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19/2/2017

Un'Europa a due facce, quella che ha segnato la giornata di ieri sulla crisi migranti: da una parte i politici della destra populista, impegnati in un crescendo di provocazioni. Dall'altro le decine di migliaia di persone che hanno invaso Barcellona con un messaggio esattamente opposto.

In Olanda è già polemica per la frase-choc del leader di estrema destra islamofobo Geert Wilders, che -in piena campagna elettorale e forte di sondaggi che lo danno come vincitore, pur senza maggioranza assoluta, alle prossime elezioni- ha sparato a zero contro quella che ha definito "la feccia marocchina". "Restituiremo il Paese al popolo olandese", ha promesso. Concetti non dissimili dal leader leghista Salvini, che a Recco invoca una pulizia di massa anche in Italia, chiudendo i confini. 800 km. più a ovest, affacciata sullo stesso mare di Salvini, una marea umana lanciava un messaggio esattamente opposto. In 160mila manifestanti hanno percorso e invaso la centralissima via Layetana, a Barcellona, insieme alla sindaca Ada Colau, al grido di "Volem Accollir", "vogliamo accogliere" in catalano, per chiedere a Madrid di non eludere gli impegni sull'accoglienza dei rifugiati. Intanto il Ministro degli Esteri Alfano ha incontrato l'omologo austriacoKurz: "ci attendiamo il piu' forte impegno possibile dell'Unione Europea" sulla crisi migranti, ha detto, ricordando il fallimento del sistema dei ricollocamenti comunitario.

15/2/2017

Muro contro muro tra Barcellona e Madrid sulla crisi relativa all'indipendenza catalana. La Corte Costituzionale spagnola ha annullato -ieri- il processo che avrebbe portato al referendum sull'autodeterminazione, convocato dalla Generalitat catalana per settembre.

Il Governo della regione autonoma ha replicato -da parte sua- che intende andare avanti comunque. Lo scontro di treni tra Spagna e Catalunya rischia a questo punto di essere molto più di una probabilità: la questione della possibile indipendenza di Barcellona è sul tavolo da anni: il premier iberico Rajoy, leader di centrodestra del Partido Popular, ha sempre posto il veto dell'integrità territoriale spagnola, non aprendo ad alcun margine di trattativa. Sfortunatamente per lui, però, a dominare il Parlament catalano è una maggioranza apertamente indipendentista, che -dopo il no a qualsiasi trattativa- ha deciso di imboccare la via principale. Quella referendaria. Ad aggravare il tutto i procedimenti penali aperti per disobbedienza contro l'ex-presidente catalano Mas e contro la presidente del Parlamento catalano Forcadell, dopo il referendum consultivo convocato tre anni fa. Fonti del Governo spagnolo non escludono l'uso della forza, per impedire referendum e possibile secessione. Il rischio che il braccio di ferro in corso esca dall'alveo politico per invadere quello giudiziario e militare non è più da escludere.

10/2/2017

Corregge parzialmente il tiro la cancelliera tedesca Angela Merkel, nel giorno in cui incontra il presidente della Bce Mario Draghi. "Non sono interessata ad un'Eurozona a diverse velocità", dice.

"L'Eurozona deve rimanere nel complesso insieme", afferma la cancelliera, facendo intravedere che le diverse velocità potrebbero differenziare -nel suo pensiero- i Paesi che adottano l'Euro da quelli che invece sono fuori dalla moneta unica. O almeno questa può essere un'interpretazione. "Quello che viene deciso da tutti gli Stati dell'Eurozona deve essere sostenuto: come per esempio l'Esm o altre cose", ha continuato la cancelliera, precisando pure di non volere circoli esclusivi nell'Unione Europea: "bisogna lasciare aperti ad altri Stati tutto il lavoro di rafforzamento e integrazione che deve essere fatto", ha spiegato. Un messaggio -questo- mirato soprattutto a calmare le preoccupazioni espresse a Est, in particolare dalla Polonia. L'incontro di ieri con Mario Draghi è durato a lungo, circa due ore: bocche cucite all'uscita, solo laMerkel si è limitata a commentare, in una successiva conferenza stampa: è "sempre interessante" parlare con il presidente della Bce. Ieri sera il Governo tedesco ha annunciato un piano in sedici punti -d'intesa con i Laender- per accelerare i rimpatri dei clandestini. Obiettivo: mantenere la politica delle porte aperte solo per chi ne ha effettivo diritto.

9/2/2017

Incontro oggi pomeriggio a Berlino tra la cancelliera tedesca Merkel e il presidente Bce Draghi. Al momento nulla è trapelato, ma è anche vero che -a breve- la cancelliera terrà una conferenza stampa di politica interna, per cui potrebbe riferire -in quell'occasione- parte del contenuto del faccia a faccia.

Certamente l'attualità avrà fatto capolino nel bilaterale: non sempre Francoforte e Berlino hanno avuto la stessa visione della politica monetaria, ma in questo momento le variabili che minacciano l'Eurozona -su tutte Trump e Brexit- impongono ai due uno spartito comune. Sicuramente Draghi avrà chiesto ad Angela Merkel di precisare meglio la sua idea di Europa a più velocità, che lacancelliera ha accennato la scorsa settimana a Malta - e quanto questa idea potrà coincidere -economicamente e geograficamente- con l'Eurozona. E forse -quella odierna- potrebbe essere stata anche l'occasione per un chiarimento, su chi decide realmente la politica economica in Germania: se la Merkel, fin qui più conciliante con Francoforte, o il Finanzminister Schaeuble, molto critico con la politica espansiva della BCE. Proprio in serata Schaeuble ha messo in guardia da un allentamento degli standard di sicurezza internazionali per le grandi banche, come annunciato dalla nuova amministrazione americana.

5/2/2017

Fuori dall'Europa e dalla Nato - se necessario: Marine Le Pen arringa i suoi sostenitori a Lione, avviando la volata verso le presidenziali del 23 aprile, con vista sul probabile -e decisivo- ballottaggio del 7 maggio.

La leader del Front National estrae i suoi assi ed enumera i classici cavalli di battaglia, approfittando di un momento nero per l'ormai ex-favorito all'Eliseo, quel Francois Fillon, leader dei Republicains, pesantemente azzoppato dallo scandalo Penelopegate - al punto che ben due terzi dei francesi ne esigono il ritiro dalla corsa elettorale. La Le Pen si presenta in veste populista - nel senso letterale della parola: "sono la candidata del popolo, non sono la candidata dei soldi. Soldi della destra. O soldi della sinistra", dice, non lesinando una frecciata all'altro favorito, l'emergente Macron, ex-banchiere d'affari. Poi passa all'attacco del suo bersaglio preferito, l'Europa: "un fallimento", lo definisce, da mettere sotto tutela e dalla quale riportare a casa sovranità. In caso contrario, minaccia, un referendum per tornare liberi. La Le Pen torna anche a insistere sull'uscita dal comando integrato della Nato, rafforzando però le spese militari dell'esercito francese. E -copiando spudoratamente il nuovo verbo trumpiano- la leader dell'estrema destra mette la Francia davanti a tutto, per poi attaccare -indiscriminatamente- l'immigrazione di massa, la globalizzazione e il fondamentalismo islamico. Infine, promette di chiudere i luoghi di predica dei fondamentalisti islamici. La corsa all'Eliseo è cominciata.

4/2/2017

Il sasso nello stagno è lanciato. La dichiarazione della cancelliera tedesca Angela Merkel, che ipotizza una ripartenza dell'Europa -a fine marzo a Roma per la celebrazione dei Trattati- che passi da un'Unione a diverse velocità, apre ufficialmente il dibattito.

Non più tutti i Paesi procederebbero insomma con lo stesso livello di integrazione, per far sì che chi intende approfondire una maggiore cooperazione in determinate aree, possa farlo senza freni o blocchi dettati dall'unanimità. Dove voglia puntare la rotta la cancelliera, che a settembre sfiderà alle elezioni l'ex-presidente dell'Europarlamento Schulz a sinistra e la forza antieuropea dell'Afd a destra, è ancora difficile dirlo: certamente tra meno di due mesi i 27 -persa virtualmente per strada la Gran Bretagna- dovranno necessariamente offrire una progettualità convincente sul futuro del Continente, dopo una serie di crisi, che hanno fortemente minato la fiducia dei cittadini. In realtà il concetto di velocità differenziate è già presente nei Trattati, in particolare quello di Lisbona, che prevede la possibilità di cooperazioni rafforzate - a patto che vi prendano parte almeno nove Paesi. E qui entrano in gioco i termini esatti usati dalla Merkel - "gradi di integrazione", che sottintendono un qualcosa di più approfondito. All'inizio del secolo si ipotizzò apertamente un'Europa a due velocità, in coincidenza di un allargamento che raddoppiò nei fatti il numero di Paesi, ingarbugliando il processo decisionale. Ora la Merkel riapre il dibattito. Roma diventa a questo punto una tappa-chiave nel futuro dell'Unione.

4/2/2017

Riassume -il premier Paolo Gentiloni- il vertice informale europeo di Malta, che al primo punto ha messo la crisi migratoria, con l'obiettivo di chiudere la rotta del Mediterraneo Centrale.

Dai leader comunitari pieno sostegno europeo all'accordo italo-libico sui migranti, e il via libera ai 200 milioni aggiuntivi per il Nord Africa proposti dalla Commissione Europea. Dal testo delle conclusioni sparisce il controverso paragrafo sulla riforma del regolamento di Dublino, sul quale -dice il premier Gentiloni- aleggiano tensioni diplomatiche, e si evita anche la mina del fallimento dei ricollocamenti, per i quali l'Italia pretendo il rispetto degli accordi. Il premier allontana l'ipotesi di una procedura di infrazione europea sui conti pubblici, e si aspetta anzi un esito positivo per i negoziati in corso, proprio mentre da Bruxelles fonti europee mandano a dire che servono maggiori dettagli, in merito alle misure che Roma ha inviato in Europa, per correggere la rotta. Convitato di pietra al vertice europeo Donald Trump, fonte di non pochi imbarazzi nelle conferenze stampa. Il più esplicito è stato il presidente francese Hollande: le pressioni di Trump sull'Unione Europea sono "inaccettabili", accusa. In generale, il sentimento diffuso è quello di preoccupazione tra i leader europei.

3/2/2017

Pieno sostegno europeo all'accordo italo-libico sui migranti, con l'obiettivo di chiudere la rotta del Mediterraneo Centrale. Roma porta a casa il minimo risultato possibile da Malta, dove gli altri leader si limitano ad applaudire l'intesa siglata da Gentiloni e Serraj, dando il via libera ai 200 milioni aggiuntivi per il Nord Africa proposti dalla Commissione Europea.

Dal testo delle conclusioni sparisce il controverso paragrafo sulla riforma del regolamento di Dublino, sul quale -dice il premier Gentiloni- aleggiano tensioni diplomatiche, e si evita anche la mina del fallimento dei ricollocamenti, per i quali l'Italia pretendo il rispetto degli accordi. Il premier allontana l'ipotesi di una procedura di infrazione europea sui conti pubblici, e si aspetta anzi un esito positivo per i negoziati in corso, proprio mentre da Bruxelles fonti europee mandano a dire che servono maggiori dettagli, in merito alle misure che Roma ha inviato in Europa, per correggere la rotta. Convitato di pietra al vertice europeo Donald Trump, fonte di non pochi imbarazzi nelle conferenze stampa. Il più esplicito è stato il presidente francese Hollande: le pressioni di Trump sull'Unione Europea sono "inaccettabili", accusa. In generale, il sentimento diffuso è quello di preoccupazione tra i leader europei.

3/2/2017

L'accordo con la Libia "e' l'apertura di una finestra di opportunita' sulla quale l'Italia lavorera' e investira' ma e' molto importante che lavori e investa anche l'Unione Europea, e lo fara' anche con risorse aggiuntive di cui hanno parlato esplicitamente Juncker e Mogherini". Così poco fa il premier Paolo Gentiloni, al termine del summit di Malta, che ha avuto proprio l'immigrazione al centro della discussione.

Gentiloni ha ammesso che sulla riforma del regolamento di Dublino c'è una tensione diplomatica all'interno dell'Unione Europea. E su un altro fronte di tensione, quella della ricollocazione dei migranti, Gentiloni ha detto: "senza dubbio continuiamo a pretendere che le decisioni prese sulla ricollocazione vengano attuate, e a lamentare che lo siano in modo molto relativo" e che non siano oggetto "di alcuna sanzione formale". Gentiloni ha toccato anche la questione conti pubblici: "non credo ci siano elementi che vanno nella direzione della procedura di infrazione, e comunque siamo circondati da Paesi che stanno in procedura di infrazione e non mi sembra che siano imbarazzatissimi". Da Bruxelles intanto fonti europee fanno sapere che "per poter valutare le misure italiane servono maggiori dettagli, per questo sono in corso contatti" con il Governo. Tornando alla questione immigrazione, da segnalare anche la dichiarazione del presidente europeo Tusk: l'intesa firmata da Italia e Libia "e' un incoraggiante segno che le cose cambieranno in meglio" e "l'Europa sosterra' Italia e Libia".

3/2/2017

Pieno sostegno dei leader europei all'accordo italo-libico sull'immigrazione, nelle conclusioni della prima sessione del vertice comunitario in corso a Malta, che si è posto come obiettivo -decisamente ambizioso- quello di chiudere la rotta del Mediterraneo Centrale, esattamente come avvenuto lo scorso anno per quella balcanica.

I 28 affermano di voler "sviluppare ulteriormente" la dimensione esterna delle politiche europee sull'immigrazione "per renderla resiliente nelle crisi future" e "identificheranno i potenziali ostacoli, ad esempio in relazione alle condizioni da rispettare per i rimpatri e rafforzare -di conseguenza- le capacita' comunitarie per i rimpatri, nel rispetto della legge internazionale". Sulla Libia, il piano approvato fa leva su dieci punti, all'interno dei quali spicca il via libera alla proposta della Commissione Europea di mobilitare 200 milioni per il Nord Africa. Si conta molto sull'addestramento, l'equipaggiamento e il sostegno alla guardia di costiera libica. A pranzo la discussione dei leader comunitari si è spostata sulle questioni internazionali, su tutte l'incognita Trump e i suoi sempre più difficili rapporti tra l'Europa. Mentre la parte finale del vertice, nel pomeriggio, riguarderà la preparazione dell'atteso vertice di Roma per i 60 anni dei Trattati, a fine marzo. Tra circa un'ora è prevista la conferenza stampa.

3/2/2017

Vertice di Malta in pieno svolgimento, con l'immigrazione in primo piano. "L'accordo con la Libia apre un capitolo nuovo", ha detto il premier Gentiloni a margine del summit.

Gentiloni ha avuto un breve scambio di battute con il presidente della Commissione europea Juncker - non è escluso che lo spinoso dossier conti pubblici possa essere entrato nel discorso. Dicevamo che la questione immigrazione è stata al centro della riunione del mattino. L'Alto Rappresentante Europeo Federica Mogherini ha detto di aspettarsi dal summit "un fortissimo sostegno" all'accordo Libia-Italia sui migranti. Per la Mogherini, "l'Europa c'e', l'Unione Europea sostiene l'Italia". A breve è atteso un comunicato con le conclusioni, mentre durante il pranzo -attualmente in corso- il focus sarà sulle questioni internazionali, col convitato di pietra Donald Trump. "Non penso che siamo minacciati, ma penso che ci sia spazio per delle spiegazioni, perche' si ha l'impressione che la nuova amministrazione americana non conosca l'Unione Europea nei dettagli. Ma in Europa i dettagli contano". Cosi' il presidente della Commissione, Juncker. Più netto il presidente francese Hollande: con l'arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca "non c'e' futuro" per i Paesi Europei, se non restando uniti". Nel pomeriggio la coda della discussione sarà rivolta alla preparazione del vertice di Roma di fine marzo, che celebrerà i 60 anni dei Trattati.

3/2/2017

Immigrazione in primo piano, nel vertice informale odierno a Malta tra i leader europei.

Il presidente comunitario Tusk è netto: "l'obiettivo principale del summit e' fermare i flussi di migranti irregolari dalla Libia". Al tema sarà dedicata la sessione mattutina del summit, che si focalizzerà sulla rotta centrale del Mediterraneo. Si eviteranno temi più controversi, quali riforma di Dublino o ricollocamenti, per concentrarsi sulla cooperazione con Tripoli. In questo senso l'intesa firmata ieri sera a Roma tra il premier Gentiloni e l'omologo libico al Serraj è stata salutata con soddisfazione dai capi delle principali istituzioni europee. Il memorandum italo-libico prevede una maggiore cooperazione tra Roma e Tripoli sul controllo delle frontiere, insieme ad un rafforzamento delle stesse istituzioni del Paese africano. Al Serraj ha però escluso l'ingresso di navi comunitarie nelle sue acque territoriali. E' dunque prevedibile che l'Italia occuperà un ruolo di primo piano nelle discussioni odierne a Malta, che nel pomeriggio si concentreranno sul vertice europeo in programma a Roma a fine marzo, per festeggiare il 60esimo anniversario dei Trattati. In mezzo, un pranzo dedicato alle questioni internazionali, nel quale il vero convitato di pietra sarà Donald Trump. La nuova amministrazione americana ha segnalato un chiaro cambio di strategia verso l'Europa, che si assomma alle non semplici relazioni con Russia e Cina. I 28, per quanto divisi, non possono aggirare il problema. Il rischio è trasformare l'Europa nel vaso di coccio sacrificale.

27/1/2017

Fuori dalla discussione in corso le ultime spese per l'emergenza terremoti. Il Commissario Europeo all'Economia Pierre Moscovici pianta paletti ben precisi, nel negoziato sui conti in corso tra Bruxelles e Roma.

"Siamo al fianco dell'Italia e lo saremo sempre", precisa Moscovici, aggiungendo che dall'Italia la Commissione si aspetta una risposta precisa, in merito alla lettera in cui Bruxelles chiede correzioni alla manovra per 3.4 miliardi - al fine di riportare in carreggiata il deficit strutturale. Moscovici annota che il dialogo con il Ministro Padoan, anche a Davos, è stato fin qui costruttivo, ma adesso è tempo di risposte, lascia intendere. Padoan definisce "fruttuoso" l'incontro con la Commissaria alla Concorrenza Vestager sul dossier banche, mentre non commenta l'operazione Intesa-Generali: "un'operazione di mercato", si limita a dire.

26/1/2017

"Dall'Italia ci aspettiamo una risposta precisa": è cordiale ma determinato, il Commissario Europeo all'Economia Moscovici, nel commentare l'attesa risposta da parte di Roma alla lettera in cui Bruxelles chiede correzioni per 3.4 miliardi, al fine di riportare in carreggiata il deficit strutturale.

Moscovici precisa che il dialogo con il Ministro Padoan, anche a Davos, è stato fin qui costruttivo, ma ora è tempo di risposte, lascia intendere. E chiarisce: Bruxelles "ha gia' dimostrato che e' al fianco dell'Italia e lo sara' sempre", ma le nuove spese per gli ultimi terremoti "non entrano nella discussione in corso". Insomma, per la Commissione si tratta di due binari paralleli, perchè non è tanto la flessibilità sulle emergenze ad essere attualmente sul tavolo, quanto il percorso di risanamento generale dei nostri conti. Padoan definisce "fruttuoso" l'incontro con la Commissaria alla Concorrenza Vestager sul dossier banche, mentre non commenta l'operazione Intesa-Generali: "un'operazione di mercato", si limita a dire.

24/1/2017

E' una sconfitta per la linea fin qui seguita dal Governo britannico la sentenza odierna della Corte Suprema, che ha stabilito che l'avvio dei negoziati per l'uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea sarà possibile solo dopo un voto parlamentare.

Il verdetto conferma quanto già stabilito in primo grado, rigettando il ricorso del Governo May. Allo stesso tempo, la Corte Suprema ha escluso che le assemblee regionali -scozzese, gallese o nordirlandese- possano avere un qualsiasi potere di veto sulla Brexit. Non è stata una decisione presa all'unanimità, ma comunque a larga maggioranza - otto voti contro tre. "Siamo delusi": questo il primo commento del procuratore generale Jeremy Wright, che ha però garantito che l'esecutivo May farà tutto il necessario per rispettare la sentenza. Wright ha puntualizzato come questo verdetto non metta in discussione il risultato del referendum, e ha annunciato per oggi la presentazione alle Camere di una legge ad hoc per l'avvio alle procedure di divorzio dall'Unione Europea. A breve è attesa la dichiarazione del Ministro per la Brexit David Davis. Esultano i promotori del ricorso: "solo il Parlamento e' sovrano", ha dichiarato Gina Miller, la donna d'affari che aveva sfidato -insieme ad altri- sul piano legale il governo May. L'opposizione laburista britannica ha annunciato che non contrasterà in Parlamento l'avvio del negoziato per il divorzio da Bruxelles. Ma ha annunciato tre emendamenti alla legge che il Governo depositerà a Westminster, per consentire la notifica dell'articolo 50 del Trattato di Lisbona e l'avvio dei negoziati per la Brexit - entro fine marzo.

18/1/2017

E' ora di cena, quando -al temine di quattro estenuanti votazioni- il neo presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani tiene il suo primo discorso da eletto a capo dell'assemblea di Strasburgo, nel quale dedica la sua elezione alle vittime del terremoto in Centro Italia.

Dopo ben 38 anni, un italiano torna sullo scranno più alto - per i prossimi due anni e mezzo. Tajani ha sconfitto l'altro italiano, il socialista Gianni Pittella nel ballottaggio finale, per 351 voti a 282. E lo ha fatto superando una contesa vera, senza accordi preconfezionati: l'unica intesa, partorita la notte precedente tra popolari e liberali, aveva solamente regalato l'illusione di un'elezione rapida ed in giornata. Invece no, perché questo inedito matrimonio ha sparpagliato il malcontento sia all'interno degli stessi liberali, già feriti dalla strana alleanza -poi sfumata- con i grillini, sia nel gruppo dei conservatori europei, i cui 74 voti potevano risultare decisivi nel pomeriggio. Quel che è certo è che da ieri è andata in frantumi la Grande Coalizione europarlamentare tra popolari e socialisti, e che le votazioni sui dossier legislativi da qui al 2019 possono diventare un campo minato, con numeri ed alleanze più incerte. Mentre l'arrivo alla presidenza di Strasburgo di un italiano, popolare ed ex-Commissario Europeo, non dovrebbe portare grossi scossoni nell'asse strategico tra Commissione ed Europarlamento, cementatosi negli anni tra Juncker e Schulz.

17/1/2017

In corso il conteggio della seconda votazione all'Europarlamento, dopo che la prima votazione della mattinata non è riuscita ad eleggere il presidente dell'assemblea di Strasburgo.

Il popolare Antonio Tajani si è fermato ad una settantina di voti dalla maggioranza necessaria, con 274 consensi. Sotto le aspettative il socialista Gianni Pittella, con 183. Molto staccati tutti gli altri, con la terza candidata italiana, Eleonora Forenza della Sinistra, quinta con 50 voti. La vera notizia della giornata è però la rottura della Grande Coalizione tra socialisti e popolari, che ha dominato i primi due anni e mezzo di legislatura all'Europarlamento: nella notte i popolari hanno raggiunto un accordo programmatico con i liberali di Guy Verhofstadt, che si è ritirato dalla corsa alla presidenza, incrementando così notevolmente le possibilità di Tajani di venire eletto in tempi rapidi, senza aspettare la quarta e ultima votazione serale, quando il ballottaggio sarà ristretto ai due candidati più votati. Se l'italiano Tajani ha grosse possibilità di venire eletto, è ancora difficile prevedere quando, né scartare del tutto sorprese. Anche perché non tutti i deputati liberali hanno digerito l'accordo con il centrodestra, come emerso chiaramente dalla prima votazione. La seconda votazione sarà molto indicativa, per capire se le due principali candidature stanno cominciando ad aggregare i voti degli altri contendenti: una settantina di voti decisivi potrebbero arrivare a Tajani dai Conservatori Europei, che stanno però ancora temporeggiando. A minuti il risultato.

17/1/2017

Seconda votazione al via in questi istanti all’Europarlamento, dopo che la prima votazione della mattinata non è riuscita ad eleggere il presidente dell’assemblea di Strasburgo.

Il popolare Antonio Tajani si è fermato ad una settantina di voti dalla maggioranza necessaria, con 274 consensi. Sotto le aspettative il socialista Gianni Pittella, con 173. Molto staccati tutti gli altri, con la terza candidata italiana, Eleonora Forenza della Sinistra, quinta con 50 voti. La vera notizia della giornata è però la rottura della Grande Coalizione tra socialisti e popolari, che ha dominato i primi due anni e mezzo di legislatura all’Europarlamento: nella notte i popolari hanno raggiunto un accordo programmatico con i liberali di Guy Verhofstadt, che si è ritirato dalla corsa alla presidenza, incrementando così notevolmente le possibilità di Tajani di venire eletto in tempi rapidi, senza aspettare la quarta e ultima votazione serale, col ballottaggio ristretto ai due candidati più votati. Se l’italiano Tajani ha grosse possibilità di venire eletto, è ancora difficile prevedere quando, né scartare del tutto sorprese. Anche perché non tutti i deputati liberali hanno digerito l’accordo con il centrodestra, come emerso chiaramente dalla prima votazione. Il round di ballottaggio attualmente in corso sarà molto indicativo, per capire se le due principali candidature stanno cominciando ad aggregare i voti degli altri contendenti, che nella prima votazione sono riusciti a fare tutti molto bene.

16/1/2017

Il caso Fca allarga il fossato tra Italia e Germania, con la Commissione Europea chiamata a svolgere il delicato ruolo di arbitro. Ieri duro botta e risposta a distanza tra i Ministri dei Trasporti tedesco e italiano.

Accende la miccia -con un'intervista al domenicale Bild am Sonntag- Alexander Dobrindt, esponente di quella Csu bavarese che rappresenta la vera ala destra del Governo Merkel. Dobrindt non dimostra grande diplomazia: prima chiede che Fca richiami alcuni modelli in circolazione, dopo il caso emissioni. Poi attacca frontalmente l'Italia: "le autorità sapevano da mesi che Fca, secondo i nostri esperti, utilizzava dispositivi di spegnimento illegali". In serata è il collega italiano Del Rio, parlando al Tg3, a rispedire le accuse a Berlino. Nel mezzo Bruxelles, con la Commissione Europea che ha da poco ribadito che l'Italia deve rispondere a stretto giro di posta alle richieste tedesche. Difficile il ruolo di mediazione per l'Europa, in una disputa che coinvolge due Stati membri e un produttore di auto. Il Ministro dello Sviluppo Economico Calenda interpreta la parte di chi invita a guardare a casa propria: "se Berlino si occupasse di Vokswagen non farebbe un soldo di danno", sibila, ricordando i noti guai della casa tedesca.

15/1/2017

Ancora alta tensione tra Italia e Germania sul caso Fca. A riaccendere la miccia un'intervista del Ministro dei Trasporti tedesco Alexander Dobrindt, che chiede alla Commissione Europea il richiamo di alcuni modelli dell'azienda automobilistica, in seguito ai mancati chiarimenti di Fiat.

Dobrindt va oltre: "le autorita' italiane sapevano da mesi che Fca, nell'opinione dei nostri esperti, usava dispositivi di spegnimento illegali". Un muro contro muro tra Berlino e Roma, con la Commissione Europea che già venerdì aveva ricordato come si stia esaurendo il tempo, affinchè Roma dia le spiegazioni chieste da Bruxelles in merito alle contestazioni tedesche sull'omologazione di un modello Fiat, in materia di emissioni auto. L'Europa si trova a dover svolgere una difficile mediazione, tra due partner riluttanti a trovare -almeno per il momento- un'intesa: "Berlino, se si occupa di Volkswagen, non fa un soldo di danno", questa infatti la replica del Ministro dello Sviluppo Economico Calenda alle parole di Dobrindt. Da Calendadubbi anche sull'operato delle autorità americane: "le agenzie statunitensi di solito sono abbastanza indipendenti. Ma ora non so, bisogna vedere le carte".

13/1/2017

"Toh, torna un clima da campagna elettorale", titolava ieri in prima pagina Politico, il principale magazine di politica europea. Già, la sorpresa è tanta in Europa, per il ritorno a contese quasi dimenticate a Strasburgo, nel nome della grande coalizione che da due anni e mezzo domina la scena all'Europarlamento.

Coalizione, in primis, tra popolari e socialisti, nata anche per fare muro contro le prime avvisaglie dell'onda euroscettica e xenofoba, che già nel 2014 bussava alle porte dell'Europa. Martedì si elegge il successore di Martin Schulz alla presidenza dell'Europarlamento. E il clima è infuocato. La sfida è un derby all'italiana: il popolare ed ex-Commissario Europeo Antonio Tajani, contro il socialista Gianni Pittella. Il primo è dato favorito dai numeri - quello di centrodestra, dopotutto, è il gruppo di maggioranza relativa a Strasburgo. Ma l'altra grande famiglia politica non dà segni di gettare la spugna: "Tajani rappresenta l'austerity. Rappresenta le politiche fallite degli ultimi sette anni in Europa", ha tuonato ieri il vice tedesco di Pittella tra i socialisti, Udo Bullmann. Non che dall'altra parte i toni siano più delicati: il leader popolare Weber ha tirato fuori copia dell'accordo sottoscritto oltre due anni fa tra i due gruppi, che prevedeva la spartizione delle presidenze. Prima il Pse con Schulz, poi il Ppe. E ha pubblicamente denunciato i socialisti per aver disonorato il patto. Socialisti che fanno però notare come quel patto sia per loro carta straccia: l'elezione di Tajani porterebbe a tre su tre le alte cariche europee detenute dal centrodestra. Così il centrosinistra corteggia la sinistra europea, in vista dell'ultimoround di ballottaggio martedì - quello che si preannuncia decisivo. Fuori gioco, dopo la figuraccia sul caso 5 Stelle, il liberale Verhofstadt, che puntava a fare l'outsider vincente fra i due litiganti. Candidatura bruciata dall'avvicinamento pericoloso -benchè poi ripudiato- coigrillini. L'ironia è che -in un clima da lunghi coltelli- i primi ad approfittarne potrebbero essere proprio i gruppi antieuropeisti, finora tenuti ai margini a Strasburgo dal predominare della Grande Coalizione. Una sua fine potrebbe fornire loro carburante insperato.

12/1/2017

Torna centrale l'emergenza immigrazione, col cambio di presidenza al timone dell'Unione Europea. Mentre resta d'attualità la drammatica situazione di migliaia di migranti intrappolati nel gelo dei Balcani, il Commissario Europeo Avramopoulos incontra a Roma il neo-Ministro dell'Interno Minniti: stop ai morti in mare, avanti sulla cooperazione tra Europa e Paesi terzi, OK all'accelerazione sui rimpatri dei clandestini.

Questo il messaggio in sintesi, nel giorno in cui Roma firma l'intesa per un nuovo corridoio umanitario, che metta in sicurezza 500 migranti dall'Etiopia. L'Eurocommissario -da parte sua- riconosce l'ovvio: "Italia sotto una enorme pressione", constata Avramopoulos, che promette sostegno europeo. I fatti raccontano un'altra storia: il boicottaggio dei Paesi dell'Est ha portato al fallimento dei ricollocamenti, come denuncia a Bruxelles il capo dell'ufficio Onu per i rifugiati Cochetel. "Cifre troppo basse, numeri inaccettabili", dice. L'aria però è cambiata, con l'arrivo di Malta al timone dell'Unione: "la solidarietà è solidarietà. Punto", dice il Ministro dell'Interno maltese Abela, dopo che il premier Muscat porta l'accordo italo-libico ad esempio. E avverte: "Roma va aiutata, prima che l'emergenza migranti riprenda in primavera". Allarme ribadito pure dall'Onu: "l'Europa si deve preparare a nuovi possibili flussi. Siamo preoccupati". In Italia, infine, attimi di tensione a Firenze durante la protesta degli stranieri, dopo la morte di un immigrato a Sesto Fiorentino. Necessario l'intervento delle forze dell'ordine.

12/1/2017

A partire dal 15 marzo la Germania vuole riprendere a spedire indietro in Grecia i profughi che dovessero arrivare sul proprio territorio dopo essere per primi passati dal paese ellenico. La notizia era stata anticipata dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung ed e' stata confermata dal ministero dell'Interno.

Basta morti nel Mediterraneo. E via libera europeo sui rimpatri dei clandestini, promosso dall'Italia. Il bilaterale tra il Commissario Europeo Avramopoulos e il neo Ministro dell'Interno Minniti si chiude senza particolari novità, ma con il riconoscimento europeo che la Penisola è oggetto di una pressione enorme. "Contiamo molto sull'Italia, avete bisogno del nostro sostegno", dice Avramopoulos, nel giorno in cui il capo dell'ufficio Onu per i rifugiati Cochetel spara a zero -a Bruxelles- sui ricollocamenti. "Cifre troppo basse, numeri inaccettabili", dice Cochetel, certificando il fallimento comunitario nell'alleviare la pressione sull'Europa del Sud, anche a causa del catenaccio fatto dai Paesi orientali. L'aria però è cambiata, con l'arrivo di Malta al timone dell'Unione: "la solidarietà è solidarietà. Punto", dice il Ministro dell'Interno maltese Abela, dopo che il premierMuscat porta l'accordo italo-libico ad esempio. E avverte: "Roma va aiutata, prima che l'emergenza migranti riprenda in primavera". Allarme ribadito pure dall'Onu: "l'Europa si deve preparare a nuovi possibili flussi. Siamo preoccupati, perché in diversi casi l'Unione non sembra avere nè un piano A nè un piano B". In Italia, infine, attimi di tensione a Firenze durante la protesta degli stranieri, rifugiatisi nell'immobile andato alle fiamme a Sesto Fiorentino. Necessario l'intervento delle forze dell'ordine.

12/1/2017

Troppo basse le cifre sui ricollocamenti in Europa. A lanciare l'atto d'accusa è il capo dell'ufficio comunitario sui rifugiati dell'Onu, Vincent Cochetel, parlando in audizione al Parlamento Europeo.

Cochetel definisci i numeri "inaccettabili", constatando il fallimento di fatto del progetto di redistribuzione dei rifugiati, lanciato da Bruxelles a fine 2015, soprattutto per le forti resistenze mostrati dai Paesi dell'Est. L'Unhcr avverte: "l'Europa si deve preparare a nuovi possibili flussi. Magari non ci saranno, ma dobbiamo essere pronti. Nutriamo forti preoccupazioni, perche' in diversi casi l'Europa pare non avere ne' un piano A ne' un piano B". Il tema immigrazione è stato al centro anche delle dichiarazioni della presidenza di turno maltese dell'Unione: dal premier Muscat parole di solidarietà per l'Italia, con cui condivide la medesima emergenza. "L'accordo tra Roma e Tripoli sui migranti dovrebbe essere portato a livello europeo. E l'Italia deve essere aiutata, così come la Libia, prima che l'emergenza riprenda con il miglioramento del meteo, in primavera". Proprio Malta -in sede di Europarlamento- è passata alla controffensiva sullo stravagante concetto di "solidarietà flessibile", coniato dai Paesi dell'Est. "La solidarietà è solidarietà. Punto", ha detto il Ministro dell'Interno Abela. A Roma infine incontro tra il Commissario Europeo Avramopoulos e i Ministri dell'Interno Minniti e degli Esteri Alfano. Alfano ha ribadito la necessità di coniugare una politica di lungo periodo per l'Africa con la solidarietà europea verso i Paesi in prima linea.

11/1/2017

Stop all'ossessione dell'austerità e delle regole di bilancio in Europa. Sì a crescita e lavoro. Il premier Gentiloni avvia il suo tour nelle capitali continentali, nell'anno della presidenza italiana del G7, ripartendo dai punti fermi del precedente esecutivo.

Prima di incontrare -domani a Londra- la premier britannica Theresa May, Gentiloni vede Hollande. Oltre a crescita e occupazione, in primo piano nel bilaterale la creazione di un'Europa della difesa, e la lotta al terrorismo. Gentiloni pronostica la sconfitta militare dell'Isis nel corso dell'anno. Gli fa eco Hollande: Italia e Francia lavorano per garantire "la sicurezza dei confini europei, in modo da poter sia garantire il diritto di asilo, sia riaccompagnare nei loro Paesi coloro che non hanno diritto a restare, arrestando chi riteniamo pericoloso". Gentiloni , con l'Italia presidente del G7, spezza una lancia a favore della Russia, nei giorni turbolenti dello scandalo hacker: "non siamo disponibili al rilancio di logiche da guerra fredda". Infine la Tav Torino-Lione, sulla quale Hollande indica la necessità di andare avanti.

10/1/2017

Scrivere una nuova pagina della storia europea: il presidente francese uscente Hollande prova a rilanciare il claudicante progetto comunitario, cogliendo l'occasione della prima tappa del tour europeo del premier italiano Gentiloni.

L'orizzonte è il summit di Roma di fine marzo, quando i 27 leader -reduci dalla futura Brexit- celebreranno il 60esimo anniversario dei Trattati. Per cominciare, però, bisogna cambiare le regole: dopo l'uscita del vicecancelliere tedesco Gabriel contro le politiche di austerità, Roma e Parigi rilanciano un fronte comune, come sintetizza lo stesso premier. Oltre a crescita e lavoro, in primo piano nel bilaterale anche la creazione di un'Europa della difesa e la lotta al terrorismo. Gentiloni pronostica la sconfitta militare dell'Isis nel corso dell'anno. E sul fronte immigrazione, chiede che il peso dei flussi venga condiviso in Europa. Il premier, con l'Italia presidente del G7, spezza una lancia anche a favore della Russia, nei giorni turbolenti dello scandalo hacker: "non siamo disponibili al rilancio di logiche da guerra fredda".

10/1/2017

Crescita, occupazione, lotta al terrorismo, difesa e -più in generale- rilancio dell'Europa, al centro del bilaterale tra il premier Gentiloni e il presidente francese Hollande, conclusosi circa mezz'ora fa a Parigi.

Si tratta, come ha ricordato lo stesso Gentiloni, della prima tappa di un tour del neopremier nelle capitali continentali, che giovedì lo porterà a Londra. Gentiloni ha evidenziato la continuità con la linea Renzi su uno dei punti-cardine. Quello della crescita. Il premier ha posto anche l'accento sulla necessità di costruire un'Europa della difesa, e ha pronosticato la probabile sconfitta dell'Isis nel 2017, dopo aver ricordato come la Francia sia un Paese che ha pagato un prezzo alto nella lotta al terrorismo. D'accordo su una difesa europea, contro la minaccia del terrore, il presidente francese Hollande, che si è detto certo che "con la cerimonia di Roma a fine marzo per i 60 anni dei Trattati si potrà celebrare una pagina di storia, o creare una nuova tappa di questa storia. Noi vogliamo aprire una nuova pagina per l'avvenire dell'Europa". Da Hollande anche l'impegno ad andare avanti sulla TAV, la Torino-Lione.

1/1/2017

Allacciate le cinture. L'anno che si apre potrebbe rappresentare uno dei più formidabili test di tenuta, per la coesione europea. E lo sarà esattamente a 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma, atto di nascita dell'Europa così come la conosciamo - occasione che sarà celebrata in grande stile nella capitale italiana a fine marzo.

Per ironia della sorte un incredibile concentrato di appuntamenti elettorali paralizzerà -con ogni probabilità- l'attività comunitaria: a marzo vota l'Olanda, tra aprile e maggio la Francia, a settembre la Germania. E forse, in data da destinarsi, pure l'Italia. La destra euroscettica proverà a dare la spallata a un'Europa in crisi: il nazionalista olandese Wilders può persino vincere le elezioni, magari senza la maggioranza utile a governare; la leader del Front National francese Marine Le Pen ha serie possibilità di andare al ballottaggio alle presidenziali; mentre gli euroscettici tedeschi possono diventare il terzo partito in Germania, dietro Cdu ed Spd. Può bastare? No, perché a marzo -salvo sorprese- la Gran Bretagna avvierà formalmente i negoziati per uscire dall'Unione Europea, con tutti i rischi connessi di forti tensioni politiche ed economiche, che potrebbero rendere lo stretto Canale della Manica un vero e proprio "oceano". L'Italia sarà sul palcoscenico, non solo per la celebrazione del 60esimo anniversario dei Trattati a Roma, momento che dovrebbe provare a rilanciare il progetto europeo, ma anche per il G7 di fine maggio a Taormina. Dove farà capolino Donald Trump: forse per allora avremo capito quali rapporti il magnate vorrà intrattenere con l'Europa. Sempre che non consideri l'Unione un reperto storico, da contrattare al mercatino dell'antiquariato. In ogni caso l'inizio del 2017 ci manterrà coi piedi bene a mollo nel Mediterraneo: sia perché Malta assume la presidenza semestrale dell'Unione, sia perché sarà una partita tutta italiana quella che si giocherà il 17 gennaio a Strasburgo per la presidenza del Parlamento Europeo. Ben quattro i candidati della Penisola - anche se lo scontro vero sarà tra il popolare Tajani e il socialista Pittella. Auguri.

29/12/2016

E' ancora un derby italo-tedesco quello che si gioca intorno alle banche: ieri la Germania, attraverso il potente Ministero delle Finanze, ha fatto trapelare tutta la sua preoccupazione sul rischio che l'Italia possa non rispettare le regole dell'unione bancaria. E ha chiesto in modo anche abbastanza esplicito che sia la Bce sia la Commissione Europea, che riceverà entro due mesi il piano industriale di Mps, vigilino attentamente.

Secondo Berlino, la ricapitalizzazione precauzionale delle banche attraverso il Governo può concorrere alla soluzione dei problemi "soltanto in circostanze eccezionali e nel quadro di regole stringenti". Il Finanziministerium non si accontenta: Monte dei Paschi di Siena deve essere solvente, i fondi statali non devono essere usati per coprire perdite di bilancio. La sfiducia emerge nella sua interezza nel passaggio successivo: "non ci deve essere alcun aggiramento delle regole, azionisti e creditori subordinati devono essere i primi a venire chiamati in causa". Berlino chiede insomma un'applicazione rigorosa delle nuove regole sull'unione bancaria - senza sconti di sorta. C'è però anche una buona notizia per l'Italia: l'agenzia di rating Standard & Poor's ha annunciato che la decisione del Governo di stanziare fino a venti miliardi per la ricapitalizzazione e il supporto alla liquidità di alcuni istituti di credito non impatta sul rating-Paese.

28/12/2016

Torna a farsi sentire la Germania sulla vicenda Mps: il Ministero delle Finanze tedesco insiste, affinchè nel salvataggio delle banche le autorità italiane rispettino le regole comunitarie. E, con un chiaro atto di sfiducia, fa filtrare: la Banca Centrale Europea e la Commissione devono vigilare.

Per Berlino, la ricapitalizzazione precauzionale delle banche attraverso il Governo può concorrere alla soluzione dei problemi "soltanto in circostanze eccezionali e nel quadro di regole stringenti". Il Finanziministerium non si accontenta: Monte dei Paschi di Siena deve essere solvente, i fondi statali non devono essere usati per coprire perdite di bilancio. La sfiducia appare totale nel passaggio successivo: "non ci deve essere alcun aggiramento delle regole, azionisti e creditori subordinati devono essere i primi a venire chiamati in causa". Berlino chiede insomma un'applicazione rigorosa delle nuove regole sull'unione bancaria - senza sconti di sorta. C'è però anche una buona notizia: l'agenzia di rating Standard & Poor's ha annunciato che la decisione del Governo italiano di stanziare fino a venti miliardi per la ricapitalizzazione e il supporto alla liquidità di alcuni istituti di credito non impatta sul rating-Paese.

27/12/2016

La Romania entra nella paralisi politica, dopo il clamoroso "no" del presidente Klaus Iohannis, che ha negato la nomina a premier di Sevil Shhaideh, proposta dal partito socialdemocratico, uscito vincitore dalle elezioni dell'11 dicembre.

Una mossa a sorpresa, che ha scatenato l'immediata reazione del PSD, che sta considerando la possibilità di chiedere l'impeachment del presidente rumeno. La situazione è a dir poco bizzarra, nonché ricca di spunti inediti: Iohannis non ha fornito spiegazioni per il "no" alla Shhaideh. Ha semplicemente chiesto di avere un altro nome. La stessa Shhaideh è un personaggio politico assolutamente unico, nel panorama rumeno: economista di formazione, è considerata da molti una tecnocrate, con scarsissima esperienza politica - è stata Ministro per lo sviluppo regionale, peraltro per un solo semestre. E' però molto vicina al leader del suo partito, Liviu Dragnea, che non può autoproporsi a premier in quanto condannato per frode elettorale. I maligni suggeriscono che la Shhaideh sarebbe stata scelta proprio per il suo basso profilo, che l'avrebbe resa un burattino nelle mani del vero leader. E c'è anche un'altra caratteristica, che avrebbe reso questa donna un'assoluta novità, per la Romania: sarebbe stata infatti non solo la prima donna premier, ma anche la prima musulmana premier, in un Paese a stragrande maggioranza cristiana. Ora il rischio concreto è quello di un durissimo braccio di ferro, con Iohannis determinato a chiedere un primo ministro dal maggiore spessore politico. E i socialdemocratici in guerra per destituirlo.

21/12/2016

"Penso alle vittime, ai feriti, alle loro famiglie, parenti e amici. Voglio che sappiate che un intero Paese si stringe intorno a voi, nel lutto. Preghiamo, perchè possiate trovare consolazione". La cancelliera tedesca Merkel è la prima a parlare di attacco terroristico, nella lunga giornata che segue l'attentato ai mercati di Natale nella capitale, ma non sembra intenzionata a fare marcia indietro sul modello sociale: "troveremo la forza per vivere come desideriamo in Germania, liberi, insieme e aperti".

Per la cancelliera una lunga giornata di visite e commemorazioni, culminata nella messa di suffragio alla Gedaechtniskirche, proprio di fronte al mercato colpito. Giornata accompagnata non solo dalle telefonate con i principali leader mondiali - su tutti Obama e Hollande, con i quali rinnova la determinazione a lottare insieme contro il terrorismo, ma anche dagli attacchi politici, che arrivano dai partiti populisti e di destra di mezza Europa, galvanizzati dall'idea di poter mettere nel mirino la politica sui profughi seguita fin qui dalla cancelliera. Su tutti, il leader di estrema destra olandese Wilders, che twitta un'immagine della Merkel con le mani e il viso sporchi di sangue. Anche se le insidie maggiori arrivano dagli alleati di casa propria, con i cristiano-sociali bavaresi che -in vista delle elezioni di settembre- alzano la voce: "occorre riesaminare e modificare la nostra intera politica di immigrazione e sicurezza", dichiarato il leader Seehofer. "Piangiamo, ma lottiamo per la nostra libertà", afferma il Ministro dell'Interno De Maiziere, che in serata frena sulla necessità immediata di un dibattito che porti a misure di sicurezza più rigorose. Ma lancia un messaggio chiaro: la Germania non chiude, i mercatini di Natale restano aperti, con misure di sicurezza ovviamente rafforzate, ma senza piegarsi alle minacce.

20/12/2016

Sapremo dunque entro mezzanotte se la polizia di Berlino trasformerà da fermo in detenzione lo stato del 23enne pakistano in carcere da stanotte con l'accusa di aver partecipato attivamente all'attacco di ieri sera al mercato natalizio nella capitale tedesca, che ha fatto 12 vittime.

A renderlo noto poco fa il procuratore generale Peter Frank. 49 i feriti, 25 dei quali in ospedale, 14 sono in gravi condizioni. Purtroppo cresce di ora in ora la preoccupazione per la sorte di Fabrizia di Lorenzo, 31enne italiana a Berlino da diversi anni per lavoro. A Berlino sono giunte la madre ed il fratello, per collaborare al ritrovamento: ufficialmente la giovane, di Sulmona, risulta ancora dispersa. Un altro italiano è invece tra i feriti, e ci sono voci su un secondo italiano rimasto ferito nell'attacco. Oggi alle 18 si è svolta una messa di suffragio, alla presenza di tutte le autorità religiose nella Gedaechtniskirche, la chiesa di fronte alla quale era stato allestito il mercatino finito sotto attacco. Presente alla funzione la cancelliera tedesca Merkel. Sul fronte delle indagini, sono più i punti di domanda delle certezze. Della condizione dell'unico fermato vi abbiamo detto. Il procuratore generale Frank ha ammesso in conferenza stampa che l'attentato potrebbe avere uno "sfondo terroristico" a causa del suo "obiettivo" e del "modus operandi", simile a quello di Nizza. Ma ha precisato che il pakistano 23enne -attualmente in custodia col sospetto di aver preso parte all'attacc-o potrebbe non essere il terrorista o non appartenere al gruppo di terroristi - anche sul numero di persone coinvolte nell'attacco non vi sono certezze. La Bild Zeitung riporta che la polizia non ha al momento indizi su altri possibili terroristi.

20/12/2016

Cresce il timore concreto che tra le 12 vittime dell'attentato di Berlino ci possa essere anche un'italiana. "Sin dalla tarda mattinata di oggi l'Ambasciata ha ricevuto e assiste i familiari", ha confermato l'Ambasciatore d'Italia a Berlino, Pietro Benassi, rispondendo a domande sulla presenza nella capitale tedesca di parenti di Fabrizia Di Lorenzo, la giovane di Sulmona dispersa dopo l'attentato.

L'ambasciatore si e' riferito alla madre e al fratello della giovane. Intanto polizia e procura generale tedesca fanno filtrare la concreta possibilità che le indagini sull'attacco debbano ripartire da capo. Il procuratore generale Peter Frank, che state ascoltando, ha ammesso in conferenza stampa che l'attentato potrebbe avere uno "sfondo terroristico" a causa del suo "obiettivo" e del "modus operandi" simile a quello di Nizza. Ma ha precisato che il pakistano 23enne attualmente in custodia col sospetto di aver preso parte all'attacco potrebbe non essere il terrorista o non appartenere al gruppo di terroristi - anche sul numero di persone coinvolte nell'attacco non vi sono certezze. La Bild Zeitung afferma che la polizia non ha al momento indizi su altri possibili terroristi. ra le ultime notizie sul fronte delle indagini il ritrovamento di un telefonino nel campo rifugiati di Tempelhof, a seguito della perquisizione di questa mattina. "Lo stiamo analizzando", ha detto il capo della polizia di Berlino Klaus Kandt. Intanto su Angela Merkel si sta abbattendo la tempesta degli attacchi da parte dei populisti euroscettici: un fotomontaggio di Angela Merkel, con le mani e il viso sporchi di sangue è stato twittato dal leader ultranazionalista olandese Wilders. Mentre la leader del Front National Le Pen chiede un'alleanza internazionale contro il fondamentalismo islamico e attacca l'Europa per aver aperto le frontiere ai profughi.

