Capitolo 88 — Tempi stretti, parte I

Sedici aprile 1992.

12:07.

Ora di pranzo.

Harry camminò pesantemente fino al tavolo Grifondoro quasi deserto, decidendo con un’occhiata che il pranzo quel giorno era breen e polpette di Roopo. La conversazione circostante, Harry poté inoltre udire, era relativa al Quidditch; un ambiente uditivo che si classificava in qualche modo peggiore del rumore di catene rugginose, ma migliore di ciò che il tavolo Corvonero stava ancora blaterando a proposito di Hermione. Casa Grifondoro, almeno, aveva esordito da una posizione meno comprensiva verso Draco Malfoy e aveva un maggior incentivo politico a desiderare che tutti si dimenticassero di certi fatti incresciosi; e se quello non era il motivo giusto per il silenzio, almeno era silenzio. Dean e Seamus e Lavender erano tutti partiti per le vacanze, ma almeno quello lasciava…

«Cos’era tutta quella confusione alla Tavola d’onore?» disse Harry alla mente di gruppo dei gemelli Weasley, mentre iniziava a riempirsi il piatto. «Sembrava che stesse finendo proprio quando sono entrato».

«La nostra amata, ma goffa professoressa Trelawney —»

«Sembra essersi buttata un’intera zuppiera addosso —»

«Per non dire del signor Hagrid.»

Una rapida occhiata alla Tavola d’onore confermò che la Professoressa di Divinazione stava agitando freneticamente la sua bacchetta mentre il mezzo-gigante tamponava le proprie vesti. Nessun altro sembrava fare molta attenzione, persino la professoressa McGonagall. Il professor Flitwick era come al solito in piedi sulla sua sedia, il Preside sembrava nuovamente assente (era stato via durante la maggior parte della vacanza), le professoresse Sprout e Sinistra e Vector stavano mangiando nel loro solito gruppo, e —

«Sapete», disse Harry, mentre girava la testa per fissare l’illusione sul soffitto di un cielo blu limpido, «talvolta mi dà ancora i brividi».

«Cosa?» disse Fred o George.

Il potente ed enigmatico Professore di Difesa stava ‘riposando’ o quello-che-cavolo-faceva-di-strano, le mani che producevano tentativi impacciati ed esitanti di afferrare la coscia di pollo che sembrava sfuggirgli sul piatto.

«Eh, nulla», disse Harry. «Non sono del tutto abituato a Hogwarts, ancora».

Harry continuò a mangiare in un silenzio moderato, mentre vari Weasley discutevano di una certa bizzarra sostanza che alterava la mente ed era chiamata Chudley Cannons.

«Che genere di pensieri profondi e misteriosi stai pensando?» disse una strega dall’aspetto giovane e i capelli corti, seduta vicino. «Voglio dire, sono solo curiosa. Sono Brienne, comunque». Lo stava guardando con uno di quegli sguardi che Harry aveva fermamente deciso di ignorare e basta finché non fosse stato più grande.

«Allora», disse Harry, «conosci quei programmi di Intelligenza artificiale veramente semplici come eliza che sono programmati per usare parole all’interno di frasi sintatticamente corrette, solo che non contengono alcuna comprensione di ciò che le parole significhino?»

«Naturalmente», disse la strega. «Ne ho una dozzina nel mio baule».

«Bene, sono alquanto sicuro che la mia comprensione delle ragazze sia da qualche parte intorno a quel livello.»

Cadde un’improvviso silenzio.

Ci vollero alcuni secondi prima che Harry capisse che, no, l’intera Sala Grande non stava fissando lui, e poi girò la testa e guardò intorno.

La figura che era appena entrata barcollando nella Sala Grande sembrava essere il signor Filch, il controllore nominale dei corridoi di Hogwarts; che, insieme alla sua gatta predatrice Signora Norris, costituiva un incontro casuale di basso livello che Harry aveva spesso oltrepassato con facilità indossando il suo Dono della Morte di livello epico. (Una volta Harry aveva consultato i gemelli Weasley riguardo il giocare qualche genere di scherzo a questo bersaglio meritevole, al che Fred o George aveva tranquillamente fatto notare che il signor Filch non era mai stato visto usare una bacchetta, cosa che era strana, davvero, considerando quanti incantesimi sarebbero stati utili in quel ruolo, e quello ti faceva chiedere perché Silente avesse dato a quell’uomo un ruolo dentro Hogwarts, e Harry si era azzittito.)

In quel momento il vestito marrone del signor Filch era in disordine e zuppo di sudore, le sue spalle stavano ondeggiando visibilmente mentre respirava, e la sua gatta onnipresente era assente.

«Un troll —» gemette il signor Filch. «Nei sotterranei —»

Minerva McGonagall si alzò dalla Tavola d’onore così velocemente che la sua sedia cadde dietro di lei.

«Argus!» gridò. «Cosa ti è successo?»

