Edizione Febbraio 2024

Editoriale 

Il Sistema di valutazione 

di Rossella Costabile

Si parla di valutazione con riferimento ad un'azione di selezione e di formazione di una graduatoria in base ad un titolo di merito; si può valutare /selezionare ex ante quando si analizzano progetti di ricerca per decidere quali finanziare o quali candidati ammettere ad un corso di formazione o altro, a numero chiuso. Si può selezionare ex post quando si esaminano i risultati conseguiti da amministratori o responsabili di qualche progetto, in questo tipo di accezione la valutazione è la traduzione della parola "assessment". Un secondo significato del sostantivo è quello riferibile alla misurazione dei risultati. In questa accezione si stratta di una decodifica del termine inglese "measurement". Un terzo significato della parola è quello di rendicontazione, un'attività volta ad individuare se e in che misura l'azione intrapresa da un soggetto, anche istituzionale, sia conforme ad un qualche schema definito ex-ante. A seconda di come questi schemi sono definiti, la "valutazione/rendicontazione" può essere un controllo formale di rispetto di norme e procedure, oppure un'azione di analisi dell'efficacia dell'azione rispetto a obiettivi prefissati. Con queste caratteristiche la valutazione è l'equivalente italiano dell'inglese performance "budgeting". Un altro concetto è quello di monitoraggio, cioè l'analisi dei processi di realizzazione di un'attività, riferibile all'inglese "implementation analysis". Un ultimo modo di percepire la valutazione è quello di stima dell'effetto di un qualsiasi intervento,la terminologia inglese più vicina è quella di "treatment effect analysis" o "programme evaluation". Nel sistema scolastico si parla di valutazione in riferimento a quattro    soggetti: il sistema scolastico, le singole scuole, gli apprendimenti e il successo scolastico degli allievi, il personale della scuola. Con riferimento all'intero sistemascuola, le accezioni più utilizzate sono quelle di valutazione/misurazione e valutazione/rendicontazione. Le indagini internazionali condotte dall'OCSE-PISA sui quindicenni, o quelle IEA, in merito alle conoscenze e abilità di bambini di quarta elementare (PIRLS, TIMSS) o dell'ultimo anno della secondaria di primo grado(TIMSS),sono un esempio di questo tipo di "valutazionemisurazione". La misurazione delle risorse fisiche (le scuole) umane e finanziarie effettivamente impiegate rappresenta l'opportunità in fieri per poter effettuare "valutazioni/rendicontazioni" che assumono carattere di disamina dell'efficienza e dell'efficacia del sistema scolastico. IlLa valutazione dell’apprendimento è un tema problematico che non trova in genere d’accordo gli insegnanti, le famiglie degli studenti e gli studenti stessi. I motivi di insoddisfazione sono numerosi, ma comune e diffusa in tutti è la difficoltà a trovare giustificazioni ed elementi di trasparenza nell’espressione dei propri giudizi. Molti, non solo insegnanti, si chiedono    quale valore reale abbia la valutazione scolastica. Il bisogno di rinnovare la valutazione tradizionale è stato sollecitato da numerose critiche che pur partendo dalle prove oggettive si sono estese alla pratica della valutazione in scuola. Sono anche stati definiti i problemi che qualsiasi intervento innovativo dovrebbe risolvere. La valutazione nel processo di apprendimento dovrebbe riuscire a verificare: 1. l’abilità di operare collegamenti fra concetti posseduti e altri generi di contenuti (coerenza delle conoscenze); 2. l’abilità di soluzione di problemi, cioè la capacità di concentrarsi su principi e su percorsi necessari per risolverli più che sugli aspetti superficiali (capacità di soluzione di problemi); 3. il possesso della conoscenza a una profondità che giunge fino all’uso della conoscenza stessa (capacità d’uso della conoscenza); 4 l’integrazione in una prestazione complessa di abilità di base automatizzate (compiti complessi); 5. la capacità di monitorare i propri processi di comprensione, di usare strategie per rendere i problemi comprensibili, di valutare la rilevanza delle informazioni disponibili, di verificare la validità delle soluzioni trovate (capacità metacognitiva). La valutazione dell’apprendimento deve riferirsi ad una assimilazione significativa e non scolastica della conoscenza-competenza. Molta valutazione scolastica verifica per lo più accumulazione di conoscenza che rimane inerte ed è diventata un sistema autoreferenziale.    