Pareri e recensioni

Recensioni

Avvenire, 18 marzo 2022

"Dietro quell' immagine simbolo il lavoro difficile dei funzionari" di Luca Bonzanni

Bergamo Erano i giorni della tempesta, dove tutto era senza precedenti. Nella sola città di Bergamo, a marzo 2020 moriranno circa 700 persone in più della media (e oltre seimila nell' intera provincia): è questo il tributo umano pagato al virus dalla terra più colpita dal Covid. Ma è grazie al fattore umano che la comunità non si è sfilacciata, anche nei momenti più aspri e intricati. Dietro l' immagine simbolo della tragedia - quei camion militari incolonnati e carichi di feretri - c' è stato un lavoro umanamente delicato e logisticamente complesso, in cui sensibilità e burocrazia si sono giocoforza impastate.

Michele Bertola, 60 anni, dal 2014 è il direttore generale del Comune di Bergamo, e ha messo per iscritto le tante esperienze di una carriera amministrativa spesa nell' intero Paese. In un libro che uscirà venerdì prossimo, Persone fuori dal comune (Rubbettino, 216 pagine, prefazione di Fabrizio Barca; i diritti d' autore saranno devoluti a un progetto del Cesvi in Zimbawe), racconta anche la storia di Rossana, la funzionaria che in prima persona ha curato l' organizzazione di quel doloroso ultimo viaggio delle vittime del Covid. «La chiesa del cimitero era ormai piena all' inverosimile, con oltre cento salme in attesa - è uno dei passaggi del libro -. Per risolvere la questione l' unica altra strada percorribile rimasta era quella di trovare altri impianti di cremazione. La collaborazione istituzionale portò alla disponibilità dei Carabinieri e dell' Esercito per organizzare il trasporto delle salme e delle ceneri. Quando i primi feretri lasciarono la città, con una colonna di camion militari, fu uno spettacolo terribile che nei giorni successivi fece il giro del mondo».

«In questi anni - spiega Bertola - ho riflettuto sull' idea dell' immagine del dipendente pubblico, diventata purtroppo solo negativa. In realtà la pubblica amministrazione è altro: è professionalità e anche umanità, come racconta la storia di questa funzionaria, dove entrambi gli aspetti sono fortemente intrecciati».

Costruire la Pa 4.0

di Carlo Valentini - Italia oggi 25 maggio 2022

Introduzione di Michele Borello

Circolo Dossetti Milano 11 febbraio 2023

In un percorso formativo che ha per oggetto la politica ha senso la testimonianza di un tecnico di spessore intellettuale, perché mai come ai nostri tempi le scelte riguardanti la cosa pubblica sono connesse alle prassi attuative.

E la dirigenza amministrativa non è solo mediazione delle decisioni, dato che sempre più spesso riesce a orientare il potere.

Ciò avviene in quanto il ceto burocratico interviene sempre più apertamente nella partecipazione politica, anche supplendo partiti e sindacati, che perseguono il consenso più che il buongoverno.

Questa tendenza dipende parimenti da una impostazione giuridica di derivazione europea, per la quale l’amministrazione non è asettica, ma agisce seguendo direttrici morali, e – sia pure nel quadro della rule of law – giunge a plasmare il diritto che è chiamata a applicare, anche approfittando della circostanza che, nella pletora di norme, deve spesso svolgere una attività di balancing tra disposizioni confliggenti e di contemperamento tra contrapposti interessi meritevoli.

In questo contesto Michele Bertola si accorge dell’ importanza del fattore umano, e scrive un testo accattivante e istruttivo, che nondimeno per chi legge risulta di difficile collocazione.

«Persone fuori dal comune» è infatti un libro fuori dal comune.

Non si riesce a dire con sicurezza se è una raccolta di ricerche o una miscellanea di racconti, se è un’ opera scientifica o letteraria.

Il contenuto – per quanto brillante – appare analitico, razionale, ergo più vicino a un saggio, mentre il volume si presenta con una cornice narrativa, dove sono inserite storie di personaggi, elencate in un indice essenziale e riferite senza note esplicative a pie’ di pagina (aggiunte però alla fine).

Data questa incertezza, non convince l’ indicazione di Fabrizio Barca, autore della prefazione, che accetta senz’altro l’apparenza di «Persone fuori dal comune» come il romanzo di formazione di Cecilia, la giovane dirigente che nella premessa è presentata come l’ ascoltatrice dei racconti, e forse pure la proiezione di una aspirazione didattica del narratore, impegnato nella vita reale nella formazione dei dirigenti amministrativi del futuro.

Per attribuire la sostanza del libro a un genere, ho cercato piuttosto opere di saggistica che si presentano come una selezione di modelli esemplari, credendo che, al di là della esteriorità gradevole, il maggior pregio del testo sia la ricerca in vivo, metodica e seria, che contiene.

Così ho trovato una forte analogia tra lo scritto di Michele Bertola e quegli scritti di etnografia che partono dall’indagine su tipi umani, per porre le premesse della ricostruzione scientifica di un contesto culturale e delle sue dinamiche interne.

