Studio di casi

Ciascun gruppo ha modo di lavorare su uno specifico tema di cui vengono forniti i riferimenti bibliografici.

I due aspetti centrali della letteratura utilizzata riguardano:

  • l'applicazione del calcolo della probabilità in ambito legale

  • l'applicazione del calcolo della probabilità in ambito medico

Prima di procedere con la consegna dei temi per gli approfondimenti, sarebbe opportuno che l'insegnante di scienze della classe facesse un breve approfondimento in merito al tema dell'HIV e dell'analisi del DNA in riferimento al suo utilizzo nei tribunali.

Ambito legale

Per quanto riguarda il contesto legale, la letteratura utilizzata fa riferimento ai seguenti casi.

O.J. Simpson: un caso molto noto in cui la difesa dell'imputato usa in maniera errata la probabilità non considerando tutte le informazioni a disposizione, per valutare la colpevolezza dello sportivo.

Il 12 giugno 1994 Nicole Brown viene trovata morta sul vialetto di casa, uccisa da 12 coltellate. Vicino a lei un giovane 25enne, anch’egli pugnalato a morte. Nicole Brown era l’ex moglie del campione di football americano O.J.Simpson, noto a tutti gli americani. Lo sportivo, pochi giorni dopo l’omicidio, viene convocato con l’accusa di duplice omicidio. Le vicende che seguono sembrano quelle di un film: Simpson scappa con un amico a bordo della sua Ford Bronco e il suo inseguimento viene trasmesso in diretta televisiva. Il 24 gennaio 1995 inizia il processo a O.J. Simpson, il quale è ovviamente molto seguito dagli americani. L’accusa, come prova a sostegno della colpevolezza dell’uomo, riporta le numerose denunce di maltrattamenti e violenze domestiche che Nicole aveva sporto nei confronti di Simpson, quando i due erano ancora sposati. La difesa dell’uomo sostiene che tali denunce non siano rilevanti per stabilire una sentenza di colpevolezza. L’avvocato di Simpson infatti sostiene che ogni anno circa 4 milioni di donne vengono picchiate da mariti o compagni. Nel 1992 gli omicidi compiuti da questi individui nei confronti delle mogli o compagne erano stati 1432, circa lo 0,04% del totale delle donne maltrattate. Di conseguenza, i maltrattamenti non possono essere considerati “preludio all’omicidio”. Il 3 ottobre 1995 la sentenza viene trasmessa da tutti i canali televisivi americani: “non colpevole”.

L’errore non individuato dall’accusa durante il processo riguarda le informazioni a disposizione, e quindi la valutazione di colpevolezza condizionata agli eventi noti. Infatti, non si sapeva soltanto che la donna aveva subito ripetuti maltrattamenti, ma anche che era stata uccisa. Di conseguenza l’insieme da considerare è quello delle donne che hanno subito violenze domestiche e sono state uccise, dal compagno o da altri.

Gerd Gigerenzer propone la seguente valutazione, consultando i dati degli Stati Uniti. Di 100 000 donne che vengono picchiate dal compagno, 40 vengono uccise dallo stesso e 5 da qualcun altro. Dunque, delle 45 donne che hanno subito violenze domestiche e sono state uccise, l’88.9% è stato ucciso dal compagno.


Riferimenti:


M. Tomatis, Numeri assassini, Kowalski, 2010, pp. 170 - 175

G. Gigerenezer, Quando i numeri ingannano. Imparare a vivere con l'incertezza, Raffaello Cortina Editore, 2003, pp. 165 - 170

Collins: in un caso di scippo, gli imputati vengono accusati in seguito all'intervento di un matematico che impiega in maniera errata la probabilità, valutando come indipendenti eventi che non lo sono e compiendo quella che viene definita fallacia del procuratore.

