In particolar modo nel tour della Pista Rommel, scendendo verso Redeyef , dopo una vista incantevole, luoghi paesaggi spettacolari con l'emozione appena vissuta scioccante è stato ritrovarsi una discarica a cielo aperto di quelle dimensioni.
Praticamente abbiamo dovuto passare nel mezzo a questi cumuli maleodoranti dove c'era di tutto .... un inquinamento che ci ha lasciato sbalorditi esterrefatti tanto che nemmeno abbiamo avuto la voglia la volontà di fotografare uno scempio ambientale di tale grandezza
La strada che dalla città portuale di Sfax, polo industriale della Tunisia, si immette nell’entroterra è costeggiata dagli uliveti. Durante la stagione del raccolto, reti verdi circondano gli alberi carichi. Qui si trova una delle ventisette riserve naturali del Paese, il parco nazionale di El-Gonna. Vista da lontano, la zona rurale di Agareb, cittadina di 10mila abitanti in mezzo ai campi, ricorda ancora quel “paradiso terrestre” che evocano i suoi abitanti parlando al passato. “Cinquant’anni fa, questa regione era incontaminata. Vivevamo di piccola agricoltura e allevamento”, ricorda Mabrouka che per vent’anni ha lavorato in questi campi. Quando ci si addentra nella regione, però, i racconti distopici sulle catastrofi ambientali diventano realtà. Nel giardino di Mabrouka oggi non cresce più niente. A qualche decina di metri dal suo cortile, ha sede una delle più vaste discariche a cielo aperto della Tunisia, la discarica di El-Gonna. Così il suo quartiere -il più vicino alla discarica, il più esposto all’inquinamento e il più povero della cittadina- è stato ribattezzato Msab, discarica in dialetto tunisino, quasi fosse un suo prolungamento.
Ogni giorno camion strabordanti provenienti dalla seconda città più popolosa del Paese, Sfax, attraversano il cortile di Mabrouka per raggiungere la discarica, lasciando cadere dei rifiuti che vengono raccolti dagli abitanti del villaggio. È così che, qualche anno fa, Mabrouka ha contratto l’epatite C. Sua figlia Nasrine, invece, è nata sterile. “A Msab ammalarsi ormai è la norma. Contiamo tutti almeno un malato in casa -racconta la donna-. Qui arriva di tutto: organico, scarti animali, rifiuti ospedalieri. Durante la quarta ondata della pandemia, i bambini giocavano con i test del Covid-19”, prosegue. A causa dei forti odori, le finestre della sua casa in cemento costituita da una sola stanza condivisa non vengono mai aperte: “Ci sono giorni, specialmente d’estate, in cui ci barrichiamo in casa per riuscire a respirare”. A confermare il racconto di Mabrouka è il suo vicino, Brahim, sulla sessantina: “Nel 2011 chiedevamo lavoro, oggi nemmeno quello. Chiediamo solo il diritto di coltivare i nostri campi, bere la nostra acqua. Anche noi abitanti delle aree marginali siamo cittadini. Chiediamo la chiusura definitiva della discarica di El-Gonna”.