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Cos’è?
Scolon di Saccavezza
La storia di Bovolone risale a tempi molto antichi, anzi, preistorici. Molti scavi hanno portato alla luce reperti di varie epoche, che aiutano a conoscere e capire le evoluzioni del territorio.
Nel sito di Scolon di Saccavezza, che risale alla media Età del Bronzo (metà XVII e XVI secolo a.C.), sono stati scoperti e portati alla luce oggetti di grande importanza, tra cui un’interessante piccola scultura.
Questa figurina resta un unicum per vari motivi: la resa stilistica, il supporto in corno di capriolo e la rappresentazione di un rapace. Molto probabilmente si tratta di un falco e lo si può osservare mentre piega le ali in avanti. Quello che colpisce maggiormente di questo eccezionale reperto è la resa dettagliata e stilisticamente molto curata della figura zoomorfa, in un periodo di tendenza generale verso le forme essenziali e stilizzate. È importante tenere a mente che le concezioni di arte ed estetica sono cambiate nel corso degli anni, a maggior ragione se parliamo di millenni.
L’archeologia per pensare al presente
Quello che noi oggi ammiriamo come un’opera d’arte non ha sempre avuto questa valenza: l’importanza di un oggetto non era giudicata sulla base della sua bellezza o della sua verosimiglianza naturalistica ma sul suo valore simbolico. È ben nota la rilevanza del ruolo rivestito dagli animali nel mondo rituale, anche se si prediligevano bovini o talvolta cavalli. È proprio per questo che il rapace rinvenuto negli scavi è così importante, tanto per la sua misteriosità quanto per le ipotesi che ci permette di supporre.
La raffigurazione delle prede veniva svolta in maniera molto più dettagliata di qualsiasi altra figura da parte degli uomini dell’Età del Bronzo, ma più in generale già a partire dal Neolitico, era a cui possiamo far risalire l’inizio di una corrente che oggi definiremmo artistica. Spesso gli archeologi hanno colto in questa precisione un significato augurale: celebrando il buon esito della caccia presente si invocava il successo futuro per la stessa.
All’Età del Bronzo risalgono importantissimi cambiamenti, spesso attuati in luoghi e tempi diversi, che furono possibili grazie allo sviluppo dell’artigianato del metallo. In alcuni centri la produzione di utensili o di armi era di tale importanza da dover essere esercitata da una figura in modo permanente. Le prime piccole figure a tutto tondo sono, infatti, di questo preciso periodo e spesso rappresentano guerrieri.
Molto rimane un enigma ma l’archeologia è più attuale di quello che si pensa e nuovi scavi potrebbero dirci qualcosa che prima non sapevamo. C’è però una cosa certa: lo straordinario ritrovamento ci insegna che l’arte cambia, si evolve, si trasforma e si influenza, ma l’essere umano da sempre cerca la bellezza e noi oggi ammiriamo questo incomparabile rapace con lo stesso stupore dei nostri antenati.
Dov’è?
Per poter vedere la scultura è necessario recarsi al Centro Ambientale Archeologico di Legnago (VR), ma vale la pena soffermarsi sul luogo del suo ritrovamento.
2 500 anni fa la zona di Bovolone era coperta da acque stagnanti e ciò è testimoniato dalla presenza della “torba”, un combustibile costituito da residui di piante dell’ambiente palustre. In zona valliva si possono vedere aree di terra dove si trovavano degli insediamenti e spesso si possono trovare cocci di vasi di terracotta: l’essere umano aveva infatti scelto questa zona per stanziarsi. Nel 1876 venne scoperta la necropoli di Bovolone durante la costruzione della ferrovia e, quasi 100 anni dopo, Renato Peroni (con il contributo della Fondazione Fioroni di Legnago) pubblicò uno studio importante dal titolo “L’età del Bronzo Media e Recente tra l’Adige e il Mincio” (1963) in cui presentò, tra gli altri, i materiali della necropoli di Bovolone. Da questo momento il Comune diventò un punto di riferimento per le cronologie relative all’Età del Bronzo. Nel frattempo venne individuato un insediamento e si indagò il sito di Saccavezza, così come l’intero sito di Bovolone, con indagini stratigrafiche per quanto concerne l’aspetto funerario e abitativo. Si scoprirono sepolture in ottimo stato di conservazione e due fondi di capanna a pianta rettangolare, ma fu rilevante un frammento di ceramica appenninica. È una ceramica comune in Italia centro-meridionale ma rara a nord del Po: questo testimonia i contatti tra le due zone.
Nonostante le prime tracce umane a Bovolone risalgano al Neolitico recente (ca. metà IV millennio a.C.), è durante l’Età del Bronzo che il territorio vide lo sviluppo di molti insediamenti, tutti collocati lungo il fiume Menago, a prova della colonizzazione delle genti di cultura palafitticolo-terramaricola. Di questo periodo sono gli abitanti di Novarina, Gesiole, Crosare e Saccavezza (in parte ancora sepolto nel Parco).
Dettaglio - il laghetto e delle attrezzature sportive.
Visione frontale dell'entrata del villaggio preistorico.
Curiosità
Nel Parco Valle del Menago è stato ricostruito un villaggio preistorico su un isolotto artificiale circondato da acqua per valorizzare la forte componente archeologica. Dentro si trovano tre capanne, una “stalla”, un recinto e varie aree artigianali-produttive.
Il reperto preistorico, visto di profilo, è diventato il logo del Parco.
Visione laterale dell'entrata del villaggio preistorico.
Dettaglio - cartello che racconta le attività che vengono svolte nel villaggio preistorico.
Il simbolo del Parco Valle del Menago.