T.R.A.M.A.
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Trattamento Reflui Acque Meteoriche e Alluvionali
Centro di ricerca e Parco Eco-didattico presso il Depuratore di Roma Est
Aniene Rims, Marco Falasca
La tesi di laurea in Architettura di Marco Falasca, intitolata T.R.A.M.A. – Trattamento Reflui Acque Meteoriche e Alluvionali. Centro di ricerca e Parco Eco-didattico presso il Depuratore di Roma Est si distingue per la capacità di affrontare simultaneamente questioni ambientali, urbane e sociali. Il progetto prende avvio da un’area problematica della città – l’ansa dell’Aniene in corrispondenza del depuratore di Ponte Mammolo – segnata da degrado, marginalità e vulnerabilità idraulica. Qui l’architettura diventa strumento di rigenerazione: non soltanto un’infrastruttura tecnica per la gestione delle acque, ma anche un dispositivo culturale e sociale capace di riattivare un territorio fragile.
Il rapporto con l’acqua costituisce il fondamento del progetto. L’Aniene non viene trattato come ostacolo o minaccia, bensì come risorsa generatrice di forme e spazi. Vasche di laminazione, bacini di fitodepurazione e superfici permeabili entrano a far parte del disegno architettonico e paesaggistico, trasformando il rischio idrogeologico in occasione progettuale. In questo senso l’intervento si colloca all’interno di una riflessione più ampia sulle città resilienti: non barriere difensive, ma spazi adattivi che convivono con i fenomeni naturali. L’acqua diventa così protagonista di un nuovo paesaggio urbano, educativo e didattico.
Il progetto non si limita alla risoluzione tecnica delle emergenze idriche, ma introduce funzioni sociali e culturali. Accanto ai bacini di trattamento si collocano un centro di ricerca, un museo dell’acqua, spazi didattici e residenze temporanee. Questa compresenza di usi rende il complesso un polo aperto alla comunità, un parco eco-didattico capace di sensibilizzare i cittadini al tema dell’acqua e al contempo di rigenerare il tessuto urbano circostante. L’intervento si configura dunque come infrastruttura ambientale e insieme come luogo di incontro e scambio, in grado di restituire valore a un’area marginalizzata.
Dal punto di vista formale, l’edificio principale si caratterizza per un linguaggio fluido e parametrico, sviluppato grazie a strumenti di progettazione algoritmica. La facciata, articolata e porosa, richiama i flussi dell’acqua e li traduce in geometrie architettoniche capaci di mediare tra paesaggio e costruito. L’organismo edilizio non è chiuso su sé stesso, ma si integra con percorsi sopraelevati, piazze e spazi aperti, favorendo una fruizione continua tra interno ed esterno. Ne risulta un’architettura che interpreta la complessità, adattandosi ai mutamenti idrici e sociali, e che si propone come modello sperimentale per interventi simili in altre aree urbane fragili.
Uno degli aspetti più interessanti è l’adozione di strategie progettuali mirate alla gestione delle crisi idriche che fanno del progetto non solo un edificio, ma un’infrastruttura ecologica che dialoga con i cicli naturali e contribuisce alla resilienza del territorio. Le azioni previste si possono sintetizzare in quattro principi:
RACCOGLIERE tramite bacini e superfici permeabili che trasformano l’acqua piovana in risorsa;
LAMINARE riducendo la violenza delle piene attraverso vasche di ritenzione integrate nel paesaggio;
FITODEPURARE sfruttando sistemi vegetali per trattare naturalmente i reflui e i fanghi;
SOLLEVARE prevedendo piattaforme e percorsi elevati che garantiscono l’uso degli spazi anche in condizioni di piena.
T.R.A.M.A. si configura come un esempio paradigmatico di architettura ambientale e responsabile. Ambientale, perché affronta direttamente il tema delle acque meteoriche e alluvionali, proponendo soluzioni sostenibili e innovative. Responsabile, perché unisce alla dimensione tecnica funzioni sociali, culturali e didattiche, creando un centro che educa e coinvolge la comunità. L’innovazione non risiede soltanto nelle forme parametriche o nelle soluzioni impiantistiche, ma soprattutto nella capacità di trasformare un problema urbano – il depuratore, il rischio di piena, il degrado periferico – in occasione di rigenerazione paesaggistica e sociale. Un lavoro che indica una possibile via per una nuova alleanza tra architettura, acqua e città.
IL PROGETTO RACCONTATO DA CHI LO HA IDEATO
Come le scelte architettoniche e spaziali del progetto (volumetria, forma fluida, organizzazione dei livelli e dei percorsi) rispondono alle esigenze di gestione delle acque meteoriche e dei reflui, e in che modo queste soluzioni contribuiscono alla sostenibilità ambientale complessiva del progetto?
