Capitolo 2 — Tutto quello in cui credo è falso

«Ora, giusto per essere chiari», disse Harry, «se la professoressa ti facesse levitare, papà, quando sai che non sei stato attaccato ad alcun filo, allora quella sarebbe una prova sufficiente. Non dovrai prendere e dire che si tratta del trucco di un prestigiatore. Non sarebbe onesto. Se la pensi in questo modo, devi dirlo ora, e possiamo pensare ad un altro esperimento, invece».

Il padre di Harry, il professor Michael Verres-Evans, alzò gli occhi al cielo. «Sì, Harry».

«E tu, mamma, la tua teoria dice che la professoressa dovrebbe essere in grado di farlo, quindi se non succede, ammetterai che ti sbagli. Niente ‘la magia non funziona quando le persone non ci credono’, o cose del genere».

La Vice Preside Minerva McGonagall stava guardando Harry con un’espressione incredula. Aveva un aspetto sufficientemente da strega, con le sue vesti nere e il cappello a punta, ma quando parlava sembrava formale e scozzese, cose che non andavano affatto d’accordo con il suo aspetto. A prima vista sembrava che dovesse ridere sonoramente e mettere bambini nei paioli, ma l’effetto era rovinato non appena apriva bocca. «È sufficiente, signor Potter?» chiese. «Posso procedere con la dimostrazione?»

«Sufficiente? Probabilmente no», disse Harry. «Ma almeno sarà d’aiuto. La prego di procedere, Vice Preside».

«Professoressa è sufficiente», disse lei, e poi, «Wingardium Leviosa».

Harry osservò suo padre.

«Uh», disse Harry.

Suo padre lo guardò di rimando. «Uh», gli fece eco.

Poi il professor Verres-Evans guardò la professoressa McGonagall. «Va bene, può rimettermi giù, ora».

Suo padre fu riportato attentamente a terra.

Harry si passò una mano tra i capelli. Forse era solo per quella strana parte di lui che era già stata convinta, ma… «È un po’ una delusione», disse Harry. «Si potrebbe pensare che ci debba essere qualche tipo di evento mentale drammatico associato con l’aggiornamento delle credenze basato su un’osservazione di probabilità infinitesimale —» Harry si fermò. Mamma, la strega, e anche suo padre gli stavano rivolgendo ancora una volta quello sguardo. «Voglio dire, con lo scoprire che tutto quello in cui credo è falso».

Sul serio, sarebbe dovuto essere più drammatico. Il suo cervello avrebbe dovuto scaricare per intero l’attuale collezione di ipotesi sull’universo, nessuna delle quali permetteva che un evento come questo accadesse. Ma invece il suo cervello sembrava aver detto, Va bene, ho visto la professoressa di Hogwarts agitare la bacchetta e far alzare in volo tuo padre, e ora?

La strega stava sorridendo benevolente su di loro, sembrando piuttosto divertita. «Desidera un’altra dimostrazione, signor Potter?»

«Non è tenuta a farlo», disse Harry. «Ha eseguito l’esperimento decisivo. Ma…» esitò. Non poteva trattenersi. In effetti, nelle circostanze presenti non doveva trattenersi. Era giusto e corretto essere curiosi. «Cos’altro è in grado di fare?»

La professoressa McGonagall si trasformò in un gatto.

Harry balzò all’indietro senza pensarci, e arretrò così velocemente che inciampò su una pila di libri e atterrò duramente sul proprio fondo-schiena con un tonfo. Le sue mani erano scese ad attutire il colpo senza riuscirci completamente, e sentì una fitta d’avvertimento alla spalla quando il peso venne giù bruscamente.

Immediatamente il piccolo gatto tigrato si trasformò di nuovo in una donna. «Mi dispiace, signor Potter», disse la strega, sembrando sincera, sebbene gli angoli delle sue labbra fossero rivolti verso l’alto. «Avrei dovuto avvisarla».

Harry aveva il fiato corto. La sua voce venne fuori strozzata. «Non può farlo!»

«È solo una Trasfigurazione», disse la professoressa McGonagall. «Una trasformazione Animagus, per essere precisi».

«Si è trasformata in un gatto! In un piccolo gatto! Ha violato la Conservazione dell’Energia! Non è solo una regola arbitraria, è implicita nella forma dell’hamiltoniana quantistica! Rigettandola distrugge l’unitarietà e poi ottiene una comunicazione superluminale! E i gatti sono complicati! Una mente umana non può neppure visualizzare l’anatomia di un intero gatto e, e tutta la biochimica del gatto, e che dire della sua neurologia? Come può continuare a pensare con il cervello delle dimensioni di quello di un gatto?»

Le labbra della professoressa McGonagall si contrassero ancor di più. «Magia».

«La magia non è sufficiente a fare questo! Dovrebbe essere un dio!»

La professoressa McGonagall sbatté le palpebre. «È la prima volta che mi chiamano così».

La visione di Harry si stava offuscando, mentre il suo cervello iniziava a comprendere cosa era stato appena distrutto. L’intera idea di un universo unificato con leggi matematicamente regolari, questo era ciò che era finito giù per il gabinetto; l’intera nozione di fisica. Tremila anni a risolvere i problemi grossi e complicati dividendoli in pezzi più piccoli, a scoprire che la musica dei pianeti era la stessa melodia della mela che cade, a trovare che le vere leggi erano perfettamente universali e non avevano eccezioni in alcun posto e che prendevano la forma di una matematica semplice che governava le parti più piccole, senza contare che la mente era il cervello e il cervello era fatto di neuroni, un cervello era ciò che una persona era

E poi una donna si mutava in un gatto, e tutto finiva lì.

