In questo viaggio nell'organizzazione del pensiero di Gesù di Nazareth, non si vuole investigare gli aspetti teologici del suo passaggio nella storia, né tanto meno quelli prettamente fattuali, ma semplicemente ispezionare l'architettura del suo pensiero nel modo di porgere la sua angolazione di veduta su fatti e personaggi, così come è stata compresa e narrata nei libri del Nuovo Testamento. Necessita fare subito una premessa di metodo:
Ogni descrizione ha in sé l'impronta del narratore con la posizione narrativa, con l'angolazione di lettura da cui nascono la selezione e la rilevazione di fatti-campi di interesse, con la disponibilità a comprendere; cioè tutta l'organizzazione privata di comprensione che dà non la realtà oggettiva, ma semplicemente tutto l'insieme del movimento di echi informativi attuatosi nella mente-sguardo dello stesso osservatore che ha fatto da cassa di risonanza intorno a quelle narrazioni.
Ogni scrittura è dunque una pagina privata, relativa allo sguardo-mente del medesimo scrittore che interagendo con i quanti-echi informativi, ha proiettato la sua privata immagine, intorno all'oggetto della sua lettura:
Tale intreccio di verità, vincolata nella relazione tra le parti dell'insieme, è funzionale alla presa di realtà di un quid informativo che assume la prospettiva del singolare narratore che seleziona ed elabora ciò che egli stesso definisce e valuta, organizzando il tessuto informativo che conserverà, in sé, l'impronta-occhio del narratore.
Va puntualizzato, poi, che Cristo non ha lasciato nulla di scritto, così come Socrate, dunque a noi non è giunto il racconto diretto del suo insegnamento, ma la somma dei riflessi storiografici, cristologici appunto, dei singoli scrittori altri, che ne hanno disegnato la traccia storica a più sguardi. Ogni sguardo è una particolare angolatura-fioritura di verità relazionale.
Ogni narrazione è un fatto unico e irripetibile, circoscritto in una nicchia spazio-temporale che è una combinazione di dinamiche uniche, in cui l'individuo ha assunto una particolare visualizzazione che si distinguerà per sempre. Ai posteri pervengono solo gli echi informativi di immagini, veicolate in sistemi ordinati (le pagine, i codici, le poesia, le teorie e leggi...) di generazione in generazione, cioè solo i compresi dei compresi che s'innestano come tante bolle informative nelle memorie dei molteplici lettori che, di uomo in uomo, di tempo in tempo, rendono sempre viva quella pagina di storia, perpetuandone così la cresta evolutiva fattuale, funzionale a quella particolare piega di storia.
La cresta nel suo insieme è la dinamica evolutiva dei molteplici passaggi che hanno impresso le variazioni di direzione/incrinature agli eventi-fatti futuri, dando le particolari valenze significative:
Questa precisazione di metodo è facilmente trasferibile a tutte le tipologie di letture-esposizioni umane, anche quelle di taglio scientifico o artistico o economico o politico, etc.
Ogni lettura-scrittura è un fatto privato e la pretesa, ad esempio, di scientificità non è un'attenuante per giustificare le generalizzazioni di alcune affermazioni, fatte passare per regole oggettive, ferme nel tempo:
L'astrazione è semplicemente una tecnica osservativa ed elaborativa del cervello, un espediente cognitivo per meglio orientarsi nelle incognite del vivere. Se si inizia a leggere la vita come un processo evolutivo naturale a uno/tutto che include in sé il medesimo pensiero umano, allora si può facilmente constatare che ogni informazione è un fiore-seme di senso compiuto, racchiuso in un perimetro-confine di significato. Ogni seme è un nodo-informativo che si porge all'attenzione di ogni nuovo osservatore che a sua volta creerà l'intreccio nuovo delle trame dei molteplici sensi storici (di volta, in volta compresi). I sensi-direzione si pongono a matrici significative degli eventi-fatti futuri.
In tale complesso a tessuto connettivo, intricato/intricante, di fatti-echi-compresi-derive-fatti... la vita si fa presente a sé, in ogni tempo 0 di presente, come conoscenza/coscienza della memoria privata, sociale, cosmica.
Con una simile impostazione di lettura non si vuole inficiare il significato del testo sacro, ma delimitarlo (nel senso letterale della costruzione del perimetro), incastonandolo nello sguardo narratore che ha intessuto il riflesso di sé nel racconto dei fatti, i quali per essere intesi da un nuovo occhio-lettore, vanno necessariamente decodificati, sfilati in fili-trame di intrecci, e nuovamente organizzati e intessuti in una nuova pagina più complessa che conterà:
Essere osservatore dell'osservatore è un grado più strutturato di pensiero poiché implica una costruzione a multi-strato di conoscenza, con una lettura aperta a più finestre-campi-narratori-eventi, di fili-trame che intrecciano:
Ritornando alla figura del Cristo, dalla lettura si evince che l'impatto Cristo-evangelista è stato di grande effetto emozionale, una vera rivelazione di una novità storica che ha permesso l'apertura logica negli interlocutori.
