.

La tensione è a livelli così alti, che il Governo Tsipras ha rispedito anche questa offerta al mittente: "non accettiamo ricatti e ultimatum", questa in sostanza la posizione ellenica, una posizione di ribellione contro il pacchetto di misure e riforme propostole come condizione, e da approvare entro il weekend. Un pacchetto che Atene considera "recessivo". La proposta dei creditori era stata invece giudicata "straordinariamente generosa" dalla cancelliera tedesca Merkel. A questo punto, in mancanza di un miracolo all'Eurogruppo straordinario di domani pomeriggio, si entrerebbe per davvero -per dirla con Mario Draghi- in "acque inesplorate".

26/6/2015

L'incertezza sulla crisi greca appare totale, dopo che un ulteriore -breve- Eurogruppo si è concluso ieri pomeriggio con un nulla di fatto, rinviando il dossier ellenico a nuove discussioni a livello tecnico, che dovrebbero sfociare in un Eurogruppo straordinario - l'ultimo possibile, presumibilmente, in programma domani.

Al di là delle dichiarazioni ufficiali, con le autorità greche che continuano a manifestare ottimismo e le potenze europee divise nei giudizi, da un lato l'apertura francese all'intesa, dall'altro il pessimismo tedesco sugli arretramenti negoziali... fanno fede le parole del presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem. Il quale ha chiarito che serve ulteriore lavoro a livello tecnico -la sede deputata è lo Euro Working Group- per valutare le ultimissime proposte greche, ed ha ammesso che su un certo numero di questioni -le indiscrezioni parlano di pensioni e riforma fiscale- le distanze restano ampie. La scadenza del 30 giugno per i pagamenti all'Fmi è ormai imminente. L'unica soluzione possibile per evitare il default ellenico appare a questo punto una marcia a tappe forzate: se l'intesa dovesse finalmente arrivare a livello tecnico, occorrerebbe il via libera nel weekend di Parlamento greco ed Eurogruppo, in modo che quattro Parlamenti europei, tra cui quello tedesco, concludano il processo di ratifica lunedì, il giorno prima del D-Day. Il dramma ellenico promette sorprese fino all'ultimo.

25/6/2015

L'incertezza sulla crisi greca appare totale, dopo che un ulteriore -breve- Eurogruppo si è chiuso pomeriggio con un nulla di fatto, rinviando il dossier ellenico a nuove discussioni a livello tecnico, che dovrebbero sfociare in un Eurogruppo straordinario - l'ultimo possibile, presumibilmente, in programma sabato.

Al di là delle dichiarazioni ufficiali, con le autorità greche che continuano a manifestare ottimismo e le potenze europee divise nei giudizi, da un lato l'apertura francese all'intesa, dall'altro il pessimismo tedesco sugli arretramenti negoziali... fanno fede le parole del presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem. Il quale ha chiarito che serve ulteriore lavoro a livello tecnico per valutare le ultimissime proposte greche, ed ha ammesso che su un certo numero di questioni -le indiscrezioni ufficiose parlano di pensioni e riforma fiscale-le distanze restano ampie. La scadenza del 30 giugno per i pagamenti all'Fmi appare ormai imminente. In queste ore a Bruxelles è in corso il vertice europeo, con la questione immigrazione al centro dei lavori. "Non c'è consenso sulle quote obbligatorie di ripartizione dei migranti tra i Paesi membri", ha ammesso Tusk, avvertendo che "lo schema volontario non può essere una scusa per non fare alcunché". Da parte sua il premier Renzi ha ribadito di essere "molto ottimista che l'Italia possa far sentire insieme la propria voce" sull'immigrazione.

25/6/2015

Un altro, incredibile rinvio sulla Grecia, con l'Eurogruppo straordinario che si è chiuso poco fa con un nulla di fatto, dopo essere stato sospeso poco dopo il suo inizio. D'altronde era abbastanza chiaro a tutti che le posizioni tra Atene e creditori restavano distanti.

Tutti i principali attori parlavano di progressi insufficienti. Resta ottimista il premier ellenico Tsipras: "dopo la nostra proposta onnicomprensiva, sono fiducioso che raggiungeremo un compromesso che aiutera' l'Eurozona e la Grecia a superare la crisi", ha detto. Non è più chiaro a questo punto quando l'Eurogruppo tornerà a riunirsi: il Financial Times ipotizza che lo Euro WorkingGroup tornerà a incontrarsi nella giornata di sabato - a quanto è dato sapere forti differenze tra Grecia e creditori permangono su pensioni e riforma fiscale. Al suo arrivo al summit il premier Matteo Renzi aveva anticipato che il vertice dei 28 leader non sarebbe stato risolutivo - tra poco il piatto forte sarà invece il piano immigrazione.

24/6/2015

Il momento della verità per la Grecia potrebbe e dovrebbe finalmente arrivare stasera, quando si riunirà l'Eurogruppo per valutare l'ultima bozza di proposte elleniche. Un via libera dei Ministri finanziari è necessario, affinché i leader europei possano finalmente sancire l'intesa con Atene al vertice europeo di domani.

Negli ultimi due giorni i negoziati a livello tecnico si sono infittiti e intensificati: oggi Tsipras volerà nuovamente a Bruxelles, per incontrare i leader di Commissione, Bce ed Fmi. Il tutto mentre il giornale ellenico Kathimerini ha reso noto l'intero testo della proposta ufficiale sottoposta dal Governo ellenico alle istituzioni: undici pagine, con quasi otto miliardi di misure economiche, per la quasi totalità provenienti da nuove tasse e dalle pensioni. Dubbi rimangono da parte dei creditori su Iva, tagli di spesa e sulle stesse pensioni, ma il vero fronte per Alexis Tsipras al momento appare tutto interno: ieri migliaia di manifestanti vicini al partito comunista hanno manifestato nel centro di Atene contro le ulteriori misure di austerità all'orizzonte, mentre l'ala più a sinistra di Syriza è in fermento, e non esclude di votare contro un'eventuale intesa in Parlamento, obbligando Tsipras a cercare i voti dell'opposizione di centrodestra, per sbloccare i nuovi prestiti europei. Il vicepresidente dell'Assemblea Alexis Mitropoulos ha esplicitamente ventilato l'ipotesi di una ribellione interna, che nel breve periodo potrebbe persino mandare ko il Governo ellenico. Senza contare le barricate che alcune associazioni di categoria, come i ristoratori -allarmati dall'aumento dell'Iva- stanno erigendo contro le nuove misure.

24/6/2015

L'emergenza immigrazione si sposta per un giorno dal fronte sud dell'Europa al cuore stesso del Continente e sul fronte balcanico: in attesa che i 28 leader europei decidano -domani- sul cruciale dossier relativo alla redistribuzione dei migranti, ieri la città settentrionale francese di Calais, porto d'accesso all'Inghilterra, ha vissuto una giornata di ordinaria follia.

Centinaia di migranti hanno preso d'assalto i tir in coda per attraversare il Canale della Manica, mentre si trovavano bloccati in lunghissime code a causa della chiusura dell'Eurotunnel - chiusura provocata da uno sciopero a sorpresa dei lavoratori della compagnia di traghetti MyFerryLink. L'azione ha paralizzato per ore i collegamenti stradali e ferroviari sui due lati, provocando il caos: ad approfittarne i tremila migranti che vivono accampati al confine, in attesa di varcare il Canale: le immagini televisive li mostrano invadere le strade di accesso al Tunnel, aprendo i portelloni dei tir in movimento ed entrandoci, per strappare il passaggio in Inghilterra. Dalla Francia all'Ungheria, dove il Governo Orban, dopo aver annunciato la costruzione di un muro anti-immigrati al confine con la Serbia, ha sospeso a tempo indeterminato l'applicazione della normativa di Dublino, che prevede la registrazione della richiesta di asilo di un migrante nel primo Paese di approdo. Normativa contestata anche in Italia: tuttavia, la mossa ungherese appare una vera e propria ribellione contro Bruxelles. "La barca è piena", ha sintetizzato brutalmente il portavoce del Governo Zoltan Kovacs. Immediata la richiesta di chiarimenti dalla Commissione Europea. Ma l'impressione è che i braccio di ferro con Budapest sia solo agli inizi.

23/6/2015

Con l'occhio all'intesa che potrebbe arrivare dall'Eurogruppo di domani, l'attenzione politica sulla Grecia si sposta in patria, dove Alexis Tsipras si appresta ad affrontare una sfida potenzialmente più pericolosa dei negoziati europei: mantenere la propria -eterogenea- coalizione unita.

Qualsiasi accordo sarà raggiunto con i creditori dovrà passare al vaglio degli organismi politici di Syriza, dove l'ala più a sinistra potrebbe decidere di votare contro in Parlamento, obbligando Tsipras a cercare i voti dell'opposizione di centrodestra. Le misure proposte da Atene, centrate più su nuove tasse che sulle riforme, potrebbero costituire un casus belli in grado di mandare ko il Governo ellenico. Senza contare le barricate di alcune associazioni di categoria, come i ristoratori, allarmati dall'aumento dell'Iva. Nelle ultime ore a Bruxelles si sta lavorando a livello tecnico, per preparare il terreno ai Ministri finanziari dell'Eurozona. La Commissione Europea ripete che le ultime proposte elleniche costituiscono una buona base, in vista di ulteriori progressi. Mentre la Bce ha concesso alle banche greche nuovo ossigeno finanziario, autorizzando la Banca centrale ad aumentare i crediti di emergenza. Si tratta del terzo incremento in tre giorni.

22/6/2015

Ancora un rinvio per la Grecia, ma si tratta di un rinvio che lascia aperta la porta alla concreta possibilità di un'intesa entro la settimana. La riunione straordinaria dell'Eurogruppo questo pomeriggio è stata molto breve, ma le ultime bozze di intesa preparate da Atene sono state -parole del leader dei Ministri finanziari Djisselbloem- "accolte positivamente".

Bozze di intesa che sarebbero state due, molto simili tra loro, fatte pervenire a Bruxelles fra la tarda serata di ieri e la mattina di oggi, come rivelato dal Financial Times. Un doppio invio che ha confuso le acque, ritardando inevitabilmente l'esame a livello tecnico da parte delle istituzioni. "Una base solida", l'ha definita il Commissario Europeo all'Economia Moscovici. E che qualcosa sia effettivamente cambiato nel clima che si respira sull'asse Atene-Bruxelles lo dimostrano le dichiarazioni del vicepresidente della Commissione, il falco Dombrovskis, che definisce "concrete" le proposte giunte da Atene, soprattutto per quanto riguarda gli obiettivi di avanzo primario. In ogni caso l'accordo tecnico è rinviato a un nuovo Eurogruppo da tenersi in settimana. "Il tempo sta finendo, oggi tutti metteranno le carte sul tavolo, le strategie devono finire, dobbiamo mettere fine a questo gioco d'azzardo politico", ha intanto dichiarato il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk, secondo cui i leader devono "evitare il peggior scenario, cioe' un 'Graccident' caotico". Tusk presiederà il summit dei 19 leader dell'Eurozona, che inizia proprio in questi minuti a Bruxelles. Nel pomeriggio riunione preparatoria alla presenza -tra gli altri- di Juncker, Draghi e dellaLagarde. Chi festeggia intanto sono le Borse, che scommettono sull'intesa: Atene chiude a +9%, Milano +3,47%, mentre Francoforte e Parigi sfiorano il +4%.

22/6/2015

Ore decisive per Atene, l'incertezza resta altissima: valga per tutti il commento del presidente della Commissione Europea Juncker, che -accogliendo il premier ellenico Alexis Tsipras a Bruxelles- ha affermato che sulla Grecia non ci siamo ancora - "non so se ci sarà l'intesa", dice Juncker, raffreddando parzialmente le aperture della stessa Commissione, che via Twitter definiva le nuove proposte elleniche una buona base.

Il piano prevederebbe l'eliminazione della possibilità di prepensionamento già dal prossimo anno, l'incremento dell'Iva sulle vendite al dettaglio, un incremento della tassazione sui redditi medio-alti, infine una tassa addizionale sulle aziende che fatturano oltre 500mila euro annui. La situazione è talmente incerta, che il FinancialTimes ha riportato come Atene avrebbe inviato il documento sbagliato ieri notte, contenente la proposta finale. Secca la smentita da parte del Governo greco. Ma lo stesso quotidiano della City insiste e conferma: la confusione generata dall'accumularsi delle versioni definitive ha irritato diversi Paesi, quali ad esempio l'Irlanda, il cui Ministro delle Finanze Noonan prevede un extravertice sulla Grecia giovedì, in occasione del prossimo Consiglio Europeo. Lo spagnolo de Guindos è più esplicito: "accordo impossibile oggi", sentenzia. Non è forse un caso che sia la cancelliera Merkel sia il presidente francese Hollande hanno fatto dichiarazioni oggi, nelle quali lasciano intravedere la possibilità di chiudere un'intesa finale sulla Grecia nei prossimi giorni, purché si pongano le basi oggi. In questi minuti prende il via l'Eurogruppo straordinario: stasera sarà la volta dei leader dell'Eurozona. A Bruxelles si prepara una lunga giornata.

22/6/2015

No alle isterie e agli egoismi, sì a una strategia europea basata sul doppio binario solidarietà-responsabilità. A Expo va in scena il disgelo italo-francese, nel pieno della crisi immigrazione e dei blocchi a Ventimiglia, anche se per le soluzioni concrete -se ci saranno- tutto è rimandato al vertice europeo di giovedì.

Renzi nega tensioni con Parigi, accoglie anzi calorosamente Hollande e lo porta tra i padiglioni per un bagno di folla. Tuttavia, mantiene aperta l’opzione di un “piano B” italiano, qualora l’Europa lasciasse sola la Penisola nel fronteggiare gli sbarchi. Anche perché, sottolinea Renzi, quello dell’immigrazione è un problema continentale. Francois Hollande di aperture sostanziali, al di là della dichiarata disponibilità a sostenere una solidarietà europea verso Roma, traducibile in mezzi e uomini per la registrazione dei migranti- ne fa ben poche: respinge anzi al mittente la proposta della Commissione Europea sulle quote obbligatorie di ripartizione dei rifugiati, che bolla come insensata e potenzialmente confusionaria, né apre ad alcun alleggerimento sui controlli degli immigrati a Mentone: “le frontiere italo-francesi sono aperte, ma le regole vanno fatte applicare”, sentenzia. Sulla Grecia, se Renzi dice che ci sono tutte le condizioni per un’intesa, Hollande è più cauto, e ribadisce che non c’è più un solo secondo da perdere per risolvere la crisi ellenica.

21/6/2015

“Solidarietà e responsabilità”: questi i due binari su cui il premier italiano Renzi e il presidente francese Hollande incanalano il dibattito sulla crisi immigrazione, anche se i risultati concreti del faccia a faccia sono -a conti fatti- scarsi. E ogni soluzione viene rimandata al summit europeo di giovedì.

Matteo Renzi torna a far balenare l’ipotesi di un “piano B” sull’immigrazione, in cui l’Italia potrebbe prendere decisioni in autonomia, nel caso l’Europa continuasse nello stallo decisionale. Poi sminuisce e nega le tensioni recenti con Parigi, ricorda che l’immigrazione è un problema continentale, e chiude ottimista, intravedendo la disponibilità e un approccio solidale, quantomeno da parte francese e britannica. Se Renzi pone l’accento sulla solidarietà, Hollande preferisce parlare di responsabilità e regole da far rispettare. Gela anzi l’Italia sulla proposta avanzata dalla Commissione Europea: “la formula delle quote obbligatorie per i rifugiati crea confusione, quindi occorre trovare altre logiche e formule, ma occorre che ciascun Paese si impegni”, dice. Hollande nega che le frontiere italofrancesi siano chiuse -“stiamo applicando le regole ed effettuiamo controlli”- ma nei fatti non dà alcun segnale di cedimento sul blocco a Ventimiglia. Sulla Grecia, se Renzi dice che ci sono tutte le condizioni per un’intesa, Hollande è più cauto, e ribadisce che non c’è più un solo secondo da perdere per risolvere la crisi ellenica.

21/6/2015

“No a isterie ed egoismi sui migranti”, dice Matteo Renzi, ma per intanto la Francia non si sposta di un millimetro dalla posizione finora assunta – che prevede un controllo massiccio alle frontiere, nei fatti chiuse per i sans papier extracomunitari bloccati a Ventimiglia.

Tutto rimandato quindi al vertice europeo di giovedì, anche se il presidente francese Hollande mette fin d’ora in chiaro il suo “no” alla proposta della Commissione Europea sulle quote obbligatorie di ricollocazione deirichiedeni asilo –“creerebbe confusione”, afferma- ma si dice pronto a trovare altre logiche ed altre formule, nell’ottica di una solidarietà e di un impegno di tutti i Paesi. Renzi da parte sua ricorda che l’immigrazione è un problema di portata storica, un problema europeo, fa un breve excursus storico sulla negatività dell’accordo di Dublino per l’Italia, e ribadisce la minaccia: se l’Europa mostra solidarietà verso la Penisola bene, altrimenti scatterà il “piano B” italiano. Renzi eHollande hanno parlato anche della crisi greca. Da parte sua Hollande ribadisce l’assunto fondamentale: “siamo in un momento cruciale, sulla Grecia non c’è più tempo da perdere, ogni secondo conta”.

20/6/2015

"Il gioco del pollo deve finire, così come lo scaricabarile, perchè non e' un gioco - e non c'e' tempo per giocare". I toni cambiano, e si fanno perentori, nel videomessaggio che il presidente del Consiglio Europeo Tusk invia alla Grecia, a sole 36 ore dal vertice che segnerà il destino di Atene nell'euro.

Tusk non lascia intravedere soluzioni magiche, e anticipa che il summit -luogo di decisioni politiche- non potrà arrivare a un'intesa tecnica in grado di sbloccare i prestiti. Tuttavia -fa intendere- Atene dovrà fare un passo ulteriore verso l'Europa. O accettare di fallire. La pressione si fa alta: secondo indiscrezioni, negli ultimi due giorni quasi due miliardi di euro sarebbero stati ritirati dai depositi bancari nel Paese. Il flusso in uscita ha raggiunto i quattro miliardi nel solo mese di giugno. Non siamo alla corsa agli sportelli, ma si tratta di segnali inquietanti. La Bce ha ulteriormente innalzato ieri il tetto della liquidità di emergenza alle banche elleniche per una quantità ufficiosamente stimata a tre miliardi, operazione che ripeterà lunedì, per non lasciare a secco gli istituti di credito. In Grecia è ormai scontro politico tra Governo e Banca Centrale, su posizioni sempre più divergenti nella tattica da seguire, mentre le manifestazioni di piazza anti-austerità e pro-Europa si alternano, lasciando intravedere una frattura interna al Paese. Il premier ellenico Tsipras sparge ottimismo, vedendo nell'eurosummit di lunedì il segnale di un possibile accordo. E anche il Ministro dell'Economia Padoan non abbandona le speranze.

19/6/2015

Nessuna intesa sull'Accordo di Commercio Transatlantico prima del 2016: in un'intervista, la Commissaria Europea al Commercio Cecilia Malmstrom conferma che i tempi sul Ttip, intesa che europei e americani vorrebbero chiudere entro la presidenza Obama, prevedono almeno i supplementari, sfiorando così pericolosamente la fine del mandato dello stesso presidente americano, che si chiuderà nell'autunno del prossimo anno.

Le trattative per una partnership commerciale euroamericana sono iniziate due anni fa, con l'obiettivo di coprire il 40% del Pil globale: già ora i rapporti commerciali tra le due sponde dell'Atlantico sono i maggiori al mondo, con un volume di scambi di due miliardi al giorno. I sostenitori della partnership, in primis gli inglesi, promettono che l'intesa produrrà un incremento dell'economia europea di ben 120 miliardi, un allargamento del mercato di consumatori dei prodotti "made in Europe" - 300 milioni di americani in più, con benefici a cascata su occupazione in Europa e costo dei prodotti statunitensi importati, grazie a un taglio di dazi e tariffe. Senza contare la spinta all'export europeo. Gli oppositori temono invece rischi legali per i Paesi europei, citabili in giudizio dalle multinazionali, e possibili abbassamenti degli standard comunitari sulla qualità dei prodotti, o sulla sicurezza di ambiente e lavoratori. La Commissaria Malmstrom preferisce non fornire cifre sugli effetti per l'economia europea, ma difende il Ttip dai detrattori. "Qualsiasi Paese che commercia con l'Europa deve rispettare le nostre leggi, l'intesa non modifica nulla, in termini di qualità del cibo, o degli standard ambientali. Facciamo affari con gli Stati Uniti da oltre 300 anni: stiamo semplicemente cercando di facilitare questo volume di affari. Posso comprendere le paure, ma posso anche garantire che gli scenari peggiori non si avvereranno", afferma la Malmstrom, che vede negli appalti pubblici e nelle indicazioni geografiche alcuni tra i nodi ancora da sciogliere. La Commissaria Europea, che lunedì sarà a Roma a dibattere il Ttip, punta a un'intesa-base per la fine dell'anno, grazie ai negoziati politici che -prevede- inizieranno dopo l'estate.

17/6/2015

"Ci assumeremo la responsabilità di un grande "no" alla prosecuzione di una politica catastrofica per la Grecia": alla vigilia di un cruciale Eurogruppo, ultima spiaggia per evitare il crac di Atene, il premier ellenico Alexis Tsipras tende ulteriormente la corda delle trattative con i creditori.

"La nostra proposta soddisfa le esigenze delle istituzioni, per quanto riguarda gli obiettivi fiscali e le riforme", ha aggiunto Tsipras, al termine di un incontro con il cancelliere austriaco WernerFaymann. Sullo sfondo, l'allarme lanciato dalla Banca Centrale Ellenica: 30 miliardi hanno lasciato il Paese in un semestre, una fuga di capitali che potrebbe fare da prologo all'uscita dall'Eurozona. "Trovare un'intesa con i nostri partner è un imperativo storico che non ci possiamo permettere di ignorare, ha avvertito il Governatore dell'istituto centrale Yannis Stournaras, aggiungendo che l'incapacità di arrivare ad un accordo segnerebbe l'inizio di una traiettoria dolorosa, che porterebbe prima al default, poi all'uscita dall'Eurozona, e -in ultima istanza- molto probabilmente dalla stessa Unione Europea. Il rapporto della Banca Centrale, che doveva essere consegnato al Parlamento ellenico, è stato rifiutato dal leader dell'Assemblea, che ha reso invece pubblico un rapporto che chiede la ristrutturazione del debito greco. Intanto il Ministro delle Finanze francese Michel Sapin avverte: un "fallimento" delle trattative tra Atene e i suoi creditori "sarebbe gravissimo per la Grecia, ma anche estremamente grave per il progetto europeo".