Mi sono cioè convinto che «Persone fuori dal comune», almeno per un certo verso, sia uno studio antropologico, per quanto mi renda conto di come l’autore non pretenda di porsi come un etnologo di professione, e probabilmente rifiuterà questa mia illazione.

Michele Bertola è un dirigente amministrativo che in un primo momento ha guardato ai dipendenti dei comuni dove ha lavorato con l’interesse di chi per dovere d’ ufficio è tenuto a gestire e motivare il personale, e successivamente ha provato a attribuire un senso alle esistenze dei funzionari a partire dal loro impegno professionale.

Egli non è un antropologo che ricorre a specifici criteri di reperimento di informazioni e di comparazione dei risultati. Purtuttavia, tentando di evidenziare il senso etico e il successo delle mansioni impiegatizie, penso che – consapevolmente o inconsapevolmente – l’autore finisca proprio per rendere una meritevole rappresentazione sistematica della micro borghesia italiana, sia pure unicamente nella dimensione del lavoro.

Per convincervi della mia tesi, mi accingo a rintracciare, se non le prove, perlomeno indizi gravi precisi e concordanti che la confermino.

Parto dal confronto con un classico, ossia le ricerche di Ernesto De Martino, il quale, a differenza degli iniziatori della etnologia (i grandi nomi anglosassoni e francesi) non si è dedicato all’approfondimento delle civiltà primitive e lontane, bensì allo studio del vicino, delle effettive convinzioni e motivazioni che sorreggono gli atteggiamenti e le scelte di quei connazionali, che, pur risiedendo a pochi chilometri dalle moderne città italiane, vivono in ambienti folklorici.

Il testo di Michele Bertola va a mio parere collocato, in quel filone di indagine, anzitutto perché l’autore si occupa di descrivere i comportamenti di persone a lui prossime, partendo da un innegabile distacco rispetto a loro.

Il direttore generale disseziona le situazioni in cui si dibattono i dipendenti da un punto di vista che è naturalmente di superiorità, se non altro per la collocazione gerarchica da cui osserva, esattamente come Ernesto De Martino guardava dall’alto della di lui condizione di intellettuale urbano agli abitanti della campagna che visitava e esaminava.

Al contempo, in entrambi gli autori, la differenza obiettiva di posizione non esclude una forte empatia, che ambedue provano verso i soggetti che indagano.

Questo aspetto è peculiare del metodo dell’ antropologo, il quale è tenuto a spogliarsi dei suoi pregiudizi e immergersi nell’ ambiente che analizza, salvo poi riemergere per confrontare il proprio atteggiamento culturale con quello delle persone oggetto del di lui studio.

Di questo passaggio epistemologico, Michele Bertola sembra rendersi conto, quando, scrivendo della tematica del cambiamento di comportamento, cita il suggerimento di Giorgio Gaber, secondo cui «per credere davvero, bisogna spesso andarsene lontano. E ridere di noi come da un aeroplano».

Nel vivo delle pagine del libro, per sostenerne il carattere etnografico, provo a comparare i racconti di «Persone fuori dal comune» con quelli ritrovati o elaborati dalla letteratura antropologica classica, e tento di scoprire quei termini di confronto che normalmente gli studiosi evidenziano per meglio interpretare i dati che raccolgono.

E così l’ episodio di Matilde o della scommessa, che narra di un team di donne capaci di innovazione nel campo del reperimento di finanziamenti per l’ ente locale, può essere avvicinato alle descrizioni delle comunità primitive o folkloriche che si soffermano sui ruoli femminili e maschili e sulle dinamiche dei gruppi femminili e maschili.

Un protagonista che sembra avvicinare «Persone fuori dal comune» alla ricerca antropologica è Lorenzo, il quale può essere assimilato all’ archetipo del briccone divino, figura ricorrente nella mitologia occidentale, oltre che nella tradizione di popoli primitivi.

Non è sconosciuto all’ etnologia un episodio come quello di Silvia o il regolamento, laddove sembra proprio vi sia la descrizione di una influenza magica che inspiegabilmente turba una società stabile, la quale riesce a ritrovare la propria tranquillità solo scaricando il peso dello scandalo su un capro espiatorio.

Nel ciclo dei racconti dell’ eroe che risulta invischiato nelle avversità del fato può essere letto il caso di Franco o dei mattoncini.

E del resto, Giulia o della promessa alla fin fine riferisce del recupero di una tribù alla sovranità del contesto sociale dominante, storia raccontata in vario modo dall’apologo di Menenio Agrippa ai giorni nostri.

Edoardo o del cambiamento è il personaggio prigioniero del suo ruolo, che trova il benessere quando finalmente è costretto a togliersi la maschera.

Rossana e altre figure femminili sono donne svalutate, che si rivelano in tutte le loro capacità in momenti cruciali, epifanici.