Ogni narratore è come “fulminato” da tale incontro e in tale sconcerto emotivo e relazionale si è aperto il suo spazio mentale permettendo il delineare (dare il confine di significato) e il contornare (racchiudere nel significato di senso compiuto) la costruzione della particolare pagina narrativa. Non esistono testi semplici, ogni scritto è un complesso intreccio di orizzonti informativi a più strati-indirizzi di significato, in tale sovrapposizione di fili-trame molti credono di scoprire delle formule esoteriche, quasi magiche, ma invece non sono altro che la naturale organizzazione del pensiero che ha memoria delle tracce evolutive degli echi informativi acquisiti che richiamati ed evocati con un processo di sintropia sono proiettati in molteplici campi storico-semantici. La stessa scoperta dei neuroni a specchio dimostra come la mente, padroneggiando i riflessi di immagini memorizzate, sia in grado di elaborare continuamente nuove vesti significative (i discorsi) che rendono le plasticità della parola, della mente, della storia in ogni tempo 0 di presente.
In sintesi, i vangeli sono il risultato di un incontro che ha mutato il paesaggio mentale degli evangelisti, i quali con un atto di tenerezza verso il Cristo e verso il lettore futuro, hanno voluto farsi nodo di comprensione, seme di vitalità, sparso nella storia.
(Estratto da: A. Colamonico. Alla Palestra della Mente. Costellazioni di significati per una topologia del pensiero complesso, pp. 44-73. © Il Filo S.r.l. Bari, 2006.)
Giovanni nel suo vangelo parla della parola che è venuta in mezzo a noi, della luce che si è mostrata e, precisa subito, a cui gli uomini non hanno creduto.
Il discepolo prediletto che si è ritrovato solo ai piedi della croce, ha sperimentato la delusione dell’essere emarginato e ciò gli fa porre immediatamente il dualismo dell’essere incredulo o credente:
Cristo, parola-luce del mondo, si pone come il limite, la frontiera che permette di attuare il salto di paradigma tra il vecchio modo e il nuovo modo dell’umanità.
Giovanni, premettendo subito che non tutti lo accetteranno, dà per scontato che tale visione di Uomo-Dio, creerà scetticismo e derisione da un lato e fede dall’altro.
Con tali premesse siamo di nuovo di fronte al bivio o il nulla o il tutto, una biforcazione che segna una demarcazione tra l’essere un fuori o un dentro le mura della Storia.
Ma che cosa è così difficile da credere, per l’evangelista?
La vita si è mostrata, meglio il miracolo della vita si è reso visibile. Vita, luce, parola sono i tre confini che danno l’identità del Cristo, colui che viene nella morte, nel buio e nell’ignoranza dell’io nel mondo per spalancare la porta della resurrezione, che aprirà al mondo della pace e dell’amore. Il Cristo, il verbo che si è incarnato, è l’uomo nuovo, il messia, l’inviato, il salvatore che stringere il nuovo patto di alleanza tra Dio e il suo popolo.
Ecco, riappare nuovamente la disunione dell’umanità tra chi è e chi non è il popolo di Dio. Gesù, con la sua azione nella storia, è proprio su tale divisione che va ad elaborare e lo dice espressamente: non sono vento per chi crede, ma per chi non crede.
Egli col suo occhio, isola il bordo/frontiera da cui sorgono i dualismi con le scale di valore che scindono l’umanità in classi di sotto-umanità e va a lavorare intorno al confine che trasforma un insieme chiuso, in uno aperto. Cristo va ad operare intorno alle chiusure del mondo e dell’io che creano le gabbie ideologiche. Tale capacità di lavorare intorno alla frontiera che segna il margine del salto o del cambio di significato, nasce da un occhio-mente de-coordinato in grado di leggere su due e più fuochi di lettura, simultaneamente:
Ecco il nuovo modo che egli indicherà all’umanità. Un occhio-mente in grado di elaborarsi su più e più coordinate di lettura che permettano le visioni di campo sdoppiato, quali moltiplicazioni di lettura che si aprano alla comprensione del tutto.
Visualizzazioni che aprano la mente-cuore alla complessità dell’io, del mondo e di Dio e chiudano alle riduzioni dell’io, del mondo e di Dio.
È, questa, la nuova forma mentis in grado di ribaltare la logica dell’essere un di meno (Caino) con quella dell’essere un di più (Cristo); incidendo sullo spazio mentale da cui nasce il giudizio storico che attribuisce i gradi di valore (-/+) alle forme della vita.