13/6/2015

Paradossi della crisi ellenica: mentre i creditori discutono ufficialmente e per la prima volta cosa fare nel caso di un default greco e di un'uscita di Atene dall'Eurozona, il Governo Tsipras parla di accordo ormai vicino, e manda una delegazione a Bruxelles, capeggiata dal vicepremier Dragasakis, per riannodare -da oggi- le trattative.

Il tira e molla negoziale scivola a grandi passi verso il summit decisivo dell'Eurogruppo, in programma giovedì: nel giorno dell'abbandono dei negoziati da parte dell'Fmi, rappresentanti dei Governi dell'Eurozona riuniti a Bratislava avrebbero per la prima volta inserito tra le opzioni sul tavolo anche il fallimento di Atene. L'ipotesi considerata meno probabile, paradossalmente, è quella di un'intesa entro la prossima settimana. Più realistica la terza opzione: un'estensione dell'attuale programma di aiuti. Sullo sfondo, il crollo della Borsa di Atene, che ieri chiudeva perdendo quasi sei punti, con le Borse nervose e lo spread Btp-Bund che toccava quota 140, prima di scendere a 137. In questo clima di pessimismo, il Governo greco manteneva la barra dritta: "non siamo mai staticosi' vicini ad un accordo, chiuderlo e' solo una questione di volonta' politica", faceva trapelare un funzionario, indicando come almeno sul surplus primario le distanze siano ormai a portata di mano. I tempi sono contingentati: la controproposta ellenica deve ottenere il via libera dei creditori entro metà settimana, passare all'esame dei Ministri Finanziari nel weekend, così da poter consentire ai Parlamenti nazionali di ratificare l'accordo entro fine giugno.

11/6/2015

Nuova stangata per la Grecia ieri sera, con l'agenzia Standard & Poor's che ha tagliato il rating a Tripla C. In assenza di un accordo con i creditori, Atene probabilmente fara' default sul debito commerciale in 12 mesi. Per la Grecia e per l'Europa è stata un'altra giornata vissuta pericolosamente.

Fino a tarda notte. I negoziati sulla Grecia sono andati avanti fin nelle ore piccole, preceduti dalla foto del trio Tsipras-Merkel-Hollande seduti -sorridenti- al tavolo. Un meeting giunto al termine di una giornata dai toni cupi, iniziata con il "no" della Commissione Europea al l'ultimissima bozza di accordo in arrivo da Atene. Le trattative proseguono febbrili, dietro la cortina di fumo delle dichiarazioni di guerra: il punto su cui l'accordo potrebbe essere raggiunto riguarda l'avanzo primario. I creditori insistono per un 1% quest'anno, Atene cerca di abbassare di qualche decimale, ma l'intesa può arrivare. A questo punto la domanda è: potrebbe bastare questo per sbloccare i fondi, rimandando la dolorosa questione -per Atene- dell'aumento dell'Iva e del taglio alle pensioni, o ammorbidendone quantomeno le condizioni? Voci incontrollate ieri riferivano di una Merkel disposta ad accettare subito un solo impegno vincolante da Tsipras, tra i vari sul tavolo, per riaprire i rubinetti del credito, ma in serata è arrivata la smentita. Sempre ieri sera, fonti elleniche ventilavano l'ipotesi di un'estensione fino a marzo dell'attuale programma di aiuti, in scadenza a fine giugno, per trovare un'intesa più esaustiva. Il tutto mentre la Bce alzava a 83 miliardi il tetto dei prestiti concessi al sistema bancario greco. E Standard & Poors certificava nei fatti il grave rischio default per Atene, tagliando ancora il rating. Tra le poche certezze, restano il nuovo incontro Juncker-Tsipras, in programma oggi: tra una settimana l'Eurogruppo, da tutti considerato l'ultimissima spiaggia, per evitare il default ellenico.

10/6/2015

Un'altra giornata di forti tensioni sulla Grecia, con l'Europa che rispedisce la palla nel campo di Atene.

A riassumere la posizione comune è stata la cancelliera tedesca Merkel, arrivando al summit con i Paesi latinoamericani: "potremmo avere un incontro con il premier greco e il presidente francese. Se il premier ellenico vorrà parlarci ci vedremo. Se c'è la volontà, si trova la strada. Il messaggio per Atene è che i negoziati devono proseguire, l'obiettivo è la permanenza della Grecia nell'Euro. Ogni giorno conta", ha detto. Secondo l'agenzia di stampa Bloomberg, la Merkel sarebbe disposta a sbloccare i fondi, nel caso Atene si impegnasse subito a chiudere su almeno una riforma economica. Una, tra quelle chieste dai creditori: incremento delle tasse, privatizzazioni e tagli alle pensioni. Fonti europee hanno riportato poco fa che un incontro alla fine c'è stato, per ora, ma limitato ai soli Tsipras e Juncker, presidente della Commissione Europea: i due si rivedranno domani. Il quadro non tende affatto al sereno: in mattinata il Commissario all'Economia Moscovici, consuiderato tra i più morbidi dell'esecutivo, ha informato Juncker che le ultime proposte greche non riflettono gli scambi avuti con la controparte nei giorni scorsi. Tutti, compreso il presidente francese Hollande, chiedono alla Grecia di fare in fretta: da parte sua la Bce ha lanciato l'ennesimo salvagente, aumentando il tetto dei prestiti elargiti al sistema bancario greco, da 80,7 miliardi a 83 miliardi. L'incremento sarebbe il piu' ampio dal 18 febbraio: un chiaro indice delle crescenti difficolta' delle banche di Atene.

8/6/2015

"Un ritorno della Russia nel gruppo del G8 non è al momento possibile": in serata, a lavori del G7 già avviati, la cancelliera tedesca Angela Merkel approfitta di una pausa per riassumere il messaggio comune al convitato di pietra Vladimir Putin: "i valori sono importanti. Ci sono barriere al momento, che non ritengo superabili".

La Merkel ha avuto in mattinata un incontro a quattr'occhi con il presidente americano Obama: entrambi si sono mostrati determinati a mantenere le sanzioni contro la Russia, finché non sarà raggiunta un'intesa permanente per far cessare i combattimenti in Ucraina, implementando pienamente gli accordi di Minsk. Per Mosca cattive notizie, che indicano una possibile estensione di queste sanzioni. Più duro il polacco Tusk, presidente europeo, che ipotizza persino un loro rafforzamento. Il secondo tema a dominare la prima giornata di vertice è stato quello greco: qui a usare toni duri è stato il presidente della Commissione Europea Juncker, reo confesso di non aver volutamente risposto al telefono sabato a Tsipras: "mi doveva mandare una controproposta giovedì, poi ha detto venerdì, poi sabato...", ha affermato Juncker - evidentemente irritato. Il quale, negando ancora l'ipotesi di un'uscita della Grecia dall'euro, ha ammesso di non poter estrarre alcun coniglio dal cilindro. Prossimo round dopodomani a Bruxelles, sperando nel miracolo. Da parte sua Obama ha espresso tutta la sua preoccupazione sulla crisi greca alla Merkel. Infine, il premier britannico Cameron ha annunciato che invierà altri 125 istruttori militari in Iraq, per sostenere la lotta all'Isis.

7/6/2015

G7 targato Germania al via tra le montagne bavaresi. La prima foto di gruppo dei sette Grandi, con le cime di Garmisch alle spalle in un clima agreste, ha fatto da sfondo ai due temi-clou che hanno segnato la prima giornata: in primis l'Ucraina, con il presidente europeo Tusk che ha affermato come il summit confermerà l'unità dei Grandi sul tema sanzioni contro la Russia, e -se discussione ci sarà- sarà solo in vista di un loro rafforzamento.

Angela Merkel e Barack Obama hanno mostrato un fronte unitario al proposito: le sanzioni contro Mosca devono rimanere, finchè non sarà raggiunta un'intesa per far cessare i combattimenti in Ucraina, implementando pienamente gli accordi di Minsk, hanno concordato. A farla da padrone ad Elmau pure la situazione in Grecia: di questa ha parlato il presidente della Commissione Europea Juncker, secondo cui Alexis Tsipras "non ha ancora presentato alcuna proposta negoziale alternativa, spero lo faccia presto". Juncker, che non ha nascosto la sua irritazione verso Atene, osservando come Tsipras deve rispettare alcune regole minime nelle trattative, ha però aggiunto di escludere un'uscita di Atene dall'euro. Obama non ha perso occasione di ricordare alla Merkel che occorre evitare volatilità sui mercati. Il premier britannico David Cameron ha annunciato che la Gran Bretagna invierà altri 125 istruttori militari in Iraq, per aiutare il Governo di Baghdad nella lotta all'Isis. Tra gli altri temi -un'agenda minuziosamente preparata dalla presidenza di turno tedesca- anche commercio internazionale, economia globale, lotta al cambio climatico e crisi sanitarie.

7/6/2015

Di nuovo muro contro muro. Stavolta lo scontro si sposta sull'asse Atene-Bruxelles. A soli tre giorni da un incontro definito "costruttivo", il premier greco Alexis Tsipras e il presidente della Commissione Europea Juncker si rendono protagonisti di una querelle istituzionale, che sfiora la farsa, tra indiscrezioni, silenzi e conferme: ancora fresco della sfuriata in Parlamento, dove aveva definito la proposta dei creditori "assurda", rispedendola quindi al mittente, Tsipras chiama Bruxelles per parlare con Juncker.

Il quale non solleva però la cornetta del telefono. E si rifiuta di parlargli. La parte dei poliziotti buoni tocca stavolta alla tedescaMerkel e al francese Hollande, che con Tsipras si sentono successivamente al telefono, accordandosi per un ennesimo vertice mercoledì, sempre nella capitale belga. I prossimi giorni saranno cruciali per il premier ellenico, stretto tra l'incudine dei partner europei e il martello della sinistra interna: ad Atene negano risolutamente l'ipotesi di elezioni anticipate, ed appare chiaro che il successo dei negoziati si giocherà tutto sul crinale sottilissimo delle concessioni che il Governo ellenico deciderà di fare, senza -al contempo- superare le linee rosse ritenute invalicabili dalla sua anima più a sinistra. Il tema greco sarà tra i protagonisti del vertice G7 che si apre oggi ad Elmau, in Baviera, insieme a Isis ed Ucraina: Angela Merkel vedrà Barack Obama a quattr'occhi prima dell'inizio dei lavori del summit. E non è un mistero che Washington sia molto preoccupata dall'ipotesi di un default ellenico.

4/6/2015

Bruxelles crocevia delle trattative tra Grecia e creditori: quella di ieri è stata una giornata a dir poco frenetica, che ha visto -tra le altre cose- il ritorno in campo di Angela Merkel: “stiamo lavorando febbrilmente”, ha detto la cancelliera, riferendosi al tentativo di trovare una soluzione all’empasse.

Più ottimista il presidente francese Hollande, che parla di un’intesa a giorni – se non addirittura ad ore. Entrambi hanno avuto un colloquio telefonico con il premier ellenico Tsipras. Punto di snodo la cena di ieri sera nella capitale belga tra Tsipras, il presidente della Commissione Europea Juncker e quello dell’Eurogruppo Dijsselbloem, per appianare le differenze fra le due bozze di accordo in campo. Quella greca e quella dei creditori. Se pare ormai esserci un’intesa sulla necessità di abbassare l’obiettivo di surplus primario ellenico sotto l’1% quest’anno, altri nodi restano sul tavolo. Nodi che passeranno all’esame oggi sia del gruppo parlamentare di Syriza, sotto le cui forche caudine dovrà transitare la proposta di intesa finale, sia dello Euro Working Group, il cui incontro è previsto nel tardo pomeriggio. L’obiettivo è sbloccare entro fine mese l’ultima tranche di prestiti da oltre 7 miliardi, di cui Atene ha disperatamente bisogno per restare a galla. Ieri è intervenuta pure la Bce, con il presidente Mario Draghi. “Vogliamo che Atene resti nell’Eurozona, ma occorre un’intesa forte”, ha fatto sapere Draghi, precisando che l’accordo dovrà produrre crescita, giustizia sociale esostenibilita' di bilancio. Draghi ha precisato che se vi sara' un’intesa, la Bce potrebbe aumentare il tetto alle emissioni a breve da parte della Grecia. Poi ha aggiunto: “se necessario, aumenteremo il programma di Quantitative Easing”.

3/6/2015

Si sono aperte oggi ufficialmente le Giornate Europee dello Sviluppo. 5000 partecipanti e 500 oratori stanno animando da questa mattina il forum, che proseguirà fino a domani.

Firmata in mattinata la partnership tra la Commissione Europea e la Bill & Melinda Gates Foundation. Bruxelles ha annunciato 23 milioni e mezzo di finanziamenti per Piattaforme Nazionali sulla Nutrizione, che permetteranno ai Paesi sottosviluppati di monitorare i progressi nella riduzione della denutrizione. L’obiettivo è ridurre a sette milioni -entro il 2025- il numero di bambini seriamente malnutriti. Ad aprire i lavori, i presidente di Commissione Europea ed Europarlamento, Juncker e Schulz. I due, secondo quanto abbiamo potuto verificare, si sono fittamente intrattenuti a parlare a margine del forum, con ogni probabilità degli sviluppi del caso Grecia, che stanno tenendo banco qui a Bruxelles. Nel discorso di apertura, Juncker ha ricordato che l’Europa ha degli obblighi negli aiuti allo sviluppo, ha osservato che ci sono stati progressi significativi, ma ha riconosciuto che c’è ancora molto da fare. Juncker ha definito inaccettabile il fatto che molti Paesi europei abbiano ridotto gli aiuti ai Paesi sottosviluppati. Juncker ha toccato anche il tema dei flussi migratori, affermando che Bruxelles non intende cambiare posizione sulla propria agenda, nonostante l’opposizione di alcuni Paesi. Da parte sua il presidente del Parlamento Europeo Martin Schulz ha evidenziato come il 2015 debba essere l’anno-chiave per l’Agenda dello Sviluppo.

2/6/2015

Ore probabilmente decisive per la Grecia: dopo che il Governo ellenico ha inviato le proprie proposte per un accordo definitivo, istituzioni e creditori stanno mettendo a punto la risposta.

La partita finale si gioca dunque su due documenti, prodotto finale di oltre quattro mesi di negoziati sulle montagne russe. Quello inviato da Syriza, che secondo alcune indiscrezioni conterrebbe sia l'obiettivo di un surplus primario per il 2015 allo 0,8%, sia tre alquote Iva al 6%, 11% e 23%. E la controproposta dei creditori, quasi finalizzata - che potrebbe assumere i contorni di un vero e proprio ultimatum. Prendere o lasciare, accettare o fare default, in sintesi, con pochi margini di trattativa. Da parte sua la Grecia si mostra spavalda: "non aspettiamo alcuna controproposta", fanno sapere da Atene - "siamo noi a sottoporre piani di intesa". Per Tsipras, la proposta ellenica è "realistica": Tsipras ha nuovamente invitato la leadership politica europea a prendere una decisione, in un evidente appello a spostare il timone di comando, togliendolo alle istituzioni finanziarie. Al di là delle schermaglie verbali, resta la preoccupazione a Bruxelles: "siamo ancora lontani da una soluzione", ha ammesso in un'intervista il presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem. Un accordo appare necessario: la scadenza del rimborso da 300 milioni di euro che la Grecia dovrà pagare venerdì all'Fmi è solo la prima rata di un maxi-pagamento da un miliardo e 600 milioni complessivi, da versare entro fine mese. Un peso insostenibile, per un Paese con le casse vuote. Colpi di scena non da escludere nelle prossime ore.

1/6/2015

In attesa di una soluzione politica: l'ennesima teleconferenza Tsipras-Merkel-Hollande, ieri sera, serve a costruire ponti verso una possibile soluzione da raggiungere entro venerdì, quando scade la rata del rimborso da circa 300 milioni all'Fmi, la prima di una serie di scadenze che potrebbero innescare il default ellenico.

Le certezze a questo punto sono poche: la prima è che Merkel e Hollande si vedranno oggi con il presidente della Commissione Europea Junckera Berlino: le indiscrezioni indicano proprio la cancelliera come il playmaker designato dei prossimi giorni, colei che dovrà forzare una soluzione quantomeno politica, in grado di fornire alla Grecia ossigeno finanziario per i mesi estivi. Parallelamente, e questa è l'altra certezza, proseguono i negoziati tecnici, ormai concentrati su tre aree: pensioni, lavoro e Iva. Tassello dopo tassello, si prova a trovare la quadratura del cerchio, ma -a quanto sembra- a rendere incolmable le distanze ci sono le richieste di istituzioni e creditori, per uno sforzo da oltre 3 miliardi di euro in misure fiscali, su cui Atene non vuole sentire ragioni. Dalle colonne di Le Monde Tsipras difende il suo operato e scrive, senza mezzi termini: "l'Europa è a un bivio". Poi chiede una soluzione politica alla crisi.

31/5/2015

C'è chi dice che le speranze greche siano ora tutte concentrate su Angela Merkel, e sul segnale politico che la cancelliera potrebbe lanciare per allontanare, almeno fino a settembre, lo spettro del default: sicuramente stasera -se ci sarà- la nuova teleconferenza Tsipras-Merkel-Hollande potrebbe fornire indicazioni importanti, alla vigilia di un mese nel quale Atene sarà con le spalle al muro.

Pagare o fallire. Le ultime notizie riferiscono di una bozza di intesa -chiusa ieri dallo staff tecnico greco- che Tsipras presenterà ai due leader. A Bruxelles intanto, dove i negoziati tecnici sono proseguiti oggi e continueranno verosimilmente anche domani, si starebbero registrando progressi su Iva e pensioni. Altre fonti parlano però di distanze ancora incolmabili sulle misure fiscali aggiuntive che istituzioni e creditori chiedono alla Grecia, pari a tre miliardi di euro. Richiesta respinta da Atene. Da parte sua, il premier ellenico Tsipras ha pubblicato un editoriale sul quotidiano francese Le Monde, nel quale difende il proprio operato: "se non siamo ancora arrivati ad un accordo con i nostri partner non e' a causa della nostra intransigenza. Ma a causa dell'ossessione di alcuni rappresentanti istituzionali, che insistono su soluzioni irragionevoli". Tsipras lancia un segnale chiaro, su chi dovrà sbrogliare la matassa: "la decisione è nelle mani dei leader europei". E rilancia: "l'Europa è a un bivio". Su Twitter intanto il Ministro delle Finanze Varoufakis smentisce le ennesime voci sulle sue presunte -imminenti- dimissioni.

30/5/2015

La pressione americana produce i primi effetti, facendo intravedere una flebile luce in fondo al tunnel di una crisi apparentemente senza fine: al G7 dei Ministri delle Finanze di Dresda il segretario al Tesoro statunitense Jack Lew chiede esplicitamente ad Atene e ai suoi creditori di trovare rapidamente un accordo generale, lasciandosi poi del tempo -anche alcuni mesi- per lavorare sui dettagli.

Lew è esplicito: arrivare all'ultimo minuto, dice, è solo un modo per andare incontro all'incidente - dove il termine automobilistico sottintende il crac del Paese e la sua uscita dall'euro. Il forcing di Washington, poche ore dopo parole analoghe dell'Fmi, pare aver smosso le incertezze europee: in serata una fonte diplomatica affermava che i partner europei sarebbero vicini ad un "accordo politico" per risolvere l'emergenza, per poi negoziare un'intesa piu' ampia -e a livello tecnico- dopo l'estate. La Germania sarebbe a favore di questo compromesso, purche' vengano difesi "alcuni principi minimi". Il Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble, presidente di turno del G7, in conferenza stampa si era mostrato critico verso l'ostentato ottimismo greco degli ultimi giorni, accusando Atene di non rispecchiare il vero status quo delle trattative. "La crisi è molto pesante", aggiungeva Schaeuble. Parole che non hanno scalfito l'ottimismo ellenico: se il Ministro delle Finanze Varoufakis rilanciava l'ipotesi di rimborsare la Bce facendosi finanziare dal Fondo salva-Stati Esm, quello dell'Economia Stathakis assicurava persino che Atene rimborsera' all'Fmi il prestito da 300 milioni il 5 giugno, evitando il default.

29/5/2015

Alla fine dell'ennesima -lunga- giornata gli unici a restare ottimisti sul felice esito dei negoziati già entro domenica restano i greci.

La crisi ellenica resta sulle montagne russe, tra alti e bassi che si susseguono: l'affondo più clamoroso lo lancia in serata il direttore dell'Fmi Christine Lagarde, che in un'intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung annuncia come "possibile" l'uscita di Atene dalla zona Euro. Ammette che non si tratterebbe di una passeggiata, ma "non significherebbe neppure la fine della moneta unica", precisa. E per chiarire il concetto, afferma di non vedere imminente la fine dei negoziati per sbloccare i nuovi prestiti. La Lagarde critica pure l'Europa, invitandola a muoversi per evitare il default. L'intervista è stata parzialmente smentita più tardi dallo stesso Fmi, che parla di parole "non riportate correttamente", anche se non viene precisato quale passaggio sia in discussione. Appare chiaro che il Fondo stia giocando una partita precisa: chiede ad Atene obiettivi di surplus primario più ambiziosi, riformando le pensioni, una invalicabile linea rossa per il Governo Tsipras. Che siano ore febbrili lo si capisce anche dalla teleconferenza Tsipras-Merkel-Hollande, durata un'ora. Pubblicamente la Grecia punta a un'intesa con istituzioni e creditori entro domenica, ipotesi supportata dalle dichiarazioni del Commissario all'Economia Moscovici, che parla di un 25% di lavoro che resta ancora da fare. Al 5 giugno, data del primo rimborso all'Fmi, manca solo una settimana. Le speranze sono tutte sul G7 delle Finanze di Dresda, che si apre oggi.

28/5/2015

"Un'uscita della Grecia dall'Euro è una possibilità. Non sarebbe una passeggiata, ma neppure la fine dell'Euro".

