Mentre ci avviciniamo a Campinapolis, dove partiremo per andare al l'aldeia dagli indios, vedo scorrere dal finestrino campi brulli di terra rossa, ma nella mia testa ripercorro i due giorni trascorsi qui in Brasile. Dovevano essere due giorni "di riposo", per riprenderci dal lungo viaggio, ma si sono rivelati due giorni pieni di incontri che ci hanno riempito il cuore e la mente. Siamo stati ospiti nella Chacàra, la casa dell'operazione Mato Grosso e abbiamo avuto modo di conoscere solo alcuni dei tanti volontari che ne fanno parte: Thelma e Franco, Rita e Michele, Will, Cearà e tanti altri, che tra un giro per il centro di Goiania e un incontro attorno a un tavolo ci hanno raccontato le loro vite, fatte di scelte a volte difficili, ma dove l'accoglienza, il servizio a favore degli altri, l'impegno per un cambiamento, sono i pilastri su cui vale la pena fondare la propria vita. Sono scelte che si vedono non solo dai racconti, ma dalle piccole cose che abbiamo trovato in questi due giorni: un piatto di riso caldo pronto al nostro arrivo, la merenda ogni pomeriggio, la voglia di raccontarsi, sempre davanti a un bicchiere di succo di ananas, le foto di famiglia appese al muro del salone, decine, forse un centinaio di foto, dei volontari dell'operazione Mato Grosso: una grande famiglia, di cui anche se per poco, ci siamo sentiti parte.

Anna, Aldeia Xavante "Santa Clara" Mato Grosso (Brasile), 31/07/2019

È trascorsa quasi una settimana da quando siamo arrivati in Aldeia Santa Clara e solamente ora trovo le parole per provare a descrivere ciò che io e i miei compagni di viaggio stiamo vivendo.

Dopo quasi un'ora di viaggio su un furgone nel cuore del Mato Grosso, siamo arrivati al villaggio accolti da Erica, Luca e Gigi, tre missionari dell'OMG (Operazione Mato Grosso), che da subito ci hanno aperto le porte della loro casa, per meglio dire capanna.

Appena scesa da quel furgone ero terrorizzata, mi sentivo un'estranea in quel mondo così lontanto. Ero spaventata dall'idea di dover dormire in una capanna, senza tutte quelle comodità a cui sono sempre stata abituata.

Ancora non sapevo che di lì a poco avrei trovato qualcosa di davvero speciale. Questi giorni sono stati davvero densi di emozioni e di scoperte. Scoperte di un popolo accogliente, di bambini sorridenti che non vedono l'ora di chiamarti per nome per invitarti a giocare con loro, anziani riconoscenti per la scodella di riso offerta loro la mattina.

Come mi ha detto Gigi questa mattina, l'Aldeia è un po' come Napoli. Si piange due volte: la prima quando si arriva, la seconda quando si riparte. È proprio vero. Il sorriso di questi bambini e la loro voglia di trascorrere del tempo con tutti noi, arrivati un po' per caso e un po' incosapevolmente come me, non lo dimenticherò mai.

Quel senso di estraneità oramai mi ha abbandonata e ho capito davvero che in fondo siamo tutti uguali, siamo tutti uomini.

Marianna, Aldeia Xavante "Santa Clara" Mato Grosso (Brasile), 5/08/2019

Se, come dice Ronchi, "Partire è un po'nascere", noi siamo nati di nuovo nell'accoglienza e nella condivisione di questo viaggio.

Abbiamo incontrato volontari, cittadini e indios accomunati da un desiderio, quello di dedicare la propria vita all'accoglienza, ed ora eccoci qui, 12 ragazzi in viaggio per il Brasile alla ricerca di un terreno fertile per crescere interiormente e metterci in gioco per essere sia terra che seminatori di speranza e affetto.

Speranza e affetto che si trovano in ogni sorriso e in ogni saluto di ciascuno dei bambini Xavante che abbiamo incontrato, sorriso capace di abbattere il muro della timidezza e della lingua diversa, sorriso capace di unire un gruppo di persone che non si conoscevano ma che hanno ritrovato loro stessi in un piccolo villaggio sperduto nell'immensità del Mato. Ed è grazie a loro che, come dice Sofia, "stiamo ritrovando i bambini che sono in noi", capaci di stupirsi per le piccole cose e vivere il presente con forza ed entusiasmo.

