Generalità di ossa e muscoli

Ossa. 

Generalità

Per facilitare la comprensione dell’Anatomia è necessario precisare alcuni concetti generali concernenti una prima nomenclatura anatomica e la suddivisione del corpo umano in piani od assi fondamentali. 

Una visione generale e sistematica della struttura dell’organismo umano viene data dal seguente prospetto: 

OSTEOLOGIA GENERALE 

Le ossa dello scheletro umano, che assieme ai muscoli ed alle articolazioni costituiscono l'apparato locomotore, sono in media 203. Questo numero, tuttavia, può risultare diminuito di qualche unità per un processo di sinostosi, cioè di fusione di elementi ossei, oppure aumentato, con variazioni individuali, per la presenza di ossa classificate con i nomi di sovrannumerarie, accessorie e sesamoidee. Con il primo termine si intende il risultato di una mancata fusione di nuclei ossificativi primitivi. Le ossa accessorie, invece, sono considerate residui ancestrali, cioè elementi ossei scomparsi nella filogenesi umana. L’ultimo termine si riferisce ad ossa di piccole dimensioni, situate in prossimità di punti soggetti ad azioni meccaniche, originatesi, dopo la nascita, per un processo di ossificazione di noduli cartilaginei nello spessore di tendini o di legamenti.  Alcune di esse sono costanti, come quelle del piede e della mano. Solitamente esiste un rapporto proporzionale tra la lunghezza delle singole ossa e la statura dell’individuo cui appartengono. Questo rapporto di proporzionalità, che riguarda anche i singoli segmenti scheletrici tra di loro, è di grande importanza per l’artista.

Le ossa possono essere divise in due grandi classi: ossa impari mediane, dotate di simmetria bilaterale, ed ossa pari, prive di un piano di simmetria, presenti ciascuna in due esemplari, destro e sinistro, immagine speculare l’uno dell’altro. 

Vengono poi classificate in: 

Da un punto di vista chimico, l’osso è costituito per il 66% circa da fosfato di calcio ed altre sostanze inorganiche e, per la restante parte, da materia organica, fondamentalmente osseina, sostanza simile al collagene del connettivo, da cui, per ebollizione, si ottiene gelatina. La superficie ossea è rivestita da una membrana connettivale, il periostio, in cui si distinguono due strati: uno eccentrico, costituito da tessuto fascicolare, ricco di fibre collagene e molto vascolarizzato, ed uno più interno, con predominanza di fibre elastiche e meno irrorato. 

Tra quest’ultimo e la sostanza ossea, esiste poi uno strato cambiale, formato da osteoblasti, cellule responsabili dei processi osteoformativi, che garantisce il risaldarsi delle fratture anche in età senile. Facilmente scollabile dall’osso, il periostio ne ricopre tutte le superfici, ad eccezione di quelle che sono sede di impianto di tendini e di legamenti ed esclusi i tratti cartilaginei, che sono invece rivestiti dal pericondrio. La struttura delle ossa lunghe, corte e piatte presenta caratteristiche peculiari. Le ossa lunghe sono costituite da una diafisi, porzione corrispondente alla parte tubolare centrale e da due epifisi, porzioni corrispondenti alle due estremità. 

La diafisi è formata da tessuto osseo compatto, detto appunto compatta, costruito a guisa di astuccio a delimitare il cavo diafisario o canale midollare, occupato nell’adulto dal midollo giallo. La compatta, che nell’anziano riduce ad uno spessore di pochi millimetri, dando così giustificazione alla relativa maggiore frequenza di fratture, è una struttura discontinua formata da tre tipi di sistemi lamellari: sistemi di lamelle fondamentali, che decorrono paralleli alla circonferenza della diafisi, osteoni o sistemi lamellari concentrici e sistemi di lamelle interstiziali, questi ultimi piccoli frammenti residui di sistemi di lamelle fondamentali e di osteoni. 