Dalle enormi porte Argus Filch avanzò barcollando, la parte superiore del suo corpo segnata e punteggiata da piccole macchie cremisi come se qualcuno avesse schizzato una salsa da bistecca sul suo volto. «Un troll — grigio — alto il doppio di me — ha — ha —» Argus Filch si coprì il volto con le mani. «Ha mangiato la Signora Norris — l’ha mangiata intera, in un sol boccone —»

Minerva provò una stilettata di sconcerto nel suo altro sé, l’altra gatta non le era piaciuta molto ma entrambe erano comunque dei felini.

Un frastuono originò dalla Sala Grande. Severus si alzò dalla Tavola d’onore, in qualche modo facendolo senza attirare alcuna attenzione visibile su di sé, e uscì a grandi passi dalle enormi porte senza proferire altra parola.

Naturalmente, pensò Minerva, il corridoio del terzo piano — questo potrebbe essere un diversivo —

Affidò mentalmente tutte queste faccende alle cure di Severus, estrasse la propria bacchetta, la tenne alta, e ne fece uscire cinque acuti scoppi di fuoco viola.

Vi fu un silenzio stupito eccetto per i singulti di Argus.

«Sembra che abbiamo una creatura pericolosa libera dentro Hogwarts», disse al corpo insegnante alla Tavola d’onore. «Chiederò a tutti voi di aiutare nelle ricerche nelle sale». Poi si girò verso gli studenti sbalorditi che la osservavano, e alzò la voce. «Prefetti — riconducete immediatamente le vostre case ai dormitori!»

Percy Weasley balzò in piedi al tavolo Grifondoro. «Seguitemi!» disse a voce alta. «Restate insieme, primini! No, non tu —» ma per allora gli altri prefetti stavano alzando la voce mentre sorgeva un rinnovato chiacchiericcio.

Allora una voce chiara e gelida parlò sotto l’improvviso trambusto di suoni.

«Vicepreside.»

Ella si voltò.

Il Professore di Difesa si stava pulendo con calma le mani con un tovagliolo mentre si alzava dalla Tavola d’onore. «Rispettosamente», disse l’uomo dall’identità ignota, «lei non è esperta in tattiche di battaglia, signora. In questa situazione, sarebbe più saggio —»

«Chiedo scusa, Professore», disse la professoressa McGonagall, mentre si voltava verso le grandi porte. Filius e Pomona si erano già alzati per seguirla, con Rubeus Hagrid che torreggiò su tutti loro mentre il mezzo-gigante si alzava. Aveva fatto esperienze simili troppe volte, ormai. «La triste esperienza mi ha insegnato che in occasioni come queste, non è il momento giusto di accogliere qualunque consiglio l’attuale Professore di Difesa possa offrire. In effetti, penso che sia saggio che noi due cerchiamo il troll insieme, in modo che nessun sospetto possa essere rivoltole per qualsiasi evento deplorevole che possa accadere in quel lasso di tempo».

Senza alcuna esitazione, il Professore di Difesa si girò agilmente verso il tavolo Grifondoro e batté le mani con il suono simile a un pavimento che si crepa.

«Michelle Morgan di Casa Grifondoro, seconda in comando dell’Esercito di Pinnini», disse con calma il Professore di Difesa nel conseguente silenzio. «La prego, consigli il Preside della sua Casa».

Michelle Morgan salì sopra la sua panca e parlò, la minuscola strega che risuonò molto più sicura di sé di quanto Minerva ricordasse che fosse all’inizio dell’anno. «Gli studenti in movimento per i corridoi sarebbero sparpagliati e impossibili da difendere. Tutti gli studenti devono restare nella Sala Grande e formare un gruppo nel centro… non circondati da tavoli, un troll salterebbe proprio sopra ai tavoli… con il perimetro difeso da studenti del settimo anno. Provenienti esclusivamente dagli eserciti, non importa quanto siano bravi in duello, cosicché non si mettano l’uno sulla linea di fuoco dell’altro». Michelle esitò. «Mi dispiace, signor Hagrid, ma — lei non sarebbe al sicuro, dovrebbe restare indietro con gli studenti. E neppure la professoressa Trelawney dovrebbe affrontare il troll da sola», Michelle sembrò meno dispiaciuta a questo riguardo, «ma se fosse accoppiata col professor Quirrell loro due insieme potrebbero formare un’ulteriore unità da battaglia fidata ed efficace. Questo conclude la mia analisi, Professore».

«Adeguato, per essere stata messa alle strette», disse il Professore di Difesa. «Venti punti-Quirrell per lei. Ma ha trascurato il punto ancora più semplice che casa non significa al sicuro, e che un troll è abbastanza forte da strappar via dai suoi cardini una porta ritratto —»

«Basta così», sbottò Minerva. «Grazie, signorina Morgan». Guardò le tavolate che la stavano osservando. «Studenti, farete come ha detto». Si rigirò verso il Tavolo d’onore. «Professoressa Trelawney, lei accompagnerà il Professore di Difesa —»

«Ah», disse Sybill esitante. Al di sotto del suo trucco eccessivo e della confusione di scialli, la donna sembrava piuttosto pallida. «Temo — di non stare del tutto bene oggi — in effetti, mi sento piuttosto debole —»

«Non dovrà combattere il troll», disse Minerva seccamente, la sua pazienza messa alla prova come al solito quando doveva trattare con la donna. «Resti semplicemente col Professore di Difesa e non lo perda di vista per un istante, deve essere in grado di testimoniare in seguito che è stata con lui per tutto il tempo». Si girò verso Rubeus. «Rubeus, ti affido ogni responsabilità qui. Tienili al sicuro». L’enorme uomo si raddrizzò, perdendo la sua espressione cupa e annuendole orgogliosamente.

