Che sarà...

CHE SARA’…

(di Marti Gruter)

ATTO PRIMO, il ricevimento.

Sulla scena al centro, una panchetta illuminata nel corridoio del liceo classico cittadino, dove siedono due genitori in attesa di essere ricevuti dai vari docenti, in un pomeriggio piovoso dedicato all’incontro generale corpo docente-genitori. Lui è Giovanni, un commercialista cinquantenne, brillante, caustico, nevrotico che dopo pesanti pressioni della moglie, ha sacrificato i mille impegni di studio per accompagnarla a quest’ultimo appuntamento istituzionale, prima della fine dell’anno scolastico del figlio Marco. Lei, Franca, casalinga dal volto angelico, grassottella, un tono formale e cortese che abilmente nasconde una grintosa protervia. Coppia formatasi per amore giovanile proprio sui banchi del medesimo liceo.

A lato della panchetta, un porta ombrelli pieno di ombrelli alla rinfusa. Il resto della scena è buio. I due chiacchierano e si punzecchiano, come al solito.

Lei: “Ma quanto ci hai messo? Dov’è la macchina?”

Lui: “Piove che Dio la manda… ho trovato posto solo all’autosilo… altri 10 Euro buttati!”

Lei, avvicinandosi per annusarlo, a colpo sicuro: ”Ti sei preso un caffè e hai fumato, ecco perché…”

Si sente il suono lungo e lacerante della campanella

Lui: “Sono già le 3… ma che caldo fa qua dentro?” si alza e toglie il soprabito che appoggia con cura allo schienale. Poi, sbuffando: ”A fine aprile, riscaldamento a manetta… e chi paga?”

Lei: “Ma se fa un freddo cane… ho i piedi gelati!” e accavalla le gambe.

Lui, osservandole i piedi: “Certo che se metti le ballerine…”

Lei: “Cosa pretendi, che metta gli stivali? Non ti sei accorto che l’inverno è finito da un pezzo? E poi, non ho scarpe… anzi, se ne usciamo alla svelta facciamo due passi in centro…”

Lui, con rassegnazione: “Certo, certo… poveretta, se sei senza scarpe…”

Lei: “Perché, hai qualcosa da ridire? Non compro un paio di scarpe da almeno due anni… e questa è l’unica gonna che posso ancora mettere senza vergognarmi!”

Lui, bisbigliandole all’orecchio in tono mieloso: “Beh, già che ci siamo, magari compriamo anche un po’ di lingerie… ti aiuto io a scegliere…”

Lei, sospirando: “Ma smettila di fare il cretino… che poi, al lato pratico…”, gesticola implacabile con pollice ed indice.

Lui, burbero: “Che cosa vorresti insinuare?”

Lei, ricomponendosi: “Ma lascia perdere, per favore!”

Lui, ancora speranzoso: “Dopo lo shopping potremmo mangiarci una cosa all’Ancora, poi un cinemino e siamo a casa per le dieci…”

Lei, senza esitare: “Figurati, coi ragazzi da soli in casa… e chi pensa alla cena?”

Lui, ormai senza troppa convinzione: “Quattro salti in padella…”

In questo momento, entra in scena seguito da un occhio di bue, il bidello: un ometto robusto, leggermente zoppo, grembiule blu e un vistoso fazzoletto verde al collo. Canticchia una canzonetta in dialetto mentre sparge segatura da un grosso secchio intorno al porta ombrelli.

Bidello: “…sufia fort el ven del nord, l’è arivaa a drisà i tort… e tut quel che avem speraa l’è dre a diventa realtà…”

Lui rivolto a lei: “Ma guarda questo, che forza… non pensavo che ci fossero anche bidelli leghisti…”

Bidello, ossequioso ma non troppo: ”Giorno…”

Lui, cordialmente: “Buongiorno…” e lei, contemporaneamente, secca: “Ssera…”

Bidello, rivolto alla platea: “Chesti che je scior, del bu… lu le simpatec ma le… la ga una cera da stronsa… “

Lei, stridula con tono affettato: “Lei, senta… sa fino a che ora è aperto il ricevimento?”

Bidello: “Sì, Signora, alle diciotto e trenta devo cominciare a chiudere… ma anche prima se non c’è più nessuno…”

Lei indifferente, rivolgendosi a lui: “Speriamo che…”

Lui invece, rivolto rispettosamente al bidello: “Grazie mille…”

Bidello: “Prego, prego…” e allontanandosi nel buio: “…ma tut quei che se lamenta, perché ghé un ventiladur… ii rabiaa perché la spina, l’an miga miisa denter lur…”

Lei, sdegnata: “Che razza di cafone…”

Lui, alzandosi di scatto: “Dai, alzati che tocca a noi…”

Si spegne la luce sulla panchetta e contemporaneamente s’illumina sulla sinistra una cattedra, dietro la quale sta in piedi e con la mano tesa, la docente di italiano: sulla quarantina, scarmigliata, gli occhiali appesi sul petto e un largo sorriso di circostanza.

Docente d’Italiano: “Avanti, prego accomodatevi…”

Lei, con riverenza: “Siamo i genitori di Marco… Marco Lo Presti…”

Docente, indicando due seggiole: “Oh, certo… Lo Presti Marco, prima C, prego…”

Lui, spavaldo: “Grazie, …stiamo in piedi…”

Lei, puntualmente: “Io mi siedo volentieri! Grazie…” e restando ad aspettare che il marito le ponga la seggiola contro il sedere: “Vede, Signora…” cerca su una lista accartocciata tra le mani: “…Imparato, mio figlio è veramente entusiasta della sua materia… “ e rivolta al marito: “vero Nanni?”

Lui, sperando di essere convincente: “Eh, sì… proprio…”

Imparato, un po’ sarcastica: “Non me n’ero accorta…”

Lei, senza esitare: “Ma perché sa…. è molto timido… pensi che…”

Lui, coraggiosamente: “Signora, ci dica per favore come si comporta…”

Imparato, con calma: ”Sì, in effetti, lo vedo sempre taciturno, distratto… ma pensavo che dormisse poco…”

Lei, sollevata: “Lo vedi Nanni, è timido e riservato, come a casa…”

Imparato, consultando il registro: “Comunque, guardando al sodo, io raccomando a tutti di leggere… come si fa a scrivere bene se non si legge?”

Lei: “Infatti, è proprio così… dorme troppo poco! Legge fino a tardi e tante volte, vado io a spegnergli la luce e lo trovo addormentato, col libro sul petto…”

Lui, gesticola senza farsi vedere.

Imparato: “Eppure, stavo dicendo, i temi sono poveri… formalmente abbastanza corretti ma scarsi per contenuti…”

Lui, con cautela: “Signora Imparato, forse mi sbaglio… ma i libri che deve leggere non saranno un po’ pesantini…? Il nome della Rosa, Miral, La solitudine dei numeri primi… o Brecht… per la sua età, intendo dire…”

Imparato, accigliata: “Il mio intento è fornire ai ragazzi gli strumenti necessari ad una formazione socio culturale contestualizzata…”

Lei, annuendo concitata: “Ma certo, Nanni… ai tuoi tempi si leggeva Peppone e Don Camillo e magari Salgari… il millennio scorso …”

Imparato, rassicurata: “Ecco, appunto… è necessario che i giovani conoscano le realtà che li circondano, i diversi punti di vista, vivendo le emozioni e le esperienze del loro contesto sociale ormai fortemente proiettato verso una società multiculturale, multietnica… globalizzata… imparando a condividerle per aggregarsi alle avanguardie della cultura e del pensiero della modernità…”

Lei, finalmente sollevata: “Esatto, proprio così… “

Suona il telefonino di lui, suoneria a volume crescente… non lo trova, è in qualche tasca nell’impermeabile…

Lei, stizzita: “Insomma, spegnilo!” e rivolta alla docente: “Ci scusi, Signora Imparato…“

La docente allarga le braccia in silenzio. Poi, rivolta solo a lei, illustra le valutazioni del quadrimestre.

Lui, allontanandosi verso la platea e sbracciandosi vistosamente verso la cattedra per chiedere qualche istante di pazienza, finalmente risponde: “Buongiorno Ingegnere, come sta? Eh, sì… lo so… mi spiace… un impegno improvviso… ha ritirato gli F24 di metà mese? Bene… no, no! Lo sa che non posso fare previsioni delle imposte… non ora… no, ormai stiamo finendo i bilanci e dobbiamo cominciare a lavorare sulle dichiarazioni… sì, eh già… per forza… un po’ di pazienza e arrivano i conteggi… all’ultimo momento? Ma no, certo che no… appena possibile… si, appunto… si paga a metà giugno! Piuttosto, ha saldato le ultime parcelle? Ho capito… appena può… per cortesia, d’accordo, mi richiami domani, ora devo lasciarla, arrivederci!” e restando rivolto alla platea: “Che pretese, ‘sto cazzone…”

Poi, tornando alla cattedra: “Eccomi, scusate!”

Imparato, cercando di tagliar corto: “A posto, a posto… non si preoccupi e mi raccomando Marco, più impegno, più contenuti!”

Lei, imbarazzata: ”Ehm… quanto al rendimento… scusi sa… ma una mamma si preoccupa sempre che il figliolo possa subire battute d’arresto o disorientamenti che potrebbero demoralizzarlo…”

Imparato: “Beh, Signora, io prendo atto della buona volontà di Marco… ma il risultato di piena sufficienza è ancora lontano… raccomando un impegno particolare in queste ultime settimane perché devo interrogarlo in letteratura… mentre sui temi posso chiudere un occhio, aspettando che maturino i contenuti… ora, mi deve dimostrare l’acquisizione puntuale ed accurata almeno della unità didattiche fondamentali… Islam e poetica araba nel sud della Spagna, i giullari, i trovatori langue d’oc e langue d’oil… mi raccomando!”

Lui, gigioneggiando: “Certo, certo… penserò io stesso ad interrogarlo e… mi scusi, a proposito di letteratura italiana, io ricordo qualcosa dei nostri… ehm… che fine han fatto Iacopone da Todi, San Francesco, San Benedetto… San Tommaso?”

Lei, beffarda: “Ma Nanni, non siamo mica in Seminario qui…”

La docente, in tono compassionevole: “Ecco, appunto…”

Lei, innervosendosi: “E poi, cosa vuoi combinare tu… che non ci sei mai?”

Lui, imperterrito: “Cercherò di esserci e di imporre una disciplina rigorosa…”

Lei, sarcastica: “Sì, durante le dichiarazioni dei redditi… figuriamoci!” e rivolgendosi untuosamente alla docente: “Ci penserò io… e vedrà, Signora Imparato, che Marco darà alla sua insegnante le soddisfazioni che merita…”

La docente chiude il registro, mettendosi a sedere: “Scusatemi, ho ancora molti genitori da sentire… buona serata…”

Lei e lui, sussiegosi più di prima: “Certo, certo… grazie, grazie davvero, arrivederci…”

Si spegne la luce sulla cattedra e si riaccende sulla panchetta.

Lui, sibilante: “Che roba, non se ne può più!”

