capitolo I: DOCENTI E NUOVE TECNOLOGIE

Nel dicembre 2006, il Parlamento e il Consiglio Europeo approvarono una raccomandazione “relativa a competenze chiave per l’apprendimento permanente”. Questo documento che si inquadrava fin dall'anno 2000 nel processo conosciuto come ‘strategia di Lisbona’, aveva come obiettivo finale quello di fare dell’Europa ‘l’ economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo “. Per ottenere questo risultato, erano stati fissati una serie di obiettivi intermedi che dovevano essere raggiunti per il 2010, attraverso l’impegno di tutti gli Stati membri e delle istituzioni europee, costantemente impegnate nel monitoraggio sui progressi fatti e nell’individuazione di ulteriori strategie da adottare.

Lo sviluppo di competenze chiave, oggetto della Raccomandazione, rappresentava uno dei 5 obiettivi che erano stati individuati per ‘rafforzare l’efficacia e la qualità dei sistemi’. Tra quelle più importanti da sviluppare,era inclusa quella digitale, per la quale era necessario che le istituzioni educative sviluppassero una nuova consapevolezza.

In un recente articolo del Sole 24 ore, si parla che il Governo italiano stia accelerando la digitalizzazione della scuola. Entro il 2010, arriveranno altre 10mila lavagne multimediali ed entreranno in formazione più di 100mila insegnanti. Per gli “e-books”, è pronto un investimento di 2 milioni di euro e, grazie anche ad un incentivo governativo, “ tutti i ragazzi delle medie potranno adottare un mini pc portatile, da utilizzare per la didattica quotidiana in classe e a casa. A supportare l’intervento pubblico, scenderanno in campo, anche partner privati, Microsoft, Intel, Ibm e Telecom, con l’identico obiettivo di stimolare l’utilizzo delle nuove tecnologie nella scuola.” Telecom Italia, nell’ambito dell’iniziativa “IoStudio-La Carta dello Studente”, promosso dal Ministero dell’Istruzione, offrirà ai ragazzi chiavette per connessione dati, Netbook e servizi di telefonia mobile. Microsoft, invece, garantirà la fornitura gratuita a scuole e Ministero dell’Istruzione software operativo e/o applicativo, con l’obiettivo, anche, di ridurre il digital divide nei singoli istituti e innovare la didattica.

Una buona fetta di digitalizzazione delle scuole passerà, anche, per il rafforzamento dei servizi scuola-famiglia via web con il progetto ministeriale “Scuol@mia” ovvero pagelle on line, registri elettronici, sms ai genitori in caso di assenza o ritardo alle lezioni del ragazzo.

Nelle scuole europee da alcuni anni le lavagne sono state sostituite da Lavagne Interattive multimediali. Nelle aule italiane l'aggiornamento della lavagne è iniziato da più di due anni con il progetto Scuola Digitale del Ministero dell'Istruzione, nato per le Scuole Secondarie di Primo grado, con lo scopo di sviluppare e potenziare l’innovazione didattica attraverso l’uso delle tecnologie informatiche. Entro fine ottobre, anche le scuole primarie e le superiori potranno chiedere le lavagne con l’obiettivo di avere entro giugno altre 20mila classi attrezzate e complessivamente 100mila insegnanti in formazione.

11.234 Kit tecnologici sono stati richiesti alle scuole e ben 41.850 docenti hanno dato la propria disponibilità a seguire i corsi di formazione per poi utilizzare la LIM (lavagna Interattiva Multimediale) nella didattica quotidiana. La formazione prevede attività in presenza e online che saranno svolte dall’Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica con il supporto dei suoi Nuclei Territoriali Regionali. Nel corso della formazione i docenti saranno supportati nella fase iniziale di familiarizzazione con la tecnologia e, successivamente, nella progettazione e sperimentazione di percorsi didattici innovativi.

Alla formazione potranno partecipare almeno due docenti per la scuola primaria e tre per quella secondaria di secondo grado dal consiglio della classe in cui sarà installata la dotazione tecnologica.

Nella scelta dei docenti da coinvolgere nella formazione, i dirigenti scolastici sono stati invitati all'individuazione di coloro disposti a sperimentare percorsi didattici innovativi e a considerare eventuali competenze acquisite in precedenti iniziative di formazione del personale .