"[...] Per un attimo dimenticate di vostri bisogni, i vostri divertimenti, il vostro riposo e mettetevi nei panni di chi non ha niente, di chi non ha idea di cosa significhi pranzo e cena. Regalate un po' del vostro tempo e delle vostre energie per far sorridere qualche bimbo Xavante!"

Aveva e ha proprio ragione Federico! Con la loro spontaneità e semplicità sono lo specchio di una società ancora aperta e fondata su valori da coltivare e custodire, che ci facciano dire ad alta voce "Io amo l'Essere Umano!".

Davide, Santa Clara, Mato Grosso (Brasile), 08/08/2019

Eccoci qui ragazzi, ieri, poco prima di ripartire per Goiânia, davanti alla capanna che ci ha ospitati tutti quanti per una settimana. Eccoli qui i nostri visi sorridenti, pieni di emozioni, che poco prima di fare la foto hanno versato lacrime di addio. Stare in mezzo agli índios Xavante, nel villaggio di Santa Clara, ha significato sperimentare sulla nostra pelle la povertà assoluta. Povertà assoluta perché non c'è altra scelta, perché non c'è via di scampo, perché anche volendo non se ne può venir fuori. Povertà perché i piedi e le mani dei bambini sono divorati dai biche du pé, i loro sorrisi mancano già di qualche dente per la carie e nessun shampoo o lozione che abbiamo dato riesce loro dar tregua ai pidocchi. Non hanno vestiti, i pochi che hanno sono bucati e provengono da donazioni. Vivono di caccia e pesca e di qualche cesta basica che viene offerta di tanto in tanto. Il villaggio è così isolato dalla città di Campinapolis che non è possibile per gli uomini trovare un lavoro e quindi avere uno stipendio. E poi ci vorrebbe comunque una macchina o una moto che sarebbe impossibile comprare, considerando il sussidio statale minimo. Eppure queste persone ci hanno accolto nel loro villaggio, senza mai farci mancare un sorriso, e ci hanno permesso in questa settimana di farci giocare con i loro bambini, di riparare le loro case con la calce e di reinbiancare la salina della scuola. Con i bambini e i ragazzi abbiamo giocato a calcio e ci siamo battuti a braccio di ferro, abbiamo cantato canzoni con la chitarra e colorato disegni con le tempere. Ci facevamo scherzi a vicenda e loro ci hanno insegnato parole in Xavante, come anche "semese - o" che vuol dire "stupido, burlone" in senso affettuoso. Sì perché in tutto ciò gli Xavante sono un popolo simpatico e con un grande senso dell'umorismo. La loro spontaneità ti lascia esterrefatto e la spensieratezza del loro essere ti fa riflettere su come la povertà sia solo un concetto materiale - perché noi abbiamo sperimentato la ricchezza che loro hanno nel loro animo. Con questi ragazzi Xavante è nata una amicizia bellissima che sicuramente ognuno di noi conserverà nel proprio cuore.

Sofia, Santa Clara (Mato Grosso)

Se devo pensare ad una immagine che mi porterò dentro per il tempo a venire, sarà sicuramente legata al piccolo Valder; al nostro saluto prima di andare via.

Da qualche mezz'ora prima di partire è stato particolarmente insieme a me, più del solito. Dopo il mio pisolino pomeridiano o, come piace dire a me, dopo aver trascorso del tempo ad osservare le palpebre dall'interno, mi è venuto addirittura a cercare (cosa che non aveva mai fatto nei giorni del nostro soggiorno in Aldeia Santa Clara).

Appena ci siamo visti mi è salito in braccio e abbiamo fatto il nostro solito giretto tra i tavoli dove c'erano gli altri bambini e ragazzi che stavano giocando con noi del Gruppo Mission, abbiamo visitato la capanna principale e quella dove dormivamo noi.