Matteo o della responsabilità è la storia di un perdente che per ingenuità soccombe ai riti ufficiali della società.

Andrea o dei limiti inutili parla di un paladino che non riesce a affermare il bene a causa degli ostacoli che le autorità gli frappongono.

Ma sono mie fughe in avanti. Michele Bertola non si spinge oltre la descrizione degli individui e degli episodi, non giunge a fornire una esegesi delle situazioni che riferisce, probabilmente perché spiegare comporterebbe perdere il rigore, con cui ci restituisce fedeli ritratti di esseri umani affascinanti, e la correttezza, con cui ci racconta le loro storie.

L’ autore si ferma alla fase etnografica, quella della raccolta dei dati sul campo, in cui si evidenziano le individualità che agiscono e le situazioni che si creano in un certo contesto culturale, preventivamente delineato.

Michele Bertola lascia intravvedere la caratura morale dei personaggi che descrive ma non si si sofferma a giudicarli con gli strumenti del metodo comparativo o della critica interpretativa adoperati dalla scienza etnologica.Spetta a sociologi e antropologici di professione leggere «Persone fuori del comune», e dalle informazioni che se ne possono trarre, dirci se nella pianura padana del terzo millennio viviamo in un mondo a suo modo mitico, in cui il destino è sostituito da norme, diretta emanazione di una pluralità di fonti – locali, regionali, nazionali, continentali, tutte trasparenti e portata di clic, ma lo stesso inattingibili –, che formano un ordinamento giuridico col quale gli operatori della burocrazia convivono, e al quale si oppongono, cercando – nonostante tutto – di affermare le loro aspirazioni etiche e di realizzare in concreto il bene comune.

La colonna di camion fu il risultato di una soluzione escogitata dalla direttrice dei servizi cimiteriali comunali che consentì di rispettare la volontà di cremazione dei defunti e dei loro parenti.

In un libro di Michele Bertola, direttore generale del Comune di Bergamo, dal titolo “Persone fuori dal comune” (Rubbettino) si spiega di come si arrivò a quella decisione

I camion carichi di bare che lasciano Bergamo il 18 Marzo 2020. Una immagine simbolo della pandemia che difficilmente dimenticheremo. Una data che non a caso è stata scelta come quella per ricordare le vittime di Covid.

Se dietro l’immagine della fila di camion che usciva dalla città abbiamo letto il fallimento del sistema sanitario nazionale, c’è in realtà una storia di buona amministrazione che necessita di essere raccontata. 

Lo ha fatto Michele Bertola, direttore generale del Comune di Bergamo, in “Persone fuori dal comune”, un libro appena lanciato in libreria da Rubbettino che raccoglie alcune storie di impiegati pubblici che, contrariamente alla vulgata che li vorrebbe membri di una casta di fannulloni e privilegiati, hanno dedicato i loro sforzi a cambiare la pubblica amministrazione. Riuscendoci. Tra questi c’è Rossana, la direttrice dei dei servizi cimiteriali del Comune. Una donna consapevole della delicatezza del proprio compito che, in quelle ore drammatiche riuscì a trovare una soluzione capace di soddisfare l’ultimo desiderio dei morenti o dei loro familiari, evitando di aggiungere dolore a dolore, problemi a problemi.

Ecco come l’autore ci racconta quelle ore drammatiche.

«Negli ultimi anni erano diventati sempre più numerosi i cittadini che chiedevano la cremazione dei propri cari defunti invece che l’inumazione. Con questo numero di morti, le conseguenti richieste di cremazione erano diventate moltissime ed era impossibile gestirle tempestivamente, come volevano la prassi e soprattutto le norme igienico-sanitarie. 

Rossana doveva trovare delle soluzioni e agire velocemente. Il problema più immediato era recuperare degli spazi dove stipare le bare in attesa di cremazione che arrivavano dagli ospedali, dalle case di riposo e dalle abitazioni private (…) 

Analizzò la situazione e l’unica strada percorribile era quella di utilizzare la chiesa del cimitero per poter alloggiare le bare in attesa di cremazione. L’edificio di culto presente nel camposanto è di proprietà della curia vescovile. 

La soluzione individuata si rivelò preziosa sia per la città che per l’intera provincia. (…)

L’obiettivo comunque rimaneva quello di aumentare al massimo la potenzialità del forno crematorio: senza questa possibilità non si poteva sostenere la situazione. Per risolvere Rossana raccolse il risultato del lavoro fatto negli anni precedenti. La procedura, che aveva portato ad una concessione per la gestione del forno, era innovativa e lungimirante (…) 

Grazie alla sua intuizione venne introdotta per tutto il periodo della gestione la possibilità di un raddoppio della linea produttiva, l’ampliamento del funzionamento del forno fino garantire il servizio 24 ore su 24 e un sistema economico che aumentava il canone da versare al Comune in ragione dell’accrescimento della attività di incenerimento.     

Erano novità rilevanti rispetto alle consuete procedure contrattuali della pubblica amministrazione: introducevano una logica economica in un mondo che prevedeva un approccio solo amministrativo (…).

