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Giorno #1

COMMENTO "la via dei simboli"

Come scrive il professor Antonino Saggio nel suo dialogo, il passaggio tra l’architettura moderna a quella contemporanea è basato sui simboli, simboli derivanti dalla nuova ondata che investe il mondo dopo il 900' l’informazione. Come abbiamo visto nell’articolo, si affrontano e si comprendono le varie fasi e visioni di Utzon prima e Frank Ghery dopo. I due accumunati da un unico aspetto, il fatto che pensano la loro architettura in prims come fenomeno, se cosi possiamo definirlo, sociale che in qualche modo coinvolge l’uomo attraverso le emozioni e il ricordo di un’architettura antica che muta negli anni e nei secoli, come abbiamo visto la somiglianza tra il Guggenheim di Bilbao e le cattedrali gotiche per via della loro funzione di collante sociale e luogo di attività, cuore pulsante delle città. Come la meravigliosa macchina di Ghery che si attesta prepotentemente nel suolo ma allo stesso tempo, prende le sembianze di un fiore che sboccia con i suoi "petali metallici" riflettendo l'armonia intrinseca del pensiero dell'architetto.


Il mio pensiero su queste architetture e sul modo di concepirle dei due architetti è fortemente positivo e come loro, anche la mia concezione si basa su un linguaggio proiettato al futuro che possa ampliare le possibilità dell’uomo come appunto una macchina tenendo conto di ciò che era in passato. Questo è possibile grazie all’informazione poiché attraverso le metafore, le similitudini e i simboli, per l’appunto, possiamo dare all’architettura l’immagine che vogliamo e in questo modo ragionare su scale e programmi diversi, restituire all’uomo uno spazio in cui emozionarsi e condividere alla portata di tutti. Proprio come nell’obbiettivo di Utzon.


" Questo è un tempo in cui la gente più numerosa, si mescola assieme. Per aiutarsi reciprocamente e far funzionare le cose "

-Frank Gehry-


Questa frase la interpreto come il manifesto del "futuro", in ogni epoca che conosciamo o abbiamo conosciuto una definizione da considerare atemporale, cibo per ottimisti.

Per lo più erano i presupposti dell’architetto e della sua architettura, secondo me dovremmo progettare seguendo questi insegnamenti, tenendo conto dell’andamento del nostro pianeta e quindi guardando alla sostenibilità, ai problemi sociali, agli handicap dell’uomo e a migliorarli sfruttando l’informazione/informatica, accelerando processi che hanno richiesto millenni nella storia dell'umanità.


Da Blog - Gregori Valerio

giorno #2

COMMENTO "Nuove sostanze"

"Nuove sostanze"

L'Informatica e il rinnovamento dell'architettura

di Antonino Saggio


Commento: Le nuove sostanze intese come i punti chiave, e quelli sulla quale incentrare il pensiero architettonico, artistico economico ecc, sono quelle proposte dall'articolo del prof. Antonino Saggio, e sono 3 principali : Il Paesaggio, Le BrownAreas, e Lo spazio.

Lo spazio e il paesaggio che interessano naturalmente la storia dell'architettura dall'origine dei tempi, sono due prerogative del progetto architettonico, che non possono essere lasciate al caso, perchè lo spazio è il luogo in cui si "muove" l'architettura, in senso lato, perchè tutti noi pensiamo all'architettura come qualcosa di fermo, di statico! ;

Prendiamo d'esempio il Guggenheim di Bilbao, naturalmente l'edificio non è in movimento letteralmente, ma vediamo come esso posto nella città quasi come a prendere vita, sembra addirittura che si muova con le sue forme sinuose e proiettate al futuro, in un certo senso questo abuso di forme curve angoli spezzati, rispecchia quella che è la società moderna sempre in movimento.

Tutto dipende da due variabili dipendenti, tempo e velocità alla base di tutto, si cerca inevitabilmente di velocizzare i processi in epoca contemporanea cosi' da risparmiare tempo, il tempo ha sempre più valore perchè perde valore la moneta quindi c'è la necessità di ottimizzare, proprio come una macchina, un software, tutto è ottimizzato, lo vediamo persino nella progettazione interna delle case, oramai gli ambienti sono sempre più ampi, e illluminati e privi di emozioni, facili da vivere, basta pensare alla domotica nelle case che sostituisce il fare umano a quello "robotico".

Il tempo nuovo è una realtà; esiste indipendentemente dal fatto che noi lo accettiamo o lo rifiutiamo. Non è né migliore né peggiore di qualsiasi altro tempo, è semplicemente un dato di fatto ed è in sé indifferente ai valori. Quel che importa non è il 'che cosa' ma unicamente e solo 'il come'". Il come è nostro.

- Mies Van Der Rohe.-

Questo è un punto sulla quale insistere, per riportare l'architettura al livello di tutte le arti, capaci di emozionare e di ispirare le persone.

Il paesaggio, invece va affrontato diversamente perchè nel suo caso, c'è un evoluzione che in un certo senso non preoccupa non è considerato come criticità; come rappresentazione della realtà il paesaggio si serve degli strumenti necessari, strumenti che si evolvono :dall'uso della prospettiva alla fotografia fino ad'arrivare a quello che ormai è prossimo nell'ondata dell'informazione che da decenni ci interessa, il paesaggio virtuale.