Lei, iraconda: “Ma se abbiamo appena cominciato… e dammi qua quel telefonino…”

Lui: ”Non ci penso nemmeno… vado a cercare un bagno…”

Si spegne la luce sulla panchetta e si accende sulla destra dove il bidello canticchia pulendo una vetrata: “Oh mia Patria… sì bella e perduta… oh membranza… si cara e fatal!”

Lui, concitatamente: “Mi scusi…”

Bidello: “Prego scior, mi dica…”

Lui, implorante: “Non c’è un posticino dove posso fumarmi una sigaretta veloce?”

Bidello, aprendo una porta vicina: “Si metta qui, sul terrazzo…”

Lui, con sollievo: ”Oh, perfetto… grazie!” e porgendo affabilmente la mano: “…mi chiamo Giovanni Lo Presti…”

Bidello, rivolto alla platea: “Sud Tirolo…”

Lui: “Prego?”

Bidello, stringendo rapidamente la mano: “Piacere, Palassi Mario de Berghem… de hura…”

Lui: “Signor Palazzi, posso offrirle una sigaretta?”

Bidello: “No, no grasie… go d’endà… grazie scior…“ e indicando un posacenere: ”…non butti via la cicca, mi raccomando…”

Si spegne la luce su di loro e si riaccende sulla panchetta.

Lei, picchiettando il piede: “Ma dove s’è cacciato? Sarà andato a fumare… e a me scappa la pipì…”

Lui, riappare nella luce ventilandosi il fiato: “Eccomi… tocca a noi?”

Lei, gelida: “Dove sono i bagni?”

Lui, spaesato candidamente: “Boh… “

Lei: ”Ecco, lo sapevo… sei andato ancora a fumare! E io, ho bisogno di un bagno!”

Lui, indicando a destra: “Vai in fondo al corridoio, c’è il bidello… si chiama Mario, chiedi a lui…”

Lei, inviperita: “Figurati se corro dietro a quel buzzo…”

Mentre lei si alza di scatto, lui, improvvisamente aggressivo: “…comunque, cocca mia, risparmiami le prediche da maestrina perché hai sempre fumato di tutto e di più, come una turca…”

Lei, lanciandosi stizzita alla ricerca del bagno dall’altra parte, nel buio del corridoio: “…e con ciò? Adesso, se permetti, non fumo più!”

Suona ancora il telefonino, è lo studio.

Lui: “Si Carla, che succede? Rota? Rota chi, il parrucchiere o il falegname? Oh, cazzo… gli dica di star tranquillo e di farmi chiamare dall’ufficiale… e Carla, intanto, da brava… lasci tutto quel che sta facendo e cominci a preparare i faldoni e le stampe dei registri di Rota… sì, lo so che state facendo le dichiarazioni… va beh… d’accordo… stasera può fermarsi un’oretta? Domani mattina? Oh cazzo, è vero… domani è sabato! Ok allora, grazie… a domattina…”

Lui, rivolto alla platea: “…andassero qualche volta dalle loro parti a fare le verifiche fiscali… ma laggiù no! Eh già, se vanno laggiù, li accoppano!”

Lei, rientrando rumorosamente dal corridoio buio a sinistra: “Spegni il telefonino!”

Lui, preoccupato: “Non posso, c’è la Finanza dai Rota…”

Lei: “Rota chi?”

Lui: “Lascia perdere… hai trovato il bagno?”

Lei, sedendosi e accavallando nervosamente le gambe: “Macché…”

Si accende la luce e passa il bidello, canticchiando: “…viva l’Europa, cui so danee… l’Euro che ss-ciopa… sul me de dree…”

Lui, in tono confidenziale: “Mario, scusi… mia moglie ha bisogno di andare al gabinetto…”

Lei, sibilando: “E bravo! Perché non gli fai anche un disegnino?”

Bidello, volenterosamente, appoggiando la scopa al muro: “Venga Signora, l’accompagno ai servizi dei docenti…”

Lei, alzandosi impassibile: “Grazie, non serve… dobbiamo andare…”

Lui, prendendola sottobraccio la trascina verso l’aula: “Andiamo… su, che è tardi…”

Lei, scrollandosi il braccio di dosso: “Eh lasciami, che ce la faccio da sola!”

Il bidello, riprendendosi la scopa, si avvia nel corridoio a destra e si rivolge alla platea: “Il suo nome era… Cerutti Gino, ma lo chiamavan drago… gli amici al bar del Giambellino… dicevan ch’era un mago…”

Si spegne la luce sulla panchetta e si accende a sinistra sulla cattedra dove seduto, intento a ispezionare i registri, c’è il Professore di Storia e Filosofia: mezza età, tarchiato, una discreta pancia, rubicondo, capelli lunghi arruffati, occhiali sulla punta del naso, baffetti sottili e un sorriso gioviale.

Lui, esitante in disparte: “Sera…”

Lei, solare: “Buona sera, professor Frassica…”

Il professore, fissandoli come per indovinare: “I miei omaggi a vossia… siete il papà e mamma di, di…”

Lei: “Marco Lo Presti, prima C…”

Il professore sfoglia ripetutamente il registro inumidendosi l’indice con la saliva… finché trova la prima C e finalmente: “Ah, bene… bene, il mio Marco…”

Lei e lui si guardano perplessi e Lei: “Sa professore, mio figlio è innamorato della sua materia…”

Lui, gesticola in silenzio…

Il professor Pino Frassica: “ Ah sì? E di quale?”

Lei, azzarda: “Filosofia, naturalmente…”

Frassica: “Ma se capisce un vero nulla? Guardi qua i voti… due volte l’ho sentito… e sono due quattro, tondi tondi!”

Lei guarda sgomenta lui, che con garbo: “Mi perdoni, professor Frassica, è la riga giusta?”

Il professor Frassica, dopo una lunga esitazione, trionfante: “Ah, no, nooo… mizzica! Chista è la signorina Lo Cascio, gran bella figliola che però non capisce una mazza… Però, però… anche Marco non è che sia un fulmine di guerra: dal cinque al sei e un mese fa e… sei meno… però, sta migliorando… ottimista sono!”

Lei, in ansia: “Ma scusi, come mai? Mi sembra così strano… a casa non fa che parlare di presocratici, panta rei, il caos, i paradossi di Achille…”

Il professore, appoggiandosi allo schienale: “Nel primo quadrimestre tutti i santi aiutano… ma ora stiamo lavorando su Platone, l’auriga, la caverna… il noussso!” E poi, solennemente: “Comunque, dalle mie parti diciamo… Ogni cani è liuni na sò casa…”

Lui, sorpreso: “Cioè? Scusi…”

Lei, accomodante: “Ma sì, ma sì… certo che a casa il ragazzo si sente più a suo agio… lo sa, professore che è molto timido…”

Lui, automaticamente: “ …e riservato…”

Lei, timorosa: “E in Storia?”

Frassica: “Vediamo… ho solo un cinque più nella prima verifica sull’Islam… non ho altri voti… ma ne faremo un’altra settimana prossima e vedremo come se la cava…”

Lui, incuriosito: “L’Islam?”

Lei, rivolta a lui con sufficienza: “ Ma sì… prima di Pasqua… hanno approfondito lo sviluppo dell’Islam nel Mediterraneo per l’influenza sul Medio Evo… lo so io… lo so io che l’ho studiato… ehm… interrogato per ore ed ore…” e rivolta al professore: “…mi sembrava abbastanza preparato… il Corano, la Sharia, le Sciure, la Jihad, Halla Akbar…”

Il professore: “Le sure, Signora mia… le sure! Sciure… le belle signore come lei, sono...”

Lei, annaspando: “Certo, certo… scusi”

Il professor Frassica, imperturbabile si dilunga compiaciuto: “Il progetto didattico educativo interdisciplinare concordato con i colleghi, prevede questi approfondimenti allo scopo di fornire ai ragazzi le basi indispensabili per sviluppare una formazione finalizzata alla coscienza del sociale e delle problematiche sottostanti… attraverso un moderno sincretismo storico-scientifico, in grado di sublimare le barriere ideologiche che hanno devastato il secolo scorso…”

Lui, rivolto alla platea: ”Ah! Ora sì che mi sento meglio…”

Lei, trepidante: “Professore, sappia che il ragazzo reagisce molto bene a questa impostazione didattica… probabilmente, ha solo qualche difficoltà ad esprimersi ai livelli che lei giustamente rappresenta ed esige…”

Frassica, sospettoso: “Eppure, da quel che vedo e sento, sembra che in famiglia respiri un’atmosfera socio culturale di un certo pregio… consentitemi, voi, che scuole avete frequentato?”

Lui, senza entusiasmo: “Questa!”

Lei, commossa: ”Ci siamo conosciuti tra questi stessi banchi, avevamo diciassette anni…”

Il professore, illuminandosi ed ergendosi faticosamente sulla cattedra: “Allora, avete conosciuto il Preside Salvatore Saraceno… un modello per la mia generazione, un maestro, anche di vita!”

Lei, felice: ”Ma certo, sì… un uomo indimenticabile!”

Lui, feroce, rivolto alla platea: “Come no, Esse Esse… una vera testa di cazzo…” e rivolto sarcasticamente al docente: “Sì… ricordo che durante l’occupazione del ‘71, ci portava i panini al salame e non disdegnava di suonare la chitarra e cantare Bob Dilan con noi, davanti al falò nel cortile… che bei ricordi!”

Lei, tirandogli una gomitata: “Eravamo giovani e pensavamo di cambiare il mondo…”

Lui, rivolto alla platea: “Ma quale mondo… eravamo sempre imboscati nei sotterranei a... socializzare!”

Il professore, porgendo la mano visibilmente commosso: “Vi saluto caramente… e non vi preoccupate troppo, il ragazzo qui, in buone mani sta…”

Lei, trepidante: “Grazie professor Frassica… è stato un vero piacere conoscerla di persona, arrivederci…”

Suona il telefonino e lui, approfittandone, lo saluta sbrigativamente con un goffo inchino e la mano tesa, si allontana verso la platea e risponde: ”No, non sono Ragioniere, sì… il Dottor Lo Presti, in persona… ah… grazie capitano di avermi chiamato, molto gentile… mi dica… ah, scusi, maresciallo… prego… sì, certo… è tutto pronto in studio, mi dia solo qualche giorno… come? Stasera in caserma? Ma no, non è possibile… non ci riesco… è venerdì sera! Domani? Viene lei in studio? E che le devo dire, maresciallo… non mi sembra che ci sia tutta questa urgenza… il cliente è un precisino che ha paura anche dell’aria che respira… a proposito, come sta? Sarà sbiancato… me lo passi, la prego…

Oh, Signor Rota… stia tranquillo, porti pazienza… sì, chiuda pure il negozio… adesso è troppo agitato… con le forbici potrebbe far del male a qualcuno! Sì, ci penso io… il magazzino? Che c’entra il magazzino? Le han chiesto il carico scarico della merce? Ma quale merce? Il registratore di cassa? Ma scherziamo? Mi ripassi il Maresciallo Cammellari… non si preoccupi… e mi chiami dopo cena, si riguardi… sì, va bene, grazie… pronto, maresciallo… lei così me lo ammazza! Lo lasci tranquillo che è anche mezzo infartuato… ci vediamo domattina in studio, con calma… verso le dieci… ci prendiamo un caffettino e poi le mostro tutto quanto… Grazie, a domani…” e rivolto alla platea gesticolando: “Il barbiere con la contabilità di magazzino! Ma questo è matto da legare… oppure, sta a vedere che…”

Intanto, la luce sulla cattedra si è spenta e si è accesa sulla panchetta. Gli ombrelli sono dimezzati e scatta il suono lungo e lacerante della campanella.

