Frank Gehry: sei gesti per piegare la materia architettonica
Frank Gehry, architetto canadese di origine ebraica cresciuto a Los Angeles, ha rivoluzionato l’architettura contemporanea lavorando sui concetti di massa, materia e movimento. La sua pratica si articola in sei azioni fondamentali che non sono semplici operazioni compositive, ma veri e propri gesti progettuali attraverso i quali l’architettura si fa linguaggio, espressione, racconto. A ogni gesto corrispondono opere emblematiche, che segnano l’evoluzione del suo pensiero e la sua progressiva trasformazione da artigiano urbano a scultore dello spazio.
1. Assemblare
Gehry lavora con l’eterogeneo, accostando materiali poveri, geometrie diverse e volumi dissonanti in composizioni che ricordano il collage. Non cerca l’armonia preordinata ma l’equilibrio emergente.
Nella Casa Spiller (1978-1979), crea un insieme fatto di aperture e strutture autonome, come se ogni parte fosse indipendente ma dialogasse con le altre.
Nella Casa Gehry (1978) avvolge una costruzione preesistente con una seconda pelle metallica e frammentata, utilizzando materiali economici e grezzi. È un manifesto del “cheapscape”: un paesaggio suburbano reinventato attraverso l’assemblaggio creativo.
2. Spaziare
Per Gehry lo spazio non è solo ciò che sta dentro l’edificio, ma soprattutto ciò che si genera tra i volumi. Progetta “relazioni spaziali” più che semplici costruzioni, attribuendo valore agli interstizi.
Nel Padiglione ospiti della Residenza Winton (1983-1987), alterna blocchi edilizi che si posizionano come corpi autonomi in un campo dinamico, creando continui punti di vista.
Alla Loyola Law School (1978-1991) suddivide il campus in edifici indipendenti, dando forma allo spazio pubblico attraverso la disposizione e il vuoto tra le architetture.
3. Separare
In alcune opere, Gehry spezza intenzionalmente la continuità del volume, frammentando l’architettura per generare complessità spaziale e nuove articolazioni percettive.
Nel Centro Edgemar (1984-1988), scava nella massa costruita creando corti, piazze e passaggi che animano il progetto.
Nel Museo California Aerospace (1982-1984) divide il corpo architettonico in sezioni distinte che si sviluppano in verticale, accentuando l’effetto di movimento e tensione tra le parti.
4. Fondere
L’architettura diventa qui un insieme continuo: i volumi si compenetrano, le superfici si uniscono, gli spazi si succedono senza interruzione. La fusione per Gehry non è mimetica, ma attiva: è tensione tra materiali, forme e percezioni.
Nel Centro di Arti Visive di Toledo (1990-1992) lavora su materiali e luci per integrare l’architettura con il paesaggio, dissolvendo i confini.
Nell’allestimento della mostra The Architecture of Frank Gehry (1986), costruisce un ambiente immersivo in cui architettura e installazione si fondono, trasformando la mostra in un’esperienza sensoriale.
5. Slanciare
Qui l’architettura si tende, si allunga, si curva: Gehry lavora sulla dinamica formale, creando volumi che si muovono nello spazio come fossero figure in atto.
L’Auditorium Walt Disney (1988-2003) è composto da superfici curve in acciaio che si innalzano come onde o petali metallici, suggerendo un’energia centrifuga.
Il Museo Guggenheim di Bilbao (1991-1997) intreccia volumi fluidi e slanciati in una composizione scultorea, creando un landmark che reinventa il contesto urbano attraverso l’impatto visivo e la forza plastica delle sue forme.
6. Liquefare
L’architettura qui perde ogni rigidità: i volumi si dissolvono, la materia si fa liquida. Gehry esplora l’idea di uno spazio fluido, continuo, dove interno ed esterno si mescolano.
Nel Centro EMR (1992-1995) l’edificio si espande orizzontalmente nel paesaggio, come se crescesse per affioramenti.
La Casa Lewis (1989-1995) adotta volumi curvi e riflettenti che evocano l’acqua e il movimento, cancellando la distinzione tra ciò che è costruito e ciò che è percepito.
Attraverso queste sei azioni – assemblare, spaziare, separare, fondere, slanciare, liquefare – Gehry mette in discussione le categorie classiche dell’architettura. Il suo lavoro è una continua sperimentazione sulla forma, sulla materia e sulla relazione con il contesto. Il suo linguaggio fluido e dinamico rompe i limiti della simmetria e della linearità, portando l’architettura verso un’espressività quasi musicale, in cui ogni elemento partecipa a una composizione più ampia. Gehry non costruisce solo edifici: costruisce esperienze, tensioni, narrazioni spaziali che trasformano il paesaggio e il modo stesso di abitarlo.