Dall'alto verso il bassoLe tende a Semaforo Vecchio (compresa quella di Onne)Il fuoco che ci dava sostentamentoLa mitica Mottarone e, da sinistra a destra, Doddo, Franco B., Danilo T. e Giovanni A.

i campeggi e le camminate

Penso proprio di cominciare col campeggio a Semaforo Vecchio. Caso strano, si tratta di qualcosa in cui c'entro io, Doddo, Christian ed il Monte di Portofino... piuttosto noioso, vero? Comunque io sarei intenzionato a continuare... Era prima del 1988, e la compagnia delle biciclette, comprendente Doddo, Christian, Danilo e Giovanni, anche se prossimi alla maggiore età, andavano in giro in bicicletta. Io (come gli altri) non ci trovavo niente di male, nessuno di noi aveva il motorino né ci sarebbe servito, per cui la bicicletta era il nostro mezzo di trasporto più gettonato. Dopo aver esplorato i lidi di Camogli ed essersi spinti talvolta anche a Recco (dove giocavamo nei garage di Piazzale Europa o nel letto del fiume), decidemmo di avventurarci sul Monte. Avverto fin d'ora che le nostre biciclette non erano né mountain bike né biciclette con le marce (a parte quella di Danilo che era già all'avanguardia, aveva il cambio sotto il sedile e le molle modificabili con una tastierina...): praticamente avevamo tutti le Olmo Forestal (io verde, Doddo nera, Christian rossa). Ci siamo così avventurati su per Ruta e fino a Portofino Vetta (o Kulm come lo chiamano ora), 90% del tempo, spingendo la bici... Poi lungo i sentieri del Monte... e per chi li conosce, capisce che fino a Pietre Strette, nessun problema, anzi, era un'autostrada... ma poi... fino al Semaforo Nuovo... tutte rocce appuntite che ci impedivano di fare 2 metri in sella. Ma lo scopo era di provare nuove emozioni, ed io l'ho provata proprio al Semaforo Nuovo, quando finalmente mi sono liberato di quel cavalletto della bici che ultimamente mi faceva cadere per terra! Ritornati poi per la Casa Paradiso, la discesa è stata la cosa più bella della giornata. Tutto questa avventura ci ha spinti a programmare una nuova missione, una missione di ricognizione che impiegasse anche la notte.

E così è nata l'idea di campeggiare sul Monte, per una settimana. Appuntamento a settembre 1988, la tenda l'ho procurata io (la Mottarone della squadriglia Canguri degli scout di Recco), ci ritroviamo sulla corriera che ci porta a Portofino Vetta (vi assicuro che la Mottarone pesa un quintale...) io, Doddo, Christian, Danilo e Giovanni con destinazione Semaforo Vecchio (l'unico che offrisse uno spiazzo pianeggiante). Tra le suppellettili, una bandiera sudista, il gioco in scatola Risiko, tanti peperoni e uova, per una ricetta buona buona che ho imparato proprio negli scout (nella classica cena alla trappeur, cioè alla brace, quando il fuoco è ormai sopito e ci rimane la brace, prendere un peperone, tagliarlo a metà e svuotarlo dei semini piccanti, poi romperci dentro un uovo, possibilmente lasciando intero il tuorlo. Poi scavare una buchetta nella brace e lasciare un bel po' a cuocere. Se si vuole, si può mettere della stagnola intorno al peperone per preservarlo, altrimenti risulterà bruciacchiato. Comunque dopo una mezz'oretta - dipende anche dal calore della brace - l'uovo è pronto, si toglie dalla brace, si sfalda la parte esterna carbonizzata del peperone e si mangia tutto il resto. È buonissimo!). In generale, durante quel campeggio, tutto era buonissimo, perché abbiamo patito ben bene la fame... Così la nostra salvezza fu un albero di mele che cresceva spontaneo nella piazza del Semaforo Vecchio: mele completamente acerbe, ma estremamente deliziose! L'avventura cominciò piuttosto male, perché io portai la tenda, ma dimenticai i picchetti... così, dopo alcune discussioni, che prevedevano anche di tornare a Recco a prendere i picchetti, ci arrangiammo, costruendo dei picchetti con rami caduti lì intorno. E funzionarono alla perfezione! La seconda disavventura fu la rottura del fustino di detersivo (liquido) dentro il mio zaino... Dovetti portare tutti gli indumenti alla fontana in Sella Gaixella per disintossicarli dallo Svelto... una schiuma eccezionale e prolungata, e tutti i vestiti di ricambio bagnati! Fortunatamente il tempo era molto clemente e mi permise di asciugare gli indumenti in una giornata... I 7 giorni del campeggio volarono veloci, la sera comunicavamo con Ottorino dalla "Collina Saigon", chiamammo così uno sperone roccioso dietro al Semaforo, mediante segnali di luce. Effettivamente avevamo anche una radio CB, quella di Doddo, ma era molto più selvaggio comunicare con segnali di luce... e poi quella radio funzionava un giorno no e l'altro neanche! Le partite a Risiko completavano la serata, mentre una mattina ci svegliammo alle 5 per vedere sorgere l'alba dai monti dietro S. Margherita. La menata principale era di scendere alla Gaixella a prendere l'acqua con le tanche. Ci andavamo a turno. Durante la permanenza ci incontrammo con un gatto selvatico, un riccio, qualche poiana, nonché diversi cinghiali (ma questi solo sentiti, fortunatamente non visti...). Un giorno poi venne addirittura Ottorino, ci parlò di quando lui aveva da giovine fatto un campeggio sempre al Semaforo Vecchio, e ci accompagnò verso Pietre Strette a trovare una sorgente, difficilmente rintracciabile, che nelle volte successive ci venne proprio utile. Non fece nient'altro di male.