Lei, in piedi fissandolo impettita: ”Hai finito?”

Lui, sempre più oppresso: “Sì, sì… sono già le quattro… ma che cosa ci sto a fare io qui…”

Lei, perentoria: “Vai a cercare un bagno, subito! E piantala di fare il nevrotico!”

Entra sulla scena una signora alta ed elegante, Carlotta, una madre di un’altra sezione, che conosce Franca.

Carlotta: “Franchina, bellissima… che ci fai qui?”

Lei, presa alla sprovvista: “Ciao Carlotta, ehm…. aspetto il mio turno…”

Carlotta: “Sei dimagrita, ti trovo un incanto… …”

Lei, incassa il colpo e ribatte spavalda: “Tu, invece… come va? Hai l’aria un po’ stanca… avresti bisogno di una vacanza…”

Carlotta: “Guarda, tesoro… a dir la verità, sono appena tornata da Sharm… una meraviglia! Ti lascio perché tocca a me il professor Del Corso… una meraviglia di giovanotto… con una parlata toscana mozzafiato!”

Franca: “Matematica?”

Carlotta: “Sì, sì… un pezzo di ragazzo da perderci la testa… ciao tesoro, uno di questi giorni ti faccio un call, ciao cara… bacio bacio…”

Franca: “Non sai dov’è un bagno?”

Carlotta, indicando a destra: “Ma sì, guarda… seconda porta a sinistra… è quello dei ragazzi ma è pulitissimo… sembra di essere in Svizzera! Ciao cara, ciao…”

Rientra in scena Giovanni chiacchierando col bidello che ripassa con la scopa a frange.

Giovanni: “Mario, mi perdoni l’indiscrezione… “

Bidello, fermandosi: “Al me diga, scior…”

Giovanni: “Come diavolo ha fatto a ottenere questo posto?”

Bidello, con soddisfazione: “Eh, adesso che in Veneto dicono prima i veneti, anche qui cominciano a preoccuparsi de noter de Berghem…”

Giovanni, con ammirazione: “Eh bravo Mario! Ma prima, che cosa faceva?”

Bidello: “Ol ciabatì, artigiano… ma tra studi di settore, F24, commercialista, Cinés e Maruchì, ho dovuto chiudere… altrimenti mi mangiavo fuori anche la casa di mio padre…”

Giovanni, turbato: “Sono anch’io un commercialista…”

Bidello: “Bruta rassa… ma lu l’è brao, sculti me… lu, l’è un commercialista anomalo!”

Giovanni: “Se lo dice lei, Mario, grazie…” poi vede uscire la Carlotta e: “…oh, guarda… il matematico ha liquidato la giraffa in quattro e quattr’otto… tocca a me… Mario, per favore, se vede mia moglie l’avvisi che sono già entrato… grazie!”

Bidello: “Lu ‘l vaga, scior… tranquillo!”

Rientra in scena la Franchina che finalmente rilassata, si adagia sulla panchetta.

Lei, parlando tra sé e sé: “Dove sarà finito… a fumare, scommetto…”

Entra in scena il bidello spingendo la scopa a frange e canticchiando:

“Libertà non è star sopra un albero… e neppure il volo di un moscone…” e incrociandola: “Sciura, guardi ch’el so hom l’endac dal Profesur di Matematica…”

Lei, allarmata: “Prego?”

Finge di non aver capito ma estrae dalla borsetta lo specchietto e si carica di rossetto e profumo… si alza, aggiustandosi la gonna e tirandosi le spalline del reggiseno… dopo un lungo sospiro, si lancia nel corridoio a sinistra.

Bidello, rivolto alla platea e riprendendo a spingere la scopa: “…libertà non è uno spazio libero… libertà, è partecipazione!”

Si spegne la luce sulla panchetta vuota e si accende sulla cattedra del professor Del Corso che in piedi conversa con Giovanni.

Professore, pacato: “I miei son di Lucca… ma mi sono laureato al Politecnico di Milano e questo… “

Lei, dopo aver bussato trepidante: “ Permesso… buongiorno professor Del Corso…”

Il professore rivolto a Giovanni: “E’ con lei?”

Giovanni, sbrigativamente: “Sì, sì… mia moglie…”

Il professore, riprendendo il filo del discorso: ““…questo è il mio secondo anno d’insegnamento… e il primo in un Liceo Classico…“

Giovanni, compiaciuto: “E’ molto giovane, complimenti… e come si trova?”

Il professore: “L’è dura! C’è tanto da fare… i ragazzi sono confusi, incerti… senza personalità! I colleghi poi… non mi faccia parlare!” poi rivolto a lei con tono indifferente: “Prego Signora, buongiorno… si segga…”

Lei, composta e intimidita: “Grazie, sto in piedi… “

Lui, ignorandola: “E il mio Marco? Che fa, se la cava?”

Il professore, con schiettezza: “Che, la fa Marco una gustosa colazione al mattino?”

Lei, scuotendosi dal torpore: “Ma certo che fa colazione!“

Lui, di slancio: “Da quando? Continuo a predicare di fare colazione… ma in casa chi mi ascolta mai?”

Lei, balbettando: “Beh, un biscotto e un sorso di the, se ha tempo… “

Lui, insistendo: “Quando si decide ad alzarsi…”

Lei, rimbeccando: “Dipende anche da quando va a letto la sera…”

Lui: “Appunto!”

Il professore, gesticolando: “Calma, calma… cercate di convincerlo che alla sua età ha bisogno di otto ore filate di sonno e di un’abbondante colazione… altrimenti sragiona… che in matematica non è il massimo! Io faccio la mia parte in classe ma voi, dovete intervenire a casa!”

Lei e lui ammutoliti, si calmano annuendo.

Il professore: “Comunque, se in classe mi seguono e si lavora, io non do compiti a casa… e però, facciamo verifiche una settimana sì ed una no…”

Lui, in ansia: “Ha raggiunto la sufficienza?”

Il professore: “Tutti i miei ragazzi hanno la sufficienza! Si fa un passo dopo l’altro, partendo da uno più uno fa due, fino ai sistemi di equazioni di secondo grado… loro mi danno concentrazione e onestà intellettuale… io gli mostro la strada, segnalo le curve, le buche, insegno le scorciatoie… come un pilota in seconda. Li ho convinti che la matematica è la materia degli asini… e perciò non ci stanno proprio a restare indietro… “

Lui, entusiasta: “Professore, questa è musica per le mie orecchie…”

Il professore: “All’inizio dell’anno abbiamo fatto un patto: se tutti avessero raggiunto la sufficienza senza lacune nel programma di minima, nelle ultime settimane di scuola avrei cominciato il corso extracurricolare di bridge… ebbene, ci siamo quasi riusciti e penso che a metà maggio lo inizieremo per davvero!”

Lei, stupefatta: “Ma… lei, ha solo due ore alla settimana!”

Il professore, senza scomporsi: “Guardi Signora, c’è un’indagine OCSE…”

Lei, svanita: “Che cosa vuol dire?”

Lui, prontamente: “Ma sì, l’organizzazione dei paesi più industrializzati… il mondo civile…”

Il professore: “Esatto! Beh, sa quel’è il paese con la scuola migliore?

Lei, cautamente: “Non saprei, forse la Germania…”

Il professore: “No, la Finlandia. E sapete qual’é il paese con la scuola peggiore?”

Lui, desolato: “L’Italia…”

Il professore: “Esatto! E sapete qual’é il paese dove la scuola ha meno ore di insegnamento…?”

Lui e lei, in coro: “No….”

Il professore: “La Finlandia… e lascio a voi indovinare quale sia il paese con il record di ore d’insegnamento…”

Lei, cinguettando maliziosamente: “Ma professore, nel primo quadrimestre in pagella aveva cinque…”

Il professore, pacatamente: “Sì, è vero… c’ha messo un po’ a capirla… ma ora, guardi… sono tutti sette e otto… è quasi perfetto… è solo un po’ lento perché ha ancora le sue paure… ma io non mollo… tutti i miei ragazzi devono raggiungere la sufficienza in autostima… e la matematica… l’è fatta apposta per arrivarci!”

Lui, estasiato: “Ingegner Del Corso, prima di salutarla, mi spieghi per favore… perché il bridge? Giochicchio da qualche anno, ma a me sembra un passatempo per vecchi presuntuosi…”

Lei, spietata: “Vanni, dilla tutta! non sai giocare… il tuo bridge parallelo è velleitario, intuitivo… non fai una dichiarazione giusta… per non dire del gioco della carta…”

Lui, spazientito: “Franchina, per piacere… non, non… “

Il professore: “Esatto, è verissimo! Questo gioco straordinario è diventato la fiera delle vanità di più o meno vecchi accidiosi… ma per i giovani sarebbe una scuola di vita… insegna ad affrontare le situazioni della vita, valutando le risorse disponibili e a pianificare tempi e modi del loro proficuo investimento… eliminando ogni agonismo sterile e polemico perché in realtà, non giochi contro gli avversari ma contro te stesso… se dipendesse da me, sarebbe materia obbligatoria nelle superiori!”

Lei, un po’ sulle spine: “Grazie professore, …ora scappiamo perché ci sono ancora molti colloqui da fare…”

Il professore, rivolto a Giovanni: “Bene, piacere di avervi incontrato e… Signor Lo Presti, l’aspetto al mio circolino di amici del bridge, al bar dell’oratorio di San Colombano… ogni lunedì che Iddio mette in terra, alle 21!”

Lei, sbrigativa: “Arrivederci e grazie…”

Lui, entusiasta: “Ci penserò… mi piacerebbe… grazie! Buona serata…”

Si spegne la luce sulla cattedra del professor Del Corso e si accende sulla panchetta.

Lui, euforico: “Che giovane in gamba… si vede che vuole bene ai ragazzi… che ci tiene… “ poi come per un ripensamento improvviso: “…comunque, cocca mia bella, almeno quando sto parlando con qualcuno… evita di trattarmi come se fossi un coglione…”

Lei, sibilante: “Sei un cafone… non ti permettere di parlarmi così e di dirmi quello che devo o non devo fare!”

Invece di sedersi, lui la molla sulla panca e tira dritto verso il terrazzo, ficcandosi in bocca una sigaretta, furente.

Lei, recuperando dalla borsetta lo specchietto, tra sé e sé: “Non male il prof… nient’affatto male… ma, non sarà per caso gay?”

Appare il bidello e lei finge di leggere il foglietto stropicciato…

Bidello: “Signora, chi vi manca?”