20/12/2016

Non esclusa la possibilità di una vittima italiana nell'attentato di Berlino. A confermarlo il Ministro degli Esteri Alfano. "Attendiamo" le informazioni della magistratura tedesca sull'identita' delle vittime", ha aggiunto.

Da qualche ora circola l'indiscrezione che tra le possibili vittime dell'attacco possa esserci una 31enne di Sulmona, la cui madre e fratello sarebbero già partiti da Berlino. Il tutto mentre polizia e procura generale tedesca fanno filtrare la concreta possibilità che le indagini sull'attacco debbano ripartire da capo. Il procuratore generale Peter Frank, che state ascoltando, ha ammesso in conferenza stampa che l'attentato potrebbe avere uno "sfondo terroristico" a causa del suo "obiettivo" e del "modus operandi" simile a quello di Nizza. Ma ha precisato che il pakistano 23enne attualmente in custodia col sospetto di aver preso parte all'attacco potrebbe non essere il terrorista o non appartenere al gruppo di terroristi - anche sul numero di persone coinvolte nell'attacco non vi sono certezze. Gli inquirenti avvertono anche del rischio concreto di nuovi attacchi. Nel frattempo oggi i mercatini natalizi di Berlino sono chiusi in segno di lutto, ma restano aperti quelli nelle altre città - con misure di sicurezza rafforzate. La cancelliera tedesca Merkel, insieme al Ministro dell'Interno De Maiziere e a quello degli Esteri Steinmeier si è recata intorno alle 15 sul luogo della tragedia, dove ha deposto dei fiori. Per terra risaltava un pezzo di cartone con la scritta a mano in rosso: "Perchè?"

20/12/2016

Potrebbe essere l'uomo sbagliato, quello arrestato ieri sera a Berlino, con l'accusa di aver preso parte all'attentato al mercato di Natale di Breitscheidplatz. Ad affermarlo è il quotidiano Die Welt, che cita fonti della polizia della capitale.

A confermare questa ipotesi anche le ultime dichiarazioni rilasciate in una conferenza stampa della procura generale, nel corso della quale è stato ammesso che il 23enne pakistano attualmente in custodia potrebbe non essere collegato all'attacco. La procura ha però sottolineato come il modus operandi sia riconducibile al terrorismo islamico, anche se mancano rivendicazioni ufficiali. Sui canali della propaganda Isis circolano però già messaggi in tedesco che invitano a ripetere questo tipo di attentati contro altri mercati di Natale. Anche sul numero di terroristi coinvolti, non è ancora chiaro se sia stato uno solo. O più di uno. Nel frattempo oggi i mercatini natalizi di Berlino sono chiusi in segno di lutto, ma restano aperti quelli nelle altre città - con misure di sicurezza rafforzate. Come ha annunciato il Ministro dell'Interno De Maiziere: "piangiamo, ma lottiamo per la nostra libertà", dice De Maiziere. Ci sono anche due notizie che toccano l'Italia: la prima purtroppo riguarda il fatto che potrebbe esserci una giovane italiana dispersa a Berlino. Il suo cellulare è stato ritrovato sul luogo della strage, e oggi la donna non si sarebbe recata al lavoro. "Non posso confermare un coinvolgimento ma assolutamente non lo posso escludere. Rimaniamo vigili ma anche preoccupati": così l'ambasciatore a Berlino, Pietro Benassi. La seconda notizia riguarda il percorso del camion: era partito dall'Italia il 16 dicembre, dopo aver caricato dei laminati in uno stabilimento della Brianza.

19/12/2016

Parte il countdown per salvare Monte dei Paschi di Siena. Quattro giorni - 96 ore per evitare l'intervento dello Stato. Si punta tutto sulla conversione dei bond subordinati, per per portare in cassa almeno un miliardo e mezzo, oltre al possibile investimento del Qatar.

A questo va aggiunta la maxi-cartolarizzazione di 27,7 miliardi di sofferenze. Fischio d'inizio oggi col Cda a Milano dell'istituto: fischio finale, con annessa valutazione del successo o del fallimento, venerdì a Siena. L'intera operazione ha addosso non solo gli occhi della politica e della finanza italiana, ma anche internazionale: ieri Cristoph Schmidt, uno dei cinque consiglieri economici della cancelliera tedesca Merkel, ha posto chiari paletti. "Il salvataggio di Mps dovrebbe avvenire secondo le regole concordate: sono i creditori della banca a dover contribuire al soccorso, non il contribuente", ha detto in un'intervista, cogliendo l'occasione per lanciare un pesante monito al nostro Paese: "se l'Italia non rispetta le regole alla prima grande prova, l'unione bancaria europea non è credibile". Proprio sul fronte europeo, venerdì la Commissione aveva ribadito di essere pronta ad assistere l'Italia, qualora il Governo decidesse di intervenire. I tempi per l'aumento si annunciano strettissimi: entro dopodomani si chiudera' la nuova conversione dei bond subordinati. Sempre entro il 21 i piccoli azionisti potranno aderire all'aumento vero e proprio. Il Governo ha pronto un decreto con una soluzione 'di sistema' per le banche, in caso di fallimento dell'operazione di mercato. Che prevede un fondo per i salvataggi da 15 miliardi, da utilizzare non solo per Mps ma anche per altri istituti in crisi.

16/12/2016

Stile decisamente più pacato, ma messaggio in linea con il predecessore Renzi, la cui ombra -inevitabilmente- aleggia. "Tutti i colleghi mi hanno chiesto di salutarlo", ammette Paolo Gentiloni aprendo la conferenza stampa finale di un vertice europeo prolungatosi ben oltre il previsto.

Gentiloni chiude velocemente la parentesi dei ricordi: "gli altri leader sono rimasti favorevolmente colpiti dalla rapidità della soluzione della crisi politica in Italia". E sui temi del vertice, il neopremier mette in primo piano l'immigrazione. Unico dato positivo: il rinvio della discussione sulla revisione del regolamento di Dublino, che passa dalle mani della presidenza slovacca, molto incline ad ascoltare i suggerimenti dei Paesi dell'Est ostili alle ricollocazioni, a quelle della presidenza maltese, ben più allineata alle posizioni italiane. Anche se non è detto che si chiuderà entro giugno. Il presidente europeo Tusk non lancia buoni segnali: "sui migranti andremo avanti sulla solidarietà effettiva", dice. Gentiloni minimizza sul braccio di ferro relativo ai conti pubblici in corso con Bruxelles, anche se sottolinea la diversità di vedute con Berlino, e tiene la barra dritta sul Jobs Act varato da Renzi: "non cambieremo linea". Sul fronte affari esteri, infine, Gentiloni approva la decisione di evitare nuove sanzioni contro la Russia sulla Siria, e -proprio sul dramma di Aleppo- ammette: "la diplomazia vive uno dei suoi momenti piu' difficili". "Quanto sta succedendo in Siria e in particolare ad Aleppo "e' una vergogna che spezza il cuore", sintetizza la tedesca Merkel.

15/12/2016

Vertice europeo in forte ritardo di marcia -dovrebbe finire intorno alle 20.30, con due ore di ritardo- ma con una prima notizia: i 28 leader hanno concordato il rinnovo delle sanzioni economiche contro la Russia, varate in seguito all'annessione della Crimea e alla destabilizzazione del Donbass - le sanzioni saranno estese per altri sei mesi.

E ci sarebbe a questo proposito anche la notizia di un'intesa tra i 28 leader che finalizzerebbe l'accordo di scambio commerciale tra Europa ed Ucraina, proprio l'accordo che era stato proprio alla base del conflitto nel Donbass. Il tema del giorno era stato fin qui l'immigrazione: non ci sarebbero novità o passi avanti sostanziali - e proprio di questo ha parlato in mattinata il neopremier Gentiloni, al suo esordio ufficiale a Bruxelles. Gentiloni ha seguito la linea Renzi: il premier ha anche firmato un accordo europeo per il sostegno al Niger, Paese-chiave nella rotta dei migranti verso la Libia. Intanto sarebbe in preparazione una dichiarazione dei 28 leader sulla Siria, sulla base dell'appello per Aleppo lanciato lunedi' da Hollande e Merkel. Il piatto forte della serata sarà la discussione informale sulla Brexit. I 27, salutata la premier britannica May, dovranno trovare l'intesa sulle linee-guida per i negoziati con Londra: è esplosa nel frattempo la grana dell'Europarlamento, con Strasburgo che minaccia di spaccare il fronte europeo, qualora venisse messo ai margini dei negoziati, come pare.

15/12/2016

Vertice europeo -il primo del neopremier Gentiloni- quasi alle battute conclusive, almeno secondo quanto prevede la tabella di massima: i 28 hanno chiuso oltre un'ora fa la discussione sull'immigrazione.

Non ci sarebbero, secondo fonti diplomatiche, grossi passi in avanti: la cancelliera tedesca Merkel avrebbe cercato di ottenere un accordo entro marzo sulle proposte della presidenza slovacca per la riforma del sistema di asilo, ma -a quanto è dato sapere- non avrebbe ottenuto risultati tangibili. Sul tema immigrazione è intervenuto proprio Gentiloni, che ha firmato l'accordo per un sostegno finanziario di Italia, Germania, Francia e Spagna al Niger, Paese chiave nella rotta dei migranti verso la Libia. Gentiloni non si è discostato molto dalla linea Renzi: "l'Italia e' molto esigente, perche' non siamo ancora soddisfatti della discussione sul regolamento di Dublino che fissa le regole sull'accoglienza dei rifugiati", ha detto. Intanto sarebbe in preparazione una dichiarazione dei 28 leader sulla Siria, sulla base dell'appello per Aleppo lanciato lunedi' da Hollande e Merkel. Non sarà parte integrante delle conclusioni del Consiglio europeo, ma le affiancherà. Sul tema dei rapporti con la Russia, non dovrebbero essere proposte nuove sanzioni, mentre ricordiamo che il piatto forte della serata sarà la discussione informale sulla Brexit. I 27, salutata la premier britannica May, dovranno trovare l'intesa sulle linee-guida per i negoziati con Londra: è esplosa nel frattempo la grana dell'Europarlamento, con Strasburgo che minaccia di spaccare il fronte europeo, qualora venisse messo ai margini dei negoziati, come pare.

15/12/2016

Nuovo premier, vecchi problemi. Il neo-presidente del Consiglio Paolo Gentiloni si presenta oggi a Bruxelles, in un'Unione Europea inquieta per la tenuta della stabilità politica nella Penisola - l'Italia, nonostante il nuovo Governo, andrà probabilmente ad appesantire un calendario elettorale ad alto rischio per l'Europa, nel 2017.

A questo proposito valga la profezia del quasi ex-presidente dell'Europarlamento Schulz, che ieri ha salutato così: "la democrazia transnazionale oggi e' in grande pericolo. Ovunque nel nostro continente separatisti e ultranazionalisti sono in crescita, e mettono a rischio uno dei piu' importanti risultati della civilta' che l'Europa abbia mai visto". Nel summit europeo di oggi a Bruxelles, che durerà un solo giorno, i temi nel menù non rappresenteranno una novità: migranti, difesa comunitaria, Ucraina ed economia. Dossier sui quali i passi appaiono sempre lenti. Non del tutto inefficaci, va precisato - tuttavia, troppo lenti e poco convinti, in un contesto globale di transizione e in forte accelerazione. Sui migranti, è giunta ieri l'importante apertura del presidente della Commissione Juncker, che da Strasburgo ha ribadito che sarà usata la flessibilità prevista dal patto di stabilità, per escludere dal computo del deficit le spese sostenute dall'Italia nell'affrontare la crisi migratoria. Dichiarazione politicamente importante, in quanto ribadisce l'intenzione di Bruxelles di venire incontro a Roma su un problema tanto complesso quanto costoso, ma che non dirada tuttavia i dubbi su quanto -effettivamente- la Commissione sia disposta a concedere in termini di sconto. Non è in discussione insomma il se, ma il quanto. Nella lettera di invito al summit, il presidente del Consiglio Europeo Tusk rileva: "sui migranti abbiamo fatto importanti passi avanti, ma c'e' ancora lavoro da fare". Attenzione infine alla cena del vertice: salutata la premier britannica May, i 27 leader faranno il punto sullo spinoso dossier Brexit, in vista dei negoziati formali da avviare -in primavera- con Londra.

9/12/2016

Rassicurazioni e timori: è stata un'Europa divisa quella che ieri ha commentato l'avvio formale delle consultazioni del presidente della Repubblica Mattarella. Al mattino il Commissario agli Affari Economici Moscovici ribadiva la linea tenuta da Bruxelles in questi giorni di crisi.

"Non c'è una crisi europea, perché non era l'Europa l'oggetto del referendum italiano". Moscovici entra poi -più nello specifico- nella situazione della Penisola, dopo il taglio dell'outlook a negativo da parte di Moody's: "in Italia c'è una crisi, ma c'è comunque continuità". Il tema però è anche un altro, ed è quello che maggiormente preoccupa l'Europa. Le nostre banche: "i problemi delle banche italiane sono gli stessi di una settimana fa, non si sono aggravati. Noi non temiamo crisi bancarie", chiosa. E se Moscovici getta acqua sul fuoco, chi semina inquietudine è il presidente di turno dell'Unione, il premier slovacco Robert Fico. Eventuali elezioni anticipate in Italia potrebbero creare un "problema serio", rappresentato da un possibile referendum sull'euro, così come chiesto dal Movimento 5 Stelle. Parlando al Parlamento di Bratislava Fico ha definito un grave "errore" politico la scelta -di Renzi- di legare la propria permanenza in carica ad una vittoria del sì nel referendum. "Fare un ricatto su un tema di politica interna che quasi nessuno capisce e' il peggiore errore politico'' che si possa commettere, ha sostenuto Fico, politicamente schierato con i Paesi dell'Est del gruppo Visegrad.

5/12/2016

L'esito del referendum "non cambia davvero la situazione economica in Italia o nelle banche italiane, i problemi che abbiamo oggi sono quelli di ieri e bisogna occuparsene": lo ha detto il presidente dell'Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, commentando il risultato del referendum italiano. Un referendum che -al di là delle dichiarazioni di prammatica- inquieta profondamente l'Europa.

"Come sempre, qualsiasi sara' il prossimo Governo, anche al prossimo esecutivo italiano il Governo federale offrirà una stretta collaborazione in amicizia e partenariato": Berlino ribadisce che gli impegni restano quelli presi al vertice di Bratislava, e prova a gettare acqua sul fuoco degli inevitabili sussulti politici seguiti al referendum italiano, con la cancelliera Merkel che si dice "dispiaciuta" e il potente Ministro delle Finanze Schaueble che -per sdrammatizzare- ironizza, "l'Italia ha molta esperienza nelle crisi di Governo, Roma deve proseguire sulla strada delle riforme", dice Schaeuble. Dalla Commissione Europea il messaggio cerca di essere tranquillizzante: "il referendum italiano non rappresenta una minaccia alla stabilità dell'Unione", dice un portavoce, che precisa come Bruxelles sia in contatto con Roma per quanto riguarda le vicende bancarie. La linea insomma è chiara: non trasformare la sconfitta di Renzi in un boomerang contro l'Europa, che di problemi suoi ne ha fin troppi. Linea indicata fin da subito dal Commissario agli Affari Economici Moscovici: "l'Italia è un Paese solido, abbiamo la massima fiducia nelle autorità del Belpaese, grazie a Renzi per le riforme che ha portato avanti in questi anni. In ogni caso, si trattava di un referendum sulla costituzione italiana, non sull'Europa". L'Eurogruppo, riunitosi per fare il punto anche sulla manovra italiana, invita Roma a fare i passi necessari per portare la finanziaria in linea con le regole del patto di stabilità, per evitare "importanti misure addizionali". E ribadisce che l'alto livello del debito resta una preoccupazione per l'Europa.

5/12/2016

Sono state ore di frenetiche reazioni internazionali, quelle che hanno seguito la netta affermazione del "no" al referendum in Italia: tra le ultime, quella della cancelliera tedesca Merkel, che si è detta "dispiaciuta" per le dimissioni di Renzi.

La cancelliera ha riecheggiato la posizione del suo Ministro delle Finanze, Schaeuble, secondo cui l'Italia ha bisogno urgentemente di un Governo per proseguire sulla strada delle riforme. Il Finanzminister rifiuta l'idea che la crisi in Italia si possa trasformare in una crisi dell'euro. Per il capogruppo dell'Spd al Bundestag Oppermann, "ora si tratta di mantenere l'Italia come stabile partner europeo". Le reazioni politiche ufficiali sono state prevalentemente europee, va precisato, anche se sono da segnalare il commento del Ministero degli Esteri cinese, che dice: "Pechino è pronta a collaborare al consolidamento della partnership con Roma", e quella del segretario Nato Stoltenberg, che tranquillizza: "in nessun modo il voto italiano cambia la sua posizione nell'Alleanza Atlantica". "Siamo in contatto con le autorita' italiane, ma non commentiamo su casi individuali". Cosi' il portavoce della Commissione Europea s Schinas. La linea ufficiale emersa all'Eurogruppo, in programma proprio oggi e con all'ordine del giorno -tra le altre cose- l'esame della nostra manovra, è semplice: massima fiducia nella risoluzione della crisi di Governo, grazie a Renzi per le riforme, e il voto degli elettori italiani è stato contro la riforma, non contro l'Europa. Tuttavia è chiaro che la tensione resta palpabile, con un occhio ai mercati. Il presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem: "finora la reazione è stata abbastanza calma, se continuasse così non dobbiamo attenderci misure di emergenza dalla Bce", dice. Poi chiosa: "il risultato referendario non cambia la situazione dell'economia italiana o delle banche italiane. I problemi restano gli stessi". Chi esulta sono le formazioni euroscettiche: "questo e' un colpo di martello contro l'Euro e l'establishment pro-Europa che ha dato agli italiani piu' poverta', disoccupazione e meno sicurezza", dice l'ex-leader Ukip, Nigel Farage, mentre la leader delFront National Marine Le Pen parla di "un no di speranza".

5/12/2016

La sconfitta al referendum e le dimissioni di Matteo Renzi gelano un'Europa, che solo sei ore prima aveva tirato un enorme sospiro di sollievo, per l'inattesa e netta vittoria del verde Van Der Bellen alle presidenziali austriache.

Tamponata l'avanzata dell'estrema destra, si apre a Bruxelles il baratro della crisi di Governo a Roma. E a rendere più complicate le cose, l'incrocio pericoloso con il dossier aperto sulla manovra italiana, che approda proprio oggi all'esame di un Eurogruppo orfano -tra l'altro- di Padoan. All'arrivo all'Eurogruppo il Commissario all'Economia Moscovici ribadisce la linea che l'Europa ha costruito in queste ultime -frenetiche- ore: "l'Italia è un Paese solido, abbiamo la massima fiducia nelle autorità del Belpaese, grazie a Renzi per le riforme che ha portato avanti in questi anni. In ogni caso, era un referendum sulla costituzione italiana, non sull'Europa". E si volta pagina, guardando a chi verrà dopo, per non trasformare il "no" alla riforma in un "no" all'Unione Europea. Molto colpito appare il Ministro dell'Economia tedesco Schaeuble: "ho parlato con Padoan", dice, "stiamo a vedere cosa accadrà". Secondo Schaeuble l'Italia ha bisogno urgentemente di un Governo per proseguire sulla strada delle riforme. Il Finanzminister si dice dispiaciuto per il "no" - non va dimenticato che persino lui si era speso per il "sì". Ma accetta il risultato democratico. E rifiuta l'idea che la crisi in Italia si possa trasformare in una crisi dell'euro. Chi guarda con serenità -relativa- ai mercati è il presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem: alla domanda se si debba rendere necessario un intervento della Bce per calmare lo spread, Dijsselbloem risponde: "finora la reazione è stata abbastanza calma, se continuasse così non dobbiamo attenderci misure di emergenza da Francoforte". E chiosa: "il risultato referendario non cambia la situazione dell'economia italiana o delle banche italiane. I problemi restano gli stessi".

4/12/2016

Vienna prova a fermare l'ondata euroscettica, populista e xenofoba che sta mettendo a dura prova la tenuta dell'Unione Europea. Quando stasera le urne chiuderanno -alle 17- l'Austria saprà se alla massima carica politica, la presidenza della repubblica, sarà approdato un esponente dell'estrema destra.

L'ultimo dibattito televisivo tra Norbert Hofer, candidato della destra Fpoe -nonchè favorito- e il verde Alexander Van Der Bellen, è stato un'escalation di provocazioni e insulti personali, che ha obbligato la moderatrice a richiamare entrambi all'ordine. La carica di presidente in Austria è per lo più cerimoniale, ma tra i suoi poteri c'è la revoca e la nomina del Governo: attualmente a Vienna è al potere la Grande Coalizione tra socialdemocratici e popolari, in picchiata di consensi. Hofer, che gode di un risicatissimovantaggio nei sondaggi, potrebbe -se eletto- favorire nuove elezioni, portando al potere la destra. Le presidenziali austriache sono state segnate da una serie infinita di colpi di scena: in primavera vinse il verde Van Der Bellen per poche migliaia di voti. La domenica sera aveva in realtà perso, ma il lunedì mattina i voti per corrispondenza ribaltarono tutto. Fu il primo colpo di scena: il secondo arrivò quando il voto venne annullato, poche settimane dopo, per irregolarità. E il terzo colpo di scena si verificò a settembre, quando il Governo dovette rinviare la nuova data delle elezioni, per l'incredibile caso delle buste per corrispondenza -sì, ancora loro- che si aprivano una volta sigillate. Speriamo che la terza sarà la volta buona.

3/12/2016

Torna l'allerta Europol sulla minaccia terroristica, che incombe non solo sulla Francia ma su tutta l'Europa: secondo l'agenzia comunitaria, è probabile che l'Isis compirà prossimamente nuovi attacchi nel Continente, anche con l'utilizzo di autobomba, contro i Paesi della coalizione a guida americana, impegnata a combattere lo Stato islamico in Siria e Iraq.

"Valutazioni di alcuni servizi di intelligence indicano che diverse decine di persone dirette dall'Isis potrebbero trovarsi attualmente in Europa con la capacita' di commettere attacchi", si legge nel rapporto, che insiste sul fatto che i terroristi potrebbero applicare anche qui tipologie di attentato ampiamente sperimentate in Medio Oriente. Il titolo del rapporto è chiaro: "come l'Isis cambierà le tattiche del terrore per mantenere la minaccia sull'Europa". Un cambiamento che potrebbe vedere la Libia quale nuova base nella preparazione di attacchi. E che potrebbe passare da un incremento della collaborazione tra terroristi e organizzazioni criminali. Un avvertimento che suona sinistro: già a gennaio Europol aveva avvertito del rischio attentati. Nel semestre successivo furono colpite Bruxelles, Nizza e -seppur su scala molto minore- diverse città tedesche. Il tutto mentre ieri sera Parigi ha vissuto ore di paura, quando un rapinatore ha fatto irruzione in una agenzia di viaggi nel 13esimo arrondissment. Sei persone sono state prese in ostaggio, mentre veniva chiarito che si trattava di un mero atto criminale. Poche ore più tardi la fine dell'assedio, col rilascio degli ostaggi.

2/12/2016

Agevolare il commercio online in Europa, consentendo ai Paesi membri di ridurre l'Iva sui libri elettronici, o ebooks. A presentarlo ieri la Commissione Europea, con l'obiettivo sia di abbattere il carico fiscale sulle Pmi che commerciano sul web, sia di alleggerire la tassazione su prodotti editoriali elettronici, quali libri e giornali - attualmente tassati più dei loro corrispettivi cartacei, con una norma per molti versi paradossale.

Passa dunque la linea italiana: Roma aveva già abbassato l'Iva al 4% per i libri digitali, andando incontro ad una procedura di infrazione europea che ora -come conferma la Commissione- sarà stralciata. Bruxelles ha in programma per il prossimo anno una revisione generale delle aliquote Iva in Europa: per intanto punta ad un via libera in tempi rapidi da parte degli Stati membri di questo pacchetto di proposte, che consentirà -a chi vorrà- di equiparare carta e digitale a livello di tassazione Iva, e -contemporaneamente- consentirà alle Pmi che utilizzano l'e-commerce di abbattere del 95% gli oneri amministrativi necessari a vendere i propri prodotti in Europa.

1/12/2016

Un pacchetto di proposte per agevolare il commercio online in Europa, con la ciliegina della riduzione dell'Iva sui libri elettronici, o ebooks. A presentarlo la Commissione Europea, con l'obiettivo sia di abbattere il carico fiscale sulle Pmi che commerciano sul web, sia di alleggerire la tassazione su prodotti editoriali elettronici, quali libri e giornali - attualmente tassati più dei loro corrispettivi cartacei, con una norma per molti versi paradossale.

Passa dunque la linea italiana: Roma aveva già abbassato l'Iva al 4% per i libri digitali, andando incontro ad una procedura di infrazione europea che ora -come conferma la Commissione- sarà stralciata. Bruxelles ha in programma per il prossimo anno una revisione generale delle aliquote Iva in Europa: per intanto punta ad un via libera in tempi rapidi da parte degli Stati membri di questo pacchetto di proposte, che consentirà -a chi vorrà- di equiparare carta e digitale a livello di tassazione Iva, e -contemporaneamente- consentirà alle Pmi che utilizzano l'e-commerce di abbattere del 95% gli oneri amministrativi necessari a vendere i propri prodotti in Europa.

1/12/2016

Novità importanti sul fronte del commercio online in Europa: a proporle la Commissione, all'interno di un pacchetto dedicato, che ha nei libri elettronici, o e-books, la parte più innovativa.

Bruxelles propone nello specifico di rendere i Paesi liberi di tagliare l'Iva per ebook e pubblicazioni digitali, allo stesso livello di tassazione ridotta già in vigore per libri e giornali cartacei. L'obiettivo più generale del pacchetto è semplificare il sistema e aggiornarlo, per sostenere lo sviluppo dell'e-commerce transfrontaliero. E spingere il business delle Pmi. Le altre misure prevedono l'obbligo di registrazione delle imprese che vendono online a un unico portale -nel proprio Paese- per pagare l'Iva, tagliando i costi del 95% - grazie al fatto che non dovranno più versare imposte in ciascuno dei Paesi dove la vendita -materialmente- avviene. Nel caso in cui le vendite online all'estero restino sotto i 10mila euro l'anno, le Pmi dovranno pagare l'Iva solo nello Stato in cui hanno sede. Una seconda soglia intermedia sino a 100mila euro prevede una semplificazione delle regole per il pagamento dell'Iva. Sul fronte della lotta alla frode, Bruxelles intende eliminare il sistema -attualmente in vigore- che esenta dal pagamento dell'Iva le piccole spedizioni di merci provenienti dai Paesi terzi, come la Cina, che non superano il valore di 22 euro. "E' l'ultimo pezzo del puzzle" che "non solo spingera' le imprese piu' piccole e le start up, ma rendera' anche i servizi pubblici piu' efficienti", ha dichiarato il vicepresidente della Commissione Andrus Ansip.

1/12/2016

Sarà un italiano il prossimo presidente del Parlamento Europeo? Dopo l'uscita di scena di Martin Schulz, che andrà a combattere le sue prossime battaglie politiche a casa propria, in Germania, ci sono anche due eurodeputati tricolori nella lista dei possibili nuovi capi dell'assemblea di Strasburgo.

L'annuncio più importante l'ha fatto ieri il leader della delegazione socialista e democratica Gianni Pittella: sarà il candidato del centrosinistra alla presidenza dell'Europarlamento, che si deciderà nelle prossime settimane. L'annuncio ha seguito la riunione del gruppo politico, alla presenza dello stesso Schulz. Pittella ha ricevuto un appoggio unanime: "ne ho parlato con Renzi, Hollande e altri leader socialisti", ha precisato. La candidatura di Pittella rappresenta solo la prima mossa ufficiale di un complesso risiko di nomine che l'uscita di Schulz ha -nei fatti- innescato: la prima casella di riempire è sicuramente quella di Strasburgo. Per la legge non scritta dell'alternanza, i prossimi due anni e mezzo toccherebbero in realtà a un eurodeputato della famiglia Popolare, di centrodestra. E qui spunta un altro nome italiano: quello di Antonio Tajani, attuale vicepresidente vicario del Parlamento Europeo, grazie ai 452 voti ricevuti all'atto dell'elezione - più numerosi dello stesso Schulz. Tajani è stato anche Commissario Europeo, e può vantare una vasta esperienza nelle istituzioni comunitarie. A sua volta è però insidiato da diversi colleghi del centrodestra: su tutti il falco tedesco Manfred Weber, capogruppo del Ppe, nonché fautore della linea dell'austerità. All'orizzonte si intravede quindi una possibile battaglia sia tra socialisti e popolari, scontro che potrebbe mettere a rischio la grande coalizione che guida Strasburgo, sia all'interno degli stessi popolari. Senza contare che la nomina di un presidente di centrodestra riaprirebbe le speculazioni su chi, tra Juncker e Tusk, potrebbe dover lasciare la carica, per concedere almeno un leader al centrosinistra. Le prossime settimane a Bruxelles saranno tutto, tranne che noiose.

25/11/2016

Alimenta il fuoco di sbarramento contro l'Economist il Ministro dell'Economia Padoan, nel rush finale della campagna referendaria.

Padoan esclude attacchi speculativi in caso di vittoria del "no", incluso il rischio di deja vù della fase drammatica vissuta dall'Italia nell'autunno 2011. "I fondamentali sono migliorati, l'economia cresce, c'è più occupazione, mentre debito e finanza pubblica sono sotto controllo", elenca Padoan. Sull'Europa, terreno di pesanti scontri tra Roma e Bruxelles nelle ultime settimane, il Ministro dell'Economia tiene la linea di Renzi: "l'Unione Europea e' l'unica strada possibile, ma deve cambiare. L'Italia ha fatto molte cose per modificare l'agenda comunitaria, e i risultati si vedono". In un articolo per il quotidiano economico tedesco Handelsblatt, Padoan ha anche osservato come l'attenzione degli osservatori stranieri sia quasi esclusivamente concentrata sul debito italiano, senza guardare alla dinamica delle riforme e ad un deficit che -osserva- "è in calo costante". Infine, sulla manovra, Padoansostiene che "la rottamazione delle cartelle non e' un regalo agli evasori", e garantisce: una eventuale vittoria del "no" al referendum non avra' "assolutamente" effetti sull'approvazione della finanziaria.

25/11/2016

Con un voto a larga maggioranza il Parlamento Europeo lancia un messaggio politicamente pesante, anche se giuridicamente non vincolante, che boccia gli ostinati bizantinismi europei nei confronti della Turchia: Strasburgo chiede la sospensione temporanea dei negoziati per l'adesione di Ankara all'Unione.

Dopo undici anni di trattative, meno della metà dei capitoli negoziali aperti, e uno solo chiuso, gli eurodeputati chiedono la messa in stand-by dell'intero processo. Alla base della decisione la condanna delle misure repressive adottate dal Governo turco dopo il fallito golpe - misure denunciate come "sproporzionate". Se la risoluzione non ha alcun effetto -a decidere sul processo di adesione è la Commissione Europea, che può agire su iniziativa di una decina di Paesi membri- l'atto di accusa verso Erdogan è evidente. Il premier turco Yildirimminimizza: "atto di nessuna importanza", ma qualche crepa nel fronte comunitario si apre: Austria e Lussemburgo soppesano la sospensione dei negoziati, mentre la Germania sa bene che questo porterebbe alla fine dell'accordo sui migranti - col rischio di riapertura della rotta balcanica. Ankara, da parte sua, chiede la liberalizzazione dei visti. Un risiko diplomatico di difficile soluzione. Come di difficile soluzione appare un altro eurorisiko: quello per la nomina del nuovo presidente del Parlamento Europeo, dopo l'uscita di scena di Martin Schulz. Si riapre il grande ballo delle cariche al vertice dell'Europa. Uno tra Tusk e Juncker potrebbe persino perdere il posto.

23/11/2016

Botta e risposta sull'asse Berlino-Roma, passando per Strasburgo. E' stata una giornata movimentata, quella di ieri, sul fronte delle dichiarazioni incrociate.

A dar fuoco alle polveri il Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble: il quale, intervenendo al Bundestag, attacca la Commissione Europea per la decisione di monitorare Berlino sugli squilibri eccessivi, a causa del surplus di bilancio.Schaeuble snocciola: "la Germania investe quasi sei volte di più, rispetto alla media dei Paesi europei. Le raccomandazioni di Bruxelles sono indirizzate al Paese sbagliato". E accusa la Commissione di non assolvere al proprio compito, che consiste nel controllare che i bilanci di singoli Paesi corrispondano alle regole e agli accordi comunitari. Guardate più a sud, sembra suggerire. Schaeuble non è stato tenero neppure coi suoi concittadini: "non possiamo riposarci sugli allori dei successi economici", ha ammonito. Il premier Renzi non si è fatto sfuggire l'occasione di rinfocolare la polemica con Berlino sui conti: "al signor Schaeuble, che ha detto che bisogna controllare i bilanci degli Stati, dico che bisogna iniziare dalla Germania, che ha un surplus commerciale che e' contro le regole". Da Strasburgo il contrattacco del capogruppo popolare Weber: "Renziutilizza l'Europa come capro espiatorio. Non se la prenda con Bruxelles, e si prenda la responsabilita' di fare le riforme".

22/11/2016

L'eterno derby Italia-Germania si ravviva col botta e risposta a distanza tra il potente Finanziminister tedesco Schaeuble e il premier italiano Renzi.

A dar fuoco alle polveri, anche se in modo indiretto, è proprio Schaeuble: il quale, intervenendo al Bundestag, passa al contrattacco, sulla decisione della Commissione Europea di monitorare Berlino per squilibri eccessivi, a causa del surplus di bilancio. Schaeuble prende la mira: "la Germania investe quasi sei volte di più, rispetto alla media dei Paesi europei. Le raccomandazioni di Bruxelles sono indirizzate al Paese sbagliato". Schaeuble accusa anche la Commissione di non assolvere al proprio compito, che consiste nel controllare che i bilanci di singoli Paesi corrispondano alle regole e agli accordi comunitari. Altra frecciata al trattamento di favore riservato a Italia, Spagna e Portogallo, su cui Bruxelles non è stata esattamente fiscale, nell'applicazione del Fiscal Compact. Schaeuble non è stato tenero neppure coi suoi concittadini: "non possiamo riposarci sugli allori dei successi economici, troppe le sfide ancora da affrontare", ha ammonito. Il premier Renzi non si è fatto sfuggire l'occasione di rinfocolare la polemica con Berlino sui conti: "al signor Schauble, che ha detto che bisogna controllare i bilanci degli Stati, dico che bisogna iniziare dalla Germania, che ha un surplus commerciale che e' contro le regole". Da Strasburgo il contrattacco del capogruppo popolare Weber: "Renzi utilizza l'Europa come capro espiatorio".

22/11/2016

Un'Eurozona che -a fatica- riporta la testa sopra la linea di galleggiamento. Una Bce decisiva nell'incoraggiare questa "ripresa moderata ma stabile". E -soprattutto- la necessità di procedere con le riforme.

Non si discosta eccessivamente dallo spartito che da mesi ripete con paziente cantilena il presidente Bce Mario Draghi, nel giorno in cui il potente Finanziminister tedesco Schaeuble ribadisce la necessità di un'uscita a breve dalle politiche monetarie espansive. Draghi porta all'Europarlamento un quadro più roseo del solito, parlando della situazione economica nella zona Euro: diminuzione della disoccupazione (quattro milioni di nuovi impieghi nel triennio), ripresa graduale dell'inflazione, crescita resiliente. Non fa mistero che la politica espansiva della Bce abbia giocato un ruolo, che comincia a vedersi anche nei prestiti delle banche ai cittadini. Anche per questo lancia un messaggio chiaro: per ora il "Quantitative Easing" non si ferma, "restiamo impegnati a preservare il grado molto sostanziale di accomodamento monetario, necessario ad assicurare una convergenza sostenuta dell'inflazione verso livelli al di sotto ma prossimi al 2%". Il 2016 è il primo anno col Pil ai livelli pre-crisi, chiosa Draghi, che invita a non rilassarsi: avanti con riforme e politiche fiscali che stimolino la crescita. Infine, la citazione di Ciampi: "se agiamo da soli saremo alla merce' di eventi piu' grandi di noi, di eventi che minacciano la pace e la sicurezza europea".

21/11/2016

Ripresa dell'Eurozona che procede a un ritmo moderato ma stabile", con l'Unione che "ha dimostrato un notevole resistenza agli sviluppi avversi e alle incertezze che derivano dall'ambiente globale".

Cosi' il presidente della Bce Mario Draghi questa sera all'Europarlamento, ha ricordato che "la disoccupazione nell'Eurozona sta stabilmente diminuendo" e che "dall'inizio dell'anno l'inflazione nominale è salita di sette decimali". Draghi ha aggiunto che "le politiche monetarie intraprese da Francoforte a partire dal giugno 2014 sono state un fattore chiave dietro gli sviluppi positivi" dell'economia, in particolare il Tltros, l'acquisto degli assets e i tassi bassi "hanno fortemente sostenuto la ripresa". Per Draghi, "la trasmissione dello stimolo monetario Bce alle condizioni di prestito delle banche e' stato notevole". Infine, il positivo sulla disoccupazione, che ha continuato a calare - in tre anni sono stati creati oltre quattro milioni di posti di lavoro. Le parole di Draghi arrivano sullo sfondo delle dichiarazioni del Ministro dell'Economia tedesco Schaeuble, che chiede un'uscita a breve dalla politica monetaria globale espansiva e di alto debito. Mentre per il vicepresidente della Commissione Dombrovskis, le misure non convenzionali adottate dalle Bce hanno avuto "un impatto positivo sulle condizioni finanziarie dell'Eurozona" e "contribuiscono" a tenere sotto controllo il livello d'inflazione.

16/11/2016

Nuova bufera sul Commissario Europeo all'Economia digitale Gunther Oettinger. Dopo le gaffes delle settimane scorse, in cui ha attaccato gay e cinesi, l'esponente tedesco, designato per prendere anche la responsabilita' del bilancio comunitario, torna nell'occhio del ciclone, per aver usato l'aereo privato dell'uomo d'affari tedesco Klaus Mangold, per volare da Bruxelles a Budapest, dove era atteso a cena dal premier ungherese Viktor Orban.

Due giornali online europei sollevano il caso, spiegando che si tratta di un episodio risalente ad alcuni mesi fa. Politico.eu sottolinea i legami di Mangold col Cremlino. L'europarlamentare Benedek Javor, che ha sollevato il caso, ipotizza una violazione del codice di condotta. Oettinger su Twitter spiega che "le accuse non sono vere. Non abbiamo chiesto in modo esplicito all'Ungheria il pagamento, ne' dell'aereo, ne' dell'hotel, anche questo offerto". Oettinger ha sostenuto che non poteva prendere un volo di linea, e ha negato di aver discusso con Orban il progetto della centrale nucleare di Paks". Per Oettinger, già protagonista in passato di gaffes che l'hanno reso uno dei Commissari Europei meno presentabili, un nuovo inciampo. Per la Commissione, un nuovo possibile danno di immagine, che segue le polemiche sulle ricche consulenze nel mondo dell'industria e bancario per l'ex-presidente Barroso e altri ex-componenti dell'esecutivo - episodi che pongono interrogativi sulla reale indipendenza dei Commissari.

14/11/2016

Mentre Donald Trump affronta le sue prime gatte da pelare, con la nomina del controverso Stephen Bannon a capo della strategia -decisione fortemente contestata, per la vicinanza dello stesso Bannon alle posizioni dei nazionalisti bianchi americani, l'Europa sembra ancora cercare il bandolo della matassa, nel rapporto con la nuova amministrazione statunitense.

La Commissione Europea, dopo aver pesantemente attaccato Trump la scorsa settimana, aspetta ancora un contatto. Ma non pare che Bruxelles sia esattamente in cima alla lista dei numeri da chiamare alla Trump Tower, dove ha già fatto un ingresso trionfale il leader Brexit Farage. I Ministri degli Esteri comunitari si sono ritrovati ieri sera a Bruxelles per una cena che ha prodotto molto fumo e poco arrosto, dove a risaltare sono state più le assenze di Gran Bretagna -e soprattutto Francia- che non le presenze. L'unico vero passo concreto si riassume così nell'approvazione odierna -abbastanza dovuta- di un piano per una maggiore integrazione della difesa comunitaria, con la creazione di una struttura centrale di pianificazione, che potrebbe divenire in futuro una sorta di Stato Maggiore, insieme a maggiori di attività di coordinamento e messa in comune di assets. "Un piccolo passo, ma importante in un momento così complicato", commenta il Ministro degli Esteri Gentiloni.

14/11/2016

"La cena del panico" tra i Ministri degli Esteri, come diversi diplomatici l'hanno neppure troppo scherzosamente definita, ha aperto ufficiosamente ieri il periodo di riflessione europeo, in vista dell'arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca.

Colta completamente in contropiede, l'Unione Europea ha prima reagito freddamente, poi ha lanciato una dura stoccata, con le dichiarazioni del presidente della Commissione Juncker. "L'Europa non deve essere preoccupata" di cosa fara' Donald Trump, ma "deve pensare a risolvere i suoi problemi, come crescita economica e immigrazione. Così il Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, al termine della cena a Bruxelles, convocata dall'Alto RappresentanteMogherini. Lo stesso Gentiloni ha definito l'elezione di Trump "l'ultima chiamata" per procedere verso una maggiore integrazione comunitaria. La settimana che si apre oggi prevede altri due appuntamenti molto attesi: il primo questo pomeriggio, quando ancora una volta i Ministri degli Esteri, insieme ai colleghi della Difesa, si riuniranno per esaminare il piano di sicurezza e difesa comune, primo passo verso una maggiore autonomia del Vecchio Continente nel settore, in tempi di instabilità geopolitica, minaccia terroristica e -non da ultimo- possibile disimpegno americano dalla Nato. E poi l'ultimo saluto di Barack Obama, che venerdì a Berlino incontrerà i maggiori leader europei -tra cui l'italiano Renzi- per un passaggio di consegne verso le acque inesplorate dell'era Trump.

13/11/2016

Non arretra, o almeno non pare arretrare, sui temi che l'hanno portato alla presidenza degli Stati Uniti Donald Trump.

Se su alcune misure prese dall'amministrazione Obama, come la copertura sanitaria, Trump aveva lanciato segnali di apertura, all'interno della medesima intervista con il celebre programma della Cbs 60 Minutes, Trump reindossa l'abito populista: "pronti a deportare subito due o tre milioni di clandestini", dice Trump, specificando: quelli che hanno precedenti penali - come criminali e narcorafficanti. E dopo che il confine col Messico sarà messo in sicurezza, promette, i funzionari dell'immigrazione cominceranno ad esaminare la situazione degli immigrati senza documenti ancora presenti su territorio americano. Alla domanda, se intenda davvero costruire un muro al confine messicano, Trump risponde senza esitazioni. "Sì". E specifica: in alcuni punti si tratterà di un muro vero e proprio, in altre di una recinzione. E mentre anche l'ultima notte americana è stata segnata dalle proteste anti-Trump, i Ministri degli Esteri europei provano a ridisegnare la strategia nei rapporti transatlantici, dopo un'elezione che li ha colti completamente impreparati.

13/11/2016

L'America si mobilita, nel primo weekend con Donald Trump presidente eletto.

Epicentro delle proteste la città di New York, dove migliaia di manifestanti sono sfilati da UnionSquare fino alla Trump Tower, isolata per l'occasione da un imponente cordone di polizia. Trump deve incassare pure la vendetta di Hillary Clinton, che -in una conferencecall con i suoi donatori- non ha risparmiato accuse al direttore dell'Fbi James Comey, colpevole di aver fatto riesplodere l'e-mail-gate a dieci giorni dal voto. "Ha risvegliato gli elettori di Trump", ha attaccato la Clinton. Lui, intanto, il presidente-eletto, sorprende con un'intervista alla Cbs, dove ribadisce che -più che cancellare- emenderà pesantemente l'Obamacare, programma sanitario che aveva fortemente contestato. I suoi consiglieri frenano anche su altre misure-choc, quali il muro al confine col Messico e lo stop all'ingresso di musulmani nel Paese. Più che un'inversione a U, importanti aggiustamenti in stile presidenziale, mentre dietro le quinte si consuma la battaglia tra le diverse anime della sua base. Battaglia decisiva per capire quale sarà la linea politica della prossima amministrazione. Al di qua dell'Atlantico, intanto, l'Europa ignorata da Trump si riunisce stasera per un vertice informale dei Ministri degli Esteri. Assenti il britannico Johnson e il collega ungherese. Sul tavolo il rebus americano, dopo che il presidente della Commissione Juncker ha fatto calare il gelo sull'asse Washington-Bruxelles. Una prima proposta concreta potrebbe arrivare domani, con l'approvazione del piano comunitario su sicurezza e difesa.

8/11/2016

Dieci mesi dopo, il copione si ripete, infiammando nuovamente l'asse Roma-Bruxelles - ad una finanziaria di distanza.

Accende la miccia, rompendo la tregua post-sisma, il presidente della Commissione Europea Juncker. "L'Italia non cessa di attaccarci a torto, e cio' crea risultati diversi da quelli attesi'. Così Juncker commenta le polemiche sulla legge di bilancio e -soprattutto- le ultime uscite di Renzi. L'affondo è poi durissimo, numeri alla mano: i costi "aggiuntivi" per migranti e terremoto valgono lo 0,1% del Pil. Roma aveva promesso di avere un deficit dell'1,7% nel 2017, mentre adesso ne propone uno superiore di sette decimali. La domanda, a quel punto, è consequenziale, anche se Juncker si ferma ad un passo dall'esplicitarla: che fine hanno fatto gli altri sei decimali? Per cosa saranno spesi? Più sfumate nella forma, ma non dissimili nella sostanza, le dichiarazioni del Commissario agli Affari EconomiciMoscovici: "anche se prendiamo in considerazione tutta la flessibilita', anche se il Patto e' intelligente, ci sono regole che vanno rispettate da tutti", ha detto puntando il dito in direzione di Roma. Renzi rimanda le accuse al mittente: "non facciamo polemica, non guardiamo in faccia nessuno. Perche' una cosa e' il rispetto delle regole, altro e' che queste regole possano andare contro la stabilita' delle scuole dei nostri figli. Sull'edilizia scolastica non c'e' possibilita' di bloccarci: noi quei soldi li mettiamo fuori dal patto distabilita', lo vogliano o meno i funzionari di Bruxelles".

7/11/2016

Sale di tono lo scontro a distanza tra Italia e Commissione Europea, in merito alla manovra.

Accantonata la tregua post-sisma, il presidente della Commissione Junckerriaccende la polemica contro Roma, che ricorda molto da vicino lo scontro infuriato a inizio anno, e risoltosi con un incontro chiarificatore Juncker-Renzi: "l'Italia non cessa di attaccarci a torto, e cio' crea risultati diversi da quelli attesi'. Così Juncker ha commentato le polemiche sulla legge di bilancio e -soprattutto- le ultime uscite del premier. Juncker non va per il sottile: l'Italia "non puo' piu' dire che le politiche di austerita' sono proseguite con questa Commissione, come avveniva in precedenza". Da lì l'affondo: i costi "aggiuntivi" per migranti e terremoto valgono lo 0,1% del Pil. Roma aveva promesso di avere un deficit dell' 1,7% nel 2017, mentre adesso ne propone uno maggiore per sette decimali. La domanda, a quel punto, è consequenziale, anche se Juncker si ferma ad un passo dall'esplicitarla: che fine hanno fatto gli altri sei decimali? Per cosa saranno spesi? Più sfumate nella forma, ma non dissimili nella sostanza, le dichiarazioni del Commissario agli Affari Economici Moscovici: "anche se prendiamo in considerazione tutta la flessibilita', anche se il Patto e' intelligente, ci sono regole che vanno rispettate da tutti", ha detto puntando il dito in direzione di Roma. Renzi rimanda le accuse al mittente: "non facciamo polemica, non guardiamo in faccia nessuno. Perche' una cosa e' il rispetto delle regole, altro e' che queste regole possano andare contro la stabilita' delle scuole dei nostri figli. Sull'edilizia scolastica non c'e' possibilita' di bloccarci: noi quei soldi li mettiamo fuori dal patto di stabilità".

31/10 INTERVISTA VESTAGER

***MARGRETHE VESTAGER, COMMISSARIA ALLA CONCORRENZA UE: “IL TTIP NON E’ MORTO”***

Non siamo ancora alla fine dei negoziati con gli Stati Uniti sul Ttip, l’accordo di libero scambio transatlantico. La posizione in cui ci troviamo attualmente non è per noi soddisfacente, come quella del Trattato appena firmato con il Canada, il Ceta. La situazione è ancora aperta, e molto dipende dalla prossima amministrazione americana. Sicuramente i negoziati con gli USA non sono chiusi, ci sono ancora molti capitoli da definire. Se dovessi citare il capitolo che deve essere ancora chiuso e che -in questo senso- più mi preoccupa del Ttip? Ce ne sono diversi: la cosa importante è implementare il nuovo sistema di arbitrato, nel caso le aziende intendano fare appello. I canadesi hanno accettato il modello proposto, gli americani ancora no. Per noi è importante la trasparenza e l’indipendenza dell’arbitrato”.

Così la Commissaria Europea alla Concorrenza Margrethe Vestager, intervistata da Radio 24.

La Vestager è tornata sul caso Apple, dopo la richiesta di recupero di imposte non pagate per 13 miliardi: “stiamo attendendo l’esito dell’appello presentato da Apple e dallo Stato irlandese”. E ha guardato al futuro: “nel caso di Google, penso che la cosa importante sia avere indagini ben condotte, che garantiscano una piena difesa. Quindi, anche per me, che sono una persona impaziente, se un’azienda ha bisogno di più tempo, è giusto che le venga concesso. A quel punto vedremo se riusciranno a cambiare la nostra prospettiva – noi pensiamo di aver trovato le prove per sostenere la nostra convinzione preliminare che Google abbia abusato della sua posizione dominante”.