Poi Minerva guardò gli studenti, e alzò la voce. «Dovrebbe essere completamente inutile dire che chiunque lasci la Sala Grande per qualsiasi ragione, sarà espulso. Non accetterò alcuna scusa. Sono stata chiara?»

I gemelli Weasley, con i quali aveva tenuto un contatto visivo diretto, annuirono rispettosamente.

Si girò senza dire un’altra parola e marciò verso le porte della sala con gli altri Professori dietro di lei.

Sul lato lontano della stanza, inosservato sul muro, un orologio segnava le 12:14.

… e ancora non se ne accorse.

Tic.

Mentre Harry fissava con occhi socchiusi il punto da cui i Professori erano usciti, chiedendosi cosa stesse davvero accadendo e cosa significasse, mentre gli studenti si unirono in una massa più difendibile e le bacchette entrarono in azione per far levitare i tavoli di lato, Harry ancora non se ne accorse.

Tic.

«Non avrebbero dovuto formare delle coppie tutti i Professori?» disse uno studente Grifondoro più grande il cui nome Harry non sapeva. «Cioè — sarebbe stato più lento, ma più sicuro, penso —»

Tic.

Qualcun’altra rispose, alzando la voce, ma Harry non ne colse la maggior parte, il concetto era che i troll di montagna erano altamente resistenti alla magia e incredibilmente forti e potevano rigenerare ma erano comunque rumorosi, quindi se li si fosse uditi arrivare, non sarebbe stato così difficile per un Professore di Hogwarts impacchettarlo in un Infrangibile qualcosa qualcosa di Vadim.

Tic.

E Harry ancora non se ne accorse.

Tic.

I rumori della folla erano smorzati, le persone stavano parlando l’una con l’altra a bassa voce mentre si guardavano intorno, ascoltando se vi fosse il suono di una porta sfondata o un ruggito infuriato.

Tic.

Alcuni studenti stavano sussurrando congetture su ciò che il Professore di Difesa poteva cercare di ottenere facendo entrare di nascosto un troll, e se fosse arrabbiato che la professoressa McGonagall avesse intuito il suo tentativo di distrazione, e da cosa dovesse distrarre.

Tic.

E il pensiero non venne ancora in mente a Harry, non fino a dopo che tutti gli studenti ebbero formato una massa di circa un centinaio di corpi, vigilati da studenti del settimo anno orgogliosi e dall’aspetto severo con le loro bacchette puntate all’esterno, e qualcuno suggerì di fare la conta dei presenti, e qualcun altro rispose sarcasticamente che questo avrebbe avuto senso qualche altra volta, ma che in quel momento praticamente tutti erano via per le loro vacanze di primavera, e nessuno sapeva davvero quanti studenti ci sarebbero dovuti essere nella stanza, per non parlare dell’eventualità che qualcuno mancasse.

Tic.

Fu allora che Harry si chiese dove fosse Hermione.

Tic.

Harry controllò la parte in cui si erano raggruppati i Corvonero, non vide Hermione ma del resto tutti erano abbastanza stretti insieme che non ci si poteva aspettare di vedere gli studenti più bassi tra la folla, in mezzo a quelli degli anni superiori.

Tic.

Allora Harry guardò verso i Tassofrasso per vedere se poteva individuare Neville, e sebbene Neville stesse dietro a uno studente molto più alto, l’elaborazione visiva di Harry riuscì a localizzarlo quasi immediatamente. Hermione non era neppure con i Tassofrasso, non che Harry potesse vedere — e certamente non sarebbe stata con i Serpeverde —

Tic.

Harry si fece strada a spinta attraverso la folla stipata, passando di lato o attorno agli studenti più grandi e in un caso abbassandosi tra le loro gambe, finché non si ritrovò tra i Corvonero e poté verificare con certezza che, nisba, niente Hermione.

Tic.

«Hermione Granger!» Harry disse ad alta voce. «Sei qui?»

Nessuno rispose.

Tic.

Da qualche parte nei recessi della sua mente c’era una nascente sensazione di orrore, mentre altre parti di lui cercavano di decidere esattamente quanto lasciarsi prendere dal panico. La prima lezione di Difesa dell’anno era alquanto sbiadita nella mente di Harry, ma ricordava lontanamente qualcosa a proposito del fatto che i troll fossero in grado di dare la caccia alle prede che fossero sole e indifese.

Tic.

Un’altra linea di pensiero cercò freneticamente tra le possibilità in fieri, cosa poteva fare esattamente? Non erano ancora le 15 quindi non poteva raggiungere questo ora usando il suo Giratempo. Anche se fosse riuscito a uscire di soppiatto dalla stanza — doveva esserci qualche modo di indossare il suo Mantello senza essere notato, qualche genere di distrazione che poteva usare — non aveva idea di dove fosse Hermione, e Hogwarts era enorme.

Tic.

