Il film racconta la storia vera e drammatica di Lisa Mcvey, diciassettenne costretta a vivere con la nonna e il fidanzato che abusa ogni giorno di lei. Lisa deve attraversare strade isolate con poca luce per andare al lavoro e tornare a casa e in queste strade un giorno viene rapita da un serial killer, Bobby Joe Long e costretta a subire violenza in auto all’interno di un parcheggio.
Bobby Joe porta Lisa nel suo appartamento legata e bendata e abusa nuovamente di lei; Lisa, però, con molta forza e coraggio inizia a comunicare con il suo aguzzino scoprendo le sue delusioni e ferite del passato. Lisa usa la psicologia inversa per ottenere la sua fiducia; in un momento di estrema vicinanza gli sfiora il viso e immagina con lui addirittura una possibile relazione (tutto questo, in realtà per farlo affezionare e sperare di non essere uccisa...). Dopo ventisei ore, però, Bobby Joe porta la sua vittima in un bosco per ucciderla come ha fatto con tutte le altre donne, ma Lisa in lacrime e disperata lo convince a non farlo; Bobby Joe allora la abbandona legata ad un albero e scappa via con l’auto.
Lisa riesce a liberarsi, corre verso casa e insieme alla nonna chiama la polizia; due detective la interrogano a lungo ma non le credono (Believe Me, appunto) fino a quando incontra un poliziotto, Larry Pinkerton, che si interessa al suo caso e vuole aiutarla, ritenendo che il rapitore di Lisa sia lo stesso killer che sta braccando da tempo, l'assassino di 9 donne uccise negli ultimi mesi.
Lisa e Larry riescono a catturarlo e la ragazza, libera dall'incubo, decide di vivere con gli zii.
Lisa McVey ha avuto un'infanzia davvero difficile: madre alcolizzata e tossicodipendente, che non può prendersi cura di nessuno, nemmeno di se stessa, costringendo la figlia ad essere trasferita da una famiglia affidataria all'altra fino a quando sua madre la costringe - quattordicenne - a vivere con la nonna. Ma Lisa non è al sicuro: sembra che in quella casa la ragazza venisse ripetutamente molestata dal compagno della nonna; Lisa ha anche affermato di essere stata minacciata dall'uomo con una pistola. Incapace di affrontare l'esperienza terrificante in così giovane età, Lisa ha anche contemplato il suicidio e il giorno in cui è stata rapita ha rischiato di morire.
Il 3 novembre 1984, Lisa (17 anni), sta tornando a casa in bicicletta alle 2 del mattino dal negozio di ciambelle in cui lavora; sta percorrendo la solita strada poco illuminata dai lampioni quando qualcuno la afferra e la rapisce minacciandola con una pistola per farla salire, legata, all'interno di un'auto.
Sorprendentemente, seppur in uno stato di terrore e con gli occhi bendati, Lisa riesce a memorizzare e ricordare ogni singolo dettaglio dell'appartamento del serial killer: il tempo necessario per raggiungere la casa; il numero di passi necessari tra la porta d'ingresso e la stanza della sua prigionia; il modello dell’auto e il colore degli interni...
Lisa è stata aggredita e violentata numerose volte. Tuttavia, attraverso la loro interazione, Lisa capì che il rapitore non voleva ucciderla.
Ha cercato di mettersi dalla sua parte parlandogli per ricevere la sua fiducia e gli ha anche detto che aveva un padre malato che dipendeva da lei. Inoltre, quando Lisa ha saputo che il suo rapitore aveva avuto una brutta rottura di recente, gli ha detto che non le sarebbe dispiaciuto diventare la sua ragazza. Lisa ad un certo punto con la scusa di dire al serial killer che era un bell'uomo gli tocca il viso per capire i suoi lineamenti da riferire successivamente alla polizia.
Anche se il rapitore l’aveva abusata diverse volte di lei il piano di Lisa stava funzionando; non fu ammazzata come tutte le vittime in precedenza ma fu “abbandonata” in mezzo a degli alberi libera e in vita.
Quando poi Lisa torno a casa e racconto tutta sua nonna non le credette e il fidanzato di sua nonna si mise in mezzo picchiandola, la polizia ha deciso di intervenire ma inizialmente anche loro non le credevano fin quando poi un poliziotto di nome Larry Pinkerton si è interessato al caso e l’ha aiutata a superare le violenze che subiva a casa. Arrestarono il fidanzato della nonna di Lisa, Lisa fu messa in una casa per adolescenti e dopo essere riuscita a superare il suo terribile passato è andata a vivere con i suoi zii. Lisa dopo due anni dal suo rapimento sposò un ufficiale di polizia ed ebbe una figlia, dopo 5 anni divorzio e questa separazione ebbe un impatto profondo sulla sua mente. Nel 2004 entra a far parte nell’accademia di polizia per far del bene come poliziotta aiutando le persone. Lisa al momento è diventata nonna e a distanza di anni non evita mai di parlare della sua esperienza apparendo così numerosi programmi tv, lei sostiene che la sua storia non deve essere dimenticata ma deve essere un’ispirazione per altre ragazze che stanno passando la stessa situazione.
L'autolesionismo nella serie
Nella serie la protagonista Ginny si provoca dolore, nei momenti di sconforto, bruciandosi le gambe con un accendino che ha sotratto alla madre. Riesce a parlare di questo problema al padre, che trova una soluzione portandola in terapia. All’inizio Ginny non vuole parlare con la terapeuta, poiché in difficoltà, ma successivamente riesce a lasciarsi andare e a discuterne insieme. "Se non ci fossero i problemi nella nostra vita, non ci sarebbero nemmeno le emozioni", dice la terapeuta... anche se è sempre necessario analizzarne le cause.
Imparare ad affrontare i problemi della vita da una serie Netflix
Ginny Miller è una ragazza quindicenne che vive con la mamma Georgia e il fratellino Austin. Dopo anni di spostamenti la famiglia si trasferisce nel New England per permettere ai figli di avere una vita normale ma il passato bussa nuovamente alla porta.
I vari temi di cui si parla in questa serie sono la salute mentale, l’autolesionismo, i problemi con la madre, il razzismo, la depressione, l’omicidio (a fin di bene), i disturbi alimentari. In questo articolo cominceremo dall’AUTOLESIONISMO. L'autolesionismo è un disturbo della sfera psicologica, che induce chi ne è affetto a procurarsi intenzionalmente danno fisico, come forma di punizione. In genere, le persone autolesioniste si fanno del male ricorrendo a tagli o bruciature, assumendo grandi quantità di farmaci. L'autolesionismo è espressione di un forte stress emotivo, un grave senso di colpa o un pensiero angoscioso difficilmente superabile. Al contrario dell'opinione comune, raramente chi soffre di autolesionismo vuole suicidarsi o ha tendenze suicide. Tra le terapie più efficaci, meritano una citazione particolare la psicoterapia cognitivo-comportamentale e la psicoterapia familiare.