Il direttore del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde apre esplicitamente al default di Atene, a poche ore dall'inizio del G7 dei Ministri delle Finanze a Dresda, in una giornata vissuta ormai sulle montagne russe. La Lagarde vede nero: "è molto improbabile, che raggiungeremo nei prossimi giorni una soluzione globale". E incolpa il Governo di Atene, che negli ultimi giorni avrebbe nuovamente lanciato segnali poco incoraggianti. Così, proprio nel giorno in cui un greco si aggiudica il concorso per il disegno della moneta da due euro che celebrerà il trentennale della bandiera comunitaria, Atene si vede recapitare l'out out dal Fondo Monetario: "ci aspettiamo che la Grecia rispetti i suoi impegni. Perche' chi manca i pagamenti non potra' piu' avere accesso ai finanziamenti". Così aveva dichiarato un portavoce dell'Fmi prima dell'intervento della Lagarde: Washington continua comunque a premere per un'intesa il prima possibile. Il Fondo sarebbe in pressing sulla Grecia soprattutto per ottenere obiettivi di surplus primario più ambiziosi, anche e soprattutto intervenendo su un capitolo considerato taboo ad Atene. Quello delle pensioni. Il GovernoTsipras -da parte sua- punta esplicitamente ad un accordo con istituzioni e creditori per domenica, ottenendo l'appoggio verbale del Commissario all'Economia Pierre Moscovici, che vede ormai un 25% di nodi ancora da sbrogliare e fa sperare in una strada in discesa. La Bce invita a fare presto - "in assenza di un accordo rapido si rischia un effetto contagio", avverte Francoforte.

26/5/2015

"Pagheremo". Nell'infinita partita a scacchi in corso tra Grecia e creditori internazionali, il Ministro delle Finanze Yanis Varoufakis sposta un'altra pedina, provando un difficile scacco matto.

Atene pagherà la rata da 312 milioni di euro il prossimo 5 giugno all'Fmi. "Per allora, prevediamo sarà raggiunto l'accordo con i creditori", annuncia Varoufakis, illustrando due misure che dovrebbero risollevare le disastrate casse elleniche: una tassa sulle transazioni bancarie, attualmente allo studio insieme a un'ipotesi di prelievi sui depositi, e una sanatoria sui depositi occulti all'estero, che rientrerebbero dopo aver pagato imposte pari al 15%. L'ultima mossa greca è stata accolta con soddisfazione dal Governo tedesco: "ancora un segnale positivo", ha detto una fonte di Governo. Mentre il Commissario Europeo all'Economia Moscovici invitava Atene e i creditori ad accelerare: per l'Eurozona "sarebbe un grande problema se un Paese dovesse uscire" dalla moneta unica, ammetteva Moscovici da Dublino, riconoscendo che l'ultimo mese ha visto una decisa accelerazione nei negoziati. Giovedì i viceministri delle Finanze dell'Eurozona terranno una teleconferenza, per fare il punto sulle trattative tra Grecia e creditori. L'ultima novità, che arriva da fonti comunitarie, prevede un ulteriore ipotesi di salvagente per Atene: la proposta è quella di un unico pagamento all'Fmi, a giugno, anziché le quattro tranches previste. Il che significherebbe altri -preziosi- giorni per chiudere l'intesa.

25/5/2015

Parigi e Berlino: saranno le prime tappe dell'offensiva di David Cameron, per un'Europa riformata. Le due capitali europee saranno visitate dal premier britannico, fresco di rielezione, già nel corso di questa settimana, anche se il primo vero appuntamento è in programma già oggi - e su suolo inglese.

Cameron incontrerà nella sua residenza di campagna il presidente della Commissione Europea Juncker. Un incontro tra ex-nemici: Cameron è stato un dichiarato oppositore della nomina diJuncker alla guida dell'esecutivo comunitario. Un incontro comunque necessario: occorrerà in primis definire a livello tecnico lo svolgimento dei negoziati tra Europa e Gran Bretagna, e testare le rispettive linee rosse, in vista di un negoziato che si annuncia spinoso e complicato. "Sono fiducioso di strappare un accordo sulla riforma dell'Europa prima del referendum sull'appartenenza britannica all'Unione, che terremo entro fine 2017", ha dichiarato Cameron venerdì al summit di Riga. Cameron ha aggiunto di attendersi molti alti e bassi, nei mesi di negoziato in arrivo. Sicuramente i punti più spinosi riguarderanno il tema dell'immigrazione e quello del futuro politico dell'Unione Europea. Sul primo Londra cercherà di strappare un'intesa che limiti i diritti ai benefit sociali per i cittadini europei che emigrano in Gran Bretagna. Nel 2014 ne sono giunti Oltremanica 318mila in più, ormai siamo a livelli record. Anche per questo Cameron non disdegnerebbe il limitare in qualche modo la libertà di circolazione e stabilimento in Europa. Sul secondo punto Londra intende sbarrare la strada a qualsiasi ulteriore trasferimento di sovranità a Bruxelles. La partita è delicata: Cameron punta a strappare importanti concessioni, per poi sostenere il sì alla permanenza in Europa e vincere il referendum, placando al contempo le preoccupazioni del mondo del business e della City, contrario a un'uscita dall'Unione. Giovedì da Parigi e venerdì da Berlino capiremo che piega prenderà la partita.

23/5/2015

L'ottimismo resta, ma al momento c'è solo quello, a due settimane dalla data segnata in rosso sul calendario dell'Eurozona: la due giorni di Riga ha prodotto un lieve rasserenamento sul fronte della crisi greca - nella sintesi, si lavora ora per un'intesa sulle riforme entro inizio giugno, anche se è chiaro a tutti che resta ancora molto da fare.

Fonti elleniche hanno riferito con ottimismo sull'esito del faccia a faccia tra il premier Tsipras e il presidente della Commissione Juncker. "Ci sono stati progressi a livello tecnico, un'intesa su alcuni punti potrebbe arrivare a breve", hanno detto. Pure la tedesca Merkel e il francese Hollande hanno citato un clima costruttivo. Tuttavia, a Washington cominciano ad essere impazienti: il segretario al Tesoro americano, Jack Lew ha chiamato Tsipras per invitarlo a raggiungere rapidamente un accordo con i creditori internazionali. Anche il segretario generale dell'Fmi Lagarde ricorda che c'è ancora molto lavoro da fare. All'Fmi è legata la famosa data cerchiata in rosso: 5 giugno, quando Atene rischia di non avere i soldi per rimborsare 300 milioni di euro al Fondo. Ieri sera il ministro delle Finanze tedesco Schaeuble ha smentito di aver mai evocato la possibilita' che Atene adotti una valuta parallela accanto all'euro, se fallisse il negoziato. A Bruxelles i negoziati tecnici tra Grecia, istituzioni e creditori proseguiranno fino a domani, mentre Tsipras affronterà oggi l'ala più a sinistra di Syriza, già in assetto da guerra. La corsa contro il tempo prosegue: prossima tappa il G7 dei Ministri delle Finanze a Dresda, mercoledì.

22/5/2015

Ancora lavoro da fare, ma un'intesa stavolta potrebbe essere raggiunta entro l'inizio di giugno: il summit di Riga lascia in eredità discrete dosi di ottimismo, soprattutto dopo l'incontro tra il premier greco Alexis Tsipras e il presidente della Commissione Europea Juncker.

Fonti elleniche parlano di progressi a livello tecnico e di un'intesa -quantomeno su alcuni punti- attesa a breve. Anche se -viene riconosciuto- ci sono aree dove le posizioni restano distanti. Facile immaginare come i nodi più critici restino le le riforme su lavoro e pensioni. Non a caso proprio uno dei principali attori in gioco, il direttore dell'Fmi Christine Lagarde, parla di "molto lavoro da fare", con un approccio ampio e -sottolinea- non sbrigativo. Il prossimo rimborso da 300 milioni di euro, dovuto da Atene al Fondo il 5 giugno, rischia di provocare il default del Paese. A confondere le acque intanto ci ha pensato il Ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble: secondo quanto riferito dall'agenzia Bloomberg, Schaeuble avrebbe -in una recente riunione- evocato la possibilita' che Atene adotti una valuta parallela accanto all'euro, qualora dovesse fallire il negoziato. Da parte sua la cancelliera Merkel ha definito "costruttivo" l'incontro col premier greco Tsipras. Il francese Hollande, presente al meeting, ha chiesto alla Grecia di fornire maggiori informazioni sulle riforme. La corsa contro il tempo prosegue: prossima tappa il G7 dei Ministri delle Finanze a Dresda, mercoledì.

20/5/2015

E’ già in salita la strada del piano della Commissione Europea sull’immigrazione: negli ultimi giorni un numero crescente di Paesi ne ha contestato uno dei pilastri, il sistema delle quote per i richiedenti asilo.

Dopo l’opposizione britannica e i forti dubbi della Spagna, a segnare le ultime ore sono state due discese in campo rumorose. La prima qui a Strasburgo, da parte del controverso leader ungherese Viktor Orban, che all’Europarlamento ha definito “malsana” la proposta di Bruxelles: “le quote rappresentano un incentivo ai clandestini. Assurdo aprire le porte, i singoli Stati devono avere il diritto di difendere le proprie frontiere". Ben più dura da digerire per Bruxelles è stata l’inversione a U della Francia, che ha avuto il suo apice ieri con la presa di posizione del presidente Hollande: “no alle quote, sì alla distribuzione dei richiedenti asilo in Europa”, ha detto da Berlino, precisando: “occorre distinguere fra gli immigrati che arrivano per motivi economici e non possono restare, e i rifugiati che hanno diritto all'asilo politico". Il vicepresidente della Commissione Timmermans resta ottimista. L’Alto Rappresentante Mogherini vede invece margini di mediazione sul testo della Commissione. Stamattina il dibattito sull’immigrazione monopolizzerà la plenaria di Strasburgo: tra una settimana le proposte legislative della Commissione Europea.

17/5/2015

Tra allarmi e tatticismi politici, la Grecia fa un altro passo sulla strada del default: mentre proseguono a porte chiuse i negoziati a livello europeo, tra il BrusselsGroup, i creditori e le autorità elleniche, alcune dichiarazioni alzano il livello di tensione.

Il premier ellenico Alexis Tsipras ha ribadito l'intenzione di non tagliare salari e pensioni. "L'avvicinarsi delle scadenze non ci farà indietreggiare dalle nostre linee rosse", ha detto Tsipras, dopo che il Ministro dell'Economia Varoufakis aveva garantito che proprio stipendi pubblici e pensioni saranno regolarmente pagati. Dietro le quinte, si lavora freneticamente: il quotidiano Kathimerini rivela che ieri sera Atene doveva inviare l'ultima proposta di accordo negoziale, per colmare le distanze con l'Europa. Stando al giornale, le aree dove si registrano i maggiori disaccordi sono le previsioni macroeconomiche, i target fiscali, le nuove misure da implementare, le riforme del mercato del lavoro e i tagli alle pensioni. Proprio questi ultimi due punti appaiono come i più spinosi. Dalla Bce arriva l'allarme: secondo il membro del board Yves Mersch, "con Atene siamo arrivati alla fine del gioco. La situazione è grave". L'agenzia Fitch conferma il rating-Paese a livello spazzatura, e avverte: "il default ora è una possibilità reale". Il tutto mentre la tv ingleseChannel 4 rivela: Atene potrebbe non onorare la rata di giugno che deve all'Fmi, senza un accordo preventivo con i creditori.

16/5/2015

"Mario Draghi ha ragione": dopo aver nominato il presidente della Bce persona dell'anno tre anni fa, il Financial Times offre il suo esplicito endorsement a Draghi nell'edizione del weekend, sostenendo che il numero 1 di Francoforte fa bene a rimanere severo, e tenere il rubinetto monetario aperto.

Perchè, sostiene il quotidiano della City, più che gli elevati prezzi dei beni, è l'elevata disoccupazione a porre il rischio maggiore. Promosso il Quantitative Easing: "sta funzionando bene in Europa, qualunque siano i presunti effetti collaterali", scrive il giornale. Sullo sfondo, resta la crisi greca, col Paese ellenico tenuto a galla nei fatti solo dai finanziamenti di emergenza concessi da Francoforte alle sue banche: la tv inglese Channel 4 ipotizza che Atene non potrà onorare la rata di giugno che deve all'Fmi, senza un accordo preventivo con i creditori. Il Ministro dell'Economia ellenico Varoufakis assicura che stipendi pubblici e pensioni saranno regolarmente pagati, ribadendo che la Grecia non darà l'ok a misure inaccettabili, solo per trovare un'intesa coi creditori. E se Fitch conferma il rating dei titoli greci a livello spazzatura, il membro del board Bce Mersch avverte: "con Atene siamo arrivati alla fine del gioco. La situazione è grave".

18/5/2015

"Sì, lo voglio": l'Europa ha vissuto una prima assoluta venerdì, quando il 42enne premier lussemburghese Xavier Bettel ha sposato il compagno Gauthier Destenay, un architetto belga con il quale aveva già contratto una unione civile.

Una prima assoluta, perché Bettel è il primo leader dell'Unione Europea a contrarre un matrimonio omosessuale, e il secondo nell'Europa geograficamente intesa - dopo la premier islandese. Il matrimonio è stato celebrato nel municipio della città di Lussemburgo dal sindaco Lydie Polfer. La notizia ha suscitato vasto interesse, anche per il contesto da cui proviene: il piccolo Granducato di Lussemburgo, incastonato tra Belgio, Francia e Germania, è considerato come un Paese di forti tradizioni cattoliche. Tuttavia, proprio l'anno scorso ha approvato una legge che autorizza i matrimoni tra cittadini dello stesso sesso, entrata poi in vigore quest'anno. Legge che ha posto -inaspettatamente- il Lussemburgo all'avanguardia in Europa, per i diritti civili. E' a quel punto che il compagno di Bettel gli ha chiesto di sposarlo. Lui -secondo quanto ha poi riferito- gli ha risposto di sì. "Avrei potuto reprimere la mia natura e restare infelice tutta la vita. Avrei potuto avere una moglie, mantenendo i rapporti omosessuali segreti. Ma se vuoi essere un politico, se vuoi essere onesto in politica, devi essere onesto anche con te stesso, e accettarti per come sei", ha affermato Bettel alla vigilia delle nozze. Bettel appartiene al Partito Democratico, di estrazione liberale, e fino ad ora era noto all'estero soprattutto per aver chiuso il lunghissimo periodo di regno di Jean-Claude Juncker, premier lussemburghese per ben 18 anni. Per una strana coincidenza, tra quattro giorni un altro Paese europeo a forte tradizione cattolica, l'Irlanda, terrà un referendum per rendere legali i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Tutti i maggiori partiti politici irlandesi sono schierati per il sì. Scontato il "no" della Chiesa Cattolica, in un Paese dove l'omossesualità è stata considerata illegale fino a 22 anni fa.

13/5/2015

E' un'Europa a macchia di leopardo, quella che emerge dagli ultimi dati economici: l'Eurozona ha visto crescere il proprio Pil dello 0,4% nel primo trimestre dell'anno, grazie soprattutto all'inaspettata performance della Francia, il cui Prodotto Interno Lordo ha fatto segnare un +0,6%.

L'altra sorpresa è stato il rallentamento della crescita in Germania, calata al +0,3%, mentre la situazione si fa preoccupante in Grecia: Atene ha fatto registrare un calo del Pil pari allo 0,2%, dato che va di pari passo con i pesanti problemi di liquidità che stanno accompagnando il Paese sull'orlo del default. E sul fronte delle raccomandazioni per Paese, Bruxelles ha dato tempo a Parigi fino al 10 giugno, per dimostrare di aver implementato le misure necessarie a mettersi in regola sul fronte dei conti pubblici. La Francia -lo ricordiamo- è sotto procedura per deficit eccessivo. Bacchettata anche alla Gran Bretagna, accusata di aver fatto poco o nulla per migliorare il disavanzo nei conti - Londra ha comunque ottenuto due anni in più per correggere il deficit, mentre per la Finlandia è in vista una procedura per deficit e debito eccessivo. Alla Germania l'ennesimo avvertimento: Berlino aumenti i propri investimenti.

12/5/2015

L'emergenza ora è di liquidità: la Grecia ha dovuto attingere alle sue riserve presso il Fondo Monetario Internazionale, per poter pagare il rimborso allo stesso Fmi.

Sembrerà paradossale, ma questo è quanto successo nelle ultime ore, quando l'orologio sembra aver iniziato l'ultimo giro, prima di un inevitabile default ellenico. All'ultimo Eurogruppo il Ministro delle Finanze Varoufakis stimava in due settimane il tempo ancora a disposizione per evitare il peggio: la dimostrazione più plastica è stata il prelievo di 650 milioni delle riserve detenute da Atene presso il Fondo, per pagare la quasi totalità dei 750 milioni poi rimborsati allo stesso Fmi. Il tutto mentre il Governo Tsipras ha rastrellato liquidità per 600 milioni dagli enti pubblici, per coprire le esigenze di cassa a breve termine. Da parte sua la Banca Centrale Europea ha alzato a 80 miliardi di euro il tetto della liquidita' di emergenza disponibile per le banche elleniche, dopo una conference call del Consiglio. I governatori avrebbero parlato anche dell'ipotesi di un ulteriore 'haircut' sui titoli a garanzia dei prestiti, decidendo contro una stretta. Sullo sfondo di questa situazione, e dopo il -moderatamente positivo- Eurogruppo di lunedì, la parola d'ordine è "accelerare", per trovare un'intesa che sblocchi l'ultima tranche di prestiti internazionali, restituendo ossigeno alle disastrate casse pubbliche.

12/5/2015

Lo spartito cambia, ma è ancora presto per suonare la marcia trionfale. Dopo gli stracci volati a fine aprile a Riga, Grecia ed Europa tornano in carreggiata, anche se l'intesa non appare imminente.

Il Ministro delle Finanze Varoufakis, messo a margine del ponte di comando negoziale, ha rivendicato a fine summit che l'accordo per gli aiuti alla Grecia "si sta avvicinando", e che con i partner europei c'e' "notevole convergenza". Varoufakis ha aggiunto che un referendum sulle riforme "non e' nell'orizzonte" del Governo ellenico, nonostante uno sfinito Wolfgang Schaeuble, stanco dei tira e molla ellenici, avesse già dato la sua benedizione. In serata tocca al Commissario all'Economia Moscovici fare un po' di luce nella nebbia negoziale: "c'è un avvicinamento sulle riforme dell'Iva e sulla creazione di un'agenzia indipendente per la gestione delle entrate". Per Moscovici restano però divergenze in primis su riforma delle pensioni e del mercato del lavoro. Sul punto delle pensioni Varoufakis ha replicato con una stilettata: "tagliare semplicemente le pensioni non è una riforma". In generale, le istituzioni europee hanno tenuto a rassicurare su pochi -essenziali- punti: le trattative con Atene stanno accelerando, il quadro è migliorato; i soldi saranno sbloccati solo a condizione di un'intesa complessiva; le autorità greche hanno assicurato che terranno fede a tutti i pagamenti in calendario. Il primo proprio oggi: 756 milioni al Fondo Monetario Internazionale. Più tardi Varoufakis ammetterà: "il problema di liquidità è terribilmente urgente". Per il Ministro delle Finanze ellenico occorre trovare un'intesa con l'Europa entro due settimane.

11/5/2015

Ancora un summit di transizione dunque, sulla Grecia, con i Ministri dell'Eurogruppo che hanno accolto con favore i progressi di Atene sugli impegni per le riforme, ma hanno chiesto al Governo greco uno sforzo ulteriore, prima dello sblocco della nuova tranche di prestiti.

Questo lo stato delle cose, secondo quanto riferito da fonti europee. A quanto abbiamo appreso l'Eurogruppo sarebbe terminato proprio pochi minuti fa, a breve dunque la conferenza stampa. Nel frattempo il Ministro delle Finanze ellenico Yanis Varoufakis ha garantito che Atene pagherà regolarmente il rimborso del prestito al Fondo Monetario Internazionale, domani, per un importo pari a poco meno di 800 milioni di dollari. Varoufakis ha aggiunto di aspettarsi un buon meeting dall'Eurogruppo, prologo necessario a un'intesa definitiva nei prossimi giorni. E se il vicepresidente della Commissione Dombrovskis ha notato che "c'è ancora molto lavoro da fare", il Ministro dell'Economia Padoan ha confermato: durante la riunione dell'Eurogruppo occorre aspettarsi solo passi avanti, non conclusioni. Da parte sua il Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble si è detto d'accordo sull'ipotesi del varo di un referendum del Governo greco, in merito all'intesa che sarà trovata in sede di Eurogruppo: "se Atene vuole fare un referendum, lo faccia, magari potrebbe essere la misura giusta lasciar decidere i greci, e capire se sono pronti ad accettare cio' che e' necessario, o se vogliono altro", ha detto Schaeuble.

9/5/2015

George Osborne confermato Ministro delle Finanze, Philip Hammond non si muove dagli Esteri, così come Theresa May resta all’Interno, mentre Michael Fallon sarà Ministro della Difesa.

La squadra di Governo del secondo esecutivo Cameron riparte da questi quattro nomi, resi noti ieri sera via Twitter, poche ore dopo il più inaspettato dei trionfi elettorali. Quando anche l’ultimo collegio è stato scrutinato, Cameron si è ritrovato con 331 seggi, cinque sopra la maggioranza assoluta – pienamente titolato a formare un Governo monocolore. Una vittoria risicata non garantisce cinque anni di serena governabilità, ma per il momento va bene così. Dopo il rituale colloquio con la Regina, Cameron annuncia l’intenzione di formare il suo secondo esecutivo, per rendere la Gran Bretagna -dice- “ancora più grande”. Poi sintetizza il suo programma quinquennale, focalizzandosi in particolare sulla necessità di mantenere il Paese unito, soprattutto alla luce del trionfo dei nazionalisti scozzesi, al di là del vallo di Adriano. A loro garantisce che la devolution di poteri si farà, così come promesso prima del referendum sull’indipendenza. Confermato pure il referendum sul dentro o fuori dall’Europa, in calendario fra due anni. Cameron ha ricevuto le congratulazioni di Matteo Renzi, al quale ha promesso di lavorare assieme su Europa e immigrazione. La vittoria dei Conservatori ha azzerato la quasi totalità del quadro politico britannico: uno dopo l’altro, si sono dimessi il leader libdem Nick Clegg, quello dello UKIP Nigel Farage, fino a quello laburista – Ed Miliband.

8/5/2015

“Una Gran Bretagna ancora più grande”: David Cameron torna al lavoro poche ore dopo una delle più sorprendenti elezioni nella storia nazionale. E guarda avanti.

