La comunità della Annunciazione

PER TRATTENERE I RICORDI

Il primo incontro di Comunità senza la nostra cara Vittoria è stato difficile: ci siamo guardati smarriti, increduli, una forte commozione ci ha presi e il rosario, che generalmente apre le nostre serate, a volte si interrompeva. Poi abbiamo cominciato a ricordare; così è nata questa nostra testimonianza che raccoglie in alcuni flash momenti della nostra vita insieme, che dura ormai da più di sessanta anni. Li offriamo ai tanti amici che hanno conosciuto e amato la nostra cara Vittoria. Potevamo scrivere più di un volume, perché la sua presenza è stata molto significativa, come del resto, ognuno di noi per l’altro, per tutti gli altri, perché la Comunità è comunione d’amore. La Vittoria, con la sua speciale personalità, è stata, come ha detto il nostro caro Vescovo Massimo, una luce di fede, un raggio di ottimismo e di saggezza, capace di fugare momenti di buio; è stata un sorriso di accoglienza e di comprensione sempre, anche nei passaggi a volte difficili della vita.

La nostra vita insieme è stata bella, vorremmo poterla ripetere: quante vacanze, viaggi in luoghi meravigliosi, oppure tranquilli, quanti pellegrinaggi in Italia o all'estero… e poi la quotidianità insieme, con tante cene, il servizio in parrocchia, nella scuola, nella vita civile e politica, reso possibile dall'aiuto scambievole.

La Comunità dell’ Annunciazione

NOTE DI GIOVINEZZA BELLA

Appena arrivato a Correggio come assistente dei giovani, don Pietro Margini attivò “i raggi scuola“, gruppetti di ragazzi desiderosi di testimoniare la fede nelle classi delle scuole superiori, con l’amicizia, il dialogo e l’invito agli incontri in parrocchia. C’era chi, come me, veniva dalla campagna, non conosceva nessuno e restava isolato. Un pomeriggio, io allora ero in seconda, vidi arrivare la Vittoria in bici a casa mia: una grande di quarta! Rimasi stupita, non capivo cosa fosse successo. Di lei non avevo allora una particolare stima, era la più brava della classe, sapeva imporsi nelle questioni, ma mi sembrava un po’ esibizionista: un giorno, durante l’intervallo, era venuta da noi piccole e si era messa a ballare scalza sulla cattedra, impressionando molto un tipo timido e introverso come ero io allora.

Quel pomeriggio a casa mia, fu un incontro cordiale, soprattutto con i miei genitori, e, dopo tante chiacchiere con mia madre, Vittoria tornò a casa con una sporta di insalata. Da allora per la piccola contadina, che ero io, la scuola cominciò a diventare un luogo più amico, non solo indispensabile per imparare.

In estate, Vittoria ottenne, appena diplomata, l’incarico della scuola estiva a Valestra di Carpineti e mi portò con sé col consenso inspiegabile dei miei genitori. Insieme parlavamo di tutto, di amicizia, di fede, di ragazzi. Fu per me una vacanza “rivoluzionaria “ che mi cambiò la vita.

I ricordi di quei primi anni in parrocchia e in Azione Cattolica, un po’ si perdono nei particolari e la memoria li sfuma, resta però chiaro il cammino di fede che cominciava a prendere forma: l’incontro tanto decisivo con don Pietro, la partecipazione alla vita dei gruppi e alla messa.

Una domenica, durante la processione del Corpus Domini, assieme a tante amiche, guardavamo sfilare i confratelli in camice bianco e la Vittoria mi indicava per nome i più giovani. Fu così che conobbi Lorenzo, descritto da lei ricco di tante virtù, anche se girava scalzo per il paese, con in testa un berretto di carta da marmista. Nel tempo l’amicizia si consolidò, si allargò ad altre ragazze, si approfondì nella fede: anche così nacque la Comunità dell‘Annunciazione.