La sig.ra Juanita Brooks, nel giugno del 1964, mentre sta camminando per la strada, viene derubata da una donna, che la vittima descrive come bionda e vestita di nero. Un testimone sostiene di aver visto una donna bionda, con una coda di cavallo, vestita di nero scappare dalla scena e salire su una macchina gialla guidata da un uomo di colore con barba e baffi. Grazie a questa descrizione, la polizia identifica i signori Collins come sospettati. Durante il processo è difficile dimostrare che i Collins sono effettivamente i colpevoli: la vittima non riesce ad identificarli. Il testimone identifica il signor Collins come il guidatore della macchina gialla sopra citata, ma tale prova testimoniale viene indebolita dallo stesso teste il quale ammette, in un primo interrogatorio, di non essere certo dell’identificazione del signor Collins quando egli si mostra senza barba. A questo punto, per rafforzare il valore delle identificazioni, viene chiamato dal pubblico ministero un docente di matematica di un college locale che presenta la regola del prodotto in teoria della probabilità. Egli spiega che tale regola riguarda la probabilità che una serie di eventi indipendenti l’uno dall’altro accadano insieme. Tale probabilità è il prodotto tra le probabilità di avvenire di ogni singolo evento. Il procuratore, in seguito a tale spiegazione, assegna una probabilità a ciascuna caratteristica individuata in merito ai responsabili del furto. Applicando quindi la regola del prodotto egli arriva a sostenere che la probabilità che una coppia abbia tutte le caratteristiche identificate da vittima e testimone è di 1 su 12 000 000. Di conseguenza, secondo il procuratore, vi è una sola possibilità su 12 000 000 che gli imputati non abbiano commesso il crimine. La giuria dichiara i coniugi colpevoli. La difesa si appella alla Corte Suprema della California che annulla il verdetto, fornendo alcune considerazioni in merito all’introduzione della prova data dalla probabilità. In primo luogo le probabilità assegnate dal procuratore non possono essere considerate, poiché sostanzialmente inventate. Inoltre, non vi è sufficiente attestazione di indipendenza statistica tra gli eventi considerati. Se si procede con il calcolo della probabilità, si suppone che tutte le informazioni siano vere e accuratamente riportate, non viene messa in dubbio quindi la testimonianza della vittima e dell’osservatore. Infine è scorretto equiparare il valore 1 su 12 000 000 alla prova matematica di colpevolezza. È fallace sostenere che la probabilità di osservare le caratteristiche individuate dai testimoni in una coppia coincida con la probabilità che i Collins, mostrando tutte le caratteristiche, siano innocenti.


Riferimenti:

G. Gigerenzer, Quando i numeri ingannano. Imparare a vivere con l'incertezza, Raffaello Cortina Editore, 2003, pp. 175 - 181

Mayfield: un uomo viene arrestato per l'attacco terroristico di Madrid dell'11 marzo 2004, grazie ad alcuni indizi, tra i quali la concordanza delle sue impronte digitali con quelle ritrovate vicino al luogo dell'attentato.

Il 6 maggio 2004 Brandon Mayfield viene arrestato con l'accusa di essere complice dei terroristi di AlQaeda che l'11 marzo 2004 avevano compiuto un attentato a Madrid. I motivi del suo arresto erano i seguenti:

  • ritrovamento di fogli in lingua spagnola nascosti nel cestino della scuola dei figli;

  • la presenza di una copia del Corano nella sua libreria;

  • le sue impronte digitali erano state ritrovate a Madrid su un sacchetto pieno di detonatori, a poca distanza dall'attentato.

Pochi giorni dopo il suo arresto, Mayfield viene scagionato. La presenza del Corano era dovuta al suo matrimonio con una donna egiziana e la conseguente conversione all'Islam. I documenti in spagnolo erano in realtà compiti dei figli. E le impronte digitali? Si scoprì in seguito che appartenevano a Ouhnane Daoud, uno dei terroristi che aveva partecipato agli attentati.

L'errore che viene compiuto nella valutazione delle impronte digitali riguarda di nuovo il fenomeno di fallacia del procuratore. Se si suppone, per assurdo, di considerare la popolazione mondiale, 6 miliardi, e considerando che una persona su un milione ha impronte corrispondenti a quelle del colpevole, in totale 6000 persone sono possibili terroristi. Come sappiamo, solo una sarà effettivamente il colpevole. Dunque, la probabilità che l'individuo sia colpevole, sapendo che le impronte corrispondono, è pari a 1/6000 o 0,02%. Sovente accade che venga confusa la probabilità che una persona mostri corrispondenza, ovvero 1 su un milione, con la probabilità che data la corrispondenza, il soggetto sia innocente.