Lei, trasalendo: “Come dice?”

Bidello: “Vi manca la Signorina Taddario… latino e greco…”

Lei indicando a sinistra: “Sì, ma guardi che coda…”

Bidello: “E’ sempre così… la Signorina li tiene sotto fino allo sfinimento…”

Lei, preoccupata: “Ah, sì?”

Si sente il suono lungo e lacerante della campanella mentre rientra in scena Giovanni, che confrontando l’orologio, sospira desolato: “Sono le cinque… e tutto va male…”

Bidello: “Perché intanto, non andate da Don Carlo che è sempre lì da solo… è una sagoma!”

Lei, accavallando le gambe: “Figurati, Religione…”

Il bidello si allontana verso destra scuotendo la testa e rivolto alla platea, canticchia sommessamente: “ …lì, sempre lì... lì nel messo… finché ce n’hai… stai lì! Una vita da mediano… da chi segna sempre poco…che il pallone devi darlo… a chi finalissa il gioco…”

Lui: “Perché no… “ poi, scimmiottandola: “Magari è di Ci Elle anche lui… Don Jus di qui, Don Jus di là… “

Lei, altezzosamente: “Perché, hai qualcosa da ridire sui miei amici? A proposito, domani sera c’è il raduno al Centro…” e con tono nettamente dissuasivo: “…vieni anche tu?”

Lui, senza esitare: “No, no… domani c’è il Milan… non c’è santo che tenga…”

Lei sospirando, rivolta alla platea: “Menomale…”

Lui, come se riaffiorasse un ricordo fastidioso: “…e poi, ti dirò francamente, non si capisce quello che dicono… aprono a caso una pagina di Don Jus… che già di suo scriveva un po’ contorto…”

Lei, indignata: “Ma insomma, un po’ di rispetto…”

Lui, riprendendo il discorso: “…e poi lo commentano, applicandolo al proprio vissuto e… bla, bla, bla…”

Lei, ribollendo: “Ma che cosa stai dicendo…”

Lui, sedendosi sulla panchetta: “…hai notato che tutti, dico tutti gli interventi finiscono con la formula magica... non so se son riuscita a esprimere quello che volevo comunicare…

Lei, guardandolo con aria di sfida: “Eh, allora?”

Lui, determinato: “Guarda che la prossima volta che vengo, finisce che prendo la parola e rispondo che no, non ci siete proprio riusciti e non si capisce un vero cazzo di quello che dite!”

Lei, sbuffando e gesticolando sprezzante: “Sei tu che non capisci niente!”

Suona il telefonino.

Lei, desolata: “ Ancora?”

Lui, risponde precipitosamente: “Pronto… buonasera… ma scusi, chi parla? La Guardia di Finanza?”

Lui scatta in piedi agitato e con voce soffocata dall’ansia: “Guardi che ho già parlato con il maresciallo Cammellari e domattina ci troviamo per esaminare i registri e tutto quanto… come? La rivista, quale rivista?”

Lui torna a sedere allungando le gambe e con tono sempre meno disponibile: ”Il bollettino dei Berretti Verdi…. mai sentito! No, non sono abbonato… è meglio abbonarsi? Capisco… solo venti Euro al mese, non è molto… ma vede, sono già abbonato a quella dei Carabinieri, dei Vigili Urbani e persino della Polizia di Stato! Ma ha un’idea della fine che faremo se andiamo avanti a disboscare le foreste amazzoniche per stampare tutta ‘sta cartaccia… Ma sì, ma sì! Però mi mandi un’offerta scritta con il bollettino postale allegato, così ci penso su… Auguri? E di che? Sì, sì… ho capito… altrettanto a lei!”

E rivolto alla platea facendo le corna: “Ma che vadano a scopare il mare Ionio…”

Mentre lui torna verso la panchetta, lei, glaciale: “Prima o poi, ti caccerai nei guai, caro il mio dottor Lo Presti…”

Lui, con uno scatto d’orgoglio: “Io ci vado da Don Carlo… tu resta pure qui ad aspettare la Sibilla Cumana…”

Si spegne la luce sulla panchetta e si accende nell’aula dove si trova il professore di Religione. Sulla cattedra, un’elegante valigetta, tipo rappresentante farmaceutico.

Poco più che trentenne, alto, magro, pallido e sorridente va incontro a Giovanni che rimane a bocca aperta: “Benvenuto, grazie della visita… sono Don Carlo Varin… che c’è? Non sono mica un fantasma!”

Lui, riprendendosi e squadrandolo: “Riverisco… mi scusi… ma lei… ha la tonaca!”

Don Carlo, ridacchiando: “Eh sì, certo! A furia di sentir dire che l’abito non fa il monaco…”

Lui, ammirato: “Lei è un po’… controcorrente!”

Don Carlo: “Ma no, ma no… guardi che anch’io mi vesto in borghese… quando vado in montagna! Come si chiama il suo ragazzo o ragazza?”

Lui: “Lo Presti… prima C…”

Don Carlo: “Oh, sì… Marco, prima C… vediamo se ricordo bene… sì, un bell’ottimo!”

Lui, incredulo: “Come ottimo, se non va a messa dai tempi della Cresima…”

Don Carlo, facendosi serio: “Guardi, so bene come funzionano le domeniche dei miei ragazzi… è l’unico giorno che possono dormire al mattino… e il pomeriggio, tutto sui libri…”

Lui, critico: “…per i risultati che ho visto oggi, non è che tutto ‘sto lavoro serva a un granché…”

Don Carlo, pacifico: “Così è la scuola… non c’è tempo per altro, per un pic nic in montagna con la famiglia, per coltivare una passione o un hobby, per giocare a qualcosa che non sia ferocemente agonistico… figuriamoci se c’è tempo da dedicare al Creatore!”

Lui, rincarando la dose: ”E il sabato sera si stordiscono in discoteca o si bevono qualche porcheria in un multisala puzzolente… e le serate in casa, se non c’è il calcio in tivù, si attacca al computer… una vera desolazione…”

Don Carlo, raggiante: “E allora… sa che ho fatto?”

Lui: “Mi dica Don Carlo… che si può fare in queste condizioni?”

Don Carlo: “Celebro la Messa in classe….”

Lui, esterrefatto: “Ma dai… com’è possibile?”

Don Carlo: “Semplice, una versione molto sprint, essenziale ma rigorosamente in latino… la lettura di brani del Vangelo che scelgo io accuratamente… i più scioccanti, stimolanti e sorprendenti… e ce ne sono tanti… con un’omelia breve… ma tosta!”

Lui: “E distribuisce anche la Comunione?”

Don Carlo, con orgogliosa soddisfazione: “Eh certo! E alla fine, la benedizione solenne! Venticinque, trenta minuti al massimo…”

Lui: “E come reagiscono i ragazzi…”

Don Carlo: “Il gruppetto, sempre più sparuto, dei sedicenti agnostici, atei o materialisti duri e puri, è autorizzato a leggere materiale scolastico qualunque, con l’Ipod ficcato nelle orecchie… mentre gli altri seguono la Messa, come se fossero in Chiesa, tranquilli… e vedesse come sgranano gli occhi!”

Lui: “Ma lei non è ancora finito sui giornali… come mai?”

Don Carlo, rabbuiandosi: “Non saprei… ma finché va bene ai ragazzi… il resto non mi fa paura…” poi, indicando la foto del Presidente della Repubblica: “…sta scritto: date a Cesare quel che è di Cesare… “ e poi accarezzando la valigetta: “…e a Dio quel che è di Dio!”

Lui, incredulo: “…e per il resto, che fate?”

Don Carlo: “A parte le discussioni in classe sul Vangelo appena ascoltato, un pomeriggio alla settimana, ci vediamo insieme un film importante… tipo Ghandi, La Passione… ma anche 21 grammi, Babel o La sottile linea rossa… insomma, qualunque cosa, purché sia di eccellente qualità e stimoli la riflessione… sull’amore, la guerra, la morte…”

Lui, pensieroso: “Ma scusi, tornando alla Messa… mi tolga una curiosità, come fanno a fare la Comunione senza confessarsi?”

Don Carlo: “Anche se raramente, qualcuno me la chiede in separata sede… ma funziona molto bene la confessione comunitaria d’inizio Messa… il confiteor sistema le cosette veniali quotidiane… per il resto, gli ho spiegato chiaramente che è rigorosamente vietato confessare qualcosa se manca uno dei tre requisiti…”

Lui, rispolverando antiche reminescenze: “Materia grave… ehm…”

Don Carlo: “….piena avvertenza e deliberato consenso!”

Lui: “Ecco, infatti… me li dimentico sempre!”

Don Carlo: “Male! Cerchi invece di pensarci su, anche lei…”

Arriva lei, bussando concitatamente: “Permesso, permesso… ci scusi professore… ma è il nostro turno dalla Signorina Taddario…”

Lui, ringalluzzito: “Vieni, vieni cara… vieni che ti presento Don Carlo…”

Lei, spazientita ma rassegnata: “Va beh… certo, sì, un minutino… buonasera Don Carlo…”

Don Carlo, sorridente: “Buonasera Signora, guardi… lei e suo marito siete motivo di grave imbarazzo per il vostro figliolo…”

Lei, irrigidendosi: “Come sarebbe?”

Lui, euforico: “Ascolta cara, senti che cosa ti dice Don Carlo…”

Don Carlo, con tono solenne e ieratico: “Siete una delle poche coppie non scoppiate… e il ragazzo si vergogna del tenero amore dei suoi genitori mentre i coetanei, possono orgogliosamente esibire tutta la variopinta gamma di famiglie allargate, di compagni e compagnucce, più o meno conviventi, più o meno giovani o giovanili… che frequentano scuole di ballo sudamericano, di cucina etnica o di massaggi shiatsu, corrono sui go kart o tirano con l’arco…”

Lei, allibita pensando chissà perché, di riabilitarsi: “Io… sono di Comunione e Liberazione…”

Don Carlo, tornando a sorridere: “Ah, sì… brava! E mi dica, ci capisce qualcosa?” poi, seriamente: “Scherzi a parte, siete diventati una rarità… non mollate, non litigate, non pizzicatevi… i vostri figli hanno bisogno di un modello alternativo alla desolazione generale… mi raccomando!” poi, con gesto aggraziato:

“Vi benedica Dio Onnipotente… il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo…”

Lei, improvvisamente scoppia in lacrime: Amen!”

Lui, segnandosi umilmente: “Amen…”

Don Carlo, riaccompagnandoli alla porta e stringendoli a sé con le sue lunghe braccia, con tono allegro e spensierato: “Sia lodato Gesù Cristo!”

Lui e lei, con voce rotta dalla commozione: “Sempre!”

Si spegne la luce nell’aula e si riaccende sulla panchetta.

Si sente il suono lungo e lacerante della campanella e il porta ombrelli si è quasi svuotato.