Lia e Lorenzo

CRESCIUTA E VISSUTA IN COMUNITA'

La morte l’ha colta tra i suoi amici lasciandoci esterrefatti, sconcertati, fortemente addolorati. Nel dolore più profondo e tra le lacrime mi sentivo sereno, unito nel Signore a lei, ai suoi cari e agli amici dell’Annunciazione. Pensavo a Vittoria diciassettenne, la prima e, per qualche mese, l’unica ragazza in comunità perché, escluso il suo Franco, nessuno di noi ragazzi aveva la “fidanzata”. Ci si conosceva poco, ma con Franco accanto dimostrò subito di trovarsi a suo agio, sapeva dare un suo parere e sapeva ascoltare, un po’ in soggezione don Pietro. Iniziò così il suo cammino in comunità, mostrando subito una intelligenza ed una sensibilità di grande valore, ed un carattere aperto, portato a stabilire senza difficoltà un rapporto con tutte le persone che incontrava, fossero della comunità, del Movimento o di qualsiasi altro ambiente.

La sera dell’11 Febbraio, memoria della Madonna di Lourdes, era stata un bella serata in comunità, avevamo trattato anche problemi importanti in un clima sereno e il Signore l’ha chiamata mentre era tra i suoi amici più intimi. Io pensavo tra me che questo suo ritorno al Padre fosse la partenza più bella che si potesse fare, ma mi chiedevo anche cosa il Signore volesse dire alla nostra comunità, attraverso questo fatto così “misterioso”, perché nulla avviene per caso. Pensavo e pregavo, pregavo e pensavo.

Mi vennero alla mente le parole che don Pietro ci aveva detto nel lontano giorno di S. Stefano 1986, quando ci aveva dolcemente “sgridati” per non avere vissuto con fervore l’attesa del diaconato di don Luca e ci spronava a preparare una festa veramente grande per la sua ordinazione sacerdotale. “È una grande grazia che la Comunità dell’Annunciazione riceve” diceva don Pietro “Da don Luca a Samuele. Dal sacramento del Matrimonio al sacramento dell’Ordine: sono fatti molto grossi. È necessario ringraziare, progredire, migliorare, finché la comunità terrena non si trasforma in comunità celeste, in cui il primo va a preparare il posto".

Sei stata tu Vittoria, la prima a trasformare l’Annunciazione in comunità celeste, ed io continuavo a pensare e a chiedermi il perché.

Nel pomeriggio eri andata a Sassuolo a pregare per un caro amico, e avevi incontrato e salutato gioiosamente tanti amici. Molti, sapendo della tua condizione fisica erano rimasti piacevolmente sorpresi dal tuo entusiasmo e dalla tua vitalità: ti eri spesa nei saluti, proprio con tutti, non trascurando nessuno, erano saluti molto curati, brillanti, fatti con una carica ed una dinamicità che non erano certamente da persona che aveva appena avute giornate difficili proprio a causa del cuore.

Ci eravamo riuniti la sera in casa di Lorenzo e Lia e avevamo discusso di un argomento che stava a cuore a tutti: il problema dell’unità, specie nelle comunità adulte.

Tu Vittoria sostenevi che la cosa più adatta era che ognuno agisse come meglio gli sembrava in coscienza, tu preferivi un rapporto personale d’amicizia, in cui dare tutto se stessi.

Rimasi sorpreso, perché in altre occasioni si era parlato di intervento personale o di comunità, ma mai di dare tutto se stessi. Questo pensiero introduceva qualcosa di nuovo riportandoci a quando don Pietro, ci fece l’elogio della penitenza e ci disse che nel Corpo Mistico la penitenza non si fa solo per i propri peccati, ma per i peccati di tutti.

Quando ha sentito che le forze la stavano abbandonando ha pensato ancora una volta agli altri, ai suoi amici a cui ha lasciato il suo messaggio più bello e commosso: “Vogliatevi bene, sempre”.

Gianni

UNA CUOCA ABILE E VELOCE...

Eravamo ancora a Correggio. Franco e Vittoria si erano sposati da poco e sia per mettere in pratica l'invito alla accoglienza, sia per far capire quanto fosse bella la vita da sposati nella propria casa, invitavano spesso a cena amici, single o fidanzati a cui far passare il messaggio.

Una sera toccò anche a noi ad essere invitati alla loro mensa, noi che eravamo definiti scapoli incalliti e che in realtà non avevamo ancora trovato quella giusta.