Sempre secondo il piano dell'Ansas, le scuole che parteciperanno al progetto dovrebbero prevedere nel POF il piano di adozione e integrazione della lavagna digitale e dare così visibilità esterna alle caratteristiche e agli obiettivi della sperimentazione. Al tempo stesso i docenti formati, ormai più esperti, dovrebbero facilitare un processo di diffusione delle competenze acquisite agli altri insegnanti della scuola. Il piano permette così di integrare l'informatica in tutte le discipline come elemento trasversale: la LIM, installata direttamente in classe, dovrebbe permetterne l'uso quotidiano e diventare, così, una pratica abituale.

L’azione Cl@ssi 2.0, il progetto partito sempre dal Ministero durante l'anno scolastico 2009/10, si propone, invece, di modificare gli ambienti di apprendimento attraverso un utilizzo costante e diffuso delle tecnologie a supporto della didattica quotidiana. 156 classi prime di Scuola Secondaria di primo grado sono diventate Cl@ssi 2.0 disponendo così di dispositivi tecnologici e multimediali. Le aule sono state progressivamente dotate di apparati per la connessione ad Internet, con costi, però, a carico della scuola.

Gli istituti sono stati selezionati tramite un bando, ripartiti in base al numero di classi attive nell'a.s. 2008/09 in ogni regione, assicurando che l'intero Consiglio di classe fornisse la propria disponibilità ad attuare l'iniziativa. Una rete di Università ha collaborato con le istituzioni scolastiche, in accordo con gli UU.SS.RR. e con i Nuclei Regionali dell’ A.N.S.A.S., per la costruzione del modello didattico e delle conseguenti scelta delle dotazioni tecnologiche.

Per l’anno scolastico 2010-1011, è prevista l’estensione dell’azione Cl@ssi 2.0 alle scuole Primarie e Secondarie di Secondo grado, ma con dei requisiti di ammissione più rigidi rispetto a quelli precedentemente emanati e con una valutazione da parte degli USR delle esperienze pregresse dei docenti partecipanti.

La platea a cui si rivolgono questi progetti sono sempre gli insegnanti e, in particolare, il loro aggiornamento professionale. Un’attività quanto mai utile, visto che, secondo una recente indagine, condotta da Edu-Tech, su un campione di mille docenti, è emerso che ben un professore su 5 è totalmente estraneo all’utilizzo delle nuove tecnologie.

Le scuole italiane, infatti, registrano ancora un ritardo rispetto a quelle di altri paesi europei. Non è quante ICT ci siano nella scuola e la frequenza con la quale siano usate, ma come e con quale efficacia le nuove tecnologie siano integrate nella quotidiana attività scolastica. Qui il ritardo rispetto ai colleghi europei è molto più sensibile. Interessante è lo studio del gruppo di ricerca di European Schoolnet di Bruxelles, coordinato da Patricia Wastiau.

Attraverso un'analisi incrociata delle informazioni sulle ICT nella scuola di due importanti rilevazioni internazionali, l'OCSE Pisa 2006 con riferimento alle nuove tecnologie e Sites 2006, la ricerca ha valutato l'impatto delle ICT sulla didattica in 22 paesi. Sembra che in Italia le nuove tecnologie, anche se usate in classe, non abbiano portato significative novità della didattica e negli ambienti di apprendimento. Dalla survey del gruppo emerge come, sia in Italia che all'estero, non ci siano ancora sufficienti risultati per capire se le ICT fanno bene agli apprendimenti dei ragazzi.

Nell'articolo “Competenze e opinioni degli insegnanti sull'introduzione delle Tic nella scuola italiana”, Fiorella Farinelli, esperta di problemi scolastici e formativi e responsabile scientifico Scuola Superiore Pubblica Amministrazione Locale, smentisce che la scuola sia rimasta distante dalle nuove tecnologie. Infatti, secondo l'indagine IARD, gli insegnanti che dispongono di pc con collegamento a banda larga sono oggi il 69% e si arriva all'89,6 % comprendendo la disponibilità di Pc con collegamento più lento.

Anche i docenti, pertanto, sono stati investiti dallo straordinario sviluppo della Rete: l'accesso è più fruibile da tutti gli utenti dotati di connessione analogica e banda larga, anche se siamo ancora distanti dall'idea di Rete come diritto per tutti i cittadini e di conseguenza lontani da una cablatura wireless per tutto il territorio italiano, come già accade in Finlandia.

La stessa indagine ci rivela che, anche l'uso del PC negli insegnanti, è frequente con il 47% dichiarante “tutti i giorni” e l'84% una volta alla settimana.

