Profilo altimetrico dell'itinerario
Con il Percorso Centrale si attraversa tutto il crinale, cioè la parte più alta dell’Isola e si distingue per essere storico-naturalistico.
La partenza si trova in prossimità della Ex Chiesa di Santa Maria della Cerqua.
E’ un’interessante passeggiata di circa 1,8 km su strada collinare a stretto contatto con il paesaggio naturale e scorci di vedute panoramiche.
L’Ex Chiesa di Santa Maria della Cerqua (XV sec.) è una delle sei Chiese che erano presenti sull’Isola e fa parte dell’insieme di immobili denominato il Borgo.
L’Ex Chiesa di Santa Maria della Cerqua ha rappresentato un importante luogo di culto della storia religiosa dell’Isola.
Numerosi sono i documenti storici che testimoniano il ruolo di questo edificio religioso: nel 1416, viene iscritta al catasto come Chiesa di Santa Maria de Villa Insule Pulvensis poi denominata Santa Maria della Cerqua o Quercia, nel 1419 era diventata Chiesa parrocchiale del Borgo per comodità degli abitanti della Polvese altrimenti erano costretti a recarsi alla Chiesa di San Secondo che si trovava lontana dal Borgo.
All’interno della Chiesa, secondo un documento del 1432, esisteva un altare dedicato a Santa Maria, appartenente alla Confraternita del Gonfalone che aveva sede presso il Monastero di San Secondo; tale Gonfalone era opera di Pietro Perugino o di un suo allievo e fu realizzato in occasione della visita pastorale del Vescovo Amadei nel 1765.
Con la chiusura del Monastero di San Secondo nel 1624 e le successive vicende belliche di devastazione legate alla Guerra di Castro (1643-44), l’Isola Polvese si spopola e il suo declino è inarrestabile.
Nel Catasto della Chiesa si rileva che, nel 1730 Santa Maria della Cerqua non è più parrocchia ma tale funzione è tornata alla Chiesa di San Secondo.
Nella carta topografica, la “Carta delle Processioni” disegnata nel 1805, si trova la dicitura “Chiesa parrocchiale demolita”, anche se dal disegno si evince che all'inizio del 1800 vi erano ancora resti significativi.
Lo stato di conservazione dell’edificio prima del recente restauro (anno 2021) era costituito dal campanile a vela posto a nord ed un muro perimetrale in pietra contro-terra che entrambi andavano a formare un lato del perimetro della ex Chiesa, un solaio in legno appoggiato su tale muro e a valle su setti e pilastri in mattoni di epoca più recente, formavano la copertura di un’area dove erano collocate delle strutture in cls (setti e solette) idonee ad ospitare le arnie, un ricovero per le api voluto dal proprietario Biagio Biagiotti (1939-1959).
L’opportunità di fare rinascere, respirare e riconsegnare la sua dignità a questo patrimonio architettonico, è stata fatta propria dalla Provincia di Perugia, Servizio Patrimonio, nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale per l’Umbria 2014/2020, in ottemperanza al Bando POR-FEASR.
Con il restauro si è cercato di ridare il suo valore storico: architettura, allestimento e rispetto per la preesistenza si fondono grazie alla immissione di portali metallici che interpretano la geometria spaziale dell’aula chiesastica.
La progettazione del restauro ha tenuto conto dell’utilizzo di materiali compatibili e coerenti con la tipologia dell’immobile, privilegiando tecniche e materiali di bio-edilizia ed edilizia sostenibile, nonché il massimo riutilizzo dei materiali di recupero.
Oggi la nuova funzione della Ex Chiesa di Santa Maria della Cerqua è quella di un luogo dove ci si può informare sulla sentieristica dell'Isola ed è il "Punto d'Orientamento dei Percorsi".
Nel primo tragitto di strada incontriamo la Lecceta di San Leonardo, un bosco costituito prevalentemente da lecci ad alto fusto Quercus ilex e piante come la roverella Quercus pubescens e rari esemplari di quercia di dalechamps Quercus dalechampii.
La Lecceta di San Leonardo può essere vissuta ancor di più se si percorrono i sentieri all’interno della stessa ma sono percorsi consigliati a persone esperte e con spirito d’avventura.