Vittoria, più espansiva di Franco, cominciò con il decantare la vita degli sposi cristiani, lo spazio della preghiera insieme, l'ospitalità verso tutti, la divisione dei compiti. Ad esempio Vittoria dava consigli al marito dal balcone sul come dipingere la siepe metallica, mentre Franco sorrideva.

Poi si venne a parlare dell'arte culinaria della capacità di Vittoria di ideare nuovi piatti. Proprio quella sera infatti inventò la macedonia di mele! Invece di mettere insieme frutti diversi, fece tagliare al marito fette di mele di specie diverse (campanine, renette, delicius ecc) convinta di creare un piatto speciale … ma sempre mele erano!

Era comunque il suo stile. Non si lasciava prendere dall'ansia o dalla voglia di perfezione o di fare bella figura. Preparava le sue cene con la massima tranquillità, senza paure o eccessiva agitazione. Questo è lo stile che fin da allora aveva adottato e che è rimasto invariato negli anni.

Credo che poche mogli siano state abituate dai mariti ad ospitare a pranzo o cena amici e colleghi con un minimo di preavviso. Quelle poche volte che l'ho sentita brontolare per questi arrivi improvvisi, ricordo una risposta di Franco che diceva pressappoco così: “L'ho fatto per aiutarti, se ti avessi avvertito prima, saresti stata male più a lungo”. All'ultimo momento invece, era tutta un'altra cosa.

Questa è stata, specialmente per noi donne, una grande scuola!

Franco e Claudia

... E NON SOLO

Vittoria era una donna generosa. Esercitava la sua generosità in vario modo, ma una cosa era certa: viveva la sofferenza altrui con una partecipazione che si dilatava nel tempo.

Il giorno successivo alla sua morte, un signore anziano ha suonato al suo campanello. Vittoria era stata insegnante di sua figlia e ogni tanto andava a trovarla a casa per aiutarla e consigliarla, perché le condizioni generali della famiglia erano difficili. L'aiuto si è protratto nel tempo e anche se Vittoria è stata assente da S.Ilario per molti anni, quando ritornava cercava il modo di andare a farle visita insieme ad un’amica. Il padre aveva sentito il bisogno di venire a ringraziare i familiari per quanto ricevuto, sottolineando che lui non frequentava la Chiesa, ma aveva trovato nella azione di Vittoria una grande carica di umanità e un amore sincero.

Da alcuni mesi, insieme a Franco, aveva iniziato ad ospitare a data fissa una coppia con seri problemi di salute e relazionali. Non si tirava indietro. Anzi si dedicava a loro con entusiasmo e vera compassione.

Diceva: “Quando incontro un povero per strada, io faccio sempre l'elemosina, poco ma qualcosa a tutti” Era la sua regola.

Franco e Claudia

Negli ultimi tempi succedeva con una certa frequenza che, la domenica mattina, Vittoria mi chiedesse un passaggio in macchina per andare a messa. Se non aveva incontri programmati, mi diceva che avrebbe gradito un passaggio anche per il ritorno. Immancabilmente le rispondevo che mi sarei fermato a prendere il giornale poi sarei tornato a casa subito.

Per me, prendere il giornale e ripartire, significava alla lettera “prendere il giornale e ripartire” poteva succedere che Vittoria, vedendo amiche o persone conosciute, iniziasse una serie di incontri mai brevi che non erano soltanto semplici saluti… i suoi colloqui erano incontri non superficiali, né tantomeno banali o frettolosi. Alla fine sorridente e soddisfatta diceva: “Adesso possiamo anche andare” e io chiuso il giornale rispondevo: “Andiamo”.

Franco

VITA INSIEME: LA CASA DI COMUNITÀ

È stata una esperienza davvero bella vivere insieme per tanti anni nella stessa casa, prima in via Piave, poi nella gloriosa via S. Giovanni Bosco. Quanti momenti indimenticabili! I bambini che nascevano ed erano accolti come figli di tutti, amati e custoditi con un amore immenso. Li ricordiamo piccini che correvano scapestrati e felici in cortile e per le scale. Mamma Vittoria li custodiva con energia e tutti ubbidivano, senza storie o indugi. I più grandi la chiamavano di nascosto “Darix”, un vero domatore che non ammetteva capricci o repliche. Quando era il suo turno, per consentire alle altre mamme di partecipare alla messa, i ragazzi più ribelli, cercavano alternative, ma alla fine poi si divertivano, perché Vittoria li faceva giocare in modo creativo.

