Il Metodo Feldenkrais spesso viene descritto come una tecnica posturale, quindi utile per tutte quelle situazioni dove una cattiva organizzazione del movimento o un deterioramento della struttura muscolo-scheletrica, produce disagio o addirittura infiammazioni.
Il Metodo Feldenkrais sia nella versione di gruppo che in quella individuale esplora l'organizzazione del corpo attraverso movimenti delicati e lenti. Questo fa sì che spesso la si equipari a una ginnastica dolce, quando si pratica la lezione di gruppo (CAM) o a una sorta di massaggio quando si pratica l'individuale (IF). Questa percezione frettolosa, fa però passare in secondo piano un aspetto molto importante.
Però, c'è un aspetto ancora più importante, che caratterizza il Metodo Feldenkrais.
Ciò che è innovativo, non è lo schema di movimento in sé che si sviluppa durante una lezione, ma il processo che si attiva nell'individuo. Come molte tecniche dolci, gli effetti più interessanti non sono alla fine della lezione, bensì tempo dopo e soprattutto con il proseguimento della pratica. La pratica infatti aiuta la persona (allievo) a diventare più consapevole del movimento del corpo e del corpo in sé.
Lezione dopo lezione l'allievo integra una nuova immagine di sé e trasforma azioni della vita quotidiana, maturando, con il passare del tempo, una diversa visione del mondo.
Ecco perché, dal mio punto di vista e di molti allievi che ho conosciuto nell'arco della mia esperienza professionale, il Metodo Feldenkrais è una disciplina del movimento.
Spesso le persone che ricorrono al Metodo Feldenkrais soffrono di patologie dolorose, che li costringono a limitare alcuni movimenti. Vediamo alcune delle patologie più che frequenti che hanno a che fare con la struttura muscolo-scheletrica, ossia la struttura del corpo direttamente coinvolta dalla pratica del Metodo.
La sindrome fibromialgica è una forma comune di dolore muscoloscheletrico diffuso e di affaticamento. La parola significa dolore nei muscoli e nelle strutture connettivali fibrose (i legamenti e i tendini). La diagnosi dipende principalmente dai sintomi che il paziente riferisce. Alcune persone possono considerare questi sintomi come immaginari o non importanti. Negli ultimi 10 anni, tuttavia, alcuni studi hanno dimostrato che certi sintomi, come il dolore muscoloscheletrico diffuso, e la presenza di specifiche aree che provocano una sensazione di dolore alla digitopressione sono presenti nei pazienti affetti da sindrome fibromialgica e non comunemente nelle persone sane o in pazienti affetti da altre patologie reumatiche dolorose. 1
Altrimenti detto “mal di schiena” può avere diverse cause ma si presenta in due diverse tipologie: la prima riguarda la colonna vertebrale, la seconda riguarda anche qualche terminazione nervosa. Molti sono i fattori che possono scatenare una lombalgia: innanzitutto le attività lavorative particolarmente pesanti o caratterizzate da una postura che predispone al mal di schiena, ma anche le attività sportive o altre situazioni che causano una diversa organizzazione dello scheletro e del suo movimento. 2
L’artrosi è una malattia dovuta all’usura e all’invecchiamento delle articolazioni, che colpisce soprattutto le sedi più sottoposte al carico, cioè le anche e le ginocchia e la colonna vertebrale; più raramente può riguardare anche le articolazioni di mani e piedi. L’artrosi è causata dal deterioramento della cartilagine che riveste le superfici ossee all’interno delle articolazioni. La cartilagine è un tessuto che riduce l’attrito fra le ossa e che quando si danneggia per usura perde la sua elasticità, diviene più rigida e più facilmente danneggiabile. I sintomi iniziano a comparire intorno ai cinquant’anni, soprattutto in pazienti di sesso femminile in post-menopausa. 3
L'artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica sistemica che colpisce le articolazioni sia piccole che grandi, queste diventano dolenti, tumefatte e vanno deformandosi con il tempo. Interessa soprattutto le donne tra i 40 e i 50 anni. L'artrite reumatoide non ha una causa unica: si ritiene che un fattore ambientale possa “ingannare il sistema immunitario” o modificare alcuni antigeni che dovrebbero essere visti come propri dal sistema immunitario, ciò interrompe la tolleranza immunologica nei confronti di alcune proteine umane.Le articolazioni a essere colpite sono in genere le piccole articolazioni delle mani e dei piedi. Una delle caratteristiche cliniche della malattia è la rigidità articolare prevalentemente al mattino, che può durare anche per molte ore. 4
Il punto cruciale di tutte queste patologie è il dolore che comportano costantemente. Quando si prova dolore l'attenzione non può dedicarsi ad altro. Anche in forma più leggere, resta come un rumore di fondo che disturba tutte le attività cognitive, alle volte portando ad evitare anche comportamenti virtuosi, che potrebbero essere di aiuto.
