Anatomia artistica applicata alle belle arti

Anatomia Artistica applicata alle belle arti

(A. e G. Morelli – 1977)

Con note di: Giampaolo Lomazzo, Giambattista Piazzetta, Francesco Bertinatti, Michelangelo Asson.

L’Anatomia artistica costituisce una solida base teorica per le arti figurative, paragonabile a quello che è la prospettiva per l’architettura, o alla grammatica e al vocabolario per la letteratura.

L’Anatomia artistica ha compiti vasti, che non possono ridursi ad un formulario scolastico; è scienza viva aperta a sempre nuove e proficue investigazioni. Per essa la conoscenza anatomica trascende i limiti che il canone tende a fissare una volta per sempre su un bello ideale. 

Al pari della prospettiva questa disciplina va considerata dunque entro il quadro generale della Storia dell’arte, giungendo così alla concezione dell’anatomia nell’ambito dell’esperienza figurativa di tutte le passate generazioni di artisti.




Giampaolo Lomazzo

…“Or quanto alle figure quadrate ne disegnò assai Vincenzo Foppa, il quale forsi douea hauer letto di quelle che in tal modo squadraua Lisippo Statonaro  anticho, con quella simmetria, che in latino non hà nome alcuno. Et ‘seguendo lui  ne disegnò poi l Bramante un libro, da 

cui Raffaello,  Polidoro, e Gaudentio ne cauarono grandissimo giouamento; e secondo che si dice è peruenuto poi nelle mani di Luca Cangiaso Pozzeuerasco, il quale perciò è riuscito nelle inuentioni, e bizarrie rarissimo al mondo.” …

Giampaolo Lomazzo - "Trattato dell'arte de la Pittura" - Milano 1584 (libro sesto Pag. 320)  

Giambattista Piazzetta

La intelligenza della Notomia, non che giovevole, è in gran parte necessaria ad un Pittore, e ne’ tempi trapassati fu diligentemente osservata, e studiata da’ nostri Maestri. I Pittori mezzani ancora egregiamente la sapevano, e se con tutto ciò non poterono innalzarsi oltre alla mezzanità, egli è, perché tante altre parti si convengono ad un Pittore, e tutte di bel­lezza, e di diletto producitrici, e più ancora, che la stessa Notomia, con la scienza della quale uno puote infimo Pittor rimanersi; ciò non ostante convie­ne, che il Giovane studioso intorno a questa s’adoperi, ma col riguardo, che solamente una parte ne basta al Pittore, e che non dee competere con l’ec­cellente Morgagni, [Giovan Battista Morgagni – n.d.r] ch’è il Raffaello per cosi dire de’ Notomisti.

Deve inten­dere come i muscoli agiscono nelle varie posature del corpo, e come talor si nascondono, e talor si discoprono agli occhi nostri, secondo che la operazio­ne, e l’atteggiamento il richiede; come si legano insieme le parti, e come l’una adoperi dipendentemente dall’altra. Questa intelligenza, se da se non fa un buon Pittore, ad un buon Pittore dà compimento, e perfezione, e qualunque studia sanamente, deve alla perfezione aspirare. Questa facoltà, egli è vero, fu negli ultimi passati tempi non poco negletta, cosi che se ne perdet­te quasi affatto l’uso, e perdendosi a poco a poco questo, si perdette ancora negli amatori della 

Pittura la brama di vederla osservata, avvezzati a vedere di dì in dì strane, e nuove foggie di muscoli, e d’ossa difformate, e mala­mente locate, senza che alcuno se ne dolesse, e diversamente desiderasse, co­me certamente desidererebbono quelle compassionevoli, e mischine figure di­pinte, sé senso avessero, ed intelletto, nel trovarsi a cosi brutto segno ridotte di non poter moversi, né operare a voglia loro;

ma perché i mali, che lun­gamente stanno occulti, se al sommo van crescendo, alla per fine si manife­stano, questo morbo cosi nella Pittura si avanzò, e a tale obbrobrioso segno pervenne, che la gente di tanta mostruosità s’avvide, e al migliore cominciò a rivolger la mente. Potrebbesi sperare, che questo avesse a porgere gran gio­vamento all’arte; ma io temo il contrario, cioè, che quella medicina, men­tre intende a guarire una parte mal sana, tutte le altre infermi, e corrompa. Un rimedio fuor di tempo adoperato, e scompagnato da ciò, che seco ir debbe, invece di apportar sanità talor reca morte, né parlo di cosa, che spesse fiate non succeda.

