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Cos’è?
Una gemma nascosta
Nella via principale di Bovolone, quella che la collega a Verona e a Legnago, non possiamo evitare di notare una struttura interessante che si trova proprio all’incrocio tra via Roma e via Trento. Una facciata scarlatta, semplice ma finemente decorata, si innalza tra il verde degli alberi, sorretta da mura secolari. Se la dovessimo cogliere con il sole alle spalle, ci troveremmo di fronte a un gioco di luci spettacolare. La facciata è incorniciata da paraste e culmina in alto con un pinnacolo in pietra dove si può ammirare un crocifisso in ferro, lì collocato dopo anni grazie agli ultimi restauri. Abbassando lo sguardo notiamo poi un rosone e ancora un protiro in muratura e pietra sovrastante il portale in tufo. Mentre esaminiamo la facciata, alla ricerca minuziosa di dettagli, i nostri occhi si soffermano su un particolare: la lunetta sopra il portale. Al suo interno, un bassorilievo è in grado di darci qualche informazione in più circa il monumento che stiamo contemplando. Al centro della lunetta, circondato da fiori, campeggia il busto di San Filippo Neri, proprio colui al quale è dedicato questo oratorio.
Santo della gioia
Filippo Romolo Neri nacque da una ricca famiglia fiorentina nell’estate del 1515. Presto orfano di madre, provò a seguire le orme del padre notaio ma abbandonò gli affari per andare a Roma. Nella Città Eterna si guadagnò inizialmente da vivere facendo il precettore, inoltre scrisse poesie e studiò filosofia e teologia. Trovandosi in un luogo di grandi corruzioni, nel 1538 iniziò a lavorare tra i giovani fondando una confraternita di laici che si incontrava per adorare Dio e offrire aiuto a pellegrini e convalescenti. Volle fuggire dal lusso che inizialmente l’aveva accompagnato e decise di vivere con poco, donando ai poveri quello che possedeva. Nel 1551 fu ordinato prete ed ebbe la vocazione di dedicarsi a “bambini e ragazzi di strada” accogliendoli nel suo oratorio. Diventò famoso in tutta la Città per i suoi metodi alternativi di pedagogia allegra e per il dono, che gli venne riconosciuto dai contemporanei, di saper leggere nei cuori. Viene chiamato “Santo della gioia” o “Maestro del buonumore”. È patrono di editori, insegnanti, educatori e giovani.
Osservare e ri-osservare
La dedica dell’oratorio di San Filippo Neri al santo è esplicitata dalla scritta incisa all’interno del protiro. La tecnica del bassorilievo è antichissima e richiede una grande maestria, oltre che bravura nella costruzione dello spazio a causa della presenza della terza dimensione che però non viene resa a tutto tondo, come si verifica invece per le sculture. Non conosce limiti geografici in quanto si è diffusa sia tra i popoli dell’antico Egitto che tra quelli dell’impero cinese. Nel Medioevo il bassorilievo tornò a essere praticato, ma solo più tardi, con la rivoluzione prospettica Quattrocentesca che aprì a nuove e immense possibilità di resa spaziale, molti Maestri provarono a sperimentare con il bassorilievo. Donatello fu l’iniziatore del cosiddetto “stiacciato”. Questa particolare tecnica scultorea permette di realizzare un rilievo che fornisca all’osservatore un’illusione di profondità in quanto il suo spessore diminuisce in modo graduale dal primo piano allo sfondo.
Questo piccolo ma ricchissimo bassorilievo ci insegna quindi qualcosa di importante: il valore dell’osservazione. La particolarità di una più grande facciata dà moltissimi spunti di riflessione e approfondimento, ci regala la possibilità di imparare ogni volta cose nuove. Vale la pena allora ritornare all’oratorio di San Filippo Neri e guardare di nuovo, scrutare attentamente. Probabilmente c’è una cosa nuova che prima non avevamo notato e che ora ci aprirà un mondo nuovo.
Dov’è?
Storia
Per ripercorrere la storia dell’origine dell’oratorio le fonti ci portano alla seconda metà del Quattrocento, in particolare nell’anno 1478. Il vescovo Giovanni Michiel (1446-1503) investì Giacomo Da Borgo di un pezzo di terra adiacente al Palazzo Vescovile di Bovolone: era l’attuale zona in cui oggi, nell’angolo a nord, sorge l’oratorio.
Il dominio dell’appezzamento passò però a vari proprietari nel corso del tempo e il Pio Luogo dei Mendicanti e Derelitti fu l’ultimo nel corso del Seicento, che vendette l’intero immobile a Giovanni Battista Terzi nel 1728. La famiglia Terzi ebbe una nota influenza sul territorio di Bovolone. Il capostipite della dinastia può essere considerato Rinaldo (1664-1728), che aprì una farmacia, allora chiamata speziera. Giovanni Battista Terzi, sopracitato, era figlio di Rinaldo e si dedicò all’agricoltura, con un particolare interesse per la coltivazione del riso. Con il tempo la famiglia accumulò un patrimonio fondiario considerevole.
La facciata dell'oratorio di San Filippo Neri e una parte di muratura cinquecentesca.
Per tutti questi secoli però dobbiamo ancora pensare solamente a un appezzamento, non all’edificio che oggi possiamo ammirare. La costruzione dell’oratorio si deve infatti a una donna, ovvero Elisabetta Castellani. Fu la moglie di Giovanni Battista che, rimasta vedova, si risposò con Luigi Terzi, cugino del marito deceduto. Molti studiosi concordano nell’attribuire a Elisabetta la costruzione dell’oratorio poiché l’edificio non è presente nella mappa del Catasto Napoleonico nel 1815, mentre è rappresentato nel Catasto Austriaco del 1849. Questo permette anche di poter conferire una datazione all’edificio, che risalirebbe quindi al 1845-1849.