Smentendo ogni previsione della vigilia, i Conservatori formano un Governo monocolore, grazie ai 331 seggi ottenuti a Westminster. Una manciata sopra la maggioranza assoluta, il che lascia aperte molte domande sugli ostacoli e i rischi che questo secondo esecutivo Cameron troverà sulla propria strada nei prossimianni… ma -a urne chiuse- c’è solo spazio per i festeggiamenti. Nel suo breve discorso davanti a Downing Street, subito dopo aver incontrato la Regina, Cameron si è concentrato su pochi -strategici- messaggi: in primis, il suo impegno per un Paese unito, alla luce anche dello straordinario successo dei nazionalisti scozzesi, che hanno fatto man bassa di seggi a Edinburgo. Cameron ha promesso la piena implementazione della devolution di poteri. Non solo: ha confermato il referendum sull’Europa, le promesse sull’occupazione e sul sostegno alle famiglie, il taglio delle tasse e il diritto alla casa. Cameron ha già confermato George Osborne Ministro delle Finanze e ha ricevuto le congratulazioni di Matteo Renzi, al quale ha promesso di lavorare assieme su Europa e immigrazione. La vittoria dei Conservatori ha azzerato la quasi totalità del quadro politico britannico: uno dopo l’altro, si sono dimessi il leader libdem Nick Clegg, quello dello UKIP Nigel Farage, fino a quello laburista – Ed Miliband.

8/5/2015

Anche l’ultimo seggio -dichiarato solo mezz’ora fa- è andato ad arricchire il bottino elettorale dei conservatori, che hanno ora la certezza di poter contare su 331 deputati nella prossima legislatura a Westminster.

Cinque sopra la maggioranza assoluta, un margine risicato ma sufficiente a formare un Governo monocolore, smentendo tutti i sondaggi delle ultime settimane. Lo avete appena ascoltato, il premier David Cameron ha annunciato nel primo pomeriggio di essere intenzionato a formare il nuovo esecutivo, dopo il tradizionale colloquio con la Regina. Cameron ha puntato l’accento del suo breve annuncio di fronte a Downing Street sul fattore-Scozia: davanti al trionfo dei nazionalisti scozzesi, forti di ben 56 seggi a Westmintser, il premier ha ribadito la promessa di una piena devolution di poteri aEdinburgo, ma ha sottolineato l’importanza dell’unità del Paese, quasi a spazzar via i timori di un nuovo referendum indipendentista. Le elezioni hanno sconvolto il panorama politico britannico: si è dimesso da leader laburista Ed Miliband – solo 232 seggi, si è dimesso il leader libdem Nick Clegg, il cui partito è stato annichilito, e si è dimesso -ma mai dire mai- anche l’eccentrico leader dello Ukip Nigel Farage.

8/5/2015

Il leader conservatore David Cameron è dunque il vincitore della competizione elettorale in Gran Bretagna. Nell’ultima ora i Tories hanno preso il volo anche nei seggi ufficiali, staccando nettamente i Labour. Cameron e’ rientrato proprio in questi minuti in auto a Londra, dopo aver riconquistato agevolmente il proprio seggio di parlamentare a Witney.

Cameron ha definito quella di oggi come una notte molto importante per il partito conservatore, e ha già confermato che il referendum sull’Europa si farà. La speranza ora per i Tories è di conquistare la maggioranza assoluta a Westminster, che -stando agli exit polls- è a soli dieci seggi. I Laburisti di Ed Miliband sono dati a 239 seggi, persino in calo rispetto a cinque anni fa, un dato che lo stesso Miliband ha definito “deludente”. Indiscrezioni parlano di sue dimissioni da leader laburista entro l’ora di pranzo. Elezioni da dimenticare per Nick Clegg, leader dei liberaldemocratici, partner di coalizione di Cameron: solo dieci i seggi pronosticati, in drammatico calo dai 57 del 2010. Clegg ha definito quella odierna come una notte “crudele e punitiva”. Stravincono i nazionalisti scozzesi, che hanno conquistato quasi tutti i seggi a nord del Vallo di Adriano, diventando il terzo partito a Westminster, e spazzando via i laburisti dalla Scozia: previste forti turbolenze tra un Governo conservatore a Londra e una Edinburgo a tinte SNP. Gli indipendentisti di Nigel Farage prendono il 12% dei voti, ma non superano i 2 deputati in Parlamento.

7/5/2015

Solo quattro ore al momento in cui la Gran Bretagna conoscerà i risultati dell’elezione più incerta della sua storia recente. L’attesa è straordinariamente alta, anche se il quadro complessivo del nuovo Parlamento potrebbe restare imperscrutabile fino allo spoglio degli ultimi collegi, domani all’alba.

Gli ultimi sondaggi davano conservatori e laburisti testa a testa, con il partito di David Cameron in leggero vantaggio in termini di seggi. Il vero dilemma resta quello delle alleanze: basterà la stampella dei libdem, dati in forte calo rispetto alle ultime elezioni, od occorrerà ricorrere -ma solo nel caso dei laburisti- ai temuti nazionalisti scozzesi? Per lo UKIP di Nigel Farage queste elezioni possono rivelarsi il canto del cigno – lo stesso Farage, se non eletto in Parlamento, si dimetterà. Tra le questioni che hanno dominato la campagna elettorale c’è quella della possibile uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Abbiamo chiesto a Mark Boleat, presidente del comitato politico della City of London, qual è il feeling delle aziende della City al riguardo: L’industria del business e finanziaria non è impaurita dall’ipotesi di una Brexit: riconosce il rischio, ma lo quantifica come basso. E in ogni caso, se si verificasse questa possibilità, la finanza è già pronta a considerare ipotesi alternative. La sensazione del mondo finanziario è che comunque la Gran Bretagna resterà in Europa. Diciamo che -al momento- si limita a tenere conto del rischio.

7/5/2015

Aprono alle 7 ora locale, le 8 in Italia, i seggi per le elezioni britanniche: oltre 45 milioni gli elettori chiamati alle urne. Risultato apertissimo.

La Gran Bretagna vota oggi per una delle elezioni più incerte della sua storia: la campagna elettorale si è conclusa ieri nel centronord del Paese, con una puntata in Scozia, per spuntare voti preziosi nei collegi più in bilico. Tutti i sondaggi sono concordi nel rilevare un testa a testa fra i Conservatori del premier David Cameron e i laburisti dello sfidante Ed Miliband, attestati fra il 33 e il 35%. I conservatori conserverebbero un leggero vantaggio anche nel numero dei seggi in parlamento, insufficiente però a garantire loro una maggioranza assoluta. Decisivi saranno i seggi degli altri partiti: tutti gli occhi sono puntati sui liberaldemocratici di NickClegg, già partner di coalizione di Cameron, che puntano ad avere almeno una trentina di deputati. Anche se -ironia della storia- il vero jolly potrebbero rivelarsi i nazionalisti scozzesi, che grazie al sistema di voto si porterebbero a casa una cinquantina di seggi, con il 3% dei consensi a livello nazionale, azzerando i laburisti al di là del vallo di Adriano. Cameron ieri ha optato per un messaggio tradizionale, di fiducia verso il completamento del lavoro avviato cinque anni fa, mentre Miliband ha puntato su un messaggio di classe, a favore dei lavoratori e contro le elites. Quasi tutte le prime pagine dei quotidiani oggi in edicola sottolineano l’assoluta incertezza, col Times che si spinge a ipotizzare persino un intervento della Regina, per sbloccare lo stallo post-elettorale.

5/5/2015

"L'economia europea sta godendo della primavera piu' brillante da diversi anni", ma "si deve fare di piu' per assicurare che questa ripresa non sia solo un fenomeno stagionale". Così il Commissario agli Affari Economici Pierre Moscovici. Sull'Italia resta aperto il caso-pensioni.

"L'Italia dirà come compensare": il Commissario agli Affari Economici Pierre Moscovici commenta così, nel giorno delle previsioni di primavera, la vicenda del rischio-buco nei conti pubblici, emersa dopo la sentenza della Consulta. "E' competenza delle autorita' italiane dire quali sono le misure che intendono prendere per compensare le perdite, e garantire che l'Italia resti nella pista prevista del Patto di stabilita", ha dichiarato Moscovici, che ha sottolineato come per Roma "la sfida maggiore sia l'elevato debito, con la crescita che resta debole". Sul tema pensioni il Ministro dell'Economia Padoan, in audizione al Senato, prova a rassicurare: "lavoriamo per avere una soluzione rispettosa dei giudici, che al tempo stesso minimizzi i costi per la finanza pubblica, che innegabilmente ci sono". Padoan esclude, almeno per ora, il rischio di una nuova manovra per colmare il buco. Sul fronte dei numeri, Bruxelles conferma la crescita italiana al +0,6% quest'anno, rivedendo al rialzo di un decimale le stime per il prossimo, ora all'1,4%. Deficit sotto quota 3% - a bocce ferme. Il problema sta piuttosto nel tasso di crescita: nel 2015 la Penisola in Europa crescerà di un terzo, rispetto alla media dell'Eurozona, dove peggio di noi fanno solo Cipro, Finlandia e Grecia. Atene continua a restare la pecora nera dell'Euro: i tira e molla negoziali degli ultimi quattro mesi hanno portato a una drastica revisione al ribasso delle stime di crescita per quest'anno, ora a +0,5%. Un quinto, rispetto a quanto previsto pochi mesi fa.

4/5/2015

Meno tre giorni al voto britannico: tra i temi che infiammano la campagna elettorale, anche quello sull'appartenenza all'Unione Europea.

L'Europa protagonista dell'ultimo weekend di campagna elettorale per le elezioni britanniche, in programma giovedì: il premier David Cameron ha ribadito che non guiderà un Governo senza garantire un referendum sull'appartenenza all'Unione Europea, referendum che lui stesso ha messo in calendario tra due anni. Le ultime ore hanno portato un'apertura dei liberaldemocratici di Nick Clegg, tradizionalmente molto più filoeuropeisti: Clegg non ha escluso un bis della coalizione con iTories, anche a costo del referendum sull'Europa. "Ma le nostre linee rosse politiche verranno prima", ha promesso. Ad opporsi al referendum britannico sul dentro o fuori dall'Europa restano i laburisti di Ed Miliband, forti anche del terrore che una simile eventualità sta seminando nel mondo produttivo e della finanza, mentre l'euroscettico Nigel Farage si pone come spina nel fianco di Cameron, sostenendo la linea dura dell'uscita senza se e senza ma dall'Unione. I sondaggi domenicali hanno aumentato l'incertezza: conservatori e laburisti sono appaiati fra il 33 e 34%, gli euroscettici al 13 e i liberaldemocratici all'8%. Ma si tratta di percentuali vuote, col sistema uninominale britannico. Già è chiaro che il tandem conservatori-libdem rischia un impossibile matrimonio con Farage, mentre Miliband potrebbe non avere scelta - e varare un esecutivo sotto il giogo dei nazionalisti scozzesi.

4/5/2015

L'Italia torna questa settimana sotto la lente dell'Europa, con le previsioni economiche di primavera, che la Commissione diffonderà domani. Nessuna sorpresa, stando alle poche indiscrezioni che circolano: la Penisola dovrebbe avere l'ok da Bruxelles sulla clausola di flessibilità legata alle riforme - un minitesoretto da quasi sette miliardi, pari allo 0,4% del Pil.

Questo sul fronte delle notizie positive: quelle negative sono fresche, e sono collegate alla sentenza della Consulta sulle pensioni, che rischia di aprire una voragine superiore, tra gli 8 e i 10 miliardi. Potenzialmente in grado dunque di annullare gli effetti benefici della flessibilità. Difficilmente Bruxelles lo espliciterà nelle sue previsioni, ma occorrerà tenerne conto, negli obiettivi su deficit e debito. Il quadro macroeconomico appare virare sul "sereno": la Bce a metà aprile ha portato all'1,4% la previsione di crescita del Pil nell'Eurozona. Questo potrebbe riflettersi in leggeri incrementi sulle previsioni di crescita dei singoli Paesi. L'Italia parte dal +0,6% stimato a febbraio. Sul fronte delle potenziali turbolenze, permane quella legata alla Grecia: l'intenso negoziato col BrusselsGroup -andato avanti per tutto il weekend- proseguirà a oltranza pure oggi: le indiscrezioni parlano di progressi su alcune aree controverse, ma Atene -nonostante l'emarginazione di Varoufakis dal ponte di comando negoziale- resta salda su alcune linee rosse. Tra otto giorni la data-chiave del rimborso di 700 milioni all'Fmi: le casse greche intanto languono.

2/5/2015

A Berlino cade un tabù. Ispiratore è addirittura il presidente tedesco Joachim Gauck, che in un'intervista al quotidiano Sueddeutsche Zeitung apre a sorpresa all'ipotesi di riparazione dei danni di guerra tedeschi in Grecia: "noi non siamo solo il popolo che abita oggi la Germania, ma siamo anche i discendenti di coloro, che nella Seconda Guerra Mondiale hanno portato distruzione in Europa, anche in Grecia.

E' quindi giusto prendere in considerazione quali possibilità di riparazione ci possono essere", ha lasciato trapelare Gauck nell'intervista, cercando di non sottolineare troppo le differenze con il Governo di Angela Merkel. La quale -al contrario- non vuole sentir parlare di riparazioni dei danni di guerra. Gauck ha però aggiunto di seguire con interesse la discussione sulle diverse proposte in campo, per ipotizzare un qualche tipo di riparazione. Solo un mese fa il Governo Tsipras aveva quantificato in ben 278 miliardi i danni causati alla Grecia dalla Germania nell'ultimo conflitto mondiale. Una cifra che basterebbe a risolvere abbondantemente i problemi finanziari e di liquidità ad Atene. Ma sulla quale ovviamente Berlino non intende trattare. Il tutto mentre proseguono a oltranza le trattative del Brussels Group con il nuovo team di negoziatori ellenici, per arrivare a un accordo che sblocchi i nuovi prestiti. Al momento la vera partita si gioca tutta lì.

25/4/2015

Ultimo avviso per Atene. Se c'è un segnale chiaro lanciato ieri all'Eurogruppo informale di Riga, è che la pazienza appare davvero esaurita, fra i Ministri economici dell'Eurozona.

Al di là delle plumbee dichiarazioni ufficiali, indiscrezioni di stampa raccontano di una riunione a dir poco tempestosa: tutti contro il Ministro delle Finanze ellenico Varoufakis, che sarebbe stato accusato di essere un perditempo, un giocatore d'azzardo e un dilettante. Indiscrezioni che danno il senso dell'altissima tensione che si vive ormai sul caso-Grecia. "E' stata una discussione molto critica", ha ammesso il presidente dell'Eurogruppo Dijssebloem, smentendo categoricamente l'ipotesi che l'Europa possa anticipare una parte dei prestiti necessari a evitare il default ellenico, in cambio di una lista di riforme parziale - "l'accordo deve essere globale", ha chiarito Dijsselbloem. Anche il presidente della Bce Draghi ha spalleggiato la maggioranza: "il tempo sta finendo, la rapidita' e' essenziale", ha detto, aggiungendo che "la liquidita' d'emergenzasara' fornita fino a che le banche greche saranno solvibili, ma vista l'attuale fragilita' della situazione la Bce potrebbe dover tornare indietro". Da parte sua, l'"imputato" Varoufakis ha elencato i punti di disaccordo con Bruxelles: tagli alle pensioni, che il Governo greco non ritiene utili; moratoria sulla confisca delle prime case, che per l'esecutivo creerebbe nuovi poveri; avanzo primario. Prossima tappa del calvario greco l'Eurogruppo dell'11 maggio, alla vigilia di un altro rimborso ellenico all'Fmi.

24/4/2015

La pazienza pare davvero esaurita, fra i Ministri economici dell'Eurozona, arrivati a quello che doveva essere l'appuntamento cruciale -l'Eurogruppo di Riga- con un pugno di mosche in mano.

O quasi. Al di là delle dichiarazioni ufficiali, indiscrezioni di stampa raccontano di una riunione tempestosa, tutti contro il Ministro delle Finanze ellenico, l'eccentrico Yanis Varoufakis, che sarebbe stato accusato di essere un perditempo, un giocatore d'azzardo e un dilettante. Indiscrezioni che danno il senso dell'altissima tensione che si vive ormai sul caso-Grecia. "E' stata una discussione molto critica, che ha mostrato un grande senso di urgenza all'interno della stanza", ha ammesso il presidente dell'Eurogruppo Dijssebloem, smentendo categoricamente l'ipotesi che l'Europa possa anticipare una parte dei prestiti necessari a evitare il default ellenico, in cambio di una lista di riforme almeno parziale - "l'accordo deve essere globale", ha chiarito Dijsselbloem. Anche il presidente della Bce Draghi ha spalleggiato la maggioranza: "il tempo sta finendo, la rapidita' e' essenziale", ha detto, aggiungendo che "la liquidita' d'emergenza sara' fornita fino a che le banche greche saranno solvibili, ma vista l'attuale fragilita' della situazione la Bce potrebbe dover tornare indietro". Anche il pontiere Moscovici ammette: "con Atene ci siamo avvicinati su alcuni fronti, su altri siamo lontani, e siamo lontani da un'intesa globale". Da parte sua, l'"imputato" Varoufakis ha elencato i punti di disaccordo con Bruxelles: tagli alle pensioni, che il Governo greco non ritiene utili; moratoria sulla confisca delle prime case, che per l'esecutivo creerebbe nuovi poveri; avanzo primario. Prossima tappa del calvariogrecol'Eurogruppo dell'11 maggio. In attesa del miracolo.

23/4/2015

Si riparte da dieci. Dieci come i punti proposti lunedì dalla Commissione Europea, per fronteggiare l'emergenza immigrazione. Suona paradossale e anche un po' ipocrita, che gli stessi Paesi europei che sei giorni fa -sei- concordavano di non essere assolutamente d'accordo sul rafforzamento delle operazioni marittime nel Mediterraneo, neppure una settimana dopo si sbraccino per dimostrare solidarietà e determinazione nel fronteggiare la crisi.

Tra gli Stati "non c'è la volontà collettiva di un'azione marittima più forte", ammetteva venerdì una fonte comunitaria. Sei giorni dopo il quadro è radicalmente cambiato: nel mezzo, una catastrofe umanitaria, con centinaia di migranti morti intrappolati nella stiva di un peschereccio, a poche miglia dalle coste libiche. Nel mare dell'ipocrisia europea sono sguazzati per anni i pescecani ingrassatisi col traffico di uomini: finalmente ora ci sono anche loro nel mirino della reazione comunitaria, che potrebbe spingersi fino ad azioni militari contro i barconi. Senza dimenticare l'auspicato raddoppio delle risorse per Triton, obiettivo minimo per non trasformare il vertice odierno in un clamoroso boomerang di immagine per l'Europa. Su questo punto non dovrebbero esserci problemi, ma non può essere l'unica risposta, a fronte di un dramma di tale portata. Un punto-chiave sarà quello della ripartizione dei rifugiati tra i Paesi europei - che finirebbe per portare alla revisione del regolamento di Dublino. A parte l'Italia e i Paesi della sponda Sud del Mediterraneo, a parte Germania e Svezia, storicamente accoglienti... come si muoveranno altri Paesi, ad esempio la Gran Bretagna -in piena campagna elettorale- di fronte all'ipotesi di una più equa ripartizione dei flussi in arrivo? Proprio ora che i partiti xenofobi ed euroscettici minacciano da destra gli schieramenti conservatori? E' probabilmente utopistico ritenere che l'Europa oggi trovi la ricetta su una politica comune di immigrazione inseguita -senza voglia alcuna- per anni. Sarebbe però quantomeno auspicabile l'inizio di un serio percorso in quella direzione. E' tempo che si getti la maschera, su drammi come questo.

21/4/2015

Un piano in dieci punti per affrontare l'emergenza immigrazione. L'Europa, per bocca del Commissario Avramopoulos, tampona le falle provocate dalla sua stessa colpevole inerzia, attraverso la proposta della Commissione Europea, che dovrà passare ora al vaglio del vertice straordinario dei 28 leader comunitari, convocato per dopodomani.

Tra le proposte salienti e più interessanti, il potenziamento delle missioni nel Mediterraneo, in primis Triton, sia dal punto di vista dei fondi che delle risorse. Indiscrezioni parlano di un raddoppio dei fondi, che per Triton passerebbero a sei milioni mensili. Novità importante l'ipotesi di operazioni militari di ricerca e distruzione dei barconi usati dai trafficanti, per le quali l'Europa chiederà un mandato Onu. Anche le agenzie europee coinvolte nella crisi migratoria, come Frontexed Europol, lavoreranno in stretto coordinamento, mentre Italia e Grecia saranno aiutate nelle procedure di richiesta asilo. "Da oggi abbiamo un nuovo livello di consapevolezza sull'immigrazione", ha commentato a chiusura del summit congiunto dei Ministri degli Esteri e dell'Interno l'Alto Rappresentante Federica Mogherini. Poche ore prima era stato il presidente del Consiglio Europeo Tusk -su pressione italiana- a ufficializzare il vertice straordinario di giovedì, dal quale ha detto di aspettarsi azioni immediate, con contributi diretti da parte dei Paesi comunitari. Probabile un via libera al piano d'emergenza della Commissione. Ma per una vera politica comune di immigrazione, che includa la revisione del regolamento di Dublino sull'asilo, occorrerà molto più tempo.

20/4/2015

"Mi aspetto che la Commissione Europea e il Servizio di Azione Esterna presenteranno opzioni per un'azione immediata. E mi aspetto che gli Stati membri contribuiscano immediatamente.

La situazione nel Mediterraneo riguarda non solo i Paesi del Nordafrica, ma tutta l'Europa": il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk raccoglie l'invito pressante del premier Matteo Renzi, per una convocazione urgente di un summit comunitario, calendarizzato per giovedì. Nella lettera di invito, Tusk delinea quattro assi di intervento, tra i quali spiccano l'aiuto ai Paesi del sud Europa, un maggiore sforzo nel salvare vite umane, e la lotta ai trafficanti di uomini. La tragedia del weekendha polverizzato come per incanto divisioni che apparivano insanabili solo venerdì. Fonti europee l'hanno definita "una svolta, che richiede scelte chiare". Se la Germania non esclude una Mare Nostrum 2, e la cancelliera Merkel afferma che "abbiamo il dovere di fare di più", pure Paesi più tiepidi, come Gran Bretagna e Danimarca, si muovono. Il premier britannico Cameron sospenderà la campagna elettorale giovedì per volare a Bruxelles, e Copenhagen si dice pronta a fare la sua parte. "Da oggi abbiamo un nuovo livello di consapevolezza europeo sull'immigrazione. C'è un senso di urgenza europea per combattere il traffico di esseri umani e salvare vite umane", ha dichiarato in serata l'Alto Rappresentante Federica Mogherini, chiudendo il vertice straordinario dei Ministri dell'Interno e degli Esteri. Il Commissario all'Immigrazione Avramopoulos ha chiesto una reazione unitaria dell'Europa, annunciando un piano in dieci punti, che prevede -tra le altre cose- l'incremento delle risorse per Frontex, con l'estensione dell'area di copertura della missione marittima, la lotta ai trafficanti di uomini, attraverso una maggiore integrazione tra Europol, Frontex e l'Ufficio Europeo di sostegno all'asilo. Bruxelles chiede infine il varo di un'operazione militare in mare contro i trafficanti, sul modello della missione Atalanta in Somalia.