Certamente non si può negare, che anche senza profondarsi in questo studio, abbiamo avuto Maestri di molto grido, ma perché eccellentissimi in tan­te altre parti della Pittura, nella quale più pregevoli di gran lunga sarebbono, se la cognizione della pittoresca Notomia vi avessero aggiunta. Bisogna dunque questa studiare, ma non però intisichirvisi sopra; s’ha a sapere solamente quanto serve alla imitazione del vero in ciò che alla vista apparisce. Il cercar più oltre, verbigrazia, qual sia l’uficio del cuore, e per quale arte­ria il sangue ne parta, e per quali vie discorra, e quindi come al cuore ri­torni; come riceva le percussioni dell’aere il timpano dell’udito; e da quanti muscoli gli occhi sieno mossi, e in qual modo, e altre simili cose, sarebbe un perder tempo, e rider farebbe a guisa di un Procaccio, che altro cammin non dee fare, che da Firenze a Vinegia, e da Vinegia a Firenze, il quale, prima d’imprendere un tal mestiere, volesse sulle carte geografiche consultare, ed intendere, per esempio, sé l’alpi sono maggiori, e più alte de’ pirenei, e quanti scogli, e quanti pericoli s’incontrano nel gran viaggio del Cana­da; e più ancora farebbe ridere, sé dopo un tanto studio fallasse il suo bre­ve cammino. Prima della forma, e della visibile operazione dei musculi, s’ha a studiare ben bene la struttura, e la concatenazione dell’ossa, e a questo darà non po­co ajuto la Simmetria, anzi, credo che debbano ajutarsi insieme a vicenda.

Quando s’avrà ben considerato, ed appreso (e questa non è fatica di lungo tempo) come sono fatte le ossa, e come legate insieme, e qual’effetto pro­ducano nel mover loro, necessario è ciò ritenere nella memoria, e però con­viene disegnarle più volte, e con diligenza, da che si possono dire il fondamento della struttura umana; e un gran Pittore so che dicea, che quando l’ossa si poneano al luogo loro, e loro si dava la debita forma, e misura, si era da un pericolo, e dal maggiore sicuro. Dopo questo dovrà poi studiare la Notomia, riguardando questa a vestir l’ossa di carne, e di pelle, e di ciò, che serve alla vita, e al moto, secondo la provida disposizione della natura, il che serve non poco a riparar qui difetti, che s’incontrano spesse fiate nel vero, da cui la venustà, e la simmetria vengono offuscate, e guaste, e que­sto non è lieve avvantaggio.

Non ha scritto autor niuno di pittura, che non abbia giudicata la Notomia necessaria; non quel da Vinci, che un trattato ne compilò, molto dal Vasari laudato; non lo stesso Vasari; né quant’altri hanno dato precetti di Pittura; alcuni bensì ne hanno biasimata la sottigliezza soverchia. Spesse fiate ancora serve questa facoltà alla espressione degli affetti, che sogliono produrre nei muscoli, e nelle attitudini varietà di movimenti, ora i muscoli alterando, e i tendini, ed, ora riconcentrandoli, e questi effetti rappresentanti all’occhio nostro ci fan subito giudicar colui essere o per alcun dispiacere afflitto, o adirato, o di grave timore acerbamente computo, o ripieno di soavissima giocondità.

Esaminando l’Accademia di Parigi nelle sue conferenze la statua del Laoconte (che giudica sopra ogni altra perfettissima) o dottamente discorrendo intorno alla maestà, che spira questo figliuolo d’Ecuba, e di Priamo, e gran sacerdote di Nettuno, passa a considerare la espressione del suo dolore, che sin nella estremità de’ piedi si manifesta, (cosa da Greco) ne si potea ciò fare senza intendere Notomia, la quale se non va­le ad indagare per quali interne vie produca una passione alcuni particolari moti nelle fibre, e nei nervi, vale egregiamente ad esprimere, e rappresentare gli esterni, e visibili effetti donde una tal passione si manifesta.

Servì grandemente la Notomia al Buonarroti nel suo terribil giudicio, ma servì ancora a Raffaello nelle sue nozze di Psiche, e in altre simili leggiadre rappresentazioni, conciosiacosachè anche nelle Veneri, e nelle grazie può la intelligenza de’ muscoli aver luogo. Ne’ femminili corpi, e gentili, e di carne lisci, e rotondi, pochissimi muscoli appajono, e leggermente, tuttavia convien, che il Pittore sappia, ove debbono, ancorché leggermente, apparire, averten­do di frenar quel di più che ne fa, per non uscire del convenevole. Il giu­dicio di Michel’Angelo è pieno di nudi terribili, e qui la Notomia ha ben potuto far pompa di sé, ma meglio fora stato se meno ciò avesse fatto nella forma delle giovinette Donne, e delle tenere Vergini.