Riferimenti:

M. Tomatis, Numeri assassini, Kowalski, 2010, pp. 175 - 184

In tutti questi casi, oltre all'analisi e alla comprensione dei problemi legati a un'applicazione errata del calcolo della probabilità, gli studenti possono riflettere sull'impiego di tali nozioni nelle aule di tribunale, da parte di esperti di matematica ma anche di individui che non hanno familiarità con essa. In queste occasioni dunque è possibile sviluppare un dibattito tra i ragazzi in merito alla rilevanza di tali temi anche per coloro che non hanno strettamente a che fare con essi, nell'ottica di poter interpretare fenomeni di vita quotidiana e capire le informazioni con cui giornalmente veniamo a contatto.

Ambito medico

Per quanto riguarda l’ambito medico il focus riguarda i test diagnostici, in particolare in riferimento al virus HIV, e alle modalità di svolgimento di un’indagine sierologica.

Alcune storie: storie vere di falsi positivi in riferimento a persone appartenenti ad una categoria a basso rischio, per le quali i medici non hanno saputo proporre ulteriori indagini prima di concludere con una certa corrispondenza tra l'esito positivo del test e la presenza dell'infezione.

In un articolo del 15 maggio 2008 il giornale la Repubblica riporta la notizia di un uomo che ha ottenuto un risarcimento di 200 000 euro per essere stato vittima di un falso positivo al test dell’HIV17. L’uomo si chiama Renato Goldastaub, laureato in Giurisprudenza, pronto a lavorare nello studio di famiglia. Egli si deve sottoporre regolarmente, ogni 6 mesi circa, a un test per l’HIV. É fine novembre del 1997 e Renato si reca all’ospedale per fare nuovamente il test, per cui si reputa tranquillo dal momento che non ha "comportamenti a rischio" ed è già stato testato più volte, risultando sempre negativo. Rimane molto sorpreso quando dal test emerge la positività all’HIV. La reazione di Goldstaub è quella che molti hanno in tale situazione: si vergogna, non parla con i familiari di quanto accaduto, annulla ogni tipo di relazione e non lavora più. Nel 2000 viene spinto a ripetere il test da una ragazza: il risultato è negativo. La notizia viene inizialmente accolta con gioia, ma poi l’ansia ricomincia a divorarlo. É costretto a rivolgersi ad uno psicologo per affrontare quanto il risultato della falsa positività gli aveva fatto passare. Come riportato, si rivolge al Tribunale civile per chiedere un risarcimento per il danno esistenziale subito: se i medici che controllavano i progressi del virus, sempre inesistenti, avessero deciso di fare un altro test, probabilmente Goldstaub avrebbe scoperto prima di essere stato vittima di un falso positivo, e forse non avrebbe abbandonato, a causa della vergogna, la vita che negli anni si era costruito. Ovviamente tale situazione si sarebbe evitata anche in un altro modo: se il medico che ha diagnostico a Goldstaub l’HIV avesse parlato del suo tasso di rischio e delle probabilità di aver effettivamente contratto il virus con un test positivo, forse il paziente avrebbe capito che probabilmente il proprio test era un falso positivo.


Questa e altre storie vere sono proposte nei brani suggeriti per mettere gli studenti di fronte a vicende reali in modo da percepire la possibilità di avere falsi positivi e la rilevanza delle informazioni a disposizione per interpretare l'esito di un test diagnostico.


Riferimenti:


G. Gigerenzer, Quando i numeri ingannano. Imparare a vivere con l'incertezza, Raffaello Cortina Editore, 2003, pp. 135 - 148

P. Cascella, «"Lei è sieropositivo" ma era falso. Dopo 3 anni risarcito: 200.000 euro», In: la Repubblica (15 maggio 2008) (link)

A. Oop, Quelle 3 settimane in cui ho creduto di avere l’HIV, In: il Sole 24 Ore (2 dicembre 2019) (link)

I consultori tedeschi: indagine svolta in 20 consultori tedeschi in cui i consulenti/medici sono stati interrogati da un ipotetico paziente sulle caratteristiche del test per l’HIV e sul significato di un eventuale esito positivo/negativo.