Quando però il numero dei morti crebbe ulteriormente, non bastò neanche il funzionamento a orario continuato e ininterrotto del forno. Anche la chiesa del cimitero era ormai piena all’inverosimile, con oltre cento salme in attesa di intervento. Non c’erano ulteriori luoghi di stoccaggio dei feretri e non si poteva farli aspettare troppi giorni. 

Per Rossana e per il Comune si prospettava un quadro molto complicato. 

Gli esperti di diritto dell’ente avevano individuato una soluzione: far emettere dal sindaco un’ordinanza che obbligasse al seppellimento in terra anche coloro che invece avevano chiesto la cremazione. Formalmente era una strada praticabile e in un Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri – quelli che diventarono i famosi DPCM – era stata ulteriormente rafforzata questa possibilità per i sindaci. 

Era una possibilità giuridicamente ineccepibile ma dai risvolti amari.Chi in quei giorni perdeva i propri cari per il virus aveva già subito grandi difficoltà e disagi (…) 

In questo contesto intervenire d’autorità, contravvenendo la volontà del defunto di essere cremato, sarebbe stata una vera e propria violenza nei confronti del morto e dei loro cari.

L’accumulo di salme nei luoghi di attesa rimaneva un problema ineludibile. E non era superabile cercando altri spazi dove stipare i feretri in attesa. In caso di cremazione si utilizzano bare costruite diversamente da quelle destinate al seppellimento e, in quelle riservate all’incenerimento, la salma non può sostare in attesa oltre i nove giorni.

Per risolvere la questione l’unica altra strada percorribile rimasta era quella di trovare altri impianti di cremazione. Ce ne erano pochi in Italia e non c’erano convenzioni o accordi da far valere. Essendo collocati in province diverse, la Prefettura non poteva intervenire. Inoltre, negli altri luoghi, si era sparsa una nomea sinistra sulla città di Rossana e, in maniera del tutto irrazionale, si temeva che potesse contagiare altri territori solo entrando in contatto. Lei si chiedeva come fare. 

Cominciò a cercare altri forni per l’incenerimento esistenti. Molti li aveva in mente poiché li aveva contattati durante la fase di predisposizione della gara per costruirlo nella sua città. Lavorare per la pubblica amministrazione ha un grande vantaggio rispetto al privato: i Comuni non sono in concorrenza tra loro e quindi possono scambiarsi tutte le informazioni sulle procedure e soluzioni che hanno attuato. Purtroppo, nonostante questa possibilità, non ci sono molte esperienze consolidate di collaborazione tra enti, a causa della presenza di un diffuso campanilismo che è la faccia negativa della forte identità dei Comuni. Quello dove lavorava Rossana faceva però eccezione. In quell’amministrazione, e da diversi anni, si era dato spazio a tutti i possibili confronti e accordi di collaborazione con altre città. Eventi formativi insieme ad altri, convenzioni per gestire servizi insieme, visite reciproche per conoscere le soluzioni in essere, partecipazione comune a bandi di finanziamento nazionali ed europei, tutto quello che aumentava la conoscenza e le buone relazioni era pratica diffusa e vissuta in quel Comune. Il nuovo sindaco aveva inoltre portato la città ad una dimensione di conoscenza e di scambio con centri ancora più grandi e questo aveva allargato ancora di più la visione e le possibilità di cooperazione.

Rossana chiese aiuto ai colleghi funzionari e dirigenti degli altri settori fornendo loro l’elenco dei forni crematori attivi nelle altre città e chiese loro di attivare le loro reti di relazione per capire come contattarli in maniera informale e veloce. Non c’era tempo e non sarebbe mai stato efficace passare per vie formali mandando lettere per chiedere la disponibilità, senza avere prima acceso una relazione significativa con le persone del Comune da coinvolgere (…)

Con questa sinergia i forni crematori disponibili ad accogliere le salme, vennero individuati: il primo tassello indispensabile per evitare l’ordine generalizzato dell’inumazione a terra era stato posto. 

A questo punto, per raggiungere il risultato, rimanevano però altre questioni, non irrilevanti, da risolvere: la predisposizione della documentazione, il trasporto delle salme, il recupero delle ceneri, il pagamento del trasporto, il carico e le condizioni di lavoro degli operatori comunali e l’eccesso di impegno per le onoranze funebri.