Quando guardiamo le scale della nostra casa, pensiamo che avrebbero tanto da raccontare, sanno tutta la nostra storia. Hanno visto salire le ceste con i neonati dall'ospedale; le bambine vestite di bianco e i maschietti di blu nel giorno della prima Comunione. Col passare degli anni, quelle scale hanno visto le nostre figlie bellissime nei loro bianchi abiti da sposa e i nostri ragazzi un po’ impettiti nei loro elegantissimi abiti scuri, correre felici verso il futuro. Quante gioie e quante belle avventure, sempre tutti insieme. La nostra cara Vittoria partecipava in modo unico, solare, sempre diverso, con tante attenzioni nei particolari. Straordinaria e certamente immeritata la grazia dei nostri tre figli sacerdoti. Anche loro hanno disceso quelle scale, con i loro severi abiti neri, per andare incontro al Signore per un dono totale e indiviso. Noi mamme ci stringevamo in una condivisione d’amore e di gioia: avevamo avuto il privilegio di figli che avevano consacrato la vita a Dio per poi donarla a tutti, che potevano portare il Signore sulla terra e donare al mondo il suo perdono. Noi mamme parlavamo di tutto questo insieme e a volte ci sentivamo indegne, smarrite. Un giorno Vittoria mise fra le mani di una di noi il rosario, perché da Maria, Madre dell’unico grande Sacerdote si doveva imparare a capire e a vivere nella gioia tanto dono. Così l’amicizia fra tutte noi si rafforzava anche con le altre amiche di Comunità, che erano diventate mamme adottive specialmente di questi nostri figli sacerdoti. Anche per tutto questo il dolore per non averla più con noi non si attenua, perché era bello condividere questa grande grazia.

Grazia certamente ottenuta da quel nostro piccolo angelo che ci ha preceduto in cielo e che ora Vittoria abbraccerà come faceva quando la piccola Bernadette era ancora con noi e non aveva ancora disceso per l’ultima volta queste scale benedette.

La Comunità dell’ Annunciazione

STILE DI ACCOGLIENZA, DI SOLIDARIETÀ

L’improvvisa chiamata che il Signore ha fatto alla cara Vittoria ci ha subito lasciati sgomenti e addolorati al pensiero di non avere tra noi una presenza amabile di luce, di gioia, di saggezza, sempre aperta all'incoraggiamento tipico del suo ottimismo di fede.

Il pensiero però che vicino a Gesù può continuare a fare del bene alla sua famiglia, alla comunità e a tanti ci riempie il cuore di profonda serenità. L’amicizia comunitaria di tanti anni ci ha lasciato una pienezza di testimonianza di fede, di carità e di servizio in famiglia, in comunità e in parrocchia.

Quel misterioso trapasso di domenica 11 febbraio, dopo l’incontro con la comunità e dopo aver preparato con gli amici il programma di quaresima e la festa di carnevale, mi ha fatto pensare come lei sarà ancora di guida e di intercessione per noi amici della comunità dell’Annunciazione nell'ultimo esodo dell’esistenza. Com'è stata preziosa l’ultima raccomandazione della Vittoria per continuare a volerci bene, perché ha il sapore di tanta memoria.

La cosa mi ha fatto ripensare anche a Mosè sul monte Nebo quando affidò a Giosuè il comando di completare l’ultimo tratto dell’esodo verso la terra promessa. Ho pensato come Mosè di fronte alle tante domande, incertezze, dubbi, avrà rassicurato Giosuè e il popolo a tener viva la memoria dei tanti interventi compiuti dall'Altissimo per assicurare loro una Provvidenza perenne. Così in modo semplice e domestico è avvenuto per noi. Quanta Provvidenza e Grazia il Signore ha seminato nella nostra storia anche attraverso la Vittoria e i tanti che ci hanno preceduti. Quelle partenze infatti hanno aumentato la forza della nostra speranza.

