Tempio di Giunone Lacinia

Il Tempio misurava in lunghezza metri 40,98, in larghezza 19,53 con una cella lunga metri 21,84 e larga 9,30. Aveva trentaquattro colonne scannellate, a venti scannellature per colonna, indizio di grande finezza artistica. Le colonne sono pure del miglior taglio, alte, slanciate, misurano in La sua attribuzione a Era Lacinia/Giunone (moglie di Zeus-Giove) è dovuta a un’erronea interpretazione di un brano di un autore latino. Il Tempio sorge – imponente e solitario – in posizione dominante, all'estremità orientale della Collina dei Templi. Eretta tra il 460 e il 450 a.C., la struttura è basata su stilobate a quattro gradini ed èperiptero-esastila. L'interno era suddiviso in tre vani: quello centrale (cella o nàos) era preceduto da un atrio di ingresso (prònao) e seguito da un vano posteriore (opistòdomo); questi ultimi avevano due colonne antistanti. Ai lati della porta della cella si trovavano le scale d’accesso al tetto. Il basamento con tre gradini sul fondo della cella fu aggiunto in epoca successiva. La superficie di alcuni blocchi arrossati mostra i segni dell'incendio, forse riconducibile alla distruzione di Akràgas compiuta dai Cartaginesi nel 406 a.C.

altezza cinque volte il diametro; cioè metri 6,40, compreso il capitello. Essa poggiano direttamente sul grande stilobate, senza piedestallo di sorta. Lo spazio degli intercolunni è di metri 1,74, e il diametro delle colonne è di metri 1,29. Delle trentaquattro colonne di questo tempio, venticinque, per la maggior parte laterali, sono ancor ritte e sostengono la loro elegante architrave. Delle altre non si vedono che tronconi rizzati posteriormente, nell’Ottocento.

Il tempio conteneva un magnifico capolavoro d’arte: il famoso quadro di Giunone, del grande artista Zeusi, che per realizzarlo s’ispirò alle bellezze di cinque vergini akragantine. Al tempio e al quadro è legata la triste vicenda della morte di Gellia, il quale, temendo che il quadro di Zeusi potesse finire in mano ai suoi nemici, appiccò il fuoco al tempio e si buttò in mezzo alle fiamme portando con sé il quadro.

Davanti ai maestosi avanzi di questo tempio, ciò che colpisce è l'imponenza, la grandiosità del quadro complessivo. Da un lato la montagna, verdeggiante per il verde blando degli ulivi, che sale in larghe ondulazioni fino là dove il ciglione della Rupe Atenea sembra si spinga nell'azzurro cupo del cielo: di fronte, l'orizzonte marino sconfinato, striato dai riflessi del sole, e dalle correnti che vagamente ne increspano la superficie, sulla quale da lungi filano rapidi i vapori o lentamente cullansi i velieri : intorno, una solitudine incolta, silenziosa, che invita al raccoglimento e imprime all'animo sensazioni delicate.

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