A fronte dell’onere insostenibile degli operatori delle pompe funebri, grazie alle relazioni con un Comune della regione confinante, Rossana mise in contatto l’associazione delle società funerarie della città con la medesima associazione della regione vicina e venne stretto immediatamente un accordo con operatori specializzati che procedettero a collaborare con quelle del territorio colpito dall’eccessivo numero di decessi. Questi operatori furono ospitati negli alberghi della città e aumentarono la capacità operativa delle aziende locali. In questo caso le relazioni positive tra pubbliche amministrazioni aveva reso possibile l’attivazione di collaborazioni tra privati. Questo, ovviamente, non rientra tra le competenze formali del Comune, ma fu un frutto indiretto e preziosissimo di quel modo di operare (…)

Nonostante questo rinforzo, per le onoranze funebri era comunque impossibile immaginare di organizzare e gestire i trasporti, in andata e ritorno, delle salme e delle ceneri. In quei giorni riuscivano a malapena a sostenere l’impegno per l’attività locale. I forni disponibili ad accogliere le salme erano in altre città. Si trattava di sedi molto lontane, anche centinaia di chilometri ed il tempo necessario non c’era. Inoltre il costo di tale servizio arrivava a valere tra i 600 e gli 800 euro. Questi importi sarebbero stati posti a carico dei parenti delle vittime: un’altra ingiustizia e difficoltà che Rossana non voleva caricare a chi già era stato duramente colpito.

Per risolvere questo aspetto decise di parlarne con la collega della Polizia Locale. Laura, la comandante del corpo, era persona sensibile e attenta e già in passato si era dimostrata collaborativa. In quei giorni, con tutti i suoi agenti era stata costantemente presente per rispondere alle esigenze crescenti e, a volte, irrazionali. Nonostante ciò ascoltò con attenzione Rossana e le venne in mente un’idea: coinvolgere il colonnello dei carabinieri con cui, sia lei che l’intero Comune, erano in ottimi rapporti. La tessitura di buone relazioni infatti non era un criterio usato solo nei confronti degli altri enti locali, era proprio un modo di intendere tutti i contatti con le altre istituzioni pubbliche e infatti questo approccio era usato sempre con Carabinieri, Prefettura, Università, Agenzia delle Entrate, Inps etc. 

I buoni trascorsi e la situazione di emergenza fecero venire a galla il meglio di tutti, persone e istituzioni. Ognuno diede il massimo: il Comune, i Carabinieri, la Prefettura, l’Esercito, l’Azienda sanitaria agirono in stretta connessione (…)

La collaborazione portò alla disponibilità dei Carabinieri e dell’Esercito per organizzare il trasporto delle salme e delle ceneri e per non dover richiedere il pagamento ai parenti. Con la Prefettura si mise in campo una semplificazione radicale del passaggio dei documenti tra un Comune e l’altro: il trasporto di salme e la certificazione di avvenuta cremazione sono infatti procedure molto complesse e, fino ad allora, lunghe e farraginose. È curioso ricordare che la procedura di emergenza, messa in campo con un’interpretazione delle norme di settore molto innovativa, dopo poche settimane, divenne prassi riconosciuta e autorizzata formalmente con una circolare ministeriale che entrò in vigore per tutte le città d’Italia.  

Quando i primi feretri lasciarono la città con una colonna di camion militari, fu uno spettacolo terribile che nei giorni successivi fece il giro del mondo. Rossana, pur pienamente coinvolta in quel clima di sofferenza, sapeva di avere agito per il bene dei cittadini e per aiutarli ad attraversare quel momento tragico».

IL SEGNO Luglio 2022

di Pino Nardi

Marco Visconti - Itineraria Teatro

Lo dice la più avanzata ricerca universitaria, la vera conoscenza si raggiunge solo attraverso la narrazione. Le storie emblematiche permettono infatti l’attivazione di quella necessaria componente emotivo-affettiva senza la quale è impossibile un effettivo passaggio di informazioni. Ed è questo il principio che informa il libro di Michele Bertola: “Persone fuori dal comune”, il quale sceglie il racconto, anzi una serie di racconti per spiegarci come, dimenticando le norme e i regolamenti sottili e astrusi, il lavoro nella pubblica amministrazione possa essere bello e interessante. C’è la vicenda cornice quella del protagonista un esperto ispettore del MEF (ministero economia e finanza) prossimo alla pensione al quale è stato affidato il compito di istruire la neo-assunta Cecilia, fresca laureata e vincitrice di concorso. Ebbene la strada scelta non è quella di una fredda teoria esplicitata con vuoti paroloni ma un sentiero con tante stazioni; storie che mettono in evidenza i tentativi virtuosi o le resistenze reazionarie, o entrambe le cose insieme, dei dirigenti comunali, degli assessori o di semplici cittadini.  Ed alla fine di ogni resoconto l’immancabile confronto tra il narratore e Cecilia che come in un vero e proprio romanzo di formazione piano piano rivede i suoi giudizi e i suoi pregiudizi. Scopriamo così il giovane e romantico obiettore di coscienza Lorenzo evidente riferimento autobiografico all’autore, ora Presidente della associazione nazionale dei direttori generali del comune, che è entrato proprio così in contatto con la realtà dell’amministrazione locale. C’è poi la vicenda di “Franco o dei mattoncini”, questo il titolo, paradossale per spiegare come una legge virtuosa diventi poi con la sua attuazione l’esatto contrario. E si potrebbero citare tante altri episodi in un libro da leggere tutto d’un fiato e dal quale è stato ricavato anche uno spettacolo teatrale...