Più problematica, invece, la realtà che si manifesta per quanto riguarda l'atteggiamento degli insegnanti nei confronti delle ICT a scuola. Grande consenso come elemento importante della didattica moderna ma molto basso come “riconoscimento di condizione indispensabile per il rapporto, scuole, studenti e realtà contemporanea”(Farinelli, 2010). Bassissima, poi, la convinzione di “supporto insostituibile per il lavoro dell'insegnante”. Il quadro diventa più critico per quanto riguarda l'uso delle ICT direttamente in classe: i favorevoli sono solo il 24,3 %.

L'indagine IARD quindi, fa emergere un uso ampio delle ICT da parte degli insegnanti con funzione prevalentamente di “retroscena”, senza un effettivo coinvolgimento degli studenti.

Secondo Mario Fierli,[1] Coordinatore del Programma di sviluppo delle tecnologie didattiche e membro dello Steering Committee del progetto EuroSchoolnet, “se le tecnologie hanno cambiato il modo di lavorare, viaggiare, produrre cultura e leggere, perchè non dovrebbero cambiare il modo di fare scuola? “Soffermandosi sul caso delle LIM asserisce che “ questi congegni si possono usare in tanti modi diversi al servizio di altrettanti modelli della lezione in classe e, fra questi, dei modelli più antichi. Il problema è che una lavagna interattiva non garantisce una lezione interattiva. L’interattività didattica consiste nel far interagire continuamente quello che l’insegnante dice, mostra e, soprattutto, chiede, con quello che gli studenti pensano, capiscono, hanno la possibilità di rispondere e di domandare. E' imbarazzante constatare che è possibile fare lezioni interattive con la lavagna tradizionale e lezioni non interattive con la lavagna interattiva.”

L'interattività è una problematica che spesso emerge nei corsi di formazione: il mio libro di testo è fornito di cd , come posso utilizzarlo e trasformarlo in mezzo “interattivo”? Spesso i libri di testo che si dichiarano tecnologicamente avanzati con contenuti multimediali, sono semplicemente contenitori di presentazioni Power Point, difficilmente modificabili vanificando così, ogni forma di collaborazione in classe. Il laboratorio informatico non diventa il luogo dell'esperienza o quello della creatività tecnologica, ma è solamente l'aula dove vengono visualizzati i CD in dotazione con esercizi già preconfezionati o copiate, in formato digitale, relazioni precedentemente scritte in formato cartaceo e, naturalmente, utilizzando esclusivamente tassativamente il pacchetto Office invece di software Open Source.

Già dall'anno scolastico 2009/10, per arginare il caro-libri Il Ministero della Pubblica Istruzione aveva emanato una circolare per l'adozione dei libri di testo, secondo la quale potevano essere utilizzati gli e-book, cioè testi in formato digitale scaricabili da Internet. Le famiglie hanno avuto, pertanto, la possibilità di contenere le spese scolastiche e gli studenti hanno zaini meno pesanti. In quest’ottica di rigore, il preside dell’Istituto “Majorana” di Brindisi, sostenuto dall’Associazione dei consumatori, ha lanciato l’idea del progetto Book in progress: far scrivere direttamente dai docenti i libri di testo, per poi farli stampare tradizionalmente dalla scuola stessa e venderli al costo politico di 25 euro, con un risparmio medio annuo nei bilanci familiari fino a 250-300 euro. Il progetto giunto al secondo anno di esperimento, è , senza dubbio, un tentativo di valorizzazione il ruolo culturale e didattico degli insegnanti.

Ma può essere considerato interattivo un file pdf liberamente scaricabile dalla rete? Quale valore aggiunto si prospetta per l'apprendimento in classe? Quale sviluppo dell'intelligenza collettiva e connettiva di una classe?

Nella mia attuale esperienza di formatrice, davanti a numerosi gruppi di insegnanti, affamati di sapere tecnologico, non parto mai dal puro tecnicismo del software proposto con il modello di lavagna acquistata, ma dai loro reali bisogni. Come rendere “interattiva” l'analisi di un testo o la spiegazione di una pagina di storia? Partiamo dagli strumenti reali, dal testo cartaceo per poi modificare, ampliare con i contributi dei ragazzi e poter ottenere così un prodotto finale realizzato con la co-partecipazione di tutti, considerando che le tecnologie dovrebbero migliorare insegnamento ed apprendimento.

Condivido il pensiero di Gianni Marconato[2] psicologo e da più di 30 anni nella formazione, che parte dalla considerazione “che le tecnologie sono strumenti come tanti altri” e si domanda “ perché non partire da problemi/obiettivi di didattica e trattare, nel contesto della loro soluzione, anche le tecnologie? Perché prima si devono imparare le tecnologie e poi il loro uso? “ E' indispensabile rimettere, a mio avviso, al centro la didattica.