Durante il nostro solito tour ha voluto fermarsi a giocare sul pinco-panco da soli, senza chiamare gli altri bambini. Capivo quello che voleva dire e quello che stava provando, allora io, in silenzio, con un grande sorriso, gli andavo dietro cercando di gustare ogni singolo secondo che stavamo trascorrendo insieme. Mentre si avvicinava il momento di salutare tutti, il che era sempre più percepibile nell'aria, mi è nuovamente saltato in braccio e ha iniziato a stringermi forte con le sue braccine sottili e magroline.

Quella sensazione, quel calore, quell'abbraccio: così lungo, così vero, così emozionante, mi è entrato dentro al cuore e all'anima.

L'ho stretto forte anche io e chiudendo gli occhi ho iniziato a sentire il nodo alla gola che si stringeva sempre di più e a vedere un po' appannato, come quando apri gli occhi sott'acqua e risali in tutta fretta per riprendere fiato.

Come dico spesso, non penso di essere un gran cristiano, tanto meno un buon cristiano praticante, però in questa esperienza mi è parso di riuscire a sbirciare dietro le tende di Dio, come quando da piccolo sbirciavo il nonno fare da mangiare per tutti i parenti alla Vigilia di Natale. Per un istante vedi qualcosa di estremamente grande ed estremamente vero; che ti fa mettere in discussione tutto. Credo che il percorso sia iniziato adesso. Siamo usciti da noi stessi ed è stato come fare un salto nel vuoto. Adesso che hai messo fuori il naso dalla porta di casa inizi a vedere il mondo e la vita sotto altre priorità. Questo è il seme che deve iniziare e proseguire a germogliare e a crescere, aiutato e supportato dal gruppo di viaggiatori, dal Gruppo Mission e, soprattutto, da noi stessi.

Alessio, Santa Clara 9/8/2019

Generosità. Parola semplice ma che assume una forma così concreta qui, nei quartieri poveri di Jardim das Oliveiras. Oggi abbiamo iniziato la visita alle famiglie locali, famiglie che non hanno veramente nulla se non preoccupazioni e storie di droga e violenza. Famiglie che spesso non sanno cosa mangiare, dove i bambini sono lasciati a loro stessi quasi sempre senza una figura paterna, dove la madre è abituata alla malavita, all’ingiusto destino che presto farà il suo corso.

Nonostante tutto ciò, la forza di queste persone è veramente incredibile.

Cristiane, giovane madre di 6 figli, vive in una “casetta” di mattoni senza recinzione, con una porta di lamiera, in mancanza di condizioni igieniche adeguate. Eppure, la cosa che mi ha colpito di più, è stata vedere sempre il sorriso sulle labbra di questa donna. Sorriso che, data la situazione, avrebbe potuto non avere ma che invece è fondamentale. Sorriso che mi ha fatto sentire in colpa per tutte quelle volte dove, per futili motivi, non sono sorridente.

Ci hanno raccontato che una volta una famiglia necessitava di un passeggino e Cristiane anziché venderlo ricavandoci dei soldi, l’ha dato a questa famiglia. Per me questo è stato un esempio bellissimo di estrema generosità, che prescinde dalle proprie condizioni economiche e lascia da parte l’egoismo. La generosità, l’aiuto al prossimo, a chi sta meno bene di noi,sono tutti valori che spesso ho visto maggiormente presenti dietro le mura di queste famiglie piuttosto che di quelle di noi europei.

Ringrazio quindi questa mamma, penso che dovremmo tutti prendere spunto da lei, perché ci ha insegnato che per essere generosi non serve avere tanto.

Sara, Jardim das Oliveira, Goias (Brasile), 16/08/2019

"Fiquem a vontade", sentitevi come foste a casa vostra. Casa nostra, una capanna o la stanza di una giovane ragazza di periferia.

Oggi più che mai mi rendo conto del significato di questa frase, che qui in Brasile abbiamo potuto sentire sulla pelle.

L'essere umano può essere solidale, sa essere ospitale, accogliente e pronto ad aprire la sua casa al prossimo, all'altro.