Storicamente, si è venuta via via perdendo la distinzione tra valutazione formativa (oggi più esplicitamente indicata come valutazione per l’apprendimento) e sommativa (oggi indicata come valutazione dell’apprendimento). La valutazione scolastica formativa, confusa con quella sommativa, ha effetti motivazionali e non è vissuta come un indicatore a partire dal quale sviluppare ulteriore apprendimento. La valutazione sommativa è percepita con scopi selettivi e terminali dell’apprendimento e spesso si risolve con giudizi imprecisi e vaghi in riferimento alla valutazione formativa o peggio ancora alla “media” di voti o di giudizi. La valutazione dell’apprendimento dovrebbe esprimere elementi di predittività su ciò che lo studente sa fare qualora si trovasse nel mondo reale con le conoscenze apprese. Spesso, scherzando, si usa dire: “È bravo a scuola, ma nella vita è un fallimento”. Per quanto popolare, questo modo di dire rivela una indiscutibile verità: la valutazione scolastica “tradizionale” non riesce a essere predittiva di quanto viene richiesto nella vita reale, nel lavoro o nella ordinaria quotidianità. Spesso gli studenti molto intelligenti sono persone isolate, individualiste o competitive; eppure le crescenti difficoltà nel mondo in cui viviamo sembrerebbero richiedere soprattutto persone dotate di abilità sociali e collaborative. Inoltre, anche gli studenti che sviluppano un notevole livello di conoscenze non esprimono un pari livello di abilità nel pensare critico, nel transfer o nel pensiero creativo. Un diffuso tipo di valutazione tradizionale premia chi ha buona memoria, buona capacità di lettura e di comprensione del testo scritto, chi riesce a “riprodurre molto bene” la conoscenza o le abilità insegnate in classe, ma non è in grado di valutare chi rielabora le conoscenze in modo personale oppure sviluppa altre conoscenze che non siano quelle stabilite in anticipo. È risaputo che la valutazione fornisce informazioni soprattutto su ciò che lo studente sa (conoscenza dichiarativa) o sa fare (conoscenza procedurale e competenza), ma tali informazioni possono rimanere prive di significato se non sono accompagnate da informazioni altrettanto importanti circa il possesso di disposizioni ovvero di inclinazioni e di prontezza a mettersi in azione ogni qualvolta una situazione richieda quelle particolari abilità insegnate. Molti studiosi hanno sottolineato che per quanto gli abiti della mente (persistenza, gestione dell’impulsività, pensare in modo flessibile, tendenza a porsi domande e problemi, pensare in modo interdipendente) siano più importanti nella vita reale del possesso di conoscenze e di abilità, di solito nella valutazione scolastica tradizionale non vengono quasi mai esaminati. La valutazione (in particolare quella ‘per’ l’apprendimento) è un processo e uno strumento di grande valore e potenzialità educativi. Il suo modo di realizzarsi dovrebbe promuovere un processo di autovalutazione (cioè essere responsabilizzante). Auto-valutarsi nel proprio apprendimento sembrerebbe la naturale conclusione del processo di apprendimento. La valutazione scolastica ha invece separato i compiti. Lo studente apprende ma chi valuta il suo apprendimento è l’insegnante. Questa scissione induce gli studenti a non sapersi valutare o a valutarsi sulla base dei giudizi espressi dagli insegnanti o dei criteri che si suppone essi posseggano. La prospettiva di una valutazione “alternativa” in sostituzione di quella di solito utilizzata nella scuola è stata proposta da Wiggins negli anni 90’ e    indicava una valutazione che intende verificare non solo ciò che uno studente sa, ma ciò che “sa fare con ciò che sa” in una prestazione reale e adeguata dell’apprendimento. La valutazione per essere efficace dovrebbe avere la collaborazione di studenti e genitori e quindi essere il più possibile trasparente. Gli obiettivi, le modalità di valutazione, i criteri, la scala di valutazione dovrebbero essere condivisi. È confermato da molti autori, che quando gli studenti conoscono con chiarezza e in anticipo gli obiettivi e i criteri di valutazione, accrescono il loro impegno e accettano più facilmente i giudizi di valutazione del loro prodotto e si impegnano a migliorarlo. Molto più problematica diviene la situazione quando questi aspetti non vengono osservati: più di frequente sorgono contestazioni, si rilevano