Nel sottobosco sono evidenti fitti cespugli di pungitopo (Ruscus aculeatus), che si alternano con alloro (Laurus nobilis), orniello (Fraxinus ornus), ligustro (Ligustrum vulgare), viburno (Viburnum tinus), corbezzolo (Arbutus unedo), erica (Erica arborea), corniolo (Cornus mas), acero minore (Acer monspessulanum), acero campestre (Acer campestre) e olmo campestre (Ulmus minor).
Nel sottobosco in primavera fiorisce abbondante la viola selvatica (Viola odorata), mentre altre specie sono più sporadiche e localizzate nel sottobosco costiero più luminoso, come il fior di cuculo (Lychnis flos-cuculi) e l'iva ginevrina (Ajuga genevensis).
Nella tarda estate e nell'autunno si assiste a fitte fioriture del ciclamino napoletano (Cyclamen hederifolium) e dello zafferanastro giallo (Sternbergia lutea).
Tra le specie floristiche rare e d'importanza fitogeografica insediate in questo tratto dell'Isola vanno ricordate diverse specie di orchidee fra le quali: orchidea farfalla (Orchis papilionacea) e serapide minore (Serapias parviflora).
Fiorisce inoltre in questa parte dell’Isola il rarissimo giglio tirrenico (Iris chamaeiris), che si presenta nelle due diverse colorazioni (gialla e viola) o con esemplari bicolori.
Le pareti rocciose che formano il promontorio sono ricoperte di muschi e licheni e all'interno di questa formazione vegetale si riscontra una piccola pianta carnosa, l'ombelico di Venere (Umbilicus rupestris) e la felce polipodio (Polypodium vulgare).
Costruita al disopra del Borgo in una delle zone più elevate e panoramiche dell’Isola, al confine tra Lecceta di San Leonardo e l’inizio degli uliveti troviamo la Fagianaia, la cui collocazione dal punto di vista paesaggistico interessa un ambiente maggiormente aperto sugli uliveti e concede una notevole visione e visibilità da e verso il panorama lacustre.
La Fagianaia è nata per volere del Conte Vincenzo Pianciani (che acquistò nel 1840 tutti i possedimenti dell’Isola) al fine di dotare l’Isola di un vero e proprio allevamento per la riproduzione e il ripopolamento della razza “Phasianus colchicus”, più nota e comunemente detta “Fagiano”; allevamento fatto anche per fini di caccia, infatti quando avveniva la deposizione delle uova, il capocaccia e i suoi uomini le andavano a raccogliere con dei canestri e le facevano poi incubare da tacchine e da fagiane.
Di fatto tutti i vecchi proprietari dell’Isola, il Conte Pianciani Vincenzo, il Comm. Ferdinando Cesaroni (fine ‘800), il Comm. Biagio Biagiotti di cui la Villa porta ancora il nome dal 1939 e il Conte Giannino Citterio (1959), mostrarono particolare interesse verso l’attività venatoria, ma fu il Conte Vincenzo Pianciani a dar corso alla costruzione della Fagianaia.
Oggi la struttura, dopo la recente ristrutturazione, è diventata un Aula Multimediale 3.0 e un centro per la didattica, cioè un spazio di apprendimento per lo studente con nuovi orientamenti didattici basati sul dialogo collaborativo tra insegnanti e studenti, in un ambiente dove l’insegnante non svolge la classica lezione frontale ma collabora nell’apprendimento di un metodo basato sull’”Inquiry Learning”, cioè sull’apprendimento ottenuto attraverso l’esperienza e l’indagine.
Difronte alla Fagianaia si trova l’Impianto di fitodepurazione della Piscina Porcinai, che viene utilizzato per depurare l’acqua della piscina mediante un sistema di fitodepurazione.
La Provincia di Perugia per la depurazione delle acque si è ispirata alle teorie delle biopiscine e biolaghi.
Proseguendo il percorso tra ulivi secolari incontriamo il Conservone, è stato costruito nel punto più elevato della Polvese a 313,40 metri di quota ed è il punto d'approvvigionamento dell'acqua piovana, indispensabile per casi di emergenza. La grande vasca di forma quadrangolare risale all'epoca del Cesaroni, è costruita con pietre di arenaria mentre i camini di aerazione sono del periodo del Citterio.