Un discorso più approfondito meritano gli osteoni: essi sono disposti eccentricamente ai vasi che li percorrono e lungo un unico vaso si susseguono in fila più osteoni, incastrati tra di loro con le estremità a formare una specie di sottile tubo, Il decorso delle fibre collagene nelle lamelle che compongono gli osteoni, può essere prevalentemente verticale, orizzontale o misto, e questo orientamento preferenziale è predisposto per sopportare adeguatamente le orientate sollecitazioni meccaniche, cui viene quasi costantemente sottoposto ogni elemento osseo. 

Nelle epifisi, un sottile strato di compatta avvolge il trabecolato della spugnosa, perfuso dal midollo rosso. La spugnosa, come indica il termine, è costituita da trabecole e da lamine in parte fenestrate, legate variabilmente da anastomosi, a descrivere una struttura particolare, ricca di piccoli spazi delimitati come da un continuo intreccio di reti. Questa architettura varia col variare di tre fattori fondamentali: la forma, la densità e l’orientamento delle trabecole. Quando queste ultime presentano una direzione preferenziale, allora si parla di traiettori principali della spugnosa, che sono in rapporto con le linee di carico che l’osso prevalentemente sopporta. Le trabecole sono formate da piccoli osteoni. 

Le ossa corte sono composte, solitamente, da spugnosa rivestita da un sottile strato di compatta, ma in alcune di esse, come in quelle del carpo, i valori quantitativi tra i due costituenti possono essere invertiti. Nelle ossa piatte due lamine di compatta delimitano uno strato di spugnosa che, nel caso tipico delle ossa piatte craniche, è detta diploe. Nell’osso si riconoscono pertanto tre tipi di strutture: strutture di primo ordine, date dalla disposizione del tessuto in forma spugnosa od in forma compatta, strutture di secondo ordine, rappresentate dai sistemi lamellari e strutture del terzo ordine, costituite dall’orientamento delle fibrille collagene nelle lamelle. Si è accennato al midollo osseo: si tratta di una sostanza molle, perfusa nelle cavità dell’osso, dove può essere presente come midollo rosso, che ha una funzione emopoietica, in quanto genera gli eritrociti ed i mielociti, o come midollo giallo. 

Quest’ultimo, di natura adiposa, è il prodotto finale della trasformazione del midollo rosso e, a sua volta, si trasforma in midollo gelatinoso. La vascolarizzazione delle ossa presenta differenze dipendenti dalle dimensioni delle stesse. Infatti, tenendo conto che l’osso necessita di una vascolarizzazione superficiale e di una profonda, si nota che nelle ossa corte di piccole dimensioni i due sistemi sono scarsamente distinti, mentre in quelle corte e piatte più grandi, il dispositivo è chiaramente duplice. 

Nelle ossa lunghe poi, sono presenti tre sistemi vascolari: periostale, profondo ed epifisario.Il primo, originato dalla rete vascolare periostale, penetra nella compatta e, dopo avervi formato una maglia dì capillari passanti per gli osteoni, all'interno dei canali di Havers, si raccoglie, percorrendo a ritroso la strada, in venule e quindi refluisce nelle vene del periostio. Il sistema profondo origina da un’arteria nutrizia che, penetrata nell’osso tramite il forame nutrizio, senza emettere rami, giunge nel cavo diafisario e nella spugnosa dove si arborizza. 

Il sistema epifisario, sostenuto da un’arteriola per estremità, irrora contemporaneamente superficie e profondità del tratto osseo, anastomizzandosi in parte con il sistema profondo. Quanto all’innervazione, essa in parte è vasomotoria, in parte sensitiva, affidata a corpuscoli del tipo di quelli del Pacini. I nervi penetrano nell’osso accompagnando i vasi arteriosi. 