Si apre, con l’azione del Messia, ad una mentalità in grado di leggere nello stato di ogni abitante della Vita le sfumature di chiaro-scuro con i relativi vuoti/pieni di spugna che rendono tristi e gioiose le realtà:
Il Cristo è proprio su questi codici sfumati che va ad elaborare, mostrando le ipocrisie celate nelle imposizioni astratte di regole disumane e a-storiche.
L’occhio-mente di Gesù si pone come un’organizzazione della coscienza a tre campi di sviluppo:
Egli traccia, così facendo, la strada per l’elaborazione di un pensiero nodale, auto-propulsivo, che sappia modellarsi sulla capacità umana del sapere di saper ragionare intorno alle cose; cioè una topologia della mente complessa in grado di vedere e d’elaborare, contemporaneamente, il dentro e il fuori dei dualismi della Storia.
Rappresenta, la figura storica del Cristo, un salto di prospettiva che introduce a quello che oggi si chiama il pensiero frattale, come una struttura complessa a spugna.
Alla mappa mentale, già, disegnata nei capitoli precedenti, con lo studio del modo di Gesù, si affianca un supplemento di capacità visiva:
In un’organizzazione biostorica è l’intelligenza umana che ordina i luoghi di lettura e li interpreta, elaborando i linguaggi e gli spettri d’azione che rendono coerenti le letture. La mente svolge la funzione di uno sguardolentev, in cui l’osservato e lo strumento d’osservazione sono il risultato di una negoziazione che li pone come un uno/tutto, vincolato.
Il vincolo implica che una deformazione nella capacità visiva del primo, implichi una modifica di forma nel secondo; per cui essi si implementano assieme e si inseguono a tondo.
Lo sguardo a campo infinito, qui posto, apre la ragione alla molteplicità delle situazioni storiche che rendono sempre nuove ed uniche le dinamiche vitali; infatti il Cristo, con le differenti valutazioni espresse nei vangeli, non invita ad irrigidirsi su una posizione astratta di realtà, cristallizzando nel tempo il giudizio storico, per perpetuarlo all’infinito e salvaguardare, così, gli stati di potere. Non sostiene gli autoritarismi e le potenze della storia che in nome del passato, che si fa oggetto di culto, bloccano la vita.
Egli, come il re dei re, assume la meta-posizione sul giogo del comando e abbatte le monarchie concettuali, etiche, ideologiche, sociali, politiche, economiche, mostrando la plasticità della vita che, man mano che si attualizza, prende corpo, prende spazio-tempovi, formando/deformando il campo di realtà. Spazio-tempo che non si organizza in un solo modo, ma in mille e più aspetti.
Egli è l’Uomo nuovo che introduce la democrazia della vita, vista sotto tre aspetti:
In tale suo riconoscere il valore di libertà di ogni forma ad assumere la sua forma naturale, si espone alle critiche del potere che, in nome della tradizione e del passato, scinde l’umanità in categorie:
Gesù, al contrario, si dichiara la salvezza del mondo e s’accompagna (= fa compagno) agli emarginati, ai dannati, ai lebbrosi, agli ultimi, a quelli che sono posti fuori le mura del diritto di cittadinanza; poiché vuole fare, di tutti gli uomini, i figli di Dio:
Egli è l’uomo dello scandalo, di qui la morte in croce tra i ladroni, fuori dalle porte di Gerusalemme.
La figura del Cristo si pone come un cambiamento radicale nel modo di costruire il giudizio storico. È un salto di paradigma che crea una frattura tra il prima e il dopo. Egli si pone come il tempo 0 della nuova umanità che dovrà sviluppare le nuove lenti cognitive per realizzare la società dell’amore, il mondo della pace.
Importante è sottolineare che la pace, prima di essere un semplice negoziato (accordo) tra le parti, è un modello mentale che fa ragionare con un paradigma differente; è un metodo mentale che dà e toglie significato alle azioni non in virtù dei rapporti di potere, ma del saper leggere/leggersi con l’occhio dell’altro per mettere a fuoco i limiti che rendono imperfette le azioni, ma:
Egli si pone come colui che sa guardare oltre. Come colui che non si ferma alla facciata, ma sa vedere nella casa, pur restando fuori dalla casa. Lavorando intorno alla frontiera del limite, sviluppa una capacità visiva a campo infinito con la moltiplicazione dei piani di lettura che rendono pluridimensionale la realtà.
Il campo infinito, qui posto, è una capacità visiva che va ben oltre l’idea di profondità, vista in Isaia. Siamo di fronte ad una ricchezza di percezione che si auto-organizza su più fuochi simultanei, come una molteplicità di organizzazioni profonde.
In Cristo si può parlare di moltiplicazione della mente; la sua novità è nel superamento di un pensiero al singolare che si struttura intorno ad una singola idea di riflessione. La particolarità del suo occhio mentale sta nella sua capacità a ragionare in simultaneità su più coordinate di lettura per cogliere la ragioni di tutti.