A pochi metri dal Consevone si trova il Roccolo di caccia, una volta veniva usato come impianto di cattura per gli uccelli mediante reti verticali, ovvero senza impiego di armi.
Dopo il restauro l’obiettivo raggiunto è stato quello di aver recuperato la costruzione nella sua interezza, con particolare riguardo anche alla cura degli esterni.
Oggi il suo utilizzo, non è più a scopo di caccia ma una funzione didattica di avvistamento dell’avifauna dove è garantita l’accessibilità alle persone diversamente abili.
Tornando sul sentiero del Percorso Centrale poco più avanti incontriamo la Casa Merlata, posta tra gli oliveti sulla sommità dell'Isola in un punto molto panoramico. E’ una singolare struttura sotto il profilo architettonico che, iniziata dal Biagiotti nel 1939, non fu mai portata a termine; sulla cima dell'edificio attualmente è stata sistemata dalla Provincia di Perugia una stazione di rilevamento meteorologica.
Proseguendo il percorso possiamo sostare per visitare il Monastero di San Secondo o degli Olivetani (XIV sec.) e la Chiesa di San Secondo (XII sec.) che si trovano sempre sulla parte più alta dell'Isola.
Vi è una ipotesi che l’Isola sia stata abitata in epoca etrusca e romana. I ritrovamenti che ci confermano questa teoria sono limitati a frammentari resti archeologici, consistenti in grossi blocchi di pietra arenaria di epoca etrusca che costituiscono la base della torre campanaria del complesso di San Secondo.
Un primo documento che attesta la presenza della struttura nell’Isola Polvese risale al 1014 in un privilegio concesso all’Abbazia di Farneta in Val di Chiana dall’Imperatore Enrico II, nel 1163 un diploma ne conferma la dipendenza dall’Imperatore Federico Barbarossa.
Nel 1184 Ugo, abate del Monastero benedettino di San Gennaro di Campoleone in provincia di Arezzo, cedendo alla città di Perugia Castiglione del Lago con tutti i suoi possessi, compresa l’Isola Polvese, obbliga gli abitanti di Castiglione a fornire il Monastero di una Chiesa, di un orto e di una vigna.
Nel 1238 la Chiesa di San Secondo, in una bolla di Gregorio IX, viene ricordata come Pieve appartenente agli olivetani.
La giurisdizione del possesso del Monastero fu più volte contesa tra l’Abbazia di Farneta e i rettori nominati dal Vescovo di Perugia, disputa che si risolse solo nel 1399 allorché Bonifacio IX riconobbe i diritti al rettore Angelo di Lorenzo.
Dapprima benedettina, come ricordato, passò sotto la sfera dei Monaci Olivetani quando questi fondarono un Monastero a Monte Morcino di Perugia ed ebbero la guida del Collegio della Sapienza Vecchia; probabilmente i Monaci Olivetani entrarono a San Secondo nel 1404.
Nel 1482 il 26 maggio, con decreto del Papa Sisto IV, il Monastero di San Secondo si staccò definitivamente dal Monastero di Monte Morcino nominando il primo Priore.
Fino al ‘500 la vita della comunità monastica procedette in maniera tranquilla con l’acquisizione di nuove terre e possedimenti che si estendevano sulle rive del Trasimeno fino alla pianura verso la Toscana.
Intorno al 1620 iniziò la decadenza con l’abbandono dell’edificio per le insalubri condizioni del luogo dovute ad un abbassamento delle acque del lago e dell’impaludamento della zona. I monaci si trasferirono poco dopo nel Monastero di Sant’Antonio di Porta Sole a Perugia tranne uno che rimase per la cura delle anime.
Chiuso definitivamente nel 1708 e abbandonato, subì il saccheggio di quanto vi era conservato.
Adibito ad abitazione di coloni, venne trasformato in una stalla per il bestiame e la sala capitolare in magazzino.
Nel corso degli anni, dopo essere passato nelle mani di diversi proprietari fu acquistato nel 1973 dalla Provincia di Perugia.