SVILUPPO DELLO SCHELETRO 

Nell’embrione, la corda dorsale, destinata ad essere sostituita dalla colonna vertebrale ed il cranio membranoso. capsula connettivale di contenzione e di protezione dell’encefalo, rappresentano le prime formazioni a funzione scheletrica. Il processo di sviluppo dello scheletro ha inizio solo verso il quarantesimo giorno dal concepimento, e perdura fin oltre il ventesimo anno di vita. 

Le ossa sono preformate nell’embrione, o come connettivo (ossificazione connettivale o membranosa o ossificazione diretta), o come cartilagine ialina (ossificazione condrale o ossificazione indiretta). L'ossificazione connettivale o membranosa è tipica di alcune ossa craniche, dette ossa di rivestimento, quali i parietali, la squama del temporale, il frontale ed in parte la squama dell’occipitale. Il processo è caratterizzato dalla trasformazione delle cellule connettivali in osteoblasti, cui è deputato il compito di formare la sostanza ossea fondamentale, iniziando da uno o più punti detti centri di ossificazione.

L’ossificazione condrale a sua volta è distinta in ossificazione endocondrale ed in ossificazione pericondrale a secondo che si effettui in seno alla cartilagine, diretta verso l’esterno, oppure alla sua superficie, diretta verso l’interno. Il processo, analogo in entrambi i casi, inizia in aree ristrette di cartilagine, i centri di ossificazione, e si estende poi in determinate direzioni. Nei centri di ossificazione compare un letto vascolare di nuova formazione per mezzo del quale pervengono nella zona gli osteoblasti ed i condroclasti. I condroclasti, elementi voluminosi e polinucleati, sono deputati alla demolizione della cartilagine, mentre gli osteoblasti depongono i costituenti della sostanza fondamentale e le fibrille collagene, formando la cosiddetta sostanza osteoide su cui in seguito precipitano i sali di calcio. 

Durante il processo gli osteoblasti si trasformano in osteociti ed alla fine restano conglobati nella sostanza fondamentale che si costituisce intorno. Le trabecole ossee di provenienza endocondrale si differenziano da quelle di provenienza pericondrale per l'inglobamento di resti della sostanza fondamentale cartilaginea. L’accrescimento dell’osso nelle varie direzioni viene garantito dalla continua neoformazione di cartilagine e dalla continua sostituzione di questa con tessuto osseo neoformato. Infatti, per la ristrettezza dello spazio a loro disposizione, le cellule cartilaginee si dispongono in più file sovrapposte dando luogo alla formazione della cosiddetta cartilagine seriata. 

L’accrescimento in lunghezza delle ossa lunghe, viene consentito dalla permanenza, tra la diafisi e le epifisi, fino a circa il 23° anno di vita, di un disco cartilagineo di derivazione epifisaria, detto cartilagine di coniugazione. La forma definitiva dell’osso è dovuta all’esistenza di zone aplastiche, in cui il processo di ossificazione si arresta e all’attività di cellule particolari, gli osteoclasti, a funzione erosiva, responsabili soprattutto della formazione del canale midollare delle ossa lunghe. 

CENNI TOPOGRAFICI GENERALI 

Lo scheletro si suddivide in due settori: 

CENNI DI TERMINOLOGIA 

Apofisi: Sporgenze tozze e brevi che si distaccano dalla superficie ossea con una base piuttosto ampia. 

Processi: Sporgenze ben delimitate con radice di attacco piuttosto ristretta. 

Tuberosità: Sporgenze arrotondate, a larga base. 

Tubercoli: Sporgenze arrotondate, più circoscritte, meno larghe delle apofisi e delle tuberosità. 

Spine: Sporgenze appuntite. 

Creste: Sporgenze sviluppate lungo una linea. 

Fossette: Incavature a contorno circolare. 

Docce: Incavature a maggiore sviluppo lungo una direzione. 

Solchi: Simili a docce, ma meno profonde. 

Per quanto concerne la conformazione generale del corpo umano, in rapporto ad alcuni riferimenti geometrici, si nota che, come in ogni vertebrato, esso è costruito secondo un piano di simmetria bilaterale, risultando così diviso in due parti, dette antimero destro ed antimero sinistro, specularmente uguali.