Un centinaio di domande combatterono per la precedenza sulle labbra di Harry, e quella vincitrice fuoriuscì: «E, e che genere di incantesimo è Wingardium Leviosa? Chi inventa le parole di questi incantesimi, bambini della scuola dell’infanzia?»

«Basta così, signor Potter», disse la professoressa McGonagall seccamente, anche se i suoi occhi brillavano per il divertimento represso. «Se vuole vuole imparare qualcosa sulla magia, le suggerisco di completare i moduli in modo che possa andare a Hogwarts».

«Giusto», disse Harry un po’ stordito. Riordinò i pensieri. La Marcia della Ragione avrebbe solo dovuto ricominciare da capo, tutto lì; avevano ancora il metodo sperimentale e questa era la cosa importante. «Come faccio ad andare a Hogwarts, allora?»

Una risata strozzata sfuggì alla professoressa McGonagall, come se le fosse stata estratta con una pinzetta.

«Aspetta un attimo, Harry», disse il padre. «Ricordi perché non sei andato a scuola finora? Che facciamo per la tua condizione?»

La professoressa McGonagall si voltò a guardare Michael. «La sua condizione? Di che si tratta?»

«Non dormo correttamente», disse Harry. Agitò la mano in segno di impotenza. «Il mio ciclo del sonno dura ventisei ore, vado sempre a dormire due ore dopo, ogni giorno. Non riesco a prendere sonno prima, e il giorno successivo vado a dormire altre due ore dopo. Alle 10, alle 12, alle 14, alle 16, finché non fa un giro completo. Anche se tento di svegliarmi prima, non fa nessuna differenza e mi sento uno straccio tutto il giorno. Ecco perché non sono andato alle scuole normali fino a oggi».

«Una delle ragioni», disse la madre. Harry le lanciò un’occhiataccia.

McGonagall fece un lungo hmmmmm. «Non riesco a ricordare di aver mai sentito parlare di una tale condizione, prima…» disse lentamente. «Controllerò con Madam Pomfrey per vedere se conosce qualche rimedio». Poi il suo viso si illuminò. «No, sono certa che questo non sarà un problema — troverò una soluzione in tempo. Ora», e il suo sguardo si fece nuovamente acuto, «quali sono questi altri motivi?»

Harry indirizzò un’occhiata ai propri genitori. «Sono un obiettore di coscienza contro la coscrizione dei bambini, perché non ritengo di dover soffrire a causa dell’incapacità di un sistema scolastico in disintegrazione di fornire insegnanti o materiali di studio di qualità anche minimamente adeguata».

Entrambi i genitori di Harry scoppiarono in una risata nel sentirlo, come se pensassero che fosse tutto un grosso scherzo. «Oh», disse il padre di Harry, gli occhi allegri, «è per questo che hai morso una professoressa di matematica al terzo anno».

«Non sapeva cosa fosse un logaritmo!»

«Certo», concordò la madre di Harry. «Morderla è stata una reazione molto matura».

Il padre di Harry annuì. «Una politica ben ponderata per affrontare il problema degli insegnanti che non conoscono i logaritmi».

«Avevo sette anni! Per quanto tempo ancora avete intenzione di continuare a ritirare fuori quella faccenda?»

«Lo so», disse la madre con comprensione, «mordi una insegnante di matematica e non se ne dimenticano più, vero?»

Harry si voltò verso la professoressa McGonagall. «Ecco! Vede quello con cui ho a che fare?»

«Scusatemi», disse Petunia, e fuggì attraverso la porta sul retro nel giardino, da dove le sue risate erano chiaramente udibili.

«Non, ah, non», la professoressa McGonagall sembrò avere problemi a parlare, per qualche ragione, «non ci dovranno essere morsi contro gli insegnanti a Hogwarts, è abbastanza chiaro, signor Potter?»

Harry la guardò con cipiglio. «Va bene, non morderò nessuno che non morda me per primo».

Anche il professor Michael Verres-Evans dovette lasciare la stanza per un po’, dopo aver sentito quelle parole.

«Bene», disse la professoressa McGonagall sospirando, dopo che i genitori di Harry si erano ricomposti ed erano tornati. «Bene. Credo che, date le circostanze, dovrei evitare di portarla a comprare il suo corredo scolastico fino a uno o due giorni prima dell’inizio della scuola».

«Cosa? Perché? Gli altri bambini conoscono già la magia, non è vero? Devo iniziare a recuperare subito!»

«Stia certo, signor Potter», replicò la professoressa McGonagall, «che Hogwarts è sufficientemente in grado di insegnare le basi. E io sospetto, signor Potter, che se la lasciassi da solo per due mesi con i suoi libri di scuola, anche se senza una bacchetta, ritornerei in questa casa solo per trovare un cratere rigonfio di fumo rosa, una città depopolata attorno ad esso, e un’epidemia di zebre fiammeggianti che terrorizza ciò che resta dell’Inghilterra».

La madre e il padre di Harry annuirono in perfetto unisono.

«Mamma! Papà!»