19 gennaio 2023 - La scelta della forma organizzativa

prof. Gennaro IACAMPO, prof. Antonio SPINA, prof.ssa Antonietta PRIMIANO


Nella scelta dell'organizzazione da dare alla CER si è partiti da due aspetti fondamentali da osservare: il primo, dirimente, è quello secondo cui la CER non deve perseguire una finalità di lucro, il secondo è quello della semplificazione.

Il primo aspetto porta ad escludere tutte le organizzazione societarie finalizzate al lucro, sia nella forma della società di persone, che nella forma di società di capitali.

Il secondo aspetto ha portato la scelta a rivolgersi ad un'organizzazione minima, sia dal punto di vista sociale, sia dal punto di vista degli adempimenti fiscali, sociali ed economici.

A questo punto la scelta del tipo di organizzazione da assumere è stata obbligatoriamente rivolta al terzo settore.

Il “terzo settore” ha assunto negli ultimi anni una importanza maggiore, sia perchè può essere visto come soluzione parziale alla crisi dello Stato Sociale, sia perchè consente una più immediata risposta ai nuovi bisogni sociali emergenti.

Il terzo settore, dunque, fa propria la finalità collettiva, propria dello Stato, agendo con la snellezza ed i mezzi propri delle organizzazioni private- Esso, inoltre, non avendo una finalità lucrativa, può raccogliere la fiducia degli stessi consumatori.

Questi ultimi esprimono una crescente richiesta di qualità e di fiducia da parte di chi eroga i servizi, soprattutto se si tratta di servizi alla persona, la quale è al centro del sistema, nella sua individualità e nelle sue forma di aggregazione.

L’impresa è orientata al profitto, cerca di max il risultato economico e in sede di negoziazione tenta di ricavare il massimo prezzo dalla controparte

L’impresa non profit, invece, non ha come scopo principale il profitto, per cui, essendo diverso il finalismo rispetto alle aziende di produzione, l’operare delle organizzazioni non profit non va valutato tanto in relazione alla loro capacità di produrre ricchezza economica, quanto in relazione: alla quantità e qualità dei bisogni sociali soddisfatti e all’utilità sociale da esse prodotta.

Nell'ambito del terzo settore, negli ultimi anni, si è avuto un intervento legislativo da parte dello Stato, per regolamentare e favorire il settore, percepito come meritevole di tutela.

Così, accanto ai tradizionali istituti normativi già presenti nel codice civile, sono state emanate nuove leggi, tra cui ricordiamo il Codice del Terzo Settore – Decreto legislativo 3 luglio 2017 n. 117 e ss. mm. ii., che ha provveduto al riordino e alla revisione compressiva della disciplina vigente in materia, sia civilistica che fiscale.

In attuazione del Codice del Terzo Settore sono stati emanati diversi decreti ministeriali che ne regolano la funzione.

Il C.C riconosce diverse tipologie di organizzazioni non profit:

  • Associazioni riconosciute e non riconosciute;

  • Fondazioni;

  • Comitati ;

  • Cooperative sociali;

  • Organizzazioni non governative.

Tra le dette forme organizzative, quella che più risponde alle esigenze ed ai requisiti richiesti è la forma dell'associazione.

Ciò sia perchè non persegue finalità di lucro, sia perchè ha un'organizzazione semplice, immediata rispetto ai consumatori finali, trasparente ed economicamente affrontabile. Lo scopo dell’associazione, infatti, è quello di soddisfare i bisogni di natura non economica, dei propri membri. Ha una struttura a “porta aperta”: nuove parti possono intervenire nell’associazione già costituita, senza cambiamento dell’atto costitutivo. È caratterizzata da una propria struttura organizzativa che si compone di due organi, l’assemblea e gli amministratori. Vi sono due tipi di associazione, quella riconosciuta e quella non riconosciuta: l’associazione è riconosciuta qualora venga iscritta nel pubblico registro delle persone giuridiche, istituito presso la Prefettura. Tra i due tipi di associazione, riconosciuta e non riconosciuta, va sicuramente preferito il primo, per diversi fattori:

  • Autonomia patrimoniale perfetta nei confronti dei soci (il patrimonio dell’associazione si presenta distinto rispetto a quello degli associati e degli amministratori)

  • Limitazione di responsabilità, degli amministratori, per le obbligazioni assunte

  • L’associazione riconosciuta può accettare eredità legati e donazioni e acquistare immobili (è dubbio se ciò possa essere fatto dalle ANR)


Riguardo alla formazione dell'associazione, occorrerà stipulare : l’atto costitutivo (in genere atto pubblico), contenente la volontà di dar vita al rapporto associativo; lo Statuto, che contiene la struttura delle modalità di esecuzione del rapporto e forma parte integrante dell’atto costitutivo.

L’Atto costitutivo è l’atto di nascita di un’associazione. Deve essere sottoscritto dai tutti i soci fondatori e deve contenere la volontà di creare l’associazione. Nell’atto sono inoltre indicati il nome, le finalità, la sede sociale e il nome del presidente eletto dell’associazione. All’atto costitutivo è allegato lo Statuto. Questo rappresenta l’insieme di norme che regolano tutta la vita dell’associazione. Ai membri dell’associazione non potranno essere richiesti obblighi, né essi potranno vantare diritti all’infuori di quelli che sono esplicitamente contemplati nell’atto costitutivo. Lo Statuto conterrà la regolamentazione degli organi dell'associazione. La procedura più semplice e più economica da seguire per la costituzione di un'associazione è quella della scrittura privata registrata. La prima cosa da fare è richiedere il rilascio del Codice Fiscale (C.F.) presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate. Il C.F. è il codice identificativo unico che lo Stato assegna a tutti i cittadini e a tutte le organizzazioni presenti sul territorio nazionale. Il rilascio del codice fiscale è gratuito. Il secondo passo è procedere alla registrazione vera e propria consegnando almeno due copie dello Statuto e dell’atto costitutivo, firmate dai soci fondatori in originale, agli uffici preposti dell’Agenzia delle Entrate. I costi di registrazione, marca da bollo e imposta di registro, ammontano in circa 200 euro. Inoltre l’associazione dovrà, nel caso svolga attività commerciale, richiedere la Partita IVA all’Agenzia Provinciale delle Entrate e iscriversi alla CCIAA nella particolare sezione a essa dedicata.