tendenziosità di giudizio, non vi è disponibilità al miglioramento. Le modalità di valutazione devono essere coerenti e allineate alle modalità di insegnamento. Nella valutazione tradizionale spesso questo aspetto viene trascurato. Ad una didattica “trasmissiva” corrisponde talvolta una valutazione di “pensare critico” o di “applicazione” o di “soluzione di problema”. La mancanza di allineamento è certamente a scapito di buoni risultati. Quando obiettivi e modalità di valutazione non sono chiaramente definiti e palesi ‘prima’ dell’insegnamento è anche molto probabile che il processo di insegnamento non sia “allineato” con gli obiettivi di apprendimento e possano essere invalidati i risultati dell’apprendimento conseguito. L'ampia critica a cui è stata sottoposta la pratica della valutazione ha portato a scoprire il suo valore educativo strumentale, la complessità degli aspetti che essa sottende, l’attenzione e professionalità con cui essa va applicata, le modalità che la rendono efficace o inefficace.Per divenire “autentica” ed efficace, la valutazione deve preoccuparsi di essere educativa, autovalutativa, predittiva, centrata sullo studente, estesa alle disposizioni della mente, continua e profondamente connessa al mondo reale, ai processi richiesti dalla nuove condizioni storiche, motivante, rispettosa dei processi reali di apprendimento, non ripetitiva, non terminale, non selettiva, trasparente, responsabilizzante. In altre parole, l’istruzione deve coinvolgere gli studenti in prestazioni reali, significative, al cuore di apprendimenti essenziali, in contesti analoghi a quelli esterni alla scuola, orientati a obiettivi di livello elevato (problemi complessi, pensare critico, creativo) nei quali lo studente abbia la possibilità di misurarsi dall’inizio su criteri di prestazione che lo dirigono, lo sfidano e richiedono da lui l’integrazione di conoscenze e di abilità in prestazioni o prodotti complessi, esaminabili, rispettosi del suo stile cognitivo e del suo background. Il regolamento dell'autonomia scolastica ha cercato di dare una risposta agli interrogativi degli insegnanti postulando un esito istituzionale molto bilanciato tra le attività valutative interne all'istituzione scolastica e quelle esterne. Le Indicazioni del suddetto regolamento sono state in un certo modo superate dalla legge 53 del 28 marzo 2003 che distingueva la valutazione in tre tipologie: -la valutazione esterna, effettuata prevalentemente sotto forma di test , a cura del servizio nazionale(INValSI), con il compito di migliorare e armonizzare la qualità del sistema d'istruzione e di formazione attraverso verifiche periodiche e sistematiche relativamente alle conoscenze ed abilità degli studenti e alla qualità complessiva dell'offerta formativa; -la valutazione interna, che privilegia prove    più aperte, rientra nella responsabilità degli insegnanti e si conclude in un giudizio sul profilo formativo raggiunto di singoli allievi. I docenti hanno il compito di valutare gli apprendimenti e i comportamenti con verifiche periodiche nell'arco dell'anno, annuali, e per i periodi didattici, ma anche di certificare le competenze. -la valutazione per la certificazione finale, da definire 'integrata', che avviene attraverso l'esame di Stato con il quale si stabilisce quale profilo scolastico è stato raggiunto:valutazione delle competenze acquisite dagli studenti. Altresì    anche il DLgs 59 del 19 febbraio 2004 ribadiva l'impianto della legge 53/2003 con alcune specificazioni circa le competenze dei docenti della scuola primaria e della scuola secondaria primo grado. Ad essi competono: -la valutazione periodica e annuale degli apprendimenti e del comportamento; -la certificazione delle competenze; -la valutazione dei periodi didattici ai fini del passaggio al periodo successivo. Le leggi di riforma, in modo particolare quelle connesse con la cultura dell'autonomia, assegnando alle istituzioni scolastiche il compito di conseguire specifici obiettivi nel campo dell'istruzione, hanno imposto la necessità di sviluppare un sistema di rendicontazione a partire dalla 'pubblicità' dei risultati conseguiti. Molti sono i soggetti interessati, seppure a titolo diverso, alla rendicontazione: -quelli che hanno un rapporto diretto con la scuola(protagonisti e utenti) come studenti, insegnanti, genitori; -gli amministratori e i politici, ma anche coloro che pur direttamente coinvolti, hanno comunque