20/4/2015

Mentre l'Europa progetta nuovi vertici straordinari sull'immigrazione, dopo anni di colposa inerzia, frutto anche di pesanti divisioni interne, l'unico punto fermo nel fronteggiare l'emergenza sbarchi resta la missione Triton, gestita dall'agenzia comunitaria Frontex.

Partita lo scorso novembre, Triton conta su un budget risicato -neppure tre milioni al mese- e impiega pochi mezzi, fra cui tre navi d'altura e quattro motovedette. Proprio i mezzi di Triton sono stati tra quelli impegnati ieri nei soccorsi sul luogo del naufragio. Izabella Cooper, portavoce di Frontex, ammette che budget e risorse a disposizione sono insufficienti, ma rivendica che il salvataggio di vite umane è stato sempre una priorità - un terzo dei migranti messi in salvo da gennaio sono stati raccolto proprio da mezzi Triton. Quantificare queste risorse aggiuntive non è al momento possibile: Frontex e Italia ne stanno ancora discutendo. E al di là delle lacrime di coccodrillo di queste ore, l'Europa già nei giorni scorsi aveva mostrato un'imbarazzante divisione su qualsiasi ipotesi di rafforzamento di Triton. Con l'Italia si erano schierate apertamente solo Francia, Germania e Slovacchia. Forse l'ennesima tragedia sbloccherà l'impasse, a partire dall'odierno vertice dei Ministri degli Esteri. Sempre troppo tardi, però.

19/4/2015

A poche ore dalla nuova tragedia nel Mediterraneo, l'Europa naviga in ordine sparso, constatando la sua ormai decennale impotenza in materia di immigrazione.

La prima reazione è stata quella della richiesta di convocazione dell'ennesimo vertice straordinario, da parte della Commissione Europea, che chiede un summit dei Ministri degli Esteri e dell'Interno. L'esecutivo di Bruxelles ha espresso "profonda frustrazione" per la situazione. Il tema immigrazione era stato già al centro della politica europea negli ultimi giorni, ma senza sostanziali passi avanti, a causa delle profonde divisioni interne. Da parte sua l'Alto Rappresentante Mogherini ha messo la questione sbarchi nell'agenda del vertice di domani dei Ministri degli Esteri. Per il resto è un fiorire di dichiarazioni di circostanza: il vicecancelliere tedescoSigmar Gabriel chiede di fare ogni possibile sforzo contro i trafficanti di esseri umani, mentre il presidente francese Hollande sostiene la necessità di un'azione di urgenza, dopo aver parlato con il premier Matteo Renzi. Il naufragio è "la peggiore catastrofe degli ultimi anni nel Mediterraneo", ha detto. Azione è stata chiesta anche dal premier spagnolo Mariano Rajoy - "le parole non sono sufficienti", ha detto. Mentre il presidente dell'Europarlamento Martin Schulz si chiede: "quante persone dovranno affogare, prima che l'Europa finalmente agisca?" Da parte sua il premier maltese Joseph Muscat si è mosso, chiamando il presidente della Commissione Juncker e quello del Consiglio Europeo, Tusk, per sostenere la richiesta italiana di un vertice europeo d'emergenza sull'immigrazione.

19/4/2015

Il destino della Grecia è nelle mani di Atene, ma c'è ancora molto lavoro da fare. E subito. Il presidente della Bce Mario Draghi coglie -da Washington- il senso dell'urgenza nella crisi ellenica, mentre a Parigi sono tornati a riunirsi i tecnici di Atene insieme a quelli del Brussels Group -l'ex-Troika- per finalizzare un'intesa da sottoporre all'Eurogruppo che si apre a Riga il prossimo weekend.

Al di là degli auguri alla Grecia, Draghi isola due concetti: il primo è che ormai tutto dipende dal Governo di Atene, la sua tattica negoziale, fatta di promesse e impegni mai del tutto concretizzati, ha prosciugato la riserva di pazienza di Europa ed Fmi. Il secondo è una presa d'atto: una nuova crisi greca porterebbe l'Eurozona in "acque inesplorate". Draghi fa intendere che il test non sarà semplice, per quanto la moneta unica sia meglio difesa, rispetto a cinque anni fa. Da parte sua, solo qualche ora prima il Ministro delle Finanze ellenico Varoufakis osservava sornione, dicendosi ''fiducioso e ottimista'' sull'esito delle trattative. Forse Atene l'asso nella manica se l'è già assicurato, se è vero quanto riporta il sito internet del settimanale tedesco Der Spiegel, secondo il quale già dopodomani Grecia e Russia potrebbero firmare l'intesa su Turkish Stream, il gasdotto che nei prossimi anni dovrebbe aprire un canale di approvvigionamento verso l'Europa. Atene potrebbe ricevere da Mosca un acconto sui futuri guadagni, compreso fra i tre e i cinque miliardi. La reazione del Cremlino è stata molto ambigua: da un lato la smentita riguardo a una richiesta greca di aiuti finanziari a Mosca, dall'altro la conferma che -nel loro recente incontro- Tsipras e Putin hanno parlato anche di cooperazione energetica.

18/4/2015

"La condizione economica e l'outlook di breve termine dell'area euro sono ora piu' luminosi di quanto non lo siano stati per anni": il presidente della Bce Mario Draghi rompe gli indugi, e sparge ottimismo da Washington, nell'ambito dei lavori dell'Fmi.

''La ripresa in atto, da due anni a questa parte, si sta rafforzando'', e ''anche se restano al ribasso, i rischi sull'outlook sono piu'' bilanciati'', dice Draghi, che difende la moneta unica, in tempi di turbolenze greche: "e' senza senso puntare contro l'euro, se volete fatelo pure''. Come già successo mercoledì, Draghi difende il Quantitative Easing: ''ci sono prove chiare che le nostre misure sono efficaci'', sentenzia. Più cauto sulla Grecia, che proprio in queste ore a Parigi prova a chiudere l'intesa col Brussels Group: ''tutti vogliamo che la Grecia abbia successo, e questo successo e' nelle mani del governo greco'', dice Draghi, mentre il Governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, afferma che sul caso greco "si puo'parlare di tensioni sui mercati, e' normale. Ma e' sbagliato parlare di contagio". Infine il Ministro dell'Economia Padoan riporta le parole del numero 1 dell'Fmi Christine Lagarde, che gli avrebbe detto: "l'Italia un "bright spot", "un'oasi di buone notizie" sul fronte delle riforme".

18/4/2015

Dalla crisi greca nessun impatto sull'Italia. Lo ha detto il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, spiegando come l' ''area euro si e' enormemente rafforzata, e anche i Paesi che avevano un debito piu' elevato ora sono piu' solidi. L'area euro e' piu' robusta agli shock''. Intanto si lotta contro il tempo per arrivare a un accordo.

Mentre i negoziatori del cosiddetto Brussels Group provano -proprio in queste ore a Parigi- a tirare le fila della tragicommedia greca, tra liste di riforme che non si finalizzano mai, e casse pubbliche sempre più desolatamente vuote, il Ministro delle Finanze ellenico Yanis Varoufakis osserva sornione: si dice ''fiducioso e ottimista'', ostentando sicurezza. E aggiunge: "non ho l'impressione che sul caso Grecia la comunita' internazionale stia perdendo la pazienza". Forse Atene l'asso nella manica se l'è già assicurato, se è vero quanto riporta il sito internet del settimanale tedesco Der Spiegel, secondo il quale già martedì Grecia e Russia potrebbero firmare l'intesa su Turkish Stream, il gasdotto che nei prossimi anni dovrebbe aprire un canale di approvvigionamento verso l'Europa, passando proprio attraverso la Grecia. Secondo quanto riferito al settimanale da un esponente di Syriza, Atene potrebbe ricevere da Mosca un acconto compreso fra i tre e i cinque miliardi. La reazione del Cremlino a queste indiscrezioni è stata molto ambigua: da un lato la smentita riguardo a una richiesta greca di aiuti finanziari a Mosca, dall'altro la conferma che nel loro recente incontro Tsipras e Putin hanno parlato anche di cooperazione sull'energia. E se la Germania non appare contraria agli aiuti russi, purché circoscritti all'ambito del commercio di gas, gli Stati Uniti sembrano irritati dal trascinarsi della vicenda ellenica: il segretario al Tesoro americano Lewchiede che l'intesa su debito e riforme si chiuda, per quanto il lavoro possa essere difficile.

17/4/2015

A tarda sera tocca al Ministro delle Finanze Yanis Varoufakis ammettere che le cose non vanno come dovrebbero, ampliando però l'orizzonte alla fine di giugno, per un'intesa con l'Europa.

"Siamo pronti ad accettare tutte le condizioni se hanno senso", dice Varoufakis, prima di confermare la pericolosità della situazione: "laliquidita' in Grecia sta finendo, ma non stiamo giocando con una possibile uscita dall'euro". Le parole di Varoufakis sigillano una giornata poco clemente con Atene, iniziata con una dura dichiarazione della Commissione Europea. Il portavoce Margaritis Schinas è chiaro: "il lavoro prosegue, ma non siamo soddisfatti del livello di progressi raggiunto finora, il lavoro deve intensificarsi". Tra una settimana si riunisce a Riga un cruciale Eurogruppo, forse l'ultima spiaggia per sbloccare i sette miliardi di nuovi prestiti ad Atene, prima del materializzarsi del default. A Washington -nell'ambito del meeting dell'Fmi- il direttore generale Christine Lagarde vede minacciosamente allungarsi le ombre greche sulle ottimistiche previsioni di un graduale rafforzamento della crescita nell'Eurozona. La Lagarde chiude pure le porte a qualsiasi ipotesi di posticipo dei pagamenti ellenici, che avrebbe fornito un po' di respiro alle disastrate casse pubbliche. ''Ritardi nei pagamenti non sono stati accordati dal board dell'Fmi negli ultimi 30 anni'', ha sentenziato la Lagarde, precisando che per la Grecia un ritardo non sarebbe consigliabile, nell'attuale situazione. Il direttore dell'Fmi si è anzi detta preoccupata per la "situazione di liquidita''' ad Atene.

16/4/2015

E' esplicito il portavoce della Commissione Margaritis Schinas, nel giorno in cui la Grecia torna a spaventare i mercati.

"Il lavoro prosegue, ma non siamo soddisfatti del livello di progressi raggiunto finora", dice Schinas, aggiungendo che "il lavoro deve intensificarsi". Tra poco più di una settimana si riunisce a Riga un cruciale Eurogruppo, forse l'ultima spiaggia per sbloccare i sette miliardi di nuovi prestiti ad Atene, prima che lo Stato ellenico faccia default. La Commissione Europea ha spostato il focus su Washington, dove -nell'ambito del meeting dell'Fmi- il direttore generale Christine Lagarde vede minacciosamente allungarsi le ombre greche sulle ottimistiche previsioni di un graduale rafforzamento della crescita nell'Eurozona. La Lagarde ha chiuso pure le porte a qualsiasi ipotesi di posticipo dei pagamenti ellenici, che avrebbero dato un po' di respiro alle disastrate casse pubbliche greche. ''Ritardi nei pagamenti non sono stati accordati dal board dell'Fmi negli ultimi 30 anni'', ha sentenziato la Lagarde, precisando che per la Grecia un ritardo non sarebbe consigliabile, nell'attuale situazione. Il direttore dell'Fmi si è anzi detta preoccupata per la "situazione di liquidita''' ad Atene. Le tensioni si sono immediatamente riflesse sui mercati: il Ftse Mib ha perso l'1,75%, Francoforte quasi il 2%, Parigi giù di mezzo punto. Rialza la testa anche lo spread Btp-Bund: il differenziale vola a 130 punti base, segnando i massimi da due mesi.

16/4/2015

E' stata rilasciata dopo due ore e mezza di detenzione provvisoria la giovane attivista che ieri ha interrotto la conferenza stampa del presidente della Bce Mario Draghi.

Il blitz è fulmineo, sconcerta -anche se solo per pochi istanti- Mario Draghi, e sconvolge la compassata liturgia delle conferenze stampa Bce: Josephine Witt, che più tardi si definirà "attivista indipendente", smette i panni della finta reporter e salta con un prodigioso colpo di reni sul tavolo di Draghi. Mentre lui si schermisce lei gli rovescia addosso un'intera busta di coriandoli, gridando: "basta con la dittatura della Bce", e lanciando copie di una lettera zeppa di accuse contro Francoforte. Il coup de theatre monopolizza la routinaria conferenza stampa, nella quale Draghi -rientrato in sala- torna padrone della scena, elargendo ottimismo: "la ripresa nell'Eurozona sta accelerando, i rischi sono diventati piu' bilanciati". Poi aggiunge: "le misure adottate dalla Bce dovrebbero fornire sostegno a un ulteriore miglioramento del credito a famiglie e imprese - stanno arrivando all'economia reale. Il presidente della Bce difende il Quantitative Easing, che considera efficace: gli acquisti di titoli pubblici "proseguiranno fino a settembre 2016 e -se necessario- anche oltre", garantisce. Si dice anzi sorpreso dalle ipotesi circolate su una possibile uscita anticipata dal programma, smentendo che esista una scarsità di bond acquistabili. Infine, sulla Grecia, che ieri ha subito un nuovo taglio del rating a tripla C+ da parte di S&P, Draghi è stato esplicito: "non voglio nemmeno prendere in considerazione l'ipotesi di un'insolvenza sui pagamenti da parte di Atene, continueremo a fornire liquidita' alle banche solventi".

15/4/2015

La Banca Centrale Europea ha lasciato il tasso principale di rifinanziamento al minimo storico dello 0,05%. Ma quella odierna è stata unca conferenza stampa estremamente movimentata...

Il blitz spaventa Draghi -anche se solo per pochi istanti- e sconvolge l'asettica liturgia delle conferenze stampa Bce: la giovane attivista, travestita da giornalista, salta con un prodigioso colpo di reni sul tavolo del presidente, e mentre lui si schermisce, lei gli rovescia addosso un'intera busta di coriandoli, gridando: "basta con la dittatura della Bce". Il coup de theatre monopolizza la routinaria conferenza stampa a Francoforte, nella quale Draghi -una volta rientrato in sala- torna padrone della scena, elargendo ottimismo: "la ripresa nell'Eurozona sta accelerando, e i rischi sono diventati piu' bilanciati". Poi aggiunge: "le misure adottate dalla Bce dovrebbero fornire sostegno a un ulteriore miglioramento del credito a famiglie e imprese - stanno arrivando all'economia reale. Il presidente della Bce ha difeso con forza il Quantitative Easing, che considera efficace: gli acquisti di titoli pubblici da parte della Bce "proseguiranno fino a settembre 2016 e se necessario anche oltre", ha garantito. Si è detto anzi sorpreso dalle ipotesi circolate su una possibile uscita anticipata dal programma, smentendo che esista già una scarsità di bond acquistabili. Infine, sulla Grecia, Draghi è stato esplicito: "non voglio nemmeno prendere in considerazione l'ipotesi di un'insolvenza sui pagamenti da parte di Atene, continueremo a fornire liquidita' alle banche elleniche solventi". Anche perché, ha chiosato, "la liquidita' alla Grecia non ha scadenza, ma tutto dipende dalle decisioni del governo Tsipras".

15/4/2015

"La liquidita' alla Grecia non ha scadenza, ma tutto dipende dalle decisioni del governo ellenico". Lo ha affermato il presidente della Bce, Mario Draghi, al termine della riunione del board, che ha lasciato i tassi invariati nell'Eurozona.

Draghi è stato involontario protagonista di un'aggressione da parte di un'attivista, che in piena conferenza stampa è saltata sul tavolo, lanciandogli contro dei coriandoli, al grido di "stop alla dittatura della Banca Centrale Europea". Dopo l'interruzione Draghi ha precisato: "continueremo a fornire liquidita' alle banche greche solventi". E si è mostrato ottimista, sulle prospettive economiche: "la ripresa nell'Eurozona sta accelerando, e i rischi sono diventati piu' bilanciati".

15/4/2015

E' ripresa dopo pochi minuti di sospensione la conferenza stampa del presidente della Bce, Mario Draghi, che era stata interrotta per l'attacco da parte di una manifestante che ha buttato confetti e coriandoli sul presidente della Bce, chiedendo di 'fermare la dittatura della Banca Centrale Europea'.

La giovane manifestante e' stata subito portata via dalla sicurezza. "Continuiamo dove ho interrotto", ha poi ripreso Draghi. Sul piano più prettamente economico, ricordiamo che la conferenza stampa è ancora in corso, Draghi ha confermato che gli acquisti di titoli pubblici da parte della Bce "proseguiranno fino a settembre 2016 e in ogni caso fino a che l'inflazione non sara' risalita in linea con la stabilita' dei prezzi". La ripresa nell'Eurozona sta accelerando, come mostrano gli indicatori piu' recenti, e i rischi sono diventati piu' bilanciati, ha aggiunto. "Continueremo a fornire liquidita' alle banche greche solventi". La Bce ha lasciato il tasso principale di rifinanziamento al minimo storico dello 0,05%.

14/4/2015

Default ed elezioni anticipate in Grecia: la stampa europea ipotizza scossoni imminenti per l'Eurozona, se entro il 20 aprile non si troverà l'accordo sulla lista delle riforme.

A meno di una settimana di distanza dell'ultimatum -forse definitivo- affinché Atene presenti la lista delle riforme, le indiscrezioni sulla stampa internazionale cominciano a virare verso gli scenari peggiori. Secondo il Financial Times, la Grecia si sta ormai preparando all'ipotesi di una bancarotta, se aprile non dovesse portare consiglio. In pratica, stando alle indiscrezioni, il duo Tsipras-Varoufakis avrebbe deciso di non rimborsare la tranche di prestiti all'Fmi -prevista tra maggio e giugno e pari a due miliardi e mezzo di euro- dichiarando nei fatti il default. Se l'ultima tranche del piano di salvataggio europeo -pari a oltre 7 miliardi- non arrivasse, e con le casse pubbliche ormai vuote dopo aver raschiato il fondo del barile, non resterebbe altra scelta. Immediata la smentita del Governo ellenico, che ha dovuto smentire anche un'altra indiscrezione, diffusa dalla Bild Zeitung, circa possibili elezioni anticipate, nel caso i negoziati con le istituzioni internazionali non andassero a buon fine: una mossa, secondo il quotidiano tedesco, utile a provare a conquistare la maggioranza assoluta in Parlamento, sull'onda di un maggiore sostegno popolare. Da Bruxelles, dove aumenta la frustrazione sulla lentezza e i bizantinismi negoziali ellenici, una moderata nota di ottimismo: "le trattative con Atene sulle riforme stanno accelerando, ma c'è ancora molto terreno da coprire", ha dichiarato il vicepresidente della Commissione Dombrovskis.

14/4/2015

Relazioni diplomatiche ai minimi termini fra Vaticano e Turchia, dopo le parole di Papa Francesco sul genocidio armeno.

Il prossimo passo saranno misure contro il Vaticano. Di quale natura non è dato saperlo, ma il Ministro degli Esteri Mevlüt Çavu o lu è stato chiaro: dopo aver richiamato l'ambasciatore presso la Santa Sede, ha espresso un concetto inequivocabile. "I passi che prenderemo saranno resi noti solo dopo le consultazioni", ha avvertito. Il tutto a corollario di una giornata diplomaticamente infuocata, nei rapporti tra Vaticano ed Ankara, dopo le parole di Papa Francesco sul genocidio armeno, tema-tabù da decenni in Turchia. Un attacco al curaro lo ha lanciato il Ministro turco per gli affari europei Volkan Bozkir, secondo cui il Pontefice avrebbe usato il termine "genocidio" perche' viene dall'Argentina, un Paese "che ha accolto i nazisti" e nel quale "la diaspora armena e' dominante, nel mondo della stampa e degli affari". Termini ben poco diplomatici, quelli di Bozkir, soprattutto se pronunciati dall'uomo che sta conducendo i delicatissimi negoziati per un ipotetico ingresso della Turchia nell'Unione Europea. Da Bruxelles la portavoce dell'Alto Rappresentante Federica Mogherini ha subito precisato che -nell'ambito dello status della candidatura turca- la "normalizzazione" dei rapporti con l'Armenia e' "particolarmente importante". I toni felpati europei hanno trovato però poca eco ad Ankara: il Gran Mufti Mehmet Gormez, principale autorita' religiosa islamica sunnita turca, si e' allineato al Governo, definendo le dichiarazioni del Papa "senza fondamento" e ispirate da "lobby politiche e ditte di relazioni pubbliche". Da parte sua, il Ministro degli Esteri Gentiloni contrattacca: "la durezza dei toni turchi non mi pare giustificata, tenendo conto del fatto che 15 anni fa Giovanni Paolo II si era espresso in modo analogo".

13/4/2015

Polemica senza fine, quella che contrappone Turchia e Vaticano sul genocidio armeno: l'ultimo attacco lo ha lanciato il Ministro turco per gli affari europei VolkanBozkir, secondo cui il Pontefice avrebbe usato il termine "genocidio" perche' viene dall'Argentina, un Paese "che ha accolto i nazisti" e nel quale "la diaspora armena e' dominante, nel mondo della stampa e degli affari".

