Rossana o della generosità

ESTRATTO DAL CAPITOLO "Rossana o della generosità

Era la direttrice dei servizi cimiteriali del Comune: un ruolo di responsabilità esercitato in un settore ritenuto ordinario, routinario, poco visibile e scarsamente attrattivo. Eppure lei lo svolgeva con scrupolo e attenzione. Aveva colto e misurato sulla propria pelle quanto fosse doloroso il momento della separazione definitiva dalle persone care e quante conseguenze aveva nella vita di chi rimaneva. Aveva consapevolezza che chi ricorreva ai servizi in quei momenti era particolarmente fragile. In quel contesto, i necessari passaggi formali e amministrativi potevano essere percepiti come freddi e distaccati e colpire involontariamente la sensibilità dei parenti del defunto; il luogo del cimitero poteva essere trasandato poco accudito; gli orari di accesso potevano essere troppo limitati per le esigenze dei congiunti. Rossana lo sapeva e curava meticolosamente tutti gli aspetti perché fossero di alto livello qualitativo e potessero risultare di conforto per le persone colpite dal lutto, per quanto possibile.

Questa attenzione non andava certo a scapito della correttezza amministrativa o dei risvolti economici che l’attività cimiteriale aveva sul bilancio del Comune. Gestiva accuratamente i rapporti con le società esterne che operavano nel cimitero: le ditte di edilizia e quelle di manutenzione del verde erano rese edotte che il loro operato sarebbe stato vagliato fin nei particolari e valutato con precisione. Non potevano neanche immaginare di sovrastimare i prezzi dei servizi: Rossana li avrebbe subito contestati e li avrebbe riportati ai valori corretti, pena il perdere la commessa ottenuta.

Tra i suoi collaboratori non c’erano solo eccellenze, anzi, il gruppo dei guardiani del cimitero non era proprio dei migliori. Il ruolo del custode è molto delicato: non solo è il biglietto da visita del Comune per chi si reca al cimitero, ma è esposto al rischio di comportamenti poco onesti. Era capitato, in altre realtà, che emergessero scandali o abusi legati ai rapporti con le aziende di onoranze funebri o con i fiorai. Fare la pubblicità in modo un po’ spinto a questo o quell’operatore in cambio di qualche elargizione, da parte di chi era percepito come garanzia della pubblica amministrazione, era una tentazione presente e, talvolta, stimolata dagli operatori privati, in buona o cattiva fede.

In qualche caso invece era emerso un piccolo mercato di prestazioni abusive. Tipicamente si trattava del servizio di innaffiamento dei fiori sulle tombe, in cambio di piccole somme di denaro. Non si parlava di grandi scandali da milioni di euro, forse neanche da migliaia di euro, ma ugualmente erano situazioni scorrette e intollerabili per la trasparenza e la correttezza e per questo lei vigilava costantemente sui propri collaboratori.

Aveva anche proposto un’idea per erogare in maniera regolare il servizio di accudimento dei fiori della tomba o della pulizia della stessa. Le richieste di cittadini che non si recavano di frequente al cimitero ma volevano le tombe in ordine, non mancavano. Per dare risposta a questa esigenza prefigurò al dirigente del settore Risorse umane una forma di incentivazione per i guardiani del cimitero in modo da fornire questa utilità ai cittadini che l’avrebbero regolarmente pagata. In questo modo il Comune avrebbe dato un servizio migliore, avrebbe avuto qualche entrata in più, i guardiani avrebbero svolto regolarmente quanto dovuto e non sarebbero stati tentati di farlo in maniera clandestina.

Negli ultimi anni era stata particolarmente impegnata nella concessione per la costruzione e gestione del forno crematorio. La scelta di incenerire le salme, invece che seppellirle, era andata diffondendosi ed era importante dotarsi di questa struttura per permettere ai cittadini di non dover andare lontano dal loro luogo di residenza per ottenere quanto richiedevano. Aveva cercato con impegno le soluzioni più all’avanguardia in Italia e all’estero. Aveva ponderato con precisione i piani economici finanziari che sostenevano queste operazioni. Aveva analizzato con puntiglio tutte le proiezioni sul numero di decessi previsti e sull’evoluzione della domanda di cremazione.

