L'indirizzo Spes

contro la mafia

L’indirizzo SPES contro la mafia

Le ecomafie

Di M. Testi, P. Barrella

Il termine ecomafia indica le attività illegali delle organizzazioni criminali, per lo più di tipo mafioso, che provocano danni all'ambiente. In particolare sono generalmente definite ecomafie le associazioni criminali dedite al traffico e allo smaltimento illegale dei rifiuti. Il termine è stato coniato da Legambiente.

Dal 1994 L'Osservatorio Nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente svolge attività di ricerca, analisi e denuncia del fenomeno in collaborazione con tutte le forze dell'ordine, l'istituto di ricerche Cresme (per quanto riguarda il capitolo relativo all'abusivismo edilizio), i magistrati impegnati nella lotta alla criminalità ambientale e gli avvocati dei Centri di azione giuridica di Legambiente.

Il Sud d'Italia è l'area dove la maggior parte di questi rifiuti vanno a finire, in particolare lungo le cosiddette "rotta adriatica" e "rotta tirrenica", dal nord verso la Puglia e verso la Campania e la Calabria. Parte dei rifiuti viene sotterrata in cave abusive, già oggetto di reati ambientali di escavazione. Nel Nord Italia in più casi è stato accertato lo smaltimento di fanghi tossici, come fertilizzanti in campi coltivati. Ma l'Italia è anche crocevia di traffici internazionali di rifiuti, provenienti dai paesi europei e destinati a Nigeria, Mozambico, Somalia, Romania.

Spesso sono imprese private, amministratori locali e organi di controllo corrotti a costituire reti che compiono reati ambientali. Lo smaltimento illegale di rifiuti tossici o di scorie nucleari, da parte di aziende che hanno ricevuto l'appalto per la loro depurazione, gestione e messa in sicurezza, è considerato da Legambiente il più redditizio e pericoloso campo di attività delle ecomafie.

A livello di trasporto, possono venire manomessi i documenti di classificazione della merce, in modo da dirottare il carico o farlo scomparire. Nelle operazioni di smaltimento, infine, si verifica la maggior possibilità che avvengano truffe: finte trasformazioni, bancarotte fraudolente degli impianti di trasformazione con il risultato di abbandonare sul posto i materiali, trattamenti inadeguati, abbandono di rifiuti in discariche abusive.

I metodi illegali di smaltimento sono svariati e pericolosissimi per la salute dell’uomo e per l’ambiente: si va dall’abbandono di rifiuti sul territorio o nelle acque (grotte, cave, boschi, fiumi, fondali marini), all’accumulo in vecchie imbarcazioni, che vengono poi affondate in alto mare; dalla combustione illegale dei rifiuti, che provoca emissioni di sostanze tossiche tra cui le diossine, all’occultamento dei rifiuti in fondamenta di edifici in costruzione, in terrapieni di infrastrutture stradali, in scavi vari. E ancora: miscelazione di rifiuti pericolosi con materiali ritenuti innocui da rivendere o riutilizzare, ad esempio terre e rocce per riempimenti, compost per uso agricolo. Smaltimento di rifiuti pericolosi classificandoli fraudolentemente come non pericolosi, risparmiando sui costi. Esportazione di rifiuti pericolosi nei paesi in via di sviluppo, in cui non esistono controlli, impianti di smaltimento o di recupero adeguati.

Il 19 maggio 2015, dopo oltre vent'anni di battaglie, il Senato ha approvato il Ddl 1345 B. Con questa nuova legge, la storia italiana delle vertenze ambientali impunite si spera sia finalmente chiusa, il Ddl prevede da 2 a 6 anni di reclusione e multa da 10.000 a 100.000 € a chi:

“cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo; di un ecosistema, della biodiversità , anche agraria, della flora o della fauna. Quando l'inquinamento è prodotto in un'area naturale protetta o sottoposta a vincolo paesaggistico, ambientale, storico, artistico, architettonico o archeologico, ovvero in danno di specie animali o vegetali protette, la pena è aumentata. Se da uno dei fatti deriva, quale conseguenza non voluta dal reo, una lesione personale, ad eccezione delle ipotesi in cui la malattia ha una durata non superiore ai venti giorni, si applica la pena della reclusione da due anni e sei mesi a sette anni; se ne deriva una lesione grave, la pena della reclusione da tre a otto anni; se ne deriva una lesione gravissima, la pena della reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva la morte, la pena della reclusione da cinque a dieci anni. Nel caso di morte di più persone, di lesioni di più persone, si applica la pena che dovrebbe infliggersi per l'ipotesi più grave, aumentata fino al triplo, ma la pena della reclusione non può superare gli anni venti. Chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale è punito con la reclusione da cinque a quindici anni. Costituiscono disastro ambientale alternativamente:

1) l'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema;

2) l'alterazione dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;

3) l'offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l'estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo.”


ecomostro in Campania