Lui, intenerito le allunga un fazzoletto: “Su dai… che fai? Mica ti metterai a piangere adesso? Su, su… basta adesso, calmati… anch’io sono un po’ scosso… è tardi, andiamo a casa…”

Lei singhiozza, asciugandosi gli occhi: “Non so, mi sento confusa…” poi, ricomponendosi: “No, abbiamo fatto trenta… entriamo che non c’è più nessuno…”

Lui, tranquillo: “Come vuoi, andiamo…”

Si accende la luce sull’aula della professoressa di Latino e Greco, seduta impettita con il registro aperto davanti agli occhi. Minuta e composta, i capelli neri spioventi quasi le nascondono il volto affilato.

I due entrano, esitando: “Buona sera…”

La professoressa: “Avanti, buonasera… Sono la professoressa Rosaria Taddario… latino e greco... i Signori?”

Lui, con voce un po’ stanca: “Prima C, Lo Presti…”

Lei, con un filo di voce: “…Marco…”

Taddario, in tono distaccato: “Sì… ecco, ci siamo quasi… in latino è a posto… chissà, saranno le messe di Don Carlo ma gli viene facile… direi che può star tranquillo anche se in Letteratura mi sembra che batta la fiacca…”

Lei, spossata: “Ha tanto da studiare… è stanco…”

La professoressa, spietatamente: “Signora, se a sedici anni uno è stanco, che mai combinerà nella vita?”

Lui, piccato: “Beh, insomma… “

Lei, tranquilla: “No, Vanni… la Signora ha ragione… l’impegno, innanzitutto…”

La professoressa, implacabile: “In Greco invece… è un disastro! Sarà che nel Ginnasio con la collega, che aveva altro per la testa… hanno giocherellato…”

Lei, lamentosa: “L’anno scorso, la professoressa Fallica ha chiuso l’anno al sesto mese… e a casa ne ha altri due piccoletti…. povera donna…”

La professoressa: “Lasciamo perdere… sta di fatto che ora il ragazzo è sotto ed ha bisogno di una bella ripassata di grammatica e verbi… e di tante versioni, ma tante!”

Lui, rassegnato: “Vuol dire che sarà rimandato a settembre?”

La professoressa: “Addebitato, Signor Lo Presti… oggi si dice addebitato…”

Lei, sfinita: “Ho capito, Signora, grazie… e arrivederci…”

Lui, pure sbrigativo: “Sì, ormai è tardi… buonasera…”

La professoressa, grintosa: “Ma no, aspettate… “ e un po’ seccata, vedendoli allontanare: “Va beh… allora, arrivederci e grazie!”

Si spegne l’aula e s’illumina la panchetta dove i due si lasciano cadere, stancamente.

Lei, guardando il foglietto stropicciato: “Mancherebbe l’Adalgisa Casadei di Chimica… Filomena Cuccureddu… d’Inglese…”

Lui, sarcastico: “Oh che bello, madrelingua!”

Lei, avvicinando la lista stropicciata agli occhi: “…e… Zahira Youssef, Storia dell’Arte… poi, va beh… Nicola Tallicone di Ginnastica…”

Lui: “Basta… non ne posso più… andiamo a casa… non hai fame?”

Lei: “Per niente… anzi, ho lo stomaco attorcigliato…”

Lui: “Sai come va Marco in Chimica e Arte?”

Lei, desolata: “Di Chimica capisce niente e di Arte non sa nulla…”

Lui, preoccupato: “E inglese?”

Lei: “…una volta, se la cavava…”

Lui: “Bene, perbacco… va a finire che lo bocciano!”

Lei ancora singhiozzando: “Ma che cosa ho sbagliato… perché non ce la fa… è in gamba, serio… non è mica stupido… che cosa c’è che non va… è colpa nostra?”

Lui, serio: “Che altro possiamo fare noi? Io lavoro come un matto, tu gli stai addosso notte e giorno… mah! Dai… andiamo a casa che ho fame…”

Lei, asciugandosi il naso: “Sì… ci facciamo una carbonara… piatto unico…”

Lui, ripigliandosi: “Brava! Così mi piaci… andiamo a farci una bella carbonara!”

Lei, improvvisamente rinvigorita: “Dai, Vanni… almeno Chimica, ti prego…”

Lui, abbracciandola teneramente: “Ok, pupattola… come vuoi…”

Si spegne la luce sulla panchetta e si accende nell’aula della professoressa Casadei, accento romagnolo, anziana, alta, scarmigliata, sanguigna e un po’ confusionaria.

“Buonasera, Signori…”

Lui e lei in coro, un po’ giù di tono: “Lo Presti, prima C… buonasera…”

La professoressa Casadei: “Mo lo ricordo benissimo, sa… Marco è un ragazzo sveglio, mo sveglio davvero! “

Lui, perplesso: “Ma il rendimento? E’ sufficiente?”

La professoressa: “No, non direi proprio… mo è sveglio lo stesso… pensi che quando l’ho interrogato sull’evoluzionismo, s’è preso la briga di precisare che per quanto la teoria sia obiettivamente diffusa e alquanto verosimile… peraltro, almeno quanto a sé stesso, è sicurissimo di non discendere dalle scimmie! Mo guarda che l’è uno sveglione… sorbole, se è sveglio!”

Lei, guardando a lui ma rispondendo alla professoressa: “Eh, Signora… deve sapere che questo è uno dei cavalli di battaglia di mio marito… fin da piccoli i miei figli hanno sentito questa battutaccia… e non è la sola, purtroppo!”

Lui, stringendosi nelle spalle: “Va beh, è solo uno scherzo, innocente…”

La professoressa, ridacchiando entusiasta: “Ma no, ma no… è forte! Ho capito da dove viene… dal babbo! Beh… comunque, vuol dire che ci ha pensato su e soprattutto, che ha avuto il coraggio di esprimersi… mo guarda che è forte!”

Poi facendosi improvvisamente seria: “Ma i calcoli stechiometrici… l’ossido riduzione… il babbo potrebbe dargli una mano anche con quelli… o no? Così, invece di copiarli dalle ragazze, ci capirebbe qualcosa e quando è alla lavagna, sorbole! Si porterebbe a casa la sufficienza… dico bene?”

Lui, incoraggiato: “Allora Signora Casadei… magari un aiutino… sa… c’è una brutta aria intorno a Marco… ho paura che i suoi colleghi abbiano già deciso…”

La professoressa, senza scomporsi: “Mo guardi che non è mica detto… sa?”

Lei, illuminandosi: “Vuol dire che potrebbe farcela?”

La professoressa: “Mo dite al Marco di tirar fuori… il carattere… e di impegnarsi in questi giorni… io conto poco ma il ragazzo mi piace… è uno sveglione… mi ricorda mio fratello partigiano, poveretto…. è morto in guerra a vent’anni, fucilato dai fasisti…”

Lei, impressionata: “Oh… mi dispiace, che brutta cosa…”

La professoressa, sorridendo paciosa: “Mo è passato tanto tempo… poi sa, era una birba mio fratello… lo sa Dio quanti ne ha ammazzati, di fasisti…”

Lui, speranzoso: “Allora, non disperiamo… grazie Signora Casadei… arrivederci…”

Lei, sollevata: “Marco ce la metterà tutta, vedrà…”

La professoressa, stringendo le loro mani: “Dio vede e Dio provvede… coraggio, arrivederci…”

Si spegne la luce sull’aula e si accende sulla panchetta… è rimasto solo il loro ombrello.

Arriva il bidello, con in mano un grande mazzo di chiavi tintinnanti: “Alegher, Alegher! Buonasera, scior…”

Lui: “Arrivederci Mario… e grazie!”

Lei, stretta sottobraccio a lui: “Grazie… buonasera…”

Si spengono le luci e cala il sipario sul bidello che allontanandosi, canta ancora:

“ sufia for il vent del nord, sufia semper pu se fort…

e tut quel che avem speraa, l’è dre a diventa realtà…

ma tuc quei che criticavan e ne han dì tut i culur…

ie rabiaa perché l’idea, ghe l’han minga avuda lur…”

ATTO SECONDO, lo scrutinio.


Sulla scena, i banchetti di scuola disposti a ferro di cavallo e rivolti alla platea. Alle spalle, una lavagna e sopra, la foto del Presidente della Repubblica.

In centro, la coordinatrice, professoressa Carmela Imparato, di lettere, intenta a sfogliare il registro di classe. L’ultimo a sinistra, Don Carlo, legge il breviario. Dalla parte opposta, il professor Del Corso di matematica, concentrato nella scrittura.

Si sente bussare. E’ il bidello che entra con un vassoio di plastica con una tazzina di caffè e una bottiglietta d’acqua.

Bidello, sussiegoso: “Permesso…”

Don Carlo: “ Ciao, Bossi…”

Bidello: “Riverisco, Don Varin…”

Il professore di matematica, alzando gli occhi dal foglio: “Buon pomeriggio, sor Palazzi…” e si rimette a scrivere alacremente.

La coordinatrice, distrattamente: “Grazie Mario, metti pure qui… hai visto per caso il preside nei paraggi?”

Bidello: “Il professor Dolema non è uscito dall’ufficio, neppure per pranzare… gli ho portato io una piadina al crudo e la sua coca cola…”

Imparato, ostentando indifferenza: “…e di che umore è?”

Bidello: “l’è incasat nigher…”

Imparato, fingendo di non capire: “Come dici, Mario?”

Bidello, sforzandosi: “…è visibilmente alterato…”

Imparato, sospirando: “Perfetto! Allora, è perfetto…”

Si sente il suono lungo e lacerante della campanella.

Imparato, indispettita: “Ma insomma, è possibile che non si riesca mai a cominciare in orario?”

Bidello, premurosamente: “Stanno arrivando, Signora… li ho visti in cortile…”

Imparato, senza staccare gli occhiali dal registro: “A fumare, immagino… e poi saremmo noi quelli che danno il buon esempio ai ragazzi… i modelli formativi… non è così, Don Carlo?”

Don Carlo, chiudendo il breviario: “Beh, non siamo mica in Seminario…”

Imparato, un po’ piccata: “Ma è ancora aperto il Seminario?”

Don Carlo: “Oh, certamente… e dopo anni e anni di magra, oggi le vocazioni sono tornate a crescere…”

Imparato, tagliente: “Sì, dal Burundi…”

In quella, entrano rumorosamente i ritardatari che si ammutoliscono appena percepiscono l’atmosfera tesa.

La coordinatrice rompe l’imbarazzato silenzio sollecitando con freddezza: “Colleghi, vi prego di accomodarvi un po’ alla svelta perché siamo già abbastanza in ritardo…”

Solo il suscettibile professor Frassica osa replicare: “Esimia collega, che è sto stacanovismo esasperato?”

La coordinatrice, moderandosi: “Su da bravo, Frassica… abbiamo tre scrutini da fare e alle sei vorrei essere a casa!”

La professoressa Zahira Youssef di Storia dell’Arte, approvando concitata: “Anch’io… mio marito è a casa da solo con i bambini e con il cane… chissà che cosa mi combinano…”

La professoressa Rosaria Taddario: “Sì, d’accordo… diamoci una mossa che stasera vado a teatro!”

La professoressa Filomena Cuccureddu d’inglese, incuriosita: “Che c’è di bello?”