Termini molto poco diplomatici, quelli di Bozkir, soprattutto se pronunciati dall'uomo che sta conducendo i delicatissimi negoziati per un ipotetico ingresso della Turchia nell'Unione Europea. Da Bruxelles la portavoce dell'Alto Rappresentante FedericaMogherini ha subito precisato che -nell'ambito dello status della candidatura turca- la "normalizzazione" dei rapporti con l'Armenia e' "particolarmente importante". Bruxelles incoraggia anzi "a considerare significativi passi aggiuntivi, che aprano la via alla riconciliazione". I toni felpati europei hanno trovato però poca eco ad Ankara: il Gran Mufti Mehmet Gormez, principale autorita' religiosa islamica sunnita turca, si e' allineato al Governo, criticando a sua volta il Papa per le dichiarazioni sul genocidio, a suo parere "senza fondamento" e ispirate da "lobby politiche e ditte di relazioni pubbliche". Durissima pure l'ambasciata turca presso la Santa Sede: "il genocidio e' un concetto giuridico, le rivendicazioni non soddisfano i requisiti di legge: anche se si cerca di spiegarle sulla base di una diffusa convinzione, restano calunnie". Da parte sua, il Ministro degli Esteri Gentiloni contrattacca: "la durezza dei toni turchi non mi pare giustificata, tenendo conto del fatto che 15 anni fa Giovanni Paolo II si era espresso in modo analogo".

8/4/2015

In pieno svolgimento a Mosca l'atteso meeting tra Alexis Tsipras e Vladimir Putin, un incontro che cade nel pieno dello stallo nei negoziati di Atene con l'Europa sul debito.

Solo ieri, lo ricordiamo, il richiamo di Bruxelles: "le misure elleniche vanno nella direzione sbagliata", questo -in sostanza- il messaggio. Tsipras ha già deposto una corona di fiori al memoriale del milite ignoto, e domani incontrera' il premier Medvedev. Nell'agenda ufficiale del bilaterale Tsipras-Putin la cooperazione tra i due Paesi. Ma sottotraccia le questioni sono ben più complesse: Dmitri Peskov, portavoce di Putin, ha detto che la questione di una rimozione dell'embargo alimentare a favore della Grecia ''sara' sollevata nei colloqui". Qui si rischia una discriminazione paradossale nell'embargo russo: sì ai prodotti greci, no a tutti quelli degli altri 27 Paesi europei. Il ministro delle Finanze russo, Anton Siluanov, ha ribadito che finora la Grecia non ha chiesto ufficialmente a Mosca l'erogazione di alcun prestito. Anche se la stampa ipotizza invece che Mosca potrebbe aiutare indirettamente Atene, concedendo prestiti e sconti sulle forniture di gas. Legata al gas, ed è in agenda oggi, l'adesione di Atene al nuovo gasdotto russo-turco. La Grecia potrebbe ottenere vantaggi dal transito del metano verso l'Europa, garantendosi la sicurezza energetica. La buona notizia per la Grecia è che è andata bene la collocazione di titoli di Stato a 6 mesi: piazzato un miliardo e 375 milioni di euro, ben oltre il target massimo di 875 milioni. Tasso fermo al 2,97%.

7/4/2015

Le scadenze greche si allungano a fisarmonica, trasformandosi in "calende greche". Battute a parte, il weekend pasquale ci consegna una Grecia che -dopo aver implorato l'Europa neppure una settimana fa, affinché sbloccasse una parte dei prestiti, pena il default dopodomani- guarda ora addirittura al 24 aprile, per chiudere la partita in sede di Eurogruppo - Yanis Varoufakis dixit.

L'incontro con il direttore dell'Fmi Christine Lagarde restituisce un Varoufakis sicuro di sè, con una roadmap ben fissata in testa, che sembra contrastare con gli allarmi e i timori di pochi giorni fa. Varoufakis giura che Atene rispetterà tutti i suoi impegni, tra i quali l'imminente rimborso da 450 milioni allo stesso Fmi. Poi, in un'intervista, mette nero su bianco i cinque punti per un accordo con l'Eurogruppo: livello sostenibile di avanzo primario, ristrutturazione del debito, investimenti, una bad bank e riforme strutturali. Realmente difficile dire se la crisi greca sia arrivata alla soluzione finale, dopo gli infiniti stop&go di questi mesi, le liste di riforme sempre lacunose e incomplete, in una partita a scacchi che sembra aver confuso un po' tutti, al punto che ci si aggrappa a bilaterali infarciti di sorrisi per ritrovare qualche certezza. Due i punti fermi, dai quali ripartire: domani il nuovo vertice dei viceministri delle Finanze europei, per esaminare l'ultima bozza della lista di riforme ellenica. Chiacchiere a parte, si ragionerà sui contenuti. E poi la visita, sempre domani, di Alexis Tsipras, a Mosca, per un vertice con Vladimir Putin. Ufficialmente Atene spera di alleggerire l'embargo russo sulla frutta ellenica, conseguenza della guerra di sanzioni tra Europa e Mosca. Ma è pure evidente il segnale che Tsipras invia a Bruxelles: Atene è pronta anche ad altre alleanze. Difficile uno spostamento tout court della Grecia verso la Grande Madre Russia, mentre non appare assolutamente fantapolitica uno scambio tra denaro fresco russo e l'appoggio greco a Mosca in Europa, contro le sanzioni comunitarie. Il fronte si allarga: dalla finanza... alla geopolitica.

4/4/2015

Non si fermano neppure a Pasqua i negoziati per salvare la Grecia dalla bancarotta. Le trattative si spostano a Washington.

Pasqua negoziale, per la Grecia e il Fondo Monetario Internazionale. Il Ministro delle Finanze ellenico Yanis Varoufakis vedrà a Washington il direttore dell'Fmi Christine Lagarde: sarà un caso, ma il 9 aprile il Governo di Atene deve rimborsare un prestito da 450 milioni di euro proprio al Fondo, e dopo l'ultima riunione dello Euro Working Group si sono diffuse voci incontrollate circa il rischio che quest'ennesimo rimborso possa innescare il default di Atene la prossima settimana. Ipotesi smentita seccamente dal Governo Tsipras -ultimo in ordine temporale il viceministro delle Finanze Mardas, che rassicurato sulla capacità di onorare tutte le scadenze dei prossimi giorni. Varoufakis e la Lagarde discuteranno ancora una volta la lista di riforme di Atene, sulla quale -dopo quasi tre mesi di estenuanti trattative e vertici solo all'apparenza risolutivi- non c'è ancora intesa. Senza accordo non si sbloccano i prestiti internazionali -che hanno smesso di affluire nelle casse elleniche ormai da agosto- mentre il salvadanaio greco appare quasi del tutto prosciugato. Da Berlino arrivano una mano tesa e una bacchettata: la prima è del vicecancelliere tedesco Gabriel, che afferma: i creditori europei sono pronti a dare una mano alla Grecia nella lotta all'evasione fiscale, congelando i conti dei grandi evasori. Mentre il viceministro degli Esteri Roth avverte: Atene deve smetterla di litigare con la Bce, perche' il suo presidente Mario Draghi e' un alleato della Grecia.

3/4/2015

La Grecia balla sull'orlo di una bancarotta tanto vicina quanto innominabile, mentre l'Europa vede ancora lontano un accordo.

Rischia di essere una Pasqua di Passione anticipata quella che Atene si appresta a vivere nei prossimi giorni - quella ortodossa si celebra infatti solo la domenica successiva. Il Ministero delle Finanze ellenico ieri ha categoricamente smentito le indiscrezioni di stampa, secondo le quali i soldi in cassa ci sono solo fino al 9 aprile, dopodichè qualsiasi aiuto europeo arriverebbe a default ormai avvenuto. L'affermazione sarebbe stata fatta mercoledì in sede di Euro Working Group, qualcuno sospetta anche per forzare la mano, di fronte a un'Europa ancora ben poco convinta di fronte all'ultima bozza di riforme ellenica, del valore di sei miliardi. Una bozza molto attenta alla lotta all'evasione fiscale, e meno prodiga di misure su altri tipi di riforma. E' chiaro che quella che si gioca attualmente è una partita di poker, su più livelli: in casa Tsiprastira dritto sulla linea delle misure umanitarie - l'ultima in ordine temporale è stata l'eliminazione del ticket da cinque euro per accedere agli ospedali pubblici, accompagnata dall'annunciata assunzione di 4500 operatori sanitari. In Europa invece minaccia il default, rischioso anche per l'Eurozona, mentre conferma la visita a Vladimir Putin l'8 aprile, aprendo scenari -improbabili- di spostamento geopolitico verso la Grande Madre Russia. Bruxelles da parte sua non scopre le carte: il presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem parla di "molta strada da fare", prima di trovare un'intesa che sblocchi i nuovi prestiti. Intanto giovedì Atene deve rimborsare 450 milioni all'Fmi. Bruxelles da ieri è chiusa per ferie: quindi, a meno di clamorose emergenze, i negoziati dovrebbero tornare nel vivo solo la prossima settimana. Per il momento la Bce regge la maschera d'ossigeno ad Atene, dopo aver alzato a oltre 71 miliardi i prestiti di emergenza alle banche. Ciò che sorprende è lo stato di apparente tranquillità, senza riunioni di emergenza per salvare il salvabile... la speranza per tutti è che non si tratti di una "calma prima della tempesta".

2/4/2015

La corsa a Westminster è ufficialmente iniziata: da questa settimana i principali partiti britannici sono in campagna elettorale, in vista delle elezioni del 7 maggio.

I sondaggi sono ancora tremendamente incerti: di certo c'è solo il testa a testa tra i Conservatori del premier David Cameron e i laburisti dello sfidante Ed Miliband, sostanzialmente appaiati intorno a quota 35%, mentre appare evidente la progressiva discesa degli euroscettici dello Ukip di Nigel Farage, in calo verso il 10%, dopo aver sfiorato il 20% solo tre mesi fa. I filoeuropei Libdem, attuali partner di coalizione di Cameron, vivacchiano al 7%, poco sopra i Verdi. La prospettiva di un Parlamento senza una chiara maggioranza appare sempre più realistica, anche se il sistema di voto britannico -uninominale e per collegi- può dare risultati molto diversi in termini di presenza a Westminster, rispetto ai sondaggi. E tra i temi che maggiormente catalizzano l'attenzione degli elettori britannici c'è l'Europa, soprattutto il rapporto dell'isola con il Continente. Il centrodestra è l'area politica più scatenata, al riguardo: la linea più dura appare quella dello Ukip, che dedica ben due dei cinque punti del suo Manifesto a temi comunitari: il "no" all'Europa, da cui uscire attraverso un referendum, e maggiori controlli alle frontiere. Anche i Tories di Cameron intendono varare un referendum, entro il 2017, ma non per uscire tout court: piuttosto per rinegoziare i termini di appartenenza all'Unione. L'immigrazione torna anche in casa conservatrice: il focus qui è sulla restrizione dei benefit di welfare di cui godono gli immigrati. L'idea di Cameron sull'Europa è chiara: un'unione più commerciale, dove il controllo degli affari interni sia competenza nazionale. Paradossalmente, persino i Laburisti, superando i molti mal di pancia interni, mantengono una posizione critica sull'Europa: Miliband garantisce che in caso di elezione farà sì che gli stipendi dei lavoratori britannici non subiscano il dumping degli immigrati europei, che dovranno sottostare a un limbo di due anni, prima di vedesi erogare sussidi e benefits sociali. Non solo: il Labourpropone una riforma del bilancio europeo, e promette di incrementare l'influenza di Londra nell'Unione.

31/3/2015

"Un compromesso onorevole": smessi i panni del rivoluzionario, dopo due mesi di tira e molla con Bruxelles, e mentre il Paese indugia sull'orlo della bancarotta, Alexis Tsipras arringa il Parlamento greco, promettendo che non capitolerà.

Tsipras si dice certo che il piano di riforme ellenico sarà accettato dai creditori internazionali, aggiungendo che il debito del Paese deve essere ristrutturato, per far si' che possa essere ripagato. Poi annuncia che non aumenterà l'Iva: piuttosto,precisa, si rafforzerà la lotta al contrabbando di tabacco e petrolio, varando al contempo una stretta sui trasferimenti di capitali. La situazione resta delicata: un intero weekend di lavoro sul piano di riforme ellenico, necessario a sbloccare i nuovi prestiti europei, non è bastato ad arrivare a un risultato definitivo e accettato da tutti. Ancora una volta, le proposte greche sono risultate troppo lacunose in merito a informazioni e dettagli, irritando la Germania, che ieri sera ha confermato di aspettare ancora la lista da Atene. L'obiettivo ora è finalizzare questa lista prima di Pasqua, con una teleconferenza tra le capitali, fissando possibilmente un Eurogruppo straordinario la prossima settimana, per dare il via libera. Il tempo corre: il 13 aprile scadono altri 400 milioni di prestiti da rimborsare all'Fmi. E le casse sono vuote. Secondo indiscrezioni, il piatto forte del nuovo piano greco consisterebbe in 875 milioni di gettito fiscale, da incassare mediante attività di audit su una lista di trasferimenti bancari e soggetti offshore.

21/3/2015

La Grecia spunta due miliardi di ossigeno dalle casse europee, dopo aver promesso che stavolta farà sul serio e presto, sulla lista delle riforme economiche necessarie a onorare le intese di febbraio in sede di Eurogruppo.

Il denaro messo a disposizione dalla Commissione Europea proviene da fondi europei non utilizzati, e potrà essere usato al solo scopo di fronteggiare la crisi umanitaria in atto nel Paese. Il presidente della Commissione Juncker ha precisato che i due miliardi possono essere utilizzati solo per sostenere la crescita e la coesione sociale. Indirettamente, però, è chiaro che alleggeriranno la voce "uscite" del bilancio pubblico ellenico, permettendo a Tsipras di concentrare i pochi fondi disponibili sul pagamento di debiti e interessi ai creditori. In conferenza stampa Tsipras ha modificato lo spartito ufficiale, interpretando a suo modo l'accordo. Dopo aver negato che il suo Paese abbia problemi di liquidità, ha aggiunto che "non ci sara' una quinta revisione" dell'ex-Troika d Atene", ne' ulteriori misure di austerita'". Visione contrastante con quella della Merkel. Protagonista della seconda giornata di vertice europeo anche la politica estera: i 28 leader hanno "condannato lo choccante attentato contro la Tunisia". Il presidente europeo Tusk e l'Alto Rappresentante Mogherini visiteranno Tunisi a fine mese: Tusk ha promesso che l'Unione "intensifichera' la cooperazione con la Tunisia2. Da parte sua il premier Renzi ha parlato di "minaccia globale", riferendosi al terrorismo. E ha aggiunto: "chi ha detto che bisogna chiudere le frontiere, ignora che questa vicenda e' accaduta fuori dalle nostre frontiere".

20/3/2015

Due miliardi di ossigeno alla Grecia, per ridare fiato alle disastrate casse di Atene, anche se sottoforma di fondi europei non utilizzati, con lo scopo di fronteggiare la crisi umanitaria in atto nel Paese.

L'Europa tende la mano ad Atene, dopo il vertice notturno ristretto, che ha permesso di calmare le acque, imponendo al Governo Tsipras di fare sul serio, stavolta, con le riforme, se non vuole vedere il Paese fallire e uscire dall'Euro. Il presidente della Commissione Juncker ha precisato che i due miliardi non sono un regalo alla Greca, ma fondi utili a sostenere la crescita e la coesione sociale. Indirettamente, però,è chiaro che alleggeriranno la voce "uscite" del bilancio pubblico ellenico, permettendo a Tsipras di concentrare i pochi fondi disponibili sul pagamento di debiti e interessi ai creditori. In conferenza stampa Tsipras ha negato che il suo Paese abbia problemi di liquidità, aggiungendo che "non ci sara' una quinta revisione" dell'ex-Troika "ne' ulteriori misure di austerita'". Protagonista della seconda giornata di vertice europeo anche la politica estera: i 28 leader hanno "condannato lo choccante attentato contro la Tunisia". Il presidente europeo Tusk e l'Alto Rappresentante Mogherini visiteranno Tunisi a fine mese: l'Unione "intensifichera' la cooperazione con la Tunisia, contro la comune minaccia terroristica e per sostenere il Paese", ha aggiunto Tusk. Da parte sua il premier Renzi ha parlato di "minaccia globale", riferendosi al terrorismo. E ha aggiunto: "chi ha detto che bisogna chiudere le frontiere, ignora che questa vicenda e' accaduta fuori dalle nostre frontiere".

20/3/2015

Grecia ancora in primo piano, ma anche politica estera nel vertice europeo che si è concluso questo pomeriggio a Bruxelles. Partiamo dalla crisi greca, dopo che il vertice ristretto di questa notte ha concordato di rimettere in pista il processo che potrebbe portare a uno sblocco rapido dei nuovi prestiti ad Atene, a patto che il Governo Tsipras prepari rapidamente la lista di riforme necessaria - così come concordato a febbraio.

La novità è che la Commissione Europea ha offerto oggi alla Grecia due miliardi in fondi europei per lo sviluppo finora inutilizzati, per far fronte alla crisi umanitaria. Nei fatti, liquidità a breve termine, la stessa di cui Atene ha bisogno per arrivare -letteralmente- a fine mese, facendo fronte ai debiti più urgenti. Tsipras in conferenza stampa ha negato che il suo Paese abbia problemi di liquidità, aggiungendo che "non ci sara' una quinta revisione" dell'ex-Troika "ne' ulteriori misure di austerita'". Oggi, dicevamo, anche la politica estera in primo piano: i 28 leader europei hanno "condannato lo choccante attentato contro la Tunisia". L'Europa "intensifichera' la cooperazione con Tunisi, contro la comune minaccia terroristica e per sostenere il Paese". Da parte sua il premier Renzi ha parlato di "minaccia globale", riferendosi al terrorismo. E ha aggiunto: "chi ha detto che bisogna chiudere le frontiere, ignora che questa vicenda e' accaduta fuori dalle nostre frontiere". Infine l'Europa ha riaffermato -almeno a parole- l'impegno a "sostenere la transizione in Libia" e gli sforzi di mediazione dell'Onu per "una tregua immediata".

19/3/2015

La Tunisia e il terrorismo hanno fatto irruzione al vertice europeo in corso a Bruxelles, col minuto di silenzio che i 28 leader hanno osservato prima della riunione.

La crisi greca è stato l'altro convitato di pietra, nonostante non sia ufficialmente in agenda. La tensione tra Atene e l'Europa resta infatti ai livelli di guardia, con il premier ellenico Tsipras che ha chiesto all'Europa -arrivando a Bruxelles- "una maggiore iniziativa politica, che rispetti sia la democrazia sia i Trattati". Gelo dalla cancellieratedesca Merkel: "non aspettatevi soluzioni sulla Grecia dalla riunione di stasera". La Merkel si riferiva all'incontro ristretto organizzato dal presidente del Consiglio Europeo Tusk, in programma stasera tra Germania, Francia, Grecia, Commissione Europea ed Eurogruppo. Polemiche a parte sul formato "esclusivo" dell'incontro, le aspettative di successo sono state volutamente tenute basse da tutti i partecipanti: per sottolineare l'urgenza del momento, il presidente dell'Europarlamento Schulz ha stimato in due o tre miliardi le necessità di finanziamento di Atene nel breve termine. In caso contrario, ildefault non sarebbe più un'ipotesi così remota. Tra gli altri temi sul tavolo stasera, l'unione energetica - in particolare la sicurezza delle forniture, mentre a cena saranno in primo piano le questioni internazionali, in primis la crisi ucraina e le sanzioni alla Russia. Infine da segnalare oggi il nuovo monito Bce all'Italia: "continua ad esservi un notevole scostamento dallo sforzo strutturale richiesto nell'ambito della regola del debito. Il risanamento è insufficiente". Per Francoforte, "l'Italia necessita di ulteriori riforme per accrescere il prodotto potenziale".

14/3/2015

Sullo sfondo della polemica con la Germania, la Grecia prova a rassicurare sulla tenuta dei suoi conti. Ma l'agenzia di rating Standard&Poor's avverte: per Atene nel "breve termine ci sono ancora incertezze per quanto riguarda la conclusione positiva di un accordo con i creditori".

"Penso che la Bce fara' tutto il possibile per preservare l'indivisibilita' dell'euro": così il Ministro dell'Economia greco Yanis Varoufakis a margine del workshopAmbrosetti di Cernobbio. Che ha aggiunto: "Atene non sta cercando aiuto all'esterno, fa parte dell'Unione Europea, che e' una e indivisibile". Varoufakis ha rassicurato i creditori: per garantire i pagamenti di marzo, tra cui quelli all'Fmi, "il Governo ellenico ha fatto tutti i passi necessari, ma anche gli istituti europei hanno sia la determinazione che la saggezza di farlo, quindi anche loro si assicureranno che qualsiasi problema di cash flow sia assicurato". A Bruxelles è stato il giorno di Alexis Tsipras, tornato ad incontrare il presidente dell Commissione Juncker. Il quale ha rassicurato: "siamo ormai giunti ai momenti decisivi. Quello che escludiamo e' il default greco". Per Juncker, una soluzione nelle prossime settimane è possibile. Dello stesso tenore Tsipras: "se c'e' la volonta' politica tutto e' possibile". Atene ha dato intanto ordine di ripagare una tranche da 348 milioni del prestito ricevuto dal Fondo monetario. Atene andra' sui mercati mercoledì, con un collocamento di titoli a tre mesi: l'obiettivo e' raccogliere un miliardo. A tenere banco intanto è ancora la polemica con la Germania, inaspritasi con il corollario dello scontro personale Schaeuble-Varoufakis: "con le minacce non si arriva a risultati nell'Eurozona", ha dichiarato il portavoce del Governo tedesco, rispondendo a una domanda sulle minacce del Ministro della Difesa greco Kammenos di riempire l'Europa e la Germania di profughi. Da parte sua, il ministro delle Finanze tedescoSchaeuble non esclude piu' l'ipotesi di un'uscita della Grecia dall'euro.

13/3/2015

"Lost in translation". La diatriba fra Grecia e Germania finisce per sfiorare il grottesco, dopo che l'ambasciatore ellenico ha presentato una nota di protesta ufficiale contro le presunte dichiarazioni del Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble, reo -secondo Atene- di aver accusato il collega greco di essere "stupidamente ingenuo nel comunicare".

Da Berlino smentiscono, e replicano che casomai è vero il contrario. La vicenda ha rappresentato l'apice della tensione tra i due Paesi, dopo la minaccia ellenica di confiscare proprietà e immobili tedeschi ad Atene, quale risarcimento per i parenti delle 218 vittime di una strage nazista. Richiesta già rispedita al mittente da Berlino. Per Alexis Tsipras ieri è stata una giornata di resa simbolica all'ex-Troika: dopo essere stata parzialmente ridisegnata e rinominata "Brussels Group", è sbarcata ieri ad Atene, la prima volta dopo la vittoria elettorale di Syriza. Anche per questo Tsipras ha puntato sul clamore: il premier ellenico è tornato ad attaccare l'austerità - "quando è troppo è troppo", ha detto, chiedendo nuovamente una ristrutturazione del debito, da lui definito "insostenibile". La Bce, da parte sua, ha alzato di 600 milioni la linea di credito di emergenza alle banche greche, mentre l'Ocse ha lanciato un accordo di partnership con Atene sulle riforme economiche. Intanto, da Francoforte, il presidente della Bundesbank Weidmann è tornato all'attacco, sconfessando la linea Draghi: "il quantitative easing non era necessario, di fronte al miglioramento dell'economia", ha detto. Poi ha attaccato la Francia: Parigi sfora sul deficit dall'ingresso nell'euro, anziché dare il buon esempio.