È un pensiero che si muove con i lampi di luce e che viaggia a tempo 0, perciò velocissimo, in grado di far coincidere il tempo di lettura e il tempo di risposta alle azioni. È un modo di ragionare che apre alla novità del giudizio, in grado di sbocciare da un’osservazione concreta, reale della dinamica vitale che si forgia momento per momento, nei tempi 0 di ogni presente e non parte da un pregiudizio.
Per comprendere lo sdoppiamento dell’occhio-mente del Messia, bisogna spostare l’attenzione dai luoghi-spazi di lettura, come gli oggetti osservati, alle dimensioni-coordinate dell’occhio di lettura, come la lente d’osservazione che mette a fuoco gli spazi; cioè dal luogo che è di fronte all’io, allo sguardo-occhio dell’io che osserva il luogo:
Nel Rinascimento, con lo studio della prospettiva nelle arti figurative, si è definita la realtà osservata come uno spazio tridimensionale, solo oggi con gli studi sui modi dell’occhio si è compreso che non è lo spazio ad averle, ma la mente umana che elabora le tre dimensioni [Banchoff, T. F. 1993].
È l’occhio-mente che dà le letture tridimensionali o bidimensionali ad esempio di un occhio di rana. La tipologia di spazio visualizzata è fortemente condizionata dalla tipologia di occhio-mente. L’uomo ha la capacità di raffigurare i volumi con le posizioni degli oggetti nel campo di realtà e può così definire ed elaborare le scale di: vicino/lontano; primo piano/secondo piano, avanti/dietro, ecc.
Sono le tre coordinate elaborate dal cervello, lunghezza-larghezza-profondità, che gli danno la possibilità di leggere e collocare gli oggetti nello spazio, per cui lo spazio visualizzato è funzionale al modo come, lo stesso sistema cerebrale, organizza i dati informativi. Il limite di una visione a sole tre dimensioni è quello di focalizzare uno spazio statico, immobile:
L’uomo sperimenta nella sua realtà storica il divenire, usando un’espressione antica, il fluire della vita. Quel movimento che rende gli spazi dinamici in continua evoluzione, segnando le nascite, le crescite e le morti delle forme vitali. L’esperienza del divenire impone, così, affianco alle tre coordinate che danno il luogo, una quarta che è stata circoscritta, come tale, solo agli inizi del 1900: il tempo che ha fatto dello spazio un cronotopo.
Con la definizione di uno sguardo-lente a quattro dimensioni, si sono automaticamente migliorati i modi di leggere la realtà, si pensi allo studio del movimento nei dipinti ad esempio di Boccioni, che cercava con i suoi giochi di pennellate d’introdurre la velocità sulla tela. Quando il movimento è stato letto come funzionale alla conoscenza si è attuato un salto cognitivo che ha perturbato il giudizio storico, mettendo in crisi il passato come categoria di riferimento dell’azione.
È bene sottolineare che esiste un vincolo interattivo tra la capacità ad elaborare e a percepire lo spazio e la tipologia d’azione che l’uomo può ideare e poi compiere nello spazio; infatti le molteplicità di risposte alla vita che l’umanità nel corso dei millenni ha elaborato, sono il risultato delle modifiche delle mappe mentali che hanno evoluto la sua visione di realtà e nel contempo, come effetto di ricaduta, il suo campo-habitat.
C’è un rapporto di eco-inter-dipendenza tra:
Il divenire è un tendere verso una meta, che non è data e quindi precostituita, ma in eterna elaborazione e definizione.
La natura, ad esempio, si è evoluta in funzione delle perturbazioni umane e non solo, si pensi ai mutamenti dei paesaggi come i terrazzamenti o le bonifiche, ad esempio nell’area amalfitana o nell’agro romano; per cui esiste tra gli spazi geografici e lo stesso uomo un legame che li rende storicamente vincolati, i vincoli sono le perturbazione, vicendevoli, che fanno dell’uomo e dell’habitat, due campi in continua riorganizzazione.
Le riorganizzazioni, come il processo vitale, assumono, se lette assieme, la forma di una dialogica comunicativa a feed-back di doppio ruolo emittente/destinatario, che scambiandosi il ruolo si perturbano, evolvendosi su scale temporali differenti; per cui le letture dei cambiamenti, ad esempio dell’habitat, a volte risultano difficili, se non impossibili, non perché esso non risponda, ma per la lentezza dei tempi di riordino:
In tale processo d’interazione duale ogni campo imprime il suo grado di disordinevii all’altro e ogni sistema risponde allo scompiglio secondo i suoi tempi:
Sotto il profilo pedagogico, ad esempio, è importante introdurre una visione di tempo differito, poiché ogni soggetto alunno ha il suo tempo d’apprendimento che va rispettato se non si vuole fare un’azione autoritaria sulla sua psiche, anche i soggetti più svantaggiati hanno una capacità autoreferenziale che permette loro di apprendere a vivere.