un interesse a conoscere il servizio scolastico e a capire come funziona (stakeholders). In Italia l'ambito nazionale dei controlli è    stato affidato all'INVALSI. Nel 1999, l'adozione del Dlg.vo n. 258/99 provvedeva al riordino del CEDE e della Biblioteca di documentazione pedagogica. Il Centro di Frascati veniva trasformato in Istituto Nazionale per la valutazione del Sistema dell'Istruzione INVALSI. L'Istituto, ente pubblico ad autonomia amministrativa, contabile, patrimoniale, regolamentare e finanziaria era sottoposto alla vigilanza del Ministero Istruzione e assumeva la funzione di valutare "l'efficienza e l'efficacia del sistema di istruzione nel suo complesso ed analiticamente, ove opportuno per singola istituzione scolastica", nonché di valutare "la soddisfazione dell'utenza". La norma assegnava all'Istituto il compito di realizzare iniziative per la promozione della cultura dell'autovalutazione da parte delle scuole, avvalendosi dei servizi dell'amministrazione scolastica periferica sul territorio provinciale e degli ispettori tecnici. La disposizione riferita ai servizi di livello territoriale provinciale andava interpretata in correlazione a quanto stabilito dall'art.75, comma3, del Dlg.vo 30 luglio 1999, n. 300 sul riordino del Ministero della Pubblica Istruzione, che ha previsto la soppressione dei Provveditorati agli studi e la creazione in ambito provinciale dei servizi di consulenza e supporto delle istituzioni scolastiche. Nell'anno 2000, con il DPR 313 si procedeva a regolamentare l'organizzazione dell'Istituto Nazionale di Valutazione e poi    nel 2004, col Dlg.vo 286, in base anche    agli art.1 e 3 della L53/2003 che di fatto ha istituito il Sistema Nazionale di Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e Formazione. Già nel 2001 nasceva il progetto pilota (PP) per la misurazione degli apprendimenti e la verifica del sistema,    e nello stesso anno, in seguito all'attribuzione della qualifica dirigenziale per i capi d'istituto, si prevedeva, all'articolo 25 del Dlg.vo 165/2001, la valutazione dei dirigenti scolastici , inoltre, in applicazione del suddetto articolo nasceva il progetto sperimentale SIVADIS (sistema di valutazione dei dirigenti scolastici). Nel Dlg.vo n 22, 31 dicembre 2009, pure si specificava il compito di svolgimento di attività di ricerca e collaborazione alle attività di valutazione del sistema scolastico al fine di realizzare iniziative di valorizzazione del merito anche in collaborazione con il sistema universitario . Le prove INValSI non sostituiscono né coprono la complessa funzione valutativa che spetta agli insegnanti e alle scuole. A rigore, queste prove non    sono una “valutazione degli alunni”, ma una    rilevazione sui livelli di alcuni apprendimenti e le istituzioni scolastiche sono dunque chiamate a dar conto del loro operato. Questa domanda di accountability richiede che gli stessi istituti scolastici autonomi sviluppino nuove consapevolezze e nuovi strumenti per comunicare le scelte effettuate e i programmi realizzati, non solo in termini di risorse economico-finanziarie assorbite, ma soprattutto in termini di risultati raggiunti. Per la scuola i risultati raggiunti non possono prescindere dal livello degli apprendimenti degli studenti e perciò i dati forniti dalla loro misurazione, nel Sistema Nazionale di Valutazione dell’INVALSI, risultano un riferimento necessario, mentre la loro assenza trasforma qualunque processo di rendicontazione in una esclusiva esercitazione di buona volontà. Appare determinante che le scuole si affidino all'utilità della misurazione esterna, infatti qualunque percorso di valutazione degli apprendimenti senza la collaborazione delle scuole rischierebbe di diventare un investimento inutile: il grande sistema nazionale è fragile senza la partecipazione attiva, trasparente e onesta delle scuole, sia perché qualunque possibilità di miglioramento deve partire dall’interno delle comunità professionali. La possibilità offerta alle istituzioni scolastiche di riflettere sul proprio operato, misurabile anche attraverso dati oggettivi all’interno di un quadro logico, coerente, come quello fornito dal bilancio sociale per riprogrammare e migliore il proprio servizio, è una delle finalità ultime del Sistema Nazionale di Valutazione. La disponibilità di riferimenti esterni, fornita dai dati raccolti attraverso il Sistema Nazionale di Valutazione, favorisce i processi