Il Cittadino Monza e Brianza: il coraggio di cambiare gli enti pubblici

20 aprile 2022 di Monica Bolalumi

Pareri e commenti

ANNA BASILE 

Un caldo pomeriggio di maggio, con Marcella e Laura (più amiche che colleghe) decidemmo di dedicare un'ora del nostro tempo a noi stesse. Nessun aperitivo, nessun cinema, soltanto la partecipazione ad una presentazione di un libro che sembrava potesse essere davvero interessante.

Ricordo che alla fine del suo discorso, l'autore ha esordito cosi: "nella PA, oggi, più che mai c'è bisogno di donne. Loro hanno umiltà, sensibilità e resilienza. Doti necessarie per affrontare la nuova realtà!"

Di quel pomeriggio ricordo quanto ho riflettuto e fossi grata nel lavorare in un contesto così lontano da quello raccontato in alcuni episodi riportati nel testo.

Ho acquistato il libro promettendomi che l'avrei letto nei momenti in cui ne avrei avuto bisogno.

Oggi è uno di quei giorni e sono davvero felice del mio regalo.

Grazie Michele Bertola

PETER HAGH 

a Michele Bertola Presidente di ANDIGEL - Associazione Italiana City Manager: COMPLIMENTI!

Spero che sarà presto disponibile in inglese!

.... I camion carichi di bare che partono da Bergamo il 18 marzo 2020. Un'immagine simbolo della pandemia che difficilmente dimenticheremo. Una data che non a caso è stata scelta come quella per ricordare le vittime del Covid. Se dietro l'immagine della fila di camion che lasciano la città leggiamo il fallimento del sistema sanitario nazionale, c'è in realtà una storia di buona amministrazione che va raccontata. Questo è stato fatto da Michele Bertola, city manager del Comune di Bergamo, in "Persone fuori dal comune", libro appena lanciato nelle librerie da Rubbettino che raccoglie alcune storie di dipendenti pubblici che, contrariamente alla vulgata che vorrebbe per essere membri di una casta di fannulloni e privilegiati, hanno dedicato il loro impegno a cambiare la pubblica amministrazione....

Peter Hagh - Managing Director ICMA Europe

ICMA - International City/County Management Association - vale la pena leggere

LORENA FERRARI

La prefazione di Barca ma soprattutto le storie dedicate a Silvia e Rossana mi portano a dirti che deve essere un gran bel libro, molto originale. Si ride leggendo la prima, per la ricca zoologia proposta e ci si emoziona, molto, con la seconda. Il racconto, dall'interno, della gestione della prima ondata pandemica e di come si arrivò a "quei camion", da solo vale il libro.

SALVATORE DE FALCO

Non so se bisogna essere "fuori dal comune", ma sicuramente è necessario crederci e non che sia la rappresentazione di un'attività di marketing, perché in questi casi è come costruire una cattedrale in un deserto. Se ci credi, troverai altri come te che saranno coinvolti a crederci che "il sogno possa diventare realtà" senza essere dei Sognatori.

PAOLO MOTTA

Consulente senior HR & Organizzazione / Fractional / Esperto di Welfare aziendale e Sicurezza / Coach 

Le testimonianze di chi si è trovato ad affrontare questa tragica situazione sono state raccolte in un coinvolgente ed emozionante libro di Michele Bertola che suggerisco a tutti. Le persone sono al centro dell'attenzione ed il racconto ci lascia verità nascoste.

FABIANA GRULLINI

Michele Bertola l’ho conosciuto come docente durante il mio percorso formativo al ForsAM IX con Publica - Scuola ANCI per giovani amministratori.

Lui è direttore generale del comune di Bergamo. La sua lezione la ricordo e la riguardo continuamente perché sapendo di avere a che fare con giovani amministratori, ha utilizzato le ore con noi per darci alcune nozioni, ma in misura maggiore per darci Ispirazione, voglia di percorrere strade diverse per raggiungere obiettivi importanti. Di essere innovativi, pratici e aperti al nuovo.

“Persone fuori dal comune” è un suo lavoro che già sto leggendo e che mi sta dando importanti suggestioni. 

Mi complimento con il direttore Bertola accrescendo la mia stima nei suoi confronti. E dentro al libro riconosco il suo tocco inspiring.

Il cambiamento, il miglioramento... viene soprattutto dalle persone! 

Come evoca anche il sottotitolo, si tratta di una raccolta delle storie di donne e uomini che hanno provato a cambiare la Pubblica Amministrazione e qualche volta ci sono riusciti.

MAURO MAGATTI

Ho apprezzato in modo particolare la decisione di trattare gli argomenti in modo colloquiale partendo da delle storie e cercando di personalizzare le questioni.

Il tema del passaggio generazionale e del trasferimento di conoscenze ed esperienze è centrale soprattutto nella pubblica amministrazione dove questo lavoro non viene fatto per nulla.

Nel momento in cui il governo lancia un piano di assunzioni ma la pubblica amministrazione di giovani ne attira pochi, il tuo testo potrebbe essere davvero molto prezioso.