In realtà, mentre esteriormente si riscontra una simmetria quasi perfetta, interiormente essa viene a mancare per motivi funzionali e di sviluppo, specialmente nella cavità addominale. Il piano che determina questa simmetria passa per lo sterno e la colonna vertebrale e viene detto piano sagittale mediano. Piani paralleli a questo ultimo, sono detti piani sagittali laterali. 

Muscoli. 

Generalità

Le masse muscolari costituiscono, all'occhio dell’artista, le parti, dal punto di vista anatomico, più interessanti del corpo umano, come quelle che nella loro mutabilità di modellato determinano i vari aspetti e le varie espressioni delle singole parti e dell’insieme della figura stessa. Benché lo studio delle ossa e delle articolazioni non abbia importanza minore, se pur meno evidente, per quanto concerne la morfologia, gli atteggiamenti, i movimenti e l’espressione, si deve ammettere tuttavia che le conoscenze miologiche rappresentano la parte fondamentale nella cultura anatomica dell’artista; fermo restando che la conoscenza dei muscoli presuppone ed implica la conoscenza dei loro rapporti con le ossa ed in particolare dei loro punti d’inserzione. Mentre le ossa, corpi solidi c resistenti, formano l’armatura della complessa macchina umana e, articolate fra loro, costituiscono gli organi passivi dei movimenti, i muscoli ne rappresentano gli agenti attivi e la sorgente della forza che mette in azione le leve formate dalle ossa. I muscoli stanno a rappresentare ciò che si suole chiamare volgarmente la carne del corpo, e sono di colore rossastro.

I muscoli costituiscono un apparato che risulta di organi principali e di organi accessori. Gli organi principali, i muscoli, hanno una struttura essenzialmente determinata da un ammassamento organizzato di fibre striate che ricopre tutto lo scheletro, determinano la forma esterna del corpo e le diverse caratteristiche delle diverse regioni. Sotto l’azione di stimoli adeguati — sistema nervoso centrale per i muscoli che chiameremo volontari o scheletrici, sistema nervoso autonomo per i muscoli involontari o lisci o viscerali tutti i muscoli hanno la proprietà fisiologica di contrarsi, di accorciarsi e allentarsi determinando movimento nelle parti con cui hanno rapporti di inserzione.

I muscoli involontari, che sono controllati dal sistema nervoso autonomo, presiedono alla dinamica degli apparati della vita vegetativa, hanno disposizione estremamente interna nel corpo della parete stessa degli organi di cui regolano il movimento, e non sono quindi minimamente visibili. I muscoli volontari, a struttura microscopica striata, si classificano in cutanei e scheletrici. I muscoli cutanei sono situati superficialmente al di sotto de la pelle, e si innestano in essa per almeno una delle loro estremità. Così la loro azione si esercita sulla pelle, spostandola rispetto alle parti sottostanti, indicando pieghe, segni, deformazioni, solchi, movimenti superficiali, raggrinzimenti.  Nell’uomo sono rappresentati solamente nella testa e nel collo e costituiscono il gruppo dei muscoli mimici. I muscoli scheletrici hanno le loro inserzioni sullo scheletro. Fissati su organi scheletrici differenti c mobili l’uno rispetto all altro, avvicinando in contrazione i punti di attacco, determinano spostamenti reciproci di posizione fra un organo scheletrico e l’altro creando un movimento.

In un muscolo si distinguono un punto fisso e un punto mobile. Intendendo per primo il punto situato nella parte del muscolo verso la quale si produce normalmente il movimento, e per punto mobile quello che l’azione del muscolo mette in movimento. In determinate condizioni punto fisso e mobile si scambiano reciprocamente ruolo dinamico. I muscoli sono separati dalla pelle per mezzo di fasce. Solo molto raramente sono disposti in un solo strato, di solito sono posti in più piani e possono essere classificati in superficiali e profondi. 