Un’altra parte della sua mente cercò di modellare le possibilità. Da ciò che l’altro studente aveva detto, i troll non erano predatori silenziosi, erano rumorosi —

Hermione non avrebbe avuto alcuna idea che fosse un troll, quindi sarebbe andata a indagare quel rumore. È un’eroina, no?

— ma Hermione aveva ora un mantello invisibile e un manico di scopa nella sua borsa. Harry aveva insistito su quello sia per lei sia per Neville, e la professoressa McGonagall gli aveva detto che era stato fatto. Quello doveva essere sufficiente per permettere a Hermione di fuggire, anche se era orrenda su di un manico di scopa. Tutto ciò che doveva fare era salire su di una sezione di tetto, era una giornata serena e la luce del sole avrebbe dovuto essere negativa per il troll in qualche modo, Harry ricordava quella parte e perciò Hermione l’avrebbe ricordata esattamente. E certamente, anche se Hermione avesse voluto dare nuovamente prova di sé, non poteva essere tanto stupida da attaccare un troll di montagna.

Tic.

Non l’avrebbe fatto.

Tic.

Non era da lei.

Tic.

E poi a Harry venne in mente che qualcuno aveva precedentemente cercato di incastrare Hermione Granger per omicidio usando gli Incantesimi di Memoria. L’aveva fatto dentro Hogwarts, senza far scattare alcun allarme. E aveva predisposto che Draco morisse abbastanza lentamente da non far scattare le protezioni fino ad almeno sei ore dopo, quando nessuno avrebbe potuto usare un Giratempo per controllare. E che chiunque fosse abbastanza bravo da infiltrare un troll attraverso le antiche protezioni di Hogwarts senza che il Preside venisse a investigare la strana creatura, poteva essere abbastanza bravo da prendere anche l’ovvia precauzione di maledire gli oggetti magici di Hermione…

Tic.

Ci fu una parte di lui che provò qualcosa di simile a un panico che cresceva lentamente mentre la prospettiva mutava, un Cubo di Necker che cambiava orientamento, cosa diavolo aveva pensato Harry, lasciando che Hermione e Neville fossero tenuti dentro Hogwarts solo perché avevano ricevuto qualche stupido ninnolo, non avrebbero fermato chiunque avesse voluto ucciderli.

Tic.

Un’altra parte della sua mente oppose resistenza, quella possibilità non era certa, era complessa e la probabilità poteva facilmente essere sotto il 50%. Era facile immaginare di andare in un enorme panico di fronte a tutti e poi Hermione che tornava dai bagni fuori dalla Sala Grande. O se il troll fosse finito per non andare minimamente vicino a lei… come nella storia del ragazzo che gridava al lupo, nessuno gli avrebbe creduto la volta successiva se ella fosse stata davvero in pericolo; avrebbe potuto consumare il credito reputazionale di cui in seguito avrebbe potuto aver bisogno per qualcos’altro…

Tic.

Harry riconobbe un esempio dello schema paura-dell’essere-imbarazzato che impediva alla maggior parte delle persone di fare mai qualcosa in condizioni di incertezza, e lo schiacciò duramente. Anche così fu strano quanta forza di volontà fosse necessaria per chiamare a raccolta la decisione di gridare ad alta voce di fronte a tutti, se semplicemente non aveva notato Hermione nella folla sarebbe stato imbarazzante…

Tic.

Harry fece un respiro profondo e gridò il più forte possibile, «Hermione Granger! Sei qui?»

Tutti gli studenti si girarono per guardarlo. Poi alcuni di loro si girarono per guardarsi intorno. Il rumore nella sala si abbassò di volume mentre alcune conversazioni si fermarono.

«Qualcuno ha visto Hermione da — dalle dieci e mezza di oggi o cose simili? Qualcuno ha una qualche idea di dove possa essere?»

Il chiacchiericcio di fondo si azzittì ulteriormente.

Nessuno alzò la voce per gridargli qualcosa, in particolare non, Non ti preoccupare, Harry, sono qui.

«Oh, Merlino», disse qualcuno là vicino, e il chiacchiericcio di fondo iniziò di nuovo, assumendo un tono nuovo ed eccitato.

Harry guardò giù alle proprie mani, tagliando fuori ogni lamentela e cercò di pensare, pensare, pensare

Tic.

Tic.

Tic.

Susan Bones e un ragazzo dai capelli rossi con una bacchetta dall’aspetto malconcio si fecero entrambi strada attraverso la folla, diretti allo stesso tempo verso Harry.

«Dobbiamo far sapere in qualche modo ai Professori —»

«Dobbiamo trovarla —»

«Trovarla?» sbottò Susan, aggirando l’altro ragazzo. «E come dovremmo fare, capitano Weasley?»

«Ce ne andremo a cercarla!» Sbottò a sua volta Ron Weasley.

«Sei scemo? Ci sono già dei Professori che cercano nei corridoi, cosa ti fa pensare che tu abbia una probabilità maggiore di loro di trovare il generale Granger? Solo che noi saremo mangiati dal troll! E poi espulsi!»

Era strano, come talvolta sentire delle idee cattive rendesse ovvia per contrasto quella buona.