Assieme a Isetta abbiamo ricordato che il nostro primo incontro era avvenuto il 2 di Febbraio del 1964, e come Vittoria e Franco, che conoscevo solo di vista, ci invitarono spesso a pranzo con quello spirito di gioiosa accoglienza e di profonda amicizia come se ci fossimo da sempre conosciuti. Da allora la cosa ebbe a ripetersi tante volte, tanto che in una occasione diventò quasi casa di famiglia, perché Isetta venne ospitata da Vittoria e Franco, per diversi giorni, nel periodo particolarmente difficile dell’attesa di Cristina.

Quei primi incontri mi restarono particolarmente impressi come espressione concreta della carità che univa i primi cristiani. Quando ringraziai Vittoria per quell’aiuto non comune, ella mi rispose che Don Pietro, in quegli anni, proponeva quello stile ai giovani perché diventassero protagonisti di quella proposta evangelica.

Vittoria ha sempre avuto un ruolo fondamentale e significativo in comunità per le doti e le virtù personali che caratterizzavano quel tratto di amabilità del suo stile sempre attento a valorizzare le qualità e i contributi di ciascuno.

Come famiglia faremo tesoro degli incontri, delle belle e preziose conversazioni che faceva quando, di ritorno dalle trasferte per servizio, prima di salire al suo appartamento si fermava a salutarci. Si accomodava con Isetta sul divano e faceva il diario degli incontri. Non erano mai chiacchiere o cronache vuote perché ricordava prima di tutto gli appuntamenti, le ultime novità del Movimento e le persone ammalate per cui pregare , dopo di che faceva memoria degli incontri avvenuti nelle varie trasferte raccontando le ultime novità e portando i saluti delle vecchie e nuove amicizie. Era un calendario che poi si ampliava negli incontri di comunità e mi ricordava gli scambi di esperienza che facevano anche i cristiani delle prime comunità quando si incontravano di ritorno dai loro lunghissimi viaggi.

Questo stile di comunione e di comunicazione è una eredità preziosa della quale Vittoria è stata una fedele e perseverante testimone.

Isetta e Roberto

I BIGLIETTINI DI AUGURI

In comunità abbiamo sempre festeggiato gli anniversari dei nostri matrimoni. Era Vittoria che, a nome di tutti, esprimeva gli auguri nel bigliettino che avrebbe accompagnato il regalo.

Non avevamo dubbi che ci avrebbe rappresentato tutti e che avrebbe trovato le parole più sentite e care per rendere felici i festeggiati.

Claudia le metteva a disposizione una variopinta e ricca serie di cartoncini e Vittoria sceglieva con cura quello più adatto. Spesso l’immagine, il disegno o la foto le erano motivo di ispirazione.

Scriveva poi con quella sua grafia ordinata, chiara, lineare che anche ora parla di lei.

Ecco, ho qui tra le mani uno di quei graditissimi biglietti di auguri.

Sulla facciata è dipinta un’ortensia dalla quale si stacca qualche fiorellino. Apro il cartoncino e leggo: “Fiduciosi nella intercessione della Beata Vergine del Rosario continuiamo a camminare uniti, affidando a lei le nostre fragilità e debolezze, sempre certi del suo amore di mamma e della nostra chiamata comunitaria. Gli amici dell’Annunciazione, Anno 2017

Lella

CAMPEGGIO A LASTE

Nel 1991 don Luca, giovanissimo sacerdote, era curato nella Parrocchia di San Pietro a Reggio Emilia. Nell’estate di quell’anno era a Laste, in Trentino, con i giovani, gli educatori ed altri adulti.

Il luogo era molto suggestivo ma abbastanza isolato. Vittoria e Franco avevano accettato volentieri di accompagnarlo, ma si erano dati delle regole precise per non essere invadenti e rispettare le dinamiche, spesso molto delicate, ma anche tanto preziose, di un campo di giovani. Quando ce ne hanno parlato ci è sembrato di capire che avrebbero gradito la nostra presenza. Non era difficile immaginare che le loro giornate sarebbero state molto tranquille e riposanti, ma forse anche un po’ solitarie. Noi, sue amiche non facevamo fatica ad immaginare Vittoria intenta a ricamare. Lo faceva con abilità e piacere, ma non ci sembrava fosse l’attività più desiderabile. Abbiamo deciso, così, di andare anche noi a condividere, seppure indirettamente un impegno dei nostri amici.