di rendicontazione pubblica prefigurando le linee guida comuni a tutte le scuole che sono il più grande ed importante servizio della Pubblica Amministrazione. Vi è un elemento di fondo che accomuna l’utilizzo del bilancio sociale nelle diverse amministrazioni: la consapevolezza che occorra riempire di senso sociale il valore della propria azione. Questo aspetto è ancora più importante nella scuola che ha come compito prioritario la formazione della persona “al mondo della vita” e “per tutta la vita”. In definitiva, una scuola che sente il bisogno di rendere conto del proprio operare, sente la responsabilità della propria mission sociale . Il bilancio sociale è innanzitutto uno strumento per riaffermare e legittimare il ruolo della scuola nella società, per esplicitare il rapporto tra il fare servizio ed il valore aggiunto, in definitiva per evidenziare il proprio apporto alla costruzione della persona e della comunità.    Determinante per il futuro delle persone sarà avere una buona formazione per sapersi orientare in modo consapevole nelle complessità sociale; parallelamente sarà indispensabile per la collettività dotarsi del migliore capitale umano per il proprio sviluppo economico, ma anche per la convivenza sociale. La convinzione diffusa    è che    il capitale personale ed a seguito sociale, accresce la “ricchezza” generale degli individui e della collettività a cui essi appartengono, dove per ricchezza sociale non si intende esclusivamente il benessere economico ma, in modo più articolato, la partecipazione dei cittadini allo sviluppo della vita democratica e alla costruzione quotidiana del senso civico. Queste consapevolezze sono il valore profondo della scuola che il sistema di valutazione potrà solo aiutare a sviluppare fornendo indicazioni sui risultati attesi a garanzia di un servizio nazionale. Tuttavia gli standard nazionali non devono essere assunti in modo deterministico ed assoluto in quanto si rischia di trascurare gli elementi di contesto in cui le scuole sono collocate e i processi che vengono attivati. Come è già accaduto in altri campi il binomio “misurazione dei risultati-miglioramento del servizio” spingerà le comunità professionali a fare delle scelte per migliorare i propri risultati, donde la possibilità di scelte ‘differenziate’ fra le scuole.Spetta all’autonomia delle scuole intraprendere la strada che si ritiene più corrispondente al proprio contesto, ma spetta alla collettività leggerne i riscontri e valutarne i risultati. Con il DPR 80/2013   viene assegnato al Sistema Nazionale di Valutazione il compito di valutare l'efficienza e l'efficacia del sistema educativo di istruzione e formazione, pensato come il luogo in cui autonomia e momento valutativo si    saldano integrando le capacità di autovalutazione messe in campo dalle singole scuole con i processi di valutazione esterna.    Nello specifico, il decreto definisce il SNV come un sistema triangolare i cui vertici sono costituiti in primo luogo dall’INVALSI, in secondo luogo dall’INDIRE e, in terzo luogo, da un Contingente Ispettivo sotto la diretta responsabilità del Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca. Nello spirito che anima il decreto, questi tre soggetti sono dunque chiamati a cooperare tra loro «ai fini del miglioramento della qualità dell’offerta formativa e degli apprendimenti», in un’ottica di valutazione migliorativa che tenga conto «dell’efficienza e dell’efficacia del sistema educativo di istruzione e formazione».A questo scopo, pur nella triangolarità del sistema, il legislatore ha comunque assegnato all’INVALSI un ruolo prioritario rispetto agli altri soggetti in campo. I fondamenti tecnico scientifici del regolamento sul sistema nazionale di valutazione si basano sul modello adottato dall’Invalsi nel Valsis, denominato CIPP, che coinvolge, nell’indagine, quattro dimensioni del sistema, interconnesse tra loro :1) Contesto2) Risorse 3) Processo 4) Prodotto. Il contesto è quello economico e socio-culturale nel quale la scuola si trova ad operare e con il quale si deve confrontare per adeguare la sua offerta formativa alla domanda. Gli input o risorse sono le norme, le leggi, le risorse umane, strutturali, tecnologiche e finanziarie di cui la scuola deve tenere conto nella prestazione del servizio.Il processo comprende tutte le attività realizzate dalla scuola in ambito organizzativo, didattico, formativo. Il prodotto, nell’ambito della valutazione, è l’output “fisico” della scuola. Nell’ambito del modello CIPP, il regolamento sul sistema nazionale di valutazione si fonda sull’esperienza, gli strumenti utilizzati e gli esiti del progetto Vales, nel quale assumeva un ruolo strategico l’Autovalutazione di istituto, la    prima fase dell’intero processo valutativo. La scelta di partire dall’autovalutazione    ha sollecitato ogni scuola ad interrogarsi sulla qualità del servizio offerto al fine di migliorarlo: la libertà delle scuole di compiere scelte autonome e’ connessa alla responsabilità di intraprendere processi di miglioramento e di qualificazione del servizio.      