di Matteo Marino e Alessandra Cutillo
Il presidente americano Donald Trump ha chiamato il 2 aprile “Liberation day”, per sottolineare il cambiamento importante che si avrà da quel giorno nell’economia americana e mondiale. Infatti, in quel giorno e in quelli successivi, sono entrati in vigore i primi dazi imposti dal governo americano alle merci provenienti da paesi stranieri. In pratica vuol dire che un cittadino americano, che vuole acquistare un prodotto proveniente dalla Cina, pagherà per quel prodotto una quota aggiuntiva rispetto al suo costo e che questa quota aggiuntiva sarà incassata dallo Stato americano. La notizia ha avuto molta rilevanza nella stampa e sui media e tanti esperti ne hanno parlato, quindi, anche sapendo che l’economia è una materia considerata un po’ difficile, abbiamo cercato di leggere diversi articoli per capire il più possibile dell’argomento. Nella nostra ricerca siamo partiti soprattutto da tre domande: che cosa sono esattamente i dazi? Come sono stati usati in passato? Quali potranno essere i loro effetti?
Che cosa sono i dazi
Un dazio è un’imposta che si applica alle merci importate quando entrano in un Paese e può essere calcolato in percentuale sul valore del bene oppure in cifra fissa per unità di merce. Gli obiettivi principali dei dazi sono di aumentare il prezzo dei prodotti esteri, rendere più convenienti quelli nazionali e far entrare più soldi nelle casse dello Stato che impone questa forma di tasse. Infatti, il prodotto importato diventa più costoso per il consumatore, che trova più conveniente acquistare un prodotto locale. Quindi, i dazi sono barriere al libero commercio perché proteggono i produttori interni dalla concorrenza straniera ma pesano sui consumatori e sulle aziende che dipendono da fornitori esteri.
Un po’ di storia
Il grafico nell’immagine (Fonte: Tax Foundation) ci ha aiutato a capire come sono stati usati i dazi nella storia degli U.S.A. Fino all’inizio del Novecento, i dazi sulle importazioni furono alti perché erano un grande guadagno per lo Stato, che chiedeva poche tasse ai suoi cittadini, e perché, in questo modo, venivano favoriti i produttori interni che si arricchivano e contribuivano allo sviluppo del Paese. Nel 1913, il presidente democratico Woodrow Wilson abbassò i dazi e introdusse un’imposta federale sul reddito per tamponare la perdita delle entrate doganali. Ma nel 1922 il Congresso tornò ad alzare i dazi, che superarono i livelli precedenti e arrivarono al picco del 40 per cento del valore dei beni importati. Gli altri Paesi reagirono imponendo barriere simili sui prodotti americani e il risultato fu un crollo del commercio mondiale e il crollo sia delle importazioni sia delle esportazioni americane. Questo periodo è ricordato con il nome di Grande Depressione e l’America cominciò a uscirne solo nel 1934, quando il presidente democratico Franklin Delano Roosevelt decise di cominciare ad abbassare i dazi, chiedendo agli altri stati di abbassare i propri in modo che gli Stati Uniti potessero ricominciare a vendere i propri prodotti nei mercati stranieri. Dopo la Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti, con qualche oscillazione, sono andati sempre più verso un’economia aperta e i dazi sono passati da una media del 10% negli anni Cinquanta al 2% attuale. Ecco perché i nuovi dazi introdotti da Trump, hanno suscitato tanto allarme, perché hanno rappresentato un ritorno improvviso ai livelli degli anni precedenti allo scoppio della Seconda guerra mondiale.
I dazi funzionano?
L’ultima domanda è stata la più difficile a cui rispondere ma ci abbiamo provato grazie ad un esempio: possiamo pensare a un componente di un’automobile, che viene prodotto in Canada, poi spedito negli Stati Uniti dove viene tassato, assemblato con altre parti, e infine rimandato in Canada, dove subisce un controdazio. Il ciclo può ripetersi più volte, e ogni passaggio aggiunge dei costi aggiuntivi, che si ritroveranno tutti nel prezzo finale dell’automobile. Grazie a quest’esempio è chiaro che i dazi finiscono per danneggiare sia i consumatori che le imprese coinvolte nelle catene di approvvigionamento internazionali.