Norberto Bottani[3] afferma che negli Stati Uniti, come in altri Paesi, crescono tra gli insegnanti le perplessità nei confronti delle LIM che vengono installate in gran pompa nelle aule di molte scuole. Sembra che non se ne possa più fare a meno e che le LIM siano il “nec plus ultra” delle TIC nella scuola. Invece si stanno rivelando un gadget costoso e poco efficace. “Se si analizza in modo puntiglioso l’operazione” continua Bottani “ si capisce subito che le LIM non fanno altro che potenziare il modello d’apprendimento imperniato sull’insegnante. Probabilmente mi ha permesso sì e no di tenere un paio di buone lezioni, ben congegnate, ma non c’era proprio nulla di eccezionale in tutto ciò. Avrei potuto facilmente fare la stessa cosa in un altro modo, usando per esempio il mio computer di cui già mi servo durante l’insegnamento oppure altri strumenti didattici che si trovano facilmente in Internet, accessibili a tutti. Con le LIM l’insegnante resta il "deus ex machina".

La lezione frontale viene così amplificata: è il docente al centro e non più i ragazzi, secondo le teorie costruttiviste. Bottani considera i progetti LIM un “tentativo di comprare il cambiamento. “E' necessario riconoscere che senza un considerevole dispendio di tempo e senza una formazione appropriata, le LIM rapidamente si utilizzano solo come proiettori, assai costosi a dire il vero.”

L'integrazione nella pratica scolastica di uno strumento tecnologico come la Wiild richiede spesso una modifica organizzativa e gestionale del lavoro in aula che spesso, per il singolo insegnante, non è sempre facile da attuare e gestire in modo efficace.

Le numerose esperienze realizzate con simili sistemi hanno messo in luce che il problema principale nell'utilizzo effettivo in classe di attività del genere è quello che il loro uso richiede un'attenta progettazione delle attività da svolgere. Questo tipo di progettazione, per essere efficace nel guidare gli allievi alla costruzione di concetti e di significati e alla loro condivisione in classe, richiede molto lavoro al docente.

Può accadere, infatti, che un insegnante conosca perfettamente la strumentazione della lavagna interattiva ma si trovi in difficoltà nel momento in cui debba inserire tale artefatto nella sua programmazione didattica.

E' spesso il software, legato ad una particolare lavagna, a condizionare il docente e la sua lezione, che risulta così subordinata agli strumenti del mezzo tecnologico.

Quando si progetta un ambiente che sia significativo per l'apprendimento, il software che viene utilizzato diventa solo una delle componenti. Diventano importanti le attività in cui il software viene integrato, il modo con cui si realizzano, le interazioni sociali che si sviluppano. Il contesto, pertanto, diventa elemento fondamentale.

Si possono individuare almeno due motivi fondamentali per cui la Wiild possa suscitare un particolare interesse dal punto di vista didattico.

Il primo è che questo nuovo sistema non richiede dal punto di vista tecnologico competenze particolari. L’ambiente può essere così gestito tranquillamente sia dai singoli docenti che dagli alunni come dimostra il video realizzato da una classe terza elementare.[4]In secondo luogo la possibilità di interagire con gli altri, rende l’ambiente idoneo ad un’applicazione delle teorie del costruttivismo e in particolare a quelle del cosiddetto “costruzionismo” , termine coniato da Papert con l’introduzione del concetto di “artefatti cognitivi”, ovvero oggetti e dispositivi che facilitano lo sviluppo dell’apprendimento. Nel costruttivismo il soggetto che apprende è posto al centro del processo formativo. L’insegnamento non è più considerato una trasposizione di saperi, informazioni e dati (learning centered) e l’apprendimento un’elaborazione solitaria. Il docente non è più il depositario indiscusso di un sapere universale de-contestualizzato, ma la conoscenza è il prodotto di una costruzione del soggetto che interagisce e collabora con gli altri in un determinato contesto. La mia figura di docente, infatti, si è trasformata negli anni in quella di “facilitatore”, intesa come colui che stimola il dialogo educativo, favorisce la circolazione di idee e soprattutto la riflessione sulle stesse. Non più un freddo custode di contenuti da trasmettere ma un “costruttore” di conoscenza. C’è quindi il superamento di una didattica rigida, sequenziale e lineare a favore di un’esplorazione attiva dello studente, intesa come processo flessibile di conoscenza in funzione dei suoi bisogni formativi.