Il disordine, come incidenza dell’altro, può chiudere ad una maniera di essere nello spazio-tempo e aprire ad una nuova, attraverso un’auto-riorganizzazione che tende ad impedire la morte del sistema perturbato:
Il continuo relazionarsi e vincolarsi dei sistemi vitali li pone come un’unica realtà ibridata/ibridante. Si parla di processo d'ibridazione come il mutamento che nasce dalle contaminazioni [Marchesini, E. 2002]. Ma a guardar bene, anche questo può essere letto come una comunicazione individuo/campo. Naturalmente, l’effetto di tali studi è che si dovrà definitivamente sotterrare l’idea di una razza o una religione o un uomo o un’economia o un’idea… incontaminati. Non esiste, in natura il puro, bensì l’ibrido, poiché tutto è perturbato/perturbatore in tale processo di contagio vitale tutto/tutti restano modificati.
A guardar bene, l’essere degli ibridi rende unici e nuovi. Lasciarsi ibridare dal campo e da Dio, rende permeabili alla vita e quindi non scontati, non determinati nelle dinamiche evolutive, non facili da prevedere e da manipolare. Ecco perché l’ibrido fa paura alle gerarchie di potere assoluto che cercano di rendere l’umanità massa di eguali, come una sagoma priva di capacità di discernimento e quindi di libertà.
Ritornando alla topologia dell’occhio-mente di Cristo e alla particolarità delle forme di giudizio storico da lui espresse, si evince che egli non pone l’uguaglianza, ma l’univocità di ogni essere nella fratellanza e nella figliolanza che rende tutti prediletti. Sotto l’aspetto semantico pre-diletto significa prima-gioia, in questa sfumatura di significato si coglie l’importanza della cristologia che pone l’uomo, il mondo e Dio come i pre-diletti storici.
Nella capacità di lettura del Nazareno, si nota un’ampiezza di visione che si ordina non solo sulle quattro dimensioni di lettura di un occhio singolare, ma bensì su una struttura cognitiva più complessa che si muove biostoricamente parlando a cinque dimensioni, topologia di occhio-mente definita in Ordini Complessi (Colamonico A. 2002).
Sono i giochi complessi a più coordinate di linee organizzative che permettono al suo sguardo-lente d’attuare i salti di paradigma e i cambi di direzione nelle letture che lo aprono alle ragioni di tutti, processo inclusivo.
Il ribaltamento dell’occhio che lo porta ai salti di posizione dall’io ai tu e dai tu all’io, in simultaneità, come quando, ad esempio, chiede a Pietro e agli altri discepoli che cosa essi dicano di lui, nel momento stesso in cui gli stavano raccontando di come la gente lo leggesse. In tale ribaltamento dell’ordine di lettura egli scinde e attua la moltiplicazione del campo di osservazione che gli permette di vedere le ragioni a più ordini semantici.
È come se il suo occhio si scindesse in più occhi, simile all’occhio di mosca che con una visione de-coordinata registra ogni minimo movimento del campo, per rendere più veloce la sua risposta d’azione. Egli con celerità:
Nella lettura degli eventi entrano in gioco tre modi che pongono tre differenti scale etiche che aprono le lettura a tre difformi aspetti di ragioni storiche. Avere consapevolezza delle tre fisionomie di verità, dà la possibilità all’occhio spettatore di saper snidare le piccolezze e le ambiguità, celate nelle azioni che allontanano dal modo di Dio.
Importante è riflettere sui perché e sui come delle costruzioni storiche, in quanto ogni risposta alla vita parte da un quanto storico che si pone come un quid che apre la linea-direzione verso il futuro. Il quanto, come il lampo-guizzo bio-fisico-informativo vincola l’azione ad una topologia di significato, dandogli un luogo-nicchia circoscritto di senso che rende coerente l’azione. Ricercare quel luogo di senso nascosto implica aprirsi alle logiche vitali:
La sua capacità visiva valica il tempo 0 e si fa così infinito, infatti proiettando le visualizzazioni della relazione io/tu nello spazio del tempo; legge le derive storiche che fanno della vita un campo tutto informato; per cui studiando gli echi informativi della spugna storica, egli in ogni azione sa coglie gli effetti d’evento sulle coscienze, con le relative reti dei nodi di svincolo/vincolo degli stati di sofferenza o di gioia. In una sì fatta lettura può cogliere l’alito della vita che lo porta oltre il piano del capire, nell’area del sentire, e così si compie la grandezza del cuore. In lui si attua il passaggio dalla conoscenza alla coscienza, partendo dagli echi di gioia/dolore il suo capire si fa sofferenza per le male scelte che aprono all’entropia della storia. Egli, sapendo intravedere nei vuoti/pieni di spugnaviii, gli effetti negativi e positivi delle situazioni:
Per comprendere la lente cognitiva del Cristo che rende il suo occhio-mente caleidoscopico, necessita introdurre la quinta dimensione di lettura, definita in Biostoria (Colamonico A. 1998): la finestra storica, come quello spazio-limite che dà la facoltà all’occhio di racchiudere e di circoscrivere il campo la realtà, in sotto-campi di realtà che aprono la mente alle dualità.