Raffaello non mancò né pur egli di robustezza, e di forza, e ben lo palesa l’Atila, e l’Eliodoro in Vaticano, e quel suo terribil Profeta in S. Agostino di Roma, che al Mosè di S. Pietro in Vincola per maestà, e per grandezza di stile non cede; ma seppe all’uopo contenersi nei limiti della eleganza, e della delicatezza in tante graziose, e gentili fanciulle nelle sue amene storie dipinte. L’abito fat­to nello studio della terribilità così trasportava il Buonarroti, non cosi Raffaello, che altro abito non avea, che il suo divino intelletto, perché sapea le sue cognizioni egregiamente all’uopo temperare, e a questo debbe aver gran riguardo qualunque trattar voglia la pittoresca Notomia.

Debbe tenere ancora fissa la mente alla operazione, che si vuole, ch’esprima la figura dipinta, imperciocché in altra guisa appariscono i muscoli in un Ercole, che combatta, e strozzi il Leone, o in uno, che giaccia, e riposi dopo la uccisione dell’Idra. Col debito diffalco, questo è parimente da osservare né corpi gentili, e fin ne’fanciulli. Bisogna però avvertire di non trop­po, e sempre far pompa della intelligenza dei muscoli, come alcuni, che sin nelle figure vestite hanno voluto affettatamente le parti dimostrare dei corpi ignudi; e se qualche volta i Greci hanno cosi fatto, non credo, che per altro, che per rispetto s’abbia a lasciar di tacciarli, il che non può farsi ove tanto merito non risplenda, che obblighi a tacere.

Chi poi di questo studio è ignaro, dee guardarsi, come da uno scoglio, di voler far mostra di saperne, che romperà in istrane cose con suo vituperio. Chi non intende una lingua non la parli per non far ridere. Molti sono di parere, e ciecamente dicono, e stoltamente, che a nulla gio­vi cosi fatta scienza, potendosi, dicono essi, ritrarre il vero come si vede; ma, dico io, se di più non s’intende mercé lo studio della pittoresca Notomia, né pur quello si vede, che uno crede vedere. Cosi alcuni, che non ne sanno un jota van proccurando di far credere inutile, e vano quello, che ignorato è da esso loro. Si guardi da una cosi perniciosa sentenza chi vuol trattar la pittura con giudicio, e con sapere.

Conchiudo, che allo studio della Notomia debba attendere il giovane Sco­lare se brama di far profitto, e verso la perfezione incamminarsi, ma pensi ancora, che un tale studio non basta per divenire prestante pittore, impercioc­ché molte, e molte altre parti ci sono, che per esser pittor prestante abbisognano; anzi con la sola, e nuda Notomia altro pittore non si può essere, che secco, insulso, e sgraziato. Tutte queste cose finalmente, che nella perfezione dell’arte sono necessarie, può ogni intelletto apprenderle con sicurezza pur che voglia con diligenza a quanto gli è mostrato per mente. Circa le altre parti per le quali ci vuole un ingegno creatore, e di belle idee producitore, se la natura non lo ha provveduto di tale ingegno, non potrà mai certamente produrre alcuna cosa buona, e in un tale stato invano si riccore al soccorso dei precetti, e delle speculazioni.

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"Studi di Pittura di Giambattista Piazzetta – Venezia 1760" - Capitolo IX. 


Si ringrazia l’Editore: Grafiche Antiga, di Crocetta del Montello (TV) e gli altri titolari dei diritti, per aver concesso l’autorizzazione alla pubblicazione del documento su G.B Piazzetta, per motivi didattici. Opera: ISBN 978-88-97784-75-3 “L’Accademia di Belle Arti di Venezia”,  a cura di Giuseppe Pavanello. 

Francesco Bertinatti  

(In: introduzione a: "Elementi di anatomia fisiologica applicata alle belle arti figurative" di F. Bertinatti - 1837).

"L’Artista, bramoso di giungere alla perfezione dell’Arte, deve studiare con intelligenza il principale oggetto che gli occorre di rappresentare, cioè l’uomo. In vano, al dire dello stesso Leonardo da Vinci, si può sperare di rettamente disegnare senza la cognizione della scienza anatomica, per cui acqui­stasi una cognizione filosofica della macchina umana. L’artista però devo studiare questa scienza con iscopo diverso da quello che si prefiggono i cultori delle scienze medico-chirurgiche.

Egli deve ricavare dallo studio dell’anatomia sodi precetti per disegnare con precisione ed intendimento, e stabilire sicure leggi onde appoggiare il suo giudizio ne' lavori che va facendo, e nello scegliere gli oggetti che im­prende a copiare".

Risulta dunque da questa premessa, che il trattato più plausibile di anatomia per gli artisti non sarà quello che avrà un maggior numero dì bella tavole anatomiche o di disegni di muscolose figure antiche ad ottimo fine condotte, ma quello invece sarà più da lodarsi che meglio servirà a formare il criterio del giovine artista nello stabilire e rappre­sentare fedelmente tutte le possibili posizioni del corpo umano, tanto negli usi famigliari, quanto sotto l’influenza delle passioni, considerando le dette tavole come particolari esempi applicati alle regole generali.