Sono presenti le tre “C” di Jonassen ovvero “costruzione”, “contesto” e “collaborazione” , che in questi ultimi anni hanno dato forma a modelli di apprendimento facendo riferimento al “costruttivismo sociale e a quello “situazionista” (Varisco,2005).

Utilizzare la Wiild non è una pratica “ludiforme” come Visalberghi definisce tutte quelle procedure utilizzate come strumenti ingannatori per sedurre e motivare positivamente l’alunno, o un ‘attività il cui fine che si persegue non è interno a ciò che si fa ma rimane interno al gioco ed è stabilito dall’adulto (Stacciali, “Il gioco e giocare”) , ma è un mezzo per stimolare abilità che altrimenti non sarebbe possibile sviluppare in contesti esclusivamente testuali

Come nel gioco-giocato, gli alunni hanno l’opportunità di acquisire capacità di relazionarsi con gli altri, sia della stessa classe e sia al di fuori del loro contesto socio-culturale e di poter sviluppare il pensiero progettuale come ad esempio il negoziare insieme al compagno la scelta dei colori, delle forme, della struttura del proprio elaborato oppure scegliere insieme a tutta la classe l'assemblare diverse risorse.

L’ esperienza interessa competenze sia disciplinari ma soprattutto trasversali, che possono essere così riassunte:

Saper fare:

  • memorizzare informazioni per operare scelte in contesti dati

  • saper fornire spiegazioni motivate

  • risolvere problemi e strategie

Saper essere:

  • svolgere attività collaborativa

  • indurre comportamenti diversi da quelli abituali. L’assunzione di un ruolo diverso favorisce la possibilità di “mettersi nei panni degli altri” diversi da sé e poter relativizzare il proprio punto di vista

  • vivere un’esperienza emozionale-affettiva.

Gli stili di apprendimento facilitati dalla modalità ludica sono differenti da quelli dello studio sistematico di un testo, favorendo così il racconto-ricordo dell’esperienza vissuta. In questa prospettiva la tecnologia informatica si presenta come amplificatore della possibilità di comunicare e collaborare, come uno strumento “attivo, interattivo, significativo e condiviso” (Jonassen) . Secondo Jonassen, uno dei principali studiosi delle teorie del costruttivismo, l’apprendimento diventa significativo quando possiede le seguenti caratteristiche:

Attivo: l’allievo manipola direttamente gli oggetti, osservando e analizzando i risultati. Il compito del docente è quello di enfatizzare la costruzione della conoscenza e solo la mera rappresentazione.

Costruttivo: è necessario alimentare la riflessione sulle attività, integrandole con le precedenti conoscenze della realtà

Autentico “i compiti di apprendimento devono coincidere con quelli della realtà” (Capponi, 2005) . Non bisogna rendere le cose troppo semplici per trasmetterle facilmente, ma bisogna presentarle nella sua complessità.

Cooperativo: l’apprendimento non è un processo isolato, autonomo e individuale ma attraverso la collaborazione e il sostegno offerto dalla tecnologia, si trasforma in una “mutua appropriazione di conoscenza favorendo la negoziazione sociale” (Capponi, 2005).

Figura 1- L'apprendimento significativo

In questo caso le nuove tecnologie hanno la funzione di “scaffolding”, impalcatura per portare alla luce le zone di “sviluppo prossimale” (Vygotskj 1996), attive potenzialmente nei soggetti che apprendono.

Possiamo notare che le caratteristiche presentate fino ad ora sono riconoscibili negli ambienti di apprendimento tecnologici di stampo costruttivista, anche se diventa poi non facile applicarli nei contesti scolastici.

Purtroppo l'impianto scolastico è basato su un metodo di apprendimento tradizionale che si scontra con la società dei “nativi digitali” di oggi.

Sempre secondo Fiorella Farinelli l'ingresso nella didattica delle nuove tecnologie nella scuola italiana non è ostacolata solo dall'appartenenza degli insegnanti a generazioni per cui esse sono un “lingua seconda” mentre per i digital natives si tratta di lingua materna. Il problema è anche dovuto all'” impatto “demolitore” di molte caratteristiche della tradizione didattica trasmissiva, a partire dal controllo delle modalità, degli strumenti, dei contenuti e processi di apprendimento basati sul libro di testo e in presenza.”