I sostenitori dei dazi sostengono che essi rafforzano l’economia e il mercato interno del Paese che li impone ma gli economisti avvertono tutti che nel mondo globalizzato tutti siamo interconnessi e se ogni Paese pensa solo a sé, il commercio globale si blocca, i prezzi salgono e le conseguenze negative sul lavoro e sui diritti di tutti possono essere più gravi e pesanti di quanto pensiamo.
di Matteo Marino
Papa Francesco (il cui vero nome è Jorge Mario Bergoglio), morto il 21 aprile 2025, cominciò il suo pontificato il 13 marzo 2013. È stato il primo Papa proveniente dal continente sudamericano della storia ma si è distinto soprattutto per le doti umane con cui ha riformato la Curia e ha segnato un nuovo percorso per il cattolicesimo: umiltà, impegno verso i poveri, dialogo interreligioso.
Dopo l’ingresso in un seminario gesuita nel 1958, Bergoglio trascorse un periodo in Cile e in seguito rientrò a Buenos Aires, dove si laureò in filosofia e iniziò la carriera di insegnante in alcuni collegi gesuiti. Nel 1969 divenne sacerdote e quattro anni più tardi assunse il ruolo di “provinciale” dei gesuiti per tutta l’Argentina (una sorta di coordinatore). Tra gli anni ’70 e ’80, dovette confrontarsi con la feroce dittatura militare che governava l’Argentina e offrì asilo ad alcune vittime delle persecuzioni.
Da sacerdote, Bergoglio sposò le posizioni "tradizionali" della Chiesa sull’aborto e sull’eutanasia, ma mostrò particolare attenzione per i poveri e per gli emarginati. Negli anni '80 e '90 la carriera ecclesiastica del futuro pontefice procedette brillantemente. Nel 1992 fu nominato vescovo di Auca e nel 1998 divenne arcivescovo di Buenos Aires e primate d’Argentina. Tre anni più tardi ottenne anche la nomina a cardinale.
Negli anni 2000 Bergoglio era diventato uno degli uomini più in vista della Chiesa e nel 2005, quando fu convocato il conclave per la morte di Papa Giovanni Paolo II, era considerato uno dei cardinali “papabili”: Bergoglio ottenne molti voti e fu l’alternativa più probabile di Joseph Ratzinger, eletto con il nome di Benedetto XVI. Dopo il conclave rientrò in Argentina, dove rivestiva anche il ruolo di presidente della Conferenza episcopale del Paese.
Al conclave del 2013, convocato dopo le dimissioni di Benedetto XVI, Bergoglio fu eletto papa al quinto scrutinio. Come nome pontificale scelse Francesco. Un nome mai usato in precedenza dai Papi, che Bergoglio scelse pensando a Francesco d’Assisi e alla sua attenzione per i poveri e per la pace. Il nuovo papa, inoltre, decise di non risiedere nel Palazzo Apostolico, ma nella Domus Sanctae Marthae, la “foresteria” del Vaticano.
Uno dei primi atti da pontefice fu la visita a Castelgandolfo, dove si era temporaneamente trasferito Benedetto XVI. Francesco ha sempre mostrato grande rispetto per il suo predecessore, al punto da dichiarare: «È come il mio papà, se avessi una difficoltà, una cosa che non ho capito, posso andare a parlare con lui».
Nel corso del tempo Francesco ha introdotto varie riforme nell’ordinamento della Chiesa: poco dopo l’elezione nominò una commissione per studiare come riformare la Curia romana (cioè le istituzioni della Santa Sede). Questa riforma è stata emanata nel 2022 con la costituzione apostolica Praedicate Evangelium, che ha riconosciuto la possibilità che i laici assumano incarichi nella Curia e ha stabilito di rendere più stretti i rapporti con le conferenze episcopali dei singoli Paesi. Ha introdotto, inoltre, alcune riforme anche al codice penale del Vaticano. Infine, ha cercato di contrastare la pedofilia all’interno della Chiesa, imponendo il trasferimento di preti e vescovi accusati di aver compiuto abusi sessuali sui minori. Nel novembre del 2015, Francesco ha indetto un giubileo straordinario, terminato un anno più tardi, e il 24 dicembre 2024 ha inaugurato solennemente, con l’apertura della porta santa della Basilica di San Pietro, il giubileo ordinario. Nei suoi 12 anni di pontificato, Francesco ha effettuato 47 viaggi apostolici fuori dallo Stato Vaticano, visitando in totale 66 Paesi, e 40 visite apostoliche in Italia, e ha nominato nel complesso 1541 beati e 942 santi.
