Brasile 2018
1 - 22 agosto
Il Brasile è grande come ventotto volte l’Italia. Poco più di 200 milioni di abitanti. Siamo atterrati a San Paolo, una città enorme, vista dall’aereo, interminabile, quasi 20 milioni di abitanti. Da lì a Goiania, con i suoi grattacieli e i pappagallini verdi che volano per i viali, 1.600.000 abitanti.
Con una notte di viaggio in pullman, eccoci in Mato Grosso, in una cittadina di 15.000 abitanti, Campinàpolis; e da lì nel villaggio di Santa Clara, una settantina di famiglie in una grande area indigena… in 72 ore, un viaggio dal grande al piccolo, come indietro nel tempo, dalla megalopoli alla natura.
Accolti. Dai volontari dell’Operazione Mato Grosso, dai nostri volontari di Parma, dai Brasiliani, dagli indios, dai bambini. Semplicemente accolti.
E poi Jardim das Oliveiras, la periferia di una grande città, simile alle periferie delle grandi città del mondo, dove vive la maggioranza dell’umanità, con tutti i problemi sociali delle grandi periferie (degrado, alcolismo, droga, violenza, disoccupazione). Ma anche qui accolti da una comunità, da delle famiglie, da degli amici. Accolti, accompagnati, presi per mano, “de mãos dadas pela vida”.
Un viaggio verso nuovi orizzonti, nell’incontro con altri popoli e culture. Un viaggio per imparare la fraternità e lo spirito di servizio. Un viaggio missionario e interiore. Un viaggio anche, in qualche modo, aldilà degli orizzonti terreni: Federico Toscani e Daniele Ghillani sono stati nostri compagni di viaggio.
Allora, come ripetono spesso in Brasile, ringraziamo prima di tutto Dio, che ci ha dato l’opportunità di vivere questa esperienza così bella.
E grazie anche a questo grande Brasile di terra rossa e di contrasti, di abbracci e di violenza, di sorrisi e di fede, dove un bambino ti accoglie e ti mostra gioioso i suoi due pulcini, l’unico giocattolo che ha.
In questa pagina vi riportiamo alcuni dei testi scritti dai ragazzi del viaggio Brasile 2018
Mirco
Che bella la semplicità.
Siamo arrivati a cavallo di un furgoncino, trasportati nel cassone dietro. Avrei voluto non arrivare mai. Il vento, il caldo, il paesaggio del Mato, palme, termitai. Tutto nel posto in cui dovevano essere senza che la mano umana dovesse deciderlo prima.
Elisa M.
Oggi sono stata in cucina con Mirco. Abbiamo passato la giornata nella capanna.
Ci hanno suggerito di tenere la porta chiusa per poterci dedicare alla cucina; un altro gruppo di ragazzi si sarebbe occupato dei bambini. Qui tenere la “porta chiusa” significa però chiuderla a metà. Ogni porta è divisa orizzontalmente in due parti ed è possibile chiudere la parte inferiore e lasciare quindi un'apertura all'esterno corrispondente alla metà superiore della porta.
Sono qui da diversi giorni e, eccetto in tarda notte, non ho mai visto la “porta chiusa” come intendiamo noi occidentali.
Mi piace questa apertura: attraverso essa il dentro e il fuori possono ascoltarsi e riconoscersi. Posso sorridere a qualcuno che passa e sento che qualcuno da fuori può vegliare su di me.
In Italia chiudiamo troppe porte.
Letizia
Qui ovviamente non c'è rete per poter utilizzare il cellulare. Quanto si sta bene sconnessi, quanto aiuta ad aprire occhi e orecchie verso un mondo diverso fatto di semplicità e tradizioni.
C'è dell'altro, un altra percezione delle cose, sapevo già che c'era ma toccare con mano la diversità la rende vera; un ritmo lento che magari non ti riempie le tasche ma ti riempie lo spirito. Come cambiano le priorità. ovunque tu sia puoi e devi cercare e creare amore. Che è d appear tutto, soprattutto se si imparano guardare le piccolezze della quotidianità. Si impara dalle piccole cose e dagli incontri, dalle incertezze.
Chiara
Arriviamo a Jardim das Olivieras nella parrocchia dove Paolo e Alessadro svolgono la loro missione e dove Corrado è stato tanti anni. Lo si vede bene all’inizio della messa, quando in tanti lo vedono e lo salutano, qualcuno viene addirittura apposta a questa messa perchè sa che Corrado è qui.
Come sono emozionanti per me le visite nelle famiglie del progetto adozioni a distanza. Credo che entrare nelle loro case e stare un attimo con loro ci possa far capire davvero come vivono le persone che il progetto sostiene e anche l’importanza di tutte le attività che vengono fatte per aiutarle come i doposcuola, la danza, il calcio, l’accompagnamento psicologico, le cure mediche e le iscrizioni alle liste per ricevere sussidi statali. Questo è il lavoro di Maria, Paolo e Alessandro.
- Prima fila: Elisa M., Carlo, Anna
- Seconda fila: Chiara, Elisa P., Giacomo
- Terza fila: Letizia, don Corrado, Mirco
ANNA
Ultimo giorno all’Aldeia Santa Clara. Partire dall’aldeia e dal Mato Grosso porta con sé qualcosa di non ancora del tutto comprensibile. Dal finestrino vedo la terra rossa spiegarsi per lunghi chilometri e il cielo azzurro. Abbiamo appena salutato Luca, Raquel, Vanderley, Pedro e David, gli xavante, Aglae, ed Erica e Ugo prima al villaggio. Ci siamo conosciuti in pochi giorni ma ci siamo abbracciati con gioia.
Questo villaggio, mi è entrato nel cuore; i bambini che ridono per niente, con cui si diventa amici con poco. I loro capelli neri, con la frangia squadrata, la pelle scura e gli occhi a mandorla, il naso a patata.
I loro piccoli piedi impolverati, rovinati. Il loro sorriso timido, dolce, spensierato.
Giacomo ed Elisa
Elisa P.
Ho avuto la fortuna di conoscere Federico, “perla rara” lo definirei, uomo saggio, molto critico verso la propria persona: si metteva sempre in discussione e non si accontentava mai. Ha migliorato la vita di centinaia di persone. Ha dato tanto, direi tutto e gli xavantes gli hanno reso possibile l'incontro con il Signore.
Giacomo
La vera povertà è essere soli, senza Dio e senza aiuto da parte di nessuno. Una volta che capisci l'importanza di modi diversi di vivere, ti rendi conto che si possono portare ovunque, perché ovunque ce n'è bisogno.
Don Corrado
Paolo Finardi è a Jardim das Oliveiras da 11 anni, Alessandro (il Calido) da due. Sono “laici fidei donum”, cioè inviati dalla diocesi di Parma alla diocesi di Goiania come segno di fraternità missionaria. Insieme si dedicano alle persone più bisognose attraverso i progetti di una associazione, fondata alcuni anni fa, dal nome significativo: “De mãos dadas pela vida” (“Prendendoci per mano per la vita”). Paolo in questi anni si è sposato con Leide e hanno avuto due bambini: Lara e Luca. Alessandro, oltre al lavoro sociale, fa l’università qui a Goiania: Scienze Internazionali.