Basilica di San Vittore Martire

(Arsago Seprio)

Orari di apertura

La Basilica è aperta per le visite nei seguenti orari:

− da LUNEDÌ a VENERDÌ: dalle 8:00 alle 12:00

− SABATO: dalle 8:00 alle 12:00 e dalle 15:00 alle 18:00

− DOMENICA: dalle 9:00 alle 10:30 e dalle 15:00 alle 18:00

Non è consentita la visita durante le celebrazioni.

Nel caso in cui si voglia visitare la Basilica al di fuori degli orari sopra indicati o si desideri una visita guidata si prega di mettersi in contatto con la segreteria parrocchiale con congruo anticipo.

Informazioni artistiche

Il complesso pievano composto dalla basilica di S. Vittore e dal battistero dedicato a S. Giovanni Battista costituisce uno dei più rilevanti esempi di architettura tardoromanica della Lombardia, oggetto di studi da parte dei maggiori storici dell’architettura a partire dagli ultimi anni del ‘800.

Il complesso sorge in un’area in origine probabilmente occupata da edifici monumentali romano imperiali, sulla quale si impostarono due cimiteri e, in corrispondenza dell’abside meridionale della Basilica, un primo edificio di culto tardoantico (IV-V secolo d.C.). I frammenti di decorazione scultorea d’uso liturgico (VIII/IX secolo), murati nell’atrio di accesso all’edificio canonicale, attestano la presenza di una chiesa altomedievale precedente la basilica attuale.

L’area interessata dai due edifici monumentali ed il sagrato sono il più importante simbolo della continuità di vita di Arsago Seprio dall’età romana ai giorni nostri.

La chiesa di San Vittore ha un semplice impianto basilicale orientato, a tre navate concluse da absidi, privo di transetto e di cripta presbiteriale. La lunghezza all’interno è di 29 metri circa, la larghezza complessiva di 15 metri circa. La navata centrale è più alta, conferendo all’edificio la caratteristica forma a capanna, tipica degli edifici romanici lombardi. La nuda semplicità della muratura è rotta dalle finestre ad arco a tutto sesto ben dimensionate e disposte con simmetria lungo i fianchi, in facciata e nelle absidi. L’unico motivo ornamentale è costituito da una fascia continua di archetti ciechi che coronano tutto l’edificio. Il paramento murario esterno è formato da piccoli conci irregolari e non squadrati, disposti in corsi per la maggior parte orizzontali; occasionalmente si alternano grandi pietre squadrate inserite soprattutto a formare gli angoli.

La facciata è a salienti con unico portale centrale rifatto alla metà del XVIII secolo e due monofore affiancate nel registro centrale. Nella seconda metà dell’Ottocento era già sparito, forse da tempo, il portico ligneo che doveva estendersi per tutta la larghezza della facciata e la cui esistenza giustamente de Dartein (1865-1882) desumeva dalla presenza, ancora visibile, di una sequenza di buche quadrate disegnate da conci lapidei e di dimensioni maggiori rispetto alle buche pontaie, al di sopra del portale.

All’interno le navi sono coperte da capriate lignee, e sono spartite da pilastri a sezione quasi quadrata alternati a colonne. I primi esibiscono un paramento in grossi conci ben squadrati, simile a quello del vicino battistero. Le colonne sono invece di reimpiego così come i capitelli corinzi messi in opera, ad eccezione dei due di restauro più orientali. La mancanza di basi fa supporre che l’attuale pavimento sia più alto di quello originario. Un recentissimo intervento di restauro (2007-2008) ha rimesso in vista una decorazione neoromanica al di sopra dei varchi longitudinali di navata eliminando un uniforme monotono scialbo del 1938. Non resta ad ogni modo traccia di decorazione medievale ma, benché i valori architettonici della basilica risultino impoveriti dal rivestimento moderno, non si rimane insensibili di fronte alla possente muralità della nave maggiore, esaltata dai bassi varchi longitudinali e dalla ritmica pausata delle semplici monofore del cleristorio. Molto accurata appare la tessitura muraria in corsi orizzontali di pietre sbozzate a mo’ di laterizi, con risalti angolari di contenimento in grossi conci ben connessi. Alla sommità delle navatelle e del cleristorio, in cui si aprono cinque grandi monofore a doppio strombo lieve per lato, quasi tutte di ripristino, corre ininterrotta una teoria di archetti pensili, che incorniciano pietre semicircolari, anch'essi ampiamente reintegrati durante i restauri di fine Ottocento. Lo stesso motivo decorativo percorre le testate orientali delle navi, e cinge l'abside maggiore, in cui si aprono tre grosse finestre.

L’abside centrale accoglie il marmoreo altare settecentesco costruito su disegno del pittore Biagio Bellotti; l’abside meridionale, invece, la statua barocca della “Madonna del SS. Rosario”. Sopra la bussola d’ingresso è collocato il grande organo fatto costruire nel 1879 da Pietro Martignoni e da lui donato alla prepositurale.

A ridosso della navata settentrionale s’innalza maestosa la torre campanaria. Appartiene a quel gruppo di torri che sorgono in Lombardia nel XII secolo sull’esempio di quella milanese di san Satiro il cui modello si pone come archetipo di moltissimi campanili lombardi tra cui quelli varesini di Luvinate, Arcisate e Ganna. Nei suoi piani più bassi pende bruscamente verso nord, ma ritorna quasi verticale nella sua parte superiore. La canna quadrangolare, che presenta molti fori di ponteggi, è illuminata da oculi disposti piuttosto irregolarmente. Le pareti sono divise in ripiani da piccole cornici decorate con archetti pensili sormontati da fregi a dente di sega. In alto, l’antica cella campanaria è caratterizzata da larghe a basse bifore, una per lato, con capitelli ornati da fogliami stilizzati e motivi antropomorfi e zoomorfi.

La torre, costruita nei primi decenni del XII secolo con materiale proveniente da antichi edifici, presenta l’inserimento di pietre nobili d’età romana e altomedievale: una lapide votiva ad Ercole; una a Giove; un’altra ancora a Giove, agli Dei e alle Dee e una lastra in pietra d’Angera con incisa una croce greca.

Restaurata nella seconda metà del XVI secolo, in seguito ai danni causati da un fulmine e arricchita nel 1745 dal grande orologio, mantenne la sua fisionomia sino al 1872 allorché, dovendosi aumentare il numero delle campane ed essendo la cella troppo piccola la si murò e le campane vennero collocate su di un terrazzo soprastante conferendole l’odierno caratteristico aspetto.

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