Lo studio in questione riguarda le categorie a basso rischio di infezione da HIV. Si vuole analizzare come i consultori e i rispettivi operatori, che sono chiamati a relazionarsi al paziente che vuole o deve sottoporsi a un test per l’HIV, comunicano le informazioni necessarie per comprendere procedura e possibili esiti dell’esame. Gli autori dello studio hanno preferito evitare di testare i consultori tramite questionari o test, poiché viene a mancare effettivamente la parte di consulenza e di interazione esperto-paziente vera e propria, che è necessario analizzare in questo caso. Si è scelto quindi di mandare direttamente un soggetto nei consultori, il quale ha richiesto di essere sottoposto al test per l’HIV e tramite delle domande preparate in precedenza, ha cercato di verificare in che modo e in che forma le informazioni venissero comunicate al paziente. Axel Ebert, uno degli autori, si è quindi recato in 20 centri pubblici di consulenza per l’AIDS, in 20 città tedesche, tra le quali Berlino, Amburgo e Monaco. Il paziente ha in primo luogo contattato telefonicamente il consultorio per fissare un appuntamento. Prima del test è infatti previsto che il soggetto svolga un colloquio in cui il consulente spiega come si svolge il test, i rischi di un’infezione da HIV e il significato di un test positivo o negativo. Nel caso del nostro soggetto, egli incontra 20 consulenti, di cui 14 medici e 6 assistenti sociali; 12 donne e 8 uomini. Sostiene due incontri in un breve intervallo di tempo e poi deve lasciar passare almeno un paio di settimane per recarsi in un nuovo consultorio, affinché i forellini delle endovenose spariscano, altrimenti il personale potrebbe pensare che il soggetto sia un drogato, e quindi una persona ad alto rischio di infezione. I colloqui si sono svolti seguendo una scaletta, secondo la quale Ebert poneva le seguenti domande all’operatore, a meno che questo non gli avesse già fornito spontaneamente le informazioni. Egli inoltre ha ripetuto più volte le domande presentate di seguito, quando la risposta ricevuta era confusa o non particolarmente esaustiva.


I principali problemi riscontrati nell’interpretazione del test diagnostico riguardano la confusione tra la sensibilità del test, ovvero la probabilità, dato un paziente malato, di avere un esito positivo, con il valore predittivo positivo del test, ovvero la probabilità, dato un esito positivo, che il paziente abbia la malattia. In letteratura questo errore viene indicato con fallacia del condizionale trasposto. Ciò si lega a una poca rilevanza assegnata al tasso di diffusione della malattia in relazione a una determinata categoria di rischio, ovvero a quel fenomeno che viene definito fallacia del tasso di base.


Riferimenti:

G. Gigerenzer, Quando i numeri ingannano. Imparare a vivere con l'incertezza, Raffaello Cortina Editore, 2003, pp. 148 - 160

G. Gigerenzer, U. Hoffrage e A. Ebert, AIDS counseling for low-risk clients, In: AIDS care (Maggio 1998) (link)

Indagine epidemiologica: Con riferimento a quanto accaduto nella provincia autonoma di Bolzano, ma generalizzabile a una indagine epidemiologica per il virus X, si interpretano i dati ottenuti per comprendere come questo tipo di screening dovrebbe essere utilizzato e come i conseguenti risultati andrebbero interpretati.

Dal 20 al 22 novembre 2020 la provincia di Bolzano ha effettuato uno screening di massa per individuare il maggior numero possibile di positivi al Covid-19 e isolarli per bloccare la diffusione dell'epidemia. Sono state usate due tipologie di test rapidi, lo Standard Q e il Panbio. Al termine dell'indagine erano stati rilevati 3619 positivi. Utilizzando sensibilità e specificità dei due test si possono ricavare i rispettivi numeri di falsi positivi e falsi negativi.


Riferimenti:

L’Adige, Screening di massa oltre il 70 per cento, Kompatscher "1 per cento di positivi, ma non parliamo di sci, è presto", 22 novembre 2020 (link)

D. Leveghi, Coronavirus, concluso lo screening in Alto Adige: 362.050 testati e 3619 positivi, Il Dolomiti, 26 novembre 2020 (link)

I. Invernizzi, L’Alto Adige va da solo, il Post, 24 novembre 2020 (link)

Tornare a Quesiti stimolo

Proseguire con Produzione finale