Mi domando come si possa valorizzare. Sarebbe bello coinvolgere il ministro e proporgli di regalarlo a tutti nuovi assunti…

Mi sembrerebbe una iniziativa intelligente anche come punto di partenza per un inserimento non astratto in un mondo così complesso con la pubblica amministrazione.

Ti confermo la mia valutazione positiva e soprattutto la mia sollecitazione a trovare il modo di rendere davvero utile questo tuo sforzo così prezioso.

BARBARA CHIAVARINO

Le persone che tratteggi, persone "fuori dal comune" ... mi hanno ricordato le tante persone "nel/ i Comune/i" che ho incontrato in questi anni da Coach nel mondo della pubblica Amministrazione. 

Credo che il tuo libro dovrebbe essere letto da molti: chi è dipendente pubblico, perché sono certa possa trovarsi nelle narrazioni ed al contempo trarne spunto (come non notare le molte competenze trasversali che le donne e gli uomini delle tue storie agiscono); da chi non lo è perché potrebbe stupirsi, più di quanto pensi. 

In una contemporaneità che ha molto bisogno di impegno e responsabilità, le persone fuori dal comune esortano tutti noi ad esserlo, fuor di metafora. 

Grazie!

Barbara Chiavarino Coaching & Training The Project Player www.theprojectplayer.com

Caro Michele, innanzitutto grazie davvero. Ho avuto gran piacere nell'incontrarti e apprendere e scambiarsi valutazioni e cercar strade. E come ben sai condivido con Carlo e con te il convincimento che nel portare a sistema alcune cose, semplici ma lontane dal comune sentire, sta gran parte del vinci-perdi del nostro paese. E dunque leggerò con molta curiosità le storie delle tue "persone fuori posto" ... e subito dopo proverò a capire se e quale editore capisca che diffonderle sia uno dei modi, magari, perchè ... "vadano a posto". A presto e grazie, dunque. 

... 

Ho letto alcune storie: davvero racconti assai godibili ! Proprio una bella idea

Tanto che, anziché da ex-collega - che sentiva sue quelle storie - mi sono ritrovato a leggerle da "pubblico", e a godermele ... un po' come storie di Rodari ...

...

Ho trovato il modo e il piacere di leggere il tuo volume completo, incontrare i personaggi che non conoscevo ancora e scoprire il filo rosso che li tiene insieme. Davvero un bel lavoro e leggibile assai e spiritoso. Speriamo circoli. Si tratta davvero di una sorta di Romanzo formativo ... che farebbe un gran bene leggere. A tante Cecilie e a cittadine e cittadini.

VITTORIO ZANON

Gentile Michele,

ho terminato oggi la settimana di ferie al mare, assieme a 4/5 della mia famiglia. Scrivo dagli scogli di una splendida Croazia, dove ho appena terminato di leggere il tuo libro, forse non casualmente dopo averne letto uno relativo alle emozioni degli assistenti sociali.

Ti ringrazio molto per le narrazioni che hai proposto, ricche di esempi e riflessioni utili per proseguire nel compito delicato che abbiamo noi donne e uomini delle istituzioni di promuovere e perseguire il bene comune delle nostre città e di tutte le persone che a vario titolo le abitano.

Sarebbe bello che il tuo libro fosse letto da tutti i pubblici dipendenti ma pure da chi usufruisce del servizi della pubblica amministrazione.

ENZO MEMOLI

Se il mondo della PA è il tuo mondo, non puoi non essere emotivamente coinvolto dalle storie che Michele Bertola - direttore generale del comune di Bergamo, nonché Presidente di ANDIGEL (Associazione dei Direttori Generali degli Enti Locali) e da sempre sostenitore dei workshop targati “mannaggiament” - racconta magistralmente nel suo libro “Persone fuori dal Comune”. Un libro che coniuga al meglio tre significative dimensioni: Persone, Progetti e PA. Buona lettura.

ELENA DE SIMONE

E perché non provare ad essere "fuori dal comune"...impresa non facile, parola di chi ci prova Michele Bertola🦸‍♀️

ANNALISA GRAMIGNA

Michele Bertola è una di quelle persone che non si tira indietro mai: osserva, pensa,  si guarda intorno a vedere con chi può  condividere e poi si tira su le maniche e si mette a risolvere le cose. 

Una persona e un Direttore Generale fuori dal comune

ANTONELLA BUJA

•Persone fuori dal Comune•

#persone come noi, che ci credono, che ci provano, che non mollano mai.

Un libro che si legge tutto d’un fiato,

un libro in cui ci si riconosce.

Grazie Michele Bertola

#PA #Change #nevergiveup

MARIA CONCETTA CORINTO

Quando mi chiedono chi è il mio datore di lavoro, rispondo: il popolo italiano, da questo l'orgoglio e la responsabilità di essere un dipendente pubblico.

MONICA FELETIG

La mia terza lettura del 2023 è un libro, ricevuto in dono da una donna speciale, di Michele Bertola.