Un altro giorno ancora si aggiunse un'altra tenda, quella di Onne Francesco e della Chiarina.

L'esperienza ci piacque molto, tanto che due anni dopo, il 1990, eravamo di nuovo lì. Questa volta io, Doddo e Christian, ma riuscimmo a convincere anche Paolo "Ombra" per i primi 3 giorni, dopodiché lui doveva andare da qualche parte, per cui scese a S. Rocco e contemporaneamente salì Barbara, incontrandoci alla Gaixella per lo scambio. Era una giornata piuttosto tetra, già sera e quasi buio, e ricordo che Barbara batté tutti i record di velocità correndo a più non posso da S. Rocco in su: era sola... poverina e si sentiva i cinghiali alle calcagna... :-). Le tende diventarono 3, non più la Mottarone che pesava un quintale ma l'igloo 3 posti di mio fratello Daniele e l'igloo 4 posti di Doddo, oltre alla cambusa (la canadese di mio fratello Maurizio). Il campeggio si svolse in giugno, e c'erano i mondiali di calcio Italia '90. La sera che ci fu una delle partite dell'Italia, scendemmo tra i civili a S. Rocco, a vedere la partita da Egidio (ed intanto mangiarci qualche focaccetta...). Ricordo che la gente fu interessata al fatto che stavamo "pattugliando" il Monte... chissà per chi ci avevano preso!...

Fu l'ultimo campeggio.

Ma l'anno successivo, in settembre, ci fu un bivacco, solo una notte, alla casa cucina sotto il Semaforo Nuovo. C'era un sacco di gente, tutti quelli della spiaggia di Gigi (quindi io, Barbara, Doddo, Onne, le gemelle Alessandra e Francesca, Carmine, i fratelli Bucci, Paolo e suo cugino Daniele, forse sua sorella Roberta, e poi chi altro... ah sì, le sorelle di Torino Giuliana e Sandra, e forse anche Tersite Sergio, Lencho, Buzzu e poi non ricordo più...). Siamo saliti dall'ultimo bunker alla galleria e poi abbiamo girato a destra tra i cespugli (tutti bruciati dal recente incendio) di corbezzolo verso il bunker con la cucina, proprio sul "gigante che dorme". Abbiamo mangiato utilizzando la cucina e poi ci siamo messi a guardare le stelle, con una cartina su cui non ci capivamo nulla. La notte l'abbiamo passata a chiacchierare, divisi in due stanze perché non ci stavamo; mi ricordo che Onne dormiva dalla cucina e noi nella sala, e noi continuavamo a ridere ed a scherzare, mentre invece di là, i vecchietti, volevano dormire... Così Onne è venuto da noi ed ha esclamato "Sono le 4 ed io voglio dormire", un po' risentito. Effettivamente noi non eravamo andati là per dormire, ma per far casino, così siamo scoppiati a ridere ed io ho intonato le parole di "Acqua azzurra acqua chiara" «Son le 4 e mezza ormai, a quest'ora cosa vuoi???»... e giù a ridere... ma poi siamo crollati anche noi.

