Presentazione del quadro "La Redenzione di Wojtyla" di Sergio Marino a Palazzo SanFiori di Vittorio Veneto il 08/07/2017. Con la partecipazione di: Antonella Uliana, Paolo Russo, Elena Girardello, Martino Zagonel.
Un quadro che rappresenta un fatto realmente accaduto all'artista il quale con quest'opera vuole rendere omaggio a chi fu Santo Padre in un'epoca così difficile.
Lettera autografa del critico d'arte R. Millemaggi
Nell'augurare successo e giusto riconoscimento alli importante e recentissima opera di Sergio Marino che oggi viene presentata al pubblico nel suggestivo contesto di Palazzo Sanfiori, esprimo sincero rammarico per la mia assenza forzata, causata da inderogabili impegni lavorativi. Mi spiace, in particolar modo, non poter contribuire all'esegesi de "La redenzione di Woytila", prova pittorica impegnativa per temi e per soluzioni tecniche, di cui ho potuto seguire, per alcuni aspetti, la genesi e l'evoluzione esecutiva. Lasciando a malincuore il compito alle illuminati parole del critico e storico dell'arte Riccardo Millemaggi, mi preme sottolineare due cose: In primo luogo, l'amicizia sincera e profonda che mi lega a Sergio Marino, con cui da anni ho modo di confrontarmi circa molte tematiche, non solo artistiche e filosofiche, ma anche — e soprattutto esistenziali. Inoltre, vorrei far notare come l'espressione pittorica di Marino, che si è evoluta di pari passo con l'espressione in scrittura, è frutto di un lungo percorso, talora tormentato, che ha portato l'artista da felici soluzioni "gestuali" prossime a un post-impressionismo venato di connotazioni simboliche, a opere fortemente "narrative", impegnative dal punto di vista del tema, dove l'elemento simbolista diviene preminente. In questo senso, "La redenzione di Woytila" costituisce sicuramente una tappa importante nell'iter dell'artista.
Alcuni anni fa, all’alba mi destai, dopo aver trascorso, in una botte di legno, adibita a casetta, la notte sulle sponde dell’incantevole lago sloveno di Most Na Soci.
Dopo colazione, ingurgitai una poderosa “Sganiedomaca”, grappa slovena a 35°, prima di scivolare fra quelle scintillanti ma imperscrutabili acque con la mia barca veneziana, in legno espanso listellato.
In quelle acque gelide, talvolta, con un cappio fra i denti e l'altro fra le mani, ed una ninfa per esca, grandi lipan e tipallidi avevo pescato.
M'incuneaì, lungo il mio percorso. fra una moltitudine di grotte, rocce appuntite ed insenature spioventi, ed un fiotto di luce filtrò fra quelle montagne mentre le colline degradavano fino a riva, rivestite da un tappeto di gelsomini.
La mia barca si adagiava su macchie e colori fauve, blu e bianco titanio, verdi cadmio, avvolti in controluce, da un'impalpabile e medianica nebbia mattutina.
Talvolta, da lontano intravvedevo l'amico Sterch, che nella sua canoa, portava con sé un orsetto ammaestrato, vera attrazione degli animalisti.
In quel luogo mi sentivo a contatto e più vicino a Dio.
Dopo circa 2 km, si potevano ammirare le fonti del Tolminka, ancor oggi meta di molti appassionati, per aver ispirato, con i suoi passaggi pericolanti, rovi intricati e strapiombi mozzafiato (come è testimoniato da un'insegna commemorativa), il sommo poeta Dante, nel suo “Inferno”.
Ad un tratto, avvertii una calma angosciante, il caldo era divenuto insopprimibile, respiravo a fatica. Improvvisamente, il sole sprezzante mi abbandonò e divenne buio, ed il vento, che accompagnava la mia anima in pena, cominciò ad ululare.
La mia barca si riempì d'acqua ed io giacqui curvo, raggomitolato su me stesso, i remi fra le braccia. I fulmini vibranti, cadevano come punte acuminate. Un lampo azzurrognolo mi abbagliò e tremai al frastono dei tuoni. Il rumore dell'eco si propagava minaccioso fra le montagne. La mia lingua, per effetto aerostatico, si prosciugò. I miei occhi, la sclera e la cornea persero il loro film lacrimale.
“E' GIUNTA LA MIA ORA!”, pensai. Poi, a squarciagola urlai:“ Sì, so di essere un peccatore, ma ti prego, per questa volta, salvami, Dio mio, o tu Papa Wojtyla, dammi un segno, perchè, sei stato, come Cristo un uomo, ed ora aiutami !
Ero ormai giunto al culmine della disperazione quando all'improvviso, dopo questa preghiera, i lampi si diradarono e si formarono dei nuvoloni pacifici, la pioggia cessò ed un forte sibilo di vento mi sfiorò, accarezzando le mie guance.
Ritornò il silenzio iniziale tra le acque colore asfalto. Ridestandomi da quel torpore lanciai un ultimo grido:
“Grazie Wojtyla, sei proprio forte, sei così forte che non mi hai nemmeno chiamato al cellulare!”