L' Acropoli

Agli dei gli abitanti di Polizzello riservarono il posto più suggestivo e magico del loro territorio: la sommità della montagna.

Si tratta di un luogo unico non solo per la posizione che occupa, ma anche per lo straordinario panorama che si apre attorno ad esso. La vista spazia per chilometri, giungendo ad accarezzare perfino il mare, e si inebria di un’atmosfera che sa di infinito e di sacralità.

Vi si giunge attraverso un sentiero ripido e roccioso che si inerpica dal piano della città fino alla vetta del monte.

È facile immaginare come doveva essere intensamente frequentato… uomini, donne, bambini dell’antica Polizzello e non lo hanno percorso per secoli, portando offerte nella speranza di vedere esaudite le loro richieste o per ringraziare per una grazia ricevuta.

L’Acropoli si presenta silenziosa e austera.

Essa ospita sei costruzioni di cui quattro perfettamente circolari, una a «esedra» e un’altra rettangolare. Le strutture sono generalmente indicate con le lettere dell’alfabeto dalla A alla F.

I sei sacelli sono ciò che rimane di un’intensa vita religiosa che li ha visti protagonisti a partire dalla metà dell’VIII secolo a.C. quando ancora Roma era un piccolo e sconosciuto villaggio del Lazio.

Si ritiene che essi costituissero un complesso religioso di natura pansicana che doveva essere meta di pellegrinaggi da tutta la Sikania.

Gli edifici non sono stati costruiti tutti nello stesso periodo. Il più antico è il sacello E edificato appunto nell’VIII secolo insieme al muro del temenos che delimitava l’area sacra.

Contemporaneamente o subito dopo è impiantato a sud-ovest il sacello C anch’esso di forma circolare e di grandi dimensioni.

Nel VII secolo Polizzello vive un momento di grande crescita demografica ed economica e in conseguenza di ciò l’area sacra viene ulteriormente modificata; viene, infatti, costruito il sacello A e nella parte sud il sacello D il cui perimetro invase il sacello C che acquista così una forma semicircolare.

La fine del secolo vede la nascita del sacello B, principale protagonista di un nuovo culto sorto in seguito ai contatti con i greci di Imera e che sembra essere riferito a Odisseo come eroe progenitore dei Sicani.

Intorno alla metà del VI secolo a.C. il santuario è abbandonato con tutto quello che conteneva. I sacelli B e D vennero volutamente occultati e il sacello E fu ridotto a un semplice basamento.

Polizzello rimane deserta per circa cinquant’anni. Gli abitanti, infatti, abbandonano il sito forse in conseguenza dell’avanzata del greco Falaride che voleva estendere il territorio di Akragas verso nord ai danni della rivale Imera.

Verso la fine del VI e gli inizi del V secolo, però, Polizzello sembra tornare a vivere. Infatti, non solo viene riadattato un vecchio edificio che occupava il piano immediatamente sottostante l’acropoli, ma viene anche edificata una nuova struttura di forma rettangolare, l’edificio F: un recinto posto proprio di fronte al grande sacello E sul quale venne innalzato nello stesso periodo un tempietto di forma rettangolare con copertura a spiovente di cui l’edifico F era con molta probabilità l’altare.

Chi è tornato a far rivivere l’acropoli? E perché?

Appare probabile che a ripopolare il posto siano stati quegli stessi sicani che da bambini erano stati costretti assieme a tutto il loro popolo ad abbandonare la città: infatti, solo chi conosceva il carattere sacro dell’acropoli poteva tornare a deporre nuove offerte proprio sui sacelli occultati dai loro genitori.

Sicuramente insieme ai sicani ripopolarono Polizzello anche i greci di Akragas. Il tiranno akragantino Terone, infatti, aveva necessità di creare punti strategici di difesa lungo la via dell’Halykos, l’attuale fiume Platani, per contrastare la rivale Himera che si era alleata con i Cartaginesi. Dopo la vittoria di Himera nel 480 a. C., questi avamposti esaurirono la loro funzione e cominciò così il loro lento declino.