La Taddario: “Un lavoro interessante… una trasposizione dell’Edipo Re, ambientata in un centro sociale… una giovane compagnia antagonista… con qualche sbavatura underground di troppo…”

Interviene mellifluo il professor Pino Frassica: “Uhm… interessante! Quasi, quasi, vengo anch’io… sei da sola?”

La Taddario risentita: “No, caro Frassica… che ti credi… non sono da sola e comunque, è tutto esaurito…”

Frassica, per nulla scoraggiato: “Allora, domani ti porto al Cineforum… danno Lo zio Boonmee che si ricorda le vite precedenti… una perla, palma d’oro a Cannes… cose buddiste…“

Taddario, seccata: “L’ho già visto, una vera schifezza…”

Il professore di ginnastica Nicola Fallicone, sdolcinato: “Ohi, Pino… se ti accontenti, ci vengo io al cinema con te…”

La professoressa Imparato, picchiando la mano aperta sulla cattedra: “Basta colleghi! Adesso cominciamo… Frassica, comincia tu col tabellone…”

“Ma non ci penso nemmeno… stai scherzando? Spazio ai giovani! Del Corso, coraggio…”

Professor Del Corso, alzandosi per prendere il tabellone: “Si fa, si fa… chi la busca la guadagna!”

La coordinatrice: “Prima C… Aloisi: cinque, cinque!”

Taddario, latino e greco: “sei, sei… cinque, cinque…”

Frassica, filosofia e storia: “sex, sex…”

Casadei, chimica: “sei…”

Del Corso, matematica: “sei… ma scusate, colleghi… perché ogni tanto dite sex invece di sei?”

Risata di Frassica: “Mizzica! Che stai scrivendo, Lello? Fa vedere…”

Del Corso mostra il tabellone alla coordinatrice che lo guarda con benevolenza e carinamente: “No, caro… devi proprio scrivere sex… è una precauzione…”

Frassica, trionfante: “Noi, solo sex sicuro!”

Del Corso, visibilmente disorientato: “Maremma buchaiola, non mi ci raccapezzo…”

Casadei, sbrigativamente: “Mo sorbole, Lello… è per evitare una facile contraffazione in sette…”

La coordinatrice, soavemente: “No, Torello… non correggere… altrimenti il preside ce lo fa riscrivere tutto… anzi, usa la matita… poi lo ripasserai quando abbiamo finito…”

Taddario, stupefatta rivolta alla coordinatrice: “Torello? Ma che stai dicendo? Non si chiama Lello…?”

La coordinatrice, con un pizzico di civetteria: “Ah, non lo sapevi? Si chiama Torello… tipico nome della nobiltà fiorentina… ma lui si secca e si fa chiamare Lello…”

Del Corso, imbarazzato: “Ma no, va bene… chiamatemi un po’ come volete…”

In quella si spalanca la porta ed entra il preside con un grande foglio arrotolato in mano… professor Curzio Dolema, alto, asciutto, carismatico: “A che punto siete?”

Mentre tutti borbottano un rispettoso saluto, la coordinatrice scatta in piedi e gli si rivolge ansiosamente: “Siamo a buon punto, Curzio… ehm… signor Preside… prego, si accomodi…”

Preside: “No, no… grazie...” poi, distribuendo a tutti uno sguardo inquisitore, apre il foglio, lo appende alla lavagna e lo illustra ai docenti composti e ammutoliti: “Questo è il mio strumento di valutazione degli scrutini e… degli scrutinatori…” tutti guardano il foglio disorientati: ”…come vedete, qui abbiamo lo scrutinio finale dell’anno scorso, le classi in linea ed una curva corrispondente ad ogni classe…”

Brusio dei docenti.

Il Preside: ”…osservate il tipico andamento a campana di queste curve… sono le caratteristiche curve di Gauss che esprimono un concetto statistico semplice ed incontestabile: data la popolazione di soggetti che formano ogni classe, i dati individuali di misurazione tendono ad uniformarsi in corrispondenza della maggior parte degli individui intorno alla media dei risultati, lasciando ai margini le posizioni di picco, positivo da una parte e negativo dall’altra…”

Brusio dei docenti.

Temerariamente, Frassica: “Preside, potesse vossia, usare un eloquio più accessibile a chi di statistica non ne mastica…”

Del Corso, spavaldamente: “Permettete, colleghi… in parole povere, normalmente i sei vanno alla maggioranza della classe, con poche eccellenze a destra e pochi disastri a sinistra…”

Preside: “Bravo, professor Del Corso… mi compiaccio e la ringrazio per la sobria quanto efficace delucidazione…”

Brusio dei docenti.

Frassica, sempre ironico: “Mizzica! Questo significa che, statisticamente parlando, il monte voti è assegnato a priori…”

Imparato, agitando minacciosamente il ditino indice: “Colleghi, cerchiamo di controllare… il linguaggio e ascoltiamo con attenzione il nostro Preside!”

Preside, soavemente: “Ma sì, va bene… il dibattito è legittimo… la scuola non è forse l’anticamera della democrazia?”

Brusio crescente dei docenti.

Preside, in tono perentorio: “Significa semplicemente che se vedo una classe con una campana troppo alta, troppo bassa, senza lembi o con lembi troppo alti o troppo bassi, mi allarmo… e indago, fino a prendermi la briga di entrare senza preavviso nelle classi, assistere alle lezioni e alle verifiche… per capire che sta succedendo e individuare i motivi degli scostamenti…”

Silenzio totale dei docenti.

Il preside: “A proposito, Don Varin…”

Don Carlo, trasalendo: “Eccomi preside, dica…”

Il Preside, glaciale: “Questa storia delle messe in classe…”

Don Carlo, timidamente: “Non disturba nessuno… le garantisco che…”

Il Preside: “Disturba me!”

Don Carlo, con un filo di voce: “D’accordo, preside…”

Preside, dopo una lugubre pausa: “…non sarà tollerato un vistoso scarto rispetto alla normale distribuzione a campana… se vedo che in una classe ci sono più di tre o quattro insufficienze gravi, il problema non è dei ragazzi ma vostro… se vedo che in un’altra classe ci son più di due o tre eccellenze…uhm… si regalano i votoni! Se la campana è troppo alta… si distribuiscono sufficienze e si batte la fiacca… se è troppo bassa, c’è qualcuno che non sa insegnare e i ragazzi sono allo sbando…”

Brusio ansioso dei docenti.

Il Preside: “Ora, vi lascio lavorare, serenamente… ma se ci sono intoppi, mi aspetto di essere chiamato ad intervenire…”

I docenti si rianimano in un nervoso ringraziamento al Preside che dopo aver staccato e arrotolato il foglio, esce di scena.

Dopo qualche secondo di silenzioso rovistar di carte, il coraggioso Frassica: “Beh, che c’è di nuovo? E’ nervoso e fa del terrorismo psicologico… è sempre così, alla fine dell’anno…”

Casadei, chimica: “Ha paura dei ricorsi… da un po’ di tempo in qua, ogni anno aumentano e gli rovinano le vacanze!”

Imparato: “Un ricorso… le rovina a tutti le vacanze!”

Youssef: “Eh no, cari miei… toglietemi tutto ma non le vacanze!”

Don Carlo, mortificato: “Mi sembra che il problema stia nel fatto che l’ultimo dei pensieri della scuola sia il benessere dei ragazzi…”

Frassica, burbero: “Ma anche lei, Don Varin… la messa in classe… ma che minchia l’è saltato in mente?”

Cuccureddu, acidamente: “Comunque, di benessere i ragazzi ne hanno fin troppo!”

Del Corso: “Non si riferiva certo al benessere materiale…”

Imparato: “Andiamo avanti, colleghi… sono quasi le quattro!”

Del Corso, in tono preoccupato: “Eh, no… signora mia! Qualche cosa l’ho da dire anch’io…”

Imparato, soavemente: “D’accordo caro… ma facciamo presto, per cortesia…”

Frassica, divertito: “Avanti, sentiamo…”

Del Corso: “Io non ho neppure un’insufficienza… ho una decina di eccellenze e la maggioranza ha sette…”

Youssef: “…ma tu sei matto!”

Frassica: “ma figghiu miu… da dove le tiri fuori dieci eccellenze?”

Taddario: “… a parte la Zanchi e la Rognoni, il resto è carne da cannone…”

Frassica: “Non mi dire che… la Lo Cascio, peraltro graziosa assai, e quello zotico del Gotti hanno la sufficienza in Matematica!”

Del Corso, imperturbabile consulta il registro: “Cristina Lo Cascio ha… sette! E Giuseppe Gotti, otto!”

Imparato, sgomenta: “Ma Lello, il Gotti è un rozzo… si esprime in dialetto e quel che è peggio, scrive in dialetto… ha quattro quattro solo perché non do mai di meno…”

Don Carlo: “Si, confermo… il Beppe scrive in dialetto… per Natale mi ha regalato una poesia in bergamasco che porto sempre con me nel breviario… se permettete, ve la leggo…”

Fallicone, malizioso: “Torello mio, l’anno prossimo prepara nelle tue ore di lezione una seggiola per il preside …”

Imparato, compassionevole: “Ma no… lo dice sempre ma poi non lo fa… ha un grande rispetto per i docenti…”

Del Corso, piccato: “Io non ho nulla da nascondere… anzi, ci metterei le telecamere in classe e conserverei in archivio le registrazioni per diec’anni!”

Cuccureddu, spaventata: “Ma tu sei tutto matto…”

Frassica, spocchioso: “ …e antisindacale…”

Si sente il suono lungo e lacerante della campanella.

Imparato, spazientita: “Insomma, basta! Avanti, dove eravamo? Aloisi…”

Youssef, concitata: “Tocca a me… sei!”

Cuccureddu: “…sei!”

Fallicone, sensuale: “…sex…”

Don Carlo: “Buono…”

Imparato: “Aloisi a settembre, in italiano e greco… Arnoldi: sei, sei…”

Taddario, latino e greco: “sei, sei e sei sei”

Frassica, Filosofia e storia: “…sei sei…”

Casadei, Chimica: ”sei”

Del Corso, matematica: “otto…”

Cuccureddu, inglese: “sei”

Youssef, storia dell’arte: “sei”

Fallicone, ginnastica: “sex”

Don Varin, religione: “buono”

Imparato: “Arnoldi, promosso… Bezza: sei, sei…”

Le voci sfumano insieme alle luci e un occhio di bue sull’orlo del palcoscenico accoglie il bidello con l’immancabile scopa a frange.

Mentre ancora si sentono le voci dello scrutinio: “sei, sex, sei, cinque…”, tenendo una mano all’orecchio, il bidello commenta:

“Stanno mitragliando… bene! Adesso non li ferma più nessuno… almeno spero!”