«Va bene, tutti quanti! Ascoltatemi!»

La gente si girò a guardare.

«Silenzio! Tutti! State zitti!»

Dopo di che, la gola di Harry gli bruciò, ma aveva l’attenzione di tutti.

«Ho un manico di scopa», disse Harry il più forte che poté con la sua gola che ancora gli faceva male. Si era ricordato di Azkaban, e del manico di scopa che aveva solo due posti, quando ne aveva richiesto uno che potesse portare tre persone. «È a tre posti. Ho bisogno di uno del settimo anno proveniente dagli eserciti che venga con me. Voleremo per i corridoi il più velocemente possibile alla ricerca di Hermione Grange, la tireremo su, e torneremo immediatamente. Chi è con me?»

La Sala Grande si fece completamente silenziosa, allora.

Gli studenti si guardarono l’un l’altro con imbarazzo. Quelli più giovani guardarono con un’aria d’attesa gli studenti più grandi, mentre essi a loro volta si girarono a guardare gli studenti che stavano controllando il perimetro. La maggior parte di loro stava fissando dritto davanti a sé, puntando le bacchette giusto nel caso in cui il troll scegliesse proprio quel momento per prorompere da un muro.

Nessuno si mosse.

Nessuno parlò.

Harry Potter parlò di nuovo. «Non combatteremo contro il troll. Se lo vediamo ce ne voleremo via e non è possibile che sia in grado di starci dietro con un manico di scopa. Mi assumo io la responsabilità di fare i conti con l’amministrazione. Vi prego».

La gente continuò a guardare altra gente.

Harry fissava la folla silenziosa, la dozzina di studenti del settimo anno che guardavano severamente verso l’esterno, percependo il freddo che lo stava sopraffacendo. Da qualche parte nei recessi della sua mente, il professor Quirrell stava ridendo sdegnosamente e canzonava l’idea che dei normali sciocchi avrebbero mai fatto qualcosa di utile di propria volontà, senza una bacchetta puntata alla testa…

Tic.

Il rimedio ordinario per l’apatia dell’astante era di concentrarsi su di un singolo individuo. «Va bene», disse Harry, cercando di mantenere la voce autorevole del Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto che non dubitava di essere obbedito. «Signorina Morgan, venga con me, ora. Non abbiamo tempo da perdere».

La strega che aveva nominato si girò lì dove stava fissando costantemente l’esterno del perimetro, la sua espressione esterrefatta per un secondo prima che il suo viso si ricomponesse.

«La Vicepreside ha ordinato che rimanessimo tutti qui, signor Potter.»

Harry dovette fare uno sforzo per rilassare la mascella. «Il professor Quirrell non ha detto questo né l’hai detto lei. La professoressa McGonagall non è un tattico, non ha pensato di verificare se alcuni studenti mancassero e lei ha pensato che fosse una buona idea far marciare gli studenti per i corridoi. Ma la professoressa McGonagall capisce dopo che le si mostrano i suoi errori, ha visto come ha ascoltato lei e il professor Quirrell, e sono certo che non vorrebbe che ignorassimo semplicemente il fatto che Hermione Granger è lì fuori, sola —»

Tic.

«Mi aspetterei che la Professoressa dicesse che non vuole altri studenti gironzolare per le sale. La Professoressa ha detto che chiunque si fosse allontanato per qualunque ragione sarebbe stato espulso. Forse lei non ha bisogno di preoccuparsi perché lei è il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto, ma noi altri sì!»

Tic.

Da qualche parte nei recessi della sua mente, il professor Quirrell stava semplicemente ridendo di lui. Aspettarsi che qualche persona normale agisse con perfetta chiarezza strategica, senza che una chiara responsabilità ricadesse su di lei personalmente, quando aveva una buona scusa per non fare nulla… «È in gioco la vita di uno studente», disse Harry con voce normale. «Potrebbe combattere il troll in questo momento. Giusto per curiosità, questo significa qualcosa per lei?»

Tic.

Il volto della signorina Morgan si contorse. «Tu — tu sei il Ragazzo-Che-È-Sopravvissuto! Vattene da solo e schiocca le dita, se vuoi aiutarla!»

Tic.

Harry era a malapena cosciente di quello che stava dicendo. «Sono solo astuzia e trucchi, non ho alcun potere simile nella vita reale, una giovane ragazza ha bisogno del tuo aiuto ora sei una Grifondoro o no?»

«Perché stai dicendo queste cose a me?» gridò la signorina Morgan. «Non sono stata nominata responsabile io qui! È stato indicato il signor Hagrid!»

Vi fu un’impacciata pausa di silenzio che pervase l’intera stanza.

Harry si girò per guardare in su verso l’enorme mezzo-gigante che torreggiava sulla folla di studenti, mentre tutte le altre teste si girarono verso di lui all’unisono.

«Signor Hagrid», disse Harry, cercando di mantenere autorevole la propria voce. «Deve autorizzare questa spedizione e deve farlo ora».