Il complesso ha subito profonde modifiche nel corso del tempo, rendendo l’aspetto originario riconoscibile solo in parte.
Di recente, l'intero complesso, è stato recuperato e consolidato con utilizzo dei materiali originari e secondo criteri conformi ai principi dell’architettura bioecologica; oggi ospita un Centro di ricerca sulla qualità ambientale.
Nel piazzale retrostante il Monastero è situato l'antico pozzo di pietra, che serviva per abbeverare il bestiame.
Il complesso monumentale è costituito da Monastero, Chiesa e Torre campanaria.
Dell’originario Monastero di San Secondo o degli Olivetani, edificio romano realizzato in pietra arenaria e travertino restano la facciata, i muri perimetrali esterni, una parte dell’abside e la bellissima cripta; l’ingresso alla cripta si trova in un passaggio centrale dell’abside, che scende verso il basso e si apre su un ambiente semicircolare dominato al centro da una colonna in pietra calcarea.
Il Monastero di San Secondo, si sviluppa su due piani posti in modo perpendicolare alla Chiesa, e dalla quale è affiancato.
Il piano terra costituiva la zona servizi e il refettorio.
Un portico sorgeva tra il Convento e il lato destro della Chiesa mentre al piano terra, tramite una porta incorniciata in pietra arenaria con lo stemma dei Monaci Olivetani, si accedeva alla zona dei servizi e al refettorio. Il Refettorio, con gli stipiti e l’architrave di una porta e lo stemma dell’ordine, è coperto con volta a botte, vele e capitelli in arenaria; una grande nicchia alloggiava la statua raffigurante la Madonna.
Per accedere al piano superiore occorre utilizzare i due ingressi esterni.
Il piano superiore, che si presenta oggi come un unico ambiente, era in passato suddiviso in più vani e fungeva da sagrestia e dormitorio per i monaci, è comunicante con la Chiesa tramite una stanza con capitelli in arenaria; veniva utilizzata come piccola cappella per i frati malati dove si trovavano le celle dei frati (probabilmente ottenute con divisori in legno) e il capitolo.
Anche la Chiesa di San Secondo fa parlare di sé come pieve nel 1136, in una bolla di Innocenzo III e successivamente in una bolla di Gregorio IX del 1238. Il 14 aprile 1481 su iniziativa degli isolani viene promossa l’azione di trasformare la Chiesa di San Secondo in Monastero e nel 1492 una bolla di Sisto IV separa la Chiesa di San Secondo dal Monastero di Montecorona e il governo viene consegnato all’ordine degli Olivetani.
E’ una costruzione romanica a tre navate con abside semicircolare presbiterio e cripta; è quasi completamente crollata, presenta alcuni lacerti delle mura e dell’abside che non superano i due metri di altezza.
Costruita con blocchetti di calcare e arenaria, agli angoli della facciata riportano conci in travertino provenienti da strutture preesistenti.
La facciata, conservata quasi fino alla sommità, ha una porta d’ingresso con architrave e lunetta decentrata sulla destra; rosone centrale con cornice in arenaria e ai lati due coppie di finestre sovrapposte in corrispondenza delle navate laterali.
Le navate sono divise da pilastri alternati a colonne, restaurati e ricostruiti.
In passato la salita al presbiterio era garantita da due scale al termine della navata centrale, tra queste l’ingresso principale alla cripta a cui si accedeva anche dalle navate laterali.
La cripta, la cui copertura è sorretta da una colonna monolitica in travertino con capitello a plinto in arenaria a forma di anguilla, è in comunicazione con due vani laterali che si aprono all’esterno e il vano di destra funge da sacrestia.
Il campanile a base quadrata sorge all’esterno della Chiesa presso l’angolo nord-est, in origine doveva essere cuspidato ma ora ne è privo.
Dal Monastero si prosegue verso la Punta Nord dell’isola e incontriamo il Belvedere il luogo più alto e panoramico dell’Isola Polvese dove si possono godere panorami mozzafiato dei paesi che circondano il lago e la vicina Toscana, da qui scendiamo le Scalette del Macerone, che si congiungono agli scogli e al Percorso del Periplo.