Forma dei muscoli. Di forma variatissima e variabilissima la maggior parte dei muscoli corrisponde a due tipi principali: muscoli lunghi e muscoli larghi.

I muscoli sviluppati secondo una maggiore lunghezza si trovano normalmente negli arti, sono di solito fusiformi, conici o nastriformi. Hanno lunghezze diversissime, dai pochi millimetri del muscolo stapedio, ai pochi centimetri degli oculomotori, ai molti centimetri del muscolo sartorio nella coscia. Alle estremità possono risolversi in più capi. I muscoli larghi si trovano normalmente a coprire le grandi cavità e a congiungere lo scheletro dell’asse del corpo con lo scheletro delle estremità. Hanno forme losangiche rettangolari, trapezoidali ecc. Possono variare da una notevole grossezza ad uno spessore laminiforme.

I muscoli nell uomo hanno un colore generalmente rosso scuro, più pallido nei bambini e nei denutriti. Indipendentemente comunque dallo stato di nutrizione e dall’età si possono distinguere nella stessa persona muscoli più pallidi e muscoli più scuri come ad esempio il diaframma, i muscoli masticatori e i muscoli dell’occhio e il cuore. 

Numero dei muscoli. Il numero dei muscoli è stabilito in cifre differenti dagli autori; in quanto la delimitazione dei muscoli singoli in molte regioni del corpo è completamente arbitraria. Si contano comunque normalmente 327, muscoli pari e 2 impari, a cui dovrebbero aggiungersi i 47 muscoli pari e 2 impari riferiti ai visceri e agli organi di senso.

Peso dei muscoli. Il peso e il volume dei muscoli è variabilissimo e svariato. Dal quadicipite femorale grosso e pesante al piccolissimo stapedio, per la varietà; dal muscolo esercitato di un atleta al debole organo di una persona sedentaria, per la variabilità. Il peso di un muscolo, essendo in rapporto con la quantità di sostanza contrattile, può valutare la potenza della sua contrazione. 

Costituzione dei muscoli. Nei muscoli si considera una massa carnosa, capace di contrazione, che è la sua parte attiva e ne è il corpo vero o proprio, quindi si considerano i tendini e le aponevrosi di inserzione, per mezzo delle quali si ha l'attacco del corpo con l’organo scheletrico.

Proprietà del corpo muscolare. Di colore rosso, il corpo muscolare è molle, estensibile, flessibile, offre resistenza alla trazione, quindi possiede modulo di elasticità, variabile da muscolo a muscolo, dell’ordine di alcuni chilogrammi. Il muscolo vivo mai, nemmeno in stato di perfetto riposo, si trova, come nel cadavere, in stato di rilassamento totale; mantiene infatti uno stato permanente di tono, cioè una contrazione debole attiva continua. Quando noi tagliamo un muscolo i suoi frammenti si retraggono. Nel cadavere questo movimento è dovuto alla elasticità, nel vivo è più evidente perché dovuto alla elasticità e alla tonicità. I muscoli, come già detto, sono organi contrattili, hanno proprietà di accorciarsi sotto stimolo, secondo due modelli diversi di contrazione: contrazione isometrica e contrazione isotonica.

La prima si ha quando il muscolo, fissato fortemente ai suoi due punti di inserzione, non potendo vincere la resistenza, contraendosi non si accorcia ma si indurisce. La seconda si ha quando la contrazione vince le resistenze dei punti di inserzione, e quindi si ha accorciamento. Lo stimolo di contrazione può essere fornito da agenti diversi, fisici, chimici, meccanici che possono trovarsi ad agire direttamente sulla sostanza del muscolo, ma soprattutto dai nervi che agiscono animando le fibre con un vero e proprio apparato nervoso. L'eccitamento nervoso è quello ordinario, è un eccitamento trasmesso dai centri ai muscoli per via diretta (nervo-nervo); per atto riflesso; per azione volontaria.