Era il 91, il febbraio dopo, Paolo ci lasciò, diventammo improvvisamente tutti adulti e non tornammo mai più sul monte.

Dall'alto verso il bassoLa casermetta del Monte Penna dove abbiamo dormito, con la mitica 131 Mirafiori bluAlba con i ghiaccioli sui rami degli alberiLa fontanella ghiacciataDiscesa dal Monte Penna al Passo dell'Incisa, fondo ghiacciato e foglie a coprire il ghiaccio

Indipendentemente dai campeggi, con Doddo organizzavamo delle belle escursioni, tra cui ricordo in particolare un trivacco sul Monte Penna. Si svolse nel 1989, durante il ponte dei santi (quindi 1-2-3 Novembre). Partimmo io, Doddo e Barbara da Bertigaro (ci arrivammo in corriera) e da lì salimmo verso i Laghi di Giacopiane. Era una giornata particolarmente fredda e piovosa... più che piovosa... direi diluviale!!! Pioveva a più non posso... saremmo dovuti arrivare fino al passo Prè de Lame, invece a notte fonda eravamo ancora nei pressi del lago... e dovevamo ancora montare la tenda... Era buio, eravamo completamente fradici, non c'era un punto asciutto dove piantare la tenda... e piantarla sul bagnato vuol dire dormire tutta la notte col 100% dell'umidità addosso. Decidemmo così di chiedere ospitalità agli occupanti della centrale elettrica, qualcuno ci doveva essere per forza, magari avevano un magazzino degli attrezzi da affittarci per la notte... Fummo particolarmente fortunati, l'omino dedito alla sorveglianza della centrale ci ospitò dentro i locali (precisando di non dirlo a nessuno... ma ormai sono passati più di 10 anni ed il reato è caduto in prescrizione...) permettendoci di passare la notte all'asciutto, ma soprattutto al caldo dei termosifoni!!! Lì asciugammo i vestiti inzuppati e le nostre ossa... Che delizia! Passammo la notte a giocare a carte, forse quel tizio ci ospitò per avere anche un po' di compagnia, chissà quanto tempo passava da solo... Comunque la mattina dopo, una bellissima mattina, ripartimmo per recuperare lo svantaggio acquisito la sera prima. Parlo di svantaggio poiché avremmo dovuto incontrarci alla casa della forestale sotto il Penna con Luca Gasparini ed un suo amico, verso 1/2 giorno... ma invece a 1/2 giorno eravamo ancora sul Monte Aiona... E non c'erano i cellulari con cui comunicare che andava tutto bene, ma che eravamo solo in ritardo... Di buon passo arrivammo così a Prato Mollo, dove il rifugio era chiuso per ristrutturazione. Peccato, avremmo giovato volentieri di una seggiola al caldo di un camino. Così, io e Doddo, cercammo di entrare per vie alternative: da una finestra sul retro, mi arrampicai ed entrai in cucina, quindi aprii la porta a Doddo e Barbara (la quale stava dicendoci di tutto per l'operazione illegale che stavamo eseguendo). Dentro al rifugio ci riposammo, anche se il camino era spento, comunque non c'era il vento che c'era fuori!!! Nel tardo pomeriggio ripartimmo per il Passo dell'Incisa e quindi per la Forestale, dove incontrammo Gaspa ed il suo amico. Dormimmo nella casupola accanto al baretto, temperatura -10 gradi, con la stufa sempre accesa (ricordo Gaspa che con il carrello della spesa andava a far legna...). Il giorno dopo, salimmo in cima al Penna, e poi tornammo indietro per la strada del Bocco, dove prendemmo la corriera per tornare a casa. Quest'avventura ci servì di esperienza per organizzare un capodanno, quello tra il 1992 ed il 1993, quando chiedemmo il permesso al gestore del baretto (quello della 131 Mirafiori blu) di dormire per 2-3 giorni sempre nell'attiguo deposito degli attrezzi. Così facemmo, io, Doddo, Barbara, Laura Caradossi (nostra testimone di nozze) e le sorelle torinesi Giuliana e Sandra. Ci portò su Giovanni Verdina il pasticciere, mancato proprio l'anno dopo. Il capodanno lo passammo benissimo, poca neve purtroppo, ma molto ghiaccio (ricordo la fontanella ghiacciata all'esterno, come fosse una piramide di ghiaccio vuota, dove scorreva l'acqua mantenuta calda dal gestore, tramite accensione di fuochi sui tubi di rame...). Forse fu l'abbuffata della notte, forse il freddo, fatto sta che il giorno 1 la Sandra non si sentì molto bene (mal di stomaco), e decidemmo così di rientrare, con un giorno di anticipo. Chiedemmo un passaggio ad una serie di persone che passavano di lì per caso, che ci portarono fino alla fermata della corriera, e da lì a Camogli. Ora non vorrei dire, ma mi pare che fu l'occasione in cui Barbara, Giuliana e Sandra si presero la varicella da mio nipote Matteo... Forse il sentirsi male all'Incisa fu l'avvisaglia dell'arrivo della varicella...

