Per non dimenticare

Per definire il genocidio perpetrato dai nazisti prima e durante la seconda guerra mondiale, usiamo i termini Olocausto e Shoah.

Il termine Olocausto è stato scelto per il richiamo all’incenerimento dei corpi nei forni crematori che porta con sé l’idea vetusta e orrorifica di sacrificio e di offerta alla divinità, fino  a restituire  un messaggio anormale e potenzialmente offensivo nei confronti delle vittime e dell’umanità tutta.

Per tanto, gli studiosi considerano più appropriato il termine Shoah, derivato dalla lingua ebraica e utilizzata nella Bibbia, tradotto in italiano come catastrofe, disastro. Il termine era già stato adottato nel 1951 in Israele con l’istituzione della giornata nazionale dedicata alla memoria dello sterminio, mentre in  Europa è entrato a far parte del linguaggio pubblico nella metà degli anni ‘80, grazie allo straordinario successo del film  Shoah di Claude Lanzmann.

Oggi il termine Shoah definisce l’atto di sterminio nazista nei confronti del popolo ebraico; con l’inizio della guerra e l’occupazione della Polonia avvenuta nel settembre del 1939, seguita dall’Operazione Barbarossa e l’attacco con Italia e Romania all’Unione Sovietica, nel giugno del 1941, gli ebrei  posti sotto il dominio nazista erano diventati milioni. 

Gli ebrei polacchi e dei paesi baltici sono stati raggruppati in condizioni invivibili nei ghetti delle città polacche. Questi ultimi, prima residenti nei territori occupati dell’URSS, sono stati massacrati dagli Einsatzgruppen, unità operative di sterminio comandate da ufficiali della Polizia di Sicurezza tedesca e del Servizio di Sicurezza tedesco, che hanno iniziato a fucilare gli ebrei maschi. Nel mese di settembre 1941 i nazisti avevano massacrato e fucilato ebrei di ogni condizione, ai bordi delle fosse comuni scavate dalle stesse vittime.
Questo compito si era rivelato troppo gravoso per le truppe tedesche, perciò avevano adottato un metodo più comodo per l’eliminazione degli ebrei; sono state costruite delle camere a gas mobili, montate su furgoni per il trasporto merci e con il sistema di scappamento modificato, usate per asfissiare i prigionieri con il monossido di carbonio.

Con la conferenza di Wannsee, nel gennaio del 1942 si inizia ad usare l’espressione Endlösung der Judenfrage, la soluzione finale della questione ebraica, che indica il genocidio ebraico organizzato e gestito con strumenti moderni ed economici. Trasportati prevalentemente in vagoni bestiame ferroviari, dai ghetti della Polonia, e dai campi di prigionia e di transito dell’Europa occidentale verso i campi di sterminio, vere e proprie fabbriche della morte, gli ebrei venivano concentrati e mandati a morire nella camere a gas, per sfruttare la manodopera di altri ebrei temporaneamente risparmiati dalla selezione.

In un primo tempo, come a Treblinka, i corpi venivano inumati in fosse comuni, poi, dopo la sconfitta  del febbraio 1943 di Stalingrado, i cadaveri venivano riesumati e gettati in forni crematori che lavoravano a ciclo continuo, fino alla liberazione dei campi da parte dell’Armata Rossa sovietica e delle armate statunitensi o inglesi a Bergen Belsen. 

La cremazione dei corpi rientrava nella strategia di occultamento e di silenzio che doveva accompagnare e seguire tutta la soluzione della questione ebraica. Il silenzio è stato a lungo l’effetto indotto nei criminali responsabili e volonterosi carnefici, nei cooperatori imbelli, nelle vittime, nei sopravvissuti di questo immane e indicibile crimine, che pesa come profezia negativa sulle sorti dell’umanità europea.

In memoria di  tutto questo orrore,  è stata istituita la Giornata della Memoria, il 27 gennaio,  per commemorare le persecuzioni e lo sterminio degli ebrei e di tutte le altre popolazioni che sono state sacrificate allo stesso modo, come quella rom. Viene scelta questa data perché lo stesso giorno del 1945 le truppe dell’Armata Rossa giunsero nel campo di concentramento di Auschwitz. 




Giorgia Cardamone 1C