Margrethe Vestager ha infine confermato: “stiamo aspettando ancora una risposta completa da Google sull’indagine aperta”.

Infine, a proposito delle relazioni UE-USA, la Commissaria Vestager ha dichiarato: “da un lato, c’è un disaccordo nel caso Apple, perché gli Stati Uniti non considerano le normative sugli aiuti di Stato come una delle regole per far valere la concorrenza. Dall’altro punto di vista abbiamo una forte cooperazione con le autorità americane, in merito ad antitrust, cartelli, fusioni e su temi fiscali globali”.

29/10/2016

Raggiunge Bruxelles lo scontro italo-ungherese sui migranti, in una guerra di possibili veti incrociati. Il primo è quello ventilato dal premier magiaro Viktor Orban, che minaccia -anche se giuridicamente ha poche speranze di spuntarla- di portare fino alla Corte di Giustizia Europea le quote obbligatorie di ricollocamento migranti, stabilite a Bruxelles.

Quote che lui bolla come un "rospo" da ingoiare. Orban non le manda a dire al suo sparring partner, l'omologo italiano Renzi: con ironia, alla radio magiara definisce Renzi "in difficoltà e nervoso, a causa del deficit in crescita e dell'arrivo in massa di migranti". Sempre via radio, Renzi rispedisce l'ironia al mittente e minaccia un secondo veto, in questo caso molto più verosimile: quello sul prossimo bilancio comunitario, coi suoi preziosi fondi europei, così graditi a Budapest, come nel resto dei Paesi dell'Europa dell'Est. Insomma, o Budapest accetta i profughi ricollocati da Italia e Grecia, oppure perde i fondi. In precedenza Orban aveva definito "intollerabile" considerare l'Ungheria un "Paese non-solidale" sulla questione migranti, perche' Budapest spende "molto per la difesa dei confini" esterni. Nuove puntate si annunciano, da qui a fine anno.

28/10/2016

La querelle italo-ungherese sui migranti esplode nel weekend, estendendosi fino a Bruxelles.

Dopo aver attaccato con ironia l'Italia, il premier magiaro Orban alza la mira, minacciando di porre il veto in sede europea contro quello che ha definito "il rospo" delle quote obbligatorie di ricollocamento dei migranti. E ipotizza di adire fino alla Corte di Giustizia per bloccarle. Guerra totale, insomma, minaccia Orban, se la presidenza di turno slovacca -peraltro sua alleata nel gruppo Visegrad dei Paesi dell'Europa centrale- non toglierà le quote dall'agenda di lavoro a dicembre. Il contrattacco di Orban segue un'altra minaccia di veto, questa volta italiana: rispondendo all'Ungheria, con Orban che ironizzava su un Renzi in difficoltà e nervoso, a causa del deficit in crescita e dell'arrivo in massa di migranti, il premier aveva a sua volta attaccato: "l'Italia è pronta a mettere il veto su un bilancio europeo che non contempli pari onori ed oneri". Insomma, o Budapest accetta i profughi ricollocati da Italia e Grecia, oppure perde i preziosi fondi europei. In precedenza Orban aveva definito "intollerabile" considerare l'Ungheria un "Paese non-solidale" sulla questione migranti, perche' Budapest spende "molto per la difesa dei confini" esterni europei. Nuove puntate si annunciano, da qui a fine anno.

28/10/2016

Giorno della verità -oggi- per il trattato economico-commerciale eurocanadese di libero scambio, sul quale nell'ultima settimana si è vissuto un vero e proprio psicodramma, sull'asse Ottawa-Bruxelles. I parlamenti regionali, tra cui quello della Vallonia, ostile nel bloccare l'intesa, voteranno entro mezzanotte, dopodichè la palla passerà a Unione Europea e Canada per la ratifica.

Ad annunciare l'accordo interno al frammentatissimo sistema di governance belga lo stesso premier Charles Michel. In sostanza, il Governo vallone ha ottenuto di poter chiedere alla Corte di Giustizia Europea di esprimersi sulla compatibilità coi trattati europei del nuovo sistema di arbitrato internazionale. Se tutto andrà liscio, Europa e Canada potranno finalmente firmare un trattato che cancellerà dazi per mezzo miliardo e -secondo lo stesso Belgio- vale commercialmente 12 miliardi. Questo per l'apertura reciproca sugli appalti e l'accesso a servizi e investimenti, oltre che il reciproco riconoscimento delle qualifiche professionali. Il presidente europeo Tusk si è detto"felice" per l'intesa, ma ha voluto cautelarsi, dopo la figuraccia internazionale della scorsa settimana: "contattero' il premier canadese Trudeau solo quando tutte le procedure saranno completate", ha precisato. Il Ministro degli Esteri canadese Dion si è detto "cautamente ottimista". Resta invece congelato il trattato commerciale eurostatunitense, o Ttip. Il premier vallone Magnette lo ha definito "morto".

27/10/2016

L'accordo c'è. E dovrà essere votato -con ogni probabilità domani- dai parlamenti regionali del Belgio. La vicenda del trattato di libero scambio commerciale Europa-Canada va verso il lieto fine, dopo una settimana vissuta al cardiopalma.

Ad annunciarlo il premier belga Charles Michel, che stima vantaggi per 12 miliardi. Solo venerdì scorso la Ministra del Commercio canadese aveva lasciato Bruxelles praticamente in lacrime, denunciando l'incapacità europea di chiudere intese internazionali. Alla fine la regione belga della Vallonia, che col suo "no" aveva tenuto in ostaggio il cosiddetto Ceta, ha dato il via libera, inserendo nell'accordo una clausola con la quale il Belgio potrà chiedere alla Corte di Giustizia Europea di esprimersi sulla compatibilità del nuovo sistema di arbitrato internazionale tra aziende e Stati. Clausole pure su difesa dei prodotti agricoli.

27/10/2016

Realmente clamorosa -e se vogliamo persino paradossale- la notizia che è arrivata nelle ultime ore dal Belgio: i negoziatori hanno raggiunto un accordo sul Ceta, il trattato di libero scambio tra Europa e Canada, fatto deragliare non più di sei giorni fa dal blocco del parlamento regionale della Vallonia, con il contorno di lacrime della Ministra del Commercio canadese, tornata in patria dopo aver pronunciato parole di fuoco contro Bruxelles.

Ebbene, proprio nel giorno in cui era prevista la firma solenne tra Unione Europea e Canada, alla presenza del premier canadese Trudeau -firma saltata proprio a causa del fallimento negoziale- il premier belga Michel ha annunciato che le parti hanno trovato a sorpresa l'intesa. La dichiarazione sara' inviata formalmente al presidente europeo Tusk e alla Commissione europea. 'E' un accordo molto importante per le imprese e l'attivita' economica - ha detto Michel un accordo che vale 12 miliardi di euro. Ora l'ultima parola e' ai parlamenti'. Le assemblee di Vallonia, comunita' fancofona e Bruxelles si riuniranno oggi o al piu' tardi domani, per ratificare finalmente l'accordo. Il premier vallone Magnette, la cui opposizione aveva fatto saltare tutto, ne è uscito trionfante: "ciò che abbiamo ottenuto è importante per i valloni e per tutto il mondo". Infatti ora si tratta di vedere i dettagli.

22/10/2016

L'epilogo più amaro arriva a vertice concluso, quando diventa chiaro che i neppure quattro milioni di abitanti della regione belga della Vallonia bloccano per davvero il trattato commerciale con il Canada.

A dare la notizia, praticamente in lacrime, è la stessa Ministra del Commercio canadese Freeland - "ho lavorato molto, siamo stati pazienti, ma l'Europa non è in grado di chiudere un accordo internazionale", ha dovuto constatare. In serata tentativo europeo di lasciare la porta aperta, ma un'altra figuraccia internazionale è stata fatta. Ridotta al lumicino l'ipotesi di firmare -come previsto- l'intesa giovedì prossimo. Ottimisti sull'accordo si erano detti vari leader europei, in un summit dove l'Italia ha giocato d'attacco, riuscendo a far stralciare dalle conclusioni l'ipotesi di sanzioni verso la Russia, in merito alla crisi siriana. A finire KO -per una volta- è stata la linea della cancelliera tedesca Merkel. "Avrei accolto con favore il testo presente nella bozza originaria", dice a denti stretti la Merkel, che non getta la spugna e parla opzioni ancora tutte aperte. L'Italia strappa un riferimento anche agli sforzi finanziari fatti sui migranti, utile in sede di valutazione della manovra a Bruxelles. Infine -su Brexit- la premier britannica May auspica un'uscita dolce dall'Unione, che mantenga i rapporti di libero mercato, e chiede una soluzione su misura, non preconfezionata.

21/10/2016

A vertice concluso, arriva la notizia più temuta: è infatti fallito il tentativo di mediazione per arrivare a un'intesa con la Vallonia, sull'accordo di libero scambio Europa-Canada.

Ad annunciarlo il ministro canadese del commercio Chrysta Freeland, parlando di "fine e fallimento delle discussioni con la Vallonia", la regione belga che blocca il Trattato. La Freeland ha aggiunto: "è un'opportunita' mancata, sono molto delusa". Anche perché -e qui non trattiene la frecciata- "l'Europa non è in grado di avere un accordo internazionale". E mentre l'infinita pazienza di Ottawa giunge alla fine, ben simbolizzata dalle lacrime trattenute a stento dalla Ministra canadese, mantiene una parvenza di ottimismo Bruxelles: "le discussioni iniziate con il Governo regionale della Vallonia sono arrivate a uno stop", ma "la Commissione europea non considera questo come la fine del processo" - così fonti comunutarie. A summit concluso, resta un'altra delusione, quella della cancelliera tedesca Merkel. Le conclusioni europee sulla Siria, dove si parla di "tutte le opzioni aperte" senza menzionare le sanzioni come inizialmente previsto, sono "il minimo che siamo riusciti a concordare", ma "avrei accolto con favore il testo presente nella bozza originaria". Cosi' la Merkel, rifiutandosi di entrare nel dettaglio delle conclusioni sulla Russia. Lacancelliera ha lasciato la porta aperta ad ogni possibile esito. Infine la Brexit, con la premier britannica May che si dice ottimista sui negoziati che si apriranno con l'Europa. La May auspica un'uscita dolce, che permetta di mantenere rapporti di libero mercato.

20/10/2016

Russia e trattato commerciale con il Canada hanno dominato le fasi iniziali di un vertice europeo che ha visto l'esordio della neopremier britannica Theresa May, a ricordare che lo spettro della Brexit aleggia sul futuro dell'Unione.

Un'Europa che -secondo quanto avrebbe affermato il premier Renzi agli europarlamentari PD- preoccupa il mondo e Obama: la condizione dell'Unione sarebbe il dossier più delicato che l'attuale presidente americano pensa di lasciare al suo successore, secondo Renzi. Proprio su Brexit si consuma il più surreale duello di dichiarazioni. Se il presidente europeo Tusk calma le tensioni, definendo "un nido di colombe" il consesso dei leader nei confronti della May, il presidente francese Hollande lancia la sfida a Londra. "Se la May vuole una "hard Brexit" i negoziati saranno duri", sibila Hollande. Altro tema caldo la Siria: l'ipotesi che si profila nella bozza di conclusioni è quella di possibili misure restrittive a persone o entità che supportano il regime di Damasco, qualora il conflitto dovesse proseguire. Un chiaro tentativo di esercitare pressioni sulla Russia, anche se decisioni concrete -se saranno prese- non arriveranno prima di dicembre. Oltre alla crisi migranti, sulla quale si farà il punto, a preoccupare è lo stallo sul trattato commerciale Europa-Canada, bloccato dal veto del parlamento regionale della Vallonia. Il premier belga Michel parla di "momento delicato", anche se -dice- "siamo molto vicini al momento della verita'. Fonti europee indicano un forte pressing di Renzi e Hollandesul premier vallone Magnette, per sbloccare l'empasse.

20/10/2016

Summit europeo al via a Bruxelles: tra i dossier caldi Russia, migranti, commercio internazionale e Brexit. La Russia e i rapporti con Putin hanno dominato le dichiarazioni pre-summit dei 28 leader.

"E' importante che il cessate il fuoco in Siria sia duraturo, per portare aiuti umanitari alla popolazione", ha detto la Merkel, che a cena -insieme a Hollande- farà rapporto sull'incontro di ieri sera con Putin. "Oggi non si tratta di prendere decisioni, ma voglio sottolineare che l'Unione deve tenere aperte tutte le opzioni, incluse le sanzioni contro la Russia se continuano i crimini in Siria, ad Aleppo", ha notato il presidente europeo Tusk. "Oggi la priorita' e' prolungare la tregua, ieri abbiamo fatto pressione su Putinperche' faccia il suo dovere, facendo cessare i bombardamenti e continuando ad appoggiare Assad", ha chiosato il presidente francese Hollande. Hollande ha lanciato una frecciata alla premier britannica Theresa May, al suo esordio a Bruxelles. "Se la May vuole una "hard Brexit" i negoziati saranno duri", ha sibilato. Sul trattato commerciale col Canada, bloccato dal parlamento regionale della Vallonia, il premier belga Michel ha dichiarato: "è un momento delicato, siamo molto vicini al momento della verita', che arrivera' nelle prossime ore o nei prossimi giorni".

20/10/2016

Immigrazione, commercio internazionale e Russia i tre temi principali nel menù del Consiglio Europeo che si apre fra circa tre ore a Bruxelles - e come ciliegina sulla torta aggiungiamo pure la questione Brexit, si tratta infatti del primo summit con la presenza della neopremier britannica Theresa May.

Il tema-principe, da agenda, dovrebbe essere quello dei migranti - si farà il punto sulla protezione delle frontiere esterne e sugli accordi per i rimpatri, frutto del cosiddetto "migration compact". Mentre per quanto riguarda il controverso meccanismo dei ricollocamenti si cercherà di evitare di urtare troppo la sensibilità dei Paesi dell'Est. Oggi il premier ungherese Orban è tornato a ripetere che "i confini esterni dell'Unione devono essere difesi dai Paesi interessati", e che "questa e' la condizione per la libera circolazione". "L'Ungheria non fa altro che adempiere alle leggi comunitarie", ha concluso Orban, "se lo avessero fatto anche i greci non avremmo avuto crisi dei profughi". Orban ha sorpresa ha lodato l'operato di Angela Merkel: "senza la cancelliera tedesca l'Europa sarebbe stata piu' debole, a causa di tutte queste crisi". Sulla Russia non si dovrebbe arrivare ad ulteriori sanzioni verso Mosca, a causa di Ucraina e Siria: sebbene la Merkel insista per non privarsi dell'ipotesi di un inasprimento, l'Italia -ma non solo- qui è contraria. Mentre sul trattato di libero scambio col Canada, bloccato clamorosamente dalla regione belga della Vallonia, si dovrà probabilmente prendere atto della necessità del rinvio della firma, e ringraziare Ottawa per l'infinita pazienza.

19/10/2016

Migranti, accordo commerciale con il Canada e rapporti con la Russia. Questi i temi nel menù del Consiglio Europeo che si apre domani a Bruxelles.

In primo piano l'immigrazione, tema sul quale il presidente europeo Tusk, nella lettera di invito, ha sostenuto che l'Unione sta lentamente superando il punto critico. I 28 faranno il punto soprattutto sul migration compact: Tusk ha sottolineato che la rotta balcanica ha fatto registrare un crollo del 98% nel passaggio di migranti nell'ultimo anno, con un parallelo raddoppio dei migranti irregolari rimpatriati. Anche se la rotta del Mediterraneo Centrale quella che ha come punto d'approdo l'Italia, resta sui livelli dello scorso anno, per numeri di arrivi. Nella cena di domani focus sulla Russia, su iniziativa italiana, secondo quanto hanno rivelato fonti comunitarie. Nel dibattito sulla Russia entreranno in gioco sia la situazione in Ucraina che quella in Siria, hanno spiegato le fonti: a dicembre sara' il momento di decidere di nuovo se rinnovare o meno le sanzioni contro Mosca.

19/10/2016

Sostegno reciproco e intesa a 360 gradi: il presidente americano uscente Barack Obama sceglie di dare un esplicito endorsement al premier italiano Matteo Renzi, a neppure due mesi dallo snodo cruciale del referendum costituzionale.

"Il referendum che modernizzerà le istituzioni politiche italiane è qualcosa che gli Stati Uniti sostengono fortemente", dice Obama, che accoglie Renzi alla Casa Bianca con i massimi onori - inni, picchetto e pubblico italoamericano in festa inclusi. Obama dice di tifare Renzi, e lo annovera nella nuova generazione di leader europei, anche per le riforme che sta portando avanti - "non facili, che incontrano resistenze", nota. Il presidente americano non nasconde le sue preoccupazioni per la crescita in Europa, lanciando l'assist alla battaglia antiausterità di Renzi: "senza l'enfasi su crescita e investimenti che creano lavoro, la fragilita' economica in Europa tornera', ed avra' impatto sul mondo e sugli Stati Uniti". Obama non disdegna una frecciata a Donald Trump -la sua adulazione per Putin non è in linea con la nostra politica- e si dice certo che la battaglia di Mosul sarà una tappa verso la distruzione dell'Isis. Il tema riforma costituzionale è al centro dell'intervento di Renzi, che cerca di non fare drammi preventivi. "Se a dicembre vinceremo, per l'Italia sara' piu facile continuare la battaglia per cambiare l'Europa", aggiunge il premier, che ha ricambiato Obama sulla crescita, definendo gli Stati Uniti un modello in questo senso.

18/10/2016

Crescita e riforma costituzionale in primo piano nel bilaterale Renzi-Obama di oggi a Washington. Il presidente americano e il premier italiano si sono riuniti per circa un'ora e mezza, dopodichè hanno incontrato i giornalisti, per una conferenza stampa appena terminata.

Da Obama subito l'esplicito appoggio a Renzi, in vista del cruciale appuntamento con il referendum costituzionale. "Il referendum che modernizzerà istituzioni italiane ha il forte appoggio americano", dice Obama, che sottolinea la necessità di porre l'enfasi sulla crescita. "Senza l'enfasi su crescita e investimenti che creano lavoro, la fragilita' economica in Europa tornera', ed avra' impatto sul mondo e sugli Stati Uniti", ha detto il presidente americano, che ha spalleggiato esplicitamente la battaglia renziana sulla crescita nell'Unione. Da Obama lodi alle riforme di Renzi - "riforme non facili", dice il presidente americano, "che incontrano resistenze". Il presidente americano ha toccato infine i temi internazionali, e ha attaccato Trump per quella che ha definito "la sua adulazione nei confronti di Putin, un fatto senza precedenti, non e' in linea con la politica americana". "Non ha le caratteristiche per sedere alla Casa Bianca", ha chiosato Obama. Anche per Renzi centrale il referendum costituzionale, ma il premier prova a non fare drammi preventivi. "Se a dicembre vinceremo, per l'Italia sara' piu facile continuare la battaglia per cambiare l'Europa", dice Renzi, che ancia il suo messaggio a Bruxelles: "noi rispettiamo le regole europee anche se talvolta un po' a malincuore. Vorremmo regole diverse, ma finche' non cambiano le rispettiamo". Renzi infine ha parlato del ruolo dell'Italia nella battaglia contro l'Isis in Iraq: "orgoglioso dei nostri militari", ha detto.

18/10/2016

"Non c'è la volontà di alimentare tensioni con l'Italia": in queste poche parole, sibilate da fonti della Commissione Europea, sta la chiave di lettura di un processo di valutazione della manovra che si incrocia -pericolosamente- con il referendum costituzionale.

In questo, va ammesso, il Governo è stato machiavellico nel fissare la data. Perché un fatto è certo: per dirla sempre con le voci di corridoio di Bruxelles, "i numeri della manovra varata a Roma non sono quelli su cui sono stati impostati gli accordi tra Italia ed Europa". Basti guardare il deficit, salito di cinque decimali tra primavera ed autunno. Una chiara stilettata, quella europea, addolcita dalla considerazione che Bruxelles intende ora vedere cosa si nasconde dietro a questi numeri, e quali fattori eccezionali possono eventualmente essere esaminati. Un colpo al cerchio e uno alla botte, insomma, per non dare l'impressione di calare già le braghe. Ma il tempo gioca a favore dell'Italia: entro il primo novembre la Commissione fornirà un primo giudizio, o -più probabilmente- chiederà spiegazioni. Il 9 novembre pubblicherà le attese previsioni economiche, che potrebbero fornire indicazioni importanti. E, soprattutto, entro fine novembre arriverà il giudizio finale, molto a ridosso del referendum. Bruxelles si assumerà il rischio di assestare un colpo così pesante al Governo Renzi?

9/10/2016

La marcia indietro arriva puntuale, dopo una settimana di fughe in avanti e ripiegamenti tattici, conditi da un crollo della sterlina - a coronamento di sette giorni vissuti pericolosamente.

"Non chiederemo alle aziende di fornirci le liste di lavoratori stranieri", dice alla BBC il Ministro alla Difesa Michael Fallon, che ha però tenuto a puntualizzare che il Governo applicherà con maggiore vigore la legislazione già esistente, che impone alle aziende di pubblicizzare una posizione aperta prima in Gran Bretagna e solo successivamente all'estero. "Potremmo chiedere alle imprese di fare un rapporto su numeri e statistiche", smorza Fallon. Mentre la collega all'Istruzione Justine Greening sembra mettere la pietra tombale sull'idea delle cosiddette "quote stranieri", o "liste di proscrizione": "il Governo ha abbandonato formalmente l'idea suggerita al congresso Tory dalla ministra dell'Interno Rudd. Downing Street chiederà informazioni solo su eventuali vuoti occupazionali". Probabile che la dura risposta europea -Commissione, Germania e Francia in testa- insieme alle montagne russe su cui ha viaggiato la sterlina, abbiano consigliato maggiore moderazione al Governo May, che a marzo avvierà formalmente i negoziati per l'uscita dall'Unione Europea. Intanto proseguono gli appelli a far sì che anche il Parlamento si esprima sull'uscita dal mercato unico comunitario: ultimo in ordine temporale l'ex-leader laburista Ed Miliband.

8/10/2016

A fine giornata tocca al Cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond mettere il cappello a una settimana turbolenta per la Gran Bretagna, dopo le prime -in parte avventate- mosse dell'esecutivo May.

"Prepariamoci ad altre turbolenze", ha avvertito Hammond, secondo cui -quello attuale- è un periodo di volatilità. Ma -precisa- l'economia britannica e' "fondamentalmente forte". La rassicurazione è giunta dopo la notte di tregenda vissuta dalla sterlina sui mercati asiatici, con un crollo del 6% in due minuti a Honk Kong. Forse un errore umano, forse un algoritmo impazzito la causa di un calo poi compensato in giornata. Indice però della tensione che continua a generare la Brexit. Dopo le liste di proscrizione paventate dal Governo, con relativa mezza marcia indietro, ieri è giunta la denuncia di Sara Hagemann, ricercatrice alla prestigiosa London School ofEconomics, nonché esperta in Affari Europei: Il Governo avrebbe chiesto all'università di escludere lei ed altri esperti stranieri da un gruppo di ricerca che dovrà fornire consulenza a Downing Street sulla Brexit. Questioni di sicurezza nazionale, viene lasciato intendere. Si può comprendere, ma non sono bei segnali. Con l'aria che tira, e con un'Europa da tutti contro tutti, il presidente della Commissione Juncker è dovuto intervenire per chiarire che non si accettano intese sottobanco: "sì ad accordi amichevoli con Londra, ma no a trattative segrete tra Governi". Juncker ha pure ribadito: se Londra vuole restare nel mercato unico, deve anche accettare la libera circolazione dei lavoratori.

7/10/2016

L'effetto Brexit continua ad aleggiare, minaccioso, su Londra, dopo l'accelerazione imposta dalla premier Theresa May.

L'ultimo segnale -inquietante- arriva dalla denuncia della ricercatrice Sara Hagemann, esperta di Affari Europei, che riferisce come il Governo abbia chiesto alla London School of Economics, una delle università più prestigiose del regno, di escludere da un team di ricerca gli esperti con passaporto straniero. Non si tratta di una vera e propria messa al bando dei non britannici, a guardare bene: il team, di recente costituzione, ha la responsabilità di fornire indicazioni ed expertise al Governo inglese in tema di Brexit. Downing Street avrebbe quindi ritenuto pericoloso fare leva su esperti esteri in questioni così delicate per la sicurezza nazionale. La notizia è piombata nel bel mezzo di una giornata a dir poco frenetica per la sterlina, crollata sul mercato delle valute. Crollo innescato sui mercati asiatici per motivi ancora da chiarire -errore umano o algoritmo impazzito le cause più probabili- e poi proseguito, tra alti, bassi, e recuperi nel corso della giornata. Comunque lo si voglia vedere, un altro segnale di nervosismo. Intanto il presidente della Commissione Juncker avverte: "sì ad accordi amichevoli con Londra, ma no a trattative segrete tra Governi". Juncker ha ribadito il mantra che circola a Bruxelles da giugno: se Londra vuole restare nel mercato unico, deve anche accettare la libera circolazione dei lavoratori.

7/10/2016

L'apertura, attesa, è arrivata. E a farla, non a caso, è il Commissario europeo meno rigorista, all'interno del team economico di Juncker.

Da Washington Pierre Moscoviciribadisce che esiste flessibilità all'interno delle regole comunitarie, e che Bruxelles sarà intelligente nell'applicarle. Ma aggiunge, esplicitando quanto ormai è ampiamente dato per scontato: la Commissione intende aprire alla flessibilita' per le ''spese legate alla crisi dei rifugiati, o a un terremoto, o ad attacchi terroristici. Si tratta di flessibilita'precise, limitate e chiaramente spiegate'', dice Moscovici. E qui si apre la vera partita con Roma: quella sui margini e sui numeri, che saranno concessi da Bruxelles su questi capitoli. Il Commissario Europeo cita più volte l'Italia nel suo discorso all'Atlantic Council, come Paese che ha già ottenuto flessibilità, per aver fatto investimenti e riforme strutturali. E mette pure il dito in quella che resta la nostra grande piaga: il debito. Più tardi, parlando a Bloomberg, Moscovici offre un'ulteriore sponda a Roma. ''Ho fiducia che l'Italia, come sempre, se la cavera' e risolvera' i suoi problemi con il nostro aiuto'', dice, riferendosi alle sfide di bilancio e a quelle del sistema bancario.Moscovici chiosa con un appoggio dal sapore molto politico: "in Italia ''c'e' una minaccia populista. Sosteniamo gli sforzi di Renzi, affinche' sia un partner forte all'interno dell'Unione Europea".

1/10/2016

Poco più di otto milioni di ungheresi al voto, per una consultazione che suona come una sfida aperta all'Europa: "volete che l'Unione Europea decreti il ricollocamento obbligatorio dei cittadini extracomunitari in Ungheria, senza l'approvazione del nostro Parlamento?", recita il quesito referendario voluto dal premier di destra Orban.

Quesito per chi vuole vincere facile, in un Paese già ben educato ad alzare muri, per fermare l'invasione sulla rotta balcanica. I sondaggi danno per scontato un "no" ad altissima maggioranza - anche se Orban dovrà stare molto attento al quorum. Se votasse meno della metà degli aventi diritto, la consultazione non sarebbe valida. Sul quorum si gioca dunque la vera sfida di Orban, paladino del gruppo dei Paesi dell'Est di Visegrad - come lui, anche Polonia, Repubblica Ceca e Slovacchia stanno virando sempre più a destra sulle politiche migratorie, in aperta rotta con Bruxelles. E si gioca anche il futuro del piano di ricollocamento profughi, finora un clamoroso buco nell'acqua europeo - prime vittime Italia e Grecia. Il referendum ungherese vive sul filo di un grande paradosso. E di una lampante ipocrisia: perché a tenere questa consultazione è lo stesso Paese che vende -sì, letteralmente vende- un permesso di soggiorno a vita a quelle famiglie che possono pagare 300mila euro allo Stato ungherese, attraverso un fondo ubicato nelle Isole Cayman. Alla faccia della trasparenza. Tanti soldi, in cambio di un pass esclusivo per Schengen. Per i profughi -invece- c'è il referendum.

30/9/2016

E' durata una notte l'allerta in Baviera, dopo il fermo -al confine tra Germania e Austria, nei pressi di Kiefersfelden- di un'automobile con a bordo quattro uomini -il conducente polacco e tre passeggeri africani- e, soprattutto, materiale che poteva venire utilizzato per fabbricare ordigni esplosivi.

L'automobile, con targa polacca, proveniva dal Tirolo: insospettiti, gli agenti bavaresi hanno fermato il veicolo poco prima della mezzanotte, per procedere a tutte le verifiche del caso. Solo intorno alle sei del mattino l'autostrada è stata riaperta. Gli agenti stanno esaminando i tre tubi ritrovati sulla vettura, potenzialmente utili per costruire bombe, nonchè una non meglio specificata polvere nera, presente in grande quantità nel veicolo. L'allarme ha coinciso con la diffusione degli ultimi dati sul numero di arrivi di profughi in Germania lo scorso anno: per mesi il numero ufficiale è stato stimato oltre il milione. A sorpresa, però, il Ministero dell'Interno ha rivisto i dati al ribasso: sono stati 890mila i profughi giunti in terra tedesca nel 2015, 200mila in meno di quanto i media e gli stessi politici avevano riportato. Questo sottraendo sia gli arrivi registrati più volte, sia i migranti approdati in Germania, che hanno proseguito il viaggio verso altri Paesi del Nord. Con questo dato Berlino prova a gettare acqua sul fuoco delle polemiche, relative al massiccio afflusso di immigrati: polemiche che hanno provocato -nell'ultimo mese- pesanti sconfitte elettorali a livello regionale per i partiti della Grande Coalizione.

28/9/2016

Deficit ad almeno il 2,3% il prossimo anno, sei decimali in più - per un margine di manovra complessivo di otto miliardi. Sarebbe questo, secondo fonti di Bruxelles, l'orientamento ufficioso della Commissione Europea nei confronti dell'Italia, tenendo conto delle emergenze per il recente sisma e per i flussi migratori, che rendono il nostro Paese uno dei maggiori punti di approdo europei.

Nonostante l'impossibilità teorica di concedere ulteriore flessibilità a Roma, dopo che il nostro Paese ne ha già completamente beneficiato, l'orientamento di Bruxelles starebbe assumendo sfumature più politiche che tecniche, anche al fine di evitare scossoni di Governo a soli due mesi dal referendum costituzionale, col rischio dell'apertura di una crisi politica. Ufficialmente, il Commissario all'Economia Moscovici parla di "dialogo positivo" in corso con l'Italia, ribadisce la necessità di rispettare le regole esistenti, e guarda con fiducia al Def, nella speranza che i numeri di Bruxelles e quelli di Roma, soprattutto sul deficit, si avvicinino il più possibile. Anche perché sa che all'interno della stessa Commissione, dove è presente un'ala rigorista, i margini di trattativa negoziale non sono infiniti. Di qui il monito di Moscovici: "nessuna flessibilità al di fuori del patto di stabilità", prima di smussare il concetto con un gioco di parole: "sì però alla flessibilità all'interno delle regole". La conferma che -alla fine- sarà anche una partita politica.

26/9/2016

"E' importante che l'Unione Europea vada incontro alle aspettative dei cittadini". Concentrandosi sui bisogni reali degli europei, ristabilendo la fiducia tra Stati, e completando l'Unione economica e monetaria.

Il presidente della Banca Centrale Mario Draghi lancia una forte reprimenda ai Paesi membri, sottintendendo che Francoforte non può più sostenere la ripresa economica da sola, con gli strumenti eccezionali messi finora in campo. Anche per questo Draghi chiede ai Governi nazionali di lavorare per la crescita, scatenandola. La disamina del presidente Bce sull'attuale situazione economica, di fronte al Parlamento Europeo, non è delle più incoraggianti: "ci aspettiamo che la ripresa nella zona Euro continui ad un passo moderato e stabile, ma con meno slancio di quanto previsto a giugno", ha detto Draghi aprendo il suo intervento. Tuttavia, ha precisato, l'economia dell'Eurozona è "resiliente all'incertezza politica globale, in particolare dopo il referendum britannico". Proprio la Brexit occupa un posto importante nelle sue considerazioni: l'impatto iniziale dell'uscita di Londra dall'Unione ha avuto effetti contenuti, spiega, ma è difficile fare previsioni sul lungo termine. Più lunga l'incertezza, maggiori i rischi, riassume Draghi. Il presidente della Bce ha ribadito che Francoforte è pronta ad agire con tutti gli strumenti, se necessario, ha reso omaggio a Ciampi e ha nota toche -rispetto a quattro anni fa- la situazione dei mercati finanziari è ampiamente migliorata.

23/9/2016

Aiuti europei illegali ad Airbus. La guerra commerciale che infiamma le due sponde dell'Atlantico si è arricchita ieri di un nuovo capitolo, con la vittoria -provvisoria- degli Stati Uniti, in una disputa con l'Europa in corso da ben 12 anni.

L'Organizzazione Mondiale del Commercio ha stabilito che l'Unione Europea, insieme a Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna, ha garantito sussidi ad Airbus per quasi 22 miliardi, di cui quattro erogati dopo che il Wto aveva avviato un'indagine al riguardo. Questo, secondo l'Organizzazione, avrebbe provocato miliardi di perdite per l'industria americana in generale - e per Boeing in particolare, maggior concorrente globale di Airbus. Washington potrebbe a questo punto introdurre dazi per almeno sette miliardi, come ritorsione. Ma la partita è tutt'altro che conclusa: in primo luogo, perché Airbus farà ricorso. In secondo luogo, perché proprio il Wto potrebbe presto puntare il dito contro Boeing. Da tempo l'Europa accusa il Governo americano di aver dirottato cinque miliardi di dollari proprio a Boeing, attraverso programmi della Nasa, finanziati a livello federale. Gli Stati Uniti ''non tollereranno che i loro partner commerciali ignorino le regole, alle spese dei lavoratori americani e delle loro famiglie'', ha commentato il segretario al Commercio Michael Froman. Dopo il caso Apple e l'offensiva anti-elusione della Commissaria Europea Vestager contro le multinazionali, i rapporti commerciali e fiscali tra Europa e Stati Uniti sembrano piombati in un clima da Guerra Fredda.

22/9/2016

E' uno humor amaro, quello cui ricorre il presidente della Commissione Europea Juncker, intervenendo al Comitato Economico e Sociale Europeo.

"Oggi sto come l'Europa. Zoppico, perché ho la sciatica". E non è solo una metafora, perché è lo stesso Juncker ad aggiungere poco dopo: "l'Unione Europea va molto male. Le rotture e le crepe sono numerose, e sono pericolose". Poi elenca i problemi, a partire dalla disoccupazione troppo alta, fino all'immigrazione. Qui cita l'ex-Commissario Frattini: "nove anni fa Bruxelles presentò una proposta per la protezione delle frontiere esterne, ma l'interesse dei Paesi membri è arrivato solo adesso". Da Juncker lodi all'Italia su questo fronte critico - "fa meglio della Grecia, perché ogni giorno salva migliaia di vite, nutrendo e ospitando i profughi", ma pure una frecciata, quando ricorda: "grazie alla flessibilità introdotta nel patto di stabilità, che non è stupido, l'Italia ha potuto spendere 19 miliardi in più. Abbiamo introdotto la clausola per gli investimenti, e Roma è l'unica che ne beneficia". Intanto, nelle ultime ore, un altro imbarazzante scandalo ha colpito Bruxelles: dopo il controverso incarico di superconsulenza dell'ex-presidente della Commissione Barroso con Goldman Sachs, alcuni quotidiani hanno rivelato che l'ex-Commissaria alla Concorrenza Neelie Kroes si trovava a capo di una società offshoreconsede alle Bahamas negli anni in cui lavorava all'istituzione comunitaria. "Non ci aveva mai informato di questo", la replica della Commissione.

19/9/2016

Il riassunto della giornata -e del clima politico che si respira in Germania- lo fa in serata il candidato dei cristiano-democratici Frank Henkel: "un risultato assolutamente insoddisfacente", dichiara, non mancando di sottolineare la crisi che attraversano -in terra tedesca- i grandi partiti di massa, Cdu ed Spd.

Il voto nella città-regione di Berlino li punisce entrambi, con perdite che variano tra il 5 e il 6%. Magra consolazione per i socialdemocratici, il fatto di restare primo partito nella capitale. Anche se il boccone più duro da ingerire spetta alla Cdu, che si prepara con ogni probabilità a lasciare la Grosse Koalition che governa Berlino, sfrattata per lasciare spazio a un probabile tricolore traSpd, Linke e Verdi. Nè consola il fatto che Berlino sia una città posizionata a sinistra: in primis, perché per la Cdu si tratta del peggior risultato mai registrato nella capitale. Il secondo perché avanza anche qui l'onda populista e xenofoba di Alternative fuer Deutschland, che si attesta intorno al 14% - quinto partito, ma ad un'incollatura da Verdi eLinke. Segnali inquietanti per la cancelliera Merkel, che ha iniziato nel peggiore dei modi -dopo la batosta in Meclemburgo- l'anno che la condurrà alle elezioni generali del settembre 2017. E un pessimo segnale per l'Europa, con un Governo tedesco che difficilmente sarà disponibile a fare scelte coraggiose o concessioni intelligenti, nella partita che si gioca adesso per la rifondazione dell'Unione.

18/9/2016

Un'altra batosta elettorale per la Cdu della cancelliera Angela Merkel, che nelle elezioni della città-regione di Berlino perde oltre il 5% rispetto alle ultime consultazioni, e scende sotto il 18%, record negativo assoluto per i cristiano-democratici, nella capitale.

Buon risultato per i populisti-xenofobi di Alternative fuer Deutschland, che alla loro prima apparizione si piazzano al quinto posto, sfiorando il 14%. Non si può parlare di risultato-choc, come due settimane fa in Meclemburgo, quando l'Afd scalzò addirittura dal secondo posto il partito della Merkel, ma si tratta certamente di un risultato preoccupante per la cancelliera. Anche perchè la vittoria con perdite della Spd, che si piazza poco sopra il 23%, dovrebbe fare da apripista -a livello regionale- ad una coalizione tricolore tra socialdemocratici-verdi e sinistra, sfrattando dal Governo locale proprio la Cdu. In generale, i veri vincitori di queste elezioni, oltre alla Afd, appaiono la sinistra della Linke e i redivivi liberali, che guadagnano oltre quattro punti. Berlino, capitale povera e alternativa, rimette la barra politica a sinistra, con preoccupanti venature populiste. Ma, soprattutto, lancia un messaggio preciso a Frau Merkel.

18/9/2016

Il giorno dopo il vertice di Bratislava, Matteo Renzi sceglie di non ricucire lo strappo con l'asse franco-tedesco, consumatosi al summit. Messa nell'angolo la foto di famiglia di Ventotene con Merkel e Hollande, incontro che Renzi non manca di ricordare, il premier denuncia che -dalla fine di agosto- non si sono più fatti passi in avanti in Europa, in particolare su immigrazione e crescita.

"L'Italia vuole più Europa, ma un'Europa diversa", tiene a precisare il premier, mettendo nel mirino la ricetta dell'austerità - che definisce sbagliata, confrontandola con le mosse dell'amministrazione Obama. Ma è sull'immigrazione che Renzi lancia l'affondo più duro: il problema -dice- rischia di esplodere, per incapacità dell'Europa. Per questo, chiosa, "vanno bene le regole, ma se non funzionano vanno cambiate". La plateale protesta di Renzi non raccoglie simpatie a Berlino: la roadmap di Bratislava "e' stata condivisa e concordata da tutti e 27" i leader presenti, afferma -gelida- una fonte del Governo tedesco. Proprio a Berlino oggi sarà un'altra giornata elettorale critica per lacancelliera Merkel: si vota nella regione, e si teme una nuova forte affermazione della destra Afd, con parallelo crollo della Cdu, che potrebbe essere obbligata ad abbandonare la Grosse Koalition locale.

17/9/2016

Il giorno dopo la plateale rottura con l'asse franco-tedesco, il premier Matteo Renzi non arretra - anzi, rilancia. Accantonato lo spirito unitario post-Ventotene con Merkel eHollande, che Renzi non ha mancato di ricordare, il premier denuncia che -dalla fine di agosto- non si sono più fatti passi in avanti, in particolare su immigrazione e crescita.

Quanto l'affondo di Renzi dipenda da calcoli elettorali, in vista del referendum, e quanto dipenda da una sincera frustrazione per un'Europa che -anche a Bratislava- non è riuscita a dare quella risposta forte che ci si attendeva dopo la Brexit, è difficile dirlo. "L'Italia vuole più Europa, ma un'Europa diversa", tiene a precisare il premier, mettendo nel mirino la ricetta dell'austerità - che definisce sbagliata, come dimostra il successo della ricetta per la crescita americana. Sotto attacco anche le politiche sull'immigrazione, problema che -dice Renzi- rischia di esplodere, per incapacità dell'Europa. Per questo, chiosa, "vanno bene le regole, ma se non funzionano vanno cambiate". La plateale protesta di Renzi non raccoglie simpatie oltreconfine: dopo la sorpresa del presidente della Commissione Juncker, è stata la Germania a rintuzzare: laroadmap di Bratislava "e' stata condivisa e concordata da tutti e 27" i leader presenti, afferma una fonte del Governo tedesco. Come dire: se Renzi non fosse stato d'accordo, non l'avrebbe dovuta sottoscrivere.

17/9/2016

"L'Europa resta indispensabile per tutti noi": i 27 leader dell'Unione post-Brexit fanno professione di fede per il progetto comunitario, cercando di mostrare alle rispettive opinioni pubbliche, infiltrate da un populismo crescente, che stavolta si fa sul serio.

Ed è l'Italia, a sorpresa, ad essere voce fuori dal coro: "Si sono ridette le solite cose", sintetizza Renzi, constatando che si sono fatti passi avanti, ma il progresso reale è un'altra cosa. Poi incalza: "sui migranti vogliamo vedere i fatti dall'Europa". Sull'economia dice: "la politica di austerity europea non ha funzionato". E lancia un attacco alla Germania: "Berlino non rispetta le regole sul surplus commerciale, ma chiede a noi di rispettare quelle sul deficit". A poca distanza, la cancelliera tedesca Merkel e il presidente francese Hollande offrono un'altra narrativa del summit: "quello di Bratislava e' uno spirito di cooperazione europea", dice Frau Merkel, che sottolinea l'intesa su un'agenda di lavoro comune. Da parte sua Hollande sottolinea la necessità di garantire "la protezione delle frontiere". Nel documento finale i 27 individuano i capitoli su cui muovere passi concreti, accompagnandoli con scadenze precise: su tutti, immigrazione, sicurezza e lotta antiterrorismo, difesa europea, crescita economica, giovani. Al di là dell'unità di facciata, le prime crepe però emergono già - i Paesi dell'Est hanno presentato una loro roadmap, con visioni abbastanza diverse sull'immigrazione.

16/9/2016

Concluso da mezz'ora il vertice straordinario a 27 di Bratislava, il primo organizzato ad hoc senza la Gran Bretagna. Nessun vertice risolutivo, premettiamolo subito, per le molteplici crisi che attraversano l'Europa, non da ultima la Brexit. Come ha spiegato il premier Matteo Renzi.

Ciò che ne esce è semplicemente la cosiddetta "Agenda di Bratislava", sulla base della quale rifondare un'Unione Europea traballante - con l'obiettivo di concludere il processo la prossima primavera a Roma, in occasione delle celebrazioni per il 60esimo anniversario dei Trattati. Le conclusioni del summit sono -come previsto- una lista di punti della spesa, tra le altre cose su economia, sicurezza, immigrazione. A confrontarsi anche due roadmap: la prima, proposta dal presidente della Commissione Juncker, che abbraccia i tema investimenti, mercato unico digitale, sicurezza, difesa, e giovani. E la seconda, proposta dal presidente europeo Tusk. Fonti del vertice parlano di un "dibattito aperto ed onesto" in cui "nessun leader ha mosso accuse dirette contro gli altri" per la gestione dell'ondata migratoria. Proprio l'immigrazione è uno dei focolai di crisi principali: qui però l'unità europea sembra lontana, considerato che il cosiddetto "gruppo di Visegrad", composto dai quattro pesi massimi dall'Est Europa, ha portato un proprio programma al summit, chiedendo l'introduzione di una solidarietà flessibile, il che vuol dire evitare quote vincolanti di redistribuzione dei migranti. A breve conferenza stampa congiunta Merkel-Hollande, per mostrare l'unità dell'asse franco-tedesco in un momento di crisi.

13/9/2016

Non ci sarà alcun discorso presidenziale alla nazione, a San Silvestro. Nell'incredibile pasticcio elettorale consumatosi ieri, con figuraccia su scala internazionale, è questa una delle poche certezze che restano agli austriaci.

Visibilmente imbarazzato, è stato il Ministro dell'Interno Sobotka a dover annunciare ieri mattina che -dopo le elezioni invalidate dello scorso 22 maggio- anche quelle del 2 ottobre finiranno nel cestino. Saltate ancora prima di venire effettivamente svolte, a causa di un clamoroso difetto di fabbrica delle buste utilizzate per i voti inviati per corrispondenza -pratica molto comune a Vienna- la cui colla adesiva pare incapace di resistere oltre mezz'ora. Buste spedite per posta che si aprono strada facendo, invalidando centinaia -o migliaia- di voti. Uno scenario da incubo, contro il quale il Governo di grande coalizione è corso ai ripari, riprogrammando le elezioni -terza data in un solo anno- per il 4 dicembre. Nel frattempo, il Parlamento dovrà varare una nuova legge elettorale, premessa necessaria per non far degenerare le presidenziali in una farsa. Sullo sfondo restano loro, i due candidati outsider: il verde Van Der Bellen, vincitore delle elezioni -annullate- di maggio e il rappresentante dell'estrema destra Hofer, che gli ultimi sondaggi davano in vantaggio. Una sua vittoria a dicembre rappresenterebbe un bel problema, per un'Europa assediata dalle forze xenofobe e populiste.

12/9/2016

L'atto finale di una delle più incredibili figuracce elettorali nella storia europea recente viene recitato in tarda mattinata da un imbarazzatissimo Wolfgang Sobotka, Ministro dell'Interno austriaco.

E ha luogo quando si presenta alla stampa per comunicare una notizia clamorosa, tuttavia attesa: la ripetizione delle elezioni presidenziali austriache slitta di alcuni mesi, non si terranno più -come previsto- il 2 ottobre. Il motivo è senza precedenti: le buste utilizzate per il voto per corrispondenza, una volta chiuse, tendono ad aprirsi, a mezz'ora di distanza, invalidando quindi il voto postale, molto utilizzato in Austria, e decisivo nella prima vittoria del Verde Van Der Bellen, lo scorso 22 maggio, contro il rappresentante dell'estrema destra della Fpoe Hofer - per soli 31mila voti di scarto. A luglio arrivò il primo colpo di scena: la Corte Suprema invalidò il voto, su ricorso del perdente. Tra le irregolarità segnalate, alcune riguardarono proprio il voto postale. Tutto da rifare, con la nuova data fissata a ottobre. Fino al pasticcio delle buste, con la fissazione delle terza elezione presidenziale in un anno: Sobotka, che non ha escluso di trarre conseguenze personali dal pasticcio, ha poi annunciato che si terrà il 4 dicembre. A produrre le schede per corrispondenza sarà questa volta la stamperia di Stato. E le liste elettorali saranno aggiornate. I due contendenti accettano -pur con diverse sfumature- l'inevitabile: la destra di Hofer chiede una riforma del voto per corrispondenza, e attacca il Governo di Grande Coalizione, per la penosa figuraccia internazionale.

7/9/2016

La grande muraglia di Calais. I media hanno già ribattezzato così il muro da due milioni di sterline che la Gran Bretagna è pronta a finanziare in territorio francese, per fermare i migranti che dalla ormai famigerata Giungla, vero e proprio campo profughi nei pressi dell'ultimo avamposto francese, provano a superare con ogni mezzo il confine marittimo con Londra.

Il Ministro dell'Interno britannico Robert Goodwill ha annunciato che i lavori per erigere la barriera, alta quattro metri e lunga un chilometro, inizieranno già questo mese, con l'obiettivo di concludersi entro dicembre. L'intenzione è scoraggiare i migranti dal tentativo di emigrazione Oltremanica, portato a termine spesso e volentieri saltando sui camion diretti a Dover. L'annuncio è già stato pesantemente criticato dall'associazione degli autotrasportatori britannici, che l'hanno definito uno "spreco di denaro pubblico". Il loro leader, Richard Burnett, ha suggerito di investire più denaro nella sicurezza sulle strade che conducono verso la Manica. Proprio Calais è finita nuovamente lo scorso weekend al centro di forti proteste della comunità locale, che chiede la rimozione della baraccopoli, che ospita ormai 10mila migranti. Più a sud, in Austria, il Governo di Vienna ha invece raggiunto l'intesa su un provvedimento di emergenza, che prevede un sostanziale stop alle richieste di asilo, respingimenti in "paesi sicuri" e fino a 2200 soldati per controllare i propri confini. La "Notverordnung" avra' una durata semestrale, e potrà venire prolungata fino a tre volte.

7/9/2016

Sono quasi 160 i miliardi che vanno in fumo in Europa causa dell'evasione dell'IVA. E l'Italia è maglia nera, per volumi assoluti. A certificarlo uno studio della Commissione Europea, che mette nero su bianco come quasi un quarto dell'evasione totale dell'imposta sul valore aggiunto -nell'Unione- sia "made in Italy": ben 36,9 i miliardi non sono pervenuti all'erario nel 2014, anno per il quale è valida la rilevazione.