Dall'alto verso il bassoIl Rifugio della ValmasqueTramonto tra le nubi in Valle delle MeraviglieI graffiti della Valle delle MeraviglieDoddo in mimeticaOcchio che cade la parete!!!Sotto la pioggia e sferzati dal vento, si scende dalla Baisse de ValmasqueFinalmente al riparo ci riposiamo, nel Rifugio della ValmasqueCascata mentre scendiamo verso Casterino

Nonostante questa avventura, le sorelle torinesi ci seguirono allegramente anche in un'altra avventura, quella nella Valle delle Meraviglie 6 mesi dopo,nell'estate '93. Io c'ero già stato nella Route di Noviziato, e mi faceva piacere ritornarci. Così con i soliti Doddo, Barbara, Giuliana, Sandra, ma anche un'altra nostra amica di Camogli ed il suo attuale (di allora) fidanzato, Fabio, il marinaio livornese, partimmo col treno verso S. Dalmas de Tende, tra Ventimiglia e Limone Piemonte. A St Dalmas prendemmo la corrierina che ci portò verso il Lac de Mesches, dove seguimmo un percorso diverso da quello che seguii nella route di noviziato di 4 anni prima. Arrivammo così abbastanza facilmente al Rifugio delle Meraviglie (proprio sul lago) dove piantammo le 2 tende. Era una giornata meravigliosa, mi ricordo il sole che tramontando faceva capolino tra nuvole nere che mi permise una foto spettacolare... ah che bello! Il programma del giorno dopo era di arrivare alla zona dei graffiti (mezz'oretta da dove avevamo piantato le tende), passarci tutto il tempo che volevamo, e poi scendere verso la Valmasque, cercando un posto dove ci pareva a noi per piantare le tende. Peccato, che la bella giornata che ci aveva permesso di arrivare lì, non si fosse ripetuta, infatti il giorno dopo le nostre teste erano gravate da un bel cielo coperto... ma non pioveva mica! Per cui salimmo comunque alla zona dei graffiti (anche se con difficoltà, mi ricordo che Barbara aveva dei problemi alla schiena per cui io portai il suo zaino, mentre la Sandra portava la tenda), arrivati dai graffiti il nostro umore era particolarmente a terra (Barbara stava male, la Sandra era stanca morta), per cui io ammirai nuovamente i graffiti con Doddo e la Giuliana, mentre gli altri si riposarono. Dopo un pochino, comunque, impensieriti dal cielo sempre più plumbeo, decidemmo di arrancare verso il passo che divide la Valle delle Meraviglie dalla Valmasque (la Baisse de Valmasque). La salita fu dura, ma arrivati in cima ci accolse uno spettacolo particolarmente inquietante: il cielo nero illuminava a mala pena le due vallate con i loro laghi, il turbinio di nuvole che viaggiavano veloci, il rumore sordo di tuoni in lontananza,... il tutto ci fece fermare ad ammirare il panorama quel tanto che bastò per farci venire fame! Anzi, devo dire che era Doddo che insisteva per mangiare sul passo e poi scendere, mentre la maggioranza di noi preferiva scendere per cercare un riparo dove mangiare in santa pace. Mentre ancora discutevamo sui pro e i contro, Doddo esclamò: "Io non mi muovo di qui se prima non mangio" e proprio in quel momento un tuono enormemente forte risuonò sopra le nostre teste! Sembrava che fosse scoppiato a 2 metri di distanza tanto era forte