Chiesa dei Santi Cosma e Damiano

(Arsago Seprio)

Orari di apertura

La chiesa è normalmente chiusa; nel caso in cui si vogliano effettuare visite si prega di mettersi in contatto con la segreteria parrocchiale con congruo anticipo.

Informazioni artistiche

L’Oratorio campestre dei Santi Cosma e Damiano si innalza su un lieve dosso a nord dell’abitato di Arsago, circondato da una fascia boscosa.

È una costruzione a nude pietre, con piccola navata e relativa abside, finestre originali rade e strette, col tetto a travatura scoperta all’interno e la fronte triangolare a capanna: una delle tante Chiese di stile romanico lombardo che dopo il Mille sorsero in tutta la Valle Padana. E, come tanti altri edifici religiosi coevi, non mancò di offrire reliquie della romanità reimpiegate nei paramenti murari o come organismi accessori della funzione liturgica. La Mensa dell’antico Altare era infatti costituita da una monumentale lapide funeraria d’età romana, menzionante la gens Terentia, che venne trasferita nel 1721 a Milano per ordine dell’Arcivescovo Odescalchi. Nobilitava l’edificio anche una lapide votiva a Giove, attualmente conservata in San Giovanni ed è tuttora visibile, oltre a materiale di spoglio di minore entità, anche una stele funeraria d’età romana reimpiegata nel pavimento.

Nulla si può dire circa l’epoca di costruzione. Si ritiene che l’edificio sia stato eretto nel XII secolo da maestranze locali sul modello del San Vittore, del quale riprende il tipo del materiale da costruzione, le finestre dell’absidiola minore ed il fregio di archetti in pietra e laterizio. Il Bussero non lo cita fra le Chiese di Arsago; e se lo fece, non certo con la dedica ai Santi Cosma e Damiano. Che il fatto della strage per epizoozia avvenuta nel 1387 abbia determinato la dedica a questi due Santi l’ha pensato e scritto il Melzi senza recare una qualsiasi prova. La più antica documentazione è quella della Notitia Cleri del 1398. Nel 1455 la Chiesa risulta juspatronato della famiglia de Bizozero. All’epoca di San Carlo è un semplice Clericatus sive Cappella, che s’intende sopprimere ed unire alla residenza in quanto i titolari del beneficio né celebrano né tantomeno risiedono nella “casa de S.o Cosmo et Damiano atachatta alla detta Chiesa”. Abitazione un tempo riservata ai cappellani e che è descritta “… coi soi edifitij, camere in terra, solari sopra, stalla, cassina, corte, topia, area, chioso et altri soi raggioni et pertinentij alla quale è choerente da una la Chiesa in parte et in parte strada, dal altra strada mercantille et delle altre parti beni di detta Cappella et Chiesa de S.o Cosmo e Damiano…”. La Messa è celebrata solo dai Prevosti di Arsago “… il giorno della Festa dei S.ti Cosma e Damiano che gli è sempre stato grande devotione et sempre si è perseverato così…”; come già risulta abbandonata l’antica tradizione di distribuire gratuitamente in quel giorno brentam unam vini, et modia duo castanearum.

Nel 1631, il Cardinale Federico Borromeo trasferisce il titolo e i beni del “Chiericato” dei Santi Cosma e Damiano alla massa residenziale del Capitolo di Santa Maria Fulcorina di Milano. Nel 1787 il suddetto Capitolo cede lo juspatronato ed i beni – a livello perpetuo e con diritto di affrancazione – al Canonico Rev. Giulio Rossini. Nel 1799, con la soppressione del Capitolo di Santa Maria Fulcorina, il Rossini acquista per L. 3724 anche il “diretto dominio” di questi beni; salvo, ben inteso, l’edificio che rimase sempre di proprietà della Parrocchia di Arsago e che è giunto sino ad oggi pressoché inalterato nella struttura originaria benché, nel corso dei secoli, furono operati degli interventi nelle pareti, soprattutto intesi a dare più luce all’ambiente.

Nella relazione della Visita Pastorale del Beato Cardinale Andrea Carlo Ferrari (1900), lo stato dell’edificio viene definito “poco decente”.

Nel 1978, un gruppo di volontari arsaghesi cercò infine di mettere mano allo stato di degrado in cui la Chiesa si trovava, soffocata dalla vegetazione circostante e soggetta ad azioni vandaliche.

(Testi di Carlo Mastorgio, dal libro “Arsago, Nullus in Insubria pagus vetustior”)