Siamo arrivati proprio ieri a Jardim das Oliveiras dopo aver trascorso una settimana a Santa Clara, villaggio indigeno Xavante (di cui oggi è la festa), dove i miei compagni ed io abbiamo vissuto un'esperienza molto forte, molto intensa. Abbiamo vissuto a contatto con la povertà assoluta, quella materiale e della fame. Abbiamo condiviso con le persone, grandi e piccine, la ricchezza più grande, quella del valore della condivisione, dell'accoglienza, del rispetto, della responsabilità nei confronti dell'altro e dell'amicizia come lealtà e fratellanza. Ci sentiamo un po' travolti da questo e grati perché qualcuno ha così poco e... ci ha insegnato così tanto.

Oggi mi sveglio a casa di Tati, una delle nostre sorelle Brasiliane. La sua famiglia vive modestamente in un quartiere che porta con sé tante difficoltà economiche e sociali, che questa parte del mondo soffre profondamente. Intanto ci ha aperto la porta, ci ha offerto un sorriso e un cafesinho, che qui in Brasile è sempre un po' dolce.

Si... Si è vero, c'è qualcosa che ci rende un po' diversi. Siamo esseri umani con diverse sfumature nella cultura, nelle abitudini con i naturali pregiudizi, nelle prospettive di una Vita che infondo nessuno di noi ha scelto ...

Allora penso all'accoglienza più pura che ci ha fatto sentire a casa. Penso alla diversità che, se accolta, può essere "seme" (come dicono i miei compagni) di qualcosa di meraviglioso e un po' sconvolgente.

Porterò sempre nel mio cuore l'immagine dei Brasiliani che con i piedi rossi sporchi della loro Terra, nelle loro Havajanas, pregano il Dio che gli ha dato un pasto, una casa e una famiglia, di cui anche noi siamo stati parte, noi, "gli altri".

Chiara, Jardim das Oliveiras, Goias (Brasile) - 11/08/19

Quando avevo 13 o 14 anni, un gruppo di giovani collecchiesi è partito per il Perù con il Gruppo Mission. Da allora, sentendo i loro racconti, è cresciuto in me il desiderio di partire. Non lo sapevo, ma la mia partenza era già iniziata. Ho fatto tante altre esperienze, mi sono sposata, ho scelto un lavoro che già è un po' una missione. Nei giorni prima della partenza per il Brasile avevo tante paure, ma la paura più grande era quella di rimanere delusa, dopo aver sognato così a lungo un viaggio come questo. Poi parto e all'arrivo ho trovato l'inaspettato: un'esperienza fatta di incontri, dove per incontro si intende uno scambio che arricchisce entrambe le parti, a partire dai miei stupendi compagni di viaggio. Insieme, abbiamo conosciuto persone che hanno lasciato tutto per dedicare la vita ai poveri; abbiamo visto la povertà stessa, fatta di piedi scalzi, pidocchi e manine tese per prendere un mestolo di riso; abbiamo conosciuto un Paese diverso, con usi, costumi e politica diversi. Abbiamo conosciuto l'accoglienza, fatta di famiglie che ci hanno aperto le porte di casa propria, anche quando la casa erano quattro lamiere e qualche filo appeso al muro per stendere i panni. E sì, abbiamo incontrato anche Dio. L'abbiamo incontrato in quei bambini, in quelle famiglie, in quei paesaggi sconfinati visti dal pick up, in quelle quattro lamiere. Da tutto questo ho capito una cosa... La partenza è una scelta che si può fare in qualsiasi momento. Partire è scegliere di aprire gli occhi sul mondo, di uscire da noi stessi e fare spazio all'incontro; è scegliere di vedere Dio nelle piccole cose belle e nelle persone che abbiamo accanto. Non lo sapevo, ma mia partenza era già iniziata 15 anni fa. I frutti del viaggio dei giovani di allora, li ho colti adesso. Per cui voglio dirvi: partite! Siate sempre i "primi della lista", perché le vostre esperienze suscitino nuove partenze negli altri, perché la vostra presenza sia un dono, perché il mondo e chi vi sta accanto ha bisogno di voi!

I frutti di questo viaggio li voglio cogliere ogni giorno da qui in avanti, perché oggi sono tornata, oggi è una nuova partenza.

Anna