Poi, appoggiato alla scopa e rivolto alla platea, riflette a voce alta:

MONOLOGO


“E’ da quando son qui che guardo il mondo da questi corridoi... i ragazzi, i genitori, i professori… una giostra variopinta e confusa che continua a girare senza sosta… a voi non sembra che manchi qualcosa? Non è facile accorgersene, ma qualcosa, di sicuro, manca! C’è tanta conoscenza, tante nozioni… ci sono tante regole, leggi, precetti e paletti… tutto per reggere un sistema complicatissimo… ma a me sembra che la gente non ci capisca più niente… è come imbrigliata… avete presente le ragnatele? Quei bozzoli che le farfalline si fanno da sole, agitandosi finché s’imbragano… in attesa che arrivi il ragno a succhiar via la vita…

I ragazzi sono pallidi, troppo magri o troppo grassi, orgogliosi ma paurosi, furbetti ma allocchi, tiepidi o addirittura spenti… i genitori, agitati, sempre di corsa, preoccupati, incerti… i professori, comunque in credito di qualcosa, litigiosi, infelici e sognatori… tutti quanti immersi nella penombra e nella paura di perdere qualcosa… mai una svolta, mai un’iniziativa originale, tutti che si lamentano di tutto…

Chi non sa è tagliato fuori e chi sa, insegna e dispensa titoli di conoscenza… cioè comanda! Viviamo nella società delle conoscenze… una barca che vaga senza meta… perché nessuno può decidere da solo che cosa è bene conoscere.

Sembra di stare in una strana prigione senza sbarre, dove non importa molto impedirti di agire, ma piuttosto, è vietato pensare… e se solo metti fuori il coppino, tac! Arriva qualcuno, appena sopra di te con o senza divisa, che ti bastona… e a nessuno piace essere bastonato, non davanti a tutti! Quindi, è molto meglio star fermi e zitti, nascondersi… cercare qualcosa di meglio per sé, scalare qualche posizione, aggregarsi a qualche dispensatore di vantaggi, mettendosi in sicurezza… fa niente se a spese degli altri, meno furbi o più ignoranti…

Abbiamo abbandonato l’orticello col pollaio dove nessuno poteva darci ordini… per entrare nel supermercato dove puoi scegliere di tutto, ma solo se hai soldi! E come si fa ad avere i soldi? Semplice, devi intrupparti come un soldatino in qualche esercito e credere, obbedire, combattere… per qualcun altro, naturalmente. Questi giovani a mala pena sanno che cosa comprare al supermercato ma nessuno gli spiega che per vivere così dovranno riuscire a farsi assoldare da qualche parte, perdendo a poco a poco, la libertà…

Sembra che questo mondo abbia paura della luce e dell’aria fresca… forse perché alla luce, le cose si vedono meglio… e si rischia di scoprire la verità… quella vera! E’ molto meglio che resti nascosta, altrimenti si rischia che la gente cambi, disobbedisca alle regole o magari cerchi di scappare!

Non arriverà più nessuno a raccontarci la verità… chi se la sente di essere subito bandito, additato come malfattore e perseguitato? Non so se vi ricordate di quel tale che ha detto… la verità vi fa liberi!

Ecco… senza la verità, la scuola non è libera e quindi… a che cosa serve?

Si spegne l’occhio di bue e si riaccende la luce sullo scrutinio:

Imparato: “Galli, promosso… Gotti… quattro, quattro”

Taddario, latino e greco: “cinque,cinque… quattro, quattro”

Frassica, filosofia e storia: “cinque, quattro”

Casadei, chimica: “sei”

Del Corso, matematica: “otto…”

Cuccureddu, inglese: “cinque”

Youssef, storia dell’arte: “cinque”

Fallicone, ginnastica: “sette”

Don Varin, religione: “ottimo!”

Imparato: “Gotti respinto… Hadda Karima, sei sei,

Taddario, latino e greco: “sei sei, sei sei”

Frassica, filosofia e storia: “sei sei, sei sei”

Casadei, chimica: “cinque”

Del Corso, matematica: “sei”

Cuccureddu, inglese: “sette”

Youssef, storia dell’arte: “sei”

Fallicone, ginnastica: “otto”

Don Varin, religione: “sufficiente”

Imparato: “Adalgisa, che facciamo di quel cinque… puoi guardare meglio sul tuo registro?”

Casadei, borbottando: “Mo perché? Fa scena muta… è totalmente estranea all’approccio scientifico… disprezza la biologia come il peccato e snobba la chimica… dovrò mica darle la sufficienza perché mette o non mette il velo…”

Taddario, spavalda: “Casadei, da quando sei così rigorosa? Da brava, vedi che cosa puoi fare…”

Del Corso: “In effetti, è forse l’unico caso ostico che ho incontrato… oppone un categorico rifiuto…”

Youssef, indignata: “Ma è un problema culturale! E’ mai possibile che in una società moderna, multietnica e multiculturale, le diversità siano ancora oggi penalizzate piuttosto che valorizzate?”

Frassica, soddisfatto: “Brava Zahira! E’ vero… dov’è l’integrazione e l’accoglienza che tutti usano per sciacquarsi la bocca?

Imparato, mentre brontolando la Casadei controlla il registro: “E… Don Carlo, mi perdoni… com’è che la Karima è appena sufficiente in religione?”

Youssef, in apprensione: “Già, appunto! Una ragazza dolcissima…”

Frassica, condiscendente: “…e graziosa assai… per quel poco che s’intuisce sotto quegli stracci grigi!”

Don Carlo, imbarazzato: “D’accordo, ma non partecipa…”

Taddario, implacabile: “Alle messe!”

Don Carlo, sempre più in difficoltà: “Va beh, a parte quello… neppure alle normali attività culturali… si isola e non parla… le ho chiesto di raccontarci del Corano, della condizione della donna nella società islamica… ma niente! Ditemi voi, che altro dovrei fare?”

Del Corso, seccamente: “Sarà terrorizzata dalle minacce del padre e dei fratelli… stiamo attenti, non sarebbe la prima volta che…”

Youssef, spaventata: “Per carità, lasciatela in pace… ci penso io a tenerla d’occhio…”

Fallicone, pensieroso: “Purché qualcuno dei nostri giovanotti non s’innamori di lei… altrimenti, sono guai!”

Casadei, con aria di sfida: “E tu allora, dimmi… come hai fatto a metterle otto?”

Fallicone, imbronciato: “E’ una gazzella… coordinata ed elegante, dovreste vederla quando fa la danza del ventre…”

Cuccureddu, paciosa: “Su, basta adesso… la collega di Arte cercherà di assisterla… lasciamola tranquilla… comunque anch’io le ho dato sette, perché cinguetta in inglese come un uccellino…”

Casadei, con rassegnazione: “Rettifico… Hadda, sei…”

Imparato, sospirando: “Deo gratias… chiusa parentesi! Hadda, promossa… Lo Cascio, quattro, cinque…”

Taddario, latino e greco: “cinque cinque… quattro quattro”

Frassica, filosofia e storia: “quattro, sex”

Casadei, chimica: “cinque”

Del Corso, matematica: “sette…”

Cuccureddu, inglese: “cinque”

Youssef, storia dell’arte: “sei”

Fallicone, ginnastica: “cinque”

Don Varin, religione: “buono!”

Imparato: “Lo Cascio respinta… ma Niky, scusa, perché cinque?”

Fallicone, impettito: “E’ una smorfiosa, pigra e imbranata… civetta con tutti ed è anche sgarbata con me!”

Frassica, graffiante: “Che ci vuoi fare, le piacciono i maschietti…”

Fallicone, offeso: “Sei un mostro…”

Imparato, ridacchiando: “E andiamo Frassica, lascialo stare! Tocca a… Lo Presti, cinque, cinque”

Taddario, latino e greco: “sei,sei… cinque, quattro”

Frassica, filosofia e storia: “cinque, cinque”

Casadei, chimica: “sei”

Del Corso, matematica: “otto…”

Cuccureddu, inglese: “cinque”

Youssef, storia dell’arte: “cinque”

Fallicone, ginnastica: “sette”

Don Varin, religione: “ottimo”

Imparato, sbuffando appoggia gli occhiali sul tavolo: “Colleghi, che facciamo di Lo Presti?”

Frassica, implorante: “Colleghi, vi prego… una breve pausa…”

Imparato, generosamente: “Solo cinque minuti, mi raccomando…”

Si dileguano tutti, tranne Don Carlo e Del Corso.

Del Corso, stirandosi sulla sedia: “Maremma maiala che stress… ehm, scusi Don Carlo…”

Don Carlo, sospirando: “Non dirlo a me…”

Del Corso, alzandosi e camminando su e giù tra i banchi: “Ma io, che ci sto a fare qui… quasi quasi vado a lavorare in Nuova Zelanda… oppure sulle piattaforme petrolifere! Questo paese l’è belle che morto…”

Don Carlo, pensieroso: “Beh, anch’io sto aspettando una risposta dalla Curia… ho chiesto di andare in Missione in Africa… qui, si soffoca!”

Del Corso, incuriosito: “Ah, davvero? E dove?”

Don Carlo: “Ovunque mi mandino… non c’è problema… probabilmente in Ruanda…”

Del Corso, entusiasta: “Don Carlo, vengo anch’io! Chi se ne frega… si va via insieme…”

Don Carlo, pacatamente: “Proverò a informarmi… non credo che ci siano problemi… ci sono anche tanti laici… certo, ci vuole un bel coraggio!”

Del Corso, spavaldamente: “Lo stesso che ci mette lei…”

Don Carlo, rabbuiandosi: “Forse, ce ne vuole di più a star qui… mah, lasciamo che decida il Signore… che sa quel che fa, almeno Lui…”

Del Corso, continuando a camminare nervosamente: “A proposito… Don Carlo, segua il mio ragionamento… siamo in nove per una classa di venticinque ragazzi… provi a immaginare di tenerne solo due, davvero qualificati… uno per l’area tecnico scientifica e l’altro per l’area umanistico letteraria… due soli tutor che gestiscono la formazione attraverso schermi che proiettano le lezioni registrate da luminari noti ed apprezzati nelle varie materie… due soli tutor che amministrano le valutazioni attraverso verifiche standardizzate, oggettive ed informatizzate! Secondo lei, quanto si risparmierebbe?”

Don Carlo, incuriosito: “Più o meno l’ottanta per cento della spesa totale… ma gli altri prof, dove li metti?”

Del Corso prontamente: “A casa loro, con metà stipendio!”

Don Carlo, desolatamente: “Figurati se i sindacati accettano una cosa del genere… e poi che ci fa a casa l’ottanta percento dei professori?

Del Corso: “Come tutti i cassaintegrati, quello che vogliono! Compreso cercarsi o inventarsi un altro lavoro… nel qual caso ovviamente, l’assegno avrebbe un termine…”

Don Carlo, divertito: “Ah, beh… se lo dici tu…”

Del Corso, imperterrito: “Mi ascolti, Don Carlo… piuttosto, quanto resterebbe del risparmio realizzato, dopo aver contato l’assegno?”

