La carta di Zurigo

La Rivoluzione Informatica

Sezione diretta da Antonino Saggio

L’11 aprile 2000, l’ETH di Zurigo ha ospitato la presentazione della versione internazionale della “Rivoluzione Informatica” in cui hanno partecipato fra gli altri i due architetti Peter Eisenman e Derrick de Kerckhove. Nella conferenza i professionisti si sono confrontati sui temi delle nuove tecnologie digitali,  questo libro è il prodotto di ciò che da loro è stato espresso riguardo la nuova concezione di architettura legata all’era informatica.

Nel saggio per rendere più intuitiva l’idea di un cyber-spazio è stata utilizzata la metafora della giungla come luogo in cui diversi aspetti siano complementari e coevi fra loro: il naturale e l’artificiale insieme, che creano un nuovo genere di spazi.

"Non c’è dialettica invece nella giungla, non c’è nessun piano di riferimento.      Non riusciamo a distinguere la terra dall’aria, dell’acqua, o la profondità dello spazio delimitato. La giungla rappresenta quindi un ottima metafora delle condizioni dello spazio virtuale. Questo significa che dobbiamo formulare nuove razionalità, adatte al tipo di relazioni spazio tempo vissuta nella giungla. Non dobbiamo limitarci a produrre nuove relazioni spaziali e immagini."

-Peter Eisenman

Schermi, connessioni e interfacce elettroniche sono tutti intorno e vivono contemporaneamente in organizzazioni flessibili e trans tipologiche. L’architettura prende vita, si fa organismo elettronico e interattivo; le ricerche architettoniche più avanzate stanno creando "le nuove architetture di Internet" : sospese in uno spazio che non ha terra.

 

E' grazie all’utilizzo della tecnologia che possiamo sperimentare attraverso i software, nuovi algoritmi, nuove forme di architettura che la differenzino da quella canonica e tradizionale: la trasgressione è la chiave. Come architettura digitale s'intende oltreché una nuova interfaccia anche l’insieme delle tecnologie ingegneristiche costruttive, di nuovi materiali, dei processi produttivi e costruttivi che il computer ha permesso, agevolato e scoperto. È l’uso consapevole dei nuovi strumenti collaborativi che permette la creazione di nuovi paradigmi progettuali.

Grazie alle nuove invenzioni tecnologiche possiamo trasformare l’architettura in maniera intelligente in risposta al mutare delle situazioni climatiche o ambientali; essa può anche interagire con i fruitori e modificarsi in base ai desideri degli utenti.

L’architettura fino ad oggi è stata fondata sulle relazioni con la natura, con l’idea che dovesse essere armonica e gradevole alla vista, all’udito e al tatto ma le tecnologie informatiche potrebbero costringerci a farci ripensare alla qualità di tali relazioni poiché la natura è anch’essa ormai manipolata dall’uomo e non più selvaggia e indomata.

In Italia fra la fine del XIV secolo e il XV secolo c’era l’idea di un Dio che mettesse in relazione l’uomo e la natura, grazie al quale "il tutto" manteneva il proprio valore ma con il decadere del Teocentrismo Dio non apparve più come mediatore e fu l’uomo stesso a determinare il valore delle cose. Brunelleschi fu il primo a definire il soggetto attraverso nuove relazioni spaziali e temporali grazie alla tecnica della prospettiva, con la sua vista mono oculare. Il soggetto in questo modo attribuiva una dimensione alla visione stessa, definiva la condizione spaziale architettonica d the se stesso.

Non importa come nel corso dei secoli le cose siano cambiate, passando da uno stile all’altro: da Rinascimento al manierismo dal barocco al vittoriano; tutto questo per dire che è l’idea alla base che cambia il prodotto che l’architetto progetta.

Nox,The Oblique WTC, NY,2001.