Secondo l'indagine Talis del 2009, l'indagine internazionale OCSE sull'insegnamento e l'apprendimento che offre il primo quadro comparativo internazionale sulle condizioni dell'insegnamento e dell'apprendimento, basato su dati provenienti da oltre 70.000 docenti e capi d'Istituto che rappresentano docenti di scuola secondaria inferiore nei 23 Paesi partecipanti, l' Italia è l'unico paese nel quale l'opzione della didattica trasmissiva prevale nelle scelte degli insegnanti.

Il modo di apprendere “simbolico-ricostruttivo” definito “gutenberghiano “ da Francesco Antinucci, è predominante. L'insegnante spesso fatica a mettere in atto metodologie di tipo esperenziale: “il fare esperienza” rimane astratto proprio perchè come afferma lo stesso Antinucci, la scuola di oggi è basata esclusivamente sul sistema simbolico ricostruttivo.

Il docente trasmette messaggi attraverso il linguaggio verbale o testuale, attraverso simboli che l'alunno deve ricostruire nella sua mente. Pertanto il contatto diretto con gli oggetti viene a mancare. E' simbolo delle materie più importanti (storia, geografia, matematica e scienze), rappresenta la “cultura assoluta”, rispetto al sistema “percettivo- motorio” lasciato alle Cenerentole delle discipline, ovvero quello che un tempo venivano riconosciute come educazioni. Il metodo esperenziale, invece, implica, un' esperienza diretta con gli oggetti della conoscenza e attiva “maggiore motivazione degli studenti, migliore comprensione dei fenomeni e dei concetti da imparare, miglior ricordo e integrazione di quello che si è imparato.” (Parisi, 2000).

Il quesito che ci poniamo è se l'uso delle nuove tecnologie può farci riappropriare della metodologia esperenziale durante le attività di apprendimento e insegnamento.

Come osserva giustamente Domenico Parisi ”ovviamente, se la scuola fino ad oggi (anche quando usa le nuove tecnologie) è una scuola che si serve per il 90% del linguaggio e del 10% di altri canali di apprendimento, quello a cui bisogna puntare non è una scuola che inverte questi lavori, abolendo o mettendo da parte il linguaggio, ma è una scuola che realizza un apprendimento equilibrato, diciamo così un 50% di linguaggio e un 50% di vedere e fare”.

Ma come afferma Gianni Marconato nel suo blog, Apprendere con e senza le tecnologie, “in tanti insegnanti in crisi di identità professionale, in virtù anche di una comunicazione strumentalizzante e mistificatoria, si sono attivate aspettative magiche verso lo strumento tecnologico la loro trasformazione da insegnanti mediocri in insegnanti competenti “

Marconato immagina “una scuola moderna, un insegnante competente, un’aula dotata di un pc per ogni studente, di una connessione veloce a internet, un ampio set di applicazioni, un sistema di audio-video registrazione e riproduzione, tavoli di lavoro mobili, orario flessibile” e in questo contesto una LIM ci dovrebbe essere. La tecnologia deve essere vista pertanto come “uno strumento per fare qualcosa, non uno strumento alla ricerca di una cosa da fare. L'insegnante mediocre, non migliorerà sicuramente il suo insegnamento usando le tecnologie perchè non sostituiscono l'insegnante ma rappresentano “strumenti “ e l'importante è come si usano.

Le tecnologie si accrediteranno e si insedieranno stabilmente, ed i tempi saranno maturi, solo quando non si parlerà più di didattica con le tecnologie ma solo di “didattica, con e senza le tecnologie”.

Diventa quindi necessario ripartire dalla didattica, dall'epistemologia di ogni singola disciplina, da un obiettivo e trovare nel loro contesto un ruolo per le tecnologie.

Come auspica lo stesso Marconato è arrivato il tempo di rendere “normali” le tecnologie in classe.

A tale proposito non si può che non essere d'accordo con il monito di Antonio Fini[5] docente e collaboratore del Laboratorio di Tecnologie dell’Educazione (LTE) dell’Università di Firenze “Servono buoni docenti che tra le loro molteplici competenze abbiano anche quelle tecnologiche. Non per innovare, ma per semplicemente per insegnare.”

[1] http://www.educationduepuntozero.it/tecnologie-e-ambienti-di-apprendimento/tecnologie-scuola-che-cosa-si-dice-che-cosa-succede-davvero-3077438498.shtml

[2] http://www.giannimarconato.it/

[3] http://www.adiscuola.it/adiw_brevi/?p=2956

[4] http://www.icvalledeilaghi.it/vezzanott/diario09-10/2/wiild/wiild-preparazione.avi

[5] http://www.fininformatica.it/wp/