Don Carlo: “Diciamo che ne resta metà, il quaranta percento…”

Del Corso, concitatamente: “Ah, molto di più… immagini di eliminare otto professori su dieci… pensi al risparmio in termini di costi di struttura, di semplificazione procedurali, di tempi morti, malattie e quant’altro! Il tutto da investire in ricerca non solo tecnologica… e in aiuti umanitari, con progetti da affidare agli stessi giovani più meritevoli…”

Don Carlo, sospirando: “Caro Lello… da tempo non sentivo un’utopia così rivoluzionaria! Però, devo ammettere che rispetto a quelle del secolo scorso, questa non è priva di una certa affascinante concretezza… Ti prometto che se mai andremo in Ruanda insieme, ci proveremo… perché no?”

Del Corso: “Sì, maremma buchaiola… una scuola concepita come fabbrica di futuro e non più come stipendificio!”

Si sente il suono lungo e lacerante della campanella.

Si spalanca la porta e rientrano tutti, tranne Frassica. Tutti riprendono la posizione e scartabellano diligentemente.

Intanto, la coordinatrice, sconsolata: “Non ce la faremo mai ad essere a casa tra un’ora! Coraggio ragazzi, avanti tutta…”

Entra Frassica, che protesta: “Miii, che scassamento ‘sto bidello leghista…” e rivolto alla coordinatrice: “Collega, l’hai mandato tu a cercarmi?”

Imparato, seccamente: “No, non l’ho mandato io… comunque, senti Frassica… tu forse non hai impegni famigliari ma noi qua abbiamo fretta e se il preside s’accorge che manca qualcuno, lo scrutinio ce lo fa rifare…”

Taddario, spazientita: “Allora, questo Lo Presti… lo siluriamo o no?”

Imparato: “Vediamo la sua scheda...” rovista e finalmente la trova: “…l’anno scorso è già stato graziato… ed anche in quarta non era un fulmine di guerra! A me, non convince… “

Casadei, esplode improvvisamente: “Eh no, colleghi… non potete trombare la gente così! Ma vi rendete conto dei disastri che fate? La Cristina Lo Cascio, va beh, è indifendibile ma già mi avete stroncato il Gotti che ha l’unico torto di mettere le felpe crociate e di cantarle chiare… somministrate tolleranza e accoglienza a destra e sinistra ma il Gotti vi da proprio fastidio, solo perché ogni tanto sfodera il suo bergamasco stretto… ma non vi vergognate?”

Smarrimento, stupore e indignato brusio di tutti.

Imparato, con cautela: “Ma Adalgisa, che stai dicendo… mi sconvolgi…”

Dopo qualche secondo di silenzioso imbarazzo, la Casadei scoppia improvvisamente in lacrime e tra i singhiozzi: “Scusate… non so che cosa mi ha preso…” poi, alzandosi: “…torno subito…”

Taddario, dopo che la collega è uscita, magnanimamente: “Poveretta… non fateci caso… non sta molto bene e poi, l’anno prossimo va in pensione…”

Imparato, frettolosamente: “Rosaria, com’è in latino… sei sicura che arrivi alla sufficienza?”

Taddario, consultando il registro: “Effettivamente, sarebbe tra il cinque e il sei… ma non pensavo che fosse così in bilico… se volete posso rettificare in cinque cinque, non ci sono problemi…”

Frassica, maliziosamente: “A meno che Inglese ed Arte non riescano a rettificarsi in su…”

Youssef: “Io non do mai quattro, ma Lo Presti se lo meriterebbe proprio… non studia, è uno smidollato…”

Cuccureddu: “Potrei mettere sei, ma non posso accettare di essere decisiva…”

Imparato: “In che senso?”

Cuccureddu: “Voglio la rettifica anche di qualcun altro… Pino, che ne dici? Almeno Storia…”

Frassica, impettito: “Non ho mai rettificato un voto in vita mia…”

Cuccureddu, rivolta alla Taddario: “…e tu Rosaria, che ti costa mettere cinque invece di quel quattro balordo…”

Taddario, stizzita: “Ah, il mio quattro sarebbe balordo… adesso vedremo chi mette i voti balordi… propongo di chiamare il preside!”

Imparato, sconsolata: “Oh nooo! Insomma, parliamone… per favore…”

Frassica, laconico: “Non ci sono alternative…”

Rientra la Casadei, col fazzoletto sul naso.

Taddario: “Adalgisa, già che sei lì… chiedi al preside se gentilmente può intervenire… su Lo Presti…”

Casadei, sollevata: “D’accordo, ci penso io…”

Mormorio preoccupato di tutti che riordinando le carte, mettono in primo piano i rispettivi registri e si concentrano sulla posizione di Lo Presti.

Entra il preside seguito dalla Casadei che riprende il suo posto. Il preside si mette alle spalle della coordinatrice e seccamente: “Lo Presti? Spiegami…”

Imparato, visibilmente emozionata: “Il ragazzo è già stato aiutato gli anni scorsi e ora ha una situazione… diciamo anomala…”

Preside, dopo aver guardato i voti: “Professor Del Corso, che cosa è quell’otto?”

Del Corso, intimidito: “E’ molto migliorato… ho pensato di premiarlo per questo…”

Preside, incalzandolo: “Mi dica i voti, dall’inizio dell’anno…”

Del Corso, con voce tremante: “Cinque, cinque, sei, sei, sette, sette, nove, otto e ancora otto nell’ultima verifica…”

Preside, implacabile: “Questo otto lo rettifico io… in sei… Carmela, metti a verbale…”

Del Corso, scatta in piedi esasperato: “Ed io, mi dimetto! Signora Imparato, metta pure a verbale…”

Il Preside: “Benissimo, dimissioni accettate… Carmela, verbalizza tutto…” poi, rivolto alla Taddario: “Mi spieghi i voti di latino, per cortesia…”

Taddario: “Quattro, cinque, dal cinque al sei, sei, sei e cinque più…”

Preside: “Troppo poche queste verifiche… quante volte vi ho detto che voglio tre verifiche al quadrimestre, come minimo!”

Taddario, inalberata: “Infatti, sono esattamente sei verifiche, quattro scritte e due orali…”

Preside, sferzante: “Si, ma in un caso come questo, una in più diventa decisiva!” poi, si rivolge corrucciato alla professoressa d’inglese: “Professoressa Cuccureddu?”

Cuccureddu: “sei, cinque, cinque…”

Preside: “No! Legga meglio… “

Cuccureddu, afferrando affannosamente la penna: “Sì, è vero… a ben vedere, sono due cinque più…”

Preside, rivolto alla professoressa Youssef: “Lei, signora?”

Youssef, tremebonda: “quattro, sei meno, cinque più…”

Preside: “Ho capito… Carmela metti a verbale che Inglese è sei e Arte, pure…” poi, rivolto a Del Corso, con freddezza: “Ingegner Del corso, consegni il suo registro alla coordinatrice e non dimentichi di sottoscrivere il verbale…”

Il preside si avvia alla porta e si rivolge a tutti, con distacco: “Buona serata e buon lavoro a tutti...”

Tutti borbottano una risposta sommessa di saluto e ringraziamento.

Imparato, ancora scossa: “Lo Presti a Settembre in Italiano, greco, filosofia e storia…”

Frassica, premurosamente: “Un momento, Cammela… rettifico storia da cinque a sei…”

Imparato, sollevata: “D’accordo, grazie… Lo Presti a settembre con italiano, greco e filosofia… passiamo a Milanesi, sei, sei…”


EPILOGO


Si riaccendono le luci sul corridoio a sinistra dove sono esposti i risultati. Si sente il suono lungo e lacerante della campanella. Un gruppetto di ragazzi esitanti entra in scena disordinatamente.

Milanesi, rivolto a Lo Presti: “Di qua, Lop…”

Lo Presti: “Ehi, Milan, aspetta… sta arrivando il Gott!”

Milanesi: “Va beh, gana… ma dov’è Alò?”

Lo Presti: “Tranqui… mi ha scritto che ha perso il treno… ma arriva…”

Arriva Gotti: “Harda che, in do che ie i bamba…”

Lo Presti: “Ciao, gana… “

Milanesi, guardando il tabellone: “Gott… ti hanno filtrato…”

Gotti, sorpreso: “L’è mia possibil, fem vedì…”

Arriva la Lo Cascio: “Ciao raga… come’è?”

Milanesi: “Vieni, Loc… mi spiace… hanno segato anche te…”

Lo Cascio: “Tranqui, raga… lo sapevo! Così adesso posso finalmente andare all’alberghiero…”

Gotti: “Eh, no stela… mi son fatto ciulare solo per stare vicino a te!”

Lo Presti, divertito: “Dai, Gott… non fare lo sborone…”

Lo Cascio: “….e tu Lop?”

Lo Presti: “Non male… anch’io volevo stare con te… ma mi hanno sgamato!”

Lo Cascio: “Fa vedere… cazzo, che figo!”

Lo Presti: “Dove poi? Quella merda di Imparato… greco e filosofia… che due coglioni!”

Gotti: “Lamentes mia… come hai fatto a prendere sei in storia? Eh, dimel…”

Lo Presti: “Boh… mi spiace Gott, davvero… e adesso, cosa fai?”

Gotti: “Andrò su all’alpeggio con i miei…. a fare formagelle di capra…”

Lo Cascio: “Veniamo a trovarti, Gott… c’hai posto per dormire?”

Gotti, sognante: “Per te sempre, stelina… e ti dirò di più, verrò anch’io all’alberghiero… così mettiamo su un agriturismo, insieme…”

Lo Presti, entusiasta: “Sì, dai… andiamo su tutti in valle a trovare il Gott!”

Milanesi: “E stasera? Andiamo al cinema?”

Lo Presti: “Sì, gana… scialo! Ma, a vedere cosa?”

Lo Cascio: “C’è il Re leone…”

Milanesi: “Loc, cazzo, ma fa cagare! E’ tutto l’anno che ci fai vedere delle cagate…”

Sopraggiunge e si affaccia al tabellone Aloisi: “Ciao, raga…”

Lo Presti: “Ehi, boss… alora?”

Aloisi: “E’ tutto l’anno che mi faccio un culo quadro…”

Milanesi: “Tac…”

Arriva la Hadda Karima e tutti si ammutoliscono. Va verso il tabellone, osserva attentamente e poi si mette a gridare saltellando di gioia: “Allah akbar!” poi si avvicina ai ragazzi e li abbraccia ad uno ad uno: “Grazie, grazie a tutti voi… grazie!”

Gotti, torvo: “Te, bela… guarda che la promozione non te l’abbiamo mica regalata noi…”

Hadda: “Salam, Gotti…”

Gotti: “Salam aleik, Karima… comunque, sculta me… te, te capese prope un casso…”

Aloisi: “Dai Gott, lasciala perdere… è contenta, poraccia…”

Milanesi: “Sì, sì… voglio proprio vedere se uno di noi scialato va a scuola a Rabat… lo inculano a nastro!”

Gotti, tirando fuori una sigaretta: “Brao Milan! Te ghe resù…”

Arriva il bidello, agitando le braccia: “Via, via… qui è vietato fumare!”

I ragazzi si avviano all’uscita, abbracciandosi e ridacchiando. Prima di sparire, Milanesi: “Dai raga… al mio tre: un, due, tre...” e tutti in coro scanzonato, apostrofano il bidello: “Ciao Mario… Padania Libera!”

Cala il sipario.