Rubeus Hagrid sembrò combattuto, sebbene fosse difficile da dire con quella enorme testa così incorniciata dalla sua barba incolta e dai suoi riccioli; solo i suoi occhi sembravano vivi, incastonati tra tutti quei capelli. «Eh…» disse il mezzo-gigante. «Mi dicettero di tenervi tutti quanti al sicuro —»

«Benissimo, ora possiamo tenere anche Hermione Granger al sicuro? Ha presente, la studentessa incastrata per un omicidio che non ha commesso che ha bisogno di qualcuno che l’aiuti?»

Il mezzo-gigante sussultò mentre Harry pronunciava quelle parole.

Harry fissò l’enorme uomo, desiderando disperatamente che cogliesse l’accenno, sperando che le parole non l’avessero svelato a nessun altro — non poteva essere solo muscoli, certamente James e Lily erano stati amici di quest’uomo per qualche altro motivo oltre alla pietà —

«Incastrata?» criticò una voce anonima, da qualche parte nella zona in cui si erano radunati i Serpeverde. «Ah, continui ancora con quello? Le starebbe bene se venisse mangiata».

Ci fu qualche risata, proprio mentre grida d’indignazione giunsero da altre parti.

Il viso del mezzo-gigante si rilassò. «Sì, stai lì giovinotto», disse il signor Hagrid con un tono roboante che probabilmente voleva essere gentile. «Vado a cercarla me stesso. A dire il vero, i troll possono essere parecchiamente difficili — devi pigliarli per la caviglia e farli penzolare bene bene, o ti strappano a metà —»

«Può pilotare un manico di scopa, signor Hagrid?»

«Eh —» Rubeus Hagrid si accigliò. «No».

«Allora non può cercare abbastanza velocemente. Sesto anno! Mi appello a tutti quelli del sesto anno! C’è qualcuno del sesto anno qui che non sia un inutile codardo?»

Silenzio.

«Quinto anno? Signor Hagrid, dica loro che sono autorizzati a venire con me e tenermi al sicuro! Sto cercando di essere ragionevole, dannazione!»

Il mezzo-gigante si contorse le mani con un’espressione agonizzante. «Eh — io —»

Qualcosa si spezzò dentro Harry ed egli iniziò a camminare a grandi passi direttamente verso le porte della Sala Grande, spingendo da parte chiunque non si togliesse di mezzo come se fossero statue morbide. (Non corse, perché correre era un invito a che qualcuno lo fermasse.) Da qualche parte nella sua mente si stava muovendo in una stanza vuota piena di marionette meccaniche, il movimento delle labbra delle quali aveva prodotto dei rumori senza significato da cui era stato distratto

Un’enorme figura si frappose sulla sua strada.

Harry alzò lo sguardo.

«Non posso lasciare che tu vai, Harry Potter, non a tu tra tutti quanti qui. C’è una strana cosa che succede in questo castello, e qualcuno può dare la caccia alla signorina Granger — o può dare la caccia a te». La voce di Rubeus Hagrid era dolente ma ferma, e le sue mani gigantesche poggiavano sui suoi fianchi come montacarichi. «Non posso fare andare a te là, Harry Potter».

«Stupefy!»

Il lampo rosso si schiantò sul lato della testa di Hagrid e colse di sorpresa l’enorme uomo. La sua testa si voltò di scatto più veloce di quanto si sarebbe dovuto muovere qualcosa di così grande, e ruggì «Cosa pensi di stare facendo!» alla giovane forma di Susan Bones.

«Mi scusi!» ella gridò. «Incendium! Glisseo!»

Le mani dell’uomo enorme, che ora stavano sventolando il fuoco nella sua barba, non riuscirono del tutto a reggerlo mentre egli cadde a terra, ma questo non era più importante perché ormai Harry l’aveva superato e —

Neville Longbottom avanzò di fronte a lui, sembrando disperato ma determinato, la bacchetta del ragazzo Tassofrasso già puntata nella sua mano.

La mano di Harry andò alla propria bacchetta per un puro riflesso, egli riuscì a malapena a controllarsi prima che Neville potesse fare fuoco su di lui, fissando il proprio Luogotenente come se il mondo fosse impazzito.

«Harry!» disse concitatamente Neville. «Harry, il signor Hagrid ha ragione, non puoi, questa potrebbe essere una trappola, potrebbero volere te —»

Tutti i muscoli di Neville si irrigidirono ed egli cadde al suolo, rigido come una tavola.

Un pallido Ron Weasley avanzò da dietro Neville, la propria bacchetta puntata, e disse, «Vai».

«Ron, scriteriato, cosa stai facendo —» giunse una voce vagamente identificabile come il ragazzo della signorina Clearwater, ma Harry si era già lanciato verso la porta senza guardarsi dietro, proprio mentre la voce di Ron e la voce di Susan s’innalzarono di nuovo in un incantamento. Ci fu un enorme muggito indignato, e voci sconosciute iniziarono a gridare.

Poi Harry fu passato, la sua mano che si mosse verso la borsa e la voce che stava dicendo «manico di scopa», mentre dietro di lui le grandi porte si chiusero nuovamente.

