4 dicembre 2020

sesta variazione

IL GIOCO DEL SILENZIO

Sono tanti mesi ormai che zio Carlo non usa più le sue cicche, prima ne mordicchiava dieci al giorno, anzi cinquanta al giorno, anzi cento al giorno. Quando ha smesso io gli ho chiesto perché aveva fumato tutto quel tempo e lui mi ha detto “il fumo non è l’arrosto e ti fa tossire un po’ ma se ne hai bisogno sa nasconderti. Ma ora mi farò bastare l’arrosto”. Boh, per me il fumo dell’arrosto non serve a molto e l’arrosto mi piace, ma qualche volta sa di bruciato. Io non capisco molto zio Carlo e poi non parla tanto. Io invece sì, tantissimo, ma con lui di meno, non voglio dargli fastidio, mi sembra sempre così concentrato quando fissa un punto per tanto tempo. Tra tutti quelli che può scegliere, è una decisione difficile sceglierne uno solo. Qualche volta mi sembra che la sua testa sappia già dove andare quando la alza, chissà dove guarderebbe se la potesse muovere di più. Per me è una specie di gioco del silenzio, stare con zio Carlo. Ora toglie lo sguardo dal suo punto di oggi e si dirige verso il solito bar a metà della piazza. Non so se mi piace il bar, zio dice che lo apprezzerò quando sarò una bambina grande e sarò scesa dalle mie nuvole. Se mi piacerà quello, preferisco restare qui, grazie. Appese negli edifici accanto al bar ci sono le luci per Natale, rendono tutto meno freddo anche se ho il naso ghiacciato, ma il bar non le mette mai. Anche a zio Carlo dispiace, strano. Dobbiamo entrare, zio prende una sedia per me e si siede. Un attimo dopo sta già fissando un punto, ne ha scelto uno un po’ in basso questa volta, mentre io passo le mani sul bordo liscio e così rotondo del tavolino e guardo di fronte l’altro tavolo, dove uno della mia età muove i piedi battendo il vuoto a tempo con la musica, che sembra sentire solo lui tra tutti quelli che parlano piano piano e concentratissimi. Per fargli compagnia mi metto a farlo anch’io, ma non sono capace di seguire il tempo. Zio è fisso sul suo punto, io non voglio interromperlo e il gioco del silenzio mi piace. Arriva la mia cioccolata calda con la tazza un po’ vecchia ma con i disegni eleganti, insieme alla birra con un bel colore che prende sempre zio Carlo. La beve piano, a piccoli sorsi, mentre io bevo con un piccolo cucchiaino la mia cioccolata. Una coppia entra e si siede dietro di noi, non vedo chi, ma uno dei due spinge troppo indietro la sedia e sbatto contro la mia tazza e sono così bassa che il mio naso ci casca dentro. Il movimento della sedia strappa improvvisamente zio dal suo punto, mi guarda, sorride e mi dice che sarò sempre una pasticciona anche quando scenderò dalle nuvole. Ora che l’ho tolto dal suo punto mi parlerà un po’, dopo ne sceglierà un altro e ricominceremo il gioco del silenzio.

Ilaria Berlanda

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