11/3/2015

Gli acquisti di titoli da parte della Bce non rappresentano qualcosa di nuovo, e gli ultimi indicatori, "positivi", mostrano che la frenata della crescita nell'Eurozona ha iniziato a invertire la rotta.

Da Francoforte il presidente della Bce Mario Draghi lancia messaggi rassicuranti, pochi giorni dopo il varo ufficiale del QuantitativeEasing. Le misure della Banca centrale europea, insiste Draghi, possono proteggere i Paesi dell'Eurozona dal contagio. Poi tocca un altro tema sensibile, all'interno del mandato di Francoforte: "siamo in grado di stabilizzare l'inflazione, e ce la faremo". Le parole del presidente della Bce, oltre a rivelarsi un toccasana nell'immediato, per i mercati finanziari, sono state indirettamente commentate dal Ministro dell'Economia Padoan, che -in audizione al Senato- ha affermato: "il Quantitative Easing e' un meccanismo che promette di essere estremamente efficace, e gia' lo si vede sui mercati". Padoan stima in 700 miliardi gli investimenti necessari per ritornare ai livelli pre-crisi in Europa - il doppio di quelli previsti dal piano Juncker. L'Europa, ha poi aggiunto, vuole che l'Italia non allenti lo sforzo sulle riforme, implementandole: la combinazione di piano Juncker, acquisto titoli Bce e riforme strutturali, secondo Padoan, dovrebbe garantire la svolta.

11/3/2015

Al via oggi i nuovi negoziati tecnici fra la Grecia e l'ex-Troika, in una corsa contro il tempo per evitare l'insolvenza ellenica. Intanto ieri l'Italia ha annunciato il suo contributo al piano per gli investimenti in Europa.

L'annuncio a Bruxelles lo dà il Ministro dell'Economia Padoan, quando mette sul piatto gli otto miliardi "made in Italy" per il "piano Juncker per gli investimenti". Una massa di denaro in grado di mobilitare -con l'auspicato effetto leva- fino a 20 miliardi complessivi, che avranno ricadute in buona su opere e infrastrutture di interesse nazionale. Una frazione, rispetto ai 315 miliardi che l'Europa vorrebbe mobilitare complessivamente: se però i soldi veri sono arrivati, circa 25 miliardi al momento, grazie ai pesi massimi dell'Unione, per Bruxelles si tratta di una vittoria a metà: il meccanismo individuato dalle capitali permette infatti di incanalare i fondi principalmente su progetti nazionali, accantonando l'idea originaria di un fondo per gli investimenti realmente europeo, slegato da logiche da manuale Cencelli. Il piano Juncker passa ora al vaglio dell'Europarlamento, in attesa che diventi operativo a giugno. La speranza è che diventi una sorta di input aggiuntivo alla ripresa, insieme al quantitative easing. I Ministri delle Finanze comunitari hanno esteso di due anni la scadenza per la Francia, affinché Parigi riporti il parametro del deficit all'interno dei paletti di Maastricht. Padoan ha precisato che l'Ecofin ha dato il via libera alla legge di stabilità italiana. Parlando al Senato, il Commissario agli Affari economici Pierre Moscovici ha spiegato: "non abbiamo chiesto un'applicazione "brutale" delle regole europee per Roma. se l'avessimo fatto, soprattutto sul debito, l'impegno di bilancio avrebbe mandato la Penisola in recessione totale".

10/3/2015

Otto miliardi per il piano europeo degli investimenti, che ha avuto l'ok definitivo dei Ministri delle Finanze europei. L'Italia ha impegnato i primi soldi veri per il cosiddetto "piano Juncker", come annunciato dal Ministro delle Finanze Padoan, al termine dell'Ecofin.

Per Bruxelles si tratta vittoria a metà: prima dell'Italia, già Germania, Francia e Spagna avevano impegnato euro veri nel cosiddetto "piano Juncker", ma attraverso banche di investimento nazionali, per convogliare i fondi a progetti che tocchino il proprio territorio, o abbiano comunque ricadute nazionali. Quindi nessuna vocazione pienamente europea, come auspicato dalla Commissione. Il piano per gli investimenti andrà ora all'esame dell'Europarlamento, per una rapida approvazione, prima del lancio definitivo a giugno. I Ministri delle Finanze europei hanno esteso di due anni la scadenza per la Francia, affinché Parigi riporti il parametro del deficit all'interno dei paletti di Maastricht. Padoan ha anche precisato che l'Ecofin ha dato il via libera alla legge di stabilità italiana. La nostra "e' una valutazione che poggia sull'impegno dell'Italia a portare avanti le riforme", ha precisato, parlando al Senato, il Commissario agli Affari economici Pierre Moscovici.Moscovici ha spiegato: non abbiamo chiesto un'applicazione "brutale" delle regole europee per Roma: se l'avessimo fatto, soprattutto in merito al debito, l'impegno di bilancio avrebbe mandato la Penisola in recessione totale". Moscovici ha concluso: "con la Grecia stiamo cercando di trovare un compromesso, che consista nel rispettare il voto degli elettori greci".

9/3/2015

Si apre nel segno della Grecia e della Bce la settimana in Europa: oggi doppia scadenza, con l'attesissima partenza del Quantitative Easing in salsa europea, che porterà 60 miliardi di euro di liquidità nel circolo dell'economia, mediante l'acquisto di titoli.

Annuncio festeggiato la scorsa settimana dalle Borse. Meno festeggiati -al contrario- i nuovi venti di crisi che soffiano sulla Grecia, che torna ad essere protagonista oggi all'Eurogruppo con il suo piano di riforme fiscali. E, soprattutto, con i nuovi problemi di liquidità, che stanno togliendo ossigeno alle disastrate casse pubbliche di Atene. Al di fuori dei temi economici, la Commissione Europea pubblicherà oggi il terzo rapporto sulla Giustizia, che fotograferà l'efficienza, la qualità e l'indipendenza della macchina giudiziaria nei diversi Paesi dell'Unione. Una tabella che potrebbe risultare molto interessante per l'Italia, alle prese con un sistema spesso lento e inefficiente. La settimana è ricca di vertici ministeriali, previsti a Bruxelles: oggi summit dei Ministri dell'Occupazione, domani l'Ecofin, che dovrà dare l'ok alla proposta della Commissione di concedere più tempo a Parigi per rientrare nel parametro del deficit. Importante vertice -giovedì- dei Ministri dell'Interno europei, che faranno il punto sull'emergenza immigrazione, sempre più di attualità. Il giorno dopo tocca ai colleghi della Giustizia, che discuteranno di protezione dei dati. Infine, venerdì, summit dei Ministri dei Trasporti e dell'Energia. A Strasburgo settimana di sessione dell'Europarlamento, che voterà una risoluzione sull'omicidio di Boris Nemtsov, dibatterà le priorità economiche comunitarie, voterà sui tetti alle commissione delle carte di credito, discuterà le priorità di politica estera con l'Alto Rappresentante Mogherini, e vedrà la visita -domani- di Re Abdullah di Giordania. Infine, oggi a Washington, incontro tra il presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk e il presidente americano Barack Obama.

7/3/2015

L'antipasto arriverà già oggi, con il meeting a porte chiuse a Venezia tra il Ministro delle Finanze ellenico Varoufakis e quello italiano, Padoan. L'offensiva di Atene per uscire dal nuovo cul de sac che rischia di portarla al default prende il via in Italia, per proseguire lunedì in sede di Eurogruppo.

Un'offensiva su due binari, tanto a muso duro, quanto dialogante: nella parte del cattivo il premier Alexis Tsipras, che attacca a testa bassa la Bce. In un'intervista a Der Spiegel accusa Mario Draghi di aver messo un cappio intorno al collo della Grecia. Il niet di Francoforte a proseguire i finanziamenti alle banche elleniche, accettando titoli di Stato come collaterali, mette a serio rischio il successo dell'emissione di titoli a breve termine per reperire liquidità. Per chiarire il concetto, Tsipras annuncia un ritorno a un clima da pre-20 febbraio, se la Bce non aiuterà. Nella parte del buono, per una volta, c'è Varoufakis, che invia una lettera di undici pagine a Bruxelles, contenente sette punti di riforme. Alcuni abbastanza bizzarri: su tutti l'arruolamento di ispettori delle tasse temporanei -quali studenti, domestici e turisti- per combattere la dilagante evasione fiscale. Tra le altre misure, l'istituzione di un consiglio di bilancio indipendente per monitorare la spesa pubblica, un piano di recupero delle tasse non pagate, e l'emissione di licenze per il gioco d'azzardo online. Da Bruxelles risposta molto cauta: la lettera non implica un esborso automatico della nuova tranche di aiuti.

6/3/2015

Un documento di undici pagine, con sette riforme economiche per sbloccare aiuti pari a oltre sette miliardi di euro. La lettera del Ministro delle Finanze ellenico YanisVaroufakis approda a Bruxelles, in tempo per l'esame di lunedì all'Eurogruppo.

La Grecia torna a vivere ore difficili, col serio rischio di un default nuovamente alle porte: ci sono infatti 6 miliardi di euro in debiti da ripagare entro la fine del mese. Il premier Alexis Tsipras ha accusato il presidente della Bce Mario Draghi di aver messo un cappio intorno al collo della Grecia: Atene ha disperato bisogno di liquidità, e intende emettere buoni del Tesoro a breve termine per reperirla: un rifiuto di Francoforte, stando a quanto Tsipras ha dichiarato a Der Spiegel, riporterebbe l'Europa al thriller vissuto prima del 20 febbraio. Il premier ellenico la prossima settimana sarà a Parigi e Bruxelles a perorare la causa greca. Nelle ultime ore intanto ha fatto discutere la lettera con la lista di riforme aggiornata, inviata a Bruxelles: tra le misure previste, persino il reclutamento di studenti, domestici e turisti come ispettori temporanei delle tasse, per combattere la dilagante evasione. Non solo,Varoufakis prevede un piano per assegnare licenze a compagnie di gioco d'azzardoonline, che dovrebbe portare in cassa 500 milioni l'anno. Accanto a queste proposte bizzarre, figurano riforme tradizionali, quali un "consiglio del Fisco", per monitorare la spesa governativa, e un piano per recuperare le tasse evase. Da Bruxelles risposta molto cauta: la lettera non implica un esborso automatico della nuova tranche di aiuti.

6/3/2015

Parte lunedì il quantitative easing della Bce, che ieri -nella riunione del board a Cipro- ha lasciato i tassi fermi allo 0,05%.

Il presidente della Bce Mario Draghi fissa in calendario la data ufficiale di partenza del quantitative easing -lunedì 9 marzo- e riporta ottimismo sulle previsioni di crescita dell'Eurozona, dopo mesi passati ad attendere schiarite. Fra tre giorni Francoforte lancerà acquisti di titoli sul mercato secondario, per 60 miliardi di euro al mese: difficilmente si fermerà -come ipotizzato- nel settembre 2016. Le ultime previsioni sull'inflazione nell'Eurozona vedono infatti un approssimarsi all'obiettivo del 2% solo tra due anni. Più rosee le stime sul Pil dell'area Euro: un punto e mezzo di guadagno quest'anno, con una media del 2% nel prossimo biennio. Da Nicosia, Draghi si appunta parte del merito per questi "sviluppi positivi": le misure della Bce hanno aiutato, insieme al calo del petrolio. Draghi ha dedicato buona parte del suo discorso alla Grecia: Francoforte ha alzato proprio ieri di 500 milioni la liquidità di emergenza alle banche elleniche. Atene resta però esclusa dal QuantitativeEasing: i suoi titoli di Stato sono di fatto spazzatura, e la Grecia ha sospeso l'applicazione del Memorandum. Draghi ha ironizzato: avendo i prestiti ad Atene raggiunto il 68% del Pil, la Bce è -nei fatti- la Banca Centrale ellenica. Noi sosteniamo Atene, ha aggiunto, avvertendo però il Governo Tsipras: meglio evitare comunicazioni in grado di creare volatilità sui mercati. Le mosse della Bce hanno fatto scendere lo spread Btp-Bund a 97, con le Borse europee ampiamente positive. Euro ai minimi da undici anni sul dollaro.

5/3/2015

La data scelta è il 9 marzo: quel giorno la Banca Centrale Europea farà partire ufficialmente l'atteso "quantitative easing".

60 miliardi al mese di acquisti sul mercato secondario dei titoli, come annunciato due mesi fa, in un clima economico che torna a far intravedere il sereno: le misure annunciate dalla Bce stanno gia' producendo risultati, aiutando gli "sviluppi positivi" gia' visibili nell'Eurozona, ha tenuto a precisare Mario Draghi. Che ha snocciolato le nuove stime del Pil nell'area euro, in rialzo: +1,5% quest'anno, +1,9% il prossimo e +2,1% per il 2017. Anche l'inflazione torna a salire, con un proiezione vicina al 2% entro il biennio. Probabile dunque che il Quantitative Easing prosegua ben oltre il settembre 2016. Il presidente della Bce ha dedicato buona parte del suo discorso alla Grecia: Francoforte ha alzato a 500 milioni la liquidità di emergenza alle banche elleniche, ha annunciato. Atene resta però esclusa dal Quantitative Easing, poiché i titoli di Stato ellenici sono di fatto spazzatura, e la Grecia ha sospeso l'applicazione del Memorandum. Draghi ha sottolineato come -avendo i prestiti ad Atene raggiunto il 68% del Pil- la Bce è nei fatti la Banca Centrale ellenica. Noi sosteniamo Atene, ha detto Draghi, avvertendo però il GovernoTsipras: meglio evitare comunicazioni in grado di creare volatilità sui mercati. I tassi Bce sono rimasti infine fermi allo 0,05%: gli annunci di Draghi hanno fatto scendere lo spread Btp-Bund a 97, con le Borse europee ampiamente positive, e il Ftse Mib a +1,22%.

4/3/2015

Apprezzamento e fiducia su quanto l'Italia sta facendo: il presidente della Repubblica Sergio Mattarella chiude l'intensa giornata di bilaterali con i vertici delle istituzioni comunitarie, a Bruxelles, con una rapida conferenza stampa - nella quale si concentra soprattutto sui temi di politica estera affrontati. In primis la Libia.

Il rischio, dice Mattarella, è quello di una Libia "porto franco" del terrorismo. Anche per questo, sottolinea, occorre sostenere gli sforzi del mediatore e inviato Onu Leon, per il cessate il fuoco e un Governo di unità nazionale. La ripresa economica europea è stata invece al centro dell'incontro con il presidente della CommissioneJuncker. In generale, Mattarella si è detto soddisfatto della sua prima 24 ore brussellese: a questo proposito, non ha mancato di sottolineare come gli ultimi atti dell'Unione Europea verso l'Italia dimostrino la fiducia verso Roma. Il Commissario all'Economia Moscovici più tardi confermerà: "l'ok all'Italia sui conti pubblici è un riconoscimento per gli sforzi fatti". Da Bruxelles ieri la notizia rassicurante sulle forniture di gas all'Europa: dopo l'intesa sul rispetto di quelle invernali, entro marzo nuovo trilaterale per l'accordo su quelle estive.

3/3/2015

"Ho trovato molto apprezzamento su quello che l'Italia sta facendo e molta fiducia, come gli ultimi atti dell'Unione Europea dimostrano": il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sintetizza così la lunga giornata di incontri a Bruxelles, che lo hanno visto faccia a faccia con i vertici delle istituzioni comunitarie e con i nostri eurodeputati.

In una conferenza stampa finale di soli quattro minuti, Mattarella definisce "buono", di amicizia e di rispetto, il clima dei bilaterali, che lo hanno visto incontrare anche l'Alto Rappresentante europeo, Federica Mogherini. Proprio la politica estera è stata in primo piano, in particolare con il polacco Tusk, presidente del Consiglio Europeo. Il rischio, dice Mattarella, è quello di una Libia "porto franco" del terrorismo. Anche per questo, sottolinea, occorre sostenere gli sforzi del mediatore e inviato Onu Leon per il cessate il fuoco e un Governo di unità nazionale. La ripresa economica europea è stata invece al centro dell'incontro con il presidente della CommissioneJuncker. In generale, Mattarella si è detto soddisfatto della sua prima 24 ore brussellese, nella speranza -sottolinea- che possa essere di aiuto nel dialogo tra Italia ed Europa.

3/3/2015

Germania ed Europa: la prima missione all'estero del presidente della Repubblica Sergio Mattarella fotografa la geografia del potere nel Vecchio Continente.

Proprio l'Europa resta la stella polare, così come fu con il predecessore Giorgio Napolitano, anche se la prima uscita del neopresidente appare più in linea con l'attuale Governo. Mattarella chiede un "cambio di passo", che porti a una ripresa della crescita, perché -dice- "solo così si potrà continuare ad alimentare le speranze delle nuove generazioni". La sintonia con il presidente tedesco Gauck è piena: proprio Gauck ha chiesto una risposta comune europea al problema della crescente ondata migratoria verso l'Italia, prima di esprimere il proprio apprezzamento al piano di riforme tricolore. Da ieri sera Mattarella è a Bruxelles, dove nelle prossime ore lo attende un fitto programma di incontri: prima con il presidente dell'Europarlamento Schulz e con i nostri eurodeputati, poi con l'Alto Rappresentante Mogherini, a seguire il presidente del Consiglio Tusk e quello della Commissione Juncker. A Bruxelles troverà un clima nuovamente in fibrillazione sulla Grecia, dopo che per Atene si sta discutendo apertamente di un terzo piano di salvataggio da 50 miliardi. Dietro alla notizia, filtrata da Madrid, si cela uno scontro politico tra la Grecia da una parte e Spagna e Portogallo dall'altra, sulle barricate dopo che Alexis Tsipras le ha accusate di aver sabotato i negoziati in sede di Eurogruppo, per provocare la caduta del Governo a guida Syriza.

2/3/2015

"L'Europa deve riprendere a crescere, a sviluppare la propria integrazione. Soltanto cosi' potra' continuare ad alimentare speranze per le nuove generazioni".

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella riprende da Berlino il filo politico ereditato dal predecessore Giorgio Napolitano, nella visita all'omologo tedesco Joachim Gauck. Nella sua prima missione all'estero, Mattarella incassa gli apprezzamenti tedeschi per le riforme in corso nella Penisola -"il Governo e' riuscito a dare nuove speranze di cambiamento e ad avviare riforme ambiziose", si congratula con lui Gauck. Mattarella ha successivamente visitato il Memoriale del Muro di Berlino, e ha incontrato la cancelliera Merkel, con la quale è tornato sulle questioni europee e internazionali. Nelle ultime ore intanto ha tenuto banco -proprio in Europa- la questione greca: se la Merkel chiede ad Atene di specificare meglio i progetti di riforma necessari al prolungamento del piano di salvataggio, anche la Commissione Europea conferma: la Grecia "potrebbe avere bisogno di un terzo salvataggio, quando l'attuale piano scadrà". Così il vicepresidente Valdis Dombrovskis. La Spagna, che col Portogallo ha un conto aperto con Atene -dopo l'accusa lanciatale daTsiprasdi aver minato i negoziati con l'Eurogruppo- stima in 30-50 miliardi di euro il nuovo bailout.

28/2/2015

La fine di febbraio porta due buone notizie per l'economia italiana, a distanza di poche ore: la prima riguarda lo spread Btp-Bund, che crolla sotto quota 100 punti base, come non si vedeva dal maggio 2010, prima di una lieve risalita.

Lontano anni luce appare il drammatico autunno 2011, quando il gap tra titoli italiani e tedeschi era quasi sei volte superiore, in un crescendo che rischiava di portarci al default. La seconda buona notizia arriva dal Pil: non tanto per il dato assoluto, uno striminzito +0,1% nel primo trimestre 2015 secondo le previsioni Istat, ma perché -se confermato- si tratterebbe del primo segno "più" dopo ben tre anni e mezzo di crisi e recessione. Un segnale psicologicamente confortante. Il tutto mentre la Commissione Europea, nel rapporto sul debito italiano, lo definisce sì "una fonte di vulnerabilità", ma prospetta un rafforzamento della sua sostenibilità, qualora l'attuazione completa delle riforme strutturali venisse attuata. Il tutto mentre ilBundestag tedesco ha approvato ieri con un'ampia maggioranza di 541 deputati l'estensione del piano di aiuti europeo alla Grecia. Il premier ellenico Tsipras ha promesso di lavorare duramente per cambiare il Paese, dopo il voto della Germania, ma ha anche chiesto che "inizino i colloqui" per affrontare il nodo del debito greco. Il Fondo salva-Stati Efsf, da parte sua, ha esteso la disponibilita' dei fondi alla Grecia fino al 30 giugno, cosi' come previsto dall'accordo dell'Eurogruppo.

27/2/2015

Buone notizie oggi per l'Italia sul fronte economico: l'Istat ha annunciato che la Penisola tornerà a crescere -nel primo trimestre di quest'anno- dopo ben 14 trimestri consecutivi.

La nostra economia farà segnare un timidissimo +0,1%, legato soprattutto all'export e più simbolico e di incoraggiamento, che non di sostanza, ma tanto può bastare per risollevare il morale, dopo il lungo buio della recessione. Notizia che fa il paio con un'altra novità: lo spread tra Btp e Bund è sceso oggi sotto la soglia dei 100 punti base, fino a 98,5 punti, per la prima volta da meta' maggio 2010. In serata lo spread ha po chiuso a 101. Il tutto nel giorno in cui il Bundestagtedesco ha approvato con un'ampissima maggioranza di 541 deputati l'estensione del piano di aiuti europeo alla Grecia. Significativo notare che -dei 32 voti contrari- quasi tutti sono giunti dallo schieramento conservatore Cdu/Csu, che fa riferimento alla cancelliera Angela Merkel. Un chiaro segnale di avvertimento. Il premier ellenico Tsipras ha promesso di lavorare duramente per cambiare il Paese, dopo il voto tedesco, che lui ha definito "un voto di fiducia all'Europa". Il Fondo salva-Stati Efsf, da parte sua, ha esteso la disponibilita' dei fondi alla Grecia fino al 30 giugno, cosi' come prevede l'accordo dell'Eurogruppo. Quasi due miliardi sono ancora disponibili per Atene, ma l'esborso di questa tranche e' condizionato alla conclusione della valutazione del piano di riforme, atteso per fine aprile.