Il gap tra gli introiti Iva attesi e quelli effettivamente versati -sostiene la Commissione- è ancora una volta a livelli "inaccettabili" in Europa. Anche per questo Bruxelles spinge per una revisione del sistema Iva, per renderlo più efficiente. Il Commissario agli Affari Economico-Finanziari Moscovici ha sottolineato come l'attuale regime sia "deplorevolmente inerme, di fronte ai problemi delle frodi e degli errori di calcolo", e ha invitato gli Stati membri ad accelerare sul regime unionale proposto proprio da Bruxelles a inizio anno. Tra le idee, c'è quella di cambiare il sistema di riscossione della tassa: sara' prelevata dal Paese di origine della merce, che la trasferira' a quello di destinazione, che continuerà a fissare anche l'aliquota. Andando nello specifico dei Paesi, l'Italia -che detiene il poco invidiabile primato della cifra più elevata di Iva non riscossa in Europa- ha comunque aumentato la propriacapacita' di riscossione in un anno, migliorando il saldo di 1,2 miliardi. La cifra persa dal Belpaese rappresenta il 28% del valore complessivo della tassa. Allargando lo sguardo al resto del Continente, il divario tra entrate Iva previste e quelle effettivamente riscosse e' molto basso in Svezia, Lussemburgo e Finlandia - i Paesi più virtuosi. Mentre esplode percentualmente in Romania, Lituania e Malta. Il quadro resta comunque incredibilmente frammentato: quasi una ventina i Paesi che hanno registrato un miglioramento delle cifre di recupero Iva in un anno, mentre otto Stati non sono riusciti riscuotere un gettito superiore a quello dell`anno precedente.

6/9/2016

Nonostante i proclami della Commissione Europea all'ultimo G20, nella quale si vantava una crescita superiore a Stati Uniti e Gran Bretagna, l'Eurozona segna il passo, nelle ultime rilevazioni Eurostat. Il Pil dei Paesi euro ha fatto registrare un misero +0,3% nel secondo trimestre dell'anno, un decimale in meno rispetto all'Europa a 28. E due decimali in meno rispetto al primo trimestre dell'anno.

Per tornare all'infelice paragone fatto da Jean-Claude Juncker in Cina, l'Eurozona è cresciuta esattamente come gli Stati Uniti nel secondo trimestre. E la metà, rispetto alla Gran Bretagna, nei mesi che hanno condotto alla Brexit. Tra i Paesi a crescita zero, oltre all'Italia ci sono anche Francia e Finlandia, mentre la Spagna senza Governo fa segnare un +0,8%, e la locomotiva tedesca guadagna quattro decimali. Il motore della crescita sembra posizionarsi ad Est: volano le economie di Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Romania e Slovacchia. La migliore è Bucharest, che mette a segno un +1,5% nel Pil. Tornando all'Eurozona, il timore degli analisti è che si vada verso una fine 2016 debole, sul fronte della crescita, anche a causa delle incertezze che continuano a tormentare l'Europa. Problemi che dovrà dipanare il Consiglio Direttivo della Bce, che torna a riunirsi giovedì - prendendo atto che gli effetti del Quantitative Easing sembrano perdere progressivamente vigore. E troppo presto.

6/9/2016

"Ce la farà?" Parafrasando la celebre frase che la cancelliera Merkel pronunciò più o meno un anno fa, di questi tempi, inaugurando la politica delle porte aperte verso le centinaia di migliaia di rifugiati che percorrevano la rotta balcanica per raggiungere il Nord - in particolare proprio la Germania, gli analisti tedeschi pongono la domanda cruciale sul futuro politico della Bundeskanzlerin.

Dal G20 cinese la Merkel appare invece impassibile, reagendo con un amplomb politico d'altri tempi. Si prende la responsabilità della storica debacle della Cdu in Meclemburgo, col sorpasso ad opera degli xenofobi populisti della Afd, riconoscendo che non può fare altrimenti, essendo lei cancelliera e leader dei cristiano-democratici. La più potente, tra l'altro, dopo Kohl. Non nasconde di essere "molto scontenta" di un simile risultato, ma lascia a bocca asciutta chi si attende un mea culpa: "ciò che abbiamo fatto nei mesi scorsi è stato giusto". Traduzione: la politica sui rifugiati non cambia. Qualche apertura la Merkella concede: ad esempio, ridurre il numero degli immigrati in arrivo, o incrementare i rimpatri degli illegali. Aperture peraltro già ventilate meno di una settimana fa in Italia, nel vertice con Renzi. La cancelliera si pone perà un obiettivo più ampio: riconquistare la fiducia degli elettori, non solo sull'immigrazione. Perché forse, come sottolinea il leader della Csu bavarese Seehofer, il problema è più profondo. E sistemico: una crescente disaffezione dei cittadini verso la politica di Berlino. Un problema già visto in mezza Europa, che gonfia le vele dei partiti populisti. Ora quel vento spira anche in Germania, come dimostrato dal fatto che tutti i partiti tradizionali hanno ceduto voti alla AfD - inMeclemburgo. La protesta degli elettori delusi da una certa globalizzazione approda dunque nel cuore dell'Europa: nel prossimo anno la Merkel si troverà a combattere una battaglia politica cruciale non solo per il suo partito. Ma per la stessa Unione Europea.

5/9/2016

Assunzione di responsabilità da parte della sconfitta un lato, rincaro delle dosi di populismo da parte dell'outsider. Il giorno dopo lo storico sorpasso elettorale della Afd sulla Cdu la cancelliera Merkel non si tira indietro, di fronte alla debacle del suo partito, la Cdu, alle elezioni regionali in Meclemburgo.

La Merkel, che l'autorevole quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung non esita a definire un "peso" per il suo schieramento, non si è tirata indietro: "naturalmente sono responsabile di questo risultato", ha detto, dichiarandosi "molto scontenta". Ma ha difeso le sue politiche: "ciò che abbiamo fatto nei mesi scorsi è stato giusto. Ora dobbiamo lavorare per riconquistare la fiducia dei cittadini". Di qui il nuovo mantra, già ribadito la scorsa settimana a Maranello con Renzi: "ci prendiamo la responsabilita' umanitaria per i profughi, inclusa l'integrazione, ma mettiamo anche in chiaro che coloro che non hanno diritto di rimanere, devono lasciare il nostro Paese", ha chiosato la cancelliera, che si trova già a dover fare i conti con gli alleati bavaresi della Csu, da sempre più a destra della Cdu. E sempre più nervosi. Chi invece cavalca l'onda elettorale è la leader xenofoba dell'Afd Frauke Petry: "per tutelare la liberta' e lo stato di diritto i confini devono essere chiusi per questa immigrazione illegale", ha detto, lanciando -ad un anno dalle elezioni- la sua profezia: "la Merkel cadrà sui migranti".

5/9/2016

Il campanello d'allarme riecheggia con forza a Berlino, dopo una batosta elettorale di portata storica per i cristiano-democratici di Angela Merkel: i populisti euroscettici di destra di Alternative fuer Deutschland scalzano la Cdu dal secondo posto alle elezioni regionali nel Meclemburgo, Land nordorientale tedesco, nonché -per paradosso- collegio elettorale della stessa cancelliera.

Il tema profughi irrompe con forza nell'arena politica, ad un solo anno dalle elezioni parlamentari, portando la Afd nell'Olimpo dei partiti di massa: gli antieuropei -su posizioni molto dure contro gli immigrati- staccano di tre punti i cristiano-democratici: 22 a 19%. Vince la tornata la Spd, ma con forti perdite. Continuerà a governare il Land. La novità è pure un'altra: l'affluenza sale. La Afd porta alle urne i delusi dalla politica, coloro che cinque anni fa non avevano votato. E ruba elettori pure ai partiti tradizionali, pescando soprattutto nel ceto operaio. "La catastrofica politica sull'immigrazione della Merkel ha oscurato tutti gli altri temi", sintetizza la leader Afd Petry, nota per le sue posizioni estreme anti-clandestini. La Petryattacca: gli altri partiti sono stati bocciati perche' "per troppo tempo non hanno ascoltato gli elettori". Il contagio -anche in Germania- dei partiti populisti spariglia il tavolo del gioco politico, portando il leader socialdemocratico e vicecancelliere Gabriel ad attaccare la Merkel: "non basta dire ce la facciamo, bisogna far sì che i tedeschi non si sentano marginalizzati". Non cerca invece giustificazioni il segretario generale Cdu Tauber: "una sconfitta amara". E ora l'attesa è tutta per le prossime consultazioni locali e regionali di settembre.

4/9/2016

Batosta elettorale per la cancelliera Angela Merkel, che ha incassato una storica sconfitta alle elezioni regionali nel Land orientale del Meclemburgo, sede del suo stesso collegio elettorale.

Primo partito si sono confermati i socialdemocratici della Spd, che non scendono sotto la linea Maginot del 30%, ma perdono 5 punti. La vera sorpresa arriva dagli euroscettici populisti della Alternative fuer Deutschland, secondo partito del Land, che raggiunge il 21%, superando i cristiano-democratici della Cdu, che perdono quasi quattro punti e si fermano poco sopra il 19. A livello di coalizione di Governo regionale cambia poco: la Grosse Koalition che governa il Land vedrebbe confermata la maggioranza assoluta. Ma il significato politico rappresenta un gigantesco segnale d'allarme per la Merkel: ad un solo anno dalle elezioni generali, la Germania si trova a sperimentare per la prima volta l'avanzata dei partiti populisti e antieuropei, il cui vento spira già forte in numerosi Paesi dell'Unione. I prossimi due test elettorali di settembre, in Bassa Sassonia e a Berlino, chiariranno quanto la popolarità di Angela Merkel e delle sue politiche migratorie siano in caduta libera nell'elettorato. Tutti i commenti post-voto vanno nella stessa direzione. La leader Afd Frauke Petry affonda la lama: "la catastrofica politica sull'immigrazione della Merkel ha oscurato tutti gli altri campi della politica", ha detto. Il leader Spd Gabriel critica la cancelliera: "da oltre un anno diciamo che non basta dire ce la facciamo, ma che bisogna realizzare le condizioni per l'integrazione, e fare in modo che i tedeschi non si sentano marginalizzati". Ammissione dal segretario Cdu Tauber: la nostra sconfitta ha a che fare "chiaramente col dibattito sui profughi".

4/9/2016

Batosta elettorale per la cancelliera Angela Merkel, che -con l'avverarsi delle peggiori previsioni- ha incassato una storica sconfitta alle elezioni regionali nel Land orientale delMeclemburgo, sede peraltro del suo stesso collegio elettorale.

Secondo le prime proiezioni del canale pubblico Ard, primo partito si sono confermati i socialdemocratici dellaSpd, che non scendono sotto la linea Maginot del 30%, ma perdono ben 5 punti. Tuttavia, la vera sorpresa arriva dagli euroscettici populisti della Alternative fuer Deutschland, secondo partito del Land, che raggiungono il 21%, superando i cristiano-democratici della Cdu, che perdono quasi quattro punti e si fermano poco sopra il 19%. A livello di coalizione di Governo regionale cambia poco: la Grosse Koalition che governa il Land otterrebbe 40 seggi, quattro sopra la maggioranza assoluta. Ma il significato politico rappresenta un gigantesco segnale d'allarme per la Merkel: "oggi scriviamo la storia", ha subito dichiarato il candidato presidente della Afd Holm, che ha già reso chiaro che il suo schieramento andrà all'opposizione. Ad un solo anno dalle elezioni generali, pure la Germania si trova a sperimentare per la prima volta l'avanzata dei partiti populisti e antieuropei, il cui vento spira già forte in numerosi Paesi dell'Unione - Francia compresa. I prossimi due test elettorali di settembre, in Bassa Sassonia e a Berlino, chiariranno quanto la popolarità di Angela Merkel e delle sue politiche migratorie siano ormai in caduta libera nell'elettorato. Non a caso, la leader Adf Frauke Petry ha subito affondato la lama: "la catastrofica politica sull'immigrazione della Merkel ha oscurato tutti gli altri campi della politica", ha detto.

4/9/2016

Prima prova del fuoco per Angela Merkel: il Land del Meclemburgo, dove lei stessa ha il proprio collegio elettorale, potrebbe riservare una clamorosa sorpresa nei dodici mesi che condurranno la Germania alle elezioni generali del settembre 2017.

Non tanto per il risultato finale, che dovrebbe confermare -seppur in modo risicato- la Grosse Koalitiontra socialdemocratici e cristiano-democratici, ma per il rischio di una clamorosa batosta della stessa Cdu della cancelliera, che rischia seriamente un sorpasso al secondo posto da parte dei populisti euroscettici della Afd. Un risultato che sarebbe storico. Non è un mistero che la popolarità della Merkel, anche sull'onda degli episodi terroristici di questa estate, sia in forte difficoltà tra l'elettorato tedesco, anche e soprattutto a causa della sua politica di porte aperte verso i rifugiati. Ed è un paradosso che la prima batosta la possa ricevere in un Land dell'ex-Ddr, dove i tassi di immigrazione sono molto più bassi, se paragonati al resto del Paese. Tuttavia, la paura di un'immigrazione di massa spaventa i tedeschi, a Est come ad Ovest. Prossimi test tra una settimana, con le comunali in Bassa Sassonia, e -soprattutto- il 18 settembre, nella regione di Berlino.

3/9/2016

Rilanciare l'economia. Il G20 che si apre nelle prossime ore ad Hangzhou, in Cina, ripropone il deja vu dei numerosi summit post-crisi, che -soprattutto negli ultimi anni- hanno provato a raddrizzare la barra di un'economia mondiale ancora in balia delle troppe incertezze, non da ultima la Brexit.

Sotto il cappello del "consenso di Hagzhou", la bozza di conclusioni mira a rilanciare economia e crescita globali. I rischi "al ribasso persistono", afferma la bozza, che denuncia lo stato stagnante di commerci e investimenti internazionali. Nè si esclude la possibilità di nuove turbolenze sui mercati finanziari. Per una "crescita forte, stabile, sostenibile, bilanciata e inclusiva", i leader intendono fare leva su spesa fiscale, politica monetaria e riforme strutturali. Tra gli altri temi nel menù, "economie aperte, rigetto del protezionismo, promozione del commercio globale e degli investimenti" attraverso sistemi multilaterali di scambio. Infine, lotta contro il terrorismo. Un G20 "difficile", così lo definisce il premier Matteo Renzi, che dalla Cina ha parlato anche di Pil. Da Cernobbio giunge intanto il richiamo del presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem, che definisce il nostro debito ancora "troppo alto". Dijsselbloem promuove però l'agenda di riforme italiana. "Inevitabili e cruciali per riavviare l'economia", dice.

3/9/2016

E ora il problema -persino paradossale- è di tempi: riformare la legge elettorale spagnola, per evitare che le terze elezioni consecutive in un anno si tengano proprio il giorno di Natale.

La crisi politica spagnola si avvita su sé stessa, dopo la prevista seconda bocciatura di Mariano Rajoy, ieri sera, da parte del Congresso. A questo punto si aprono per Madrid i canonici due mesi di negoziati politici, per salvare il salvabile, esplorando maggioranze alternative. Tuttavia, poichè la comunicazione tra i due principali leader politici, il popolare Rajoy e il socialista Sanchez, appare completamente interrotta, la possibilità che si arrivi a uno sblocco dell'impasse appare attualmente limitata. Numeri alla mano, chi dei due provasse a varare un Governo, dovrebbe comunque passare o dall'alleanza o dall'astensione dell'altro. Eventualità che non si è mai verificata, dal dicembre dello scorso anno. A questo punto, ricalcando un copione già visto, la palla potrebbe tornare nelle mani socialiste, dove la linea Maginot eretta da Sanchez potrebbe non reggere l'urto dell'onda dei baroni locali, soprattutto andalusi, che spingono per evitare le terze elezioni in un anno. Magari chiedendo al PP di cambiare il candidato premier. Terze elezioni che, per un cinico calcolo di Rajoy, cadrebbero proprio il giorno di Natale. E almeno su questo -in una rara mostra di unità parlamentare- il fronte si sta compattando, per anticipare le urne alla domenica precedente, il 18 dicembre, evitando così di aggiungere ulteriori paradossi a uno stallo politico storico, per la giovane democrazia spagnola. Intanto, dall'Italia, Matteo Renzi innesca il derby Roma-Madrid, pungendo i cugini: "col deficit al 5% è più facile crescere", dice.

2/9/2016

Ultima corrida parlamentare stasera per Mariano Rajoy, che si prepara alla seconda bocciatura in una settimana, spalancando la porta a probabili nuove elezioni -le terze in un anno, a fine dicembre.

I numeri, salvo miracoli dell'ultim'ora, sono ancora tutti contro il vincitore delle elezioni di giugno, il premier uscente del Partido Popular, cui mancano sei voti per arrivare alla maggioranza semplice, unica imprescindibile condizione per ricevere l'investitura ufficiale dalle mani di Re Felipe. La coalizione con i liberali diCiudadanos e il partito regionale canario non è servita finora a formare un Governo, che manca alla Spagna dal dicembre dello scorso anno. Determinante il "no" dei socialisti sia ad un Governo di grande coalizione, sia ad una astensione costruttiva. Rajoy ha lanciato neppure un'ora fa un ultimo appello last minute a Sanchez. Appello respinto a stretto giro di posta da Sanzhez, che ha accusato Rajoy di essere il premier meno apprezzato dai cittadini nella storia democratica. Se tutto andrà come previsto, vale a dire con l'ennesima sconfitta di Rajoy, si andrà come consuetudine ai tempi supplementari, con ulteriori due mesi per esplorare maggioranze alternative. Al momento, comunque, per paradosso, a unire quasi tutti i partiti politici è la volontà di modificare leggi e tempi per evitare che le terze elezioni finiscano col coincidere, come normativa esige, il prossimo 25 dicembre, giorno di Natale. Portando con sè un elevatissimo rischio astensione.

1/9/2016

“Una soluzione sensata e ragionevole”. Angela Merkel apre alla flessibilità sulle spese che l’Italia dovrà affrontare nella ricostruzione post-terremoto, nell’ambito del progetto Casa Italia, senza demandare come da prassi- il compito a Bruxelles.

La Merkel annuncia anche un aiuto concreto, con l’apporto della Germania alla ricostruzione di una scuola terremotata. L’emergenza sisma compatta l’asse italo-tedesco, in un vertice dominato da economia, flessibilità e immigrazione. Matteo Renzi, che riceve l’appoggio della Merkel su riforme e stabilità dell’esecutivo, coglie la palla al balzo, e promette sia trasparenza totale sia rispetto della legalità nella fase di ricostruzione post-terremoto, coinvolgendo l’Autorità Anticorruzione. Annuncia la nomina –oggi- di Vasco Errani a commissario per la ricostruzione, poi spiega: “le spese per "la ricostruzione e l'emergenza sono già fuori dai vincoli europei, mentre per il progetto Casa Italia ci confronteremo con le istituzioni comunitarie”. Il fronte è compatto anche sull’immigrazione, tema sul quale sia Roma sia Berlino spingono per un’accelerazione sui rimpatri degli immigrati illegali. Mentre, sul fronte economico, Renzi vanta -di fronte alla Merkel- i risultati legati al deficit.

31/8/2016

E' scontro aperto tra Commissione Europea ed Apple, dopo la stangata da 13 miliardi di euro più interessi, inflitta da Bruxelles al colosso californiano.

La Commissaria alla Concorrenza Vestager, nello spiegare che gli accordi fiscali del Governo irlandese con l'azienda guidata da Tim Cook hanno violato la legislazione comunitaria in materia di aiuti di Stato, ha voluto lanciare un messaggio chiaro: gli Stati membri non possono concedere benefici fiscali ad hoc ad aziende selezionate. Sotto accusa, in particolare, la struttura ideata da Apple, che incanalava tutti i profitti registrati in Europa presso due società irlandesi, la Sales International e la Operations Europe, dove -grazie ad accordi col Governo di Dublino- la tassazione sui profitti è arrivata due anni fa alla ridicola percentuale dello 0,005%. La decisione europea ha scatenato reazioni molto dure Oltreoceano: Apple ha annunciato ricorso, minacciando che la decisione "avra' profonde conseguenze su investimenti e posti di lavoro in Europa". Non da meno il Tesoro americano: "le azioni della Commissione potrebbero minacciare gli investimenti stranieri, il clima degli affari in Europa, e la partnership economica transatlantica". Chiosa la Casa Bianca: "no ad azioni unilaterali". Nella posizione più scomoda il Governo irlandese: il Ministro delle Finanze Noonan annuncia pure lui ricorso contro la decisione Europea, per salvaguardare investimenti e migliaia di posti di lavoro, ma a Dublino monta la protesta: "quanto si potrebbe fare con 13 miliardi?", chiedono politici e commentatori.

30/8/2016

Una stangata da 13 miliardi di euro, in tasse arretrate che l'Irlanda dovrà recuperare dal colosso americano Apple. La Commissione Europea punisce duramente l'azienda guidata da Tim Cook, accusandola di aver goduto di benefici fiscali illeciti sull'Isola di Smeraldo, con imposte sui profitti straordinariamente basse - dall'1% nel 2003 allo 0,005% nel 2014.

La Commissaria alla Concorrenza Margaret Vestager, che ha lanciato una crociata contro l'elusione fiscale di numerose multinazionali in Europa, è stata molto chiara: "il messaggio che mandiamo è che gli Stati membri non possono concedere benefici fiscali ad hoc ad aziende selezionate. Su questo non facciamo distinzioni", ha detto. La reazione da Oltreoceano non si è fatta attendere: "l'Unione Europea punta a riscrivere la storia di Apple in Europa, ignorare le leggi fiscali dell'Irlanda e rovesciare il sistema fiscale internazionale", ha scritto Apple. Aggiungendo una minaccia: la decisione "avra' profonde conseguenze sugli investimenti e posti di lavoro in Europa". Non da meno il Tesoro americano: "Le azioni della Commissione potrebbero minacciare gli investimenti stranieri, il clima degli affari in Europa, e l'importante spirito della partnership economica transatlantica". Vaso di coccio il Governo irlandese - il ministro delle Finanze Michael Noonan si dice "in profondo disaccordo con la Commissione". E annuncia un probabile ricorso. Qui però il problema è diverso: cosa prediligere? Un maxigettito fiscale da 13 miliardi? O i seimila posti di lavoro Apple a Cork?

30/8/2016

Le elezioni di Natale si avvicinano. Il nuovo "no" socialista al premier uscente Mariano Rajoy rischia di mettere in calendario le terze elezioni iberiche in un solo anno. OggiRajoy affronterà il Parlamento, dopo le elezioni di fine giugno che lo hanno visto ancora vincitore - ma ancora senza maggioranza assoluta.

Si farà forte di un patto di coalizione con i liberali di Ciudadanos. Gli stessi che avevano provato a sostenere un esecutivo socialista, quattro mesi fa. Tuttavia non basta: solo 170 i deputati di maggioranza, sei meno di quelli necessari a raggiungere quella assoluta. Ieri il leader socialista Pedro Sanchez, dopo aver resistito per settimane al corteggiamento per una grande coalizione alla tedesca, ha ribadito per l'ultima volta il "no" suo e del suo partito a garantire quantomeno un'astensione - condannando, a meno di sorprese clamorose,Rajoy a una sconfitta nel voto di investitura parlamentare sia domani in prima battuta, sia venerdì. Inutile anche il tentativo last minute dicaptatio benevolentiae, contenuto nel patto tra Popolari e Ciudadanos, che hanno steso un programma politico infarcito di punti potenzialmente graditi ai socialisti. A quel punto si rivedrebbe un film già noto: due mesi di tempo per trovare maggioranze alternative. Altrimenti si torna a votare. Il giorno prescelto per le terze elezioni consecutive è -pensate- quello di Natale.

9/8/2016

Mettetevi comodi. Non vi vogliamo guastare le vacanze. Ma un piccolo riepilogo delle crisi europee e internazionali aperte, che ci ritroveremo pronte ad aspettarci a settembre, potrebbe rappresentare un utile promemoria, in vista di un autunno dove -a prevalere- sarà l'incertezza.

L'Europa ripartirà dalle sue crisi irrisolte: su tutte la Brexit, che le ha inferto un duro colpo, a fine giugno. Nonostante i ripetuti appelli dei partner, il Governo della neopremier Theresa May ha rinviato al 2017 l'attivazione formale delle pratiche di divorzio. Sul piano politico la May ha già lanciato una prima offensiva, organizzando più vertici bilaterali con gli altri leader, ma deve coprirsi le spalle -sul fronte economico- dal rischio recessione - sfruttando anche il salvagente lanciato dalla Bank of England a inizio agosto. Da parte sua l'Europa politica affronterà la questione Brexit a metà settembre, con un vertice straordinario a Bratislava, cercando -se ne è capace- di prendere il volante di una trattativa che richiede mani salde e idee chiare. Sullo sfondo, restano le pesanti frizioni con la Turchia - e le possibili ricadute sul flusso di migranti verso il Continente, mentre sul calendario c'è già una data cerchiata in rosso. Quella del 2 ottobre, quando l'Austria rivoterà per il presidente, col rischio che stavolta lo diventi il candidato di estrema destra Hofer, e quando l'Ungheria terrà un referendum per dimostrare a Bruxelles che -sulle quote migranti- non si accettano diktat. Per chi non ne avesse abbastanza, l'allerta terrorismo ci accompagnerà per il resto dell'anno. E se vi piace la tempesta perfetta... beh, immaginate Donald Trump presidente degli Stati Uniti, l'8 novembre. Insomma, meglio prepararsi per tempo, senza dimenticare la massima: "expect the unexpected".

4/8/2016

Un mandato di arresto contro Fetullah Gulen, nemico numero uno del presidente Erdogan: il tribunale di Istanbul ordina la cattura dell'uomo che -solo poche ore prima- lo stesso Erdogan aveva bollato come la mente di un network di scuole, Ong, e -più in generale- circoli affaristici che rappresentano la culla di attività terroristiche.

"Gulen ha guidato il fallito golpe del 15 luglio", recita il mandato. Per questo, ha sibilato Erdgoan, "siamo determinati a tagliare i legami economici e le risorse di questo gruppo sanguinario". Nell'ambito del sultanato presidenziale che il presidente turco si sta costruendo su misura, Erdogan dichiara uno dei prossimi obiettivi: la ristrutturazione delle forze armate. Il tutto mentre infuria la polemica sul processo di adesione della Turchia all'Unione Europea: il cancelliere austriaco Kern chiede di farla finita con questa "finzione diplomatica", e annuncia un progetto alternativo per metà settembre. Il Ministero turco per gli Affari europei si dice a disagio per queste dichiarazioni, e il presidente della Commissione Juncker -che ben conosce i ricatti di Ankara sui migranti- frena: "chiudere la porta alla Turchia rappresenterebbe un grave errore di politica estera".Erdogan intanto riallaccia i rapporti con la Russia - il 9 agosto vedrà Putin a San Pietroburgo. A fine mese arriverà in Turchia il segretario di Stato americano Kerry, per ricomporre le frizioni tra Washington e Ankara sul ruolo americano nel golpe, e -soprattutto- sull'estradizione dello stesso Gulen.

3/8/2016

A che gioco sta giocando Jean-Claude Juncker? Anche -e soprattutto- con Londra? Dopo la nomina di un negoziatore per la Brexit poco gradito alla Gran Bretagna, qual è il francese Barnier, il presidente della Commissione ha annunciato ieri che introdurrà nel suo team un responsabile per l'Unione della Sicurezza.

Ruolo sulla carta importante, che deve mettere in pratica quella Agenda per la Sicurezza varata a fine aprile, sull'onda degli attentati di Bruxelles: dovrà contribuire all'azione comunitaria di contrasto contro crimine e terrorismo, attraverso il coordinamento delle intelligence, la protezione delle infrastrutture sensibili, la lotta alla radicalizzazione e al cybercrimine. E chi sceglie Juncker? Il nuovo Commissario britannico, sir Julian King, in procinto di sostituire il connazionale Hill, prima vittima della Brexit. Scartando l'ipotesi più logica, assegnare al britannico un portafoglio pro-forma, in attesa che Londra esca dall'Unione, Juncker lo investe di un compito di responsabilità. Sorvolando sul fatto che King tra due anni potrebbe essere già lontano da Bruxelles. E che la Gran Bretagna è da sempre esterna alle politiche comunitarie in materia di giustizia e affari interni. I più europeisti a Bruxelles si interrogano, vedendo politiche così sensibili nelle mani di un Commissario poco incentivato a lavorare bene, con un orizzonte così limitato. I maligni vi intravedono invece la volontà di Juncker di tenere King occupato, evitando che passi il suo tempo a fare la spia per conto di Londra. Senza contare che il suo appare un portafoglio junior, senza direzioni generali alle sue dipendenze. E sotto la tutela -di fatto- di altri colleghi. Senza contare il rischio che King diventi un doppione dell'attuale zar europeo antiterrorismo, de Kerchove. Il tempo chiarirà -forse- la mossa di Juncker, la cui presidenza della Commissione è da mesi nel mirino di forti critiche.

28/7/2016

Nessun cambiamento alla politica sull'asilo in Germania, dopo gli ultimi attacchi: la cancelliera Angela Merkel interrompe le vacanze e torna a Berlino, per rassicurare un Paese ancora profondamente scosso dal susseguirsi di episodi di sangue - diversi dei quali legati all'estremismo islamico.

"Ce la faremo", ripete come un mantra la cancelliera, rievocando le parole da lei stessa usate poco meno di un anno fa, di fronte alla marea di immigrati che affluiva verso l'Europa - seguendo la rotta balcanica. Immigrazione e terrorismo: un binomio sempre più radicato nell'inconscio di una nazione impaurita: la Merkel condanna le violenze di Wurzburg e Ansbach come "azioni di terrore islamico". Parla di "guerra all'Isis, non all'Islam". E aggiunge subito: "undici mesi fa ho detto che la Germania è un Paese forte. Vinceremo questa sfida storica". E per rendere più chiaro il messaggio delinea i nove punti del nuovo piano sicurezza. Tra le novita' in arrivo un abbassamento degli ostacoli per l'espulsione dei richiedenti asilo, un "sistema di preallarme" sulla radicalizzazione tra i rifugiati, e la possibilita'dell'intervento dell'esercito in seguito a grandi attacchi terroristici. "Dobbiamo agire per colmare le lacune che ci sono", ha ribadito la cancelliera.

27/7/2016

Europa, dove sei? Se c'è una grande assente, in questo primo mese di post-Brexit, cataclisma politico continentale tutt'ora congelato dal rifiuto britannico di procedere con le pratiche ufficiali di divorzio... beh - quella è proprio l'Europa.

Londra -da parte sua- ha bruciato i tempi: nuovo premier, donna e determinata, in carica con due mesi di anticipo sul previsto, nuovo Governo, e tour delle principali capitali europee, che oggi tocca anche Roma, con l'incontro con il premier Renzi. Una tappa romana che giunge dopo quella tedesca -con una Merkel disposta ad aspettare il prossimo anno per la separazione- e quella francese, dove l'accoglienza di Hollande è stata notevolmente più fredda. Parlando con il Taeiseoach Enda Kenny al suo fianco, la premier britannica Theresa May ha rassicurato sul fatto che Brexit non metterà a rischio il processo di pace irlandese, e -soprattutto- non significherà il ripristino dei confini fisici tra Ulster e Repubblica d'Irlanda. Insomma, appare chiaro che -nonostante l'ipotesi di colloqui formali o informali tra Bruxelles e Londra sia stata esclusa finché non sarà ufficialmente attivato il famigerato articolo 50- la May ha già avviato negoziati politici bilaterali coi singoli partner. E l'Europa? Una sempre più debole Commissione Europea si è vista costretta a smentire -l'altroieri- l'ipotesi di un periodo transitorio di sette anni di stop alla libera circolazione sulla Manica, pur tenendo Londra nel mercato unico. "Le offerte fatte a febbraio non sono più valide", ha sentenziato Bruxelles, definendo carta straccia il negoziato alla base del referendum. Sarà davvero così? Un primo incontro italo-franco-tedesco è in programma a fine agosto, mentre un vertice europeo vero e proprio sulla Brexit dovrà attendere metà settembre. Nel frattempo il vuoto politico si fa sentire, di fronte all'attivismo britannico. Vuoto colmato peraltro da notizie poco confortanti: secondo la polizia inglese, sono in aumento i cosiddetti "crimini d'odio" Oltremanica contro gli immigrati europei. Oltre seimila nell'ultimo mese, +20% sull'anno, con un picco due giorni dopo il referendum. Le autorità -preoccupate- hanno deciso di correre ai ripari.

22/7/2016

Il presidente francese Hollande passa al contrattacco contro l'Isis, dopo l'ultimo attentato e la pericolosa onda disgregatrice del sentimento di unità nazionale, che sembra non reggere più - neppure a livello politico.

Al termine del quarto consiglio di Difesa dall'attacco di Nizza, Hollande annuncia una serie di misure interne ed esterne. "La Francia sosterrà l'Irak nella sua guerra contro il cosiddetto Stato Islamico", ha detto Hollande: "metteremo a disposizione di Baghdad alcune batterie di artiglieria, con consiglieri ed esperti in grado di utilizzarle". Gli aiuti militari arriveranno a settembre, in tempo per la grande battaglia per la riconquista di Mosul. Sul fronte interno il presidente francese ha annunciato invece la mobilitazione di 15mila riservisti operativi da fine luglio, per integrare il dispiegamento delle forze di sicurezza. Diecimila invece i militari che vigileranno sulle manifestazioni estive, come quella di Nizza, teatro dell'attentato. "Faremo piena chiarezza sulla strage in Costa Azzurra", ha promesso Hollande, che ha difeso il suo Ministro dell'Interno Cazeneuve, dopo le polemiche che lo hanno investito per l'insufficiente vigilanza della manifestazione nizzarda. Per il presidente francese, il terrorista Mohammed Bouhlel si è ispirato indubbiamente all'Isis, nel progettare l'attacco. E ha concluso lanciando un appello ai cittadini: "devono fare blocco, essere forti e uniti. E'cosi' che vinceremo" il terrorismo.

22/7/2016

Un coro di reazioni di protesta e invito a non oltrepassare determinate linee rosse ha accompagnato le ultime decisioni -sempre più autocratiche- di Recep Tayyp Erdogan.

La Casa Bianca invita Ankara "a proteggere le tradizioni e le istituzioni democratiche". Così il portavoce Josh Earnest, commentando la sospensione della convenzione sui diritti umani. "Anche se la voglia di fare giustizia e' comprensibile, il Governo deve dimostrare il rispetto del suo impegno verso la democrazia", ha aggiunto. D'accordo con Washington per una volta anche la Russia: persino Putin, nonostante i suoi scheletri nell'armadio al riguardo, esorta la Turchia ad agire nel rispetto della legge e a osservare i diritti umani, che sono "una priorita'". Dura l'Europa, con l'Alto Rappresentante Federica Mogherini che attacca: "una sospensione della convenzione europea e' prevista, ma non e' una deroga in bianco. I diritti fondamentali sono inalienabili". La Mogherini ha ribadito l'appello alle autorita' turche a rispettare lo stato di diritto, ricordando come "in Turchia sono state prese decisioni gravissime che hanno colpito il mondo accademico, giudiziario e la stampa". E se per il Ministro degli Esteri italiano Gentiloni la reazione di Ankara al fallito golpe "e' inaccettabile", il ministro degli Esteri austriaco Kurz ha convocato l'ambasciatore turco, per "chiarire in quale direzione Ankara intenda andare".

19/7/2016

L'Europa avverte la Turchia: occorre rispettare lo stato di diritto, no assoluto alla reintroduzione della pena di morte. I Ministri degli Esteri comunitari approfittano della visita a Bruxelles del collega americano John Kerry per lanciare un messaggio chiaro ad Ankara.

L'Europa considera ancora la Turchia un "partner" e segue gli avvenimenti "con atteggiamento amichevole". La priorità è facilitare "il ritorno al rispetto dello stato di diritto". Anche se in futuro non è da escludere "una nuova riflessione strategica" sui rapporti, dice la Mogherini, che chiude le porte dell'Unione ai Paesi dove sia in vigore la pena capitale. Concetto espresso con maggiore vigore dalla Germania: la reintroduzione della pena di morte in Turchia bloccherebbe il negoziato per l'adesione di Ankara all'Unione, dice il portavoce della cancelliera Merkel, che condanna gli episodi "rivoltanti di vendetta" contro i sospetti golpisti. Concetti ribaditi proprio dalla Merkel in una telefonata con Erdogan. C'è spazio anche per una polemica tra Bruxelles e la Turchia: il Commissario all'Allargamento Hahn avanza il condivisibile sospetto che le liste di oppositori arrestati fossero pronte da tempo. "Non avete capito niente", lo bacchetta il Ministro degli Esteri Cavusoglu. Anche il segretario di Stato americano Kerry avverte la Turchia: "la Nato vigilerà sul comportamento democratico di Ankara", dice. Poi commenta l'altra emergenza, quella terrorismo, dopo l'attacco di Nizza - "l'ultimo attentato rafforzerà la nostra convinzione di combattere le forze dell'estremismo violento - ovunque".

18/7/2016

Londra affila le armi, in vista dei difficili negoziati con l'Unione Europea. Il tema, ancora una volta, è quello dei migranti comunitari che approdano Oltremanica. E del loro destino dopo il referendum sulla Brexit.

In un'intervista a Sky News, il neoministro per la Brexit, David Davis, ha lanciato la provocazione: gli immigrati dall'Unione che approdano da ora e fino a una data -ancora da definire- nel Regno Unito, potrebbero non avere il diritto di risiedere a tempo indeterminato in Gran Bretagna, come è attualmente il caso. Davis si è tenuto volontariamente vago, aggiungendo solo che una scadenza potrebbe essere introdotta in caso di un'impennata dI arrivi dall'Europa. Allo stesso tempo ha offerto la carota ai partner: l'obiettivo di Londra resta quello di arrivare ad un accordo generoso, che garantisca sia i britannici residenti nel Continente, sia gli europei Oltremanica. La sua idea, ha concluso, è quella di invocare l'Articolo 50 per la separazione all'inizio del prossimo anno, con l'obiettivo di arrivare alla Brexit nel 2019. Ma il Governo di Theresa May dovrà tutelarsi sul fronte interno: la premier scozzese Sturgeon minaccia un secondo referendum per l'indipendenza già nella prima metà del prossimo anno, qualora la posizione di Edinburgonon venisse adeguatamente tutelata nei negoziati sulla Brexit. Piccola consolazione: l'ex-colonia australiana tende la mano, offrendo un accordo commerciale bilaterale di libero scambio Londra-Canberra.

7/7/2016

La Spagna non è sulla buona strada per correggere il suo deficit eccessivo entro il 2016, mentre il Portogallo non lo ha corretto entro il 2015. Penisola iberica sotto accusa a Bruxelles, dove la Commissione Europea compie il primo passo per sanzionare Madrid e Lisbona.

"Nel caso di Spagna e Portogallo vediamo che non sono state prese misure effettive, per cui lo sforzo strutturale non è in linea con la decisione del Consiglio", riassume il vicepresidente della Commissione Valdis Dombrovskis. Di qui la decisione di Bruxelles: inviare il dossier all'Ecofin, raccomandando di procedere. Se i Ministri finanziari daranno il via libera, a quel punto la Commissione avrà tre settimane per presentare la sua proposta. E qui lo stesso Dombrovskis riduce ampiamente la possibile portata della punizione: "se anche l'Ecofin decidesse di proseguire sulla strada delle sanzioni, un'eventuale multa verra' probabilmente ridotta a zero". Dombrovskis motiva così il possibile epilogo: "le sanzioni devono tenere conto che siamo nel dopo crisi economica e finanziaria" di due Paesi che sono stati sotto programma, e quindi anche "degli sforzi gia' fatti e apprezzati". In linea teorica -lo ricordiamo- le sanzioni potrebbero arrivare a due miliardi. Nel 2015 il deficit spagnolo superava il 5% sul Pil, quello portoghese il 4. La Spagna -in particolare- si trova tuttora in un delicato periodo politico, con un secondo round di elezioni che non ha sbloccato l'empasse al Governo. Il vincitore delle elezioni, il popolare Rajoy, si è già impegnato a mettere in atto aggiustamenti strutturali.

5/7/2016

Un altro leader del fronte Brexit esce di scena. Dopo Boris Johnson, anche Nigel Farage fa un passo indietro, lasciando la guida dello UK Independence Party.

"Ho riavuto il mio Paese, ora rivoglio la mia vita", ha detto Farage dieci giorni dopo lo storico risultato referendario. E ha promesso che stavolta il passo indietro sarà definitivo - non come un anno fa, quando abbandonò la leadership dello UKIP dopo il fallito approdo a Westminster. Qualche mese dopo Farage tornò sui suoi passi, come se nulla fosse. Non lascerà però del tutto la scena politica: resterà europarlamentare, almeno fino a quando la Brexit non sarà completata, e i deputati britannici dovranno lasciare Strasburgo. La leadership nel processo di divorzio dall'Europa resta così un affare tutto interno ai Conservatori: solo Michael Gove resta in pista, fra i leader della campagna del Leave. Johnson, tradito proprio da Gove, ieri sera ha dato il suo appoggio ad Andrea Leadsom, anti-europeista che vuole attivare subito l'articolo 50, per lasciare al più presto l'Unione. La Leadsom, insieme a Theresa May, appare favorita nella corsa a leadership e Downing Street. Salgono intanto i timori per il futuro dei tre milioni di europei residenti in Gran Bretagna: il Ministro dell'Immigrazione James Brokenshire non ha saputo -o voluto- offrire ieri garanzie sul loro status dopo la Brexit, chiedendo che sia il prossimo Governo a chiudere accordi di reciprocità con i Paesi comunitari, al fine di garantire anche lo status dei britannici residenti in Europa. Per il momento, comunque, non cambierà nulla.

4/7/2016

Missione compiuta. "Ho riavuto il mio Paese, ora rivoglio la mia vita". Nigel Farage, leader dello UK Independence Party, toglie il disturbo, dopo aver raggiunto l'obiettivo della propria carriera politica. Portare la Gran Bretagna fuori dall'Unione Europea. E abbandona la leadership dello UKIP.

"Ho soddisfatto le mie ambizioni politiche e il partito si è ben posizionato ", annota Farage nel suo discorso di addio. Indicando la strada: il nuovo UKIP dovrà essere uno schieramento in grado di attrarre voti da altri partiti, in particolare quello Laburista - i cui elettori sono stati protagonisti della Brexit. Lui non lascerà la scena politica per almeno due o tre anni, il tempo di perfezionare l'uscita dall'Europa o di chiudere la legislatura dell'Europarlamento, dove continuerà a sedere finchè i britannici non se ne andranno. E stavolta -promette- non ci saranno colpi di scena, come un anno fa, quando prima si dimise per aver mancato l'obiettivo di conquistare un seggio a Westminster, poi tornò alla guida del partito come se nulla fosse. Intanto, mentre tra i Conservatori viene presentata la quinta candidatura a leader e futuro premier, quella di Andrea Leadsom, forse la più euroscettica di tutti, il Ministro dell'Immigrazione James Brokenshire affronta il controverso tema dei diritti per i cittadini britannici in Europa. E di quelli per gli europei Oltremanica. "Occorre garantire i diritti di entrambi i gruppi", afferma. Dall'Fmi infine nuovo allarme: l'economia britannica potrebbe segnare una contrazione tra l'1,5% e il 4,5% entro il 2019 a causa dellaBrexit.

1/7/2016

Il candidato senza carisma Michael Gove si propone come l'uomo del cambiamento: Gove, attuale Ministro della Giustizia, appare in conferenza stampa ad una settimana dal terremoto politico del referendum sulla Brexit, per pjuntare alla guida dei Tories e del prossimo Governo.

Liquida Boris Johnson con poche parole -"non è l'uomo adatto a questo lavoro"- e lancia l'affondo: il nuovo Governo attiverà non prima del 2017 l'articolo 50 per il divorzio dall'Europa. Molto radicale e netto il suo punto di vista sull'immigrazione: Gove propone un sistema di punti all'australiana, che porti alla riduzione nel numero di arrivi Oltremanica. Intanto il Cancelliere dello Scacchiere Osborne, uno dei grandi perdenti della Brexit, mette nel cassetto l'obiettivo di un surplus di bilancio entro il 2020. Per Osborne, il referendum produrrà uno choc significativo sull'economia britannica. Dall'Europa prosegue il coro -finora inascoltato- di chi esige un'accelerazione della separazione: "sulla Brexit invitiamo le autorita' di Londra a chiarire le loro intenzioni. Non abbiamo tempo da perdere", ha detto il presidente della Commissione Juncker da Bratislava, dove si è aperto il semestre europeo, guidato dall'euroscettica Slovacchia. "Il Regno Unito deve presentare quantoprima un programma sull'inizio dei colloqui di uscita", chiede il Ministro degli Esteri tedesco Steinmeier, mentre il presidente francese Hollande considera la decisione referendaria come non rinviabile nè annullabile. Giornata animata anche da Easyjet: la compagnia low-costscatena un caso, quando si diffonde l'indiscrezione che ha chiesto licenza di trasporto in un altro Paese. Easyjet preciserà poi di non voler lasciare la Gran Bretagna.

1/7/2016

Il paracadute di emergenza -o scudo che dir si voglia- c'è, pronto per l'uso in questi tempi di incertezza post-Brexit. La Commissione Europea ha dato il via libera alla garanzia pubblica per le banche italiane: una misura precauzionale, per sostenere la liquidità degli istituti di credito, attivabile dal Governo -se necessario- per fronteggiare turbolenze sui mercati.

La mossa comunitaria arriva su esplicita richiesta del nostro Paese: si tratta di uno schema di garanzia statale valido fino alla fine del 2016, il cui valore si aggirerebbe intorno ai 150 miliardi di liquidità. Particolare importante: si tratta di un programma preventivo di supporto, destinato solo agli istituti di credito solvibili. E -notaBruxelles- non ci si aspetta che Roma sia costretta a usarlo. In serata fonti del Ministero delle Finanze hanno precisato che lo schema "mette il Governo nella condizione di intervenire in caso di scenari avversi". Via XX Settembre specifica: con questo schema lo Stato "può prestare la propria garanzia sul debito di banche solvibili" e l'eventuale garanzia sarebbe in capo al Tesoro. La notizia fotografa alla perfezione il periodo di instabilità finanziaria seguita al referendum britannico sulla Brexit. A confermarlo ieri l'Fmi, secondo cui l'incertezza seguita al voto si fara' sentire sulla crescita, rallentandola ''soprattutto in Gran Bretagna - ma con ripercussioni anche in Europa e sull'economia globale''. Questo -rincara il Fondo- potrà frenare la crescita nel breve termine. Per quanto riguarda l'Europa Washington sostiene che "e' essenziale continuare a rafforzare le banche continentali", per "risolvere il nodo dei crediti deteriorati''.

30/6/2016

Via libera della Commissione Europea a un piano di sostegno pubblico per le banche italiane, attivabile dal Governo -nel caso si rendesse necessario- per fronteggiare eventuali turbolenze sui mercati.

La mossa comunitaria arriva su esplicita richiesta del nostro Paese: nello specifico, si tratta di uno schema di garanzia statale valido fino alla fine di quest'anno, il cui valore si aggira sui 150 miliardi di liquidità. Particolare importante: si tratta di un programma preventivo di supporto, destinato solo agli istituti di credito solvibili. E -nota Bruxelles- non ci si aspetta che Roma sia costretta a usarlo. La notizia fotografa alla perfezione il periodo di instabilità finanziaria seguita al referendum britannico: l'incertezza seguita al voto sulla Brexit si fara' sentire sulla crescita, rallentandola ''soprattutto in Gran Bretagna - ma con ripercussioni anche in Europa e sull'economia globale'', ha dichiarato l'Fmi, aggiungendo che ciò potrà frenare la crescita nel breve termine. E per quanto riguarda l'Europa, il Fondo sostiene che "e' essenziale continuare a rafforzare le banche continentali", in particolar modo per "risolvere il nodo dei crediti deteriorati''. "La palla è nel campo britannico", ripete allo sfinimento il portavoce della Commissione Europea Schinas, alla vigilia dell'avvio di una nuova presidenza semestrale, in un'Unione ora virtualmente a 27. Tocca alla Slovacchia, il cui Ministro degli Esteri Lajcak ha subito confermato il primato del Consiglio Europeo nel condurre i negoziati con Londra. Il premier Fico ha invece tirato una frecciata al nuovo direttorio franco-italo-tedesco: "le decisioni fondamentali in Europa non possono essere prese da due o tre Paesi fondatori".

30/6/2016

Nessun trattamento preferenziale, e nessun negoziato informale, in attesa che Londra faccia la prima mossa ufficiale per il divorzio. Il primo vertice informale a 27, la prima plastica dimostrazione di come sia l'Unione Europea senza Londra, si chiude lasciando sul tavolo qualche certezza e molte domande.

"Nessun mercato interno a la carte. Chi vuole essere nel mercato unico dovrà accettare le quattro libertà fondamentali, compresa la libera circolazione delle persone", mandano a dire in coro il presidente della Commissione Juncker e quello del Consiglio Tusk. Juncker aggiunge che nessuna modifica dei Trattati sarà necessaria. La linea è chiara: nessun negoziato con Londra, finché non sarà notificata l'attivazione dell'articolo 50. Se ne riparla a settembre: nel frattempo, la nuova leadership conservatrice a Downing Street dovrà definire la linea, mentre i 27 si ritroveranno fra tre mesi a Bratislava, per fare il punto - e guardare avanti. Dettaglio non insignificante: qualsiasi accordo futuro con Londra nelle vesti di Paese terzo dovrà prevedere un bilanciamento tra diritti e obblighi. La cancelliera Merkel intanto guarda a come recuperare la fiducia dei cittadini -"dobbiamo creare occupazione, crescita e aumentare la competitivita'", dice, mentre il francese Hollande vede una Gran Bretagna sotto scacco. O rientra nel mercato unico, ma accetta tutte le condizioni imposte. O resta a tutti gli effetti un Paese terzo. Oltremanica, intanto, in un acceso dibattito a Westminster, Cameron invita il leader laburista Corbyn a seguirne l'esempio e dimettersi. La premier scozzese Sturgeon ha avviato a Bruxelles la propria offensiva diplomatica per mantenere la Scozia in Europa - ma trova l'opposizione della Spagna.

29/6/2016

"Nessun mercato interno a la carte", su misura, per la Gran Bretagna. L'Europa saluta con un avvertimento il partner britannico, a conclusione del primo -storico- summit informale senza Londra al tavolo comune.