Questa architettura è stata creata tramite una nuova idea di grattacielo; difatti indaga le possibilità di un evocativo spazio unico che si auto-regolarizza nella sua complessità funzionale attraverso corpi a ponte, a ramo, uniti da un’unica concezione di flussi interni risolti con percorsi diagonali di ascensori.


IAN+ New Tomhiro Museum,

Azuma Village, Japan 2001.

Un alveare di elementi di vetro con diverse dimensioni raccoglie volumi delle stanze del nuovo museo. I prismi sono veri e propri mattoni che filtrano e infrangono la luce con mutevoli effetti, dipendenti dalle condizioni atmosferiche, rendendo il modo "tattile" esperienza visiva della pelle di rivestimento della facciata.


Come il maestro Mies Van Der Rohe insegna:

L’architettura è sempre legata al proprio tempo. Il nostro tempo non è per noi una strada estranea su cui corriamo. Ci è stato affidato come un compito che dobbiamo assolvere. Da quando l’ho capito, ho deciso che non avrei mai considerato con favore le mode in architettura e che dovevo cercare princìpi più profondi. L’essenza dell’epoca è l’unica cosa che possiamo esprimere davvero”.

È proprio questo il punto da cui partire, noi viviamo nell’era tecnologica, questo cambiamento imposto deve farci interrogare sugli algoritmi dell’oggi. Come progettisti non possiamo prescindere dall’epoca in cui viviamo, in cui i software aiutano e regolano la nostra visione delle cose. Ma non dobbiamo farci su sopraffare da essi, dobbiamo sempre interrogarci se ciò su cui stiamo lavorando è un’illustrazione dell’architettura super grafica o un’architettura in sé.


“Ciò che è privo di forma non è peggiore di ciò che ha un eccesso di forma.

 Il primo è nulla, il secondo è apparenza.”

 - Ludwig Mies Van Der Rohe.


Personalmente credo che questa citazione sia emblematica del rischio di ciò che si può correre progettando qualcosa che abbia un forte impatto visivo. 

Al giorno d’oggi mi capita di vedere spesso architetture pazzesche dal punto di vista morfologico ma che non rispettano il contesto in cui si trovano, non hanno un forte rapporto: con il suolo da cui sorge l’edificio e  soprattutto con la cultura del posto.

La tecnologia secondo il mio parere dovrebbe aiutare a rafforzare ancora di più questa connessione, per creare sì un’architettura mozzafiato ma coerente con ciò che la circonda. Nella triade vitruviana non esisteva il concetto di contesto, che al giorno d’oggi per qualsiasi architetto professionista è alla base della progettazione, eppure spesso mi trovo di fronte a progetti architettonici che pur essendo visionari e graficamente di spessore non hanno valore effettivo e anche affettivo con la città che li ospita. Non sono a favore degli estremismi, dovremmo prendere coscienza dell’evoluzione informatica che sta riguardando il mondo ed utilizzarla come strumento di crescita ma non come strumento di ragionamento a priori, poiché potremmo cadere nel puro formalismo e questa non è architettura. In riferimento a questo mio pensiero personale il libro parla del plusvalore come informazione. Poiché una delle questioni affrontate durante la discussione Zurigo è quella sui valori, cioè come si stabilisce che cosa è valido e cosa non lo è all’interno del quadro architettonico di questi anni. Per molti decenni l’architettura era considerata buona se ben costruita, economica, logica la sua forma esprimeva oggettivamente la propria razionalità. La sfida che ci è di fronte, come architetti, non è solo quella di creare un’architettura che sia narrativa e metaforica ma riuscire a realizzare un’architettura che cosa possa incorporare questo livello complesso, mutante, estremamente dinamico che caratterizza il paradigma informatico.

Il mio augurio è quello che ciò possa essere fatto tramite la tecnologia ma con un occhio di riguardo per la natura, utilizzando i nuovi strumenti nella maniera giusta potremmo migliorare senza dubbio la nostra qualità di vita.