Con tutto questo impegno predispose un completo capitolato di gara, così si chiama il documento in cui vengono descritte tutte le prestazioni richieste a chi vuole vedersi assegnato un lavoro o un servizio dal Comune. Grazie alle analisi sull'andamento futuro del servizio e sul numero crescente di richieste, mise a punto un meccanismo preciso di calcolo di quanto il Comune avrebbe potuto incassare dal gestore del forno. Aveva anche previsto che, in caso di aumento voluminoso delle cremazioni, il gestore avrebbe dovuto garantire di lavorare a tempo pieno: in caso di picchi di richieste il forno doveva funzionare 24 ore su 24, tutti i giorni della settimana. Impostò il tutto tenendo molto bene in considerazione l’interesse economico del Comune poiché la quota da versare all’ente, per ciascuna cremazione, aumentava in modo più che proporzionale al crescere delle operazioni effettuate. Tutte le garanzie dal punto di vista igienico, sanitario e ambientale erano descritte scrupolosamente. Non mancava infine la richiesta che i luoghi, le sale, gli arredi e perfino l’illuminazione dei locali fossero di alta qualità, accoglienti e belli: i parenti dei defunti, in quei tristi momenti, avrebbero dovuto sentirsi accolti e consolati.

La gara andò benissimo, la vinse una società molto qualificata e il forno fu costruito con caratteristiche di eccellenza e nei tempi stabiliti: ora la sua città disponeva di un servizio qualitativamente all’avanguardia, preciso e rispettoso.

All’interno del Comune, nel gruppo dei funzionari e dirigenti, Rossana non emergeva. Avevano molto più riconoscimento e godevano di prestigio, o almeno di timore reverenziale, quelli che sapevano dimostrare la loro conoscenza giuridico amministrativa, quelli che riuscivano sempre citare a memoria l’ultima sentenza o l’ultimo parere emessi da una qualche autorità, quelli che, su queste basi, tenevano lunghi discorsi o quelli che erano in grado di redigere atti dal linguaggio appropriato e ricchi di citazioni normative. Uno spazio riconosciuto lo avevano anche coloro che sapevano costantemente evidenziare i rischi da evitare, che indicavano i buoni motivi per attendere un parere specifico e che scoraggiavano le interpretazioni normative troppo spinte o innovative. Infine avevano successo anche coloro che facevano particolarmente pesare il loro ruolo, quelli che per mandare avanti un provvedimento lo correggevano o lo respingevano, evidenziando errori formali e qualche volta persino di stile o di scelta degli aggettivi.

Tutte queste caratteristiche non le appartenevano. Lei conosceva e rispettava le leggi e i regolamenti ma, il suo criterio guida nell’agire, era quello di arrivare al risultato. E con risultato non intendeva l’approvazione degli atti, ma il compimento del reale servizio al cittadino. I suoi provvedimenti erano essenziali, i suoi interventi verbali molto sintetici, non metteva enfasi nello svolgimento del suo compito e non faceva mai pesare il suo ruolo. Anche se non era tra gli emergenti, Rossana non se ne preoccupava, lei aveva a cuore le persone che avevano bisogno del cimitero e nient’altro.

Per fortuna, nella vita media delle persone non capita spesso di dover usufruire dei servizi cimiteriali e quindi difficilmente una persona può confrontare il servizio ricevuto con altre situazioni. Inoltre, nei momenti in cui ci si avvale di queste prestazioni, l’attenzione è concentrata sul proprio dolore, giustamente. Per questi motivi non capitava quasi mai che i cittadini cogliessero la qualità del servizio reso, o perlomeno che esplicitassero il gradimento. Lei lo ne era consapevole ed era soddisfatta lo stesso.

Tutto proseguì così fino a quando arrivò in città la nuova malattia enormemente contagiosa e grave: un virus sconosciuto e incurabile. Giunse all’improvviso mentre stava per finire l’inverno e in quella città colpì duramente, più che in ogni altro territorio del Paese.

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