Il muscolo contraendosi cambia forma, si accorcia e si ingrossa. L'accorciamento non oltrepassa mai il limite di 1/3 della lunghezza.originale. Nei muscoli cutanei e in quelli superficiali la contrazione definisce rilievi sottocutanei, porzioni muscolari dure rotondeggianti e caratteristiche, modificazioni della regione delle sue forme generali, c costituisce la caratteristica morfologica preminente del disegno anatomico classico. Con la morte, i muscoli modificano la consistenza, perdono flessibilità ed elasticità e acquistano una indurita rigidità, non accorciamento, ma semplice rigidità, fissazione dello stato tonico muscolare in cui la morte ha sorpreso l’uomo. Questo fenomeno della rigidità cadaverica inizia con il cessare della circolazione manifestandosi apertamente attorno alla sesta ora, e raggiungendo un massimo verso la trentesima ora per recedere con il progressivo dissolvimento della materia organizzata e delle sue caratteristiche chimiche e fisiche. 

Proprietà degli organi di inserzione: tendini e aponevrosi. Gli organi di inserzione, tendini e aponevrosi, collegano il corpo del muscolo alle parti che derivano dal muscolo il movimento, che trasmettono la sua contrazione. Tendini. Organi di colore biancastro, splendenti, resistenti, lucidi, non estensibili, di grossezza e lunghezza diversa e variabile. Ogni muscolo presenta a ciascuna estremità un tendine. Si distinguono due tendini, d’origine e terminale, che congiungono rispettivamente il muscolo al punto fisso e al punto mobile. Se un muscolo si risolve in diversi capi ad una delle due estremità, ogni capo muscolare presenta un tendine proprio, che può fissarsi ad ossa differenti da quella cui si fissa il tendine fratello. Anche i tendini possono risolversi in diversi tendini secondari. In alcuni muscoli esistono anche tendini che non si trovano alla estremità di inserzione, ma nel bel mezzo del corpo muscolare: si tratta di fasce tendinee, o di vere interruzioni del corpo muscolare che si chiamano iscrizioni tendinee. La divisione del muscolo così ottenuta in diversi segmenti produce delle inflessioni della massa carnosa apprezzabili anche sotto la pelle, come nell’addome.

I tendini si inseriscono spesso alle ossa, molto più di rado ad organi cartilaginei, alle membrane interossee, oppure a parti molli. Nelle inserzioni alle ossa, le fibre del tessuto connettivo che costituisce la struttura intima del tendine, vanno soggette a un indurimento, fino alla calcificazione, a partire da una certa età. Penetrano nell’interno dell’osso dove si irraggiano, mantenendosi distinte dalla sostanza strutturata dell’osso, ma esplicando sull’organo scheletrico la forza su una superficie maggiormente estesa. Alcuni tendini, come il noto tendine di Achille, si inseriscono sull'osso ad angolo acuto all'altezza di rilievi; in questi casi i fasci tendinei si trovano murati sotto la parte superficiale dell’osso. I tendini che si inseriscono a parti molli, come i muscoli mimici e i muscoli della lingua, contengono fibre elastiche, che si irradiano in dette parti e vi determinano una elevata tensione.

Aponevrosi. Le aponevrosi sono membrane fibrose che servono anche esse, come i tendini, alle inserzioni muscolari. Possono essere considerate tendini sviluppati in superficie. Si trovano nei cosiddetti muscoli larghi. Si distinguono per varia estensione e grossezza, che può essere variabilissima. Le aponevrosi meglio sviluppate hanno un colorito bianco e grandissima resistenza. Classificazione topografica. Per comodità del nostro studio classificheremo i muscoli in:

1) muscoli degli arti superiori

2) muscoli degli arti inferiori

3) muscoli del collo

4) muscoli del tronco

5) muscoli della lesta.