Le curve, le mesh, i punti di cui è composto il paesaggio virtuale, sono i nuovi parametri con la quale l'architettura si misura, grazie agli innovativi sistemi, tali da permettere di visualizzare in anteprima, il contesto come si presenta con il progetto dell'edificio, e di capire in tempo "reale" le relazioni che si creano tra spazio vuoto e pieno.


Sir Peter Cook

giorno #3

COMMENTO: "François Roche: Eresie macchiniche e architetture viventi di New-Territories.com "

RECENSIONE

"François Roche: Eresie macchiniche e architetture viventi di New-Territories.com "


di Antonio Di Raimo

"PIANIFICARE, COSTRUIRE, RESPIRARE"

Entrare nel pensiero del pioniere dell'information technology in architettura ; ROCHE'


Iniziando a leggere di Rochè si percepisce e ci si immedesima nel lavoro di creazione e ricerca continua che svolge l’architetto il tutto condito da elementi derivanti e riguardanti l’IT.

Nei suoi numerosi progetti realizzati e non, si evince la natura del suo pensiero e dei suoi gesti, gesti che danno vita ad abitazioni, musei, ambienti fatti per l’uomo dall’uomo grazie alla creazione del VIAB, uno degli elementi chiave del suo protocollo, il viab è un’entità (robot) in grado di percepire lo stato d’animo dell’essere vivente e si muove e agisce in un’ambiente appunto ed è dotato di un corpo, quindi incorporato.

L’intento di roche è quello di ottenere il prodotto architettonico, attraverso la creazione di una rete prefigurata composta dalle persone, dal viab e dall’ambiente circostante con al centro un continuo scambio di informazioni in entrambe le direzioni , sia dalle persone al viab che viceversa producendo architettura su misura in grado non solo di cogliere e soddisfare i bisogni oggettivi della società ma anche gli aspetti cognitivi più reconditi, quali ansie stress e patologie della psiche, con l’obbiettivo di aggirarli attraverso il continuo mutamento delle informazioni captate dal Viab, che è lo strumento esecutore in questo complesso processo di costruzione e articolazione dello spazio.

Il suo lavoro è molto interessante e suscita in chi si approccia allo studio, estrema curiosità soprattutto per ciò che concerne le forme e come le sue architetture si adattano allo spazio (reale) circostante pur essendo di matrice informatica, basata su dati e algoritmi, quindi come la realtà viene invasa dalle sue forme utopiche e innovative.

Possiamo tradurre il lavoro di roche come un’evoluzione dell’architettura organica di Frank Lloyd Right o come un’evoluzione a partire dalle forme del Guggheneim di Gehry, ma tutto ciò è straordinariamente più complesso e impegnato, dal momento che l’architetto si approccia ad un nuovo progetto sempre a a partire da una problematica o crisi effettiva dell’uomo, palpabile, in un determinato contesto e attraverso l’uso delle informazioni cerca di contenere questi aspetti con un approccio scientifico determinato dal caos e dall'imprevedibilità.

L’aspetto estraniante della visione di Roche sta nelle scale che usa, come n UNplug a Parigi, quello a cui ci troviamo davanti è un edificio pubblico di 4 piani che ha le sembianze di un batterio come quelli che si possono vedere al microscopio, l’edificio in sezione presenta di fatti questa pelle cangiante, e che da l’idea di muoversi di cambiare in base alle condizioni climatiche ma anche solo di dipendere dalle relazioni che stringe l’edificio con le persone. Appunto la similitudine con il batterio e il suo edificio si evince anche dal nome che ha scelto : UN plug proprio un organismo esterno ad un contesto che in questo caso è la città con la siluhette regolare di edifici normali, in cui si innesta il “mostro” di Roche.

Sempre attraversando la vita dei progetti di Francois Rochè ci si accorge del fatto che le sue architetture sono costituite da modelli anche se non dalla geometria definita ,da modelli che si ripetono, si trasformano ruotano, traslano e danno l’idea di un insieme in serie di elementi che in un certo senso tengono unita la struttura e non avendo forme convenzionali sono difficili da studiare ed è ancor più difficile capire la statica, nascosta dietro forme quasi da considerarsi “aliene”.

In conclusione lo scritto di Di Raimo da un'importante definizione su suggerimento di Maturana e Varela e io mi sento di citarli perchè offrono un contributo, atto a comprendere anche il lavoro di Roche'.

<< Ciò che caratterizza un sistema vivente come tale, è l’esistenza di due condizioni cruciali: la prima è che le componenti del sistema siano in relazione fra loro secondo un’organizzazione chiusa, sebbene aperta a scambi cruciali e determinanti per garantirne la sopravvivenza; la seconda è che tali componenti abbiano la capacità di distruggersi e rigenerarsi, preservando così l’identità del sistema stesso. Sono i continui processi di distruzione e costruzione che accadono in un sistema vivente a segnare la differenza fra una semplice macchina come quella industriale, e una macchina vivente>> (Maturana e Varela 1985).


"whenever you discover what is behind reality.

if you can find a way to open a door, the right door,

you see what is inside reality. I really love that.”

-Francois Roche'-




OLZWEG

Il robot si configura come un agente regolatore più che semplice macchina industriale.

Può essere considerato come una sorta di cleaning fish, ci dice Roche, che pulisce uno spazio restituendone un altro.

Il robot in azione all’interno dell’addizione fabbricata dallo stesso(in alto)