Alloggiavamo nell’unico albergo di Laste. Aveva una stella, non ci importava come eravamo sistemati perché eravamo tutti insieme.

Abbiamo goduto anche di una bellissima sorpresa perché un giorno verso il tramonto, su un’auto di cui abbiamo riconosciuto lo sbuffare, sono arrivati alcuni nostri figli. Pure loro sono stati ospitati nella mansarda dell’albergo, felici di essere insieme anche a Don Luca.

Lella

MORGE

Noi amiche di comunità, come tante altre mamme della parrocchia di S. Ilario, abbiamo vissuto insieme molte esperienze di servizio, particolarmente nelle cucine dei vari campi estivi o invernali o nei periodi degli Esercizi Spirituali.

C’è un’immagine che mi accompagna, anche perché con Vittoria la ricordavamo sorridendo: eravamo cuoche a Morge, durante un campo estivo di ragazze, in Valle d’Aosta. Vicino alla cucina, davvero piccolissima, c’era un pianerottolo di passaggio e lì, in un box, stava il piccolo Giovanni che Vittoria, per fare la cuoca, aveva preso con sé.

Giovanni era un bambino molto buono e godeva delle coccole le ragazze gli facevano quando passavano di lì.

Chi è mamma sa quanto i figli sono nel cuore e nella mente. Il loro pensiero non ci abbandona nemmeno di notte, perché se ci svegliamo all’improvviso e pensiamo a loro, spesso riusciamo a riaddormentarci solo dopo avere pregato il loro Angelo Custode.

Mentre cucinava un risotto o sfumava un arrosto, l’attenzione di Vittoria era sempre rivolta al piccolo Giovanni e appena poteva andava da lui e gli faceva una calda carezza accompagnata da un “bravo”, ricambiata da un dolcissimo sorriso.

Lella

LA SCUOLA

Desidero dare una breve testimonianza dell’impegno di Vittoria nella scuola. E’ stata la maestra elementare di una delle mie figlie che ha goduto dell’intelligenza, della capacità pedagogica ed educativa di Vittoria. Mi ha sempre colpito l’amore grande per i suoi ragazzi, tutti e in particolare, direi, per i meno capaci, che circondava di affetto e cura senza togliere nulla agli altri, anzi aiutando ciascuno a dare il meglio di sé. Ha portato nella scuola anche il suo gusto per la recitazione e lo spettacolo.

Ma non solo, quando si è presentata l’opportunità di una collaborazione fattiva e concreta tra famiglia e scuola con l’attuazione dei Decreti Delegati si è impegnata con entusiasmo coinvolgendo noi genitori, aiutandoci ad individuare le persone adatte e sostenendo le scelte migliori.

Lella

IL DIACONATO

Quando domenica 15 ottobre 2017 ci siamo trovati in comunità, era la sera dopo quel sabato in cui Pietro Ferrari e i suoi amici Franco, Eugenio e Matteo erano stati ordinati diaconi permanenti. C’era aria di festa e al centro erano Franco e Vittoria che avevano provato la gioia dell’ordinazione di un figlio diacono permanente oltre a quella in precedenza di un figlio sacerdote.

Sentivamo che i loro cuori traboccavano di gioia e gratitudine e Vittoria ha voluto rendere tangibile questo: ci ha detto: “Ieri facevo fatica a guardare l’altare, cercavo di girare gli occhi a destra e a sinistra perché altrimenti si riempivano di lacrime”. Lacrime di gioia, di commozione, di trepidazione, lacrime di mamma.

Si ripeteva per lei una emozione che aveva vissuto anche da sposa nel lontano 1978 e di cui aveva scritto per richiesta del parroco don Fernando sulle pagine del bollettino parrocchiale.

Riporto volentieri alcuni pensieri espressi da Vittoria sul diaconato in questo suo ultimo scritto: “…tanti allora furono gli interrogativi: potrò capire il tipo di speciale, intima comunione con Cristo di mio marito?...e i figli? …posso semplicemente, per parte mia, affermare con forza che la grazia del ministero del diaconato ha molto arricchito la nostra famiglia: ha permeato di serenità la concretezza dei giorni, ha allietato i momenti difficili o monotoni, ha stemperato inevitabili spigolosità e durezze, creando un’armonia che stimola la gioia di vivere per il Regno di Dio e per la missione della Chiesa, per il resto dei nostri giorni. È questo il segno, è la sua grazia, il suo dono”.