Variazioni dei muscoli. I muscoli sono gli organi che presentano con frequenza maggiore, rispetto agli altri organi dei diversi apparati, deviazioni dalla norma. Modificazioni di decorso, di forma, di inserzione, di funzionalità nel numero dei ventri muscolari e delle loro divisioni, nella fusione parziale o totale con organi muscolari adiacenti, nel soprannumero.

Meccanismo e dinamica muscolare. Il lavoro muscolare dipende da due elementi: la lunghezza c la sezione trasversa fisiologica, cioè la somma delle sezioni trasverse, delle fibre muscolari. Il primo fattore, la lunghezza, indica l’ampiezza del movimento che il muscolo può far eseguire all’organo scheletrico

Il secondo fattore, cioè la forza d'azione muscolare, è il valore della resistenza che il muscolo può vincere, più grande più l’organo muscolare è grosso. Mostrando la maniera di azione di un muscolo, si prende in considerazione il caso più elementare, un muscolo a fasci longitudinali che vada da un osso a un altro con decorso rettilineo. Se questo muscolo si contraesse eserciterebbe una trazione uguale sui due punti di inserzione tenderebbe a spostarli di un tanto uguale l’uno verso l’altro, questo se la resistenza dei due punti scheletrici di impianto fosse uguale. Generalmente invece si osserva uno dei punti di inserzione fisso o quasi fisso, quindi la forza di contrazione si esercita solo sull’osso che si tiene mobile. Si è già detto che in diverse condizioni un punto fisso può diventare mobile. Generalmente infatti la fissità di un osso è il risultato di un irrigidimento coordinato provocato dall'azione di altri gruppi muscolari.

L’osso mobile è una leva.  In questa leva il punto di appoggio è nell'articolazione con I'osso che funziona da fuso, la potenza nel punto in cui il muscolo motore si innesta sull’osso, la resistenza è invece in un punto variabile. 

I: Leva di 1° genere                                                        II: Leva di 2° genere                                                                       III: Leva di 3° genere

Su questo punto variabile viene ad applicarsi la risultante delle azioni che ostacolano lo spostamento del punto mobile (resistenze di azioni muscolari antagoniste, pressioni o pesi dall’esterno, tensioni di parti ecc.). Secondo le posizioni rispettive di questi tre punti (figura sopra) l’osso mobile rappresenterà una leva di primo, secondo e terzo genere. Le leve di terzo genere sono le più frequenti, hanno il vantaggio di una maggiore velocità dinamica, con la contropartita di un maggiore impegno di forza. Secondo i principi della dinamica, la forza che la contrazione del muscolo viene a sviluppare verrà tutta impiegata ad eseguire il movimento solo nel caso che la linea secondo la quale il muscolo agisce faccia con l’osso mobile un angolo retto. 

Quando venisse a fare appena un angolo acuto oppure un angolo ottuso, una parte grande o piccola di energia andrà perduta. Poiché nell’atto stesso di un movimento, l’angolo che il muscolo incide sull’osso mobile diminuisce, nell’atto stesso di un movimento la forza agente da parte di uno stesso muscolo sullo stesso osso varia nel tempo, e varia il valore di utilizzazione dell’energia di contrazione. Spesso la presenza di formazioni ossee, sporgenze, processi, docce, modifica il decorso del muscolo proprio in vicinanza al punto mobile. In questi casi la direzione dello sforzo e del lavoro muscolare è quella breve che va dal punto mobile al punto di riflessione. Spesso si trovano muscoli curvilinei inseriti a punti fissi, la loro contrazione produce una loro tensione e raddrizzamento, che può avere per effetto la compressione di parti corrispondenti al lato concavo del muscolo nella posizione di riposo, oppure alla trazione sulle parti collegate al loro lato convesso. 

Azioni muscolari. Si distinguono le azioni vere e proprie già descritte, o azioni principali, e le azioni accessorie o secondarie, che sono conseguenza indiretta della azione principale, oppure che richiedono un complesso dinamico di azioni di muscoli diversi. Come esempio di azione secondaria del  primo tipo si dà il muscolo che, oltre alla azione di movimento di una parte di scheletro, mette anche in contrazione una fascia.

