Da mesi occupa le riviste che sfogliamo e tutti hanno formulato al riguardo una propria opinione: l’Intelligenza Artificiale entra a far parte delle nostre vite, ma che cos’è? Ed è davvero così recente come pensiamo?
Lo scorso 23 aprile si è tenuta in Aula Magna una conferenza con il ricercatore dell’Università di Trieste Leonardo Arrighi e le classi quinte per rispondere a queste e altre domande.
La sua prima elaborazione teorica risale al 1956, ma la sua storia è costellata di lunghi periodi vuoti: solo nel 1964 venne inventato ELIZA, un programma in grado di rispondere a delle domande; poi, negli anni ‘80 la ricerca si spostò su sistemi basati sulle reti neurali capaci di apprendere e nel 1997 venne ideato Blue Deep che riusciva addirittura a confrontarsi con diversi campioni di scacchi.
Negli ultimi due anni la sua evoluzione ha subito una brusca accelerazione dovuta a una nuova potenza di calcolo e al largo utilizzo di dispositivi che immagazzinano enormi quantità di dati.
L’IA è definita come qualsiasi algoritmo in grado di replicare azioni umane in modo autonomo e ha il suo fondamento nel machine learning, ovvero l’apprendimento da parte della macchina attraverso uno scambio di dati continuo. La capacità di imparare è ottenuta grazie a un processo di prove ed errori. Alla macchina viene dato un compito, per esempio la divisione tra lupi e cani husky, e ogni volta che commette un errore questo gli viene spiegato: il programma tenta quindi di correggersi.
Un sottoinsieme del machine learning è il deep learning basato sull’uso di reti neurali artificiali. Le reti tentano di replicare il potere decisionale del cervello umano e sono organizzate in diversi strati (layer) composti da neuroni artificiali (percettroni). Questi sono inutili se presi da soli, ma in strutture di funzioni sono in grado di svolgere compiti importanti.
Accanto agli usi in campo industriale e medico, sempre più si sta diffondendo l’AI generativa, ovvero quella tipologia che permette la creazione di testi o immagini a partire da una richiesta.
Per quanto possa essere veloce e accessibile, l’AI si porta però dietro una serie di conseguenze a cui non possiamo rimanere indifferenti. Prima tra tutte la questione Privacy: per migliorare, l’AI ha bisogno di dati, pubblici e privati. Al momento non abbiamo controllo su come l’IA impari e prenda decisioni, dunque non è opportuno affidarsi completamente e l’intervento umano rimane necessario. L’Unione Europea è stata l'unica istituzione a muoversi verso una legislazione che ponga dei limiti all’Intelligenza Artificiale, che tuteli il diritto delle persone di essere tali e di mantenere la propria area privata protetta.
A ciò si aggiungono le conseguenze sull’ambiente: addestrare un modello o generare un'immagine comporta un dispendio di energia, e dunque di risorse, non da poco. L’addestramento di Gpt-3, per esempio, necessita di 1.300 MWh di elettricità (per intenderci un’ora di streaming su Netflix richiede 0,0008 MWh, bisognerebbe arrivare a guardare 1.625.000 ore per arrivare alla stessa quantità), mentre la creazione di immagini impiega la stessa energia utile a ricaricare il nostro smartphone.
Non da ultimo, l’impatto sociale: quale sarà il nostro futuro?
Dovremmo cogliere l’occasione per riflettere sulle trasformazioni che stiamo subendo: per capire chi siamo e come vogliamo che la nostra società si sviluppi. E' un passaggio fondamentale, che deve avvenire contemporaneamente allo sviluppo degli strumenti che abbiamo a disposizione.
La scienza ci ha permesso cose che potevamo solo immaginare, ma non dobbiamo abdicare all'impegno a capire quello che abbiamo fatto, stiamo facendo e faremo in futuro.
Linda Piva, 4F