Francesco si è contraddistinto per la ricerca del dialogo interreligioso con le altre fedi: non solo con le confessioni cristiane non cattoliche, ma anche con i musulmani, che nel 2013 definì “i nostri fratelli”. Nel 2021 fu il primo Papa a visitare l’Iraq. Ha inoltre invitato i governi ad accogliere i migranti e i rifugiati ed è stato particolarmente attento ai temi ambientali, ai quali ha dedicato l’Enciclica Laudato Sì del 2015. Ha sempre mostrato rispetto e predicato accoglienza per le persone omosessuali, ma ha espresso posizioni di chiusura verso il riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso.
Una breve ma sofferta malattia ha preceduto di poche settimane la morte di un papa che è stato molto amato dai fedeli e dalla gente, che ha saputo leggere nei suoi semplici gesti di accoglienza il desiderio di trasmettere la vicinanza di Dio a tutti, nessuno escluso.
di Angela Mastropietro
Il 28 marzo 2025 è stata registrata dai sismografi una potentissima scossa di terremoto in Myanmar, che è stata avvertita anche in Thailandia, di magnitudo 7.7 della scala Richter che ha causato migliaia tra morti e dispersi.
Secondo gli esperti, il terremoto è stato causato dall’attrito di 4 placche che avevano accumulato negli ultimi anni quell’energia che poi si è così drammaticamente liberata. In questo territorio è presente una delle faglie più pericolose al mondo, lunga ben 1200 km: è la faglia di Sagaing. Pur considerando la potenza del terremoto, perché le strutture ritenute antisismiche sono crollate? Andiamo a scoprirlo.
In Myanmar la guerra civile, rinfocolatasi nel 2020, ha determinato una situazione critica dal punto di vista sociale, perché in alcune aree la popolazione è costituita, per la maggior parte, da sfollati, le cui abitazioni sono state distrutte durante i combattimenti.
In molti ritenevano le strutture sicure e “immuni” ai terremoti, però, l’ultimo sisma ne ha dimostrato tutta la fragilità, perché costruite in gran parte con materiali di scarsa qualità e da operai con scarse conoscenze nel campo edile.
Se ci spostiamo a sud, in Thailandia (altro paese colpito dal sisma), troviamo nuovamente danni alle strutture realizzate senza rispettare criteri antisismici che, di fatto, il paese non ha.
Una delle immagini che più ci ha colpito sul terremoto in Myanmar è quella del grattacielo in costruzione a Bangkok; nonostante fosse a circa 1000 km di distanza dall’epicentro, il palazzo è crollato spezzando le vite a decine di operai.
Un effetto drammaticamente spettacolare è stato quello delle piscine sui palazzi sfarzosi dei pochi ricchi thailandesi. L’acqua è caduta dai tetti mentre i grattacieli oscillavano scatenando il panico tra le mura domestiche.
Come possiamo capire da ciò che è stato riportato sopra, in questi paesi anche l’equilibrio sociale è molto fragile e, proprio l’assenza di stabilità politica e di una buona organizzazione sociale, forse, hanno influito sullo sviluppo senza attenzione nei confronti dei temi dell’ambiente e della sicurezza.
In sintesi, il terremoto è stato causa di migliaia di vittime soprattutto per colpa delle strutture non adatte a resistere a un sisma; la speranza è che l’ennesima tragedia sia il punto di rinascita per realizzare strutture più efficaci a proteggere la vita dei civili e a trovare un equilibrio con la natura.