27/2/2015

L'Europa protagonista nel boom di emigrati nel Regno di Sua Maestà. Sul podio, per espatrio, anche l'Italia. Un problema in più, per il premier David Cameron.

La Gran Bretagna si conferma terra di immigrazione, in tempo di crisi: 624mila persone sono immigrate Oltremanica lo scorso anno, quasi centomila in più, rispetto all'anno precedente. Forte l'incremento dei cittadini dell'Unione Europea, in crescita di 43mila unità, a quota 251mila. Un vero e proprio smacco per il premier David Cameron, a soli due mesi dalle elezioni generali. Proprio lui che aveva promesso che -nel 2015- avrebbe ridotto l'immigrazione netta a 100mila unità annue. Invece ora si ritrova con una crescita di ben 54mila immigrati, rispetto al suo arrivo a Downing Street. Smacco ingigantito dall'incapacità mostrata sin qui da Cameron nel rinegoziare gli accordi di Schengen con i partner europei, dopo essersi scontrato col muro opposto dai partner. E i numeri raccontano come -proprio dall'Europa-arrivino i flussi maggiori: in primis dalla Romania, con 146mila emigrati, seguita dalla Polonia, a 107mila. Terzo Paese, neppure troppo a sorpresa, l'Italia, con ben 51mila connazionali emigrati per lavoro Oltremanica. Un numero, quest'ultimo, su cui riflettere: innanzitutto, perché certifica lo scollamento pauroso tra i dati di emigrazione ufficiali italiani e quelli dei Paesi di destinazione, ormai superiori di almeno tre volte. In secondo luogo, perché questo dato giunge a pochi giorni da un altro analogo, relativo all'emigrazione italiana in Germania: nel primo semestre 2014, 35mila italiani sono emigrati in terra teutonica. Facile stimare una cifra doppia, nell'arco dell'intero anno.

25/2/2015

Promossa, ma con tanti esami di riparazione ad aprile: la Grecia strappa l'ok dell'Eurogruppo ad un'estensione del piano di aiuti per altri quattro mesi, ma non convince fino in fondo l'ex-Troika.

In particolare Bce ed Fmi, che scrivono missive concilianti nelle premesse, ma dure nei dettagli. Le sei pagine di impegni, spedite ieri dal Ministro delle Finanze ellenico Varoufakis a Bruxelles, contengono un elenco operativo, vuoto però di numeri e di cifre. Si parla di lotta all'evasione e al contrabbando, di spending review, di revisione dell'Iva. Si fa una mezza marcia indietro sulle privatizzazioni, il cui stop non è più così scontato, mentre il pacchetto di misure sociali resta in pista, ma a patto che non cambi di una virgola gli impegni di bilancio presi. Una lista delle buone intenzioni, che non entusiasma Mario Draghi -"le misure alternative a quelle del Memorandum dovranno essere eguali o migliorative rispetto agli obiettivi", scrive, mentre il direttore Fmi Lagardedenuncia: "in diverse aree, tra cui le più importanti, la lettera non rassicura sulla volontà del Governo di procedere sulla strada delle riforme indicate". Non è un mistero che la vera partita inizi adesso, dopo la scontata ratifica da parte dei Parlamenti nazionali chiamati a dare il proprio benestare entro fine mese, incluso ilBundestag tedesco. Ad essere cruciali saranno i prossimi due mesi, nel corso dei quali Atene dovrà dettagliare ulteriormente il piano, rendendolo convincente. Se l'ex-Troika, ora "istituzioni", ha per ora premiato la buona volontà, ad aprile potrebbe essere molto meno tollerante. Un problema in più per Alexis Tsipras, dopo le numerose frenate sulle misure più di sinistra promesse in campagna elettorale.

24/2/2015

Il primo scoglio è superato. La Grecia ha inviato in mattinata l'attesa lista di misure e riforme economiche promessa venerdì all'Eurogruppo, strappando l'allungamento di quattro mesi degli aiuti europei, grazie ai quali Atene avrà liquidità fino a giugno.

L'ultimo scoglio da superare è ora rappresentato dal voto di alcuni Parlamenti nazionali, tra cui quello tedesco, previsto venerdì. Fonti del Governo Merkel hanno però già anticipato che il Ministro delle Finanze Schaeuble intende sostenere la richiesta di Atene. La Grecia -come previsto- ha dovuto fare ampie concessioni, rispetto alle promesse elettorali di Alexis Tsipras: non solo la Troika non è sparita, cambiando solo nome, ma nelle sei pagine di documento firmate dal Ministro dell'Economia Varoufakis le privatizzazioni non vengono affatto bloccate, ma saranno solo riesaminate. Anche le spese per il welfare e l'incremento del salario minimo dovranno comunque garantire un impatto neutro sul bilancio, e figurano all'ultimo punto. Come previsto invece, ampio spazio a lotta a corruzione, evasione e contrabbando. Senza dimenticare una pesante spending review. Le altre due gambe dell'ex-Troika, Bce ed Fmi, hanno dato un giudizio sostanzialmente simile: la lettera di Atene è un buon punto di partenza, ma dovrà divenire più dettagliata nelle prossime settimane, per procedere alle revisioni successive. "Ogni promessa fatta in campagna elettorale è stata incorporata in un modo sostenibile con questo nuovo dialogo con i nostri partner, questo contratto tra la Grecia e l'Europa", ha dichiarato il Ministro delle Finanze Varoufakis alla Cnn, per rassicurare l'opinione pubblica. Chi festeggia a fine giornata è la Borsa di Atene, che ha guadagnato quasi il 10%.

24/2/2015

E' arrivato dunque l'atteso ok dei Ministri delle Finanze dell'Eurogruppo alle misure economiche e di riforme presentate pur con diverse ore di ritardo da Atene.

La Grecia beneficerà quindi di altri quattro mesi di aiuti europei, che le consentiranno di arrivare fino a fine giugno. L'ultimo scoglio da superare è ora rappresentato dal voto di alcuni Parlamenti nazionali, tra cui quello tedesco. Ma il grosso è fatto. Atene ha -come previsto- dovuto fare ampie concessioni, rispetto alle promesse elettorali di Alexis Tsipras: non solo la Troika non è sparita, nei fatti, cambiando solo nome, ma nelle sei pagine di documento firmate dal Ministro dell'EconomiaVaroufakis le privatizzazioni non vengono bloccate, ma saranno solo riesaminate. Anche le spese per il welfare e l'incremento del salario minimo dovranno comunque garantire un impatto neutro sul bilancio. Come previsto, ampio spazio alla lotta a corruzione, evasione e contrabbando. La lettera di Atene "e' un valido punto di partenza", ma considerato "il tempo molto limitato disponibile" non e' stato possibile "elaborare proposte concrete e impegni" su crescita, finanza pubblica e stabilita' finanziaria, ha affermato il presidente della Bce Mario Draghi. La posizione di Draghi riassume nei fatti quelle delle principali istituzioni europee, che considerano questa lettera solo un buon punto di partenza. Chi festeggia a fine giornata è la Borsa di Atene, che ha guadagnato quasi il 10%.

24/2/2015

Qualche ora in più. E' slittata a questa mattina la presentazione -da parte di Atene- del piano economico e di riforme necessario ad estendere di quattro mesi -fino a fine giugno- il piano di aiuti europeo.

Salta quindi -a sorpresa- la scadenza fissata venerdì dall'Eurogruppo, che aveva stabilito una deadline per ieri a mezzanotte. Ufficialmente non sono state rese note le motivazioni di questo rinvio, sul quale l'Eurogruppo ha dato il suo benestare. Proprio i Ministri delle Finanze europei si riuniranno in teleconferenza questo pomeriggio, per una prima valutazione delle misure. A quanto si è appreso, Atene avrebbe già spedito una prima versione del piano nel weekend, cui ha fatto seguito un fitto scambio di e-mail e comunicazioni con Bruxelles. L'esecutivo Tsipras avrebbe promesso di andare fino in fondo sulla lotta all'evasione, alla frode fiscale, e al contrabbando, puntando al contempo su una riforma della giustizia civile, e su una maggiore efficienza della pubblica amministrazione - compresi i tagli alla burocrazia. I nodi più critici sarebbero rappresentati dalle misure sociali: fonti del Governo ellenico assicurano che queste misure, promesse in campagna elettorale, ci saranno. Anche per tranquillizzare l'ala sinistra di Syriza, già in subbuglio. Tra queste misure, l'elettricità gratuita per le famiglie povere, e l'accesso a costo zero a sanità, cibo e trasporti pubblici per i pensionati a basso reddito. Il problema sarà bilanciare queste misure, con entrate di pari importo, senza deviare dal processo di risanamento e riforme chiesto dall'Europa. Oggi il primo verdetto.

23/2/2015

Slitta a domani la presentazione da parte di Atene del piano economico di riforme necessario ad estendere di quattro mesi -fino a fine giugno- i finanziamenti di salvataggio europei.

Salta quindi -a sorpresa- la scadenza fissata venerdì dall'Eurogruppo, che aveva dato una deadline per oggi a mezzanotte: la nuova scadenza è dunque domani mattina. Ufficialmente non sono state rese note le motivazioni di questo slittamento, sul quale l'Eurogruppo ha dato il suo benestare. Proprio i Ministri delle Finanze europei si riuniranno in teleconferenza domani pomeriggio, per una prima valutazione delle misure. A quanto si è saputo, Atene avrebbe già spedito una prima versione della lista nel weekend. Negli ultimi tre giorni lo scambio di e-mail e comunicazioni sulla rotta Atene-Bruxelles è stato fitto, con la Grecia che avrebbe promesso di andare fino in fondo sulla lotta all'evasione e alla frode fiscale, puntando anche a una riforma della giustizia civile, a una maggiore efficienza della pubblica amministrazione e i tagli alla burocrazia. I nodi più critici sarebbero rappresentati dalle misure sociali: Tsipras deve cercare di conciliare le promesse elettorali di sostegno ai redditi più bassi con un impatto zero su deficit e debito. Il sito Real.gr afferma che Atene manterrà comunque la rateizzazione delle tasse e il blocco dei sequestri delle prime case per chi non paga il mutuo. Pure il paventato stop alle privatizzazioni appare difficile da mantenere. Oggi il quotidiano tedesco Bild Zeitung ha fornito alcuni numeri: Atene intenderebbe ricavare dal contrasto al contrabbando della benzina 1,5 miliardi di euro; dal contrasto al contrabbando delle sigarette, 800 milioni; mentre 2,5 miliardi dovrebbero arrivare con una patrimoniale per i greci piu' ricchi; e 2,5 miliardi da introiti fiscali arretrati. Numeri che devono ora convincere l'ex-Troika e i Ministri delle Finanze europei.

21/2/2015

Quattro mesi di respiro, dopo aver ballato per settimane sull'orlo del precipizio. A patto però che Atene sottoponga -entro lunedì- una lettera con le prime misure di riforma che intende mettere nero su bianco, per rispettare gli impegni presi. Nella sostanza, la strada per rimettere la Grecia in pista ed evitare la cosiddetta Grexit è tracciata, ma ora va consolidata.

Atene potrà beneficiare per altri centoventi giorni del programma di aiuti europeo, la cui scadenza slitta a giugno, a patto però che rispetti gli impegni presi, senza tornare indietro rispetto alle riforme già fatte, e non prenda decisioni unilaterali. A prima vista, dunque, sono ampie le concessioni del Governo Tsipras alla camicia di forza del programma europeo. La vittoria resta nella forma: scompare la parola "Troika", sostituita da un più generico "istituzioni". Ma è presto per dare giudizi, anche perché l'intesa è acerba, e dovrà sottostare a continue verifiche e probabili nuove frizioni. Di certo c'è che Atene si dovrà impegnare ad assicurare un avanzo primario di bilancio adeguato per garantire la sostenibilita' del debito, anche se per l'anno in corso potrebbe arrivare qualche sconto, sulla base delle "circostanze economiche". L'accordo "va nell'interesse di tutta l'Europa", commenta il Commissario all'Economia Moscovici, mentre il tedesco Schaeuble rassicura i connazionali: "Atene non ricevera' ulteriori pagamenti fino a che il programma attuale non sara' concluso con successo". Il grecoVaroufakis celebra il funerale del Memorandum: l'accordo e' "il primo passo nella direzione giusta di un lungo viaggio", dice. Chi festeggia è Wall Street, che chiude a livelli record - grazie all'intesa dell'Eurogruppo.

20/2/2015

Il decisivo e atteso Eurogruppo sulla Grecia è finalmente iniziato intorno alle 18.10, dopo ben tre ore di ritardo e innumerevoli incontri bilaterali, per tentare di appianare una situazione estremamente complicata.

Un pomeriggio che a un certo punto è persino sembrato scivolare nella farsa, quando il sito del quotidiano tedesco Bild ha pubblicato il presunto scoop relativo alla lettera inviata da Atene a Bruxelles, con la richiesta di una proroga degli aiuti. Stando al tabloid tedesco, una prima versione della lettera sarebbe stata preparata dal premier Tsipras, di concerto con il presidente della Commissione Juncker e dell'Eurogruppo Dijsselbloem. La lettera sarebbe però stata successivamente modificata dal Ministro delle Finanze Varoufakis, che avrebbe tagliato le rassicurazioni relative al rispetto delle condizioni di salvataggio, concordate dai Governi precedenti. La ricostruzione della Bild è stata smentita seccamente da fonti elleniche. Il clima appare lievemente ottimista, anche solo per il fatto che il vertice straordinario alla fine è cominciato: ottimista è stato lo stesso Varoufakis - ''confido in un accordo oggi, abbiamo fatto non solo un miglio in piu', ma dieci miglia in piu', ora aspettiamo che i nostri partner facciano quello che resta", ha detto, auspicando la fumata bianca. Molti i dubbi espressi in queste ore dai Paesi europei che -come Atene- hanno ricevuto in questi anni aiuti europei. La cancelliera tedesca Merkel ha definito la lettera greca "un punto di partenza e un buon segnale", ma il presidente dell'Eurogruppo ha definito la situazione "molto complicata". Sullo sfondo, il rischio caos: Atene avrebbe già proposto un vertice di emergenza dei leader europei domenica, qualora anche questo Eurogruppo fallisse.

19/2/2015

Il parlamento italiano si appresta a votare, nelle prossime ore, il riconoscimento dello Stato della Palestina. Le mozioni sono state approntate non solo da Sel e Psi, ma anche dal Partito Democratico, provocando l'immediata reazione di Israele, che definisce l'eventuale riconoscimento "prematuro".

Le mozioni italiane arrivano a soli due mesi dal voto del Parlamento Europeo, anch'esso osteggiato da Tel Aviv. Strasburgo approvò una mozione annacquata, rispetto alle proposte originarie avanzate da Socialisti, Sinistra e Verdi - che chiedevano un riconoscimento diretto -da parte dell'Europa- dello Stato palestinese. La spaccatura tra centrosinistra e centrodestra europei emerse nei commenti post-voto: "non c'è alcun riconoscimento immediato e senza condizioni dello status di Stato palestinese", commentò il capogruppo popolare Weber. "Si tratta di una decisione storica, una vittoria per tutto il Parlamento", ribattè il socialista Pittella. Al momento, la Svezia è -tra i Paesi dell'Europa Occidentale- l'unico ad aver ufficialmente riconosciuto la Palestina. Altri Stati hanno optato per soluzioni più morbide: la British House of Commons e l'Assemblea Nazionale francese hanno adottato risoluzioni non vincolanti, così come hanno fatto i parlamenti di Spagna, Irlanda e Portogallo. In totale, 135 Paesi mondiali riconoscono lo Stato palestinese: all'interno dell'Unione Europea, il sostegno appare maggiore soprattutto nell'Est. Bulgaria, Cipro, Repubblica Ceca, Ungheria, Malta, Polonia, Romania e Slovacchia riconoscono la Palestina. E anche nazioni candidate all'ingresso nell'Unione, quali Montenegro, Serbia, Bosnia e Turchia figurano nella lista dei supporter. La questione palestinese costituisce un ottimo esempio delle innumerevole divisioni e spaccature che percorrono l'Europa, nella sua fragile politica estera. In questo caso non solo osserviamo posizioni a macchia di leopardo, ma persino linee di frattura che ripercorrono gli antichi blocchi della guerra fredda. La mozione parlamentare italiana riaprirà certamente il dibattito. Per posizioni unitarie e inequivocabili da parte dell'Europa occorrerà invece attendere molto di più.

18/2/2015

Tensione alle stelle e clima incandescente ieri sulla crisi greca, con scambi di messaggi al vetriolo tra Atene e Berlino. Il tutto in una giornata pesante anche per il settore bancario e finanziario.

A suonare la carica ci ha pensato il premier Alexis Tsipras in persona,che ha bollato come "morto" il piano di austherity - fino a definire l'ultima dichiarazione dell'Eurogruppo "una provocazione, non in linea con quella dei leader europei". "Non abbiamo fretta, non accetteremo compromessi", ha condito Tsipras, giurando che il suo esecutivo manterrà le promesse elettorali. Infatti venerdì il Parlamento varerà le prime riforme sociali, la cui sostenibilità economica rischia di finire in rotta di collisione con le condizioni poste dall'Europa. Intanto il Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble, lo stesso accusato daTsipras di aver perso le staffe, rivolgendosi in modo umiliante verso Atene, è stato trachant: "e' una decisione interamente nelle mani della Grecia se il Paese restera'nell'euro", ha detto. La Commissione Europea, da parte sua, nega l'esistenza di un piano B: "il piano 'A' e' che ci sia un accordo a 19, questo e' il solo piano sul tavolo", afferma il portavoce Schinas. Giornata pesante per gli istituti di credito ellenici, che stanno sollecitando il governatore della Banca Centrale, Yannis Stournaras, a trovare ulteriore liquidita' il prima possibile. La settimana scorsa le banche greche hanno aumentato di 51,7 miliardi l'uso dei fondi d'emergenza messi a disposizione dalla Bce tramite l'Emergency Liquidity Assistance. I riflessi della giornata hanno pesato sui mercati: la borsa di Atene ha perso il 2,45%, e il rendimento dei titoli a tre anni è schizzato a oltre il 19%.

16/2/2015

Scorrono inesorabili le lancette che segnano il countdown nella corsa contro il tempo, per mantenere la Grecia nell'Eurozona: il weekend di consultazioni tra Governo ellenico e tecnici dell'ormai ex-Troika ha dato ottimismo al Governo di Atene, anche se il premier ellenico Tsipras chiede "tempo, non denaro per fare le riforme".

In un'intervista al settimanale tedesco Stern, Tsipras propone "una soluzione win-win, chiede di consentirgli di salvare la Grecia dalla tragedia, e di preservare l'unità europea". La scadenza del 28 febbraio, tra soli dodici giorni, inquieta tutti, a partire dal Ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, che non è più così sicuro che i negoziati tra Atene e Bruxelles possano chiudersi prima - anche se lui punta le fiches su un'intesa. Provando a tradurre il nodo negoziale in termini comprensibili, le distanze possono essere meno ampie rispetto alle posizioni di partenza: la Grecia propone un programma-ponte di aiuti, in attesa di un piano riscritto da capo. Mentre l'Europa -Germania in testa- preferirebbe non cambiare le regole del gioco. Una vecchia volpe della politica comunitaria, ora a capo della Commissione Europea, il lussemburghese Juncker, è stato esplicito nell'individuare un 70% di punti del vecchio Memorandum, che Atene intenderebbe comunque rispettare, a partire dalla lotta all'evasione fiscale, e un 30% sul quale occorrerà negoziare duramente - soprattutto in tema di privatizzazioni, salari e diritti dei lavoratori. Questioni sulle quali Tsipras ha giocato l'intera campagna elettorale. Su cui non può ora platealmente cedere. Decine di migliaia di persone ieri sono scese in piazza ieri in diverse città greche - 18mila nella sola Atene, in manifestazioni anti-austerità. Il presidente della Banca Centrale Europea Draghi, citato dal quotidiano spagnolo Abc, ha escluso l'ipotesi di un'uscita greca dall'Eurozona. Opinione condivisa dal tedesco Klaus Regling, potente numero uno dello European Stability Mechanism: "la cosiddetta "Grexit" sarebbe l'opzione peggiore per tutti i soggetti coinvolti", ha detto. Ma tra le dichiarazioni di principio e i fatti il divario potrebbe essere non così semplice da colmare. Le lancette intanto continuano -inesorabili- il loro giro d'orologio. Stasera un Eurogruppo potenzialmente decisivo.

15/2/2015

In questo documento audio eccezionale -diffuso dalla Bbc- potete ascoltare il momento in cui decine di colpi bucano la porta a vetri del caffè e centro culturale Krudttoennen, nel quartiere di Oesterbro, a nord di Copenhagen.

Un incontro-dibattito su "Arte, blasfemia e libertà di espressione", un mese dopo l'attentato a Charlie Hebdo, si trasforma in una replica -fortunatamente meno cruenta- dell'attentato francese. Un uomo vestito di nero, con un cappello viola e una sciarpa arancione a coprire il viso apre il fuoco, con un'arma semiautomatica. Alcuni agenti di polizia presenti rispondono: in un attimo è l'inferno. Un uomo resta a terra, ucciso, tre poliziotti invece vengono feriti, ma non sono in pericolo di vita. Agenti in servizio per difendere quello che probabilmente era l'obiettivo dell'attacco: il vignettista svedese Lars Vilks, sotto protezione da otto anni, in seguito alla pubblicazione di una sua caricatura di Maometto con le sembianze di un cane. Vilksresta illeso, e si salva anche l'ambasciatore francese Francois Zimeray. Il quale, finita la sparatoria, trova la forza di twittare cinque parole: "sono ancora vivo nel locale". La Danimarca a tarda sera si scopre sotto choc, con la premier Helle Thorning-Schmidt che definisce l'attacco un episodio di "terrorismo". Opinione -questa- condivisa dal servizio di sicurezza nazionale. Nel giro di poche ore, l'Europa reagisce: il presidente francese Hollande definisce l'attacco "deplorevole". "L'Europa non sara' intimidita": cosi' la Commissione, mentre il premier britannico Cameron ricorda che la libertà di espressione dev'essere sempre protetta. Dal premier Matteo Renzi "la totale solidarieta' dell'Italia e del Governo".