Harry continuò a correre nella Sala d’Ingresso proprio nel momento in cui il lungo manico di scopa per tre persone e le sue paia di staffe iniziarono a sporgere dalla borsa, ripetendo mentalmente una serie di imprecazioni e pensando questo è quello che succede quando cerchi di essere ragionevole con la parte della sua mente che non stava cercando di calcolare un percorso di ricerca che coprisse tutti i luoghi in cui poteva essere Hermione. La biblioteca era al terzo piano e praticamente dall’altra parte del castello… Harry aveva quasi raggiunto la grande scalinata di marmo per quando il manico di scopa fu in mano sua e «Su!» fu in aria accelerando verso il secondo piano —

«Gah!» gridò Harry, e riuscì a mala pena a ruotare in aria il suo manico di scopa in modo da non impalare una delle figure umane che stava in agguato sulla sommità delle scale. Vi fu un momento terrificante in cui cercò di non cadere dal manico, di effettuare le contorsioni che l’avrebbero tenuto nelle staffe, malgrado fosse davvero vicino a terra e non avesse quasi spazio per manovrare e poi —

«Fred? George?»

«Non riusciamo a trovarla!» disse d’impulso uno dei gemelli Weasley, le mani che si tormentavano per l’angoscia. «Siamo usciti di soppiatto perché pensavamo di poter trovare la signorina Granger — deve esserci un modo veloce di trovare chiunque all’interno del castello di Hogwarts, ne siamo entrambi sicuri — ma non riusciamo a capire quale!»

Harry li fissò entrambi, mentre stava penzolando a testa in giù dal manico di scopa nella posizione in cui la sua disperata manovra l’aveva collocato, e interamente per riflesso la sua bocca disse, «Beh, perché eravate così sicuri di poterla trovare?»

«Non lo sappiamo!» gridò l’altro gemello Weasley.

«Siete stati in grado di trovare persone dentro Hogwarts in passato?»

«Sì! Noi —» e il gemello Weasley che stava parlando si fermò improvvisamente, entrambi i rossi che fissarono il vuoto con un’espressione assente.

Vi fu uno schianto fragoroso, quando due enormi porte furono aperte con una spinta da qualcuno di molto, molto forte.

Harry si girò in aria per offrire le due paia di staffe del manico di scopa ai gemelli Weasley, non disse nulla, non c’era ragione per rivelare la loro posizione se non erano obbligati a farlo. Il tempo sembrò muoversi troppo lentamente mentre i gemelli Weasley salirono a fatica nelle staffe, il cuore di Harry che batteva forte malgrado il suo calcolo mentale che il signor Hagrid, di corsa, non avrebbe raggiunto in tempo neppure la base delle scale. Poi tutti e tre stavano accelerando duramente, allontanandosi verso il corridoio più vicino, il pavimento di pietra sotto di loro che si confondeva e i muri che sembravano produrre un fruscio udibile (sebbene quello fosse solo il vento nelle loro orecchie) mentre li superavano; Harry ricordò che stava guidando un manico di scopa lungo a tre posti appena in tempo per rallentare prima della curva successiva.

E ora tutti i posti del manico di scopa erano occupati, ma se avessero davvero trovato Hermione allora — Harry poteva indossare il Mantello dell’Invisibilità, questo avrebbe dovuto nasconderlo al troll, e avrebbe liberato un posto per Hermione —

Harry si abbassò con forza prima che un improvviso passaggio a volta gli portasse via la testa.

«Abbiamo trovato Jesse!» disse d’impulso il gemello Weasley seduto dietro Harry. «So che l’abbiamo fatto! Quella volta che dovevamo dirgli che Flich gli dava la caccia!»

«Come?» disse Harry, la maggior parte del suo cervello impegnato a non morire in un orribile incidente aereo. Avrebbe dovuto rallentare per sicurezza, ma c’era una tensione che cresceva dentro di lui, un timore senza origine. Non poteva rallentare, qualcosa di orribile sarebbe accaduto se avesse rallentato…

«Noi —» disse il gemello Weasley seduto più giù. «Noi non riusciamo a ricordarlo!»

Un’altra curva stretta presa a, Harry stimò, circa lo 0,3% della velocità della luce, e si trovarono ad avanzare attraverso un contorto corridoio curvo che Harry prendeva sempre per andare dalla Sala Grande alla biblioteca solo che non era la via più corta se eri su di un manico di scopa, avrebbe dovuto prendere il lungo e dritto Corridoio Ovest invece —

La parte del suo cervello che non stava sterzando si rimise in pari con la realtà.

«Qualcuno ha manomesso le vostre menti!» gridò Harry, mentre zigzagava attraverso il corridoio curvo così velocemente che il Weasley di coda talvolta andava a sbattere leggermente contro il muro, poiché la lunghezza del manico di scopa era in conflitto con le inadatte capacità aeree di Harry.

«Cosa?» gridò Fred o George.

«Chiunque sia arrivato a Hermione ha manomesso anche le vostre menti!» Poteva essere un’Obliazione, poteva essere un Falso Ricordo che non era stato impiantato bene, ma in quel momento Harry non poteva pensare —

Il manico girò e schizzò in su vicino una scala a chiocciola, tutti e tre appiattiti contro il manico in modo da poter passare attraverso il varco nel soffitto che si apriva sul terzo piano, e poi furono di fronte alla biblioteca, il manico che rallentò fino a fermarsi con uno stridio malgrado l’assenza di qualcosa contro cui potesse rallentare per attrito. Harry lanciò ai gemelli Weasley un’occhiata veloce che significava non muovetevi, mentre scese dal manico per aprire con una spinta le porte della biblioteca, controllando il respiro quando infilò dentro la testa.