Così facendo, riesce ad attuare delle letture in simultaneità, come se il suo occhio si frantumasse in tanti fuochi di lettura, in grado d’intravedere, nello stesso tempo 0, le dinamiche dell’ibridarsi dei campi. È in grado, lavorando sul limite, contorno degli spazi di lettura, di valutare le perturbazioni, in tempo reale, proiettandole poi nei piani di passato-futuro, di ciascuno:
Per noi del XXI secolo, forse, talune forme di lettura allargata possono apparire quasi normali, ma è bene ricordare che il nostro occhio è stato implementato dagli occhi meccanici del computer e dei satelliti che permettono con il gioco di finestre il dinamismo e la molteplicità delle visualizzazioni, si pensi alle previsioni meteorologiche, che fanno vedere i luoghi locali e quelli allargati per poi diagnosticare lo stato del clima.
Il dinamismo dell’occhio naturale del Cristo permette l’incarnazione dell’etica che da un semplice sistema esteriore di regole si fa pelle dell’azione come il limite invalicabile che rende coerente la vita.
Importante è riflettere sulla differenza tra l’abito e la pelle; il primo è una sagoma posticcia che per quanto comoda si fa costrizione.
La pelle è il confine che fa di ogni uomo un diverso dal campo-habitat, cioè un oltre il campo che lo contiene.
L’epidermide incalza e informa, dando valore all’immagine di intero di uomo. Essa distingue e si fa frontiera informativa da cui trapassa tutta la dialogica io/campo. La pelle costituisce la parte visibile del sistema uomo e un’etica pelle implica l’interiorizzazione, profonda, del limite storico dell’azione di risposta alla vita. Se l’azione ha un limite che trasforma il bene in male e viceversa, il non valicarlo rende vitale l’effetto d’azione, mentre il valicarlo rende mortale l’effetto d’azione.
Per comprendere il significato etico posto dal Cristo bisogna riflettere sull’occhio eco-biostorico di Spazioliberina che si strutturava intorno alle cinque dimensioni di lettura. Esse danno:
La capacità del pensiero ad essere de-coordinato, visibilmente osservabile con un occhio leggermente disarmonico, implica il saper lavorare sulle associazioni di idee che permettono di annodare i quanti informativi, cogliendo le sfumature di significato che slabbrano i sensi chiusi.
Il Cristo, lavorando sulle cinque dimensioni di lettura, assume una plasticità di visione, come un occhio lettore a 360°, che si moltiplica e si compatta, insieme; dandogli una realtà a sua volta plastica, moltiplicata e compattata, insieme.
È quel processo di individuo-rete posto nelle pagine precedenti che chiude definitivamente all’individuo-massa della vecchia Società.
La visione di individuo-massa rende nichilista la lettura della realtà storica, poiché annulla le libertà di costruzioni, ponendosi come una lettura chiusa, codificata una volta per sempre, legata ad un solo grado di libertà che la pone come una scelta obbligata. Ogni qual volta tale interpretazione si è imposta, si sono prodotti i totalitarismi con le ignominie derivanti.
Una forma di processo di massificazione sono, oggi, le mode che indirizzano verso la perdita d’identità soggettiva che apre le porte alle dipendenze, viste come nuova forma di schiavitù.
Gesù gioca con le tre dimensioni dello spazio che gli danno il punto-fotogramma di realtà, a tempo 0 presente; inoltre utilizza il tempo, la quarta dimensione che gli permette di rendere movimento la Storia. Egli sa, infatti, leggere il cambiamento della realtà nel tempo e l’incidere del tempo sulla realtà. Gioca, infine, con i campi-finestre che gli mostrano le dinamiche biostoriche individuali che si perdono negli spazi-tempi dell’infinito:
Cristo, entrando nella costruzione delle coscienze, vede le ipocrisie e gli slanci di generosità, in ogni uomo, e lavora intorno alle scale di valore, da cui nascono le azioni. Può, così, assolvere la prostituta perché ha molto amato; l’esattore delle tasse perché è deciso a cambiare vita; l’incredulo Pietro che lo ha rinnegato nel momento del dolore, perché ne legge il pentimento.
Il suo è un occhio che intravede nel presente la contemporaneità del passato e del futuro; nel disordine degli eventi a tempo 0 gli ordini informativi di passato-futuro che li hanno generati. Un occhio, quindi, che sa scorgere nei fatti le responsabilità storiche dell’io e del campo, attribuendo a ciascuno il giusto peso intorno all’azione.