Il dolore è fisiologico, un sintomo vitale/esistenziale, un sistema di difesa, quando rappresenta un segnale d’allarme per una lesione tissutale, essenziale per evitare un danno.
Diventa patologico quando si automantiene, perdendo il significato iniziale e diventando a sua volta una malattia (sindrome dolorosa). 5
Ci sono due percorsi del dolore: quello che dalle periferie va al centro (ci pungiamo un dito) e quello che dal centro va alla periferia (il sistema nervoso “valuta” l'entità del danno attraverso tutte le strutture coinvolte a livello cerebrale). Mi si perdoni la semplificazione estrema.
Possiamo inoltre notare che il dolore è un'esperienza che copre un vasto campo di situazioni, ma la sua percezione è sempre personale.
Tutti abbiamo provato nella vita una qualche esperienza di dolore e, anche se varia da individuo a individuo, la maggior parte di noi può dire che il dolore è spiacevole e spesso è associato a una lesione.
Però, anche se questo è vero, possiamo notare che anche altre sensazioni, su piani differenti, generano dolore. Ad es.: siamo in grado di accorgerci di una stonatura in una sinfonia, perché questa causa una forma sui generis di “dolore”, ma certamente non si è lesionato il timpano.
Perciò, le sensazioni che chiamiamo dolorose sono caratterizzate da un qualcosa che le distingue da tutte le altre percezioni sensoriali, anche se ne fanno parte a tutti gli effetti.
Prendendo la definizione di dolore del International Association for the Study of Pain leggiamo “Il dolore è sempre un’esperienza soggettiva. Ogni individuo apprende il significato di tale parola attraverso le esperienze correlate a una lesione durante i primi anni di vita. Sicuramente si accompagna a una componente somatica, ma ha anche carattere spiacevole, e perciò, ha una carica emozionale” [IASP, 1979].
Già da questa prima definizione possiamo vedere come le componenti cognitive, emotive e comportamentali del dolore sono connesse alle esperienze passate del dolore nostro e di altri, in particolare dei membri della nostra famiglia. 6
Questa informazione è molto importante, poiché la dimensione affettiva ed emotiva del dolore, non viaggia attraverso il canale sensoriale (lì dove avviene la stimolazione della infiammazione), ma è mediata a livello centrale da quello che abbiamo appreso nella vita, quindi, per semplificare, dai nostri pensieri, non necessariamente consci.
Abbiamo visto come il Metodo Feldenkrais ha come caratteristica principale il lavoro di consapevolezza. Vorrei qui lasciare in secondo piano il contributo che il movimento del Metodo Feldenkrais dà sul piano fisico e occuparmi invece del piano cognitivo.
Durante le lezioni la persona viene guidata a conoscersi e a esplorare le proprie sensazioni. Attraverso lo sviluppo di schemi motori entra in contatto con le proprie abitudini di pensiero e agisce per modificarle, in modo da sentire il movimento diventare via via più facile.
Questa esplorazione non è mai casuale, ma viene messa sempre in relazione alla scelta che la persona fa. Quindi il Metodo Feldenkrais portando l'attenzione della persona al corpo in movimento, ricrea la connessione tra intenzione- pensiero- azione, ristabilendo una possibilità di cambiamento consapevole nella persona stessa.
Questo modifica non soltanto una organizzazione posturale, bensì lavora proprio sulla organizzazione del proprio pensiero e l'immagine di sé.
Rieducarsi a una nuova consapevolezza di se stessi permette di percepire e interpretare a livello centrale gli stimoli dolorosi in modo diverso. Si crea quindi la possibilità di riscrivere un diverso rapporto con il corpo. Se il dolore è un canale comunicativo che il corpo ha a disposizione per allontanarci dai pericoli, avere un diverso approccio al corpo permette di ottenere un diverso rapporto con il dolore nella fase di rielaborazione, quella modulata anche dalle esperienze passate.
Questo diverso rapporto con il dolore permette di cambiare comportamento, proprio a partire dalla propria organizzazione posturale, per poi aprire spazi di cambiamento anche in altre aree della vita che prima non potevano essere prese in considerazione, perché il dolore inibiva un pensiero fluido e catalizzava il vissuto emotivo.
Ecco perché considero, come altri miei allievi, il Metodo Feldenkrais una disciplina.
La pratica non è solo sul piano fisico, ma coinvolge il pensiero e - come conseguenza - le emozioni. Questo diverso approccio alla vita ha ricadute positive sulla propria organizzazione posturale, ma anche sulla dimensione affettiva del dolore, riducendone l'impatto sull'organismo.
Quindi, una rinnovata immagine di sé e un ritrovato rapporto con il corpo, portano a scelte differenti per costruire un proprio benessere in diversi aspetti della vita, innescando azioni virtuose, che prima non potevano essere prese in considerazione.