Il quadro di riferimento presentato per la nuova versione del Rapporto di Auto Valutazione (RAV), previsto nel Dpr 80/2013, acquisisce i risultati Vales ma con alcune significative modifiche, operando una ridefinizione concettuale delle aree: la dimensione dei processi è articolata in due blocchi: a) Pratiche educative e didattiche; b) Pratiche gestionali e organizzative. Nell'ambito delle pratiche educative e didattiche sono stati inseriti non solo aspetti ritenuti rilevanti dalla pedagogia ma anche e soprattutto gli aspetti peculiari ed innovativi del sistema scolastico:1) la continuità didattica, con la progressiva generalizzazione degli Istituti comprensivi; 2) il curricolo di scuola e gli ambienti di apprendimento; 3) l'inclusione degli studenti con Bisogni Educativi Speciali. Inoltre, per la definizione delle pratiche gestionali e organizzative    sono stati    utilizzati riferimenti teorici derivanti dagli studi sul management e leadership scolastica, che afferiscono al più ampio filone di ricerca sui sistemi organizzativi e sull'organizzazione del lavoro. Per l'autovalutazione delle scuole sono stati individuati i seguenti criteri:Equità - Partecipazione -Qualità -Differenziazione. L'equità tende a garantire a tutti gli studenti i livelli essenziali di competenze: il riferimento principale e’ in relazione alla dimensione degli Esiti.La partecipazione è la capacità della scuola di assicurare le condizioni affinché ciascun studente, indipendentemente dalle situazioni di partenza (disabilità, provenienza, difficoltà personale sociali) possa usufruire dei servizi e degli interventi, e partecipare alle attività della scuola.La qualità si riferisce alle attività e ai processi attivati che dovrebbero essere qualificati dalla presenza di elementi o aspetti che assicurano la migliore riuscita degli stessi.Per differenziazione si intende la capacità della scuola di modulare in maniera flessibile i processi, gli interventi e le attività a partire dai bisogni e dalle caratteristiche specifiche dei singoli studenti e di gruppi di studenti. In particolare, la dimensione Esiti riguarda i risultati scolastici in base al criterio di qualità secondo cui la scuola garantisce il successo formativo degli studenti. Il concetto di successo formativo rimanda agli esiti degli studenti nel breve e medio periodo. La scuola dunque sostiene il percorso scolastico degli studenti, prestando particolare attenzione agli studenti in ritardo, con debiti formativi, promossi con il minimo dei voti.    Un altro criterio di qualità nella dimensione Esiti è costituito dal fatto che la scuola assicura l’acquisizione delle competenze chiave e di cittadinanza degli studenti. Le competenze chiave indicano un insieme di competenze, anche di natura trasversale, ritenute fondamentali per una piena cittadinanza, tra queste rientrano ad esempio le competenze sociali e civiche (rispetto delle regole, capacità di creare rapporti positivi con gli altri, costruzione del senso di legalità, sviluppo dell’etica della responsabilità e di valori in linea con i principi costituzionali) e le competenze personali legate alla capacità di orientarsi e di agire efficacemente nelle diverse situazioni. Appare, inoltre, importante considerare la capacità degli studenti di autoregolarsi nella gestione dei compiti scolastici e dello studio. Estremamente significativa nell'analisi è anche la dimensione dei risultati a distanza secondo il criterio di qualità che vede la scuola come agenzia formativa che favorisce il successo degli studenti nei successivi percorsi di studio e di lavoro, nell'ambito del life long learning. L’azione della scuola può definirsi efficace solo quando assicura il successo degli studenti nei successivi percorsi di studio, di lavoro, di vita.