Lella

LA VITA E OLTRE

La Vittoria era allegra, ironica, amava stare in compagnia, le piaceva cantare, le piaceva viaggiare. Le piaceva il balletto, la musica lirica e le canzoni.

Dietro a questa serie di “piaceri” mondani, ci stava una persona di una matura spiritualità, non esibita, ma vera.

Non sapeva distrarsi davanti alle situazioni di povertà, di sofferenza ma, quando poteva, interveniva di persona.

Con queste doti, si capisce perché all'annuncio della sua morte, tantissime siano state le persone che hanno sentito forte il bisogno di farsi vive con testimonianze, preghiere e con la presenza fisica alle esequie.

Soffriva da tempo e forse, da persona intelligente, si era preparata all'incontro con il Signore. Fra noi amici però non si è mai lasciata andare ad atteggiamenti vittimistici o drammatici. Ha sempre mantenuto un atteggiamento sereno che certamente è stato di notevole aiuto anche a Franco e ai famigliari tutti.

Aveva grande fiducia nei medici e altrettanta, e anche di più, nella Provvidenza.

Ultimamente stava eseguendo accertamenti per decidere se sottoporsi a intervento chirurgico. Diceva che, se dagli accertamenti non fosse uscita una indicazione assoluta all'intervento, avrebbe preferito continuare nella sua precarietà confidando nella misericordia di Dio. Nessun desiderio di sopravvivenza ad ogni costo , ma una serena sottomissione alla volontà del Signore.

Il pomeriggio dell'ultimo giorno era stata a Sassuolo a pregare per un amico in precarie situazioni di salute. Ne aveva approfittato per un revival di grande intensità con amiche e amici. Una cara amica ha poi definito quell'incontro l'ultimo regalo della Vittoria. La sera poi la situazione è precipitata.

Abbandonata su una poltrona, respirava in modo sempre più faticoso, tanto da farle dire “è dura, è dura“. Poi la frase, per noi un vero testamento : “vogliatevi bene”.

Riteniamo che la Vittoria ci sia stata di esempio sia come modello di vita che come capacità di affrontare la morte.

Claudia e Franco

LA SUA ULTIMA RACCOMANDAZIONE

“L’importante è volersi sempre bene” queste le sue ultime parole consegnate agli amici della piccola comunità dell’Annunciazione riunita intorno a lei, poi serenamente Vittoria ci ha lasciato lì, sbigottiti, increduli, impreparati. Questa frase è certamente la sintesi, l’essenza di tutta la sua vita, del suo cuore e delle sue opere verso tutti: famiglia, amici, studenti, conoscenti.

Ogni sua azione, ogni suo pensiero miravano sempre a creare relazioni buone, affettuose, accoglienti e durature.

Viene spontaneo collegare questo suo ultimo messaggio al testamento di don Pietro Margini: “Vogliatevi bene, state uniti”. Pur nel grande dolore, difficile da superare, queste parole aprono il cuore e la mente a un futuro di serenità, di speranza e a un impegno concreto per un mondo buono, intessuto di relazioni amichevoli soprattutto nella diversità. Il susseguirsi, infatti, di note diverse se si intrecciano nell’amore e nella comprensione, creano armonia e generano una musica che commuove e allieta i cuori.

In questi giorni tanti, anche a noi sconosciuti, ci hanno raccontato delle sua visite frequenti ad ammalati, a donne sole, a famiglie in difficoltà, a bambini speciali.

Non sappiamo se la litania mariana “Causa nostrae Laetitiae” le fosse particolarmente cara; certamente tutta la vita di Vittoria è stata causa di gioia, di serenità, di pacificazione per tanti. I messaggi di questi giorni parlano di lei come portatrice di luce, di speranza, di consolazione, di affettuose relazioni. Ha portato l’amore del Signore a tanti con una semplicità a volte disarmante, come quando andava a trovare anziane signore e con loro cantava canzoni del passato per aiutarle a ricordare, a riconoscere e a sorridere.

La Comunità dell’ Annunciazione