Ogni singolo evento è legato a un filo-trama che lo costituisce come nodo della rete storica a campo uno/tutto. La malattia del nichilismo storico che, oggi, sta dilagando nell’occidente è da rintracciarsi in quel filo-eco sottile che portò nel 1800 a dichiarare la morte di Dio, per dimostrare come le ingiustizie e i soprusi delle società autoritarie erano nati dalla connivenza tra gli stati e le gerarchie ecclesiali. Ma l’aver negato significato alla terza linea di sviluppo del pensiero, ha fatto sì che la morte si sia propagata dal campo infinito al campo finito, implementando il senso del nulla storico.
Il finito, come lo spazio dell’individuo-campo, muore nell’istante in cui smette di confrontarsi con i sensi universali, restando prigionieri delle logiche private e comuni che da sole non sono sufficienti a garantire le trame di futuro. Il bisogno di alzare lo sguardo ad una dimensione più generale della vita, forse spiega il perché dell’affetto dei papa-boys per il vecchio e malato, Giovanni Paolo II. Il Papa che ha smosso le folle, sostenendo l’importanza del coraggio di credere in significati universali. L’assenza di valori che vadano al di là delle logiche locali rende prigionieri di se stessi.
Negare valore alle trame storiche porta ad una miopia di lettura, avviluppata solo sugli stati di presente, che si organizzano come una successione quantica di eventi, slegati [Baudrillard, J. 1993], disordinati, privi di senso, ad esempio come nei telegiornali. Sono queste le letture che, non trovando una direzione di significato, danno luogo alle fobie, alle paure, alle generalizzazioni ed irrigidimenti concettuali e ideologici [Colamonico, A 2002]. Si pensi ad una pagina di cronaca con omicidi, suicidi, rapine e quanto altro:
Gli accadimenti, se privati dei legami di significato che danno coerenza alla vita, vengono de-storicizzati, perdendo il luogo nello spazio-tempo. La perdita della nicchia storica determina il non senso della vita con lo smarrimento che ne consegue nelle coscienze.
Ogni evento si intesse in un perché che si attua secondo una logica o privata o comune o universale. Sono queste tre le coordinate di valore che rendono coesa la realtà. Sono in tali scale che le azioni trovano una giustificazione coerente che va letta in rapporto alla scala di senso che l’ha determinata.
Il Cristo con le sue moltiplicazioni di letture, aprendo alle differenti linee di valore, rende le osservazioni vincolate alle scelte; sono i vincoli che rendono coerenti o incoerenti gli accadimenti e di riflesso i piani di lettura.
Confondere un interesse privato d’azione con uno comune o con uno universale, rende stupida la lettura; per cui il comprendere l’utile nascosto nell’azione, richiede una capacità allargata di visualizzazioni ed è per questo che impone di non giudicare. Egli di fronte alla vedova che dona nella sinagoga gli ultimi spiccioli di salario, poca cosa, rispetto al ricco che ostenta l’offerta, pone il vincolo di valore tra chi ha tanto e chi niente e lega l’azione alla possibilità organizzativa ed emotiva soggettiva. Come quando risponde a Marta che lo interroga sull’oziare di Maria, dicendole che l’apparente perdita di tempo della sorella era la scelta di un bene più grande.
È sul vincolo che si pone l’eticità della risposta e non sull’azione in sé; ma il vincolo è una dimensione nascosta, un dentro - la coscienza - e non un fuori - l’azione. In questo porre la frontiera all’azione egli rovescia il senso del giudizio storico:
Leggendo il modo d’organizzarsi dello sguardo-lente cognitivo del Cristo si può sostenere che solo una lettura della dinamiche d’evento a nodi-reti, permette di recuperare per ogni evento-nodo gli stati delle ragioni e delle emozioni, passati e futuri, che lo giustificano. Queste sono le letture eco-biostoriche a campo profondo e ad occhio infinito, che permettono di visualizzare la spugna storica, quale corpo uno/tutto dei pieni/vuoti di umanità.
Le giustificazioni d’evento non equivalgono alla perdita della responsabilità storica, ma al riconoscimento del perché e dei come delle dinamiche, per poter attuare le correzioni d’azione:
Cristo non si limita ad assolvere l’adultera che volevano lapidare, vedendo le molteplicità delle ragioni, ma dichiara ai giudici di scagliare la pietra solo se si è nella condizione di chi è senza peccato e alla donna, di non farlo più. Ecco la correzione che dirige al bene la dinamica della storia, privata e sociale, impedendo ai giudici di porgersi come giustizieri assetati di vendetta, e alla donna quale peccatrice a vita.
L’azione correttiva permette di allontanare lo stato della morte. Con la neghentropia si introduce il perdono nella storia; ma quello del Cristo non è un’assoluzione per il gusto di essere magnanimo, per dimostrare lo stato di grandezza e di potere di chi perdona; ma una liberazione che nasce dalla nuova possibilità che è offerta a chi ha scelto male: ti perdono perché tu possa non farlo più, perché tu possa comprendere il male, la sofferenza presente nella tua azione.