"Chi vuole essere nel mercato unico dovrà accettare le quattro libertà fondamentali, compresa la libera circolazione delle persone", mandano a dire in coro il presidente della Commissioner Juncker e quello del Consiglio Tusk. Juncker aggiunge che nessuna modifica dei Trattati sarà necessaria in un questa nuova pagina dell'Europa, che si apre nel dopo-Brexit. Per il resto, si conferma la fase di stallo nella separazione: la linea è chiara, nessun tipo di negoziati con Londra, finché non sarà notificata l'attivazione dell'articolo 50. Se ne riparla a settembre: nel frattempo, la nuova leadership conservatrice a Downing Street dovrà definire la linea, mentre i 27 si ritroveranno fra tre mesi a Bratislava, per fare il punto. A definire il quadro di uscita della Gran Bretagna saranno i Paesi membri: Commissione ed Europarlamento entreranno in gioco in seconda battuta. Dettaglio non insignificante: qualsiasi accordo futuro con Londra nelle vesti di Paese terzo dovrà prevedere un bilanciamento tra diritti e obblighi. Oltremanica, intanto, in un acceso dibattito a Westminster, Cameron invita il leader laburista Corbyn a seguirne l'esempio e dimettersi. E tranquillizza i cittadini europei residenti nel Regno di Sua Maestà: non ci saranno conseguenze, per loro, ma neppure bisogno di leggi speciali per tutelarli. Intanto la premier scozzese Sturgeon ha avviato a Bruxelles la sua offensiva diplomatica per mantenere la Scozia in Europa.

29/6/2016

E' finito pochi minuti fa il primo vertice europeo a 27- l'Unione oggi ha fatto storia, con il primo summit informale senza un Paese membro, causa esclusione. Le bozze di conclusioni finora circolate non fanno molta luce sui mesi di incertezza che si preparano, dopo il ripetuto "no" di David Cameron a far scattare l'articolo 50 di divorzio prima dell'autunno, scaricando l'onere sul suo successore.

"Siamo pronti ad affrontare ogni difficolta' che dovesse derivare dall'attuale situazione", scrivono i 27 nella dichiarazione congiunta che sarà diffusa a breve, dopo la tradizionale conferenza stampa. Un senso di colpa strisciante fa apparire tra le righe la necessita' di "fare di piu'" per rispondere alle attese dei cittadini per "la sicurezza, la prosperita' e le prospettive di un futuro migliore. "Dobbiamo agire, non ultimo nell'interesse dei giovani", affermano i 27, che cominciano a sentire il distacco di una parte consistente della società verso il progetto comunitario. Il resto sono appelli a fare presto: "per organizzare il ritiro ordinato" della Gran Bretagna, "spetta al Governo britannico, appena sara' pronto a farlo, notificare al Consiglio europeo" la volonta' di attivare l'articolo 50. "Sarebbe preferibile che questo avvenisse rapidamente, allo scopo di evitare di entrare in un prolungato periodo di incertezza". Infine, "non ci potra' essere alcun negoziato" dell'Unione Europea con la Gran Bretagna "prima che abbia avuto luogo la notifica" dell'articolo 50". Tra le righe, i leader europei si intestano la leadership nei negoziati, tagliando fuori la Commissione Europea. E anticipano -questo è un punto importante- che ogni intesa futura siglata con Londra come Paese terzo dovrà essere bilanciata, in quanto a obblighi e diritti. Sullo sfondo resta l'avvertimento lanciato ieri sera da David Cameron, secondo cui l'inerzia europea nel fermare l'immigrazione ha portato Londra fuori dall'Europa.

29/6/2016

Nessun passo indietro: David Cameron ribadisce, alla fine del faccia a faccia serale con i 27 leader europei, che sarà onere del suo successore a Downing Street attivare l'articolo 50, il passo formale per avviare il divorzio dall'Unione.

"Ho registrato un rispetto universale per la nostra decisione", ha detto Cameron. Che rassicura: "Londra non volterà le spalle all'Europa, manterremo una cooperazione con il Continente, soprattutto su commercio e sicurezza, anche se siamo consci che ciò porterà sia costi che benefici. Cameron lancia un sottile attacco a chi lo vorrebbe con le spalle al muro, sull'articolo 50: "non ho visto una maggioranza di Paesi decisa a chiederne un'attivazione immediata, anche se tutti chiedono di capire cosa intendiamo fare". La strada tracciata è chiara: poco più di due mesi per eleggere -il 9 settembre- il suo successore alla guida dei Conservatori. Che dovrà definire l'obiettivo di relazione futura con l'Unione. Solo a quel punto saranno avviate le pratiche ufficiali di divorzio. Inevitabili dunque altri tre o quattro mesi di incertezza. Cameron non lascia spazio a speranze o ripensamenti: "Londra lascera' l'Unione, e non tornera' indietro". L'impotenza europea è espressa dal presidente del Consiglio Tusk: "servirà un'uscita ordinata della Gran Bretagna. Abbiamo chiesto a Cameron di fare chiarezza il prima possibile sulle intenzioni britanniche. E ci aspettiamo che porti questo messaggio a Londra". Il presidente della Commissione Juncker ribadisce: "nessun negoziato, neppure informale, senza una notifica formale di Londra sulla separazione". Oggi la discussione prosegue a 27: per la prima volta mancherà un Paese membro. Si aprirà una riflessione sul futuro dell'Europa, dopo l'uscita britannica. E si constaterà la paralisi sul dossier Brexit.

28/6/2016

Si è aperta nel segno della più totale incertezza la due giorni di vertice europeo a Bruxelles: agenda completamente stravolta dalla questione Brexit, con una pressione che si annuncia fortissima sul premier uscente Cameron.

Il quale, al suo arrivo, non ha sciolto la riserva e non ha fornito le risposte che molti suoi collleghi si aspettano. "Voglio che sia un processo il piu' costruttivo possibile, con un risultato il piu' costruttivo possibile, perche' lasciamo l'Unione Europea ma non voltiamo le spalle all'Europa, con questi Paesi siamo partner, amici, alleati- vogliamo il rapporto piu' stretto possibile in termini di commercio, cooperazione e sicurezza", ha detto. Parole di grande diplomazia, ma povere di tempistica sui tempi di uscita. Anche perché Cameron resterà in sella al Partito Conservatore - e di conseguenza al Governo, fino al 9 settembre, data di annuncio del nuovo leader Tory. Proprio questa tempistica potrebbe far arenare il vertice europeo, che stasera vedrà il faccia a faccia tra Cameron e i 27 partner, e domani vedrà i 27 riunirsi senza la Gran Bretagna, per decidere il da farsi. Cioè ben poco, se Londra non attiva l'articolo 50. Nel suo discorso ai leader europei, il presidente dell'Europarlamento Schulz ha detto a Cameron che aspettare mesi, prendendo in ostaggio il destino di un continente per ragioni di partito, è totalmente inaccettabile. Oggi l'Europarlamento ha chiesto a Londra di notificare il prima possibile la procedura di uscita dall'Unione. La cancelliera tedesca Merkel: "no a trattative anche informali con Londra senza la notifica dell'articolo 50", ha ribadito oggi la Merkel, secondo cui "la Gran Bretagna deve rimanere un Paese amico e partner anche nelle relazioni bilaterali". Il presidente europeo Tusk ha annunciato un vertice informale a settembre, per discutere del futuro dell'Unione Europea.

27/6/2016

Come obbligare un Paese che ha scelto di uscire dall'Unione Europea a fare al più presto le valigie? E come salvare l'intero progetto comunitario dal rischio di un effetto-contagio, potenzialmente disgregatore?

Il summit europeo che si apre nelle prossime ore a Bruxelles avrà in agenda un'altra mission impossible, a un anno esatto dalla crisi ellenica, che rischiò di scatenare una "Grexit" dall'Euro. La minaccia stavolta è persino maggiore, perché va al cuore stesso dell'Unione Europea. Il tavolo di gioco si sposta da Londra a Bruxelles, in questo avvio di settimana, dopo una tappa inevitabile a Berlino. Quello che doveva essere il summit preparatorio a un'altra estate di crisi migratoria si trasforma nel vertice di emergenza, per evitare che la Brexit rappresenti il colpo di grazia alle fondamenta del progetto europeo. La riunione dei 27+1, come ormai è corretto chiamarli, sarà preceduta -in mattinata- da una sessione straordinaria dell'Europarlamento, che cercherà di tracciare la rotta. Lo schema del vertice è di per sè un messaggio: nella cena della prima giornata il premier dimissionario Cameron, ridotto al rango di ospite, spiegherà ai partner come il Governo britannico intenda uscire. E, soprattutto, quando prevede di farlo. Il giorno dopo, i 27 decideranno come affrontare le pratiche di divorzio. E guarderanno oltre, a come riformare questa Unione Europea sempre più ammaccata. Il braccio di ferro è già sui tempi di avvio delle pratiche di separazione: dietro le quinte, i socialisti europei preparano proposte per salvare l'Unione. E il presidente della Commissione Juncker deve parare i colpi di chi ne chiede le dimissioni.

26/6/2016

Una nave in mezzo alla tempesta. Dopo il bagno di sangue sui mercati finanziari di venerdì, la Gran Bretagna si è risvegliata -ieri- in pieno marasma politico.

Il premier Cameron appare ormai svuotato di ogni potere, e si prepara a una due giorni di vertice europeo -la prossima settimana- che non augurerebbe neppure al suo peggior nemico. La corsa alla sua successione scalda i motori, ma nel frattempo i Conservatori -partito al Governo- sono in pieno vuoto di leadership. Non va meglio tra i Laburisti, doveCorbyn, l’europeista tiepido, viene ormai apertamente contestato – persino alla Gay Parade londinese. Così, col leader UKIP Farage probabilmente ancora chiuso in qualche pub a festeggiare, la scena è stata presa ieri dal movimento di protesta per Restare in Europa. Una petizione online per fermare il divorzio dall’Unione macina migliaia di sottoscrizioni all’ora, accumulando milioni di consensi. Per ora resta un’iniziativa simbolica, ma dà l’idea del senso di smarrimento che si è impadronito del Paese. Un deputato laburista, David Lammy, arriva a chiedere al Parlamento di votare contro il risultato del referendum, per fermare questa follia. Operazione teoricamente possibile: il voto sulla Brexit era solo consultivo, non vincolante. Ma una mossa del genere aprirebbe la strada al baratro di un’ulteriore crisi politica. Da Bruxelles, il presidente della Commissione Juncker invita Londra a muoversi a iniziare le pratiche di separazione, ammettendo che sarà tutto – tranne che un divorzio consensuale. Mentre dal Consiglio Europeo ribadiscono impazienti che tocca a Londra invocare l’articolo 50, e nel minor tempo possibile. L’unica ad abbassare i toni è la cancelliera tedesca Merkel, che invita a non farla pagare alla Gran Bretagna, per la scelta fatta. La navigazione in acque inesplorate riprende da domani. La settimana si annuncia molto calda.

25/6/2016

Il giorno dopo lo choc, la Gran Bretagna fa i conti con un futuro di incertezza. Esaurita la sbornia dei festeggiamenti o della disperazione, a seconda dei punti di vista, il Paese si trova nelle acque inesplorate di un’indipendenza cercata, ma ancora tutta da definire. E con i due principali partiti, Conservatori e Laburisti, in pieno marasma.

I Tories sono senza leader, dopo l’abdicazione di Cameron. E navigano a vista. Mentre Jeremy Corbyn, a sinistra, viene contestato persino alla parata gay di Londra, per la sua incapacità di convincere le aree più tradizionalmente laburiste a votare per Restare. Fioriscono intanto le iniziative per ripensarci: una petizione online per rifare il referendum ha superato il milione e mezzo di firme, per quanto al momento sia molto velleitaria. Mentre -soprattutto nella capitale- cominciano a emergere movimenti di protesta contro l’esito del voto. Fatto il passo storico, sembra intanto evaporata la strana leadership dei fautori della Brexit, che assommava l’istrionico Farage all’ambizioso Johnson. Ognuno ora va per la sua strada. E il Paese appare senza guida politica. L’Europa -da parte sua- richiama all’ordine: muovetevi a uscire, dice Juncker, che prevede che sarà tutto, tranne che un divorzio consensuale. L’unica ad abbassare i toni è la cancelliera tedesca Merkel, che -a sorpresa- invita a non farla pagare a Londra, e sembra concedere un po’ di tempo ai britannici, prima che facciano le valigie. Che del doman non v’è certezza lo conferma pure l’agenzia di rating Moody’s. Per la Gran Bretagna cambia l’outlook: da stabile a negativo.

25/6/2016

Il terremoto politico che segue la storica decisione per la Brexit sconvolge la Gran Bretagna a colazione, quando il premier David Cameron -accompagnato dalla moglie Samantha- annuncia funereo che la sua carriera è al capolinea.

La sua ultima scommessa, dopo due elezioni e un referendum scozzese vinti, si rivela fatale. Per lui - e per la storia europea del Regno Unito. Il premier apre contemporaneamente la prima crisi con Bruxelles, annunciando che non sarà lui a invocare l’articolo 50 del Trattato - primo passo nella pratica ufficiale di divorzio. Ma lascerà l’onere al suo successore: passaggio che apre una fase di incertezza potenzialmente prolungata, molto poco gradita a Bruxelles. Nei Tories intanto è già battaglia a due per la leadership, tra l’ex-sindaco di Londra Boris Johnson e il Ministro dell’Interno Theresa May. Non è detto che il prossimo leader Conservatore diventi automaticamente premier. Potrebbero anche tenersi nuove elezioni generali a novembre. Per intanto Johnson abbandona i toni incendiari. L’ex-sindaco londinese ha confermato l’orientamento di Cameron: nessuna fretta per il divorzio dall’Europa. E ha garantito un rapporto aperto e amichevole con i partner comunitari. Grossi problemi anche per il leader laburista Corbyn: contro di lui c’è già una mozione di sfiducia interna. Mentre il vaso di Pandora aperto dalla Brexit potrebbe portare a un secondo referendum sull’indipendenza scozzese, come anticipato ieri dalla premier Nicola Sturgeon: la Scozia, con Irlanda del Nord e Londra, è rimasta un bastione dell’europeismo. E potrebbe preferire lasciare il Regno Unito, rispetto a lasciare l’Europa.

24/6/2016

Abbiamo assistito ad una giornata storica sotto ogni profilo in Gran Bretagna: la vittoria della Brexit per oltre un milione di voti ha innescato un terremoto politico di enormi proporzioni Oltremanica, che ha investito i due principali partiti, conservatore e laburista.

Oltre all’uscita ufficiale della Gran Bretagna dall’Unione Europea, la notizia del giorno è stata l’annuncio delle dimissioni del premier David Cameron. Cameron è apparso questa mattina con la moglie Samantha, visibilmente teso, per dichiarare che lascerà l’incarico entro ottobre, quando il Congresso del Partito Conservatore sceglierà il nuovo leader. Ed e’ già battaglia a due tra l’ex-sindaco di Londra Boris Johnson e il Ministro dell’Interno Theresa May per la carica. Non è detto che automaticamente il nuovo leader Tory diventi anche premier. Potrebbero tenersi nuove elezioni generali a novembre, ma questa è solo un’ipotesi. Per intanto Johnsonabbandona i toni incendiari. Oggi si è mostrato in veste più istituzionale. Boris Johnson ha confermato l’orientamento di Cameron: nessuna fretta per il divorzio dall’Europa. Questo è un punto che ha già aperto frizioni con l’Europa, nelle prime ore di questa mattina: vale a dire, l’intenzione britannica di non invocare l’articolo 50 dei Trattati, la clausola di divorzio, prima dell’autunno. Cameron ha scaricato la responsabilità sulle spalle del suo successore, allungando notevolmente i tempi della separazione. Grossi problemi -anticipavamo- anche per il leader laburista Corbyn, che paga un atteggiamento troppo tiepido verso l’Europa, nonché la massiccia adesione alla Brexit in territori a forte tradizione laburista. Contro di lui c’è già una mozione di sfiducia interna. L’unico che festeggia davvero è il leader UKIP Nigel Farage, che celebra la fine dell’Europa e la ritrovata indipendenza britannica.

24/6/2016

Il referendum sulla Brexit ha terremotato oggi il panorama politico britannico. Non solo il Regno Unito è entrato ufficialmente in un territorio inesplorato nei rapporti con l’Europa, con il peso dell’incertezza che questa decisione comporterà per almeno due anni, ma la stessa politica locale ha subito scossoni imponenti. Cameron ha annunciato questa mattina le sue dimissioni entro tre mesi – il tempo di far calmare le acque.

Poi cederà il timone a un nuovo leader Conservatore e a un nuovo premier. Figure che potrebbero coincidere, e per le quali è gia sfida tra l’ex-sindaco di Londra Boris Johnson, apparso oggi molto più moderato e istituzionale, e il Ministro dell’Interno Theresa May. Ma si vocifera anche di possibili elezioni generali a novembre, per dare al nuovo Governo maggiore legittimità. Risalta la tecnica temporeggiatrice dell’attuale esecutivo che -contro ogni richiamo da Bruxelles- non intende invocare subito l’articolo 50 del Trattato di Lisbona, che innesca il divorzio dall’Unione. Se Cameron piange, il leader laburista Corbyn non ride: per lui è sul tavolo una mozione di sfiducia interna, che potrebbe scalzarlo dalla guida del partito. Corbyn è finito sotto accusa per il modo troppo tiepido, tardivo e poco entusiasta con cui ha sostenuto la campagna per Restare. Brucia anche come territori tradizionalmente laburisti, come il Nord-Est inglese, abbiano votato massicciamente per la Brexit. Infine si apre il caso scozzese: la premier Nicola Sturgeon ha messo sul tavolo oggi -e senza aspettare- l’iniziativa di un secondo referendum per l’indipendenza dal Regno Unito. La Scozia, con Irlanda del Nord e Londra, ha rappresentato il bastione dell’europeismo. E ora -come dice la Sturgeon- non può essere strappata all’Europa contro il suo volere.

23/6/2016

Il maltempo è ripreso a metà pomeriggio, con nuovi violenti acquazzoni a guastare la giornata referendaria, già fortemente condizionata -nella capitale e nel sudest inglese- dalle forti piogge.

Questa mattina Londra e il Kent si sono risvegliati letteralmente sott’acqua, dopo una notte di temporali: difficili i collegamenti ferroviari, fiumiesondati, metropolitana interrotta e a singhiozzo nella stessa capitale, immagini di elettori obbligati a raggiungere i seggi guadando corsi d’acqua. Alcuni seggi sono stati successivamente chiusi, per l’impossibilità di raggiungerli. Difficile capire se e quanto questa situazione influenzerà l’esito finale del voto, almeno qui nel sud-est inglese. Gli ultimissimi sondaggi -resi noti oggi- danno il campo del Remain nuovamente in testa, anche se di pochissimo, solo quattro punti. Quanto basta per far fiatare -nelle ultime ore- i mercati finanziari, che hanno festeggiato con forti rialzi, ma meglio non fare pronostici azzardati. Tutti i principali leader hanno votato: il primo è stato il premier Cameron con la moglie Samantha, prima di twittare “Votate Remain, per il futuro dei nostri figli”, seguito a ruota dal leader laburista Corbyn e dai separatisti Farage e Gove. Il tutto in una giornata che -maltempo a parte- non ha registrato particolari problemi. Tutto è filato liscio. Tra quattro ore la chiusura delle urne: poi inizierà la lunga conta notturna. Domani all’alba sapremo se l’Europa –che guarda con molta preoccupazione all’esito del referendum ed è pronta a riunioni di emergenza- si sveglierà a 27 Paesi, nel caso della possibile uscita della Gran Bretagna.

23/6/2016

Il giorno del giudizio è arrivato: gli occhi dell’intera Europa sono puntati oggi sulla Gran Bretagna, che in quindici ore deciderà se restare o andarsene, aprendo -in quest’ultimo caso- una crisi senza precedenti con il Continente.

Quarantasei milioni e mezzo i britannici registrati per votare: la tensione è altissima, e la giornata di ieri è stata dominata dagli appelli dei principali leader, che hanno macinato miglia, percorrendo l’intero Paese da sud a nord per attrarre i voti degli ultimi indecisi. Gli ultimi sondaggi danno nuovamente un lievissimo vantaggio per la Brexit, ma è impossibile fare previsioni. Lo scontro finale è stato incarnato dagli eterni amici-nemici David Cameron e BorisJohnson: il premier ha lanciato l’ultimo appello per un voto a favore del Restare, per un Paese più grande e migliore, mentre l’ex-sindaco di Londra ha perorato la causa dellaBrexit, per uscire da un’Europa che non funziona. Johnson ha attaccato il presidente della Commissione Europea Juncker, reo di aver ribadito che un voto per uscire è un voto per uscire - non c’è margine per ulteriori negoziati. Preoccupati per una possibile Brexit sono gli industriali britannici. Ogni scenario che abbiamo analizzato è negativo, in caso di Brexit. L’uscita dall’Europa porterebbe uno choc economico esteso per la nostra economia, dice AndyBagnall, della CBI. Nello scenario peggiore, qualora non riuscissimo a siglare in tempi rapidi accordi commerciali con l’Europa, il conto da pagare sarebbe pari a 100 miliardi di sterline entro il 2020, con la perdita di un milione di posti di lavoro.

23/6/2016

Chi è dentro è dentro, chi esce resterà fuori: l’Europa ribadisce per l’ultima volta l’avvertimento a Londra, alla vigilia di un referendum che potrebbe cambiare la storia del Continente.

Il più esplicito è stato il presidente della Commissione Europea Juncker, ma lo stesso concetto viene espresso anche dal presidente francese Hollande. Oltremanica la giornata di ieri è stata segnata da una battaglia senza esclusione di colpi da parte dei principali uomini politici britannici, che hanno percorso l’isola in lungo e in largo per attrarre i voti degli ultimi indecisi. Votate Restare, per una Gran Bretagna, più grande e migliore, questo l’ultimo appello del premier David Cameron. A Cameron ha risposto il leader de facto della campagna per la Brexit, l’ex-sindaco di Londra Boris Johnson: “andiamocene da una Europa che non funziona, è il momento delle scelte”. Mentre a inaugurare le danze ieri era stato il leder dello UKIP Nigel Farage: “sarà la giornata dell’Indipendenza della Gran Bretagna”, ha annunciato enfaticamente. Anche il leader laburista Corbyn ha tenuto un’ultima apparizione per perorare la causa dei favorevoli al Restare. La giornata si è conclusa con le commemorazioni per la deputata laburista Jo Cox, uccisa la scorsa settimana. Ieri avrebbe compiuto 42 anni. In serata l’ultimo dibattito televisivo. Oggi si vota: urne aperte dalle 7 alle 22 ora locale.

20/6/2016

In difesa sull'immigrazione, in attacco sul mercato unico: un'altra poco convincente apparizione ieri sera alla BBC del premier britannico David Cameron potrebbe non aver giovato alla causa di chi vuole tenere la Gran Bretagna in Europa.

Cameron è stato messo alle corde da un pubblico prevalentemente euroscettico sul tema immigrati, con uno refrain di domande a ribadire il razzismo strisciante che ha pervaso l'elettorato inglese. Sussidi per i lavoratori europei, ingresso della Turchia e lo spettro di un superStatocomunitario: gli incubi di una parte della Britannia sono riemersi, in una sorta di psicanalisi collettiva. Cameron ha preferito ribadire che l'uscita dall'Unione avrà dei costi, ma -soprattutto- riporterà Londra alla casella del via nella politica continentale. La campagna referendaria intanto è ufficialmente ripartita, dopo l'omicidio della deputata Jo Cox: i toni sono più moderati, a parte il solito leader UKIP Nigel Farage - con i suoi poster anti-immigrati, ma la tensione resta altissima. Anche perchè l'omicidio Cox ha riequilibrato i sondaggi: la tendenza ora parla di un sostanziale pareggio tra i due campi. Dall'Europa proseguono gli avvertimenti di matrice tedesca: se il referendum chiedera' la Brexit"deve essere molto chiaro che 'uscire significa uscire'" - ha detto Manfred Weber, leader del Partito Popolare all'Europarlamento. Mentre il Ministro delle Finanze Schaeublerassicura: "occorre fare tutto il possibile per evitare sviluppi caotici, noi per questo siamo preparati".

19/6/2016

Toni più bassi ma tensione comunque alta, nel primo giorno di ripresa della campagna referendaria, dopo l'omicidio della deputata laburista Jo Cox. Il gesto ha -come previsto- riequilibrato i sondaggi, che all'inizio della settimana avevano fatto registrare il sorpasso dei separatisti dall'Europa: la tendenza ora è quella di un sostanziale pareggio tra i due campi, con alcuni sondaggi -come quello del Sunday Times- che danno i favorevoli al restare nell'Unione di nuovo in leggerissimo vantaggio.

Il premier Cameron ha ribadito per l'ennesima volta che rimarra' al Governo, qualunque sia il risultato del referendum - anche se tutti i politologi concordano che la sua successiva defenestrazione sarebbe solo questione di tempo. Il fronte della Brexit si spacca, dopo l'ennesima trovata del controverso leader UKIP, Nigel Farage, che i toni non riesce proprio ad abbassarli, sfoderando un poster nel quale mostra una lunga coda di migranti, a simboleggiare la minaccia di invasione della Gran Bretagna. E si becca le critiche anche del fronte pro-Brexit. Dall'Europa intanto proseguono gli avvertimenti di matrice tedesca: se il referendum chiedera' la Brexit "deve essere molto chiaro che 'uscire significa uscire'" - Londra non si deve fare illusioni. Così Manfred Weber, leader del Partito Popolare all'Europarlamento .Mentre il Ministro delle Finanze tedescoSchaeuble rassicura: "occorre fare tutto il possibile per evitare sviluppi caotici, noi per questo siamo preparati".

19/6/2016

Con le campagne referendarie ancora sospese per lutto, l'ultimo sabato inglese prima del cruciale referendum sulla Brexit ha visto risuonare Oltremanica solo le agghiaccianti parole di Thomas Mair, l'uomo che ha sparato e accoltellato giovedì la deputata Jo Cox - "Morte ai traditori, Gran Bretagna libera", ha urlato Mair di fronte ai giudici della Westminster Magistrates Court, quando gli è stato chiesto di declinare le proprie generalità.

La conferma diretta che l'omicidio della giovane deputata porta le stimmati di una matrice di estrema destra, forse neonazista - probabilmente esasperata dal clima infuocato del referendum. Mair, che dopo il grido si è chiuso in un ostinato mutismo, è stato trasferito nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh: sarà sottoposto a perizia psichiatrica. E mentre il Times a sorpresa si schiera per il Restare in Europa, in molti si chiedono quanto il sacrificio della giovane donna potrà spostare l'ago della bilancia, negli ultimi giorni di campagna referendaria. Il sindaco di Londra, Sadiq Khan, avverte intanto sui rischi legati al livello di tossicità che ha raggiunto la politica Oltremanica, storicamente ben più compassata. Sul fronte economico, anche ieri è stata una giornata di allarmi, con l'Fmi che torna a paventare il rischio recessione per Londra, qualora uscisse dall'Unione Europea. Il Pil britannico potrebbe subire una contrazione dello 0,8% l'anno prossimo, portando ad un abbassamento dei redditi in "modo permanente", afferma il Fondo Monetario.

17/6/2016

Un coro unanime dalle principali istituzioni economiche e bancarie internazionali, a sette giorni esatti dal referendum che potrebbe segnare una svolta storica per l'Europa: "rischio" e "incertezza" sono i termini più ricorrenti nelle analisi che Banca d'Inghilterra, Bce ed Fmi hanno reso note ieri.

La Bank of England definisce la Brexit come "la maggiore minaccia alla stabilità finanziaria britannica, con il potenziale di acuto deprezzamento della sterlina". E una minaccia alla stessa stabilità finanziaria globale. La Boe non ha toccato i tassi, e tiene pronti i suoi piani di emergenza. La Bce considera il fattore Brexit come una delle variabili in grado di minare la crescita dell'Eurozona e della stessa economia britannica. L'Fmi va oltre, ipotizzando l'esacerbarsi di divisioni e tensioni in un'Europa, già messa a dura prova dalla crisi migranti. L'Fmi prevede incertezza, volatilità sui mercati e crescita più lenta, in caso di Brexit. L'agenzia Nikkei fa trapelare l'indiscrezione secondo cui le banche centrali starebbero valutando massicce iniezioni di liquidità di emergenza in dollari, per placare un possibile panico sui mercati, il 24 giugno. A Bruxelles ci si prepara al peggio: i presidenti delle tre istituzioni europee hanno messo in agenda un minisummit, il giorno dopo il referendum, per reagire al risultato. Il presidente del Consiglio Europeo Tusk non si nasconde dietro un dito, e -sondaggi alla mano- ammette che è difficile essere ottimisti. Per ora solo i bookmakers sembrano credere alla vittoria di chi vuole restare. I sondaggi ipotizzano un altro finale. Ma tutto è ancora aperto.

16/6/2016

Gran Bretagna sotto choc, dopo la morte della deputata laburista Jo Cox, 41 anni, uccisa da quello che appare al momento come uno squilibrato a Birstall, nei pressi di Leeds, mentre si recava nel proprio ufficio.

L'assalitore, il 52enne Tommy Mair, l'avrebbe accoltellata e le avrebbe sparato tre colpi d'arma da fuoco, prima di essere fermato. La polizia ha affermato di considerare il caso come un incidente isolato, ma ci sarebbero indizi che legherebbero il fatto di cronaca al clima surriscaldato in vista del referendum sulla Brexit della prossima settimana: l'uomo -secondo alcuni testimoni non smentiti dalla polizia- avrebbe urlato ad un certo punto "prima la Gran Bretagna", uno slogan molto in voga tra coloro che vogliono lasciare l'Europa. Le due campagne referendarie hanno immediatamente sospeso le attività, seguite a ruota dai partiti politici, mentre il premier Cameron ha annullato il comizio previsto a Gibilterra. Anche oggi è stata una giornata di allarmi economici, in vista del referendum: il bollettino della Bce definisce un'eventuale 'Brexit' un rischio per la crescita dell'Eurozona. Per la Banca d'Inghilterra il voto potrebbe innescare "ripercussioni negative" sull'economia globale, rappresentando la maggiore minaccia alla stabilita' finanziaria britannica, con il rischio di un "acuto" deprezzamento della sterlina. I sondaggi non fanno prevedere nulla di buono: quello del Financial Times, che aggrega i principali, da' i favorevoli all'uscita dall'Europa al 48%, in vantaggio di cinque punti.

16/6/2016

Il clima surriscaldato a una sola settimana dal voto referendario in Gran Bretagna potrebbe aver prodotto il primo serio incidente: la deputata laburista Jo Cox è stata accoltellata e ferita a colpi d'arma da fuoco nei pressi di Leeds, zona di cui è originaria e dove ha il suo collegio elettorale.

L'assalitore è stato fermato: si tratta di un uomo di 52 anni. Avrebbe sparato alla deputata almeno tre volte, una mentre la donna si trovava già a terra. La deputata si trova attualmente ricoverata in condizioni critiche. Le due campagne referendarie hanno immediatamente sospeso le attività, seguite a ruota dai partiti politici, mentre il premier David Cameron ha annullato il comizio previsto a Gibilterra. Intanto i timori su una possibile uscita della Gran Bretagna dall'Unione Europea hanno azzoppato anche oggi le Borse, con Milano che perde l'1%. Anche oggi è stata una giornata di allarmi economici: il bollettino della Bce definisce un'eventuale 'Brexit' un rischio per la crescita dell'Eurozona. La Banca d'Inghilterra definisce il voto per la 'Brexit' come potenziale innesco di "ripercussioni negative" sull'economia globale, rappresentando la maggiore minaccia alla stabilita' finanziaria britannica, ma potenzialmente anche a quella mondiale, con il rischio di un "acuto" deprezzamento della sterlina. I sondaggi non fanno prevedere nulla di buono: quello del Financial Times, che aggrega i principali, da' i favorevoli all'uscita dall'Europa al 48%, in vantaggio di cinque punti. Si prepara al peggio anche il presidente europeo Tusk: "è molto difficile per noi oggi essere ottimisti", ha ammesso.

16/6/2016

Conto alla rovescia per il referendum sulla permanenza -o uscita- della Gran Bretagna dall'Unione Europea. Sono solo sette i giorni al D-Day per il Regno di Sua Maestà, con gli elettori chiamati ad una decisione storica.

Ieri la scena è stata rubata dalla battaglia navale tra il campione degli indipendentisti, Nigel Farage, e Sir Bob Geldof, alla testa di piccole flotte sul Tamigi. I due si sono affrontati, mentre Farage tentava di risalire la corrente verso la sede del Parlamento, per chiedere ai deputati di riprendere il controllo delle acque territoriali - dalla matrigna Europa. Geldof, una delle star della cultura che si sono schierate per restare nell'Unione Europea, ha improvvisato un'azione pirata contro Farage, accusandolo di non fare l'interesse dei pescatori inglesi. Farage, dal canto suo, ha controaccusato Geldof di prendere in giro le comunità di pescatori impoverite. Sullo sfondo, la minaccia del Cancelliere dello Scacchiere George Osborne, che ha affermato che un'eventuale uscita di Londra dal'Unione Europea porterebbe a un buco nero nelle finanze britanniche pari a 30 miliardi, che obbligherebbero il Governo conservatore a tagliare la spesa pubblica e ad alzare le tasse. Sullo sfondo, i sondaggi continuano ad assegnare un leggero vantaggio ai sostenitori della Brexit. Al Question Time di Westminster fronte comune obbligato per il premier Cameron, che ha lanciato un appassionato appello pro-europeo, affermando che gli immigrati dall'Unione vanno ringraziati, e avvisando che una Brexit sarebbe l'inizio di un decennio di incertezza. E per il leader laburista Corbyn, che ha definito "ipocriti" quei deputati Tory euroscettici, che hanno minacciato di votare contro i tagli al budget minacciati daOsborne.

15/6/2016

La maionese impazzita dei sondaggi e dell'isteria collettiva che si è impadronita della Gran Bretagna, quando mancano solo otto giorni al D-Day del referendum sull Brexitrestituisce scene inedite.

Come quella della battaglia navale tra il campione degli indipendentisti, Nigel Farage, e Sir Bob Geldof, alla testa di piccole flotte sul Tamigi. i sue si sono affrontati, mentre Farage tentava di risalire la corrente verso la sede del Parlamento, per chiedere ai deputati di riprendere il controllo delle acque territoriali - dalla matrigna Europa. Geldof, una delle star della cultura che si sono schierate per restare nell'Unione Europea, ha improvvisato un'azione pirata contro Farage, accusandolo di non fare l'interesse dei pescatori inglesi. Farage, dal canto suo, ha controaccusato Geldof di prendere in giro le comunità di pescatori impoverite. Sullo sfondo, la minaccia del Cancelliere dello Scacchiere George Osborne, che ha affermato che un'eventuale uscita di Londra dal'Unione Europea porterebbe a un buco nero nelle finanze britanniche pari a 30 miliardi, che obbligherebbero il Governo conservatore a tagliare la spesa pubblica e ad alzare le tasse. Sullo sfondo, i sondaggi continuano ad assegnare un leggero vantaggio ai sostenitori della Brexit. Al Question Time di Westminster fronte comune obbligato per il premier Cameron, che ha lanciato un appassionato appello pro-europeo, affermando che gli immigrati dall'Unione vanno ringraziati, e avvisando che una Brexit sarebbe l'inizio di un decennio di incertezza. E per il leader laburista Corbyn, che ha definito "ipocriti" quei deputati Tory euroscettici, che hanno minacciato di votare contro i tagli al budget minacciati da Osborne.

10/6/2016

L'Europa mostra i muscoli, di fronte a una Gran Bretagna alle prese con uno dei dibattiti più infuocati della sua storia recente: come già trapelato da indiscrezioni di stampa, l'asse franco-tedesco starebbe preparando una punizione esemplare per Londra, qualora gli elettori votassero per lasciare l'Unione.

A dare voce a questa posizione ci ha pensato il Ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble: in caso di Brexit, il Regno Unito non avra' piu' accesso al mercato unico europeo, ha detto Schaeuble a DerSpiegel. Una Gran Bretagna nel mercato unico ma fuori dall'Unione Europea, spiega Schaeuble, "non funzionerebbe", in quanto "si chiederebbe ad un Paese di rispettare le regole di un club dal quale vuole ritirarsi". Schaeuble conclude rassicurando: "ci stiamo preparando a tutti gli scenari possibili per limitare i rischi". La posizione condivisa da Berlino e Parigi è togliere ogni voglia di possibile emulazione ad altri Paesi, rendendo chiaro che chi esce dal club lo fa in modo totale. Ma potrebbe rivelarsi un boomerang, qualora venisse percepita dagli elettori britannici come un'interferenza. O un ricatto. La cancelliera Merkel gioca al poliziotto buono - "dal mio punto di vista, il fatto che la Gran Bretagna rimanga nell'Unione e' la cosa migliore", mentre il Cancelliere dello Scacchiere Osborne coglie la palla al balzo: "da Berlino arriva un messaggio chiaro". Intanto oltre 430mila elettori in piu' si sono iscritti in extremis per votare al referendum del 23 giugno, grazie alla proroga di due giorni accordata dalla commissione elettorale britannica.

7/6/2016

Mentre i sondaggi segnano il sorpasso dei favorevoli alla Brexit, a poco più di due settimane dallo storico referendum che potrebbe segnare uno spartiacque per l'Europa, non si esauriscono gli appelli dalla comunità economica e finanziaria internazionale agli elettori britannici, affinché non facciano passi verso territori inesplorati.

L'ultima in ordine di tempo è stata la presidente della Federal Reserve americana, Janet Yellen, che parla di "significative ripercussioni", in caso di uscita di Londra dall'Unione Europea. L'incertezza sulla Brexit sarebbe una delle cause del probabile rinvio dell'aumento dei tassi di interesse Oltreoceano. Ieri la sterlina ha vissuto ore di forte deprezzamento, e i titoli di Stato dei Paesi periferici, come i nostri Btp, hanno registrato tensioni nello spread col Bund. Il tutto mentre Oltremanica il tema immigrazione sembra aver ribaltato ogni pronostico: più sondaggi danno i favorevoli all'uscita dall'Europa in leggero vantaggio. "Una bomba sotto la nostra economia'', ha definito l'ipotesi Brexit il premier britannico Cameron, aggiungendo che -in caso di uscita del Regno Unito dall'Unione- si scatenerebbe una recessione, verrebbero colpite le esportazioni e inizierebbe un ''decennio di incertezza''. A Cameron ha risposto l'amico-nemico Boris Johnson: uscire dall'Europa significherebbe risparmiare "il conto" che la Gran Bretagna paga a Bruxelles - destinato a salire a "2,4 miliardi di sterline", incalza.

6/6/2016

A poco più di due settimane dallo storico referendum sul futuro della Gran Bretagna in Europa, lo spostamento dei sondaggi nel campo di chi vuole lasciare l'Unione allarma i mercati.

La prima spia rossa si accende nello spread Bpt/Bund, che nelle ultime ore risale a quota 140 punti base, testando i massimi da meta' febbraio, per poi ridiscendere a 127. Male anche la sterlina, che ha vissuto ore di deprezzamento. Il referendum britannico non è l'unica scadenza elettorale che tiene incerti i mercati: anche il voto spagnolo del 26 giugno, con l'alleanza di sinistra capeggiata da Podemos data come secondo partito davanti ai socialisti, fa temere per la stabilità del prossimo esecutivo iberico. Tuttavia, la Brexit resta in primo piano nell'agenda. ''Una bomba sotto la nostra economia'', l'ha definita il premier britannico Cameron, aggiungendo che -in caso di uscita del Regno Unito dall'Unione- si scatenerebbe fin da subito una recessione, verrebbero colpite le esportazioni e inizierebbe un ''decennio di incertezza''. A Cameron ha risposto ancora una volta l'amico-nemico Boris Johnson: uscire dall'Europa significherebbe risparmiare "il conto" che la Gran Bretagna paga a Bruxelles - destinato a salire l'anno prossimo a "2,4 miliardi di sterline", incalza. Tuttavia, l'arma vincente dei separatisti appare il tema immigrazione: la minaccia di un'invasione di clandestini è stata decisiva per andare in testa nei sondaggi.

6/6/2016

Alla vigilia della presentazione -da parte della Commissione Europea- del Migration Compact, destinato nelle intenzioni a risolvere alla radice il dramma dei migranti cooperando coi Paesi di origine e transito, è ancora l'Austria a provocare.

Ancora una volta -più che l'estrema destra- è lo stesso Governo di Vienna a lanciare segnali controversi: l'ultima uscita in ordine di tempo è del Ministro degli Esteri, il popolare Sebastian Kurz, che -in un'intervista- ha proposto un mix di modello australiano e americano di inizio '900, per risolvere il problema: come l'Australia, Kurz propone di intercettare in mare le imbarcazioni dei migranti, e -come succedeva ad Ellis Island un secolo fa- internarli in isole dedicate, come Lesbo. O, in alternativa, rispedirli indietro. "Il salvataggio in mare non può diventare un biglietto verso la Mitteleuropa", ha tuonatoKurz. Dure le critiche dell'opposizione, mentre i socialdemocratici -partner di coalizione a Vienna- tacciono imbarazzati. Il tutto mentre domani Bruxelles presenterà una nuova comunicazione sulla crisi immigrazione, con l'obiettivo di farla approvare a fine mese dai 28 leader: il piano, che ricalca da vicino il Migration Compact proposto dall'Italia, suggerisce tra le altre cose la creazione di un fondo per i Paesi africani sul modello del piano Juncker - in grado di mobilitare investimenti e generare crescita e occupazione. Insieme al potenziamento dei centri europei per l'assistenza all'immigrazione.

5/6/2016

Entra definitivamente nel vivo, nella prima domenica di giugno, la campagna sul referendum Brexit, mentre i sondaggi cominciano a registrare il vantaggio dei separatisti dall'Unione Europea: i toni diventano incandescenti. Il sondaggio commissionato dal quotidiano Observer dà i favorevoli all'uscita dall'Europa al 43%, contro il 40% di chi vuole restare - la conferma di una clamorosa rimonta, consumatasi nelle ultime settimane.

Secondo il sondaggio, più che l'economia -tema dominante della prima parte della campagna- sarebbe l'immigrazione il tema in grado di spostare voti e consensi. L'ultimo a entrare in campo, per ridare fiato alla corrente pro-europea, è stato l'ex premier britannico conservatore John Major, che alla BBC ha denunciato la campagna elettorale del campo pro-Brexit, accusando i promotori del "Leave" di "ingannare" la popolazione britannica. "Il modo in cui vengono ingannati i britannici mi fa infuriare", ha detto Major, che -pur ammettendo la portata della crisi migratoria che sta colpendo l'Europa- ha denunciato la bugia degli 88 milioni di turchi pronti a invadere il Regno di Sua Maestà. Per far comprendere il livello della campagna basti citare le ultime dichiarazioni del leader antieuropeista Nigel Farage, dello UKIP: "la bomba atomica sarà sul modello Colonia", ha detto Farage, suggerendo -al Daily Telegraph- che potrebbero verificarsi aggressioni sessuali di massa contro le donne inglesi da parte dei migranti, qualora Londra non lasciasse l'Europa.

3/6/2016

Il "divieto totale" di attivita' tipiche della sharing economy, come ad esempio Uber o Airbnb "deve essere solo una misura estrema". I Paesi europei devono distinguere tra chi affitta la propria casa, o mette a disposizione l'auto occasionalmente per 'arrotondare', e chi invece lo fa a tempo pieno e per mestiere.

La Commissione Europea entra nell'era della sharing economy, con le linee guida sull'economia collaborativa, rese note ieri per armonizzare le decisioni degli Stati membri sulla regolamentazione delle piattaforme online che offrono servizi, dal car sharing ai pasti a domicilio, fino all'affitto di casa. Terra vergine, su cui ciascun Paese europeo ha fatto finora da sè: senza aggiungere nuove direttive, o reinterpretare quelle già esistenti in materia di servizi o e-commerce, Bruxelles chiede ai 28 Paesi maggiore uniformità. "Invitiamo a rivedere le regolamentazioni alla luce di queste linee guida", ha dichiarato la Commissaria Europea al mercato internoElzbieta Bienkowska, "e siamo pronti a sostenerli in questo processo". La Bienkowska si è spinta oltre, lanciando un messaggio chiaro: non si puo' imporre il divieto totale di questeattivita'" dell'economia collaborativa, "se la ragione e' proteggere i modelli di business esistenti". Vi e' "una legislazione europea esistente: se vengono rispettati i criteri fiscali, sociali e di protezione dei consumatori, non si puo' vietare queste attivita'", ha sottolineato. Per il vicepresidente della Commissione JyrkiKatainen, il ruolo di Bruxelles "e' incoraggiare un ambiente di regolamentazione che permetta a nuovi modelli di business di svilupparsi, proteggendo i consumatori e assicurando una tassazione e condizioni di occupazione eque". Per questo la Commissione suggerisce ai 28 di "stabilire soglie minime sotto cui un'attivita' economica possa essere considerata un'attivita' non professionale tra pari, senza dover rispettare gli stessi requisiti applicabili a un fornitore di servizi che opera su base professionale".

2/6/2016

E' crisi diplomatica tra Germania e Turchia, dopo l'approvazione a larghissima maggioranza -da parte del Bundestag- di una risoluzione che riapre una ferita storica, a tutt'oggi consideratataboo da Ankara. Quella del genocidio armeno.

"Un genocidio resta un genocidio, ed è un genocidio", ripete ossessivamente Dietmar Nietan, della Spd, poco prima che il Parlamento tedesco approvi la mozione che etichetta appunto come "genocidio" la strage compiuta tra il 1915 e il 1916 dall'allora Impero Ottomano, alleato tedesco nella Prima Guerra Mondiale. Ad essere deportati e uccisi furono tra gli 800mila e il milione e mezzo diarmeni. La mozione è stata presentata dalla Grande Coalizione cristiano- e socialdemocratica che governa a Berlino, insieme ai Verdi. "Si possono avere opinioni diverse su questioni specifiche, ma l'ampiezza delle nostre relazioni strategiche va ben al di là di esse": così la cancelliera tedesca Angela Merkel ha subito provato a gettare acqua sul fuoco, vedendo arrivare la bufera diplomatica. Nulla da fare: Ankara ha richiamato il proprio ambasciatore a Berlino, per consultazioni. Il premier turco Yildrim ha definito il voto "un errore storico", il Ministro della Giustizia Bozdag ha contrattaccato violando ogni regola diplomatica: "prima bruciate gli ebrei nei forni, poi vi alzate e puntate il dito contro il popolo turco, diffamandolo. Preoccupatevi della vostra storia", ha dichiarato. Ma il più adirato appare il presidente Erdogan - dal Kenya ha minacciato: "la mozione avrà serie conseguenze per le relazioni turco-tedesche".

2/6/2016

"Genocidio": la Germania apre un fronte diplomatico con la Turchia, su una delle materie più sensibili per Ankara. Quella del massacro degli armeni.

"Un genocidio resta un genocidio, ed è un genocidio", ripete ossessivamente Dietmar Nietan, della Spd, al Bundestag, poco prima che il Parlamento tedesco approvi a larghissima maggioranza la mozione che etichetta come "genocidio" la strage compiuta tra il 1915 e il 1916 dall'allora Impero Ottomano, alleato tedesco nella Prima Guerra Mondiale. Ad essere deportati e uccisi furono tra gli 800mila e il milione e mezzo di armeni. La mozione è stata presentata dalla Grande Coalizione cristiano- e socialdemocratica che governa a Berlino, insieme ai Verdi. "Si possono avere opinioni diverse su questioni specifiche, ma l'ampiezza delle nostre relazioni strategiche va molto al di là di esse": così la cancelliera tedesca Angela Merkel ha provato a gettare acqua sul fuoco delle inevitabili tensioni diplomatiche con la Turchia, immediatamente esplose: Ankara ha richiamato il proprio ambasciatore a Berlino, per consultazioni. Il premier Binali Yildrimha denunciato la lobby razzista armena, quale ispiratrice della mozione. Ma il più adirato appare il presidente Erdogan - dal Kenya ha minacciato: "la mozione avrà serie conseguenze per le relazioni turco-tedesche". Tempi duri sull'asse Ankara-Berlino, con inevitabili conseguenze sulla crisi migranti, dopo che proprio la Germania era stata ampiamente criticata nelle ultime settimane per un atteggiamento considerato troppo accomodante e accondiscendente verso la Turchia.

27/5/2016

Tra i 150mila e i 300mila manifestanti nelle strade in tutto il Paese, a seconda delle fonti - prefetture o sindacati, 77 fermati, quindici feriti tra le forze dell'ordine.

La mobilitazione contro il progetto di legge sulla riforma del mercato del lavoro francese prosegue, in un braccio di ferro tra sindacati e Governo socialista che lascia intravedere pochi spiragli di intesa: manifestazioni si sono svolte in tutte le principali città transalpine ieri, con episodi di violenza di strada e veri e propri scontri a Place de la Nation, capolinea dei cortei di protesta a Parigi, dove al lancio di pietre i poliziotti hanno risposto con i lacrimogeni, prima che i disordini degenerassero in un corpo a corpo con i manifestanti più facinorosi. Intanto il Paese comincia ad avere seri problemi di rifornimento carburante, e pure l'industria turistica lancia segnali d'allarme. Il premier francese Manuel Valls, pur precisando che il ritiro della riforma del lavoro "non e' possibile", ha aperto: "possiamo sempre apportare modifiche e miglioramenti". Il Governo non intende però perdere la faccia, snaturando i punti-chiave di una riforma già molto annacquata. In particolare il contestatissimo articolo 2, che prevede la preminenza degli accordi aziendali su quelli di categoria, sulla gestione del tempo di lavoro.

26/5/2016

Migliaia di persone in piazza, scontri a Parigi: la Francia torna a protestare massicciamente contro la riforma del mercato del lavoro. Epicentro della protesta è stata la capitale, dove le manifestazioni si sono concentrate a Place de la Nation.

La guerra è anche di cifre: i sindacati annunciano 100mila persone in piazza nella sola Parigi, mentre la prefettura non li considera superiori ai 20mila. A metà pomeriggio il momento di maggior tensione, quando i poliziotti hanno risposto con i gas lacrimogeni al lancio di oggetti e pietre da parte dei manifestanti, proprio a Place de la Nation. In realtà lo sciopero ha nei fatti paralizzato l'intero Paese, con manifestazioni in tutte le principali città, e disagi ovunque. Dieci delle 19 centrali nucleari francesi -proprio a causa dello sciopero- hanno registrato un calo della produzione di energia elettrica, pari nel complesso a 5000 megawatt, secondo dati diffusi dal sindacato. Anche l'industria turistica sta subendo pesanti contraccolpi. Il premier francese Manuel Valls, pur precisando che il ritiro della riforma del lavoro "non e' possibile", ha aperto ai manifestanti: "possiamo sempre apportare delle modifiche, dei miglioramenti". E ha attaccato: "non si può bloccare un Paese in questo modo".