Passando al XX secolo, la proprietà fu messa in vendita nel 1927 quando venne a mancare Luigi Terzi, l’ultimo erede della famiglia. Si susseguì quindi una serie di vicende partendo dall’acquisto dell’area da parte del Comune di Bovolone. L’ing. Giuseppe Mantovani entrò in possesso del settore nord del territorio, che comprende l’oratorio e lì edificò il suo palazzo. La famiglia Mantovani costruì una villa signorile, che fu per un certo periodo una scuola. Nel 1992 Sergio Tarocco acquistò la quota dell’ing. Mantovani, provvedendo a un necessario restauro del palazzo e dell’oratorio.
Struttura
Spesso gli edifici più nascosti custodiscono le storie più belle. Purtroppo oggi l’oratorio di San Filippo Neri non è aperto al pubblico, ma coloro che lo possiedono lo tutelano e lo proteggono come se fosse un componente della famiglia. Il Signor Roberto Tarocco si è reso gentilmente disponibile a concedere alla scrivente una visita guidata, che è finita per diventare una conversazione sul valore che ha avuto l’oratorio non solo per la sua famiglia ma anche per la storia di Bovolone.
La porta esterna è chiusa da un cancelletto del Cinquecento e probabilmente proviene da un’altra chiesa. Al tempo della sua realizzazione, la scelta di porre la porta di un edificio religioso verso l’esterno e non verso l’interno fu rivoluzionaria e mandava un messaggio importante: si intendevano accogliere le persone e le loro preghiere. Per vari motivi la porta non è più utilizzabile ma l’accesso è reso comunque possibile da una porta laterale, che si trova nel giardino della villa attualmente abitata. Ma non bisogna sbagliarsi: varcando la soglia, l’effetto è comunque sorprendente, anzi, permette un punto di vista inedito e più caldo, ospitale. La prima cosa che l’occhio nota è, infatti, una statua di Cristo mentre accoglie i fedeli a braccia aperte. La scultura è bianca, candida e il panneggio con cui gli abiti sono stati realizzati la rendono quasi viva. L’unica traccia di colore viene dallo sfondo, dove dei raggi quasi dorati si stagliano su una nicchia dal fondale blu.
Il colore blu ritorna nella decorazione dell’oratorio e ha una valenza peculiare. Volgendo lo sguardo verso destra balza certamente all’occhio il prezioso altare: un tappeto rosso copre in parte i due gradini e prepara alla vista della decorata struttura, che conserva molte rarità. Tra i marmi variopinti che lo compongono ce n’è uno che vale la pena evidenziare ed è quello blu, che ad oggi non è più in commercio. Nell’arte religiosa la simbologia cromatica è molto importante e dava un valore addizionale alle opere. In particolare, il blu è il colore della spiritualità e veniva spesso usato per colorare le vesti della Vergine in quanto prezioso da ottenere e anche, qualche volta, allegoria della Fede.
L’altare regge due Crocifissi, qualche candela, dei candelabri e un leggío, ma non solo: al suo interno erano conservate delle reliquie ed è proprio questa caratteristica che permette all’edificio di essere consacrato. Due busti sui lati dell’altare raffigurano San Filippo Neri e il Beato Federico Ozanam.
Andando avanti, ci si accorge di una cornice, di cui non è chiaro inizialmente quale sia il contenuto. È un’immagine della Sacra Sindone del 1898, che venne regalata ai proprietari precedenti forse in occasione dell’apertura dell’oratorio, che avveniva ogni trent’anni. Questo regalo di grande valore si può spiegare se si tiene a mente che molto probabilmente qualche parente del precedente proprietario aveva conoscenze molto importanti. Infatti, gli fu regalata anche un’immagine con l’autografo di papa Pio XI, che è conservata nella parte posteriore dell’altare.
Le pareti, interamente decorate, culminano in un cielo azzurro, sopra il quale le stelle non furono dipinte ma realizzate in gesso.
La vista entrando dalla porta laterale dell'oratorio.
L'altare marmoreo.
Il soffitto con il cielo stellato.
L'immagine della Sacra Sindone.
Dalla finestra della villa. Si possono vedere la parte posteriore dell'oratorio di San Filippo Neri e la l'attuale edificio sede della Banca Veronese.
Curiosità
Un edificio non può parlare, è immobile e silenzioso. Ma non vuol dire che non sia vivo: le persone, il tempo, la storia lo trasformano e, come fosse infuso di spirito vitale, può nascere, crescere e morire. Anche l’oratorio di San Filippo Neri a Bovolone ha una vita da raccontare e i proprietari le danno voce. Prima che costruissero una villa, prima che l’uomo mettesse semafori, strade, negozi, l’oratorio c’era e intorno a esso un immenso giardino, di cui resta qualcosa negli arbusti secolari ancora oggi visibili. Un disegno ancora ben conservato ritrae questa situazione: alberi, mura e prati. Più si guarda e più si scopre questa storia che non c’è più ma in fondo vive ancora nelle tradizioni e nei resti.
Disegno di Villa Terzi, inizio XX secolo.
Nella vita di questo edificio religioso c’è anche un’epoca più buia e va collocata prima del passaggio di proprietà alla famiglia Tarocco. Dopo la tragica morte di due figli, colui che possedeva l’immobile decise di non aprire più l’oratorio e così per anni nessuno poté più entrare, nemmeno i parroci di Bovolone. La permanenza della famiglia precedente è testimoniata anche da una cassaforte, misteriosa per quanto riguarda ciò che conteneva, che ancora si trova sotto la villa, all’interno di un caveau dove venivano collezionate monete.