Hermione Granger non era lì.

Madam Pince, che stava mangiando un panino alla sua scrivania, alzò lo sguardo con un’improvvisa occhiataccia. «La biblioteca è chiusa».

«Ha visto Hermione Granger?» disse Harry.

«Ho detto che la biblioteca è chiusa, ragazzo! È ora di pranzo!»

«Questo è estremamente importante. Ha visto Hermione Granger o ha qualche idea di dove possa essere?»

«No, ora sparisci!»

«Ha qualche modo veloce di contattare la professoressa McGonagall in un’emergenza?»

«Eh?» fece la bibliotecaria, stupita. Si alzò da dietro la scrivania. «Cosa —»

«Sì o no. La prego di rispondere immediatamente.»

«Ah — c’è la Metropolvere —»

«Non è nel suo ufficio», disse Harry. «Ha qualche altro modo di raggiungerla. Sì o no.»

«Giovanotto, insisto che lei —»

Il cervello di Harry etichettò il tutto come sto di nuovo parlando con dei png e girò sui tacchi e tornò di scatto verso il manico di scopa.

«Fermo!» gridò Madam Pince, comparendo troppo tardi da dietro le porte mentre Harry e i gemelli Weasley partirono di nuovo a razzo, fuori dalla vista della bibliotecaria. La pressione nella mente di Harry continuava a crescere, come una mano fisica che gli spremesse il petto, doveva trovare Hermione e non aveva altra idea di dove potesse essere, a meno che fosse il dormitorio delle streghe nella torre Corvonero e là egli non poteva entrare. Cercare per tutto Hogwarts confinava con l’impossibilità matematica, probabilmente non esisteva una rotta che entrasse in tutte le stanze almeno una volta — perché non aveva preteso che Hermione e Neville ed egli ricevessero una serie di quei fantastici specchietti che gli Auror usavano per comunicare —

La comprensione del fatto che si stava comportando da stupido colpì Harry come un pugno allo stomaco. Non aveva bisogno di specchi per mandare un messaggio, non aveva avuto bisogno di specchi sin da gennaio. Harry rallentò il manico di scopa fino a fermarlo a mezz’aria in un salone, la sua bacchetta già saltatagli in mano, l’impeto di volontà di proteggere Hermione Granger che sorse di fronte alla sua mente come un sole di fuoco argenteo e scorse lungo il suo braccio quando gridò

«Expecto Patronum!»

e il brillante umanoide bianco apparve con un’esplosione simile a una nova, le voci dei gemelli Weasley che gridavano forte per lo spavento.

«Di’ a Hermione Granger — che c’è un troll in libertà dentro Hogwarts — potrebbe darle la caccia — deve andare alla luce diretta del sole, ora!»

La figura d’argento si voltò come se se ne stesse andando, e scomparve.

«Per le mutande di Merlino», respirò Fred o George.

Il contorno argenteo tornò all’interno del mondo con un’esplosione, e disse nella strana versione esterna della voce di Harry, «Hermione Granger dice», la voce della figura fiammeggiante divenne acuta, «ahhhhhhhhh!»

Il tempo sembrò spaccarsi, come se tutto si stesse muovendo molto velocemente e molto lentamente allo stesso tempo. Un impulso disperato di accelerare il manico di scopa, volare alla sua massima velocità, solo che Harry non sapeva dove

«Se sai dove si trova», gridò Harry alla fiammeggiante figura umanoide, fissandola come se fosse un sole, «allora portami da lei!»

La fiamma argentea si mosse e Harry accelerò dietro di lei, i gemelli Weasley che emisero gridolini acuti dietro di lui mentre egli si lanciò per l’aria come una palla di cannone, muovendosi più velocemente di quanto fosse sensato fare, non si concentrò sui muri che gli ronzavano oltre o su quanto velocemente si stesse muovendo, semplicemente seguì la luce argentea attraverso i corridoi, volando su per le scale, saettando attraverso porte contro cui Fred o George gridarono disperati incantamenti per aprirle e ci stava comunque volendo troppo tempo, da qualche parte nel profondo Harry si sentiva come se stesse affondando attraverso la melassa mentre finestre e ritratti si fiondavano dietro di lui.

Il manico di scopa stridette lungo un’ultima curva che mandò a sbattere uno dei gemelli Weasley contro il muro, non tanto duramente quanto essere colpiti da un Bolide, e poi seguì il brillante Patronus attraverso uno spazio aperto nel soffitto, lanciandosi sempre più in alto, salendo oltre un piano e poi un altro in meno di un respiro.

Il suo Patronus rallentò fino a fermarsi (con Harry che reagì frenando bruscamente) proprio mentre raggiungevano il livello di un piano aperto che si distendeva finché non sfuggiva al soffitto e si trasformava in una terrazza esterna, una distesa di piastrelle di marmo aperta verso l’aria e il cielo —