24/5/2016

E' metà pomeriggio, quando il Ministro dell'Interno austriaco Wolfgang Sobotka fa tirare un enorme sospiro di sollievo all'Europa: la destra populista e nazionalista Fpoe non sfonda, nonostante il massiccio appoggio dell'Austria rurale e della provincia.

Per poco più di 30mila voti il verde Alexander Van derBellen viene eletto a nuovo presidente austriaco, sconfiggendo sul filo di lana -e grazie ai voti per corrispondenza, vitali nel ribaltare lo scrutinio ai seggi- il candidato Fpoe Norbert Hofer. "Questo risultato rappresenta una responsabilità per me", dice VanDer Bellen. Che lancia un messaggio di unità nazionale: "le due metà dell'Austria emerse dal voto appartengono entrambe al Paese. Una metà è importante tanto quanto l'altra", dice il neopresidente, eletto con appena il 50,3% dei voti, che ora intende occuparsi dei bisogni e necessità della gente, lasciando il palco mediatico. Senza eccessivo fair play, lo sconfitto Hofer affida a Facebook la propria tristezza e il messaggio agli elettori: "questo è un investimento per il futuro, mi sarei occupato volentieri di voi come presidente di questo meraviglioso Paese". Il leader Fpoe Strache lo definisce vincitore ex-aequo. A Bruxelles e nelle altre capitali europee si respira, di fronte a questo esito, tutt'altro che scontato. Socialisti europei, Governo francese e presidenza tedesca si congratulano subito per l'elezione del candidato europeista. Ma un dato è incontrovertibile: la destra populista è in crescita in Europa. E forse questo è stato l'ultimo -estremo- segnale di allarme. Di cui Bruxelles dovrà tenere conto.

23/5/2016

Un Paese spaccato esattamente a metà. Con le città capoluogo diLand che fanno da barriera contro l'onda della destra estrema, che sfonda invece nell'Austria rurale, conquistando così tutti i Laender, ad eccezione di Vienna e del Voralberg.

Anche per questo il candidato della Fpoe Norbert Hofer, nella sua prima dichiarazione ieri sera, ha parlato della necessità -per il vincitore finale di questo ballottaggio- di riunificare il Paese. Hoferha vinto, col 51,9%, gli scrutini ai seggi, sopravanzando di un soffio il verde Alexander van der Bellen, attorno al quale si sono coagulati i consensi di tutto l'arco politico moderato e tradizionale. Ma i 700mila voti postali ancora da scrutinare, circa il 14% degli elettori, potrebbe ribaltare l'esito finale: i sondaggi lasciano infatti intravedere una preferenza per van der Bellen, tra chi ha scelto di votare per corrispondenza. E il margine di vantaggio di Hofer -solo 144mila voti in più- è davvero risicato. Il candidato dei Verdi per intanto -in attesa del risultato- professa rispetto verso il suo avversario. Comunque vada a finire, per la destra nazionalista della Fpoe quello di ieri rappresenta un risultato straordinario, che la sdogana definitivamente come forza politica di primo piano nel panorama politico nazionale ed europeo. Anche per questo, al di là del ruolo cerimoniale del presidente federale, il debordante risultato della Fpoe ha già fatto scattare l'allarme rosso a Bruxelles. Che ora teme l'arrivo al potere nel prossimo futuro -e anche al di quale dell'ex-cortina di ferro- delle forze antieuropee e populiste.

18/5/2016

L'Italia strappa il massimo della flessibilità possibile per il 2016, ma dovrà centrare gli obiettivi previsti dal patto di stabilità il prossimo anno: per intanto potrà godere di un bonus -nei fatti- da 14 miliardi.

E' questo l'orientamento che la Commissione Europea intende adottare oggi, quando -salvo imprevisti- Bruxelles darà le pagelle alle finanziarie dei Paesi membri. Nella lettera a firma Dombrovskis-Moscovici, i due Commissari titolari del portafoglio economico, la Commissione ammette che lo 0,85% di flessibilità che intende concedere a Roma costituisce un'offerta mai fatta prima ad alcun Paese: mezzo punto per le riforme strutturali, un quarto di punto per gli investimenti, e un decimo complessivo, assommando spese per migranti e sicurezza. Per l'appunto - 14 miliardi. In cambio però si chiede il rispetto rigoroso del sentiero di rientro nei parametri di budget per il 2017: ballano ancora circa due decimali, nel previsto scostamento del percorso italiano di risanamento, per centrare l'obiettivo di un deficit all'1,8% del Pil. Tre miliardi, che andranno coperti il prossimo anno: anche per questo Bruxelles chiede di mantenere attiva la clausola di salvaguardia per l'Iva. E mentre si sentono già i primi malumori -tra i Paesi del Nord Europa- per questo ulteriore strappo alla regola del rigore, la Commissione potrebbe usare il pugno duro contro Spagna e Portogallo, colpevoli di aver sforato ancora una volta il tetto del 3% nel rapporto deficit/pil. Madrid e Lisbona rischiano di diventare i primi Paesi sanzionati, per non aver rispettato il patto.

17/5/2016

Concessione di tutta la flessibilità richiesta nel 2016, in cambio del risanamento del gap evidenziato dalla Commissione Europea sul 2017. Bruxelles si prepara a garantire una flessibilità mai offerta prima, per ammissione della stessa Commissione, nella lettera a doppia firma Moscovici-Dombrovskis inviata al Ministero dell'Economia.

Roma otterrà dunque mezzo punto per le riforme strutturali, un quarto di punto per gli investimenti, e un decimo complessivo, assommando spese per migranti e sicurezza: un bonus da ben 14 miliardi. Come previsto, l'esecutivo comunitario ha scelto di non andare allo scontro con l'Italia, nonostante i venti di guerra che hanno segnato l'avvio di quest'anno: in cambio, però, chiede che Roma si impegni a mantenere il rapporto deficit/Pil nel 2017 all'1,8%, correggendo quindi di un decimale la rotta. In soldoni, circa tre miliardi, risultato di uno scostamento previsto pari a circa due decimali, rispetto all'obiettivo. Anche per questo Bruxelles chiede il mantenimento della clausola di salvaguardia sull'Iva, nel caso l'Italia non riesca a centrare gli obiettivi del Patto il prossimo anno. La frase "per poter garantire l'ulteriore flessibilità richiesta nel 2016, occorre un chiaro e credibile impegno da parte dell'Italia sul rispetto dei requisiti del patto di stabilità nel 2017" riassume il senso dell'ormai quasi certo giudizio di Bruxelles. Che potrebbe invece usare il pugno duro contro Spagna e Portogallo, colpevoli di aver sforato ancora una volta il tetto del 3% nel rapporto deficit/pil. Madrid e Lisbona rischiano di diventare i primi Paesi sanzionati, per non aver rispettato il patto.

14/5/2016

Nel giorno in cui un rapporto della Commissione Parlamentare della Camera dei Lord britannica definisce "un fallimento" l'operazione europea Sophia, di contrasto all'immigrazione illegale nel Mediterraneo, l'Alto Rappresentante Federica Mogherini annuncia in umportante passo in avanti di una missione finora rimasta a metà: le unità navali comunitarie potranno infatti -a breve- entrare nelle acque territoriali libiche, su richiesta delle autorità locali, con due compiti.

Addestrare la Guardia Costiera, e garantire il rispetto dell'embargo Onu sul traffico di armi. Fonti comunitarie hanno precisato che non si tratta del passaggio all'attesa fase 2B dell'operazione, che prevede un'opera di contrasto ai trafficanti di uomini all'interno delle acque libiche, ma -nei fatti- costituisce un primo passo in quella direzione. Per l'operatività, serve solo il via libera dei Ministri degli Esteri. Nel frattempo, al comando di Eunavformed è stato chiesto di prepararsi, avviando una pianificazione urgente dei nuovi compiti assegnati. I riflettori si spostano a questo punto sul vertice internazionale in programma lunedì a Vienna, per le azioni di sostegno al processo di stabilizzazione politica a Tripoli. Il tutto mentre da Londra piovono accuse su Eunavformed: il traffico di esseri umani nel Mediterraneo non è diminuito, e la distruzione dei barconi di legno ha indotto i trafficanti a usare i gommoni, ancora più pericolosi.

13/5/2016

Nuovo -significativo- passo del progetto Eunavformed, operativo da quasi un anno nel Mediterraneo Centrale, per contrastare l'immigrazione illegale: secondo quanto annunciato dall'Alto Rappresentante europeo Federica Mogherini, le unità navali comunitarie si preparano a varcare il confine delle acque libiche, su richiesta delle autorità locali, sia per condurre attività di addestramento della Guardia Costiera, sia per garantire il rispetto dell'embargo Onu sulle armi.

Tecnicamente, si sono subito affrettate a precisare fonti comunitarie, questa mossa non costituisce l'avvio della cosiddetta "fase 2B" dell'operazione Sophia, che prevede operazioni in acque libiche per la caccia e la lotta contro i trafficanti di essere umani, ma nei fatti costituisce un ulteriore passo in quella direzione. La nuova fase dell'operazione, che nel frattempo è stata estesa di un anno, dovrà ricevere il via libera dei Ministri degli Esteri, il 23 maggio. Al comando di EunavforMed è stato chiesto di prepararsi, avviando una pianificazione urgente in vista dei nuovi compiti assegnati. "Uno sviluppo molto positivo, alla luce delle necessità evidenziate dalla situazione in Libia", ha commentato la Mogherini, che ne discuterà lunedì col premier libico. La notizia arriva nel giorno in cui una commissione parlamentare della camera dei Lord britannica ha definito "un fallimento" l'operazione Sophia: il traffico di essere umani non è diminuito, e la distruzione dei barconi di legno ha indotto i trafficanti a usare gommoni, ancora più pericolosi, afferma il rapporto.

11/5/2016

Un diplomatico di lungo corso, per sostituire il manager prestato prima alla politica e poi alla diplomazia: l’acrobazia del premier Renzi si compie nel bel mezzo di un periodo di crisi profonda dell’Europa, lanciando segnali di discontinuità non esattamente compresi o graditi a Bruxelles.

La nomina di Carlo Calenda a rappresentante presso l’Unione Europea sorprese tutti, a inizio anno: se si sapeva che il destino di Stefano Sannino, suo predecessore, era segnato, in quanto ritenuto troppo dialogante con la Commissione Europea, nessuno si aspettava uno strappo del genere, con la nomina di un ambasciatore senza i gradi del diplomatico - scuola Farnesina. Le proteste delle feluche non fermarono Renzi, che tirò dritto e mandò Calenda a Bruxelles al culmine della crisi con Juncker, quando su conti pubblici e flessibilità volavano gli stracci. Preceduto dai rulli dei tamburi di guerra Calenda non battè i pugni sul tavolo, come voleva Renzi, ma il suo approccio pragmatico ha sicuramente contribuito a rasserenare il clima tra Roma e Bruxelles. Tanto che l’Italia tra una settimana non sarà bocciata sul Def, ottenendo molto probabilmente quasi tutta la flessibilità richiesta. Il problema ora è che la sostituzione di Calenda -forse anche consenziente- non fa che ribadire il clichè di un’Italia dove le certezze sono sempre un optional: riportare a casa a inizio maggio un ambasciatore che ha preso servizio a metà marzo, dopo averlo etichettato come pietra angolare di un nuovo corso, non giova alla nostra credibilità in Europa. La sorpresa è stata generale, anche tra gli eurodeputati a Strasburgo. Ora tocca a Maurizio Massari, che alle spalle ha un curriculum di tutto rispetto, e la cui nomina rasserena ii rapporti tra Palazzo Chigi e la Farnesina. Due soli problemi: nel suo passato diplomatico l’Unione Europea appare solo vent’anni fa, quando partecipò al negoziato sulla revisione del Trattato di Maastricht. Soprattutto dovrà imparare -o aggiornarsi- in fretta: le mille crisi in Europa, e i numerosi dossier ancora aperti tra Roma e Bruxelles, impongono azioni rapide e decise.

9/5/2016

E' stata una vera e propria bomba politica, quella esplosa a Vienna, già scossa alle fondamenta dalla apparentemente irrefrenabile ascesa dell'estrema destra della Fpoe - vincitrice del primo turno alle ultime elezioni presidenziali.

Il cancelliere socialdemocratico Werner Faymann si è dimesso, sia dalla carica di premier, sia da leader del suo partito, la Spoe, sprofondata nei consensi insieme ai suoi partner nella grande coalizione che governa l'Austria, i democristiani della Oevp. "Dico grazie con profonda convinzione, ma questo Paese ha bisogno di un cancelliere che abbia il sostegno dell'intero partito. E di un Governo che riparta con forza. Chi non gode di tali appoggi, non può governare", ha affermato Faymann, lasciando intravedere le profonde crepe e fratture apertesi all'interno della Spoe. Alcune di queste riguardano il rapporto da tenere con l'estrema destra, finora isolata ed emarginata politicamente: una parte dei socialdemocratici spinge per togliere questo taboo, almeno nelle amministrazioni locali, aprendo a un qualche tipo di dialogo. In attesa di risolvere la crisi politica sara' il vice-cancelliere del partito popolare, Reinhold Mitterlehner, ad assumere l'interim alla guida del Governo, mentre il sindaco di Vienna Michael Häupl dovrebbe diventare leader provvisorio del partito. Tra i papabili al ruolo di nuovo cancelliere c'è Christian Kern, presidente delle ferrovie austriache. Ancora da misurare le ripercussioni nei rapporti con l'Italia, in particolare sul delicato dossier Brennero, di questo terremoto politico a Vienna.

9/5/2016

"L'ipotesi di un muro al Brennero è un "tentativo di propaganda strumentale e squallido da campagna elettorale, tant'e' che cambiano posizione" di volta in volta, in maniera strumentale. Il problema e' che in Europa si gioca sulla paura dell'altro e si tirano su muri.

Il muro al Brennero non si farà, perche' e' contro le regole europee, contro la storia, contro il futuro": il premier Matteo Renzi lancia un duro affondo contro l'Austria, nel pieno delle tensioni sui controlli al valico, mentre il Ministro dell'Interno Alfano annuncia una sua prossima visita al confine: "andro' al Brennero a ribadire che l'Italia fa la propria parte, e l'Austria fara' la sua". La conclusione coincide con le parole di Renzi: nessun muro al Brennero. Intanto la campagna per le presidenziali austriache è entrata ieri sera nel vivo, col dibattito tra i due candidati al ballottaggio, Norbert Hofer dell'estrema destra Fpoe, e Alexander Van Der Bellen dei Verdi. Hofer, che avete ascoltato, ha duramente attaccato la politica della sinistra, di Benvenuto ai Rifugiati: "le donne vengono violentate e picchiate, mentre voi aprite i confini", ha attaccato Hofer, che ha nei fatti equiparato l'immigrazione alla criminalità. "In Austria non ce la facciamo ad accoglierli tutti", ha poi aggiunto, per poi relegare a questione di politica italiana un possibile referendum per la riunificazione del Tirolo all'Austria, ventilata dal capo del suo partito, Strache. Oggi giorno decisivo per le sorti del cancelliere socialdemocratico Werner Faymann, che si gioca la permanenza alla guida del partito, dopo gli ultimi disastrosi risultati elettorali.

8/5/2016

Il giorno dopo gli scontri al Brennero il Ministro dell'Interno Angelino Alfano promette punizioni severe, per quelli che definisce "teppisti", e annuncia una sua prossima visita al confine con l'Austria: "andro' al Brennero a ribadire quello che con il primo ministro austriaco abbiamo concordato, e cioe' che l'Italia fa la propria parte, l'Austria fara' la sua - E alla fine non costruiremo nessun muro".

Oltreconfine, intanto, la situazione politica è in ebollizione: mentre il presidente uscente austriaco Fischer si trova in visita a Roma dall'omologo Mattarella, i due sfidanti al ballottaggio delle presidenziali del 22 maggio -Norbert Hofer dell'estrema destra, e Alexander Van der Bellen dei Verdi- si sfidano in serata in un primo dibattito televisivo. Le prossime ore saranno decisive anche per la permanenza in carica del cancelliere Werner Faymann, dopo gli ultimi disastrosi risultati elettorali: in una riunione di presidenza i socialdemocratici decideranno se cambiare guida, per frenare l'ascesa dell'estrema destra

8/5/2016

Le peggiori attese diventano realtà in un pomeriggio di ordinaria follia al Brennero, dove i circoli anarchici trentini e i black bloc giunti da altre regioni italiane e da Germania, Austria e Spagna, uniscono le forze, dando vita a violenti scontri con la polizia.

I dimostranti si danno appuntamento nei pressi della stazione ferroviaria, simbolo di un confine che l'Austria ha ripetutamente minacciato di sigillare. Dopo un avvio di corteo teso, con tentativi di aggressione ai giornalisti che riprendevano i manifestanti, la violenza esplode intorno alle 16, quando un troncone del corteo attacca le forze dell'ordine, schierate dietro le transenne a protezione della stazione. E' il caos: ai bengala e ai sassi i poliziotti rispondono con i lacrimogeni. La scena cambia nel giro di pochi minuti, coi manifestanti che arretrano in territorio italiano, occupando una parte della linea ferroviaria e bloccando l'autostrada. Solo nel tardo pomeriggio la situazione torna alla normalità, lasciandosi dietro ingenti danni, 18 feriti tra le forze dell'ordine, due tra i manifestanti, nove fermati e cinque arrestati -tutti italiani. Sul fronte politico, intanto, rassicurazioni sono giunte ieri dal Ministro dell'Interno austriaco Sobotka, in visita a Merano: al Brennero non ci sarà alcun muro, il confine non sarà chiuso. Sobotka non evita una frecciata all'Italia: "se Roma farà i suoi compiti forse non ci sarà neppure bisogno dei controlli". "Dichiarazioni che confermano quanto concordato", replica l'omologo italiano Alfano.

7/5/2016

Crescita e immigrazione: il premier Matteo Renzi riepiloga due anni di battaglie in Europa, nel discorso sullo Stato dell'Unione che chiude la due giorni di visite e incontri ad alto livello che hanno reso l'Italia capitale virtuale dell'Unione. Il tema immigrazione, considerata l'attualità, si impone: Renzi parte dai muri che si stanno alzando in Europa.

"Non c'e' alcuna invasione se 38mila persone arrivano in poco piu' di quattro mesi", dice Renzi, che invita a investire di più sull'Africa - il Continente Nero promette tassi di crescita superiori all'Estremo Oriente. Renzi non può non citare il Migration Compact proposto da Roma: "l'Europa mette una pezze, non strategie di lungo periodo. Con ilMigration Compact, proponiamo una lettura sul lungo periodo". Poche ore prima a Roma il presidente della Commissione Juncker aveva ribadito il suo appoggio, definendo il piano in linea con l'agenda di Bruxelles. Renzi lancia per il 2016 una terza sfida - quella della cultura. Prima però si sofferma sull'attualità. Chiaro il riferimento all'ultima crisi tra Bruxelles ed Ankara, con il presidente turco Erdogan che incalza- "Bruxelles chiede alla Turchia di cambiare le sue leggi anti-terrorismo per ottenere l'esenzione dai visti. Noi andiamo per la nostra strada, voi per la vostra". Un altro duro colpo all'intesa euroturca sui migranti, dopo le dimissioni del premierDavutoglu.

4/5/2016

E' un'Europa dalla crescita modesta e diseguale, dove l'uscita dalla Grande Crisi fa capolino in mezzo a rischi elevati, quella che la Commissione Europea fotografa nelle previsioni di primavera: il Pil dell'Eurozona dovrebbe crescere dell'1,6% quest'anno e dell'1,8% il prossimo - previsione in calo rispetto a tre mesi fa.

Una fotografia che si riflette sulla giornata di borsa continentale, che fa segnare rosso ovunque. Il Ftse Mib perde il 2,46% - peggiore in Europa insieme a Madrid, accomunata a Milano dalle perdite nel settore bancario, unite a previsioni europee che considerano impossibile il raggiungimento dell'obiettivo deficit prima del 2018. Giù -come detto- pure gli altri listini europei, sull'onda dei rinnovati timori relativi alla crescita mondiale: nelle sue previsioni, Bruxelles cita l'incertezza legata all'economia cinese e i rischi connessi ad una possibile uscita della Gran Bretagna dall'Unione. A questo si sono aggiunti in giornata i dati economici sulla contrazione del settore manifatturiero a Pechino, e il taglio dei tassi di interesse da parte della banca centrale australiana. Tornando all'Europa, preoccupa il settore bancario, con le trimestrali deludenti di Commerzbank, arrivata a perdere quasi il 10% sul Dax, e di Ubs, giù dell'8 a Zurigo. I bancari sono stati una zavorra pesante anche a Piazza Affari, dove l'unica buona notizia è arrivata dall'esordio di Technogym. Euro sempre forte sul dollaro - un problema in più per le esportazioni.

3/5/2016

Le previsioni della Commissione Europea, che intravede una crescita modesta in Italia e nell'Eurozona, prevedendo un incremento del Pil nella zona Euro di solo l'1,6% quest'anno e dell'1,8% il prossimo - in calo rispetto alle stime precedenti, non aiutano una giornata di borsa che fa segnare rosso ovunque nel Vecchio Continente.

Piazza Affari chiude a -2,5%, peggiore insieme a Madrid - la Spagna è accomunata all'Italia dal calo dei titoli bancari e da previsioni europee che considerano impossibile il raggiungimento dell'obiettivo deficit prima del 2018. Giù -come detto- anche gli altri listini europei, sull'onda dei rinnovati timori relativi alla crescita mondiale: prima l'analisi di Bruxelles, che cita l'incertezza legata all'economia cinese e ai rischi legati ad una possibile uscita della Gran Bretagna dall'Unione, poi gli stessi dati economici sulla contrazione del settore manifatturiero a Pechino, uniti al taglio dei tassi di interesse da parte della banca centrale australiana, hanno contribuito a porre seri interrogativi sullo stato di salute dell'economia globale. Tornando all'Europa, preoccupa il settore bancario, con le trimestrali deludenti di Commerzbank, arrivata a perdere quasi il 10% sul Dax, e di Ubs, giù dell'8 a Zurigo. I bancari sono stati una zavorra pesante a Piazza Affari, dove l'unica buona notizia è arrivata dall'esordio di Technogym, che guadagna oltre l'11%. Euro sempre in crescita sul dollaro, con la moneta unica che in giornata arriva a toccare quota 1,16 nel cambio.

3/5/2016

Il giorno dopo le indiscrezioni, svelate da Greenpeace, sull'andamento dei negoziati sul trattato di libero scambio transatlantico, o Ttip, il presidente francese FrancoisHollande -ormai già in campagna elettorale per le presidenziali 2017- mette un potente freno alle trattative in corso tra Europa e Stati Uniti.

"Al punto in cui sono" i negoziati, "la Francia dice no", ha affermato Hollande, aggiungendo: "non siamo per il libero scambio senza regole". E -con un chiaro messaggio rivolto all'opinione pubblica- ha aggiunto: "non accetteremo mai che siano messi in discussione principi essenziali per la nostra agricoltura, la nostra cultura, per la reciprocita' dell'accesso ai mercati pubblici. Abbiamo posto dei principi nel quadro dei negoziati commerciali internazionali, come le norme sanitarie, alimentari, sociali, culturali, ambientali. Ecco perche', al punto in cui siamo, la Francia dice no". Così Hollande ad un convegno della sinistra francese, toccando una corda molto vicina alla sensibilità politica della gauche. La presa di posizione francese, in netto contrasto a quella tedesca e americana, che vorrebbero chiudere il Ttip entro fine anno, potrebbe portare ad una sospensione dei negoziati, così come ipotizzato dal Ministro del Commercio francese Mathias Fekl. Già lo scorso mese Parigi aveva minacciato di bloccare i negoziati, qualora non si raggiungessero progressi significativi entro settembre.

3/5/2016

Previste oggi le nuove previsioni economiche della Commissione Europea, che non si dovrebbero discostare molto -per l'Italia- da quelle contenute nel Def. Le previsioni faranno da battistrada ai giudizi sulle leggi di stabilità, che la Commissione diramerà a metà mese. "La flessibilita' aiuta a generare i giusti incentivi per realizzare buone politiche", ha detto ieri il Ministro dell'Economia, parlando ieri a Bruxelles. Intanto sono ore importanti anche sull'altro fronte di crisi in Europa. Quello dei migranti. Ieri la Danimarca ha deciso l'estensione per un altro mese dei controlli al confine con la Germania.

Estensione dei controlli ai confini interni fino ad un massimo di sei mesi, sanzioni salate per i Paesi che non accetteranno il ricollocamento dei profughi, e via libera alla liberalizzazione dei visti con la Turchia. La Commissione Europea si prepara -domani- ad un maxipacchetto di proposte che avranno un diretto impatto su Schengen: secondo le anticipazioni filtrate, Bruxelles darà luce verde all'estensione dei controlli alle frontiere interne per Germania, Austria, Svezia, Norvegia e Danimarca, anche se limitata a specifici tratti di confine. In particolare quelli riconducibili alla rotta balcanica. Per l'Austria, si tratta della frontiera con Ungheria e Slovenia. Se si aprissero però nuovi flussi, ad esempio verso l'Italia, allora Vienna potrebbe avviare nuovi controlli, per un periodo fino ad otto mesi. Domani Bruxelles presenterà anche una proposta concreta di revisione del regolamento di Dublino, che conferma l'onere della registrazione dei rifugiati nel primo Paese di approdo - ma introduce a livello legislativo il già sperimentato sistema di ricollocazione interna, in caso di forti ondate migratorie. A differenza di oggi, i Paesi che si rifiuteranno di partecipare dovrebbero pagare 250mila euro per ogni migrante respinto. Punto, quest'ultimo, che incontrerà forti resistenze tra i Paesi dell'Est. Infine la Commissione dovrebbe dare anche il via libera all'eliminazione dell'obbligo di visto per i cittadini turchi che entrano in Europa, a patto che Ankara ottemperi -nei prossimi giorni- alle ultime condizioni ancora sul tavolo. Pure questa proposta sarà soggetta a critiche: i leader europei dovranno confermarla a giugno.

2/5/2016

Esplode il caso Ttip, il trattato di libero scambio commerciale transatlantico, su cui Europa e Stati Uniti lavorano intensamente per arrivare ad un accordo entro la fine della presidenza Obama.

A far trapelare alcuni documenti riservati, redatti nelle trattative segrete che Washington e Bruxelles stanno conducendo -l'ultimo round si è tenuto alla fine di aprile- è stata l'organizzazione ambientalista Greenpeace, che ha pubblicato 248 pagine contenenti 13 capitoli negoziali. Secondo Greenpeace, che si oppone al Ttip, la bozza di intesa abbasserebbe gli standard ambientali e di sicurezza alimentare in Europa: Washington starebbe esercitando forti pressioni per rimpiazzare l'attuale "principio precauzionale", che impedisce la commercializzazione di prodotti potenzialmente pericolosi per la salute, con un approccio meno stringente. E starebbe anche cercando di abbattere le barriere esistenti sugli Ogm. Greenpeace accusa: il trattato rischia di portare le grandi multinazionali al centro della legislazione comunitaria, a scapito di salute e ambiente. Da Bruxelles e Washington è stato immediato il fuoco di sbarramento: "l'allarme odierno mi sembra una tempesta in un bicchiere d'acqua, ci sono troppi malintesi", ha replicato la Commissione Europea. Per il capo-negoziatore comunitario, Garcia-Bercero, alcuni punti sottolineati da Greenpeace sono palesemente sbagliati. Anche la controparte americana parla di indiscrezioni fuorvianti.

29/4/2016

Si avvicina l'accordo sulla prima revisione del terzo programma di aiuti alla Grecia. Si terrà infatti il 9 maggio l'Eurogruppo straordinario, che dovrà esaminare e discutere le riforme richieste dal salvataggio, insieme al cosiddetto "piano di contingenza", del quale fanno parte gli aggiustamenti richiesti in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi di bilancio.

"Continuiamo a credere che ci siano tutte le condizioni per trovare un accordo presto sulla Grecia". Cosi' la portavoce del Commissario agli Affari Economici Pierre Moscovici, ribadendo che finora "sono stati fatti progressi significativi". Proprio Moscovici aveva contribuito a rasserenare il quadro nelle ore precedenti, dopo giorni di forti tensioni, affermando che ad Atene "c'e' una situazione molto diversa da quella dell'anno scorso, il 90% delle cose sono fatte, non creiamo un'atmosfera di crisi quando abbiamo una qualita' piu' che mai positiva". Sul pacchetto di riforme necessarie per completare la prima revisione "il 99% del lavoro e' fatto", aveva sottolineatoMoscovici, aggiungendo come il vero nodo del contendere sia ora l'intesa sul "meccanismo di contingenza", che scatterebbe nel caso il target del 3,5% di avanzo strutturale 2018 fosse a rischio. "Abbiamo alcune proposte sul tavolo, ma resta del lavoro da fare" - aveva chiosato Moscovici. Decisiva a questo punto la prossima settimana negoziale, per evitare un'altra estate di passione greca.

29/4/2016

E' un quadro in chiaroscuro sui nostri conti, quello fornito ieri dal vicepresidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis, ieri a Roma per una girandola di incontri istituzionali, in vista del giudizio di Bruxelles sul nostro Def, il prossimo mese.

L'Italia deve proseguire con politiche ambiziose e rispettare l'agenda di riforme - su tutte fisco e spending review. "Lo sforzo del Governo deve proseguire". Il vicepresidente della Commissione Dombrovskis, in visita a Roma alla vigilia di un mese cruciale sul fronte dei conti pubblici, non scioglie la riserva sul giudizio che Bruxelles darà a metà maggio sul Def, ma fornisce importanti indicazioni. In primis sul deficit: la Commissione vede"progressi", ma nutre anche "preoccupazioni" sui conti. "Il deficit è in una traiettoria di calo. Ma ci sono "deviazioni" sia sul percorso di riduzione del disavanzo strutturale, sia sulla regola del debito. Anche perchè, ricorda, "l'Italia e' il secondo Paese in Europa per peso del debito". E lancia una frecciata: "gli obiettivi inseriti nel Def sono meno ambiziosi di quelli di un anno fa". Dombrovskis tocca il controverso tema della flessibilità, ribadendo quanto già detto a Radio 24: "quest'anno l'Italia avra' un limite dello 0,75% del Pil, questo sara' il tetto". E aggiunge: Bruxelles valutera' le spese aggiuntive che Roma sta affrontando per far fronte all'emergenza rifugiati. Più in generale, Dombrovskis definisce la ripresa in Italia come "piuttosto sommessa". Infine, da' il benvenuto ai progressi in corso nelle riforme del sistema bancario italiano.

28/4/2016

Progressi, ma anche preoccupazioni sui conti pubblici italiani: così il vicepresidente della Commissione responsabile per l'Euro, Valdis Dombropvskis, a Roma per incontrare il Ministro dell'Economia Padoan, il Governatore di Bankitalia Visco e per un'audizione al Senato.

"L'Europa accoglie le riforme dell'Italia come un fatto importante, ma e' anche importante che l'Italia continui con politiche ambiziose e rispetti l'agenda. Lo sforzo del Governo deve proseguire". Il vicepresidente della Commissione Dombrovskis, in visita a Roma alla vigilia di un mese cruciale sul fronte dei conti pubblici, non scioglie la riserva sul giudizio che Bruxelles darà a metà maggio sul Def, ma fornisce importanti indicazioni. In primis sul deficit: la Commissione vede"progressi", ma nutre anche "preoccupazioni" sui conti. "Il deficit è in una traiettoria di calo. Ma ci sono "deviazioni" sia sul percorso di riduzione del disavanzo strutturale, sia sulla regola del debito. Anche perchè, ricorda, "l'Italia e' il secondo Paese in Europa per peso del debito". E lancia una frecciata: "gli obiettivi inseriti nel Def sono meno ambiziosi di quelli di un anno fa". Dombrovskis tocca il controverso tema della flessibilità, ribadendo quanto detto una settimana fa a Radio 24: "quest'anno l'Italia avra' un limite dello 0,75% del Pil, questo sara' il tetto". E aggiunge: Bruxelles valutera' le spese aggiuntive che Roma sta affrontando per far fronte all'emergenza rifugiati. L'orientamento è quello di una valutazione "ex-post, guardando alle spese effettive sostenute". Più in generale, Dombrovskis definisce la ripresa in Italia come "piuttosto sommessa". Infine -nonostante la sua fama di falco del rigore- spezza una lancia: "Roma è un po' sopra la media europea nel rispetto delle raccomandazioni di Bruxelles".

28/4/2016

"Le nostre politiche funzionano, ma dobbiamo essere pazienti: la fiducia degli investitori non è stata ancora pienamente ripristinata". Rintuzza così le critiche tedesche il presidente Bce Mario Draghi, in un'intervista alla Bild Zeitung.

Draghi coglie anzi l'occasione per toccare l'aspetto più sensibile: "non c'e' nessuno al mondo interessato al fatto che io sia italiano, a parte i media tedeschi. Un presidente tedesco terrebbe esattamente la stessa rotta" - afferma, promettendo che tornerà presto in audizione al Bundestag. Il tutto mentre torna a scaldarsi il fronte greco. Ieri le linee telefoniche sono state roventi sull'asse Atene-Bruxelles. La cancellazione dell'Eurogruppo odierno, che avrebbe dovuto chiudere il negoziato con la Grecia sulle nuove misure in applicazione dell'ultimo programma di salvataggio, ha provocato la levata di scudi del premier ellenico Tsipras, che ha chiesto un vertice dei leader dell'Eurozona. Ma sia il Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble, sia il presidente europeo Tusk, che avete ascoltato, hanno chiuso a questa ipotesi. Solo in serata il presidente dell'Eurogruppo Dijsselbloem ha aperto ad un rinvio non superiore alle due settimane. Atene chiede un intervento di alleggerimento sulla montagna del debito, tema taboo in Germania. Ma il vero pomo della discordia è rappresentato dal piano di contingenza, che l'Fmi vorrebbe far scattare in modo automatico, nel caso la Grecia mancasse gli obiettivi di bilancio previsti. In soldoni, nuovi tagli e tasse per tre miliardi e mezzo, su cui Tsipras non intende cedere, per non rischiare una crisi di Governo.

27/4/2016

La Borsa di Atene torna nell'occhio del ciclone dopo il rinvio dell'Eurogruppo che doveva discutere degli aiuti alla Grecia. L'indice Bs Ase lascia sul terreno il 2,5%. Ad accusare il colpo soprattutto i titoli bancari.

Torna a montare la tensione sulla Grecia, a neppure dieci mesi dalle maratone negoziali a Bruxelles per evitarne l'uscita dall'Eurozona. Tutto nasce dalla richiesta del premier ellenico Tsipras di convocare un vertice straordinario dei leader dell'Eurozona, per sbloccare il negoziato sul programma di aiuti ad Atene: Tsipras mira ad ottenere un intervento sulla montagna del debito pubblico ellenico, che lo renda sostenibile. Questo dopo l'annullamento dell'Eurogruppo straordinario previsto domani, che avrebbe dovuto discutere la situazione del programma di salvataggio. A stretto giro di posta sia il Ministro delle Finanze tedesco Schaeuble sia il presidente europeo Tusk respingono al mittente la proposta - "prima serve una discussione in sede di Eurogruppo", precisa Tusk. Più tardi Atene alza ancora la voce, questa volta contro l'Fmi: l'economia ellenica ha fatto "meglio delle previsioni" ed il governo "ha registrato un avanzo primario record dello 0,7%", ha rivendicato la portavoce Gerovasili. Attaccando Washington: "il Fondo fa richieste" che "minano gli sforzi tanto del governo greco quanto delle istituzioni europee", quando rifiuta di accettare l'istituzionalizzazione di un meccanismo di correzione finanziaria". Per Atene, l'Fmi chiede cose che esulano dall'accordo dello scorso luglio. In numeri, altri tre miliardi e mezzo di austerità aggiuntiva, che Tsipras non intende concedere. Ora l'obiettivo è riconvocare un nuovo Eurogruppo a giorni.

27/4/2016

Due mesi per salvare Schengen - o tenerne in vita uno scialbo simulacro: il calcio di inizio lo darà oggi l'Austria, Paese sempre più ostaggio della sua estrema destra, al punto da obbligare la grande coalizione che governa Vienna a tentare il sorpasso politico - ancora più a destra.

Prevista alle 13 una conferenza stampa al valico del Brennero, per illustrare la "gestione di controllo di confine". Espressione tecnica, probabilmente mirata a mascherare un pesante rafforzamento dei controlli tra Italia ed Austria. Con inevitabili code e disagi. Non che il possibile prossimo presidente austriaco, Norbert Hofer della Fpoe, la pensi diversamente: "i controlli al Brennero non mi rendono felice, ma non ci sono altre possibilità", dice il rappresentante della Fpoe. Rincara il leader Fpoe Strache: "i controlli frontalieri sono responsabilità di Roma. Se Roma non agisce, siamo obbligati a farlo noi", afferma il leader dell'estrema destra. L'Italia e la Commissione Europea osservano: quest'ultima pronta ad intervenire, qualora le misure di Vienna si rivelassero sproporzionate, e in violazione del codice Schengen. Collegato a questa vicenda c'è il risultato dell'esame che Bruxelles farà delle misure che Atene ha inviato in Commissione, per documentare il lavoro realizzato per rendere impermeabili le frontiere: in caso di persistenti negligenze, il controllo ai confini interni europei potrà essere esteso fino a due anni. Tra una settimana infine verranno al pettine i nodi dell'accordo Europa-Turchia, con Ankara che pretende la liberalizzazione dei visti, per non far saltare tutto. Settimane da vivere pericolosamente, quelle in vista per l'Europa.

26/4/2016

"I controlli al Brennero non mi rendono felice, ma non ci sono altre possibilità": Norbert Hofer, candidato Fpoe e favorito al ballottaggio per le presidenziali austriache, non fa intravedere spiragli nella crisi italoaustriaca al confine nord, nella conferenza stampa successiva al presidio del suo partito, di estrema destra. "Dobbiamo fare di tutto per mettere in sicurezza i confini", ha aggiunto Hofer, "per far sì che le misure transitorie possano essere ritirate".

Più duro il leader Fpoe, Christian Strache, che sui migranti rintuzza l'Italia: "è responsabilità di Roma. Se Roma non agisce, siamo obbligati ad agire". Con queste premesse e dichiarazioni, da quello che è ormai il partito di maggioranza relativa in Austria, e che entro due anni potrebbe arrivare al Governo a Vienna, non fanno ben sperare i nuovi dati dell'Organizzazione Internazionale delle Migrazioni, circa gli arrivi nel Mediterraneo: oltre 180mila profughi e in crescita, con oltre 1200 vittime. Il tutto dall'inizio dell'anno. Quasi 26mila quelli approdati in Italia in quattro mesi, stabili rispetto allo stesso periodo dell'anno scorso. Sono ripresi intanto -dopo ben due settimane- i rinvii di migranti dalla Grecia alla Turchia: una cinquantina i clandestini riportati in Anatolia, dove è stata garantita tutela anche ai profughi non siriani. Il tutto mentre la Commissione Europea ha pubblicato una nuova strategia, per evitare che i rifugiati dipendano interamente dagli aiuti umanitari, nei Paesi di residenza. Diventando parte attiva delle società che li ospitano.

20/4/2016

La notizia irrompe dalle colonne del tabloid più letto in Germania, la Bild Zeitung: secondo il giornale, i servizi segreti italiani avrebbero contattato quelli tedeschi, per avvertirli del rischio di attacchi estivi sulle spiagge, con terroristi travestiti da venditori ambulanti e ordigini nascosti tra gli ombrelloni.

Una ripetizione su scala europea di quanto già visto in Africa: a rischio soprattutto le coste italiane, spagnole e del sud francese. A stretto giro di posta arriva la smentita dei nostri 007, seguita da quella del Ministro dell’Interno Alfano, che paventa il rischio collaterale. E cioè, che gli allarmismi finiscano col danneggiare la stagione turistica. E se la cancelliera tedesca Merkel non commenta ma non smentisce neppure la notizia, il presidente dell’Europarlamento Schulz minimizza: "Non cancellerò le mie vacanze italiane, o in qualsiasi altro posto. Non dobbiamo accettare la strategia di intimidazione e di paura dei terroristi. Dobbiamo continuare la nostra vita normale", dice Schulz. Ma l’eurodeputato britannico Timothy Kirkhope, relatore delle più recenti direttive antiterrorismo, avverte: “ci saranno altri attentati in Europa. La domanda è: possiamo limitarli? Io le rispondo: solo con il registro dei passeggeri aerei e una maggiore cooperazione di intelligence abbiamo evitato sette o otto attentati in Gran Bretagna nell’ultimo anno e mezzo”.

18/4/2016

L'immigrazione torna questa settimana al centro del dibattito politico europeo, dopo l'intenso weekend del Papa a Lesbo. Oggi e domani si riuniscono a Lussemburgo i Ministri degli Esteri e della Difesa dei 28, per fare il punto sulla crisi - ad un mese esatto dalla firma dell'intesa con la Turchia, che ha prodotto i primi risultati, con un calo degli arrivi nell'Egeo.

Nel frattempo però sta riprendendo quota la rotta del Mediterraneo Centrale, con i timori -già confermati dalle prime avvisaglie- di forti incrementi negli arrivi sulle coste italiane. Senza dimenticare la controversa contromossa austriaca al Brennero, che allarma anche Bruxelles. In questo contesto è da leggere l'approdo delMigrationCompact italiano sul tavolo dei Ministri: tecnicamente sarà un non paper, un documento di discussione, sul quale non saranno prese decisioni, in attesa di un passaggio preliminare a livello tecnico. Roma propone nuove intese con i Paesi di origine e di transito, da finanziare con strumenti innovativi, tra cui bond euroafricani. Investimenti, in cambio di cooperazione nel frenare il flusso di migranti: questa in sostanza la proposta italiana. A cena il vertice si allargherà ai Ministri della Difesa: nel menù la possibile estensione della missione EunavforMed all'interno delle acque territoriali libiche, per fermare il flusso di migranti all'origine. Difficilmente però le neoinsediate autorità di Tripoli daranno subito il via libera. Il tema immigrazione tornerà al centro dell'attenzione nel fine settimana, giovedì, con il vertice dei Ministri dell'Interno.

17/4/2016

"Un nuovo e storico capitolo nei rapporti istituzionali tra Unione Europea e Iran": così l'Alto Rappresentante Federica Mogherini ha definito la visita a Teheran, che riannoda i contatti tra Bruxelles e la Repubblica Islamica, dopo il ridimensionamento del programma nucleare iraniano e la fine dell'embargo.

"Abbiamo bisogno di vedere risultati il prima possibile. Altrimenti la gente comincera' a chiedersi se l'accordo sul nucleare sia stato veramente positivo per l'Iran", così ha incalzato l'Europa il Ministro degli Esteri Zarif. Economia, energia, immigrazione e trasporti i settori nei quali i due blocchi hanno avviato accordi, tenendo conto degli ostacoli che ancora si frappongono. Tra questi, le persistenti sanzioni da parte delle banche americane, lente nel riportare i rapporti con Teheran alla normalità. E il capitolo diritti umani: l'Europa e' "impegnata" per il loro rispetto in Iran, tuttavia occorre "dialogo" e un "sostegno" ad un processo che -persino in alcuni Paesi comunitari- "e' stato molto lungo", ha dichiarato la Mogherini. Simbolo tangibile della ripresa dei rapporti euroiraniani la prossima apertura di una rappresentanza europea a Teheran. La collaborazione, nelle intenzioni, dovrà anche essere geopolitica: Europa e Iran intendono lavorare insieme anche sul piano regionale, per "favorire i negoziati in corso sulle crisi siriana e yemenita".

16/4/2016

Tornano sotto i riflettori i lavoratori del Parlamento Europeo, a breve distanza dall'inquietante rivelazione sulla presenza di uno degli attentatori di Bruxelles tra i lavoratori stagionali nell'emiciclo. In quel caso come addetto alle pulizie.

Questa volta, secondo quanto rivelato dal settimanale tedesco Der Spiegel, due autisti dell'Europarlamento sarebbero stati trovati in possesso di CD con materiale di propaganda dell'Isis. Uno dei due avrebbe prestato servizio a Bruxelles, l'altro a Strasburgo. I due non sarebbero stati dipendenti diretti del Parlamento Europeo, ma avrebbero lavorato per società terze, che forniscono servizi di chaffeur per i deputati. Entrambi sarebbero già stati licenziati. Proprio per evitare casi come questo, nei giorni scorsi l'Ufficio di Presidenza dell'Europarlamento ha deciso di chiudere i contratti di fornitura esterna dei servizi con autista, puntando a creare un servizio interno, inglobando i conducenti come dipendenti. I costi salirebbero di circa quattro milioni l'anno, ma questo garantirebbe un maggiore controllo sugli oltre 170 autisti che lavorano per l'Europarlamento, nelle due sedi, in Belgio e in Francia. Al di là degli episodi legati al terrorismo, già in passato sono infatti venuti a galla casi di conducenti con un passato criminale.

14/4/2016

Si chiude con un voto a larghissima maggioranza il controverso iter del registro dei dati dei passeggeri aerei, o PNR. Determinante l'accelerazione imposta dagli ultimi attentati di Bruxelles, dopo che Strasburgo aveva rallentato l'approvazione della normativa, temendo i potenziali effetti negativi in materia di privacy per i cittadini, considerata l'imponente mole di dati personali che saranno schedati.

Tuttavia, il vertice straordinario dei Ministri dell'Interno e della Giustizia comunitari, due giorni dopo gli attacchi nella capitale belga, ha forzato le ultime resistenze. Le compagnie aeree saranno obbligate a comunicare alle autorita' i dati dei passeggeri per tutti i voli provenienti dai Paesi terzi verso l'Unione Europea, e viceversa. Il voto dell'Europarlamento arriva dopo oltre quattro anni di lavoro: la riforma andra' a sostituire l'attuale direttiva, che risale al '95. "Il regolamento generale sulla protezione dei dati sensibili -ha sottolineato l'eurodeputato tedesco Albrecht- fa si' che un livello elevato e uniforme di protezione dei dati in tutta l'Unione diventi realta'". Per Albrecht, "i cittadini potranno decidere quali informazioni personali vogliono condividere". Gli Stati Membri dovranno stabilire una propria "Unità di informazione sui passeggeri" per raccogliere i dati PNR dalle compagnie aeree. Dati che dovranno essere conservati per un periodo di cinque anni ma, dopo sei mesi dal trasferimento, saranno resi anonimi mediante la mascheratura di alcuni elementi. Soddisfazione da parte della Commissione Europea. La direttiva torna sul tavolo dei Ministri dell'Interno per l'approvazione definitiva.

14/4/2016

Banche, Cina e petrolio portano le Borse in trionfo, con Piazza Affari che chiude maglia rosa. Ftse Mib a +4,13%. A Milano l'effetto "Fondo Atlante" si fa sentire pesantemente, trascinando al rialzo i titoli bancari, con Mps, Bper e Unicredit sugli scudi e oltre +10%. Nel resto del Continente, buone performances per Parigi e Francoforte, con guadagni intorno al 3%, e per Londra, su di due punti.

A far la parte del leone a Milano Atlante, che ieri ha incassato l'appoggio del Fondo Monetario Internazionale: "un passo nella direzione giusta, per pulire i bilanci delle banche", ha detto Josè Vinals, responsabile Dipartimento Capitali, sottolineando l'apprezzamento per una soluzione privata. Sempre l'Fmi ha però denunciato come le sofferenze bancarie in Italia rappresentino ben l'11,2% sul totale degli impieghi, una media piu' alta dell'Eurozona. "Atlante sara' la soluzione, lo vedremo nelle prossime ore e settimane", ha scritto il premier Renzi. Non dello stesso avviso l'agenzia di rating Fitch, che anzi osserva come con il nuovo Fondo il profilo finanziario delle grandi banche italiane si indebolirà, con i rating che potrebbero essere messi sotto pressione. Fitch aggiunge che l'operatività di Atlante potrebbe richiedere l'approvazione da parte della Commissione europea, in particolare a causa della partecipazione di Cassa Depositi e Prestiti. Da Bruxelles l'ammissione della Commissaria Europea alla Concorrenza Vestager: "sappiamo ancora troppo poco di Atlante per esprimere valutazioni".

8/4/2016

Qual è la capacità di tenuta dell'Eurozona, di fronte a nuovi shock? Il tema lo pone senza giri di parole il presidente Bce Mario Draghi, nella prefazione al Rapporto Annuale della Banca Centrale Europea.

Draghi riconosce come "le prospettive per l'economia mondiale siano circondate da incertezza. Dobbiamo fronteggiare persistenti forze disinflazionistiche. Si pongono interrogativi riguardo la direzione in cui andra' l'Europa, e la sua capacita' di tenuta a fronte di nuovi shock". Intanto dai verbali dell'ultima riunione della Banca Centrale Europea -quella del taglio dei tassi e dell'incremento del Quantitative Easing- emerge l'opposizione delle banche centrali tedesca e olandese nei confronti del pacchetto. Il consiglio direttivo non ha escluso futuri e ulteriori tagli dei tassi d'interesse, che potrebbero rendersi necessari proprio nel caso di shock economici. Concetto ribadito dal capo economista Peter Praet. Nella sua prefazione Draghi insiste sul fatto che Francoforte non si piegherà a un livello di inflazione eccessivamente basso. E -soprattutto- lancia un appello per i giovani: l'alta disoccupazione giovanile in Europa, nonostante colpisca "la generazione piu' istruita di sempre", rappresenta un vulnus significativo. "Per evitare una generazione perduta dobbiamo agire velocemente", dice. Sempre da Francoforte il Governatore di Bankitalia Visco spezza una lancia a favore della Bce: senza le sue misure "la recessione italiana sarebbe finita solo nel 2017, e l'inflazione sarebbe rimasta negativa per l'intero periodo di tre anni".

7/4/2016

"Le prospettive per l'economia mondiale sono circondate da incertezza. Dobbiamo fronteggiare persistenti forze disinflazionistiche. Si pongono interrogativi riguardo la direzione in cui andra' l'Europa, e la sua capacita' di tenuta a fronte di nuovi shock".