Le scelte architettoniche e spaziali del progetto nascono da un processo morfologico che traduce nello spazio le logiche ecologiche e idrologiche alla base del parco. La gestione delle acque meteoriche, dei reflui e dei fenomeni alluvionali viene assunta non solo come esigenza tecnica, ma come principio generatore della forma e dell’organizzazione del Masterplan. La volumetria e la forma fluida del progetto richiamano i processi di miscelazione e percolazione di un fluido insolubile in un fluido ricevente: curve dinamiche, espansioni e compressioni diventano strumenti progettuali per rappresentare e governare il movimento delle acque. Attraverso matrici e assi generatori derivati dallo studio del contesto, la trama spaziale è stata progressivamente deformata mediante tagli ed espansioni che riproducono l’andamento di flussi idrici complessi. Ne deriva un paesaggio in perenne movimento, in cui percorsi, spazi aperti, aree verdi e volumi costruiti si intrecciano come parte di una stessa logica idraulica. In questo quadro, l’organizzazione dei livelli e dei percorsi non è casuale: i primi assi stabiliscono le principali direttrici di accesso e connessione, mentre i tagli successivi, più ravvicinati, generano deformazioni e riverberi che traducono le traiettorie espansive dei liquidi. A ciò si integra il dimensionamento funzionale degli impianti di fitodepurazione e dei bacini di laminazione e raccolta, elementi che assicurano la corretta separazione e gestione dei diversi flussi idrici (reflui trattati, acque meteoriche e alluvionali). L’esito è un dispositivo paesaggistico capace di unire funzione ecologica e forma architettonica: da un lato, il parco risponde in modo efficiente alle necessità di depurazione, laminazione e resilienza idraulica; dall’altro, rende visibile e percepibile il processo naturale, trasformando la gestione delle acque in un’esperienza spaziale e didattica. Questo approccio integrato contribuisce in maniera determinante alla sostenibilità complessiva del progetto, che si configura come infrastruttura verde rigenerativa, connettendo le direttrici urbane e le sponde dell’Aniene e restituendo un paesaggio vivo, dinamico ed ecologicamente performante.
Il progetto prevede un parco eco‑didattico integrato al centro di ricerca. Come immagina che i visitatori fruiscano di questo spazio e quali obiettivi educativi e ambientali intende raggiungere?
Il parco eco-didattico è concepito come uno spazio in cui i visitatori possano vivere in prima persona i processi naturali e biochimici che ne hanno guidato il disegno. I percorsi, ampi e curvilinei, evocano l’espansione fluida di un liquido insolubile in acqua e offrono esperienze diverse a seconda della modalità di fruizione: tratti panoramici per una percezione più contemplativa del paesaggio e tracciati inclusivi per un rapporto immersivo, sia a piedi sia in bicicletta. La vegetazione è organizzata in tre grandi famiglie che supportano un’esperienza didattica e ambientale multilivello. Le aree a verde boschivo, con specie autoctone come lecci, olmi, salici bianchi e frassini, permettono di riconnettersi alla Riserva Naturale della Valle dell’Aniene, sottolineando la continuità ecologica del progetto. Gli orti urbani, alimentati da fertilizzante ricavato tramite il trattamento e la fitodisidratazione dei fanghi del depuratore di Roma Est, offrono invece un esempio concreto di economia circolare, dove i cittadini possono coltivare direttamente, comprendendo il ciclo virtuoso tra depurazione e produzione agricola. Infine, le aree a verde di pertinenza degli edifici, con prati e piantumazioni di bamboo, arricchiscono lo spazio di sosta e di relazione sociale. Il centro di ricerca e il museo ipogeo rafforzano la vocazione eco-didattica del parco, fondando la loro distribuzione spaziale sul principio di mixité: spazi comuni e polifunzionali diventano luoghi di interazione e reinterpretazione da parte dei fruitori. Il museo, sviluppato in un volume ipogeo modellato secondo logiche fluide, si colloca in un punto strategico di separazione tra area di fitodisidratazione e bacino alluvionale, rendendo percepibile e didatticamente accessibile la complessità del ciclo delle acque. In questo modo, la fruizione del parco non è solo ricreativa ma profondamente educativa: i visitatori possono osservare, percorrere e sperimentare i processi ecologici e idraulici che sostengono il progetto, maturando consapevolezza sulla gestione sostenibile delle risorse, sul valore della biodiversità e sul ruolo attivo della comunità nella cura del paesaggio.
In che modo l’uso di software per la progettazione algoritmica e parametrica ha influenzato le scelte progettuali, in particolare per la facciata e la gestione delle informazioni complesse del progetto?
L’uso di software di progettazione algoritmica e parametrica ha avuto un ruolo determinante nel definire sia la morfogenesi dell’edificio sia le soluzioni specifiche per la facciata. Il carattere completamente vetrato del corpo edilizio richiedeva infatti una gestione avanzata della radiazione solare, affrontata attraverso un processo digitale multi-parametrico che ha guidato lo sviluppo della skin. La facciata è stata concepita come una doppia pelle multi-obiettivo, capace di rispondere a esigenze di schermatura solare, compartimentazione stagna per il livello ipogeo e continuità morfologica con l’impianto generale. Attraverso l’uso di algoritmi generativi, sono state testate numerose combinazioni di geometrie, materie e frequenze, fino ad arrivare a una soluzione ottimizzata: una struttura ritmica e sinuosa di brise-soleil in legno lamellare, leggera e non invasiva, i cui listelli verticali possono ruotare longitudinalmente in funzione dell’inclinazione solare. La parametrizzazione consente inoltre che la facciata si apra come un sipario nei punti strategici di ingresso e di affaccio verso il parco, rafforzando la connessione visiva e funzionale tra interno ed esterno. Parallelamente, la concezione parametrica ha orientato l’intero processo di progettazione spaziale e volumetrica. I software di modellazione 3D algoritmica e di Building Information Modeling hanno permesso di creare e gestire un database di informazioni complesse, includendo variabili come lo studio dell’ombreggiamento, che hanno influenzato in maniera decisiva la configurazione architettonica. Questo approccio ha reso possibile un controllo integrato delle performance ambientali, della qualità estetica e della gestione dei dati, traducendo la complessità progettuale in un sistema coerente ed efficiente.
Immagine generata con Intelligenza Artificiale in riferimento all'analisi condotta sulla Tesi "T.R.A.M.A."