L’anatomia applicata alle Belle Arti fu gene­ralmente denominata anatomia pittorica. Tale de­nominazione pare non poco vaga, avvegnaché non dà idea sufficiente della cosa che dovrebbe signifi­care. 

Gli scultori, a modo di esempio, abbisognano più che i pittori della cognizione dell’anatomia: eglino non hanno l’aiuto del colorito e del chiaro oscuro: il pregio delle loro opere risulta tutto dalla verità anatomica, così dovrebbe piuttosto dirsi anatomia scultoria. Altri denominarono quest’ anato­mia ipodermatica o succutanea: ma, come ve­dremo in seguito, non essendo bastante al valente artista la cognizione dell’ anatomia superficiale per giungere al fine proposto nella perfezione, cosi nep­pure questa denominazione deve essere abbracciata. Il titolo da noi adottato ci sembrò più conveniente. Due parti essenziali saranno da noi prese ad esame nel corso di questi elementi. Nella prima ci tratterremo principalmente nella descrizione delle cose che l’artista deve disegnare, e nelle conseguenze immediate che si devono dedurre dalla parte de­scritta.

Nella seconda tratteremo in certa guisa della filosofia della scienza, studiando lo cose che danno grazia, espressione e vita alle figure disegnate, ossia studieremo piuttosto alcune parti di anatomia fisio­logica. – (pag. 25).   Testo completo 

Michelangelo Asson

“L’INFLUSSO DELLA SCIENZA SULL’ARTE PUÒ ESERCITARSI TANTO DAL LATO DEL CONCETTO CHE DELLA FORMA”.

“…Quella però tra le ramificazioni dell’umana sapienza, che più s’addice alla pittura ed alla scoltura, le due arti figurative, è l’Anato­mia, e proprio quella parte de’ suoi vasti domini, che pren­dendo a considerare le proporzioni e le forme esterne del corpo umano in correlazione coll’interna struttura, deve necessariamente a quelle due arti venire applicata. Costituisce allora una nuova tempera di anatomia, che se, dall’un lato, schiva certe minute indagini sull’ intima te­stura delle parti del corpo umano, né si profonda con sot­tili industrie, co’ microscopi, co’ mezzi chimici, con alcuni più o meno ingegnosi esperimenti, ne’ secreti recessi delle assimilazioni del senso del molo, dell’istinto, dell’intel­letto, in una parola della vita, entra dall’altro canto in tan­ta moltitudine di particolarità e di ragguagli per rispetto alle forme esteriori, in corrispondenza alle sottoposte par­ti, e agli impulsi che a queste addivengono da’centrali or­gani, per cui si modificano le forme stesse, che ne riesce una scienza indipendente, una scienza per sé alquanto estesa e rilevantissima. 

Lo scheletro vestito de’ suoi muscoli, e questi e quello coperti dagli integumenti, e serpeggiati dalle vene, e dalle sottili reti vascolari periferiche, bastano a prima giunta a dar ragione, nello stato di quiete, di tutte le forme este­riori del corpo umano.  I vari atteggiamenti poi e i moti, di cui sono suscettibili i pezzi articolati dello scheletro, l’azione correlativa de’ loro muscoli, e le mutabili condi­zioni nel corso del sangue entro le vene superficiali e le reti vascolari sopra mentovate, spiegano gl’innumerevoli cangiamenti che, durante lo esercizio e le vicessitudini della vita, in quelle forme si appalesano. Dissi gl’innume­revoli cangiamenti; conciossiachè consiste in questi la conversione dirò così dell’uomo interno al di fuori, la manifestazione di se medesimo, l’espressione di ogni atto del suo pensiero, delle sue affezioni, delle sue passioni, e la effettuazione di tutti questi atti mediante i corrispon­denti movimenti suscitati e diretti ora dall’istinto, ora dalla volontà, ora dal concorso simultaneo dell’uno e dell’altra.

Ci apparirebbero così, in poche note, compendiate e formulate tutte le attribuzioni dell’artistica anatomia. Sono però assai lunghe dallo avervele appena adombrate, e portatavene così in iscorcio la idea: locchè evidente­mente risulterà dallo esame che, a parte a parte, verrò istituendo sopra ciascheduno degli accennati elementi, e di quelli che ci è uopo a’ medesimi aggiungere. …”

Prelezione 7 gennaio 1864. pp. 10, 11 

(Dr. Michelangelo Asson – Professore di Anatomia Artistica dell’ I. R. Accademia di Belle Arti in Venezia – 1864)