Invita a stare all'erta il presidente Bce Mario Draghi, nel giorno in cui i verbali dell'ultima riunione della Banca Centrale Europea -quella del taglio dei tassi e dell'incremento del Quantitative Easing- rivelano che due dei 21 membri si sono opposti al pacchetto, sostenuti da altri due senza diritto di voto. Tra i quattro, i pesi massimi delle banche centrali tedesca e olandese. Il consiglio direttivo non ha escluso futuri ulteriori tagli dei tassi d'interesse, che potrebbero rendersi necessari nel caso di shock economici. Concetto ribadito dal capo economista Peter Praet: "in caso di ulteriori shock, le nostre misure potrebbero essere ricalibrate". Nella sua prefazione al Rapporto Annuale, Draghi insiste sul fatto che Francoforte non si piegherà a un livello di inflazione eccessivamente basso. E -soprattutto- lancia un appello in favore dei giovani: l'alta disoccupazione giovanile in Europa, nonostante colpisca "la generazione piu' istruita di sempre", rappresenta un vulnus significativo. "Per evitare una generazione perduta dobbiamo agire velocemente", dice. Sempre da Francoforte il Governatore di Bankitalia Visco spezza una lancia a favore della Bce: senza le sue misure "la recessione italiana sarebbe finita solo nel 2017, e l'inflazione sarebbe rimasta negativa per l'intero periodo di tre anni".

7/4/2016

Un anno record per gli arrivi dei migranti - quasi due milioni gli attraversamenti illegali della frontiera esterna dell'Europa. E un anno record anche per le richieste di asilo nell'Unione, oltre un milione e trecentomila.

Questo è stato il 2015 della crisi immigrazione, secondo l'agenzia europea Frontex, che ha rilanciato l'allarme sulla possibile infiltrazione di terroristi tra i profughi. E mentre restano bloccati i trasferimenti dei clandestini tra Grecia e Turchia, ieri la Commissione Europea ha presentato un set di proposte per rafforzare la protezione dei confini esterni per creare canali legali di immigrazione. Il piatto forte del pacchetto è rappresentato dalla riforma del regolamento di Dublino. Bruxelles ammette che lo status quo non è più sostenibile: l'idea è quella di rendere permanente il sistema di ricollocamento dei rifugiati tra gli Stati membri. Ma i Paesi dell'Est -come non ha mancato di far notare già ieri sera la Repubblica Ceca- stanno alzando le barricate contro questa idea.

5/4/2016

Parte, tra polemiche ed inevitabili diffidenze reciproche, l'intesa euroturca sui migranti. All'alba di ieri tre traghetti hanno lasciato le isole di Lesbo e Chios, dirette a Dikili, nei pressi di Izmir.

A bordo un totale di 202 migranti, cittadini soprattutto di Pakistan e Bangladesh, in prevalenza uomini. Lo spesso silenzio è rotto solo dal rumore dei motori. Bruxelles ed Ankara avviano così l'intesa dell'uno contro uno: per ogni migrante economico, non avente diritto all'asilo, rimandato in Turchia dalla Grecia, un siriano volerà legalmente in Europa. Questo è avvenuto per 32 cittadini di Damasco, approdati in Germania. Ad Hannover, nel profondo nord, giungono stremati. Come spiega l'interprete Samal Osman, alcuni di loro vivevano da tre anni nei campi profughi. Altri 11 hanno preso la strada della Finlandia, altri arriveranno oggi in Olanda. In parallelo, 330 profughi approdavano via mare in Grecia: cifre molto ridotte, rispetto al recente passato. Sul fronte politico, se il presidente turco Erdogan torna ad attaccare l'Europa, rivendicando di aver salvato 100mila vite in mare, mentre nei Balcani si alzavano muri, l'Onu assicura di seguire da vicino l'applicazione dell'intesa euroturca, per garantire il rispetto della dignità dei migranti. Domani la Commissione Europea presenterà un primo set di proposte, per cambiare il regolamento di Dublino, primo responsabile dello squilibrio esistente tra Sud e Nord Europa negli approdi. La strada verso una vera e più equa riforma è lunga, con inevitabili resistenze in vista, ma è un primo passo.

4/4/2016

E' l'alba, quando i primi immigrati -cittadini prevalentemente di Pakistan e Bangladesh- salgono sul traghetto turco che li riporterà a Dikili, nei pressi di Izmir. Uno spesso silenzio fa da sfondo all'operazione, che segna l'inizio della cooperazione tra Europa e Turchia: 202 i migranti rimandati complessivamente in Anatolia, da Lesbo e Chios, mentre un primo gruppo di 32 siriani, oltre la metà minori, prendeva la rotta della Germania.

Samal Osman, l'interprete che li ha accompagnati nel viaggio da Istanbul ad Hannover, li definisce sfiniti - alcuni hanno vissuto tre anni nei campi profughi. Altri 11 siriani hanno invece preso la strada della Finlandia, mentre nelle prossime ore un altro gruppo partirà per l'Olanda. Questo sulla base del principio di scambio 1-1 tra Bruxelles ed Ankara: un clandestino rimandato in Anatolia, per ogni siriano che l'Europa accetta. Nelle stesse ore, approdavano in Grecia altri 330 profughi: cifre significativamente più piccole, rispetto a quelle registrate nei giorni precedenti l'intesa euroturca. C'è tensione invece al confine greco-macedone, dove un centinaio di migranti ha bloccato le vie di comunicazione, per protestare contro la chiusura della la rotta balcanica. E proprio nelle ore in cui il Commissario Europeo Avramopoulos si trovava ad Ankara è giunto l'attacco del presidente turco Erdogan: "se l'Europa blocca l'ingresso dei rifugiati con barriere di filo spinato, la Turchia ne ha salvati 100mila solo nel mar Egeo, e non li rimanda indietro". Mercoledì Bruxelles presenta le proposte per rivedere il regolamento di Dublino.

30/3/2016

Cento giorni senza Governo. Tre mesi dopo le elezioni, la Spagna scopre quanto possa essere lenta e logorante l'attesa di un esecutivo. Ma al 101esimo giorno, a sorpresa, il socialista Pedro Sanchez annuncia che potrebbero non esserci nuove elezioni a fine giugno: "siamo ora più vicini ad un accordo di governo che al ritorno alle urne", ha detto Sanchez dopo aver incontrato il leader di Podemos, Pablo Iglesias. Sanchez ha annunciato la ripresa dei negoziati per un esecutivo progressista.

L'idea è trovare una qualche forma di intesa, con patto di coalizione o di desistenza, che permetta all'insolito trio Socialisti-Podemos-Ciudadanos di governare il Paese, lasciando all'opposizione i Popolari del premier uscente Mariano Rajoy, usciti vincitori dalle elezioni di dicembre - senza però maggioranza assoluta. Il tempo è limitato: l'accordo va trovato entro il 3 maggio, altrimenti le nuove elezioni a fine giugno saranno una certezza. Sanchez, che resta candidato a premier, ha sottolineato che i negoziati a tre si baseranno su questioni di programma e di idee, e non di poltrone. Iglesias ha già scartato una sua partecipazione ad un eventuale esecutivo. Ma ha ribadito che non intende formar parte di un blocco di Governo che comprenda i liberali di Ciudadanos. Il puzzle resta molto complicato da comporre.

25/3/2016

Un piano in dieci punti per riaffermare la lotta europea contro il terrorismo. Sperando che stavolta -alle promesse- seguano realmente i fatti. Anche perché di nuovo, in questo decalogo, non c’è molto.

Per dirla con la stessa presidenza di turno olandese, anzi, non ci sono affatto nuove misure, ma l’implementazione di quelle già decise: tra queste, l’adozione della direttiva Pnr sullo scambio dati dei passeggeri aerei, controlli sistematici alle frontiere esterne Schengen e sul possesso di armi, lotta al finanziamento del terrorismo, scambio di informazioni di intelligence, uso di prove digitali e di team di indagine congiunti. In conferenza stampa la presidenza olandese giura che stavolta i 28 fanno sul serio, mentre il Commissario Avramopoulos attacca l’inazione degli Stati: “se non collaborano, saranno ritenuti responsabili”, dice. Alla fine ci si dà appuntamento a giugno, per nuove proposte. Fra ben tre mesi. Il Ministro dell’Interno Alfano annuncia un piano nazionale antiradicalizzione, mentre il coordinatore europeo antiterrorismo De Kerchove assicura: "iservizi di sicurezza europei lavorano intensamente assieme. Il problema è come ottimizzare le piattaforme di scambio dei dati. Ci stiamo lavorando, per strutturare meglio la nostra cooperazione".

24/3/2016

Tra quattro ore circa si riuniranno i Ministri della Giustizia e dell’Interno per un vertice straordinario, dopo gli attacchi di Bruxelles. Una riunione rapida, che si prevede di sole due ore, per lanciare un messaggio di unità e fare il punto sulle misure comuni da intraprendere.

Non sono una novità, purtroppo, questi vertici d’emergenza post-attacchi: già li abbiamo visti dopo Parigi, come non sono una novità i richiami a una maggiore unione nella strategia antiterrorismo. Se l’ipotesi di una Fbi o di una Cia europea resta ancora impensabile, si prova a puntare su un maggior coordinamento degli esperti antiterrorismo nazionali e su una reale integrazione dei database a disposizione delle autorità di sicurezza, soprattutto quelli Schengen o Europol. Tasto dolente toccato oggi anche dal Ministro dell’Interno Alfano, in arrivo questo pomeriggio con il collega alla Giustizia Orlando: Alfano ha sottolineato come alcuni Paesi scambino informazioni di sicurezza e intelligence, e altri no. La Francia intanto spinge sull’adozione definitiva dello scambuio di dati Pnr sui passeggeri aerei, finora rallentata dal Parlamento Europeo, mentre le istituzioni comunitarie chiedono un reale coordinamento di intelligence. Si pensa anche di estendere a livello europeo una misura francese, che impone ai provider di telefonia e internet l’accesso alle cosiddette “evidenze digitali” dei sospettati di terrorismo. Il reale successo di questo summit si misurerà su impegni e misure concrete. Le condanne degli attentati e le promesse -reiterate nei mesi e negli anni- dall’Europa sono già a marcire negli archivi di storia.

24/3/2016

Bruxelles scioglie l’angoscia in un applauso liberatorio, un minuto dopo mezzogiorno, quando l’omaggio alle vittime degli attacchi terroristici si conclude. Place de la Bourse è il cuore delle commemorazioni, il luogo scelto dalla gente per venire a piangere, abbracciarsi e pregare. La città riprende a fatica il ritmo vitale, con l’aeroporto ancora chiuso e i mezzi pubblici parzialmente interrotti. Soprattutto, la presenza in forze di polizia e militari ricorda che la capitale europea è in guerra.

Lo ricorda anche il premier francese Valls, visitando le istituzioni europee. "I terroristi attaccano l'intera Europa, i nostri valori e chi siamo", ha detto Valls, che ha chiesto avanzamenti rapidi sul fronte del controllo esterno delle frontiere, del traffico d’armi e dell’approvazione del Pnr, per lo scambio di dati dei passeggeri aerei. E non le mandano a dire i rappresentanti della Commissione Europea, in primis il presidente Juncker, che denuncia : troppa l’inazione sul fronte della cooperazione tra servizi segreti. “L’abbiamo decisa nel 1999, ma per ragioni che mi sfuggono non viene messa in pratica”. Rilancia il Commissario agli Affari Interni Avramopoulos: serve un’intelligence europea, se non c’è è perché manca la fiducia tra Paesi. “Unità contro il terrorismo” è stata chiesta dai maggiori partiti politici comunitari. Questo pomeriggio la riunione straordinaria dei Ministri europei della Giustizia è chiamata a dare segnali concreti di avanzamento nell’implementazione di misure già prese, al di là della scontata unità di facciata. Domani in arrivo anche il segretario di Stato americano Kerry.

23/3/2016

Anche l’Europa politica parla, dopo gli attentati di Bruxelles: in una conferenza stampa congiunta, il presidente della Commissione Juncker e il premier francese Valls hanno riaffermato la loro determinazione nel combattere il terrorismo.

"I terroristi attaccano l'intera Europa, i nostri valori e chi siamo", la Francia "conosce bene il dolore" e con l'Europa "siamo in guerra" contro il terrorismo "con determinazione totale", ha detto Valls, che ha chiesto avanzamenti rapidi sul fronte del controllo esterno delle frontiere, del traffico d’armi e dell’approvazione del Pnr, per lo scambio di dati dei passeggeri aerei. Valls ha messo in guardia dal rischio di uno “sgonfiamento” del progetto europeo, qualora le parole non si traducessero in fatti. Da parte sua, il presidente della Commissione ha denunciato la clamorosa inazione sul fronte della cooperazione tra servizi segreti: “l’abbiamo decisa nel 1999, ma per ragioni che mi sfuggono non viene messa in pratica”. Intanto il Commissario agli Affari Interni Avramopoulos chiede una riunione urgente, a giorni, dei Ministri dell’interno e della Giustizia Europei, per dare subito il segnale di una riposta unitaria. Avramopoulos batte lo stesso tasto di Juncker: serve un’intelligence europea, se non c’è è perché manca la fiducia tra Stati. Pure le istituzioni comunitarie hanno pagato un tributo negli attentati, con tre funzionari feriti e molti altri fortunatamente illesi ma sotto choc, dopo l’esplosione alla metro di Maelbeek. Nei corridoi comunitari si parla di vero e proprio miracolo: quella fermata, così frequentata da personale europeo, poteva provocare molte più vittime tra i funzionari dell’Unione.

22/3/2016

Crisi migranti. La Commissione Europea approva la proposta che spiana la strada al ricollocamento di 54mila profughi su suolo europeo. Attesi da lunedì in Grecia i primi funzionari comunitari, per assistere l'implementazione del complesso accordo Europa-Turchia.

Un'intesa in salita, si era detto fin dalla firma a Bruxelles, venerdì. Alla prova dei fatti, l'accordo tra Europa e Turchia si rivela più complicato del previsto, politicamente e tecnicamente. I numeri lo dimostrano: oltre 1600 migranti arrivati in Grecia da sabato, la maggior parte dei quali approdati tra le isole di Chios e Lesbo - così riportano le autorità elleniche. Contro i soli 126 che le autorità turche affermano di aver intercettato. Il sindaco di Lesbo denuncia la confusione che regna tuttora sovrana. L'Europa, dal canto suo, fa il possibile: l'obiettivo è inviare 2500 funzionari ed esperti in Grecia, anche se per ora gli Stati membri ne hanno offerti poco più della metà. Nè si esclude di ricorrere a navi private, per riportare i migranti illegali in Turchia. Intanto venticinque funzionari turchi stanno arrivando sulle isole elleniche. Proprio da Ankara sono partite ieri frecciate al curaro verso Bruxelles. Il presidente turco Erdogan ha pesantemente attaccato l'Unione Europea: "se prendessimo esempio dall'Europa, dovremmo chiudere le nostre frontiere ai rifugiati", ha detto, accusando gli alleati occidentali di non aver preso in considerazione la sua proposta di una zona cuscinetto nel nord della Siria, in cui accogliere i migranti. "Ipocriti", così Erdogan ha definito gli europei. Inquietudine anche sull'altra sponda dell'Egeo, dove il premier greco Tsipras -incontrando il Commissario all'Immigrazione Avramopoulos- non ha nascosto la difficoltà di implementare l'intesa, e ha chiesto a Bruxelles di aumentare la pressione su Ankara, per neutralizzare le reti di trafficanti di uomini.

21/3/2016

La verità, nonostante gli sbandierati accordi dell'ultimo vertice europeo, sta ancora una volta nei numeri: oltre 1600 migranti sono arrivati in Grecia dopo la sigla dell'intesa con la Turchia, la maggior parte dei quali approdati tra le isole di Chio e Lesbo - così denunciano le autorità elleniche.

Contro i soli 126 che le autorità turche affermano di aver intercettato, a partire da sabato. Il tutto mentre il clima politico volge al peggio. Il presidente turco Erdogan ha pesantemente attaccato l'Unione Europea: "se prendessimo esempio dall'Europa, dovremmo chiudere le nostre frontiere ai rifugiati", ha detto, accusando gli alleati occidentali di non aver preso in considerazione la sua proposta di una zona cuscinetto nel nord della Siria, in cui accogliere i migranti. "Ipocriti", così Erdogan ha definito gli europei, senza giri di parole. Il presidente turco ha poi spiegato che il suo Paese ha accettato un accordo con l'Unione per evitare un "trattamento in deroga" dei rifugiati, violandone il diritto all'accoglienza. Inquietudine anche sull'altra sponda dell'Egeo, dove il premier greco Tsipras -incontrando il Commissario all'Immigrazione Avramopoulos- non ha nascosto la difficoltà di implementare l'intesa, e ha chiesto a Bruxelles di aumentare la pressione su Ankara, per neutralizzare le reti criminali di trafficanti di uomini. Intanto proprio l'Europa dettaglia ulteriormente le condizioni dell'accordo con la Turchia: a pieno regime saranno almeno 2500 i funzionari -tra poliziotti, specialisti, interpreti e personale giudiziario- che gli Stati membri invieranno in Grecia a supporto delle operazioni per la registrazione e gestione dei migranti. Venti Paesi hanno già offerto personale specialistico, ma -rispetto al fabbisogno- ne manca ancora la metà.

20/3/2016

Giornata movimentata, sul fronte immigrazione, quella di ieri: ben 1800 persone sono state recuperate nel Canale di Sicilia, con un forte incremento nel numero di arrivi. E ci sarebbero una trentina di persone annegate, di fronte alle coste libiche, secondo quanto riportano i media locali, per il ribaltamento dei barconi sui quali stavano iniziando il viaggio verso il Vecchio Continente. Intanto si definiscono i contorni dell'intesa Europa-Turchia.

Il via -oggi- è ufficiale. Consci però che non sarà una passeggiata. L'intesa tra Europa e Turchia per gestire l'emergenza migranti entra in vigore. I dettagli, resi noti ieri dalla Commissione Europea, disegnano lo sforzo che l'Unione dovrà mettere in campo: 4000 funzionari, di cui oltre la metà esperti in arrivo dall'Europa, con otto navi Frontex per i respingimenti verso la Turchia. Il tutto per un costo stimato di 280 milioni in soli sei mesi, oltre ai tre miliardi già stanziati in favore di Ankara per progetti di assistenza umanitaria ai profughi su suolo anatolico. Cifre e dettagli che danno l'idea del non semplice sforzo logistico che l'Europa dovrà approntare, per garantire una gestione ordinata della rotta egea. Oltre a questo, ci sono anche 20mila profughi da ricollocare -dalla Grecia verso gli altri Paesi europei- entro metà maggio, per alleggerire la pressione migratoria su Atene. Due date-simbolo in calendario: quella di oggi, che segna lo spartiacque per i respingimenti dei migranti illegali verso la Turchia. E quella del primo aprile. Quando Ankara comincerà a inviare profughi con diritto di asilo in Europa, sulla base del principio di scambio uno a uno.

19/3/2016

Emergono -a poche ore dall'intesa ufficiale- i dettagli dell'accordo Europa-Turchia sui migranti, confezionato dopo lunghe ore di negoziato a Bruxelles. Il primo punto riguarda i reinsediamenti dei siriani dalla Turchia verso l'Europa, sulla base dell'ormai noto accordo di scambio "uno a uno".

La Commissione ha pubblicato un documento, nel quale specifica alcuni punti tecnici: la prima data da segnare in agenda è quella del primo aprile, quando partiranno i reinsediamenti dei siriani da Ankara verso l'Europa. Chi arriva invece dal 20 marzo in Grecia senza i requisti per chiedere asilo o protezione internazionale, sarà invece riportato in Turchia: Bruxelles stima che saranno necessarie otto naviFrontex, con capacita' per 400 passeggeri e 28 autobus, per trasportarli. Anche i costi non saranno bassi: l'accordo costerà all'Europa 280 milioni solo per i prossimi sei mesi, senza dimenticare i tre miliardi già stanziati per aiutare la Turchia a far fronte all'emergenza umanitaria in casa propria. Altro punto critico quello dei ricollocamenti dei profughi presenti in Grecia verso gli altri Paesi europei, in modo da svuotare i centri di accoglienza ellenici: Bruxelles stima ne saranno necessari seimila entro aprile, e 20mila entro metà maggio. Considerata la lentezza con cui sono proseguiti negli ultimi mesi in tutta l'Unione - si tratta di un'altra grande sfida. Intanto il premier ellenico Tsipras chiede ai profughi di lasciare i campi improvvisati, e recarsi nei centri di accoglienza. Atene si attende dall'Europa 2300 funzionari, per velocizzare il processo di identificazione dei migranti. Da Washington plauso all'intesa Europa-Turchia: "un passo importante", dice l'amministrazione americana.

18/3/2016

Sono quattro i paletti dell'intesa Europa-Turchia, frutto di un bizantino percorso diplomatico: in primis il rispetto delle norme internazionali. L'Europa assicura che i l'accordo rispetterà le leggi comunitaria e internazionale: non ci saranno dunque espulsioni collettive, ogni singolo caso sarà valutato in quanto tale.

Il secondo punto riguarda la data dell'effettiva implementazione dell'intesa: domenica 20 marzo. Da quella data, chi approda in Grecia dalle coste turche sarà rimandato nella Penisola anatolica. Scatta parallelamente la regola dell'uno contro uno: per ogni immigrato respinto, l'Europa accoglierà un siriano rifugiato nei campi profughi in Turchia. Terzo -cruciale- punto: il denaro. Bruxelles per intanto non sgancia gli ulteriori tre miliardi chiesti dalla Turchia, ma si impegna a identificare -dalla prossima settimana- una lista di progetti su cui investire i primi tre, in modo da velocizzare i pagamenti. Ulteriori esborsi potrebbero avvenire entro due anni, ma prima si investe la cifra già concordata. Infine, Bruxelles aprirà entro giugno un nuovo capitolo nel processo di adesione della Turchia all'Unione Europea. Il 33, quello relativo al Bilancio. Qui il gioco è facile, perchè non si tratta di un capitolo tra quelli osteggiati da Cipro. Senza contare un altro tema decisivo per Ankara: la liberalizzazione dei visti. Se Ankara rispetterà i parametri previsti, e se l'Europarlamento voterà a favore, i turchi potranno venire in Europa senza visto da giugno. Chi vince e chi perde: come sempre, è tutta una questione di compromessi: certamente la Turchia, alzando la posta a inizio marzo, può vantare risultati superiori alle premesse. Soprattutto sui visti, mossa politicamente vincente per la popolarità interna di Erdogan.

11/3/2016

Taglio del tasso principale di rifinanziamento al minimo storico dello 0%; taglio dei depositi bancari a -0,4%, e incremento fino a 80 miliardi dell'acquisto di bond con il Quantitative Easing, includendo anche i corporate bond. La Banca Centrale Europea ha superato ieri le attese della vigilia, con nuove potenti misure per rilanciare l'economia.

Indossa la stessa cravatta del provvidenziale "whatever it takes" a difesa dell'euro di quattro anni fa, Mario Draghi, per annunciare il nuovo bazooka di misure utili a rilanciare l'economia in Europa, e combattere lo spettro deflazione. Il presidente della Bce annuncia soddisfatto: "abbiamo dimostrato che non ci mancano le munizioni", e indica gli obiettivi: allentare le condizioni finanziarie, stimolare il credito e rafforzare la ripresa. Agli iperottimisti sul margine d'azione di Francoforte riserva un messaggio preciso: non ci saranno ulteriori riduzioni dei tassi, anche se resteranno bassi a lungo. Intanto il Quantitative Easing sale all'astronomica cifra di 1750 miliardi, senza contare il nuovo pacchetto di quattro maxi-prestiti alle banche, con il Tltro. I mercati, dopo l'iniziale reazione euforica, segnalano però i limiti di un'azione che -da sola- non può fare miracoli: a fine giornata le Borse chiudono negative, con Francoforte che perde oltre il 2%. Il sostanziale fallimento fin qui della battaglia contro il rischio deflazione e il taglio delle stime del Pil dell'Eurozona non aiutano. Senza contare il fronte tedesco: se la Bundesbank -pur non votando ieri sul piano- non ha alzato barricate, l'establishment economico a Berlino alza la voce. Hans-Werner Sinn, presidente dell'Ifo, accusa Draghi di "portare avanti una politica fiscale della redistribuzione per il salvataggio di banche zombie e Stati vicini al fallimento". Rincara il presidente delle Casse di Risparmio Fahrenschon: "l'accelerazione del'acquisto dei titoli di Stato con il Quantitative Easing aumenta la dose di veleno". Così si comprende meglio l'allusiva rivendicazione -ieri- di Draghi - in tedesco: "se non avessimo fatto niente, se avessimo incrociato le braccia, dicendo 'nein zuallen', no a qualsiasi cosa... oggi ci ritroveremmo con una disastrosa deflazione".

10/3/2016

Taglio del tasso principale di rifinanziamento al minimo storico dello 0%; taglio dei depositi bancari a -0,4%, e incremento fino a 80 miliardi dell'acquisto di bond conilQuantitative Easing, includendo anche i corporate bond.

La Banca Centrale Europea attinge a piene mani nell'arsenale di misure a sua disposizione per iniettare liquidità nell'economia e combattere il rischio deflazione, superando le aspettative della vigilia. La Bce punta a "un ulteriore allentamento delle condizioni finanziarie, a stimolare il credito e rinforzare" la ripresa, ha detto il presidente Mario Draghi, che ha parlato di una maggioranza schiacciante nel board a favore delle misure. Di fronte all'iniziale euforia dei mercati, Draghi ha poi raffreddato le aspettative per il futuro: "se è vero che abbiamo dimostrato di non essere a corto di munizioni", ha spiegato, "non possiamo anticipare la necessità di ridurre ulteriormente i tassi", ha detto. Anche se ha poi precisato che resteranno a livelli così bassi ancora a lungo. Tra le altre misure annunciate nel supergiovedì della Bce anche un nuovo pacchetto di quattro maxi-prestiti Tltro alle banche, condizionati all'erogazione di credito all'economia. I Tltro partiranno da giugno, e avverranno ad un tasso negativo, pari al nuovo tasso sui depositi. Se nell'immediato i mercati finanziari hanno reagito con importanti profitti, le borse europee hanno chiuso negative, con Milano che ha perso mezzo punto e Francoforte in pesante calo, trascinate al ribasso -tra le altre cose- dal taglio delle stime dell'inflazione per l'Eurozona - praticamente azzerate, quest'anno.

10/3/2016

Poco più di un mese per rimettere i conti in carreggiata, in particolare sul debito. L'attesa lettera della Commissione Europea alla fine arriva, non solo all'Italia, ma anche ad altri cinque Paesi comunitari, tra cui la Spagna.

Nel mirino di Bruxelles finisce soprattutto l'elevato debito del nostro Paese, superiore al 130%, rileva la Commissione - un ammontare destinato a calare solo lievemente nel prossimo biennio. Il rischio ultimo è quello dell'avvio di una procedura comunitaria. A Roma viene chiesto di dettagliare -entro il 15 aprile, giorno della presentazione del nuovo Def- le misure necessarie a centrare gli obiettivi di bilancio. Anche perché -rileva Bruxelles- le previsioni invernali indicano il rischio di una "deviazione significativa dal percorso di aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine nel 2016". Questo, si fa notare, anche al netto di un'ipotetica esclusione delle spese sostenute da Roma per far fronte all'afflusso di migranti. Proprio sulla flessibilità, Bruxelles conferma che l'Italia ha i requisiti per candidarsi ad ottenerla. Ma a due condizioni: che rispetti il percorso di aggiustamento di bilancio, deviando solo per gli investimenti, e che si registrino progressi nelle riforme strutturali. Capitolo a parte per la Spagna, ancora senza Governo dopo quasi tre mesi: a Madrid Bruxelles ha inviato una raccomandazione autonoma, chiedendo di riportare il deficit sotto il 3% del pil quest'anno.

9/3/2016

Poco più di un mese di tempo, entro il 15 aprile, per dettagliare le misure necessarie a centrare gli obiettivi di bilancio. La Commissione Europea fissa il termine entro il quale Roma dovrà garantire un rientro nei parametri europei per i conti pubblici.

Giornata non casuale: in quella data l'Italia presenterà infatti il nuovo piano di stabilità. Bruxelles ha inviato l'attesa lettera, sia all'Italia sia ad altri cinque Paesi, accomunati dal rischio di non rispetto degli obblighi di bilancio e del patto di stabilità. Nella lettera inviata all'Italia Bruxelles pone paletti precisi per la flessibilità: "la possibile eleggibilita' dell'Italia per flessibilita' aggiuntiva nel 2016 sara' considerata nel contesto della valutazione dellaconformita' con il percorso raccomandato verso l'obiettivo di medio termine. E si valutera' con "particolare attenzione" se la flessibilita' e' usata davvero per gli investimenti, se ci sono piani di rientro dalla deviazione e progressi sulle riforme". Niente regali, insomma. Anche perché le previsioni economiche d'inverno della Commissione indicano la Penisola a "rischio di deviazione" dal percorso verso l'obiettivo di medio termine nel 2015 e di "significativa deviazione" nel 2016. Bruxelles precisa: "queste conclusioni non cambierebbero, nel caso l'impatto incrementale sul bilancio dell'eccezionale ondata di migranti venisse escluso dalla valutazione". Capitolo a parte per la Spagna, ancora senza Governo dopo quasi tre mesi: a Madrid Bruxelles ha inviato una raccomandazione autonoma, chiedendo di riportare il deficit sotto il 3% del pil quest'anno.

7/3/2016

Clima nuovo e migliore, ma ora occorre guardare alla sostanza. Il messaggio che giunge dall'Eurogruppo, in una settimana complicata per l'Italia sul fronte dei conti pubblici in Europa, viene scandito sia dal Ministro dell'Economia Padoan che dal Commissario all'Economia Moscovici.

L'Europa si appresta a inviare -come è noto- una lettera a Roma, nella quale esprimerà preoccupazione sul percorso dei nostri conti pubblici. In particolare sul deficit strutturale. Roma rischia deviazioni importanti sugli obiettivi, come pure il debito. Padoan ostenta però tranquillità. A parlare di "clima nuovo" è stato Moscovici, che ha confermato che nelle prossime ore la Commissione si riunirà a Strasburgo per prendere le decisioni sui conti. "L'Italia può beneficiare di un certo grado di flessibilità", dice Moscovici, "ma ci sono criteri e regole da rispettare". "La visita di Juncker a Roma ha segnato un nuovo clima, ma la sostanza è un'altra cosa, forse leggermente diversa. Sono comunque fiducioso che troveremo un'intesa", diceMoscovici, lasciando intendere che i fronti aperti sono ancora diversi. E le posizioni non sempre coincidenti.

4/3/2016

Ritorno a Schengen, miglioramento della cooperazione con la Turchia, incremento dell'assistenza umanitaria. Questi i tre punti che -secondo il presidente europeo Tusk- saranno al centro del vertice tra Europa e Turchia di lunedì.

"Rispetteremo l'impegno di accogliere 30mila migranti nei prossimi due anni": Francois Hollande ribadisce gli impegni transalpini, nel giorno in cui la Commissione Europea lancia l'ultimo salvagente per Schengen. Hollande si è riunito all'Eliseo con la cancelliera Merkel, in vista del cruciale vertice di lunedì tra Europa e Turchia, nel quale si proverà a chiudere definitivamente la crisi profughi sulla rotta egeo-balcanica. "Il nostro obiettivo e' rimettere in ordine Schengen", ha detto Hollande. Da parte sua la Merkelha affrontato la delicata questione della cooperazione con Ankara: al summit di lunedì "ci informeremo sulla situazione" dei migranti sul territorio turco, "di cosa sia stato fatto per arginare l'immigrazione illegale". Entrambi hanno poi osservato progressi sulla causa scatenante dell'emergenza migranti, il conflitto in Siria. Proprio in quelle ore il Commissario Europeo gli Affari Interni Avramopoulos rendeva nota l'attesa roadmap per ripristinare lo spazio Schengen. Il ritorno alla normalita' senzapiu' controlli interni alle frontiere e' previsto "entro dicembre", "se le condizioni generali lo permetteranno", ha detto. Bruxelles presentera' inoltre il 16 marzo la proposta di riforma del regolamento di Dublino per i richiedenti asilo. Secondo Eurostat, lo scorso anno è stato record assoluto per le richieste d'asilo presentate: oltre un milione e 200mila. Intanto il premier ellenico Tsipras attacca: "la chiusura delle frontiere sta distruggendo l'Europa".

2/3/2016

Si aggrava di giorno in giorno la crisi migranti in Europa, tanto che l'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati avverte: nei primi due mesi dell'anno sono approdate nel Continente oltre 130mila persone, più di quante ne siano arrivate nei primi cinque mesi del 2015. E più di nove su dieci sono sbarcate in Grecia.

Paese dove "il rischio di crisi umanitaria è imminente", avverte l'Onu. Bruxelles intanto prova a forzare la mano, mettendo sul piatto oggi una proposta per erogare 700 milioni in tre anni, da destinare alle crisi profughi e migranti interne all'Europa, che si stanno ormai moltiplicando. Atene da sola ha chiesto mezzo miliardo, per assistere 100mila profughi. Proprio sul confinegreco-macedone, a Idomeni, si vive la situazione più complicata, con 10mila persone ammassate, in attesa di entrare in Macedonia. Skopje ieri ha ricevuto la reprimenda di Bruxelles, che le ha chiesto di applicare la legge internazionale. Per tutta risposta i macedoni hanno aumentato le truppe, temendo un'escalation di proteste. Tutto ciò non basta però per ricompattare l'Europa. Emblematica la dichiarazione del cancelliere austriaco Faymann, in rottura con l'alleato tedesco: "l'Austria non e' la sala d'attesa per la Germania", ha detto, difendendo la politica del suo Governo, che ha posto un tetto all'accoglienza. "Chi e' favorevole ai profughi, come i nostri vicini tedeschi,puo' prenderli direttamente dai centri di smistamento", ha aggiunto. Infine, a Calais sono ripresi i lavori di smantellamento di una parte della "Giungla", la più grande baraccopoli di Francia, che ospita migliaia di migranti.

1/3/2016

Oltre 130mila migranti approdati in Europa nei primi due mesi del 2016, dato superiore persino all'insieme dei primi cinque mesi dello scorso anno: le cifre dell'Alto Commissariato Onu per i Rifugiati dipingono una partenza decisamente critica per l'anno in corso.

Dati che confermano -nella sostanza- il forte incremento segnalato daFrontex la scorsa settimana: confermata anche la Grecia quale punto principale di approdo, con oltre 122mila migranti arrivati, in un Paese di soli 11 milioni. "Il rischio di crisi umanitaria in Grecia è imminente", avverte l'agenzia Onu. Luogo-simbolo resta Idomeni, alla frontiera greco-macedone, dove si stima che i migranti accampati in attesa di passare a nord siano 8500, dopo le restrizioni imposte da Skopje. A Idomeni la situazione resta molto tesa, dopo gli scontri di ieri. Bruxelles intanto si appresta a mettere nero su bianco, domani, la proposta di stanziamento di 700 milioni di euro in tre anni per far fronte a questa crisi umanitaria. Sul piano politico, però, nonostante la visita sulla rotta balcanica del presidente europeo Tusk, che chiede di difendere Schengen, i toni non calano. Il cancelliere austriacoFaymann ha apertamente criticato l'alleato tedesco. "L'Austria non e' la sala d'attesa per la Germania", ha detto, difendendo la politica del suo Governo, che ha posto un tetto-limite all'accoglienza. "Chi e' favorevole ai profughi, come i nostri vicini tedeschi, puo' prenderli direttamente dai centri di smistamento", ha aggiunto. Infine, a Calais sono ripresi i lavori di smantellamento di una parte della "Giungla", la più grande baraccopoli di Francia, che ospita migliaia di migranti.

1/3/2016

In primo piano le ultime dichiarazioni del cancelliere austriaco Werner Faymann, che ha confermato oggi la linea dura intrapresa da Vienna: "l'Austria non e' la sala d'attesa per la Germania", ha detto Faymann, difendendo la politica del suo Governo, che ha posto un tetto limite, che prevede l'accoglienza di 37mila500 richiedenti asilo l'anno.

Faymann ha reagito in toni aspri alle frasi della Merkel, che domenica aveva criticato la politica austriaca: "chi e' favorevole ai profughi, come i nostri vicini tedeschi, puo'prenderli direttamente dai centri di smistamento", ha replicato Faymann, che oggi ha incontrato il presidente europeo Tusk. "Tornare ad applicare le regole di Schengen e' l'unico modo di conservare Schengen", ha ribadito Tusk, che ha lanciato un appello ad aiutare la Grecia. Intanto arrivano nuove cifre sugli sbarchi nei primi due mesi di quest'anno: sono 131mila724 i migranti e rifugiati giunti sulle coste europee attraverso il Mediterraneo. Oltre il 90% di loro sono sbarcati in Grecia, secondo l'Alto commissariato Onu per i rifugiati. La cifra e' superiore a quella registrata dopo i primi 5 mesi del 2015. Sul fronte della cronaca, appare sempre più precaria la situazione nel campo di Idomeni, al confine greco-macedone, dove si stimano 8500 persone accampate in attesa di varcare la frontiera. Oggi nuove proteste da parte dei migranti. E a Calais sono ripresi i lavori di smantellamento di una parte della "Giungla" la più grande baraccopoli di Francia, che ospita migliaia di migranti.

1/3/2016

La tensione esplode nell'ultimo giorno di febbraio, alle frontiere esterne e interne dell'Europa, sotto la pressione di un'onda migratoria che comincia a sbattere contro i muri eretti lungo la rotta balcanica.

La miccia viene innescata sul posto di confine di Idomeni, tra Grecia e Macedonia, dove l'effetto combinato del filtro quotidiano deciso dalle autorità macedoni, che consentono l'ingresso a poche centinaia di profughi certificati, e della frustrazione crescente dei settemila migranti che vivono ormai accampati in condizioni al limite dell'umano, ha prodotto scontri sulla linea di frontiera. Tutto è iniziato col tentativo -da parte di alcune decine di profughi- di sfondare la recinzione metallica e di filo spinato che demarca il confine. Tentativo riuscito, ma subito contrastato dalla polizia macedone, che ha reagito con lacrimogeni e bombe assordanti. Una trentina i feriti, tra cui diversi bambini. Tensione anche a Calais. Qui a creare problemi è stata la decisione dell'avvio dello smantellamento della cosiddetta "Giungla", un conglomerato di disperazione, divenuto da mesi parcheggio per alcune migliaia di migranti in attesa di passare dall'altro lato della Manica. Le autorità transalpine hanno puntato tutto sulla persuasione dei migranti a lasciare i ripari di fortuna, per trasferirsi nei container predisposti da settimane. Anche qui però -nonostante lo smantellamento sia stato parziale- non sono mancati momenti difficili, con l'incendio di alcune baracche e il lancio di lacrimogeni. Gli operai hanno dovuto lavorare circondati da un cordone di protezione delle forze dell'ordine. Nel pomeriggio lavori sospesi, dopo i primi incidenti.

29/2/2016

Escalation della tensione sul confine greco-macedone, dove il progressivo accumulo di rifugiati al confine, a causa dei limiti stringenti giornalieri introdotti da Skopje per l'ingresso dei profughi, sta portando a una situazione esplosiva.

7000 i migranti stimati accampati sul versante ellenico del confine, in condizioni di accoglienza e igienico sanitarie estremamente precarie. A ora di pranzo la frustrazione è esplosa, col tentativo -da parte di alcune decine di profughi- di sfondare la recinzione metallica e di filo spinato che demarca la frontiera. Tentativo riuscito, ma subito contrastato dalla polizia macedone, che ha reagito con lacrimogeni e bombe assordanti. Una trentina i feriti, tra cui diversi bambini. Tensione anche a Calais. Qui a creare problemi è stata la decisione dell'avvio dello smantellamento della cosiddetta "Giungla", un conglomerato di disperazione, divenuto da mesi parcheggio per alcune migliaia di migranti in attesa di passare dall'altro lato della Manica. Come spiega Fabienne Buccio, prefetto di Pas-de-Calais, le autorità transalpine hanno puntato tutto sulla persuasione dei migranti a lasciare i ripari di fortuna, per trasferirsi nei container predisposti da settimane. Anche qui però -nonostante lo smantellamento sia parziale- non sono mancati momenti difficili, con l'incendio di alcune baracche e il lancio di lacrimogeni. Intanto la Commissione Europea passa al contrattacco, facendo sapere che non e' escluso l'avvio di procedure di infrazione verso quei Paesi che si rifiutano di procedere con i ricollocamenti. Anche l'Austria, che introdotto tetti per i migranti, rischia una procedura.

29/2/2016

Giornata di alta tensione sul fronte migranti, con la situazione al confine greco-macedone e quella a Calais che è sembrata -per motivi diversi- sul punto di esplodere.

Nei pressi del punto di frontiera greco-macedone di Idomeni i migranti hanno caricato contro la recinzione metallica e di filo spinato eretta dalle autorità locali per impedire passaggi di massa. I profughi hanno abbattuto parte della barriera e la polizia macedone li ha respinti con lacrimogeni e bombe assordanti. Almeno 30 persone, compresi un gran numero di bambini, sono rimaste ferite. Ricordiamo che sono diverse migliaia i migranti e profughi ammassati in territorio greco, e che vengono fatti passare con il contagocce: non piu' di 580 persone al giorno. Situazione difficile anche nella 'Giungla' dei migranti a Calais, dove la polizia ha risposto con i lacrimogeni al lancio di pietre da parte di "alcuni migranti" e "attivisti no-border". Gia' da questa mattina gli agenti hanno formato cordoni di protezione intorno agli operai intenti a smontare tende e capanne. Intanto, da Bruxelles si fa sapere che non e' escluso che la Commissione possa avviare procedure di infrazione verso quei Paesi che si rifiutano di fare i ricollocamenti, dato che si tratta di decisioni legali vincolanti. Una procedura di infrazione non e' esclusa nemmeno nei confronti dell'Austria, dopo la sua decisione di stabilire tetti giornalieri per l'accoglienza ed il transito di richiedenti asilo.

29/2/2016

Giornata di alta tensione sul fronte migranti, con la situazione al confine greco-macedone che è sembrata precipitare, quando i migranti accampati nei pressi del punto di frontiera di Idomeni hanno caricato contro la recinzione metallica e di filo spinato eretta dalle autorità locali per impedire passaggi di massa.

I migranti hanno abbattuto parte della barriera e la polizia macedone li ha respinti con dei lacrimogeni e bombe assordanti. Non è chiaro quanti migranti abbiano passato il confine. Si sa però che almeno 30 persone, compresi un gran numero di bambini, sono rimaste ferite. La situazione alla frontiera resta molto tesa, per la presenza di molte migliaia di migranti e profughi ammassati in territorio greco, e che vengono fatti passare con il contagocce: non piu' di 580 persone al giorno. La Macedonia ha anche annunciato di aver avviato lavori di costruzione di una barriera in un altro punto. Intanto, da Bruxelles si fa sapere che non e' escluso che la Commissione possa avviare procedure di infrazione verso quei Paesi che si rifiutano di fare i ricollocamenti, dato che si tratta di decisioni legali vincolanti. Una procedura di infrazione non e' esclusa nemmeno nei confronti dell'Austria, dopo la sua decisione di stabilire tetti giornalieri per l'accoglienza ed il transito di richiedenti asilo. E sempre la Commissione sta analizzando il piano di emergenza sull'immigrazione trasmesso dalla Grecia.

19/2/2016

Dovrebbe finalmente tenersi tra un'ora la sessione plenaria a 28 per chiudere l'intesa sulla Brexit. Riunione che avviene con ben dieci ore di ritardo, segnate da un'infinità di riunioni bilaterali, che hanno fatto perno sul premier britannico Cameron.

L'ultima riunione coi vertici delle istituzioni europee nel tardo pomeriggio, ma già stamattina alle 11 Cameron aveva cominciato i suoi incontri. Restano da chiudere punti importanti, sull'accordo che dovrà regolare le relazioni future tra Londra e l'Europa: in primis la ridefinizione dei sussidi di welfare per i lavoratori europei che si trasferiscono Oltremanica. Londra li vuole congelare per un numero definito di anni - 7 o 13, comprendendo anche quelli per i figli a carico. Ma anche la Danimarca vuole poterlo fare. Altra spina dei colloqui lo scontro franco-inglese sullo status speciale che Londra chiede per la sua City all'interno del settore finanziario. Parigi non vuole concedere troppi privilegi in materia di governance dell'Eurozona. Parlando a France Inter, il presidente francese Hollande ha detto: "si trovera' un compromesso, lo spero". Ma poi ha avvertito: "il Regno Unito non puo' avere il diritto di veto su cio' che facciamo". Come se non bastasse, aleggia la minaccia greca di bloccare tutto, se gli altri 27 Paesi non si impegneranno a garantire il mantenimento delle frontiere aperte almeno fino a metà marzo. Pare però che su questo punto la mina sia stata disinnescata. E qui la questione Brexit si incrocia pericolosamente con l'altro tema-principe di questa due -o forse ormai- tre-giorni di Bruxelles. La questione immigrazione.

19/2/2016

Stanze prenotate anche per la prossima notte a Bruxelles - le delegazioni dei 28 Paesi europei hanno prontamente eseguito l'ordine di prolungare il vertice almeno fino alla serata -o notte- di oggi. Questo venerdì è stato caratterizzato da una girandola di incontri bilaterali al vertice europeo, che hanno visto al centro la figura del premier britannico Cameron.

E' infatti la questione della ridefinizione dei rapporti tra Bruxelles e Londra -giornalisticamente tradotta come Brexit- a tenere banco oggi, prolungando all'infinito i lavori. Fonti britanniche hanno riferito poco fa che i negoziati proseguono, in quanto ci sono ancora delle questioni di risolvere. Da parte sua Cameron ha dovuto cancellare il Consiglio dei Ministri previsto a Londra stasera, nel quale avrebbe -nelle intenzioni originali- dovuto annunciare la data del referendum popolare sul futuro della Gran Bretagna in Europa. Restano aperti soprattutto i nodi relativi ai sussidi per i migranti comunitari che trasferiscono la propria residenza Oltremanica, insieme allo status della City britannica all'interno del mercato unico finanziario. Da neppure un'ora è in corso l'ultima riunione tra Cameron e i vertici dell'Unione Europea: l'obiettivo è convocare una sessione plenaria con tutti i 28 leader alle 20, con nove ore di ritardo sulla tabella di marcia.

19/2/2016

Di rinvio in rinvio dovrebbe finalmente iniziare in questi minuti la cosiddetta "colazione dei 28 leader", trasformata ora in un più generico "pasto", in un summit che si sta prolungando ormai alle calende greche.

Nodo del contendere ancora la Brexit, vale a dire l'intesa su una relazione riformata tra Londra e Bruxelles, che David Cameron sottoporrà poi a referendum. La mattina è stata caratterizzata da una girandola di incontri bilaterali, che hanno visto protagonista proprio Cameron. Avete appena ascoltato l'inizio dell'incontro di Cameron con le istituzioni europee - il premier britannico ha visto nel frattempo anche Renzi e Merkel, tra gli altri. Le ultime novità da Bruxelles fanno presagire un finale positivo - così almeno sostengono le fonti polacche, uni dei Paesi più coinvolti nel negoziato. Ci sarebbe insomma un avvicinamento delle posizioni sul taglio dei sussidi agli immigrati che si spostano Oltremanica. Mistero invece su un possibile veto greco all'intesa globale: Tsipras avrebbe minacciato di tenere tutto bloccato sulla Brexit per un altro mese, se gli altri 27 partner non daranno garanzie precise sulle frontiere interne, impegnandosi a non chiuderle nelle prossime quattro settimane. Un portavoce ellenico ha poi negato che esista un veto formale da parte di Atene, ma nella sostanza lo ha lasciato intendere.

19/2/2016

L'Austria apre ufficialmente un altro fronte in Europa sui migranti, dopo l'annuncio dell'introduzione di quote giornaliere per i profughi - non più di 80 domande di asilo al giorno, e non oltre 3200 migranti in transito, a patto che si spostino poi in un Paese confinante.

Il tetto che l'Austria intende imporre sull'accoglienza dei richiedenti asilo "sarebbe chiaramente incompatibile con le leggi europee e internazionali", ha contestato il Commissario europeo Avramopoulos. Bruxelles annuncia che "verifichera' lalegalita'" di queste misure. Anche il presidente della Commissione Juncker è esplicito: "queste decisioni non mi piacciono". Ma il cancelliere austriaco Faymann non fa marcia indietro: "dal punto di vista politico, e' impensabile che l'Austria accolga tutti i richiedenti asilo d'Europa", ha sentenziato. La mossa austriaca potrebbe scoperchiare un ulteriore calderone di misure "fai da te" sulla rotta balcanica: la Serbia, Paese candidato all'ingresso in Europa, ha detto che copierà Vienna, mentre la Slovenia userà l'esercito per contenere il flusso di profughi. Grande assente ieri la Turchia, dopo i fatti di Ankara: tuttavia, la pressione europea per contenere il flusso di migranti si è fatta sentire suErdogan. Il tutto mentre la Commissione Europea prepara per aprile la bozza del nuovo regolamento di Dublino. Regolamento -nella sua attuale versione- ieri nel mirino del premier Renzi.

18/2/2016

Gran Bretagna e migranti al centro del summit che si è aperto stasera a Bruxelles... summit che rischia di fare le ore piccole.

In primo piano il tema dei temi, l'intesa sulle proposte di riforma britanniche per mantenere Londra nell'Unione Europea. Intesa che sarà successivamente sottoposta a referendum. Arrivando al summit, il premier Cameron ha promesso di combattere per un buon accordo per la Gran Bretagna, e che non cederà ad un'intesa a qualsiasi costo. Se le istituzioni comunitarie ondeggiano tra chi pronostica "un la va o la spacca" e chi ostenta una timida fiducia, la Francia frena sull'ipotesi di concedere troppa libertà di veto ai singoli Paesi sui dossier. Il premier Matteo Renzi si dice -dal canto- suo ottimista. Proprio Renzi ha commentato l'altro tema, la crisi migranti: "il 2015 ha sancito che Dublino e' fallito, ha fallito. Capisco che ci siano alcuni Paesi che dicano il contrario. Per anni l'Europa ha messo la polvere sotto il tappeto. Ora ne dovremo parlare, in questo e nei prossimi Consigli". Intanto è scontro tra l'Austria e Bruxelles, dopo che Vienna ha annunciato l'intensificazione dei controlli ai confini, e ha annunciato quote di ingresso giornaliere, anche ai valichi con l'Italia. Il tetto che l'Austria intende imporre sull'accoglienza dei richiedenti asilo "sarebbe chiaramente incompatibile con le leggi europee e internazionali", ha contestato il Commissario europeo Avramopoulos. La Commissione "verifichera' la legalita'" di queste misure. Ma il cancelliere austriaco Faymann non fa marcia indietro: "dal punto di vista politico, e' impensabile che l'Austria accolga tutti i richiedenti asilo dell'Europa", ha sentenziato.