Come esempio di azione secondaria del secondo tipo, si danno i tanti casi, in cui un muscolo si associa all'azione di un altro muscolo per rafforzarla o per renderla differente. Un movimento risultato della azione di un solo muscolo è puramente teorico: generalmente il movimento è il prodotto della azione di diversi muscoli, compartecipanti in diverso grado e maniera. In una articolazione a cerniera, del tipo più frequente degli arti, si distinguono muscoli flessori ed estensori. I muscoli di uno stesso gruppo funzionale si chiamano sinergisti, quelli del gruppo opposto antagonisti.

Quando si opera ad esempio una flessione, i flessori si accorciano ed aumenta il loro tono e la loro tensione, mentre i muscoli del gruppo antagonista, gli estensori, vengono stirati, non comunque passivamente perché il loro tono è regolato continuamente dal sistema nervoso; gli estensori (in questo caso antagonisti) esistono funzionalmente quindi anche nel caso di una flessione, perché agiscono da freno; se il freno agisce con pari forza all’azione il movimento viene impedito e immobilizzata l’articolazione. Non sempre i muscoli rappresentano una unità di funzione, spesso le diverse fibre dentro uno stesso muscolo possono compiere azioni diverse e anche opposte. I vari movimenti dovuti all’azione muscolare si chiamano semplici, se sono determinati da un solo muscolo, composti, se risultano dalla contrazione di due o più muscoli che agiscono contemporaneamente sopra un medesimo punto. 

Questi ultimi sono i più frequenti, poiché ogni contrazione determinante un movimento è accompagnata dalle contrazioni di altri muscoli, che servono a fissare la parte sulla quale prendono punto d’appoggio i muscoli che determinano il movimento. Perciò il cambiamento di forma che si verifica nella figura umana durante un movimento non dipende soltanto dalla contrazione del muscolo 0 del gruppo di muscoli (chiamati muscoli direttivi) che producono il movimento, ma ancora dalla simultanea contrazione di quelli che immobilizzano la parte prossima a quella che muove, definiti muscoli fissatori. (Per es. quando si solleva un peso coll’arto superiore, la cintura scapolare viene immobilizzata prima per mezzo dei muscoli che vi si inseriscono, i quali debbono contrarsi simultaneamente per fissarla al tronco). In un dato movimento o atteggiamento, mentre si presentano contratti tutti i gruppi muscolari che determinano il movimento e l'atteggiamento stesso, i gruppi antagonisti si trovano in riposo, e perciò rilasciati e non fanno forte sporgenza nel modello. 

Il rappresentare perciò una figura con tutti i muscoli egualmente delineati è un errore, e Leonardo, nel suo Trattalo della Pittura, lo aveva già posto in rilievo: «Quel pittore che avrà cognizione della natura dei nervi, muscoli e lacerti, saprà bene, nel muover un membro, quanti e quali nervi ne siano cagione, e qual muscolo sgonfiando e cagione di far scortare esso nervo, e quali corde convertite in sottilissime cartilagini, ravvolgono e circondano detto muscolo: e non farà come molti che in diversi atti sempre fanno dimostrare quelle medesime cose in braccia, schiene e petti». « ... non si può muovere (il corpo umano) se una parte dei muscoli non si allenta, quando gli oppositi muscoli tirano; e quelli che si allentano mancano della loro dimostrazione, e quelli che tirano si scuoprono forte, e fannosi evidenti». « Ricordo a te, pittore, che ne’ movimenti che tu fingi esser fatti dalle tue figure tu scopra quei muscoli, i quali soli si adoprano nel moto ed azione della tua figura; e quel muscolo che in tal caso è più adoperato, più si manifesti, e quello ch’è meno adoperato, meno si spedisca; e quello che nulla adopera resti lento e molle e con poca dimostrazione ».