È un perdono che si pone su un piano cognitivo che apre alla conoscenza del male e del bene, come costruzione di linee differenti della dinamica vitale che implementano o il buio o la luce, quali nicchie di vuoto/pieno della storia.
Il male conduce al nichilismo della vita personale, della società-habitat e di Dio; invece il bene alla pienezza di una vita a tutto campo, a tutto pieno, a tutto finito/infinito.
Il pieno/vuoto di Isaia ritorna e si fa invito ad innamorarsi della vita che porta allo stato di grazia e di beatitudine. Innamorarsi della vita dà la sazietà e la leggerezza dell’essere un io nel mondo di Dio. I tre soggetti della dialogica storica ritornano: io/mondo/Dio.
Questa è l’organizzazione mentale che il Cristo vuole implementare nell’umanità. La sua lettura si fa così profonda, poiché egli può circoscrivere gli spazi delle azioni-osservazioni, come uno scrivere intorno. Tale capacità gli permette di lavorare lungo il bordo che dà la possibilità d’intravedere gli svincoli dei dentro/fuori di realtà, come azioni e ricadute di azioni: una scelta ben fatta, imprime nel campo un ricaduta ben fatta.
La percezione-visione del limite-frontiera, come la finestra d’osservazione, spezza il campo-fuoco di lettura e da tale dualità a dentro/fuori, nasce di fatto la moltiplicazione delle letture [Colamonico, A. 2005 (b)]. È quella moltiplicazione dei pani che avviene solo dopo la divisione della folla in gruppi di cinquanta che vengono fatti sedere: dopo che la massa-folla diventa gruppo-rete, si può fare comunione. Si pensi ad una marea di studenti che una volta entrati nelle aule, si siedano e incomincino a fare scuola. In tale metodo organizzativo del Cristo si può cogliere il significato cognitivo della quinta dimensione che permette la simultaneità delle letture, in una mente complessa, a struttura rete uno/tutto.
Ragionando sui pieni/vuoti e sui dentro/fuori dei sensi cognitivi, nascono le relazioni logiche tra i campi di osservati presenti, passati e futuri. Gesù introduce la capacità del volo nella storia dell’uomo; è quel gabbiano, precedentemente descritto, che ritorna ed abita nella mente umana. È la libertà che fa dei figli di Dio i luoghi del sogno, della speranza, della consapevolezza che il bene può essere implementato.
Il Cristo è l’inviato ad insegnare la qualità della libertà nella storia. Dividendo i luoghi di osservazione, si implementano nell’azione di lettura le possibilità delle proiezioni e delle elaborazioni mentali che agevolmente possono spostare l’occhio da un campo d’osservato ad uno semantico, da questo ad uno emotivo, da uno emotivo ad un nuovo osservato e così in una relazione all’infinito. In tale gioco di proiezioni la mente si apre a tutte le sfaccettature della vita e penetra in tutte le sacche di ingiustizia, inganno, ipocrisia… e l’occhio si fa sguardolente in cui la mente e il cuore si intessono in un unico stato di lettura.
In tali voli dall’uno, all’altro e all’altro ancora, si intesse la continuità/discontinuità delle reti d’echi informativi, quali ordini/disordini di senso. L’ordine/disordine è funzionale all’ampliamento del significato. La parola, per farsi fiocco di neve, dovrà essere slabbrata in un significato nuovo. L’acquisizione del significato nuovo, si pone come un salto di paradigma.
La complessità delle visualizzazioni, delle emozioni, dei significati, è la spugna del pensiero. Nascono così le gemmazioni di idee-sentimenti-significati-azioni che implementandosi come un processo auto-referenziale, introducono la conoscenza nella storia. È questa l’economia della nuova umanità, già intravista dai profeti, che sostiene: se vorrai vivere, dovrai conoscere e conoscere vuol dire lavorare intorno al contorno del limite che ti educa a sentire.
L'organizzazione della mente-pensiero è un processo carsico naturale a vuoto-pieno che assume la forma a Spugna.
Ogni pensiero sviluppa una particolare forma e una differente ampiezza di veduta e, in relazione della sua particolarità, elabora il suo valore-verso storico.
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Continua: II parte.
Da: La Società della Conoscenza - Alla Palestra della Mente - Costellazioni di significati per una topologia del Pensiero Complesso
Indice saggio - Quaderno n° 4 Premessa 1. Gerusalemme 2. Abramo 3. Caino 4. Giacobbe e Isaia 5. Cristo 6. Paolo Bibliografia
15 Settembre 2008
Il superamento del Sistema Industriale che ci ha introdotti nella Società della Conoscenza, ha colto i più impreparati su quello che si definisce il salto di paradigma. Ogni sistema storico implica un modo diverso di costruire il giudizio che è alla base delle scelte storiche che avviano i processi produttivi. ...