13/2/2016

"Seguiamo attentamente la volatilità sui mercati, e -se necessario- siamo pronti ad agire e a fare proposte su come rafforzare la ripresa economica europea, in modo che non resti compromessa da questa stessa volatilità".

Parla al termine dell'Ecofin -e soprattutto a conclusione di una settimana vissuta sull'ottovolante dei mercati, tra tonfi e rimbalzi in serie- il vicepresidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis. Lo fa in una situazione di crescita che resta abbastanza anemica, nel Continente: solo tre decimali in positivo per l'Eurozona nel quarto trimestre - in media con la locomotiva tedesca, che mantiene un passo costante. A preoccupare ci sono così l'Italia, in frenata, e soprattutto la Grecia, che finisce nuovamente in recessione, perdendo ben sei decimali nel trimestre, con mesi di fuoco ora all'orizzonte - tra il rischio del riaffacciarsi dellaGrexit, abbinato alla possibile espulsione -anche temporanea- da Schengen. Sullo sfondo il riacutizzarsi delle tensioni sociali: ieri scontri violenti tra polizia e agricoltori ad Atene. Questi ultimi protestavano contro la riforma delle pensioni e l'aumento della pressione fiscale.

12/2/2016

La Nato entra ufficialmente nella crisi migranti, con una missione messa in piedi a tempo di record -solo tre giorni- dopo il decisivo incontro tra Angela Merkel e il premier turco a inizio settimana.

L'annuncio ufficiale arriva per bocca del segretario generale Stoltenberg: la missione farà perno sulle navi dello Standing Maritime Group 2, già dislocate nel Mar Egeo. Obiettivo primario sarà la lotta ai trafficanti di esseri umani, anche attraverso la raccolta di informazioni. La missione avverrà in cooperazione con l'agenzia europea Frontex. La vera novità sarà che i migranti raccolti in mare saranno riportati in Turchia. E non potranno raggiungere l'Europa. L'annuncio non ha allentato le tensioni tra Bruxelles e Ankara: ieri il presidente turco Erdogan ha confermato di aver minacciato l'Unione tre mesi fa, paventando un'invasione di tre milioni di profughi, al fine di ottenere il raddoppio dei tre miliardi promessi nel piano congiunto. E l'ambasciatore turco a Bruxelles ha bollato come "inaccettabile" il progetto comunitario di accogliere 250mila profughi siriani, in cambio della garanzia di frontiere sigillate nel Mar Egeo. In un clima di fiducia ai minimi, la Germania ha annunciato l'estensione dei controlli alle frontiere fino a metà maggio, in attesa di capire se la Grecia riuscirà a costruire l'argine richiesto. Dagli Stati Uniti il presidente della Repubblica Mattarella richiama i Paesi europei alle loro responsabilità.

11/2/2016

L'annuncio ufficiale arriva nel primo pomeriggio, per bocca del segretario generale Jens Stoltenberg: anche la Nato entra in campo nell'emergenza migranti, per fermare il flusso di profughi.

A tempo di record, in soli tre giorni, l'idea di ricorrere all'Alleanza Atlantica per tamponare una crisi che sta mettendo a rischio l'area Schengen si trasforma in realtà: su spinta tedesca e con l'avallo della Turchia, parte dunque la missione, che farà perno sulle cinque navi dello Standing Maritime Group 2, già dislocate nel Mar Egeo. Si comincerà con una raccolta di informazioni: prende immediatamente il via anche la cooperazione con l'agenzia comunitaria Frontex. Stoltenberg ha precisato che -sotto comando tedesco- parteciperanno anche le navi di Grecia e Turchia, senza però effettuare sconfinamenti nelle reciproche acque territoriali. I migranti raccolti in mare saranno automaticamente riportati nella Penisola Anatolica. Il tutto nel giorno in cui il presidente turco Erdogan conferma di aver pesantemente minacciato l'Europa tre mesi fa: a novembre disse ai vertici europei, Tusk e Juncker, che avrebbe inondato la Grecia di tre milioni di profughi, in caso di mancato accordo su un piano comune. E di soldi per tenere i migranti nei campi anatolici. In questo clima ancora teso, la Germania ha esteso fino al 13 maggio i controlli alle frontiere: una sospensione di Schengen attiva da cinque mesi. Di migranti ha parlato a New York il presidente della Repubblica Mattarella: "i muri e i fili spinati eretti per proteggersi e "deviare il traffico", non ci metteranno in condizione di gestire un fatto di dimensioni epocali".

8/2/2016

Confini ancora chiusi, ma pronti -se necessario- a far entrare i migranti che si stanno ammassando al confine turco-siriano. La Turchia fa buon viso a cattivo gioco, di fronte alla marea umana che sta già premendo alle sue frontiere, e che potrebbe arrivare a quota 100mila nei prossimi giorni.

C'è chi sospetta una deliberata manovra turca di creare una zona-cuscinetto in territorio siriano, dove concentrare i migranti. Anche se il Governo di Ankara ribatte che ormai la capacità di accoglienza è al limite. Indubbio comunque il fatto che l'incremento esponenziale di profughi sia dovuto all'intensificarsi dell'avanzata congiunta delle forze filoregime di Assad nell'area di Aleppo, appoggiate dai raid aerei russi. La crisi migratoria è stata uno dei temi al centro della cena informale tra la cancelliera tedesca Merkel, il presidente francese Hollande e il presidente dell'Europarlamento Schulz ieri sera nella città alsaziana di Strasburgo. La Merkel, che a Berlino lascia una Grosse Koalition spaccata e litigiosa sul nuovo pacchetto di regole per i richiedenti asilo, vedrà oggi ad Ankara il premier turco Davutoglu, due giorni prima della visita dello stesso Davutoglu a L'Aja. Mercoledì Europa e Turchia dovrebbero mettere a punto -si spera definitivamente- il piano d'azione congiunto sulla crisi migranti, che prevede una maggiore assistenza su suolo anatolico, al fine di evitare sbarchi di massa in Grecia.

7/2/2016

Pronti -se necessario- a far entrare i migranti che si stanno ammassando al confine turco-siriano: il presidente turco Erdogan prova a far scendere la tensione, mentre una nuova ondata di profughi in fuga da Aleppo bussano alle porte di Ankara.

Ormai decine di migliaia quelli intrappolati al di qua del confine. C'è chi sospetta una deliberata manovra turca di creare una zona-cuscinetto in territorio siriano, dove concentrare i migranti. Il cui numero potrebbe presto toccare quota 100mila persone. La crisi migratoria è uno dei temi al centro della cena informale tra la cancelliera tedesca Merkel, il presidente francese Hollande e il presidente dell'Europarlamento Schulz a Strasburgo, insieme ad allerta terrorismo, Brexit, e alle altre crisi che minacciano le fondamenta del progetto comunitario. La Merkel proseguirà poi il suo viaggio proprio verso Ankara, dove domani incontrerà il premier turco Davutoglu, due giorni prima della visita dello stesso Davutoglu a L'Aja. Mercoledì Europa e Turchia dovrebbero mettere a punto -si spera definitivamente- il piano d'azione congiunto sulla crisi migranti, che prevede una maggiore assistenza su suolo anatolico, al fine di evitare sbarchi di massa in Grecia. Intanto la Svezia ha sollecitato le proprie amministrazioni locali a fornire lavoro temporaneo ai rifugiati, per contrastare le crescenti tensioni provocate dall'afflusso di profughi nel Paese.

7/2/2016

Bruxelles chiede ad Ankara di non venir meno ai propri obblighi umanitari, tenendo le frontiere aperte, per far fronte alle decine di migliaia di profughi siriani in fuga da una Aleppo sempre più sotto i bombardamenti del regime. Ma la Turchia fa il gioco delle tre carte, tenendo la crisi migratoria ostaggio dei propri bizantinismi.

In conferenza stampa l'Alto Rappresentante Europeo Mogherini insiste sul dovere morale e legale di "non respingere chi ha bisogno di protezione internazionale. Il finanziamento europeo alla Turchia serve a fornire ad Ankara le risorse necessarie", puntualizza la Mogherini. E su questo si consuma il più surreale dei confronti a distanza. "Il nostro confine è aperto", annuncia Mevlüt ÇAVUSOGLU, Ministro degli Esteri turco. Che puntualizza: "abbiamo già ricevuto già 5000 profughi, altri cinquantamila sono in arrivo, non possiamo lasciarli soli mentre le forze del regime siriano li attaccano. Bisogna fermare Russia e Iran", contrattacca Cavusoglu. Intanto però i profughi al confine turco-siriano sfiorano i 40mila arrivi al giorno, e le testimonianze sul posto non confermano la tanto sbandierata politica dei "confini aperti". Anzi, parlano di cancelli chiusi nei punti di passaggio. Così si cominciano a creare campi di aspiranti rifugiati al di qua del confine. In tutto questo l'Europa resta divisa sulla crisi, con l'ennesimo attacco ungherese contro la Grecia. Budapest vuole Atene fuori dallo spazio Schengen. Ma l'Europa -almeno fino ad aprile- non abbandonerà Atene.

6/2/2016

L'Europa chiede alla Turchia di tenere le frontiere aperte, mentre la nuova ondata di rifugiati dalla Siria si ammassa ai confini. Al termine del vertice informale dei Ministri degli Esteri ad Amsterdam va in scena l'ennesimo -surreale- negoziato diplomatico tra un'Europa divisa e una Turchia avvolta nei suoi bizantinismi.

In conferenza stampa l'Alto Rappresentante Europeo Mogherini insiste sul dovere morale e legale di "non respingere chi ha bisogno di protezione internazionale. Il finanziamento europeo alla Turchia serve a fornire ad Ankara le risorse necessarie", puntualizza la Mogherini. E su questo si consuma il più surreale dei confronti a distanza. "Il nostro confine è aperto", annuncia Mevlüt ÇAVUSOGLU, Ministro degli Esteri turco. Che puntualizza: "abbiamo già ricevuto già 5000 profughi, altri cinquantamila sono in arrivo, non possiamo lasciarli soli mentre le forze del regime siriano li attaccano. Bisogna fermare Russia e Iran", contrattacca Cavusoglu, prima di negare che i flussi dalla Turchia alla Grecia siano in crescita, quest'anno. Intanto i profughi al confine turco-siriano sfiorano i 40mila arrivi al giorno, e le testimonianze sul posto non sembrano confermare la sbandierata politica dei "confini aperti". In tutto questo arriva l'ennesimo attacco ungherese contro la Grecia: "a sud siamo senza difese. Se Atene non e' in grado di proteggere l'area Schengen, l'Europa deve avere un'altra linea di difesa, in Macedonia e Bulgaria", dice il Ministro degli Esteri ungherese Szijjarto. Ma per ora Bruxelles non intende lasciare sola Atene. Almeno fino ad aprile.

6/2/2016

Crescita e occupazione: Matteo Renzi prova a uscire dall'isolamento in Europa, in cui lo ha confinato la guerriglia permanente con Bruxelles. Lo fa prima con una telefonata al presidente francese Hollande, nella quale -come riferito da fonti di Palazzo Chigi- il focus si concentra sulla "necessita' di un rilancio di forte impegno europeista, e di una politica economica centrata sulla crescita e sulla creazione di occupazione".

Un mantra, quest'ultimo, che non è una novità: già nel 2014 Renzi e Hollande avevano rilanciato su questi assi, in opposizione all'austerità tedesca. Hollande però non si espone sulla flessibilità, essendo la Francia già in piena violazione delle regole europee sul deficit. Calorosa l'acccoglienza per Renzi a L'Aja, dove in serata ha incontrato il premier olandese Rutte. Anche Rutte, presidente di turno dell'Unione, insiste su crescita e lavoro. Forse meno semplice la discussione sui migranti, tema sul quale l'Italia si batte con Bruxelles per ottenere tre miliardi di respiro nella manovra. Al momento però l'attenzione europea è più focalizzata sulla frontiera greco-turca. Tornando all'economia, ieri notizie positive, con l'Istat che prevede la prosecuzione della fase di moderata crescita. E l'indicatore dei consumi Confcommercio che -nel complesso del 2015- registra una crescita dell'1,6%, la prima dopo otto anni.

5/2/2016

Tesse la tela diplomatica, il premier Matteo Renzi, per ricucire i rapporti in Europa ed evitare il rischio isolamento su conti e flessibilità.

Dopo lo sterile pareggio del vertice italo-tedesco a Berlino la scorsa settimana, e dopo un'altra settimana di frecciate a distanza sull'asse Roma-Bruxelles, il premier cerca sponde nelle capitali dove i margini di ascolto possono essere maggiori: di qui la telefonata al presidente francese Hollande, della quale -alla fine- è stata prodotta solo una scarna dichiarazione dalle fonti di Palazzo Chigi: "i due leader hanno condiviso la necessita' di un rilancio di forte impegno europeista, e di una politica economica centrata sulla crescita e la creazione di occupazione". Nulla di più: parole che ad un'analisi attenta indicano due cose. La prima: il punto d'incontro tra Roma e Parigi appare ancora centrato sul minimo comune denominatore, crescita e occupazione - obiettivi che non possono non essere condivisi da entrambi. Anche perché furono proprio Renzi Hollande, già nel 2014, a proporre questo mantra, in antitesi all'austerità tedesca. La Francia non può però ufficialmente esporsi troppo sul tema della flessibilità sui conti pubblici, essendo Parigi stessa alla sbarra in Europa per lo sforamento del deficit. Prossimo appuntamento per il premier l'incontro a L'Aja con Mark Rutte, premier olandese e presidente di turno dell'Unione Europea: soprattutto, Rutte è a capo dell'esecutivo in cui siede anche Jeroen Djisselbloem, presidente dell'Eurogruppo.

3/2/2016

No a ulteriori flessibilità sui conti pubblici italiani: il messaggio arriva in doppia battuta da Strasburgo, e gela Roma, nel pieno della crisi diplomatica con l'Europa.

Il primo ad attaccare è il capogruppo popolare Manfred Weber, che chiude ogni margine, in vista del giudizio finale della Commissione Europea sulla nostra legge di stabilità, previsto per maggio. "La Commissione negli ultimi anni ha dato massima flessibilita'. Ma ora anche i commissari socialisti constatano che non ci sono ulteriori margini per una maggiore flessibilita'", dice. Poche ore dopo chiude -almeno per ora- la partita proprio il Commissario all'Economia Moscovici, francese e socialista, tirato in ballo dallo stesso Weber: l'Italia e' gia' il Paese che beneficia di piu' flessibilita', rispetto al resto d'Europa. La discussione proseguira', ma non si puo' senza sosta aprirne di nuove", dice.Moscovici tende anche la mano a Roma, parlando della necessità di uno spirito costruttivo che porti a un compromesso. Domani, salvo sorprese, saranno rese note le nuove previsioni economiche. Dall'Africa Renzi ribadisce la sua linea -"e' finito il tempo in cui l'Europa ci dice cosa dobbiamo fare, vogliamo lavorare ma non prendiamo lezioncine".

2/2/2016

Una storia infinita. Lo scontro tra Italia e Commissione Europea si sposta all'Europarlamento, dove -su sollecitazione dei giornalisti- il capogruppo popolare Manfred Weber, cristiano-sociale bavarese alleato della Merkel, rinnova la sua sfida a distanza con Matteo Renzi: "la Commissione negli ultimi anni ha dato massima flessibilita'.

Ma ora anche i commissari socialisti constatano che non ci sono piu' ulteriori margini per maggiore flessibilita'", dice. Segnale chiaro, dal centrodestra: Roma non esageri a chiedere elasticità sui conti pubblici. Un altro falco, il vicepresidente della Commissione Dombrovskis, per ora si limita a sorvolare, dopo le ultime stoccate dall'Africa di Renzi: "non intendo affrontare schermaglie verbali". Bruxelles rimanda ormai alle prossime scadenze: giovedì, salvo sorprese, saranno rese note le nuove previsioni economiche, battistrada essenziale per instradare il giudizio finale europeo sulla nostra legge di stabilità, a maggio. Dall'Africa Renzi ribadisce la sua linea -"e' finito il tempo in cui l'Europa ci dice cosa dobbiamo fare, vogliamo lavorare ma non prendiamo lezioncine".

2/2/2016

"Caro Matteo": prende carta e penna il presidente della Commissione Juncker, per confermare ufficialmente quanto anticipato poche ore prima dal suo portavoce. E cioè che i contributi nazionali al fondo di assistenza per la Turchia, necessario a tamponare l'inesauribile flusso di rifugiati verso l'Europa, non saranno computati nel calcolo del deficit. Per l'Italia si tratta di 281 milioni.

La realtà è che questa decisione è vecchia di un mese e mezzo, come ha puntualizzato Bruxelles. Contenuta in un documento tecnico post-vertice europeo. "A questo punto daremo il nostro contributo alla Turchia per salvare esseri umani", si è affrettato ad annunciare il premier Matteo Renzi. Il quale ora ha un'altra partita da vincere: la flessibilità su tutte le spese sostenute da Roma per l'emergenza migranti. Si rivendicano tre miliardi: la risposta arriverà in primavera. Anche per questo il premier apre subito un altro fronte con l'Europa: definisce "kafkiana" la procedura di infrazione comunitaria per la mancata registrazione dei profughi, attacca i "professionisti dello zero virgola", rivendica come l'Italia abbia salvato vite umane mentre l'Europa si girava dall'altra parte, fino alla stoccata: "il nostro mestiere e' guidare l'Europa, non andare in qualche palazzo di Bruxelles a prendere ordini".

1/2/2016

"A questo punto daremo il nostro contributo alla Turchia per salvare esseri umani". Il premier Matteo Renzi dal Ghana fa buon viso a cattiva sorte, dopo lo scivolone in cui incappa sui fondi italiani per frenare l'esodo dei rifugiati dalle coste turche. Un totale di tre miliardi a livello europeo, che Roma teneva in ostaggio per la sua parte, chiedendo -in cambio- lo scorporo di queste spese dal patto di stabilità.

"Gli Stati membri sono a conoscenza fin da dicembre che la Commissione non considererà i contributi nazionali al fondo di sostegno per Ankara per la gestione della crisi migratoria, ai fini del patto di stabilità", aveva risposto -in tono seccato- il portavoce comunitario a ora di pranzo, commentando l'ennesima polemica sull'asse Roma-Bruxelles. Bruxelles ha poi precisato che la valutazione generale sulle spese per i migranti sarà fatta ex-post in primavera. Renzi incassa e rilancia: "faremo ogni sforzo per salvare vite umane nel Mediterraneo. Abbiamo salvato, e continueremo a farlo, migliaia di vite mentre l'Europa si girava dall'altra parte". Ma soprattutto, non rinuncia alla polemica con la Commissione: "pensiamo che tutti i migranti siano uguali. Pensare di considerare in modo diverso le spese per salvare i bambini eritrei mi sembra assurdo, solo una perversione burocratica. Ma noi, nonostante i professionisti della polemica provino a rilanciare ancora da Bruxelles, come se ci fossero vite di serie A e di serie B, non cadiamo in provocazioni". Infine la stoccata: "il nostro mestiere e' guidare l'Europa, non andare in qualche palazzo di Bruxelles a prendere ordini".

27/1/2016

"Serie carenze alle frontiere": la Commissione Europea mostra il cartellino giallo alla Grecia, mettendo nero su bianco quanto già -nei fatti- si sapeva: le frontiere elleniche sono porose, e senza una riduzione dei flussi di migranti dalla Turchia manca il filtro necessario che andrebbe garantito, in quanto Paese di primo approdo.

Nello specifico, Bruxelles rimprovera ad Atene di aver "gravemente trascurato i propri obblighi per la gestione delle frontiere esterne. Servono miglioramenti importanti per garantire un'appropriata accoglienza, registrazione, icollocazione o rimpatrio dei migranti, per garantire che Schengen funzioni normalmente, senza controlli alle frontiere interne". La Commissione concede che -rispetto al passato- ci sono stati progressi, ma "resta ancora molto da fare", rimprovera. Ora la Grecia avrà tre mesi per riparare alle carenze,dopodichè potrebbe scattare, tra aprile e maggio, la proposta di attivazione dell'articolo 26 del Trattato di Schengen, che estende a due anni la possibilità di effettuare controlli alle frontiere interne comunitarie. Per il sito online del magazine tedesco Der Spiegel, Atene rischia seriamente l'esclusione dall'area Schengen.

25/1/2016

Immigrazione e terrorismo aprono la settimana in Europa, con la stessa sopravvivenza di Schengen ormai apertamente in discussione. In Germania crepe si aprono nella Cdu di Angela Merkel, sempre più sola al comando.

Il tema rifugiati è da inizio anno in cima all'agenda politica tedesca; a rinfocolarlo arriva il cosiddetto piano "A2" della vicepresidente del partito Julia Kloeckner. "Non è un piano B", precisa lei, ma nei fatti una correzione della strategia fin qui seguita: creare centri di accoglienza ai confini della Germania, dove processare le richieste dei migranti, accogliendo chi ne ha titolo ed espellendo direttamente i clandestini, così da ridurre i flussi. L'agenda dei Ministri dell'Interno europei, che si riuniscono oggi ad Amsterdam per un vertice informale, trabocca di proposte che minerebbero alla base l'area Schengen, già sospesa da sei Paesi su 26: i nordici, Germania inclusa, puntano a mantenere i controlli attivi per un numero maggiore di mesi, fino a due anni. C'è anche chi punta a a rafforzare il confine greco-macedone, isolando nei fatti Atene e lasciandola da sola a fronteggiare la crisi, e chi vuole escludere la Grecia tout court da Schengen. Provocazioni, spesso, in un clima tutt'altro che sereno. Ciò che è certo è che l'orologio corre, e la stessa presidenza di turno olandese ha fissato per metà marzo la scadenza per trovare una soluzione, riducendo il flusso di rifugiati, prima che Schengen collassi. Parallelamente, si lavora alla costituzione di un corpo europeo di guardie di frontiera, da varare entro giugno.

24/1/2016

Ancora in piazza. Migliaia di polacchi sono scesi in strada ieri a protestare, sfidando temperature sottozero, per lanciare un ulteriore avvertimento al Governo di destra, nel pieno del braccio di ferro tra Varsavia e l'Europa.

Oggetto del contendere l'ennesimo progetto di legge che mette la Polonia, Paese di riferimento dell'est-Europa, nel solco di quella che è già stata definita una "orbanizzazione" del suo sistema democratico - dal nome del controverso premier ungherese Viktor Orban. Il Governo del PIS, manovrato dietro le quinte da Jaroslaw Kaczinski, dopo aver paralizzato di fatto la Corte Costituzionale, riducendone i poteri, e aver messo l'intera emittenza pubblica radiotelevisiva ai propri ordini, ha appena messo in cantiere misure mirate a incrementare il controllo sui dati digitali e telematici, aumentando i poteri di sorveglianza della polizia sul web. L'ennesima provocazione, stavolta in senso orwelliano, per chi accusa la destra polacca di forzare la mano, minacciando le fondamenta democratiche del Paese. Manifestazioni di protesta si sono tenute in oltre 30 città, con cortei pure all'estero, organizzati dai numerosi emigrati. Il motto degli organizzatori è stato: "In difesa della vostraliberta'". Per Bruxelles un'altra brutta gatta da pelare, nel pieno dell'inchiesta avviata contro Varsavia in merito al rispetto dello stato di diritto.

23/1/2016

Va al contrattacco, il giorno dopo aver alzato bandiera bianca, il premier spagnolo Mariano Rajoy. L'obiettivo è il Partito Socialista di Pedro Sanchez, candidato naturale a insidiarne il posto alla Moncloa, sede del Governo iberico.

"Essere premier non significa ipotecarsi e umiliarsi. Abbiamo bisogno di un presidente del Consiglio con dignità", dice Rajoy. La verità è che, a oltre un mese dal voto, la situazione politica in Spagna resta più fluida che mai. Proprio Sanchez ha fatto sapere che -al riprendere delle consultazioni col Re, la prossima settimana- ribadirà che deve essere il Partido Popular di Rajoy ad avere ancora una volta la prelazione nell'investitura. Quella stessa investitura rifiutata dal PP poche ora fa, con la motivazione che non c'è la maggioranza parlamentare necessaria a sostenerla. Chi vedeva in questa mossa un'autostrada aperta per la candidatura del leader socialista ha dovuto correggere il tiro: Sanchez rischia, come accusa Rajoy, di trovarsi ora in balia dei ricatti della sinistra di Podemos. Pablo Iglesias ha subito colto l'attimo di incertezza per proporre ai Socialisti un Governo di coalizione, insieme a Izquierda Unida. Coalizione pur sempre di minoranza, ma più robusta -politicamente- dell'isolato Rajoy. Sanchez, per sottrarsi all'abbraccio potenzialmente soffocante di Iglesias, ha così contattato il leader di Ciudadanos Rivera per aprire un dialogo. Tutto è ancora possibile, con un leggero vantaggio tattico per un'ipotetica coalizione di centrosinistra, alla portoghese. All'orizzonte, pure le elezioni anticipate. Davvero un bel rompicapo per Re Felipe VI.

23/1/2016

Getta acqua sul fuoco delle polemiche sulle banche il presidente Bce Mario Draghi, dopo i sussulti e i crolli finanziari in Borsa delle ultime settimane, seguiti alla lettera della Bce.

"In Italia c'e' stata un'errata interpretazione della lettera che abbiamo inviato, su come i Paesi stanno gestendo i crediti in sofferenza". Draghi precisa -dal palcoscenico diDavos- il senso delle sue parole dopo l'ultima riunione del board Bce, sul tema dei crediti bancari deteriorati, rassicurando una volta di più i mercati. Draghi ribadisce che da parte della vigilanza europea non ci sono nuove richieste di accantonamento agli istituti di credito, ma non nasconde che ci vorranno anni per risolvere il problema delle sofferenze accumulate. Più in generale, il presidente Bce ha ribadito quanto detto a Francoforte: "abbiamo numerosi strumenti" per far risalire l'inflazione, che "davvero" e' lontana dall'obiettivo prossimo al 2%. Spiega Draghi: le prospettive inflazionistiche sono cambiate, e "c'e' meno da essere ottimisti" non solo per il forte calo dei prezzi petroliferi, ma anche per "la revisione al ribasso delle prospettive di crescita delle economie emergenti". Il presidente Bce commenta anche le strade divergenti che hanno imboccato Bce e Fed: la divergenza fra i tassi negli Stati Uniti, ora al rialzo, e la Bce, che resta in una posizione espansiva, e' "del tutto naturale".

22/1/2016

"In Italia c'e' stata un'errata interpretazione della lettera inviata dalla Bce su come i Paesi stanno gestendo i crediti in sofferenza". Mario Draghi precisa -a Davos- il senso delle sue parole dopo l'ultima riunione del board Bce, sul tema dei crediti bancari deteriorati, rassicurando una volta di più i mercati, dopo i sussulti di queste prime settimane.

Più in generale, il presidente Bce ha ribadito quanto detto a Francoforte: "abbiamo numerosi strumenti" per far risalire l'inflazione, che "davvero" e' lontana dall'obiettivo prossimo al 2%. Spiega Draghi: le prospettive inflazionistiche sono cambiate, e "c'e' meno da essere ottimisti" non solo per il forte calo dei prezzi petroliferi, ma anche per "la revisione al ribasso delle prospettive di crescita delle economie emergenti". Il presidente Bce commenta anche le strade divergenti che hanno imboccato Bce e Fed: la divergenza fra i tassi negli Stati Uniti, ora al rialzo, e la Bce, che resta in una posizione espansiva, e' "del tutto naturale". Infine un accenno all'emergenza profughi: in Europa rappresentera'per i prossimi anni una sfida enorme, ma anche un'opportunita', che richiederà "il piu' grande progetto di investimenti pubblici che ci sia stato in molti anni".

22/1/2016

Scalda i motori, il presidente della Bce Mario Draghi, in vista di un 2016 partito già in salita. Per rassicurare i mercati già in fibrillazione, annuncia la terza serie di misure di stimolo per marzo, a un anno di distanza dal Quantitative Easing, rafforzato solo un mese fa.

Con decisione unanime del board, questo ci tiene a precisarlo, il presidente Bce anticipa che tra due mesi sarà rivista la politica monetaria di Francoforte. Probabili quindi nuove misure di stimolo, per le quali "non ci saranno limiti". Questo perché -dice Draghi- "i rischi al ribasso sono aumentati, c'e' volatilita' e l'inflazione resta debole. Senza contare gli attuali rischi geopolitici e l'instabilità nelle economie emergenti. Proprio l'inflazione, la grande promessa mancata della Bce, resta in cima alle preoccupazioni: Francoforte è pronta ad agire e a mettere in campo tutti gli strumenti a sua disposizione per raggiungere l'obiettivo di un tasso vicino ma inferiore al 2%, garantisce Draghi. A preoccupare è soprattutto il calo del greggio, che potrebbe innescare una spirale al ribasso, in grado di contagiare altri segmenti: un'ulteriore discesa dell'inflazione nel primo semestre è un'ipotesi concreta, ma i prezzi dovrebbero risalire nel secondo. Altra grande questione le banche: "nessun nuovo e inatteso accantonamento, o nuove richieste di maggior capitale per gli istituti di credito sara' avanzato dalla Vigilanza", dice Draghi, che tranquillizza sullapatrimonializzazione di quelle italiane, prima di togliere ogni urgenza alla questione dei crediti deteriorati.

21/1/2016

Misure di stimolo e banche: il presidente della Bce Mario Draghi corre a tamponare le falle apertesi nell'Eurozona in questo primo scorcio d'anno, rassicurando i mercati.

Dopo aver lasciato i tassi invariati, Draghi annuncia che -su decisione unanime del board- a marzo sarà rivista la politica monetaria di Francoforte. Probabili quindi nuove misure di stimolo. Questo perché -dice il presidente della Bce- "i rischi al ribasso sono aumentati, c'e' volatilita' e l'inflazione resta debole. Senza contare gli attuali rischi geopolitici e l'instabilità nelle economie emergenti. Proprio l'inflazione, la grande promessa mancata delle Bce, è in cima alle preoccupazioni: la Bce è pronta ad agire e a mettere in campo tutti gli strumenti a sua disposizione per raggiungere l'obiettivo di un tasso vicino ma inferiore al 2%, garantisce Draghi. A preoccupare è soprattutto il calo del greggio, che potrebbe innescare una spirale al ribasso in grado di contagiare anche altri segmenti: un ulteriore ribasso inflazionistico nel primo semestre è concreto, ma i prezzi dovrebbero risalire nel secondo. Altra grande questione le banche: "nessun nuovo e inatteso accantonamento, o nuove richieste di maggior capitale per gli istituti di credito sara' avanzato dalla Vigilanza", dice Draghi, che tranquillizza sullapatrimonializzazione di quelle italiane, prima di togliere ogni urgenza alla questione dei crediti deteriorati.

21/1/2016

Il presidente della Bce Mario Draghi fissa per marzo la prossima scadenza per una revisione della politica monetaria, nel pieno della tempesta che ha scosso -negli ultimi giorni- i mercati. Una decisione su cui ha ottenuto l'unanimità del board, ci tiene a precisare.

La Bce "e' pronta ad agire" e a "mettere in campo tutti gli strumenti a sua disposizione entro il suo mandato" per raggiungere l'obiettivo di un tasso d'inflazione vicino ma sotto il 2%, ha chiarito Draghi, rievocando la formula del "whatever it takes" -targata 2012- per salvare l'euro. Ora il problema è anche legato all'inflazione, ben lontana dagli obiettivi, nonostante le promesse fatte. Al punto che i tassi inflazionistici potrebbero persino scivolare in negativo nel corso di questo primo semestre, per poi risalire. Draghi ha pure puntualizzato come -con l'inizio dell'anno- i rischi al ribasso siano nuovamente aumentati: "c'e' volatilita' - dice. Un altro problema -e l'Italia lo sa bene- riguarda le banche: "nessun nuovo e inatteso accantonamento o nuove richieste di maggior capitale per gli istituti di credito sara' avanzato dalla Vigilanza", dice Draghi, che precisa: "quelle italiane hanno un livello di patrimonializzazione nella media dell'Eurozona, ed un alto livello di garanzie e collaterale". Sui crediti deteriorati afferma: "il questionario inviato alle banche non e' una iniziativa che vuole spingerle a risolvere urgentemente il tema dei crediti, sappiamo che ci vuole molto tempo". Le parole del presidente della Bce hanno avuto effetti estremamente positivi a Piazza Affari, che è schizzata sopra quota 3%.

20/1/2016

Un ambasciatore "politico". La contromossa di Matteo Renzi, di fronte al montare dello scontro con Bruxelles, può sembrare una sorpresa. Ma in realtà nasconde alcuni messaggi.

Il primo è -se vogliamo- una sfida all'Europa: l'apprezzato rappresentante Sannino, un pedigree di lungo corso proprio all'interno della Commissione Europea, e forse proprio per questo ritenuto troppo vicino al "nemico", esce di scena. Le prime indiscrezioni sul malumore di Renzi nei suoi confronti emersero già un mese fa, ma il premier fece di tutto, di fronte ai giornalisti, per sopire la questione. Un mese dopo, il cambio è arrivato. Magari d'impeto, sull'onda della guerriglia permanente con l'Europa. Ma il disegno era pre-esistente. Il secondo messaggio è allo stesso corpo diplomatico: se del cambio della guardia si sapeva, nessuno si immaginava Carlo Calenda, viceministro allo Sviluppo Economico. Uno schiaffo virtuale alla Farnesina e al suo corpo diplomatico, con la scelta di un metodo che appare molto americano, nei modi. E che rompe una tradizione. Anche perchè il profilo di Calenda è sui generis persino per la politica: a lungo manager sia in azienda che per Confindustria, Calenda -poco più che quarantenne- vi approda solo di recente, con Scelta Civica, che lascerà poi per aderire al PD. Negli ultimi anni ha seguito da vicino il Commercio Estero, guidando delegazioni del sistema-Italia nei principali mercati mondiali. E lavorando per incrementare gli investimenti esteri nel Paese. Proprio recentemente ha segnato un punto a favore in una battaglia giudicata fondamentale da Roma: far slittare di sei mesi la decisione sul riconoscimento dello status di economia mercato alla Cina.

19/1/2016

Bruxelles accusa: serve il "numero di telefono" da chiamare a Roma. Anche per questo semplici problemi di comunicazione possono trasformarsi in problemi politici.

Tre giorni dopo la sfuriata del presidente della Commissione Juncker, tocca a fonti del suo esecutivo aggiustare il tiro e fare chiarezza, rinfocolando la polemica a distanza con il Governo Renzi. Bruxelles accusa l'Italia di non avere un interlocutore di riferimento con l'Europa. Roma è poco presente sui dossier che contano, e nel dialogo, che dovrebbe essere costante, tra emissari di Governo e uffici della Commissione. Nel mirino non ci sono nè il nostro ambasciatore permanente Sannino, peraltro inviso a Renzi, ma apprezzato a Bruxelles. Nè i Ministeri. Occorre pure ricordare che -a differenza dei Governi precedenti- non abbiamo più un Ministro per gli Affari Europei, ma un sottosegretario delegato, Gozi. E forse qui sta il punto. Le fonti europee dettagliano i dossier più caldi sui quali Italia ed Europa registrano criticità: su tutti, i forti margini di flessibilità richiesti e il giudizio comunitario sulla manovra, che arriverà non prima di maggio. Sui migranti c'è invece la procedura aperta sulla loro registrazione, e il contemporaneo blocco italiano dei tre miliardi destinati alla Turchia; infine il capitolo banche, con bad bank e salvataggi dei quattro istituti. Getta acqua sul fuoco l'Alto Rappresentante Europeo Mogherini -"i canali tra Europa e Italia sono sempre aperti"- mentre gli eurodeputati PD si schierano col Governo e chiedono un chiarimento tra Roma e Bruxelles.

18/1/2016

"Nessun interlocutore": la Commissione Europea decide di rispondere colpo su colpo, alle sortite del premier Renzi sull'Europa, e dettaglia i motivi di un ormai conclamato malessere sull'asse Bruxelles-Roma.

Ciò non avviene con una dichiarazione pubblica, come fatto dal presidente dell'esecutivo Juncker venerdì, ma con commenti a microfoni spenti, fatti filtrare alle agenzie di stampa. La Commissione lamenta come manchi troppo spesso il "numero di telefono" di kissingeriana memoria, da chiamare a Roma: "non c'è un interlocutore designato", e i problemi di comunicazione possono trasformarsi in problemi politici, fanno notare. Anche perché, e qui Bruxelles mette a nudo uno dei problemi storici nei rapporti tra Italia ed Europa, Roma è poco presente sui dossier che contano, nel dialogo costante tra emissari di Governo e uffici della Commissione. Le fonti non lo dicono, ma è pure tipicamente italiano lamentarsi a posteriori su decisioni prese col via libera del nostro stesso Paese e dei nostri eurodeputati. A seguire, le fonti dettagliano i dossier più caldi sui quali Italia ed Europa sono in stallo: su tutti, i margini di flessibilità richiesti e il giudizio comunitario sulla manovra, che arriverà non prima di maggio. Ma non è il solo fronte aperto, per ammissione stessa di Bruxelles: sui migranti c'è la procedura aperta sulla loro registrazione, e il contemporaneo blocco italiano dei tre miliardi destinati alla Turchia; poi c'è il capitolo banche, con bad bank e salvataggi dei quattro istituti. Bruxelles insomma intende capire una volta per tutte qual è la linea-Renzi sull'Europa: cruciali saranno i prossimi due mesi.

16/1/2016

Settimane e mesi di tensioni accumulate esplodono all'improvviso, in uno sfogo che travalica il bon ton diplomatico europeo: il presidente della Commissione Juncker mette nel mirino proprio Matteo Renzi.

"Ritengo che il premier italiano abbia torto ad insultare e criticare la Commissione a ogni occasione, non vedo perche' lo faccia. L'Italia non dovrebbe criticarla troppo: noi abbiamo introdotto la flessibilita' contro la volonta' di alcuni Stati membri, che molti dicono dominare l'Europa". Flessibilità sui conti, banche, registrazione dei migranti, funzionari italiani epurati: uno dopo l'altro, vengono al pettine tutti i nodi mai sciolti, in un rapporto deterioratosi negli ultimi mesi, da quando Renziha aperto un fronte con Bruxelles. Lo sfogo di Juncker non si limita a un contrattacco puro e semplice, ma deborda in un poco elegante attestato di paternità del pomo della discordia. La flessibilità sui conti. "Sono stato molto sorpreso che alla fine del semestre di presidenza italiana Renzi abbia detto che e' stato lui ad aver introdotto la flessibilita', perche' sono stato io", diceJuncker. Poi annuncia una visita a Roma entro febbraio, per un faccia a faccia forse chiarificatore e certamente necessario, in vista di una roadmap ad alta tensione, che porterà -a maggio- alle raccomandazioni di Bruxelles sui conti pubblici nazionali, dopo il rinvio del giudizio su quelli italiani. L'Alto Rappresentante Mogherini, tra due fuochi, resta diplomatica: "è stupido creare divisioni all'interno dell'Europa", mentre gli eurodeputati PD si schierano con il Governo.

15/1/2016

Soppesa attentamente le parole, Jean-Claude Juncker, definisce "amico" Matteo Renzi, prima di lanciare l'affondo: "ritengo che il primo ministro italiano abbia torto ad insultare e criticare la Commissione a ogni occasione, non vedo perche' lo faccia.

L'Italia non dovrebbe criticarla troppo: noi abbiamo introdotto la flessibilita' contro lavolonta' di alcuni Stati membri, che molti dicono dominare l'Europa". Esplode così, a inizio anno, la tensione che cova da mesi sull'asse Roma-Bruxelles. Tensione nascosta con difficoltà già dopo il primo affondo di Renzi contro Bruxelles lo scorso ottobre. Lo sfogo di Juncker non si limita a un contrattacco puro e semplice, ma deborda in un poco elegante attestato di paternità dell'oggetto al centro del contendere. La flessibilità sui conti pubblici. "Sono stato molto sorpreso che alla fine del semestre di presidenza italiana Renzi abbia detto che e' stato lui ad aver introdotto la flessibilita', perche' sono stato io", dice Juncker. E per non lasciar spazio a dubbi, ribadisce: "io sono stato". Poi annuncia una visita a Roma entro fine febbraio, per un faccia a faccia forse chiarificatore e certamente necessario, in vista di una roadmap ad alta tensione, che porterà -a maggio- alle raccomandazioni di Bruxelles sui conti pubblici nazionali, dopo il rinvio del giudizio su quelli italiani. Diplomatico il commento dell'Alto Rappresentante Mogherini, vaso di coccio in mezzo a due vasi di ferro: "E' stupido creare divisioni all'interno dell'Europa. L'Italia ha bisogno dell'Europa come l'Europa ha bisogno dell'Italia", chiosa.

15/1/2016

Annuncia soddisfatto la novità il vicepresidente dell'Europarlamento Antonio Tajani, autore -con lo spagnolo Valcarcel Siso- dell'interrogazione alla Commissione Europea in merito ai concorsi pubblici per funzionari comunitari.

La questione è semplice: la Corte di Giustizia Europea ha annullato ben cinque bandi, negli ultimi mesi, per la discriminazione legata al trilinguismo inglese-francese-tedesco. Lingue obbligatorie, sia nella corrispondenza ufficiale del concorso, sia come secondi possibili idiomi per la valutazione in sede di esame. La risposta della Commissione, resa nota dallo stesso Tajani, è molto meno esplicita su come saranno -nel prossimo futuro- i concorsi per diventare funzionari europei: Bruxelles parla burocraticamente di "migliorare le norme generali alla luce delle sentenze", eliminando ogni discriminazione, ma non specifica di più. Tajani prevede però che i prossimi candidati potranno beneficiare di queste nuove regole.

11/1/2016

Si aggrava la crisi politica tra Polonia ed Europa, estendendosi alla Germania. Fino a rivangare mai sopite nemesi storiche. Il giorno dopo le manifestazioni contro la legge sui media, che hanno portato in piazza migliaia di polacchi per protestare contro il Governo nazionalista di destra, il fossato tra Varsavia e l'Occidente si allarga.

Il Ministro degli Esteri Waszczykowski ha convocato per oggi l'ambasciatore di Germania, per chiarimenti sulle dichiarazioni antipolacche, rilasciate da politici tedeschi. Berlino getta acqua sul fuoco: "non si tratta di una convocazione ufficiale, ma di un incontro informale, tra partner". La reazione di Varsavia apre una settimana ad alta tensione, a Bruxelles, sul caso: la Commissione Europea discuterà mercoledì proprio le ultime leggi varate dal Governo a guida Pis: la prima, che riduce i poteri della Corte Costituzionale; la seconda -più grave- che mette i media pubblici sotto il diretto controllo dell'esecutivo. Bruxelles ha già inviato due lettere, chiedendo spiegazioni, ma la risposta è stata in linea col nuovo corso antieuropeo. Rispedite al mittente. La tensione sull'asse Varsavia-Bruxelles-Berlino è stata accentuata dalle dichiarazioni del Commissario Europeo Oettinger, tedesco, che ha proposto di attivare un meccanismo di verifica sull'infrazione dello stato di diritto, contro la Polonia. Così, per non farsi mancare nulla, il Ministro della Giustizia polacco Ziobro ha persino paragonato gli ammonimenti di Berlino all'aggressione nazista della Polonia.

11/1/2016

Via libera del parlamento catalano al nuovo Governo regionale. Torna ad infiammarsi lo scontro Barcellona-Madrid: l'obiettivo è l'indipendenza.

Indipendenza catalana nel 2017. Il giorno dopo l'intesa in extremis per un nuovo Governo, il neoletto presidente della Generalitat rinnova la sfida a Madrid, e definisce il piano: un mese per gettare le basi della secessione dalla Spagna, un anno e mezzo per arrivare alla nuova Repubblica Catalana. Non perde tempo Carles Puigdemont, successore di Artur Mas, che annuncia l'ingresso in un "periodo eccezionale", fra "post-autonomia e pre-indipendenza". Puigdemont è stato eletto ieri a tarda sera, con 70 voti a favore e 63 contrari. Prendendo il testimone del processo avviato il 9 novembre, con la dichiarazione parlamentare secessionista poi annullata dal Tribunale Supremo di Madrid, la maggioranza indipendentista tira dritto, cercando sponde politiche all'esterno. Puigdemont è stato chiaro nell'annunciare che cercherà di trattare sia con Madrid sia con Bruxelles. E suona la carica, a una regione che negli ultimi anni ha recuperato il proprio orgoglio nazionale: "non sono tempi per i codardi". Da Madrid arriva il fuoco di sbarramento: il premier uscente Mariano Rajoy ribadisce che si opporrà a qualsiasi tentativo di indipendenza, e minaccia reazioni, appoggiato -in questo- dai socialisti e da Ciudadanos. Ma la realtà è che ora Barcellona ha un Governo unito e determinato. Madrid invece è debole, paralizzata dallo stallo politico post-elezioni. Con un Governo in carica per gli affari correnti. Si entra in acque inesplorate.

10/1/2016

Si aggrava la crisi politica tra Polonia ed Europa, estendendosi anche alla Germania. Dopo le manifestazioni di sabato contro la legge sui media, che hanno portato in piazza migliaia di persone a protestare contro il Governo nazionalista di destra, il fossato tra Varsavia e l'Occidente si allarga anche a Berlino.

Il Minustro degli Esteri polacco Waszczykowski ha convocato l'ambasciatore di Germania lunedì, per chiarimenti sulle dichiarazioni antipolacche, rilasciate da politici tedeschi. Berlino intanto getta acqua sul fuoco: "non si tratta di una convocazione ufficiale, ma di un incontro informale, tra partner". La reazione polacca arriva alla vigilia di una settimana ad alta tensione, a Bruxelles, sul caso: la Commissione Europea discuterà mercoledì proprio le ultime leggi varate dal Governo nazionalista a guida Pis: la prima, che riduce i poteri della Corte Costituzionale; la seconda -giudicata più grave- che mette i media pubblici sotto il diretto controllo dell'esecutivo. Bruxelles ha già inviato due lettere, chiedendo spiegazioni a Varsavia, ma la risposta è stata in linea col nuovo corso antieuropeo. Rispedite al mittente. La tensione sull'asse Varsavia-Bruxelles-Berlino è dovuta anche alle dichiarazioni del Commissario Europeo Oettinger, tedesco, che ha proposto di attivare per la prima volta un meccanismo di verifica sull'infrazione dello stato di diritto, contro la Polonia.

10/1/2016

Folla in piazza ieri sera a Barcellona per salutare l'intesa di Governo dei partiti indipendentisti catalani. Oggi l'investitura ufficiale. E Madrid avverte: "comportatevi responsabilmente".

Il colpo di scena arriva a poche ore dalla convocazione di nuove elezioni anticipate. E regala un vantaggio tattico agli indipendentisti catalani, nella sfida a Madrid. I due maggiori gruppi secessionisti trovano l'accordo per il Governo, a tre mesi e mezzo dalle elezioni e a due mesi esatti dalla storica risoluzione del Parlament di Barcellona, che ha avviato il processo di indipendenza dalla Spagna. L'intesa ha però come prezzo l'uscita di scena del candidato presidente della Generalitat catalana Artur Mas, inviso alla sinistra radicale della Cup, i cui voti sono decisivi per varare la coalizione. Quel Mas che ha ricevuto l'onore delle armi, andandosene con una conferenza stampa, nella quale ha lui stesso presentato il nome del successore. Nuovo presidente catalano sarà Carles Puigdemont, sindaco di Girona, ex-giornalista e membro dello stesso partito di Mas, Convergencia. Ovviamente, anche lui filo-indipendentista. Paradossalmente, il dazio pagato dalla coalizione vincitrice delle elezioni rafforza il fronte indipendentista, che nel testo dell'intesa di Governo ottiene una maggioranza stabile. E, di fronte a un Governo spagnolo ancora per aria e debole, con Madrid paralizzata dopo le elezioni di dicembre, i catalani avranno ora mesi preziosi di tempo per portare avanti il progetto di secessione. Anche per questo, l'esecutivo uscente di Mariano Rajoy mette le mani avanti, garantendo il rispetto della legge costituzionale e chiedendo ai dirigenti catalani "responsabilità".

9/1/2016

L'accordo arriva in extremis, sotto la minaccia di nuove elezioni anticipate. La vittima sacrificale è il fin qui presidente regionale catalano Artur Mas, leader della coalizione indipendentista catalana, uscita vincitrice della elezioni regionali di settembre, ma senza maggioranza assoluta.

Coalizione eterogenea, dal centrodestra di Convergencia alla sinistra indipendentista di Esquerra Republicana. A quelle sofferte elezioni seguì la storica dichiarazione del Parlament catalano, che sanciva il percorso di secessione dalla Spagna, da realizzare entro un anno e mezzo. Percorso impossibile da seguire però, senza un Governo in carica. Perché la manciata di voti necessaria a formare una coalizione era -ed è- nelle mani degli anticapitalisti di sinistra della Cup: i quali, fino all'ultimo, hanno chiesto la testa dello stesso Mas, per dare il via alla legislatura. Il gesto sacrificale alla fine è arrivato. Sarà dunque Carles Puigdemont, attuale sindaco di Girona, il nuovo presidente regionale catalano. Ad annunciarlo in conferenza stampa lo stesso Mas, che ha ricevuto l'onore delle armi. Gli scenari che si aprono a questo punto sono potenzialmente dirompenti: un Governo catalano forte e determinato verso l'indipendenza avrà -nei prossimi mesi- il vantaggio tattico di potersi confrontare con un Governo centrale spagnolo debolissimo. Le elezioni generali di dicembre hanno prodotto una paralisi politica - nessuno finora a Madrid è riuscito a sbloccare la situazione. E gli sviluppi possono divenire imprevedibili.