il frastuono! Ma bastò per convincere Doddo, che, senza neanche avvertirci, prese la sua tenda e si imbelinò giù dal sentiero!!! Come era prevedibile il diluvio cominciò subito dopo, ci fermammo a fondo valle a mangiare un po' di latte condensato e pane sotto un pietrone che ci riparava ma poi dovemmo ripartire per cercare, questa volta, un riparo serio per la notte, visto che la pioggia non accennava a diminuire d'intensità. Costeggiammo così i 2 o 3 laghi della Valmasque, eravamo zuppi fino all'orlo, io non avevo il poncho, mi pare che ce l'avesse solo Barbara e Doddo (io fui troppo ottimista...), ricordo che sulla sponda di un lago, Barbara scivolò sul sentiero (che ormai era un fiume di acqua e fango) cadendo a pancia in giù con lo zaino che la schiacciava, mentre l'acqua (ed il fango) le entrava dal collo infilandosi ovunque... io ero dietro, anche se ci misi solo 10 secondi per tirarla su, ma ormai lei era inzaccherata fino alle ossa, nonché spaventata (non aveva trovato appigli dove aggrapparsi, e stava scivolando verso il lago...). In un altro punto ci fermammo a riposare sotto la diga di uno dei laghi, ma a qualcuno venne in mente che se il lago fosse straripato ci avrebbe trascinato via, per cui ripartimmo immediatamente... Quando vedemmo il rifugio della Valmasque, illuminato, le forze ci tornarono e corremmo all'interno, finalmente all'asciutto. Doddo esclamò: "Puttana la miseria, ce l'abbiamo fatta!" pensando di non essere capito, visto che eravamo in territorio francese. Invece tutto (e dico tutto) il rifugio scoppiò a ridere: era infatti pieno di ragazzi e signori del CAI di Racconigi (TO) che avevano scelto di passare anche loro un bivacco su quei monti... appena Doddo ritornò del colore normale (e non diventò rosso per lo sbalzo di temperatura da fuori a dentro...), farfugliò qualcosa, ma ormai eravamo tutti salvi e con la prospettiva di dormire all'asciutto. Chiedemmo infatti se potevamo dormire da qualche parte ed il gestore del rifugio ci disse che potevamo dormire per terra nel salone una volta che tutti erano andati a dormire, spostando infatti le panche utilizzate per mangiare. Come noi c'erano anche altri gruppi di escursionisti, ma c'era spazio a sufficienza per tutti. All'ora di cena però i posti a sedere erano tutti occupati da quelli di Racconigi, per cui noi salimmo nelle camere da letto per stare seduti (visto che fuori continuava a piovere), mentre quando i primi salirono a dormire, noi scendemmo ad occupare i loro posti e a farci da mangiare, sui nostri fornelletti (chiedemmo solo una cioccolata calda al gestore, che, avendo finito il latte, ce la fece con l'acqua... che schifo!). La mattina dopo fu una giornata meravigliosa, un cielo azzurrissimo, un caldo che ci permise di asciugare i nostri vestiti (io come al solito ero tutto bagnato)... scendemmo verso Casterino, dove il solito autista pazzo scese ai 100 all'ora giù dalle stradine, e a St Dalmas riprendemmo il treno per casa. Una gran bella avventura, che la pioggia non ci rovinò ma anzi, ci permise di poter raccontare, nel futuro, quell'avventura così avventurosa...