Racconta storie di donne e uomini che hanno provato a cambiare la pubblica amministrazione e qualche volta ci sono riusciti. Lottando come tigri e leoni per sbloccare lo status quo, la resistenza al cambiamento, il si è sempre fatto così. Dimostrando che il settore pubblico è pieno di brave persone che ce la mettono tutta per offrire ai cittadini i servizi cui hanno diritto. Persone che gettano il cuore oltre l'ostacolo, che non pensano alle conseguenze cui il sistema potrebbe sottoporlo, che talvolta devono andarsene perché il sistema le ha emarginate, ma ci riprovano. Leggendo queste storie, ci si rende conto che nella pubblica amministrazione Project manager e leader empatici ci sono, anche se non hanno un titolo, un riconoscimento, uno stipendio corrispondente. Ma sono capaci di fare grandi cose al pari dei privati che quel ruolo ce l'hanno, anzi i loro risultati sono maggiori perché devono anche rispondere a un'enormità di lacciuoli normativi che il privato non subisce. Questo libro ci ricorda che non esistono solo vergognose storie di cattiva amministrazione, di furbetti del cartellino, di burocrazia difensiva, di paura della firma. Diamo voce a tutte le persone leggendo il libro, diamo slancio e coraggio a tutti gli altri che ci provano mettendoci il cuore, non solo la ragione.

Pensate che valga la pena?

ANDREA TIRONI

Avendo visto il post di Feletig Monica ho comprato il libro e l'ho letto. A tratti è stato quasi commovente. Ci sono diversi passaggi in cui chi lavora nella PA può riconoscersi, sia in qualche successo che in qualche sconfitta. Nel periodo #PNRR serve ancora di più di ricordarsi di "tenere alta l'attenzione al cittadino, rimanere aperti alle innovazioni, mantenere l'orientamento al risultato e all'impatto, utilizzando le regole e le opportunità amministrative. Per il bene comune."

ANTONIO DAVIDE BARRETTA

Direttore Generale Azienda Ospedaliero-Universitaria Senese - Professore Ordinario di Economia aziendale (in aspettativa)

Ho appena finito di leggere “Persone fuori dal comune” di Michele Bertola edito da Rubbettino. Il volume raccoglie 14 racconti delle vicende di uomini e donne impegnati a “far bene il bene” dei cittadini dell’amministrazione comunale per cui lavorano. L’Autore immagina che un ispettore del MEF, poco prima del suo pensionamento, sia chiamato a contribuire alla formazione di una giovane funzionaria che lo sostituirà. L’uomo decide di adempiere a questo compito non trasmettendo ulteriori nozioni e conoscenze teoriche, di cui la neoassunta e’ già ampiamente dotata, bensì, trasferendole, attraverso i 14 racconti citati, il suo punto di vista sul buon governo della “res pubblica”. Le storie sono di fantasia, tuttavia, sono così ricche di dettagli fondati sulla realtà e di riflessioni critiche sulla gestione della PA che sicuramente sono il frutto delle esperienze professionali dell’Autore oltre che della sua fantasia. Lo stile narrativo e la trama coinvolgente rendono il libro alla portata di qualsiasi lettore. Però consiglio la lettura anche a chi opera a vario titolo nella PA (anche in ambiti diversi dagli enti locali) e a chi la osserva con gli occhi dello studioso. Da ogni storia si traggono delle riflessioni sui principi e sui valori del buon governo della PA: l’avere consapevolezza che la produzione della norma da sola non comporta necessariamente la soluzione dei problemi ne’ tanto meno dovrebbe costituire il fine dell’agire pubblico, l’importanza dell’ascolto dei bisogni dei cittadini la cui soddisfazione dovrebbe rappresentare la ragione d’essere della PA, il coraggio di lasciare le strade “sicure” finora battute (l’insopportabile “si è sempre fatto così”!) alla ricerca della novità per conseguire l’obiettivo del miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini, la necessità di abbattere le divisioni fra strutture organizzative dell’ente e di promuovere la collaborazione fra le stesse soprattutto nel caso di sfide trasversali all’amministrazione, il valore e i vantaggi della collaborazione interistituzionale. Buona lettura!

PAOLA DELMONTE 

Finalmente, in vacanza, ho potuto assaporare il valore formativo di questo “romanzo” di Michele Bertola, un “to read” per chi come me promuove il #partenariatopubblicoprivato e con la pubblica amministrazione ci lavora tutti i giorni. Donne e uomini di diverse estrazioni e di tutte le latitudini, che mi hanno insegnato molto e alle quali credo di aver dato talvolta qualcosa di me, con cui ho condiviso molte battaglie e subito qualche sconfitta, ma solo temporanea, perché l’obiettivo finale - come sottolinea Fabrizio Barca nella prefazione - deve essere quello di contribuire a cambiarla questa pubblica amministrazione affinché abbia sempre meno bisogno di persone “fuori dal comune”.